UNIVERSIT `
A DEGLI STUDI DI PISA
Corso di Laurea Magistrale in Matematica
Tesi di Laurea
TEORIA DELLE PERTUBAZIONI
SINGOLARI E APPLICAZIONI ALLA
MECCANICA CELESTE
Relatore:
Prof. GIOVANNI FEDERICO GRONCHI Relatore:
Dott. GIULIO BA `U Controrelatore:
Prof. GIACOMO TOMMEI
Candidato: ANDREA CIRINO
Indice
Introduzione III
1 Teoria delle perturbazioni singolari 1
1.1 Prime definizioni . . . 1
1.1.1 Soluzioni esatte e approssimazioni . . . 1
1.1.2 Simboli di ordinamento . . . 2
1.1.3 Successioni e serie asintotiche . . . 3
1.2 Espansioni regolari, problemi secolari vs problemi tipo layer . . . 5
1.3 Domini di validit`a, overlap e matching . . . 6
2 La soluzione del problema di Friedrichs via matched asymptotic ex-pansion 11 2.1 Metodo perturbativo regolare . . . 11
2.2 Layers e analisi locale . . . 12
2.3 Termini principali delle approssimazioni . . . 14
2.3.1 Matching di Prandtl e matching formale . . . 14
2.3.2 Composizione delle espansioni . . . 15
2.4 Domini formali di validit`a e matching intermedio . . . 17
2.5 Approssimazioni di ordine superiore . . . 19
3 Traiettorie Terra-Luna nel problema dei due centri fissi 21 3.1 Equazioni del moto e integrali primi . . . 21
3.2 Caso unidimensionale . . . 23 3.3 Caso bidimensionale . . . 29 3.3.1 First leg . . . 31 3.3.2 Moon passage . . . 32 3.3.3 Second leg . . . 36 3.4 Considerazioni finali . . . 37
4 Traiettorie Terra-Luna nel problema dei tre corpi ristretto circolare 38
4.1 Scelta delle coordinate ed equazioni del moto . . . 39
4.2 Condizioni iniziali e integrali kepleriani . . . 40
4.3 Termini principali delle approssimazioni della first leg . . . 43
4.4 La costante di fase T . . . 47
4.5 Termini di ordine µ delle approssimazioni della first leg . . . 48
4.5.1 Equazioni . . . 48
4.5.2 Soluzioni t1(x), y1(x) . . . 50
4.6 Approssimazione nel layer della Luna . . . 52
4.6.1 Matching . . . 55
4.6.2 Osservazioni sul patching di coniche . . . 57
4.6.3 Espansione composta . . . 57
4.7 Approssimazione dell’orbita successiva al passaggio lunare . . . 58
Conclusioni 59
A La soluzione del problema dei due centri fissi con il metodo di
Hamilton-Jacobi 61
Introduzione
Con il termine “perturbazione” in meccanica classica si intende ogni cambiamento in-dotto nel moto di un corpo rispetto al moto non perturbato, soluzione di un problema integrabile. Questa definizione nasconde la storia del termine: se prendiamo come esem-pio il moto ellittico di un pianeta, il termine indica le alterazioni che il moto orbitale, dovuto alla forza attrattiva del Sole, subisce a causa delle forze attrattive secondarie degli altri pianeti.
P.A. Lagerstrom e J. Kevorkian furono i primi ad affermare in un articolo pubblicato nel 1963 che il moto di uno spacecraft dalle vicinanze della Terra ad un intorno della Luna pu`o essere studiato mediante un metodo perturbativo singolare.
Il metodo di matched asymptotic expansion sviluppato dai due autori appena citati `e una reinterpretazione della teoria dei boundary layers introdotta da Prandl nel 1904 nei suoi studi di fluidodinamica.
In questa tesi spiegheremo la teoria delle perturbazioni singolari e vedremo la sua appli-cazione ad alcuni problemi di meccanica celeste.
Introduciamo il problema che affronteremo: vogliamo approssimare una funzione, generalmente soluzione di un’equazione differenziale con opportune condizioni al bor-do, che dipende da un piccolo parametro. L’equazione originale `e una perturbazione di un’equazione di cui `e nota la soluzione e vogliamo stabilire una relazione tra il problema integrabile e quello perturbato. L’approssimazione sar`a data dai primi termini di una serie, di solito i primi due. Le approssimazioni ottenute in tal modo possono essere utili rappresentazioni della funzione cercata nonostante la possibile divergenza della serie. `E la regola pi`u che l’eccezione che le approssimazioni abbiano regioni di validit`a limitate e che ci siano dunque regioni di non-uniformit`a; ci`o avviene quando nel problema fisico sono significative due diverse scale di lunghezza/tempo. Sono stati sviluppati due me-todi per affrontare questo tipo di problemi in modo sistematico: il metodo di matched asymptotic expansion, che tratteremo in questa tesi, ed il metodo di multiple scales, che
abbiamo scelto di non affrontare.
La tesi `e cos`ı strutturata:
Primo capitolo `E un’introduzione alla teoria delle perturbazioni regolari e singola-ri. Vengono date le definizioni di dominio di overlap ed η-limite, che saranno fondamentali in tutto l’elaborato.
Secondo capitolo Presentiamo il metodo di matched asymptotic expansion usando una semplice equazione modello.
Terzo capitolo Affrontiamo il problema del moto di uno spacecraft dalla Terra alla Luna nel caso pi`u semplice dei due centri fissi.
Quarto capitolo Reinterpretiamo il metodo visto nei capitoli precedenti per descrivere le traiettorie Terra-Luna nel problema dei tre corpi ristretto circolare piano. Il metodo di matched asymptotic expansion sar`a confrontato con il metodo delle patched conics.
Capitolo 1
Teoria delle perturbazioni singolari
Tema centrale della teoria delle perturbazioni singolari `e l’idea di matching, che `e alla base del metodo delle matched asymptotic expansions.
In questo capitolo, dopo aver richiamato alcune nozioni preliminari, iniziamo a introdur-re il metodo che useintrodur-remo nei capitoli successivi.
Il punto di vista sar`a quello adottato da Kaplun e Lagerstrom in [6] nella ricerca di approssimazioni delle soluzioni delle equazioni di Navier-Stokes per numeri di Reynolds piccoli. Gli studi di fluidodinamica, nati a partire dal lavoro di Ludwig Prandtl [15], con-tengono idee matematiche che possono essere applicate nella soluzione di molti problemi, tra cui anche il problema dei tre corpi ristretto Earth-Moon-Spacecraft.
1.1
Prime definizioni
1.1.1 Soluzioni esatte e approssimazioni
Accade raramente di imbattersi in un problema risolubile esplicitamente. Nella maggior parte dei casi bisogna cercare la soluzione con un metodo iterativo, cercando di partire da una sua approssimazione.
Un’idea per cercare approssimazioni pu`o essere quella di partire da un problema pi`u semplice e sperare che la soluzione ottenuta sia vicina alla soluzione del problema ori-ginario. Il principio alla base dei metodi perturbativi `e che problemi simili abbiamo soluzioni simili (“neighboring problems have neighboring solutions” [8]).
Vogliamo studiare funzioni del tipo u(x; µ) = uµ(x), che dipendono da due
argomen-ti, una variabile x e un piccolo parametro positivo µ, e sono soluzioni di equazioni differenziali con opportune condizioni al bordo.
Definizione 1.1.1 (Approssimazione). f (x; µ) `e un’approssimazione di u(x; µ) unifor-memente valida in un chiuso R all’ordine ζ(µ) se
lim
µ→0
u(x; µ) − f (x; µ)
ζ(µ) = 0 uniformemente per x ∈ R.
La funzione ζ(µ) `e detta funzione di gauge.
Il termine gauge viene dall’inglese e significa misura, calibrazione. Una possibile traduzione di funzione di gauge potrebbe essere funzione di calibrazione.
1.1.2 Simboli di ordinamento
Siano δ(µ), η(µ) funzioni reali continue dipendenti da µ tale che 0 < µ < µ0 1.
Nella trattazione saranno molto importanti le relazioni di ordine tra funzioni:
δ(µ) = o(η(µ)) ⇐⇒ δ η → 0 per µ → 0,
δ(µ) = O(η(µ)) ⇐⇒ ∃ costanti C1, C2, µ0 > 0, tali che µ < µ0⇒ C1 <
δ η < C2, δ(µ) = Os(η(µ)) ⇐⇒ ∃ lim µ→0 δ η 6= 0, ∞.
Nel caso in cui limµ→0
δ η
= 1 diremo che δ `e asintotico a η e scriveremo δ ∼ η.
Useremo la notazione
δ(µ) η(µ) ⇐⇒ δ(µ) = Os(η(µ)),
δ(µ) ≺ η(µ) ⇐⇒ δ(µ) = o(η(µ)),
δ(µ) η(µ) ⇐⇒ δ(µ) ≺ η(µ) oppure δ(µ) η(µ).
Ci limiteremo a funzioni dipendenti da µ continue, strettamente positive e monotone in un intervallo (0, µ0).
La relazione ≺ introduce un ordinamento parziale.
La relazione `e una relazione di equivalenza, dunque possiamo parlare di classi di equivalenza di funzioni della forma
1.1.3 Successioni e serie asintotiche
Definizione 1.1.2 (Successione asintotica). Una successione asintotica (a zero) `e una successione ordinata di funzioni {ζi(µ)}i tale che
ζi+1(µ) ≺ ζi(µ), ∀ i.
Un esempio tipico `e
1, µ, µ2, . . . , e in generale
1, ϕ(µ), ϕ2(µ), . . . per una qualsiasi ϕ(µ) infinitesima.
Teorema 1.1.3 (du Bois-Reymond). Comunque presa una successione asintotica {ζi(µ)}i=0,1,2,...
esiste sempre una funzione ζ0(µ) tale che
ζ0(µ) ≺ ζi(µ), per ogni i.
La funzione ζ0(µ) sar`a detta trascendentalmente piccola rispetto alla successio-ne. Per la dimostrazione del teorema si veda [16].
