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Faḫr al-Dīn al-Rāzī (m. 1210): tra teologia speculativa e filosofia

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Academic year: 2021

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Introduzione

La presente dissertazione ha come oggetto l’opera autobiografica al-Munāẓarāt fī bilād mā wara’a l-nahr (Le controversie nel territorio della Transoxania) di Faḫr al-Dīn al-Rāzī (543 o 544/1149 o 1150 – 606/1210).

Per comprendere a pieno il ruolo di questo teologo è necessario dapprima definire la teologia musulmana, le tappe del suo sviluppo storico, le più importanti dottrine elaborate nonché i temi su cui il dibattito si è incentrato1.

L’ʻilm al-kalām, nome con cui gli arabi designano la teologia, nacque per motivazioni di ordine dottrinali e storiche. Nel periodo immediatamente successivo alla morte di Muḥammad, la comunità dei primi fedeli, che aveva trovato nel profeta sia una guida religiosa che un capo politico, si ritrovò a dover fronteggiare i problemi connessi con la propria espansione territoriale e la conseguente diffusione del messaggio coranico. Le questioni erano molteplici: dal punto di vista politico, si pose il problema della successione al profeta; dal punto di vista giuridico, sorse la necessità di regolamentare i rapporti sia all’interno della comunità dei credenti che tra quest’ultima e i non-credenti; dal punto di vista teologico, si pose la questione dei versetti coranici cosiddetti ambigui (mutašābihāt), i quali presi letteralmente conducevano ad una connotazione antropomorfa di Dio, in opposizione a quei versetti che negavano qualsiasi somiglianza tra Dio e tutto ciò che è creato.

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Per effettuare tale ricostruzione l’opera di riferimento utilizzata è il saggio di introduzione alla teologia musulmana di Gardet e Anawati: Introduction a la théologie musulmane. Essai de

théologie comparée. Questo testo, oltre a definire le tappe dello sviluppo della teologia

musulmana, ha il merito di analizzare le grandi questioni teologiche comparando le soluzioni offerte dalla teologia cristiana, secondo una linea interpretativa neo-tomista, con la teologia musulmana.

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Un ulteriore impulso alla nascita dell’ ‘ilm al-kalām va ricercato nell’incontro del mondo musulmano con le elaborazioni teologiche o razionali a cui erano giunte popolazioni che non condividevano la loro fede. In particolare, due contatti incisero profondamente sull’elaborazione della teologia dogmatica islamica: l’incontro con i cristiani della Siria, in particolare di Damasco, nel II/VIII sec. e l’incontro con la filosofia greca a Bagdad durante il califfato ‘abbāside. La necessità di rispondere ai dubbi sollevati dalla teologia cristiana prima, e di limitare le tendenze razionalistiche dovute alla penetrazione della filosofia greca dopo, hanno determinato il carattere proprio della teologia dogmatica musulmana, ossia di scienza apologetica difensiva.

La prima scuola teologica dell’Islām è generalmente identificata con la dottrina muʻtazilita. Va sottolineato che rispetto ad essa è più corretto parlare di una corrente teologica, dato che la muʻtazila mancava di quell’unità e omogeneità tipiche delle scuole dottrinali. Nella corrente muʻtazilita confluirono intellettuali aventi idee differenti su alcune questioni teologiche, ma che si ritrovavano su cinque tesi fondamentali: I. unità (tawḥīd) di Dio; II. la giustizia divina (al-ʻadl); III. La promessa e la minaccia (al-waʻd wa-l-waʻīd); IV. Lo stato fra due stati (manzila bayna al-manzilatayn); V. ordinare il bene e proibire il male (al-amr bi-l-maʻrūf wa-l-nahī ‘an al-munkar).

Nel contesto del confronto, a volte anche aspro, tra muʻtaziliti e tradizionalisti, si sviluppò la teorizzazione teologica di Abū al-Ḥasan al-Ašʻarī

(m. 324/935-936). Egli ha definito una linea teologica che, anche attraverso i contributi di mutakallimūn (teologi) successivi, si è andata affermando come l’ortodossia islamica sunnita ancora oggi seguita. Tra le figure di maggiore

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rilievo che hanno contribuito a tale canonizzazione dell’ortodossia musulmana va ricordato il teologo AbūḤāmid al-Ġazālī (450/1058-505/1111), il quale, per la sua importanza nello sviluppo delle scienze islamiche ricevette molti appellativi, tra cui anche quello di “prova dell’Islām” (ḥuğğat al-Islām). Il più grande merito di questo dottore dell’Islām fu di aver introdotto la logica aristotelica nel dominio del kalām, come scienza propedeutica dalla funzione strumentale.

All’interno di questo contesto va situata l’opera teologica di Faḫr al-Dīn al-Rāzī. Secondo le fonti biografiche le opere attribuibili al teologo sono più di 200, di esse molte ancora richiedono un’edizione. Sicuramente l’opera maggiore di Faḫr al-Dīn al-Rāzī è il voluminoso commento coranico Kitāb al-tafsīr al-kabīr (libro del Grande Commento [del Corano]) anche conosciuto con il nome Mafātīḥ al-Ġaib (La chiave dell’arcano).

Come già detto all’inizio, il centro focale di questa dissertazione ruoterà attorno al testo Le controversie nel territorio della Transoxania. In particolare, mi concentrerò sulle controversie 13 e 14, che trattano rispettivamente del taklīf mā lā yuṭāq (imposizione di ciò che non può essere compiuto) e della visione di Dio. In realtà, l’analisi delle due controversie, di cui è fornita la traduzione, rappresenterà il momento finale della dissertazione. Dopo aver analizzato le maggiori tematiche del kalām, aver collocato storicamente e politicamente l’opera di Faḫr al-Dīn al-Rāzī e averne definito gli aspetti principali del suo pensiero, attraverso l’analisi delle controversie 13 e 14 ci si pone l’obiettivo di comprendere in che termini il teologo consideri il rapporto tra la teologia speculativa e la filosofia. Una delle maggiori ipotesi a riguardo sostiene che dietro l’opera di Faḫr al-Dīn al-Rāzī ci sia il chiaro intento di effettuare una

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sintesi di teologia e filosofia. Attraverso gli strumenti a mia disposizione cercherò di dimostrare se questo progetto fosse realmente nelle intenzioni del teologo, cosciente del fatto che uno studio di questo tipo richiederebbe maggiori conoscenze dirette delle opere di Faḫr al-Dīn al-Rāzī.

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