Possiamo concatenare pi`u successioni a patto che i termini della seconda siano trascen-dentalmente piccoli rispetto alla prima, ad esempio
1, µ, µ2, µ3, . . . , e−1/µ, e−2/µ, . . .
Definizione 1.1.4 (Successione asintotica di approssimazioni). Scelta una successione asintotica {ζi(µ)}i, la successione {ai(x; µ)}i `e una successione asintotica di
approssima-zioni di u(x; µ) uniformemente valida in un intervallo chiuso D con {ζi(µ)}i successione
di gauge se per ogni i vale
lim µ→0 u(x; µ) − ai(x; µ) ζi(µ) = 0 uniformemente per x ∈ D. (1.1) Definita la funzione ωi(x; µ) = u(x; µ) − ai(x; µ) ζi(µ)
pu`o succedere che le ωi(x; µ) convergano uniformemente a zero in un intervallo delle x
Possiamo estendere la definizione (1.1.4) a intervalli di questa forma definendo una nuova successione {˜ωi}i, ˜ ωi(x; µ) = ωi(x; µ) χDµ(x) con χDµ(x) = 1 x ∈ Dµ 0 altrimenti
e chiedere che l’espressione (1.1) valga per D =S
µ∈(0,µ0)Dµ, ovvero
lim
µ→0ω˜i(x; µ) = 0 uniformemente per x ∈ D ⇐⇒ µ→0limx∈Dsup
µ
|ωi(x; µ)| = 0.
Nella teoria delle perturbazioni singolari `e essenziale che gli estremi dell’intevallo possano dipendere da µ.
Le funzioni di gauge ζi(µ) non sono uniche, neanche a meno di classe di ordine.
Il metodo pi`u comune per costruire le ai(x; µ) `e trovare una successione {fk(x; µ)}k tale
che ai(x; µ) = i X k=0 fk(x; µ). (1.2)
Definizione 1.1.5 (Espansione asintotica generalizzata). Se valgono (1.1) e (1.2), la serie formale
∞
X
k=0
fk(x; µ) (1.3)
`e detta espansione asintotica generalizzata di u(x; µ); scriveremo
u(x; µ) ∼
∞
X
k=0
fk(x; µ).
Nulla ci assicura la convergenza della serie (1.3). Spesso le serie ottenute divergono oppure convergono ma non alla funzione u(x; µ).
La funzione u(x; µ) sar`a approssimata dai primi termini dell’espansione, nella maggior parte dei casi dai primi due. Nonostante la possibile divergenza, l’approssimazione cos`ı ottenuta pu`o essere un’utile rappresentante della soluzione sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo.
Definizione 1.1.6 (Successione asintotica di Poincar´e). Una successione asintotica di Poincar´e `e un’espansione del tipo
∞
X
k=0
βk(µ) fk(x)
con {βk(µ)}k successione asintotica. Le funzioni βk(µ) saranno chiamate parametri
I coefficienti di una espansione di Poincar´e possono essere definiti mediante ripetuta applicazione di processi limite:
f0(x) = lim µ→0 u(x; µ) β0(µ) , fk(x) = lim µ→0 u(x; µ) −Pk−1 j=0βj(µ) fj(x) βk(µ) , k > 0.
Nella ricerca di espansioni asintotiche bisogna generalmente tenere conto dei termini trascendenti, che possono essere numericamente rilevanti.
1.2
Espansioni regolari, problemi secolari vs problemi tipo layer
Definizione 1.2.1 (Espansione regolare). Sia u(x; µ) una funzione definita su D ⊂ R. Un’espansione asintotica per u `e detta regolare se `e della forma
m
X
k=0
fk(x) µk+ O(µm+1),
ovvero `e una espansione di Poincar´e con parametri {µi}i=0,1,2,....
Usare un metodo perturbativo regolare consiste nel cercare un’espansione rego-lare.
Un problema per cui il metodo perturbativo regolare non consente di trovare un’espan-sione valida su tutto il dominio `e detto singolare.
Si distinguono due classi di problemi singolari: i problemi secolari ed i problemi di tipo layer1.
Nei problemi secolari la non-uniformit`a della validit`a dell’espansione `e causata dal-l’effetto di un piccolo termine su un lungo tempo. Si prenda ad esempio l’equazione differenziale
d2v dx2 + 2µ
dv
dx+ v = 0 la cui soluzione esatta `e
v(x; µ) = A e−µxcos(p1 − µ2x + φ).
1
Sia uµ(x) una funzione definita in S ⊂ Rn. Il termine layer, abbreviazione di thin layer of rapid
transition, indica un sottoinsieme connesso B di dimensione ≤ n con la propriet`a che u non ha un’espan-sione regolare che sia valida per ogni sottoinsieme di S che contiene punti di B. Per n = 1 un layer sar`a l’intorno di un punto. Quando il layer `e l’intorno di un punto di bordo si parla di boundary layer, se il punto `e interno parleremo invece di interior layer. I termini boundary layer e shock layer hanno origine nella fluidodinamica e nell’aerodinamica. In fluidodinamica, il termine boundary layer `e stato tradotto come strato limite, o pi`u precisamente come strato limite di quantit`a di moto.
La soluzione contiene due scale di tempo
t = x, τ = µ x
di diverso ordine, τ = o(t) per µ → 0. Un’espansione in termini di µ pu`o essere valida solo per un breve intervallo di tempo.
Si consideri invece l’equazione differenziale
µd
2u
dx2 + 2
du
dx+ u = 0, la cui soluzione generale `e
u(x; µ) = A1eλ1x+ A2eλ2x (1.4) con λ1= 1 µ(−1 + p 1 − µ) ∼ −1 2, λ2= 1 µ(−1 − p 1 − µ) ∼ −2 µ. Anche in questo caso compaiono due scale di tempo
t = x, τ = x µ.
In questo caso per`o il termine in cui compare τ `e trascurabile per tutti gli x, tranne che in un intorno dello zero: A1e−x/2 `e un’approssimazione uniformemente valida in
[x0, +∞), ∀ x0 > 0 all’ordine 1, ma in x = 0 u(x; µ) − A1e−x/2 x=0= A1+ A2− A1= A2.
1.3
Domini di validit`
a, overlap e matching
Il seguente esempio ci aiuter`a a capire perch´e una singola espansione di Poincar´e nei problemi di tipo layer non d`a un’approssimazione uniformemente valida.
Si consideri la funzione
u(x; µ) = e−x/µ+ x + µ, 0 ≤ x ≤ 1. Questa funzione `e simile a (1.4), nel senso che
f (x) = lim
µ→0u(x; µ) = x
`e un’approssimazione uniformemente valida rispetto alla funzione di gauge ζ(µ) ≡ 1 in intervalli della forma 0 < x0 ≤ x ≤ 1, con x0 costante positiva, cio`e l’approssimazione
0 0 0.2 0.5 0.4 1 0.6 0.8 1
Figura 1.1: La funzione u(x; µ) = e−x/µ+x+µ tratteggiata in figura `e bene approssimata dalla funzione f (x) = x ovunque tranne che in un piccolo intorno di x = 0. In figura µ = 0.01.
fallisce in un intorno di x = 0 (si veda figura 1.1). `
E conveniente in questi casi introdurre una trasformazione di coordinate. Consideriamo una nuova variabile riscalata
x∗= x µ. La funzione u si pu`o riscrivere come
u(x; µ) = u(µx∗; µ) = e−x∗+ µ x∗+ µ = u∗(x∗; µ) Questa volta nel limite per µ → 0, u∗(x∗; µ) diventa
g∗(x∗) = e−x∗
e g∗ `e una approssimazione uniformemente valida di u∗ all’ordine ζ(µ) ≡ 1 in intervalli della forma 0 ≤ x∗ ≤ x∗0, con x∗0costante positiva, ma non `e valida allontanandosi troppo da zero (si veda figura 1.2). Ad esempio x∗ = 1µl’approssimazione fallisce per la presenza in u∗del temine µ x∗. Si noti che l’intervallo, in termini della variabile x, `e 0 ≤ x ≤ µ x∗0; la sua ampiezza `e O(µ).
Nessuna delle due approssimazioni `e quindi valida su tutto l’intervallo. Le stime sui domini di validit`a non sono ottimali e possono essere migliorate.
La validit`a di f come approssimazione `e estendibile a intervalli il cui estremo sinistro va a zero con µ: ad esempio nell’intervallo √µ ≤ x ≤ 1 il massimo valore assunto da u(x; µ) − f (x) `e
sup
√ µ≤x≤1
0 0 0.2 0.5 0.4 1 0.6 0.8 1
Figura 1.2: La funzione g(x) = e−x/µ approssima bene u(x; µ) solo in un piccolo intorno di x = 0.
che `e ancora O(µ), ma per x = 1µ u 1 µ; µ − f 1 µ = 1 e + µ
non `e pi`u infinitesimo. Notiamo che√µ pu`o essere sostituita da qualsiasi funzione η(µ) strettamente positiva in un intervallo (0, µ0) a patto che µ ≺ η.
Similmente g∗(x∗) `e uniformemente valida su tutti gli intervalli 0 ≤ x∗ ≤ η(µ), con η(µ) ≺ 1µ.
Abbiamo gi`a detto in precedenza, si veda la definizione 1.1.4, che estendere la definizione di approssimazione uniformemente valida a intervalli di estremi dipendenti da µ `e di fondamentale importanza nella risoluzione di problemi di tipo layer. Adesso vogliamo definire la convergenza uniforme su domini D di classi di equivalenza di funzioni.
Definizione 1.3.1. Una funzione ω(x; µ) converge uniformemente a zero rispetto a D dominio di classi di equivalenza se ω converge uniformemente a zero nell’intervallo ξ(µ) ≤ x ≤ ν(µ), comunque prese ξ(µ) ≺ ν(µ) funzioni tali che Ord(ξ), Ord(ν) ∈ D.
Possiamo estendere la definizione e includere anche il caso ξ(µ) ν(µ) a patto di imporre ξ(µ) < ν(µ) per µ < µ0 = costante.
Definizione 1.3.2. f (x; µ) `e un’approssimazione di u(x; µ) uniformemente valida su un dominio D di classi di equivalenza di funzioni con ζ(µ) funzione di gauge se u(x;µ)−f (x;µ)ζ(µ) converge a zero uniformemente rispetto a D.
Ritornando all’esempio possiamo dire che l’approssimazione f sar`a valida in un dominio
mentre l’approssimazione g(x) = g∗(xµ) sar`a valida in Dg = {Ord(η(µ)) | η ≺ 1},
nel senso che, presa una funzione η(µ) con Ord(η(µ)) ∈ Df (Dg), esiste una costante
xη tale che l’approssimazione f (g) `e valida in un intervallo delle x di estremo sinistro
(destro) η(µ) xη.
In questo caso `e possibile scegliere i due domini in modo che la loro unione ricopra l’intero intervallo 0 ≤ x ≤ 1. Useremo la notazione
Df ∪ Dg = [0, 1].
Definizione 1.3.3 (Dominio di overlap). L’intersezione tra un dominio di validit`a di f e uno di g `e detta dominio di overlap.
In questo caso scriveremo
Df ∩ Dg= {Ord(η(µ)) | µ ≺ η ≺ 1}.
Definizione 1.3.4 (η-limite). Definiamo l’η-limite di una funzione ω(x; µ) come segue: data η(µ), detta xη una nuova variabile tale che
xη = x η(µ), l’η-limite di ω `e limηω = lim µ→0ω ∗ (xη; µ), dove ω∗(xη; µ) = ω(η(µ) xη; µ).
Tra gli η-limiti chiameremo limite outer il lim1 e limite inner il limµ.
Date le definizioni 1.3.1 e 1.3.2 seguono le seguenti osservazioni:
• se la funzione ω(x; µ) converge uniformemente a zero rispetto a un dominio D di classi di equivalenza allora
limηω(x; µ) = 0 per ogni η(µ) con Ord(η) ∈ D;
• se f (x; µ) `e un’approssimazione di u(x; µ) uniformemente valida su un dominio D di classi di equivalenza di funzioni con ζ(µ) funzione di gauge allora
limη
u(x; µ) − f (x; µ)
Quando due distinte approssimazioni hanno dominio di overlap non vuoto si pu`o proce-dere al matching.
Saranno di fondamentale importanza nel proseguimento il seguente Lemma e il successivo Teorema.
Lemma 1.3.5. Siano f (x; µ) e g(x; µ) approssimazioni di u(x; µ) di ordine ζ(µ) con dominio di overlap D e sia η ∈ D. Allora
limη
|f (x; µ) − g(x; µ)|
ζ(µ) = 0. (1.5)
Teorema 1.3.6 (di estensione di Kaplun). Siano ξ(µ) ≺ ν(µ) e sia f (x; µ) un’approssi-mazione di u(x; µ) uniformemente valida all’ordine ζ(µ) in un dominio di classi D con Ord(ξ), Ord(ν) ∈ D. Allora esistono ξe(µ) ≺ ξ(µ), νe(µ) ν(µ) e De ⊇ D tali che
f (x; µ) `e un’approssimazione di u(x; µ) uniformemente valida all’ordine ζ(µ) in De e
Ord(ξe), Ord(νe) ∈ De.
Omettiamo la semplice dimostrazione del Lemma, mentre per il Teorema rimandiamo a [8].
Capitolo 2
La soluzione del problema di Friedrichs via
matched asymptotic expansion
L’esempio che presentiamo adesso `e stato introdotto da Friedrichs in [3].
Seguendo [8] useremo questo semplice problema come modello per illustrare il metodo di matched asymptotic expansion nel caso in cui `e presente un layer in cui la soluzione cambia rapidamente.
2.1
Metodo perturbativo regolare
Il problema che studieremo `eµd 2u dx2 + du dx − a − 2bx = 0, (2.1) uµ(0) = 0, uµ(1) = 1, (2.2)
dove µ `e un piccolo parametro 0 < µ ≺ 1. La soluzione esatta `e u(x; µ) = (1 − a − b + 2µb)(1 − e −µx ) (1 − e−µ1) + ax + bx2− 2µbx. Si noti che u(x; µ) = ˜u(x; µ) + O(e−1µ), dove
˜
u(x; µ) = (1 − a − b + 2µb)(1 − e−µx) + ax + bx2− 2µbx. (2.3)
Usiamo in un primo momento un metodo perturbativo regolare: assumiamo che la soluzione sia della forma
u(x; µ) =X
j≥0
inseriamo la serie formale nell’equazione (2.1), raggruppiamo i termini per potenze di µ e imponiamo che i coefficienti relativi alle stesse potenze di µ abbiamo somma nulla. La funzione f0, che sar`a la prima approssimazione di u, soddisfa l’equazione differenziale
del primo ordine
df0
dx − a − 2bx = 0 (2.4)
e dunque pu`o soddisfare entrambe le condizioni al bordo solo accidentalmente.
Ci aspettiamo quindi che il termine µddx2u2, formalmente di ordine infinitesimo, dia un
contributo importante: il termine ddx2u2 deve essere grande in un layer, una piccola regione
di cambiamento rapido, in cui per µ → 0 la soluzione u(x; µ) tender`a ad avere una discontinuit`a.
2.2
Layers e analisi locale
Per studiare il comportamento della funzione u(x; µ) in un dato layer faremo un’analisi locale.
Sia xd il punto in cui u(x; µ) `e discontinua per µ → 0. Formalizziamo il concetto di
cambiamento rapido introducendo la variabile
xη =
x − xd
η(µ)
dove η(µ) `e positiva e definita in un intervallo 0 < η < η0. η sar`a chiamato parametro
di riscalamento e diremo che il layer ha ampiezza di ordine η(µ). La funzione u(x; µ) nella nuova variabile si scriver`a
u(x; µ) = u(xd+ η(µ) xη; µ) = u∗(xη; µ)
con u∗(xη; µ) che soddisfa l’equazione differenziale
µ η2 d2u∗ dx2 η +1 η du∗ dxη − a − 2b (xd+ η xη) = 0. (2.5)
Cerchiamo ora un’approssimazione di u∗ tramite un’espansione regolare della forma u∗(xη; µ) =
X
j≥0
A seconda dell’ordine di η(µ), g0 soddisfer`a η(µ) 1 : 2b xη = 0, (2.6) η(µ) = 1 : dg0 dxη − a − 2b (xd+ xη) = 0, (2.7) µ ≺ η(µ) ≺ 1 : dg0 dxη = 0, (2.8) η(µ) = µ : d 2g 0 dx2 η + dg0 dxη = 0, (2.9) η(µ) ≺ 1 : d 2g 0 dx2 η = 0. (2.10)
Consideriamo solo funzioni di ordine confrontabile con 1 ed µ, per evitare complica-zioni non necessarie.
Possiamo ignorare l’equazione (2.6): al tendere di µ → 0, per xη fissato, x diventa > 1,
mentre siamo interessati al comportamento della funzione u nell’intervallo (0, 1).
Definizione 2.2.1. Diremo che l’equazione (2.7) `e pi`u completa dell’equazione (2.8): si pu`o ottenere (2.8) a partire da (2.7) usando una nuova variabile con parametro di riscalamento µ ≺ η(µ) ≺ 1.
Lo stesso discorso vale per l’equazione (2.9) che `e pi`u completa delle equazioni (2.8) ed (2.10).
Definizione 2.2.2. (2.7) e (2.9) saranno chiamati limiti principali o, nel nostro caso, limite outer e limite inner rispettivamente.
La scelta migliore per la variabile inner `e
η(µ) = µ, xd= 0 e dunque x∗=
x µ.
La condizione xd= 0 viene dalla necessit`a di raccordare le due soluzioni outer ed inner.
La soluzione generale di (2.9) `e
g0(x∗) = A e−x
∗
+ B
che, vista come funzione di x si scrive
g0(x) = A e −x−xd
µ + B;
g0(x) → +∞ esponenzialmente per x < xd, mentre noi cerchiamo una soluzione che per
2.3
Termini principali delle approssimazioni
Il termine principale f0 dell’espansione outer soddisfa l’equazione del primo ordine (2.4)
che `e ottenuta dal limite outer, detto lim1, dell’equazione differenziale (2.1).
Imponendo come condizione iniziale
f0(1) = 1
troviamo che
f0(x) = 1 − a − b + ax + bx2.
L’approssimazione fallir`a in un intorno di x = 0 poich´e f0(0) = 1 − a − b non rispetta le
condizioni al bordo (2.2) per infiniti valori di a e b.
Il termine principale g0 dell’espansione inner soddisfa invece l’equazione del secondo
ordine (2.9), ottenuta dal limite inner, detto limµ, a cui imponiamo la sola condizione
g0(0) = 0,
visto che g0 `e un’approssimazione valida solo localmente in un intorno di x = 0. In
questo modo si ottiene
g0(x∗) = C0(1 − e−x
∗
).
Per g0 il problema `e opposto: abbiamo un’equazione del secondo ordine con un’unica
condizione, quindi g0 `e definita a meno di una costante C0, che dovr`a essere determinata
imponendo il matching delle due approssimazioni.
2.3.1 Matching di Prandtl e matching formale
La “ricetta” introdotta da Prandtl in questo caso `e, scritta in modo informale,
f0(0) = g0(+∞). (2.11)
La formula (2.11) sembrerebbe in contraddizione con quanto detto sulle approssimazioni outer e inner : l’approssimazione outer infatti non `e valida in x = 0, mentre per l’ap-prossimazione inner, che `e valida in un piccolo intorno dello zero, non ci aspettiamo alcuna validit`a per x∗ → +∞, ovvero fuori dall’intervallo [0, 1].
Nella formula possiamo per`o vedere bene l’idea alla base del matching: stiamo suppo-nendo che esista una regione in cui x `e molto piccolo, x∗ `e molto grande (per un valore di µ molto piccolo) e dove le due approssimazioni f0(x) e g0(x∗) sono entrambe valide.
Definizione 2.3.1 (Metodo di matching formale). Il limite outer della soluzione inner `e uguale al limite inner della soluzione outer.
Ovvero se esprimiamo f0(x) in termini della variabile inner x∗= µx e poi ne facciamo
il limite per µ → 0 otteniamo lo stesso risultato che otterremmo esprimendo g0(x∗) in
termini della variabile outer x = µ x∗ e facendone il limite per µ → 0:
limµf0 = lim1g0. (2.12)
Vedremo che il metodo formale ha il vantaggio di poter essere generalizzato ai termini successivi delle espansioni.
Il metodo di matching di Prandl e quello formale sono il risultato del matching interme-dio, che introdurremo nella sezione 2.4.
Qualunque metodo si usi, dal matching delle due soluzioni otteniamo il valore della costante
C0= 1 − a − b.
2.3.2 Composizione delle espansioni
Introduciamo una nuova notazione: se u `e la funzione che vogliamo approssimare ed f0
`e il termine principale dell’espansione outer, poniamo
E0[u] = f0(x).
In generale, per indicare i primi k termini dell’espansione outer scriveremo
Ek[u] =
k
X
j=0
µjfj(x).
Similmente per l’espansione inner scriveremo
Hk[u] =
k
X
j=0
µjgj(x∗).
Proposizione 1. La propriet`a (2.12), introdotta nel metodo di matching formale, `e equivalente a
E0H0[u] = H0E0[u].
La notazione introdotta ci permette di generalizzare la propriet`a (2.12) ai primi k termini delle espansioni outer ed inner. D’ora in poi, una volta trovate le espansioni outer ed inner fino al temine k-esimo, diremo che vale il matching se
In questa espressione EkHk[u] `e ottenuto applicando l’operatore Hk alla funzione u, sostituendo x∗ con xµ ed infine trascurando i termini o(µk).
Nel nostro esempio
H0[u] = C0(1 − e−x ∗ ) e sostituendo C0(1 − e−x ∗ ) = C0(1 − e −x µ) = C 0+ o(1), dunque E0H0[u] = C0.
Allo stesso modo
E0[u] = 1 − a − b + ax + bx2, e sostituendo x = µx∗ si ottiene
1 − a − b + ax + bx2 = 1 − a − b + µ ax∗+ µ2bx∗2= 1 − a − b + o(1), dunque
H0E0[u] = 1 − a − b.
Cerchiamo ora di costruire, a partire dalle approssimazioni ottenute, una singola appros-simazione della soluzione che sia uniformemente valida su tutto l’intervallo considerato. L’approssimazione cos`ı ottenuta `e il risultato del metodo di matched asymptotic expan-sion. Tale approssimazione dovr`a ovviamente ridursi all’espansione outer quando la si “espande” asintoticamente per µ → 0 nella variabile outer e allo stesso modo dovr`a ridursi all’espansione inner quando si usano le variabili inner.
Definizione 2.3.2. Chiamiamo approssimazione composta l’espressione
Ck[u] = Ek[u] + Hk[u] − EkHk[u].
Proposizione 2. Se Ek[u] `e un’approssimazione di u uniformemente valida nel dominio D meno un layer e Hk[u] `e valida nel layer allora Ck[u] `e valida su tutto il dominio D. Dimostrazione. Valgono
EkEk[u] = Ek[u] e HkHk[u] = Hk[u]. Per il matching vale
dunque
EkCk[u] = EkEk[u] + EkHk[u] − EkEkHk[u] = Ek[u], HkCk[u] = HkEk[u] + HkHk[u] − HkEkHk[u] = Hk[u].
Nel nostro esempio, ricordando che
E0[u] = 1 − a − b + ax + bx2, H0[u] = (1 − a − b) (1 − e−x∗), H0E0[u] = 1 − a − b,
si ottiene che il termine principale dell’approssimazione composta `e
C0[u] = 1 − a − b + ax + bx2− (1 − a − b)e−x∗.
2.4
Domini formali di validit`
a e matching intermedio
Per quanto riguarda i domini di validit`a delle due approssimazioni outer e inner potrem-mo, essendo nota la soluzione u, procedere come nell’esempio del capitolo precedente e vedere dove u − f0 e u − g0 convergono uniformemente a zero.
Il nostro obiettivo `e per`o applicare il metodo in casi in cui la soluzione non `e ottenibile. Tralasciamo in questo lavoro l’individuazione dei domini di validit`a effettivi, rimandando il lettore a [9].
Cerchiamo invece una stima a priori del dominio di validit`a. Tale stima sar`a chiamata dominio di validit`a formale, per distinguerla dall’effettivo dominio di validit`a.
Le equazioni outer e inner sono ottenute dall’equazione (2.5) ponendo η = 1
µd 2u dx2 + du dx − a − 2bx = 0 ed η = µ rispettivamente d2u∗ dx∗2 + du∗ dx∗ − µa − µ 22bx∗ = 0.
Abbiamo visto che, nonostante esistano infinite classi di equivalenza di funzioni confron-tabili con Ord(1) e Ord(µ), `e possibile ottenere solo una quantit`a finita di equazioni diverse. Tra queste equazioni avevamo distinto i limiti outer e inner, che avevamo chia-mato principali, dagli altri limiti che possiamo chiamare intermedi. In effetti esiste una
gerarchia anche tra i limiti principali: l’espansione inner non pu`o essere determinata senza imporre il matching con l’espansione outer.
Cerchiamo di dare delle definizioni per formalizzare le nostre considerazioni.
Definizione 2.4.1. Sia E un’equazione, se
limη1E = E1, limη2E = E2 e limη2E1 = E2
allora diciamo che E1 contiene E2 o, equivalentemente, E2 `e contenuto in E1.
Definizione 2.4.2 (Dominio di validit`a formale). Sia F un’equazione ottenuta come limite di un’equazione E. Il dominio di validit`a formale della soluzione di un’equazione F (considerata come approssimazione della soluzione dell’equazione E) `e il dominio delle classi di equivalenza costituito dalle classi Ord(η(µ)) tali che limηE `e uguale a F o ad
un’equazione contenuta in F . Consideriamo come E la (2.1), E1 la (2.7), E2 la (2.8). E : µd 2u dx2 + du dx− a − 2bx = 0, E1 : du dx− a − 2b x = 0, E2 : du dx = 0. La funzione f0 `e soluzione di E1. Dato che
lim1E = E1,
la classe di equivalenza della funzione η(µ) ≡ 1 appartiene al dominio di validit`a formale di f0 come approssimazione della funzione soluzione di E.
Per E2 vale
limηE = E2, ∀ η tale che µ ≺ η(µ) ≺ 1.
Applicando il Teorema di estensione 1.3.6 si ha che il dominio di overlap di f0 con la
soluzione di E2 deve essere non vuoto. La soluzione di E2 `e una costante che sar`a
determinata tramite matching con f0. In questo caso f0, soluzione di E1, determina
completamente la soluzione di E2.
I domini di validit`a formali delle espansioni saranno dunque
Df0 = {Ord(η(µ)) | µ ≺ η(µ) 1}, Dg0 = {Ord(η(µ)) | η(µ) ≺ 1}.
Ansatz di Kaplun: Un’equazione con dominio di validit`a formale D ha una soluzione con dominio di validit`a attuale corrispondente a D.
In realt`a l’enunciato precedente `e falso, come afferma Lagerstrom in [8]: “Not only is it not proved but it is unprovable; taken too literally it is false since counterexamples are easily found”.
Il dominio di overlap formale `e
D = Df0∩ Dg0 = {Ord(η(µ)) | µ ≺ η(µ) ≺ 1}.
Seguendo l’Ansatz, f0 e g0 sono approssimazioni della soluzione u entrambe valide nel
dominio D con errore o(1). Applicando la tesi del Lemma 1.5 il limite intermedio (l’η-limite con µ ≺ η(µ) ≺ 1) della differenza delle approssimazioni dovrebbe essere zero. La differenza scritta in termini della variabile intermedia `e
f0− g0 = 1 − a − b + ax + bx2− C0(1 − e−x ∗ ) = 1 − a − b + aηxη + bη2x2η− C0(1 − e− ηxη µ ).
Questa differenza tender`a a zero per tre motivi:
1. alcuni termini si cancellano identicamente (non in questo caso),
2. altri termini sono trascurabili perch´e infinitesimi (`e il caso dei termini aηxη, bη2x2η, C0e−
ηxη µ ),
3. i termini restanti saranno infinitesimi solo assegnando un appropriato valore alle costanti non determinate (C0 = 1 − a − b).
Imporre limηf0− g0 = 0 corrisponde a fare il matching intermedio.
2.5
Approssimazioni di ordine superiore
Per le approssimazioni si trovano i seguenti termini:f0(x) = 1 − a − b + ax + bx2, f1(x) = 2b − 2bx, fk(x) = 0, k > 1, g0(x∗) = C0(1 − e−x ∗ ), C0= 1 − a − b, g1(x∗) = C1(1 − e−x ∗ ) + ax∗, C1= 2b, g2(x∗) = C2(1 − e−x ∗ ) + bx∗2− 2bx∗, C2 = 0, gk(x∗) = 0, k > 2,
dove le costanti Cj sono state trovate via matching.
`
E equivalente usare il matching formale o il matching intermedio, che nel caso di f1 e g1
si scriver`a come limη f0+ µf1− g0− µg1 µ , in cui C0 `e noto. Possiamo scrivere D µ = f0+ µf1− g0− µg1 µ = ax + bx 2 µ + (2b − 2bx) + (1 − a − b)e−x∗ µ − C1(1 − e −x∗ ) − ax∗. Osserviamo che
1. il termine µ ax∗ in µ g1 `e una duplicazione del termine ax in f0, dunque in Dµ i
termini axµ e −ax∗ si cancellano identicamente. Lo stesso discorso pu`o essere fatto per i termini µ2(bx∗2− 2bx∗) di µ2g
2 e i termini bx2 in f0 e −µ 2bx in µ b1.
2. Per avere Dµ → 0 `e necessario supporre x ≺ √µ; in termini della variabile inter-media ci`o equivale a chiedere η ≺√µ. Il dominio di overlap effettivo deve essere quindi pi`u piccolo di quello formale1. In questo caso l’Ansatz non `e valido, ma siamo riusciti comunque a determinare la costante C1.
L’espansione composta C2[u] coincide con ˜u definita in (2.3). ˜
u soddisfa la condizione iniziale in x = 0, mentre in x = 1 la condizione al bordo `e soddisfatta solo trascurando termini trascendentalmente piccoli ( e−1µ).
Termini dell’ordine e−µ1 possono per`o essere numericamente importanti, anche rispetto
a potenze piccole di µ: non tenere conto di questi termini pu`o portare a farci ottenere risultati numericamente non affidabili.
Si pu`o migliorare l’approssimazione considerando la funzione
ω(x; µ) = u(x; µ) − ˜u(x; µ).
Una volta trovata l’equazione differenziale di cui ω `e soluzione, si pu`o risolvere il nuovo problema con un metodo perturbativo regolare, usando δ = e−µ1 come piccolo parametro.
1
Per trovare il dominio di validit`a formale di f1e g1consideriamo la funzione u1=u−C
0[u] µ : la funzione u1`e soluzione di µd 2u 1 dx2 + du1
dx−2b = 0 con condizioni al bordo u1(0; µ) = 0, u1(1; µ) = (1−a−b)
µ e −1
µ = o(1).
Le funzioni f1 e g1 sono i termini principali delle approssimazioni outer ed inner di u1. Si pu`o dunque
Capitolo 3
Traiettorie Terra-Luna nel problema dei
due centri fissi
Il problema del moto di una particella di massa trascurabile (che rappresenta uno spa-cecraft ) dalle vicinanze di un centro gravitazionale di massa 1 − µ alle vicinanze di un secondo centro di massa µ pu`o essere risolto in termini di espansione del piccolo para-metro µ, che `e il rapporto tra le masse dei due corpi (ad esempio µ ' 0.01 nel caso Terra-Luna).
Il problema `e stato trattato per la prima volta con questo approccio da Lagerstrom e Ke-vorkian in [10]; il caso unidimensionale `e poi diventato un esempio classico ed `e presente in numerosi manuali di teoria delle perturbazioni singolari, tra cui i testi di Kevorkian e Cole [7], Lagerstrom [8], Nayfeh [14].
3.1
Equazioni del moto e integrali primi
Ci limiteremo a discutere il caso piano. Denotando la derivata rispetto al tempo con un punto, le equazioni del moto di un punto materiale che si muove sotto l’azione del campo gravitazionale della Terra e della Luna sono
¨ x = d dx 1 − µ re + µ rm , y =¨ d dy 1 − µ re + µ rm ,
dove
µ = massa della Luna / (massa della Terra + massa della Luna), r2e = (x − xe)2+ (y − ye)2,
(xe, ye) = posizione della Terra,
rm2 = (x − xm)2+ (y − ym)2,
(xm, ym) = posizione della Luna.
Supponiamo che sul piano del moto si possa scegliere un sistema inerziale con coordinate cartesiane adimensionali in modo che la Terra sia fissa nell’origine e la Luna sia nel punto xm = 1, ym = 0. Il problema dei due centri fissi `e fisicamente inconsistente ma ha il
vantaggio di essere integrabile.
Le equazioni del moto nel caso dei due centri fissi diventano
¨ x = d dx 1 − µ r + µ rm , y =¨ d dy 1 − µ r + µ rm , (3.1) dove r2 = x2+ y2, rm2 = (x − 1)2+ y2. La hamiltoniana H(x, y, ˙x, ˙y) = 1 2( ˙x 2+ ˙y2) −1 − µ r − µ rm (3.2)
non dipende esplicitamente dal tempo ed `e quindi un integrale del moto, che in questo caso corrisponde all’energia.
`
E possibile trovare un altro integrale del moto, l’integrale di Eulero
δ = ` `m+ (1 − µ) x r − µ (x − 1) rm , (3.3) dove ` = x ˙y − y ˙x, `m= (x − 1) ˙y − y ˙x
sono i momenti angolari relativi alla Terra e alla Luna.
Abbiamo dunque un problema con due gradi di libert`a e due integrali indipendenti: il problema dei due centri fissi `e risolvibile a meno di inversioni e quadrature.1
1Nel caso tridimensionale possiamo usare il momento angolare rispetto l’asse x come terzo integrale
Risolveremo comunque il problema con un metodo perturbativo. Ci`o sar`a utile per com-prendere il problema ristretto che invece non `e integrabile. Nella trattazione ignoreremo l’esistenza del secondo integrale (3.3) che non `e presente nel problema dei tre corpi ri-stretto.
Nella scelta delle condizioni iniziali, piuttosto che specificare posizione e velocit`a al tempo t = 0, `e pi`u conveniente scegliere un valore per l’energia
H(x, y, ˙x, ˙y) = h = costante
e assumere le condizioni asintotiche
x = 0, y = 0, dy
dx = −µ c per t → 0, (3.4) dove c `e un parametro che determina la pendenza iniziale della traiettoria.
3.2
Caso unidimensionale
Nel caso c = 0 il moto si svolge nell’intervallo 0 ≤ x ≤ 1 ed `e periodico.2 L’equazione del moto `e
¨ x = d dx 1 − µ x + µ (1 − x) = −1 − µ x2 + µ (1 − x)2 (3.5) e l’integrale dell’energia `e 1 2 dx dt 2 −1 − µ x − µ (1 − x) = h. (3.6)
La conservazione dell’energia pu`o essere usata per esprimere t in funzione di x a meno di quadratura. Il risultato pu`o essere espresso in termini di integrali ellittici del primo e del secondo tipo (si veda [10]) e la soluzione approssimata che otterremo potr`a essere confrontata direttamente con la soluzione esatta.
Scrivendo la derivata dell’energia potenziale
V0(x) = 1 − µ x2 −
µ
(1 − x)2, per x ∈ (0, 1)
si nota che il sistema ha un punto di equilibrio
xs= 1 − µ −pµ(1 − µ) 1 − 2µ = 1 − µ 1 2 + O(µ) 2
Per il problema `e nota l’esistenza di una famiglia di soluzioni periodiche, ellissi confocali con fuochi nella posizione dei due centri fissi. Al tendere dell’eccentricit`a ad 1 la famiglia di orbite tende al segmento unitario.
Figura 3.1: Il grafico dell’energia potenziale (sopra) e le curve di livello dell’energia (sotto) nel caso µ = 0.01.
di tipo sella, a cui corrisponde il valore dell’energia
hs= −1 − 2
p
µ(1 − µ) = −1 − 2µ12 + O(µ 3 2).
Per h ≤ hs il moto sar`a confinato in un intorno di uno dei due centri. Per ottenere
che il moto sia su tutto l’intervallo poniamo h > −1 ≥ hs. Per quanto sia piccolo
il parametro µ `e chiaro che esister`a un intorno di x = 1 in cui il termine µ/(x − 1)2 diventer`a dominante e quindi l’espansione outer fallir`a. Data la conoscenza a priori della non-uniformit`a della validit`a dell’approssimazione `e conveniente scegliere x come variabile indipendente e studiare il comportamento di t in dipendenza da x.
Denotando con0 la derivata rispetto a x, l’equazione del moto (3.5) diventa − t 00 (t0)3 = − 1 − µ x2 + µ (1 − x)2 (3.7) e l’integrale dell’energia (3.6) 1 2 (t0)2 − 1 − µ x − µ (1 − x) = h. Cerchiamo un’espansione outer della forma
Eguagliando i termini per potenze di µ otteniamo le equazioni − f 00 0 (f00)3 = − 1 x2, (3.8) − f 00 1 (f00)3 + 3 f000f10 (f00)4 = 1 x2 + 1 (1 − x)2. (3.9)
Le due equazioni sono integrabili: 1 2(f00)2 0 = 1 x 0 , − f 0 1 (f00)3 0 = −1 x+ 1 1 − x 0 .
Si ha quindi, per due costanti h0, h1,
1 2(f00)2 − 1 x = h0, − f 0 1 (f00)3 + 1 x − 1 1 − x = h1.
Si noti che l’integrabilit`a delle equazioni `e legata all’esistenza dell’integrale del moto (3.6). Infatti h0 e h1 sono tali che
h = h0+ µ h1+ O(µ2).
Per semplicit`a supponiamo che h = 0.
Le equazioni ottenute sono a variabili separabili. Integrando una seconda volta, suppo-nendo t(0) = 0, otteniamo √ 2 f0(x) = 2 3x 3 2, √ 2 f1(x) = 2 3x 3 2 + x 1 2 −1 2log 1 + x12 1 − x12 ! .
Come atteso, f1 ha una singolarit`a in x = 1 e dunque l’espansione outer non sar`a
vali-da su tutto l’intervallo. Dobbiamo considerare una nuova espansione, che chiameremo inner, che sia valida in un intorno di x = 1.
Cerchiamo quindi delle variabili locali x∗, t∗ adatte a descrivere un’approssimazione va-lida nel layer.
L’espansione inner dovr`a essere unita all’espansione outer : la velocit`a dxdt∗∗ vicino alla
Luna dovr`a essere dello stesso ordine della velocit`a dxdt = O(1) lontano dalla Luna. Definiamo xη = 1 − x η(µ), tη = t − τ η(µ),
con τ tempo di arrivo alla Luna nelle variabili outer, che verr`a trovato tramite matching. Notiamo che per un equazione differenziale lineare un riscalamento simile non avrebbe prodotto nessun risultato significativo. La possibilit`a di ottenere risultati significativi riscalando la variabile dipendente oltre alla variabile indipendente `e una caratteristica tipica dei problemi non lineari.
Con questo riscalamento l’equazione differenziale (3.7) diventa
−1 η d2tη dx2 η dtη dxη 3 − 1 − µ (1 − η xη)2 + µ η2 1 x2 η = 0
e da qui possiamo ottenere i limiti principali e i domini di validit`a formali. Supponendo η ≺ 1, per η = µ si ottiene l’equazione pi`u completa.
Le variabili inner saranno dunque
x∗= 1 − x µ , t
∗ = t − τ
µ e l’equazione inner sar`a
− d2t∗ dx∗2 dt∗ dx∗ 3 − µ (1 − µ) (1 − µx∗)2 + 1 x∗2 = 0.
Si noti che nell’equazione inner il termine che descrive l’attrazione della Luna `e il termine dominante, l’unico ad avere lo stesso ordine dell’accelerazione.
Supponiamo che t∗ sia della forma
t∗(x∗; µ) = φ0(x∗) + O(µ).
Il termine principale dell’espansione inner φ0 risolve l’equazione differenziale
− φ 00 0 (φ00)3 = − 1 x∗2,
dove questa volta denotiamo con0 la derivata rispetto a x∗. Integrando l’equazione otteniamo
1 2 (φ00)2 − 1 x∗ = h ∗ 0 (3.10)
per una costante h∗0 da determinare tramite matching.
Prima di procedere al calcolo di φ0(x∗) sono necessarie le seguenti osservazioni:
• per poter risolvere l’equazione (3.10) dobbiamo conoscere il valore di h∗
0, dunque φ0
non pu`o essere determinato senza prima imporre il matching con l’approssimazione outer di t;
• l’espansione inner di t `e
H1[t] = µ H0[t∗] + τ = τ0+ µ (τ1+ φ0(x∗))
= g0(x∗) + µ g1(x∗),
quindi per ottenere φ0, approssimazione di t∗(x∗) all’ordine ζ(µ) ≡ 1, `e necessario
approssimare t fino all’ordine ζ(µ) = µ.
Usando il metodo di Prandtl chiediamo che l’espansione outer per x → 1 coincida con l’espansione inner per x∗ → +∞. Data la (3.6), considerando l’espansione outer, per h = 0 otteniamo il valore dell’energia cinetica
1 2 (t0)2 = 1 2 (f00)2 + O(µ) = 1 x + O(µ),
mentre secondo l’espansione inner il valore `e
1 2 (t∗0 )2 = 1 2 (φ00)2 + O(µ) = h ∗ 0+ 1 x∗ + O(µ).
Per la conservazione dell’energia possiamo confrontare le due espressioni in x → 1 e in x∗ → +∞: il matching `e possibile solo se
h∗0 = 1. Si ha quindi 1 2 (t∗0)2 = 1 + 1 x∗ + O(µ), da cui √ 2 dt ∗ dx∗ = ± 1 x∗+1 x∗ + O(µ) 12 = ± x∗ x∗+ 1 12 + O(µ). Sostituendo t∗ = t−τµ si ottiene √ 2 dt dx∗ = ±µ x∗ x∗+ 1 12 + O(µ2).
Restringendoci al semi-periodo in cui il punto va dalla Terra alla Luna si ha dxdt > 0, dunque scegliamo il segno negativo.
Integrando si ha √ 2 Z t τ ds = −µ Z x∗ 0 ξ ξ + 1 12 dξ
e quindi l’espansione inner di t `e √ 2 (g0(x∗)+µ g1(x∗)) = √ 2 τ0+µ √ 2 τ1− ((1 + x∗)x∗)12 + log (1 + x∗)12 + (x∗) 1 2 .
Non ci resta che trovare il valore delle costanti τ0, τ1imponendo il matching con l’espansione
outer , che `e √ 2 (f0(x) + µ f1(x)) = 2 3x 3 2 + µ 2 3x 3 2 + x 1 2 − 1 2log 1 + x12 1 − x12 !! .
Procediamo nel modo seguente: dai domini di validit`a formale si ha che le espansioni outer e inner dovrebbero valere in
{Ord(η(µ)) | µ ≺ η ≺ 1}.
Per tali η, l’η-limite della differenza dovrebbe quindi essere zero. Definiamo la variabile intermedia
xη =
1 − x
η con η(µ) tale che µ ≺ η ≺ 1.
L’espansione outer √2 (f0(1 − η xη) + µ f1(1 − η xη)) diventa
2 3 − η xη+ µ 5 3− 1 2log(2) + 1 2log η xη 2 + O(η2) e l’espansione inner √2 g0 η xη µ + µ g1 η xη µ diventa √ 2 τ0+ µ √ 2 τ1− η xη µ − 1 2 + log(2) + 1 2log η xη µ + O µ 2 η . Vogliamo che lim µ→0 f0(1 − η(µ) xη) + µ f1(1 − η(µ) xη) − g0 η(µ) xη µ − µ g1 η(µ) xη µ µ = 0. Chiamando D = f0+µ f1−g0−µ g1
µ , dopo aver semplificato i termini che si cancellano
identicamente rimane D = 1 µ 2 3− √ 2 τ0− η xη +13 6 − log(4) − √ 2 τ1+ log √ µ + η xη+ O η2 µ + O µ 2 η2 .
Si noti che i termini
−η
sono trascurabili poich´e avevamo gi`a chiesto µ ≺ η ≺ 1. Imponendo √ 2 τ0 = 2 3, √ 2 τ1 = 13 6 − log(4) + 1 2log µ, il limite va a zero a patto che
η2 µ → 0. Il dominio di overlap effettivo `e quindi
{Ord(η) | µ ≺ η ≺√µ},
e non coincide con il dominio di overlap formale, ma ci`o non impedisce il matching. L’espansione ottenuta non `e di Poincar´e rispetto alla successione asintotica {µi}i=0,1,... poich´e g1 dipende da log µ; in questo caso alla successione asintotica `e necessario
ag-giungere termini che coinvolgono logaritmi.
L’espansione composta C1[t], che `e uniformemente valida all’ordine µ nel semi-periodo in cui il punto va dalla Terra alla Luna, `e ottenuta sommando l’espansione inner alla outer e sottraendo l’espansione inner della outer, o equivalentemente l’espansione outer della inner. Si ha √ 2 C1[t] = 2 3x 3 2 + µ 2 3x 3 2 + x 1 2 −1 2log 1 + x12 1 − x12 ! − log 2 + 1 2− (x ∗(1 + x∗))12 + x∗−1 2log x ∗+ log(x∗)12 + (1 + x∗)12 .
Si noti che C1[t] non `e singolare in x = 1 poich´e il contributo del termine 1
2log
1 − x12
`e cancellato dal termine −12log x∗.
La soluzione di (3.7) per t ∈ [0, τ ] sar`a approssimata da C1[t]; per simmetria in t ∈ [τ, 2τ ] la soluzione sar`a dunque approssimata da 2τ − C1[t]. Per periodicit`a otteniamo un’approssimazione per tutti i tempi.
In questo caso siamo in presenza di un interior layer, essendo il punto di discontinuit`a presente in t = τ .
3.3
Caso bidimensionale
Nel nostro lavoro stiamo considerando orbite che iniziano vicino alla Terra e passano vicino alla Luna (Figura 3.2).
Un’orbita che non passa mai vicino alla Luna pu`o essere studiata con un metodo pertur-bativo classico. `E chiaro invece che, per quanto piccolo sia µ, esista sempre un piccolo intorno in cui l’attrazione della Luna sar`a pi`u grande di quella della Terra. In questo intorno l’approssimazione ottenuta con il metodo perturbativo classico fallir`a.
Le traiettorie del moto prima e dopo un incontro ravvicinato con la Luna saranno chia-mate first leg e second leg. Il layer nelle coordinate outer sar`a visto come un punto di discontinuit`a.
Il termine principale di ogni leg `e una conica kepleriana con un fuoco nella Terra. Assumiamo che il moto non perturbato sia ellittico, ovvero h < 0, e che l’orbita raggiun-ga la Luna, dunque h > −1.
L’energia relativa al moto geocentrico sar`a costante per ogni leg. Queste due costanti saranno la stessa, visto che l’energia `e un integrale del moto. Tuttavia l’attrazione della Luna cambier`a radicalmente la direzione del moto, ovvero cambier`a il momento angolare relativo alla Terra.
Unendo first e second leg otteniamo un’orbita continua, ma non derivabile in x = 1. Vedremo che la soluzione inner, che chiameremo Moon passage, sar`a usata per eliminare la discontinuit`a della derivata. Per sottolineare tale aspetto l’interior layer `e in questo caso chiamato anche derivative layer.
x
Terra Luna
Spacecraft y
−µc
3.3.1 First leg
Scegliamo x come variabile indipendente. Le equazioni del moto sono ottenute dalle (3.1) ponendo ¨ x = − t 00 (t0)3, y =¨ y00 (t0)2 − t00y0 (t0)3,
dove 0 indica la derivata rispetto x. Si ottiene quindi − t 00 (t0)3 = − (1 − µ) x r3 − µ (x − 1) r3 m , y00 (t0)2 − t00y0 (t0)3 = − (1 − µ) y r3 − µ y r3 m .
L’espansione outer sar`a della forma
E1[t] = t0(x) + µ t1(x),
E1[y] = µ y1(x).
Si noti che y0(x), il termine principale dell’espansione di y, `e soluzione di
y000 (t00)2 − t000y00 (t00)3 = − y0 (x2+ y2 0) 3 2
con le condizioni iniziali date dalle (3.4)
y0(0) = 0, y00 = 0,
dunque y0(x) ≡ 0.
Le equazioni per t0, t1, y1 sono
t000 (t00)3 = 1 x2, − t 00 1 (t00)3 + 3 t000t01 (t00)4 = 1 x2 + 1 (1 − x)2, y001 (t00)2 − t000y01 (t00)3 = − y1 x2.
Le prime due equazioni sono integrabili. Imponendo la conservazione dell’energia
h = h0+ µ h1(x) + O(µ2)
e scegliendo
si ottiene l’espansione outer di t: √ 2 t0(x) = 1 ρ3 sin −1ρx1 2 − 1 ρ2 (x(1 − ρ 2x))12, √ 2 t1(x) = − h1 ρ3 (x(1 − ρ2x))12 ρ + 1 ρ x 1 − ρ2x 12 − 3 2ρ2 sin −1ρx1 2 ! − 2 ρ3sin −1ρx1 2 + 2 − ρ 2 ρ2(1 − ρ2) x 1 − ρ2x 12 + 1 2(1 − ρ2)12 log1 + (1 − 2ρ 2)x − 2(x(1 − ρ2x)(1 − ρ2))12 1 − x .
Dalla terza equazione, sostituendo il valore di t0 e imponendo le condizioni iniziali
y1(0) = 0, y10(0) = −c,
si ha l’espansione outer di y:
y1(x) = −c x.
La traiettoria del moto `e all’ordine µ una retta, ma il moto su questa retta y1(x(t))
non sar`a kepleriano se consideriamo in t termini dell’ordine µ. Che la traiettoria sia kepleriana `e una coincidenza dovuta alla scelta delle condizioni iniziali (3.4).
Come nel caso unidimensionale, in t1 `e presente una singolarit`a logaritmica per x = 1 e
l’espansione outer fallisce in un interior layer.
3.3.2 Moon passage
Le variabili inner saranno della forma
x∗= x − 1 µα , y ∗ = y µα, t ∗ = t − τ µβ ,
con τ tempo in cui avviene il passaggio lunare.
Scrivendo le equazioni del moto (3.1) in termini delle nuove variabili si ha
d2x∗ dt∗2 = −µ 2β−α (1 − µ) (1 + µαx∗) (1 + 2 µαx∗+ µ2α(x∗2+ y∗2))32 − µ 2β−3α+1 x∗ (x∗2+ y∗2)32 , d2y∗ dt∗2 = −µ 2β−α+1 (1 − µ) y∗ (1 + 2 µαx∗+ µ2α(x∗2+ y∗2))32 − µ2β−3α+1 y ∗ (x∗2+ y∗2)32 .
Sappiamo che le equazioni pi`u complete si ottengono quando il termine che descrive l’attrazione della Luna `e il termine dominante, dunque
Vogliamo inoltre che le orbite passino vicino alla Luna con velocit`a finita: la velocit`a nelle variabili inner deve essere dello stesso ordine della velocit`a nelle variabili outer, dunque
α = β = 1.
Le variabili inner sono dunque
x∗ = x − 1 µ , y ∗ = y µ, t ∗ = t − τ µ ,
e le equazioni inner sono
d2x∗ dt∗2 = −µ (1 − µ) (1 + µx∗) (1 + 2 µx∗+ µ2(x∗2+ y∗2))32 − x∗ (x∗2+ y∗2)32, d2y∗ dt∗2 = −µ 2 (1 − µ) y∗ (1 + 2 µx∗+ µ2(x∗2+ y∗2))32 − y∗ (x∗2+ y∗2)32 .
I termini principali delle approssimazioni inner possiedono due integrali indipendenti che ci permetteranno di determinare il moto: l’energia h∗0 e il momento angolare `∗ rispetto alla Luna. Si ha h∗0 = 1 2 dx∗ dt∗ 2 + dy ∗ dt∗ 2! − 1 (x∗2+ y∗2)12 , `∗ = x∗dy ∗ dt∗ − y ∗ dx∗ dt∗.
Il valore delle due costanti sar`a determinato tramite matching: in questo caso il matching di Prandtl afferma che la soluzione outer per x → 1 deve coincidere con la soluzione inner per x∗ → −∞. Esprimiamo le due costanti in termini delle variabili outer e usiamo il valore che otteniamo per x → 1.
Per quanto riguarda `∗, vale
`∗ = x − 1 µ dy dt − y µ dx dt = (x − 1)dy1 dt − y1 dx dt + O(µ), con dy1 dt = dy1 dx 1 t0 = − c t00 (1 + O(µ)) e dx dt = 1 t00(1 + O(µ)). Notiamo poi che
t00 = x 2(1 − ρ2x) 12 −−−→ x→1 1 2(1 − ρ2) 12 ,
dunque
`∗ = c 2(1 − ρ2)
1 2 .
Con un ragionamento simile si pu`o vedere che
h∗0 = h0+ 1 = 1 − ρ2 > 0.
Dato che h∗0 > 0 l’orbita vicino alla Luna `e iperbolica: mentre l’ellitticit`a dell’orbita non perturbata `e stata una nostra scelta, l’uso del metodo perturbativo porta ad avere che il Moon passage `e iperbolico.
La costante `∗pu`o essere vista anche come prodotto tra la velocit`a dell’approssimazione inner a −∞ e la distanza tra l’asintoto entrante dell’iperbole e la Luna.
Per l’orientazione dell’orbita iperbolica notiamo che la velocit`a a x∗ → −∞ `e parallela all’asse x∗, infatti dy∗ dt∗ x∗→−∞ = dy dt x→1 = O(µ),
e l’asintoto entrante `e a distanza c dalla Luna nella direzione negativa dell’asse y∗ (se c > 0).
Detti a∗ il semi-asse maggiore, ∗ l’eccentricit`a, le relazioni tra a∗, ∗ e h∗0, `∗ sono date dai risultati ben noti
a∗ = 1 2 h∗0 = 1 2 (1 − ρ2), ∗ = 1 + 2 h∗0`∗2 1 2 = 1 + 4 c2 1 − ρ22 1 2 . `
E conveniente descrivere il moto iperbolico in forma parametrica. Applichiamo una rotazione in modo che le nuove coordinate
˜
x = x∗cos(θ) − y∗sin(θ), y = x˜ ∗sin(θ) + y∗cos(θ), siano orientate simmetricamente rispetto agli asintoti; basta scegliere
θ = tan−1∗2− 1
1 2
. (3.11)
Per descrivere il moto iperbolico consideriamo il parametro u, noto in letteratura come anomalia iperbolica. Data la distanza tra lo spacecraft e la Luna
˜
r2= ˜x2+ ˜y2, vale la relazione (si veda [17])
˜
Definita f l’anomalia vera, si ha ˜ r = ` ∗2 1 + ∗cos f = a∗ ∗2− 1 1 + ∗cos f. (3.13) Dalle due relazioni (3.12) e (3.13) segue facilmente che
˜
x = ˜r cos f = a∗(∗− cosh u). Per quanto riguarda ˜y = ˜r sin f , derivando la (3.13) si ottiene
d˜r dt∗ = ∗2sin f ˜r2 a∗ ∗2− 1 df dt∗
e, nota la relazione che lega l’anomalia vera ed il tempo
df dt∗ = h∗ ˜ r2 = 1 2a∗r˜2, si ha d˜r dt∗ = ∗ 2a∗2 ∗2− 1 sin f . (3.14) Derivando (3.12) si ottiene d˜r dt∗ = a ∗∗sinh u du dt∗. Si sa inoltre che du df = ˜ r a∗ ∗2− 112 .
Usando la regola della catena si ha
du dt∗ = ˜ r a∗ ∗2− 112 df dt∗ e dunque du dt∗ = 1 2a∗2 ∗2− 112 ˜ r per cui d˜r dt∗ = ∗sinh u 2a∗ ∗2− 11 2r˜ . (3.15) Da (3.14) e (3.15) segue che ˜ y = ˜r sin f = a∗ ∗2− 112 sinh u.
L’iperbole `e quindi descritta dalle equazioni parametriche ˜ x = a∗(∗− cosh u), ˜ y = a∗ ∗2− 112 sinh u, t∗ = a∗32(∗sinh u − u).
Per ottenere la relazione tra il tempo e l’anomalia iperbolica si veda [1].
Eliminando il parametro u si pu`o esprimere y∗ in funzione di x∗: l’equazione della traiettoria `e y∗ = ( 2− 1)12 2 − 2 −x ∗+ a(2− 1) ± x∗ 1 −2a x∗ + a2(2− 1) x∗2 12! + O(µ)
dove il segno positivo va scelto quando il moto `e verso la Luna. L’espansione composta della traiettoria `e
C1[y] = µ y∗(x∗) + µ y1(x) + µ c + O(µ2).
La legge oraria si ottiene con un procedimento simile a quanto fatto nel caso unidimen-sionale.
3.3.3 Second leg
Il moto successivo al Moon passage pu`o essere di nuovo approssimato da una conica kepleriana geocentrica.
La second leg sar`a quindi un’ellisse non degenere, visto che l’energia h < 0 e il momento angolare rispetto alla Terra questa volta non sar`a infinitesimo.
Affinch´e sia possibile il matching, l’asintoto uscente dell’iperbole fornir`a la direzione della velocit`a che il punto assume asintoticamente per x = 1, y = 0.
Nel calcolare la nuova espansione bisogna nuovamente risolvere le equazioni
− t 00 (t0)3 = − (1 − µ) x r3 − µ (x − 1) r3 m , y00 (t0)2 − t00y0 (t0)3 = − (1 − µ) y r3 − µ y r3 m ,
con condizioni iniziali date dal matching con il Moon passage, supponendo che
t(x; µ) = t0(x) + O(µ),
Imponendo il matching si pu`o vedere che
` = 2(1 − ρ2)12
sin(2θ),
dove θ `e l’angolo definito in (3.11).
Si noti che il termine principale della second leg pu`o essere quindi calcolato solo a patto di calcolare il Moon passage, e dunque la correzione di ordine µ della first leg.
3.4
Considerazioni finali
In questo capitolo abbiamo riesaminato, nel caso pi`u semplice in cui i centri sono fissi, l’idea alla base del metodo chiamato patched conics techinque: si pu`o dividere lo spa-zio assegnando ad ogni pianeta una sua sfera di influenza cos`ı che la traiettoria di uno spacecraft possa essere approssimata da soluzioni del problema a 2 corpi. Il metodo ha il vantaggio di evitare le complicazioni dovute alla non risolubilit`a del problema degli n corpi (n = 3 nel nostro caso).
Il risultato ottenuto `e per`o negativo: nella nostra analisi abbiamo visto che non `e possi-bile giustificare matematicamente il patching diretto delle coniche. `E necessario infatti calcolare la correzione di ordine µ della first leg.
Capitolo 4
Traiettorie Terra-Luna nel problema dei tre
corpi ristretto circolare
Continuiamo il lavoro del capitolo precedente generalizzandolo al caso del problema dei tre corpi ristretto. Lagerstrom e Kevorkian furono i primi ad affermare, in un articolo pubblicato nel 1963 [11], di poter studiare il problema con un metodo perturbativo sin-golare.
Usando il metodo perturbativo regolare il moto della particella `e approssimato all’ordine ζ(µ) ≡ 1 da una conica kepleriana con un fuoco nella Terra. L’approssimazione ottenuta non `e uniformemente valida quando il moto `e studiato per un lungo intervallo di tempo. Anche restringendoci a brevi intervalli l’approssimazione non `e valida per i moti con incontri ravvicinati con la Luna.
Come nel caso in cui i due centri erano fissi cercheremo approssimazioni valide nelle tre parti del moto: un’approssimazione valida prima dell’incontro ravvicinato, il Moon passage e l’approssimazione del moto successivo.
Anche in questo caso non sar`a possibile il matching tra il termine principale dell’ap-prossimazione inner e il termine principale della first leg: per determinare l’iperbole che descrive l’incontro ravvicinato bisogna conoscere il momento angolare rispetto alla Luna o, equivalentemente, la distanza dell’asintoto dalla Luna che `e di ordine µ nelle variabili outer. Da ci`o segue che anche il moto successivo all’incontro ravvicinato non potr`a essere determinato dalla prima conica kepleriana ottenuta.
Nonostante ci`o in alcuni casi tecniche di patching di coniche possono essere comunque utili da un punto di vista pratico.
4.1
Scelta delle coordinate ed equazioni del moto
Come nel capitolo precedente il piccolo parametro sar`aµ = massa della Luna / (massa della Terra + massa della Luna).
Nelle ipotesi del problema ristretto la Terra e la Luna si muovono intorno al centro di massa in orbite circolari di raggio µ e 1 − µ rispettivamente, con velocit`a angolare co-stante.
Consideriamo delle coordinate cartesiane adimensionali appropriate dividendo le lun-ghezze per la distanza Terra-Luna e il tempo per l’inverso della velocit`a angolare del sistema. In un sistema inerziale ˜Σ le equazioni del moto dello spacecraft sono
d2˜x dt2 = ∇ 1 − µ ˜ re + µ ˜ rm dove ˜ re = |˜x − ˜xe|, ˜
xe = posizione della Terra,
˜
rm = |˜x − ˜xm|,
˜
xm = posizione della Luna.
Scegliendo il centro di massa come origine, i, j due versori sul piano del moto, vale
˜ xe= ˜xei + ˜yej, ˜ xm = ˜xmi + ˜ymj, dove ˜ xe= −µ cos(t − T ), ˜ ye= −µ sin(t − T ), ˜ xm= (1 − µ) cos(t − T ), ˜ ym= (1 − µ) sin(t − T )
per una costante T , detta costante di fase del moto, che dipende dalla posizione rela-tiva di Terra e Luna al tempo iniziale.
Spostiamo l’origine del sistema di rifermento nella Terra. Nel nuovo sistema di riferi-mento la posizione dello spacecraft `e
Il nuovo sistema di riferimento `e non inerziale, dato che si muove con la Terra. Vale
xe= 0,
xm = xmi + ymj,
xm = cos(t − T ),
ym = sin(t − T ).
Le equazioni del moto diventano
d2x dt2 − ∇ 1 − µ r = ∇ µ rm −d 2˜x e dt2 . (4.1)
In componenti la (4.1) si scrive come
d2x dt2 + (1 − µ) x r3 = µ f, (4.2) d2y dt2 + (1 − µ) y r3 = µ g, (4.3) d2z dt2 + (1 − µ) z r3 = µ k, (4.4) dove f = xm− x r3 m − xm, g = ym− y r3 m − ym, k = − z r3 m
Le funzioni f, g, k sono nulle nella posizione della Terra (x = y = z = 0). Se consideriamo un terzo corpo massivo, ad esempio il Sole, allora il sistema ˜Σ non `e pi`u inerziale ed `e necessario aggiungere un’ulteriore forza apparente alle equazioni del moto. Per quanto osservato sulle funzioni f, g, k e dal fatto che la distanza Terra-Luna `e piccola rispetto a quella Terra-Sole, lavoreremo nell’ipotesi che i termini da aggiungere siano trascurabili a patto che lo spacecraft rimanga vicino al sistema Terra-Luna.
4.2
Condizioni iniziali e integrali kepleriani
Restringiamoci ad orbite nel piano (x, y) che iniziano in un intorno di ampiezza µ della Terra. Per capire cosa succede nelle vicinanze della Terra possiamo introdurre delle variabili riscalate xα, yα, tα tali che
xα= x µα(1 − µ), yα = y µα(1 − µ), tα = t µ32α(1 − µ) . (4.5)
Sostituendo le nuove variabili nell’equazione (4.2) e osservando che f ∼ x per x piccolo, si ha d2xα dt2 α +xα r3 α = O(µ1+3α),
dove rα2 = x2α+ yα2. Un discorso simile pu`o esser fatto per (4.3).
Ci aspettiamo quindi che gli integrali del problema a 2 corpi Terra-spacecraft cambino molto poco finch´e lo spacecraft resta vicino alla Terra. Per la nostra analisi prenderemo come condizioni iniziali i valori assunti in x = 0 da questi quasi integrali. Consideriamo quindi l’energia e il momento angolare rispetto alla Terra
he = 1 2 dx dt 2 + dy dt 2! − 1 − µ r , `e = x dy dt − y dx dt.
Notiamo che se lo spacecraft si trova inizialmente a distanza dalla Terra r = O(µ) e he=
O(1), allora la velocit`a deve essere O(µ−12) e dunque il momento angolare `e= O(µ 1 2).
Consideriamo inoltre le seguenti quantit`a che descrivono l’orientazione dell’orbita
pe = `e dx dt + (1 − µ) y r, qe = −`e dy dt + (1 − µ) x r.
I quasi integrali pe, qe derivano dal vettore di Laplace-Runge-Lenz
A = v × ` − (1 − µ)r r. Vale
pe= −A · j, qe= −A · i.
I valori di he, `e, pe determinano il valore di qe a meno di segno.
Notiamo che il moto non perturbato `e simmetrico rispetto l’asse x se pe= 0. Se inoltre
qe> 0 allora la coordinata x del perigeo `e negativa, e nel caso `e= 0 la coordinata x nel
moto rimane negativa per tutto il moto. Poniamo in x = 0
he= −ρ2, `e= µ
1
2λ, pe = 0, qe> 0 (4.6)
dove ρ < 1 e λ sono due costanti indipendenti da µ.
centri fissi (3.4).
Abbiamo potuto assumere senza perdita di generalit`a che l’orbita non perturbata sia simmetrica rispetto all’asse x e che il perigeo sia a sinistra rispetto all’origine: queste restrizioni sono compensate dalla possibilit`a di scegliere un valore arbitrario per T . Dai quasi integrali scelti in (4.6) l’orbita non perturbata avr`a semi-asse maggiore ed eccentricit`a a = 1 − µ 2ρ2 , = 1 − 2µρ 2λ2 (1 − µ)2 12 .
Per λ 6= 0 le condizioni iniziali (4.6) non sono uniche: l’orbita passa per due punti dell’asse y opposti rispetto all’origine. Si pu`o verificare infatti che alle condizioni (4.6) corrispondono le posizioni e velocit`a
x = 0, y = ∓µ λ |λ| 1 − µ, dx dt = ± 1 − µ µ12|λ| , dy dt = ∓ 1 µ12λ (1 − µ)2− 2µρ2λ212 .
Per rendere le condizioni iniziali (4.6) uniche scegliamo y positivo nel caso `e < 0,
negativo nel caso `e> 0.
Per quanto riguarda il tempo scegliamo come instante iniziale quello in cui il punto, seguendo l’orbita non perturbata, si trova nel perigeo (si veda figura 4.1).
Date le (4.6) nel perigeo il punto assume i seguenti valori di posizione e velocit`a
x = −1 − µ 2ρ2 1 − 1 − 2µρ 2λ2 (1 − µ)2 12! , y = 0, dx dt = 0, dy dt = − 2µ12λ ρ2 1 − µ 1 − 1 − 2µρ 2λ2 (1 − µ)2 12!−1 .
Detto p il semilato retto, nel nostro caso
p = |y(x = 0)| = µλ
2
1 − µ.
Per il moto parabolico, definita ν l’anomalia vera, usiamo l’equazione di Barker (si veda [1]) t = 1 2 s p3 1 − µ tanν 2 + 1 3(tan ν 2) 3 ,
per ottenere
t(x = 0) = 2 3
µ32λ3
(1 − µ)2. (4.7)
Per il moto ellittico si pu`o ottenere il tempo iniziale in modo simile usando l’equazione di Keplero. In entrambi i casi vale
t(x = 0) = O(µ32). x y Terra P (t0) P (t = 0)
Figura 4.1: L’orbita non perturbata per ` > 0.
4.3
Termini principali delle approssimazioni della first leg
Scegliamo la x come variabile indipendente. Le equazioni del moto sono− t 00 (t0)3 + (1 − µ) x r3 = µ f, (4.8) y00 (t0)2 − t00y0 (t0)3 + (1 − µ) y r3 = µ g. (4.9)
Usando l’esistenza dei quasi integrali he, `e possiamo riscrivere le due equazioni come
dhe dx = d dx 1 + (y0)2 2(t0)2 − 1 − µ r = µ (f + g y0), (4.10) d`e dx = d dx xy0− y t0 = µ t0(xg − yf ). (4.11)