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La Responsabilità Sociale d'Impresa nel settore finanziario dei paesi emergenti

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

BANCA, FINANZA AZIENDALE E MERCATI FINANZIARI

Tesi di laurea

La Responsabilità Sociale d'Impresa nel

settore finanziario dei paesi emergenti

Relatore:

Prof.ssa Caterina Giannetti

Anno accademico 2016/2017

Candidato:

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1

SOMMARIO

Introduzione ... 3

1. La Responsabilità Sociale d’Impresa ... 5

1.1 Definizioni ... 5

1.2 Evoluzione della RSI ... 8

2. La Responsabilità Sociale d’Impresa nel settore bancario ... 13

2.1 Le banche “socialmente responsabili” ... 13

2.2 Motivi di adozione ... 17

2.3 Effetti non strettamente economici ... 18

2.3.1 Stakeholders ... 18

2.3.2 Sociale ... 20

2.4 Effetti economici ... 21

2.4.1 Performance ... 21

2.4.2 Rischiosità ... 27

2.5 Il problema del rating ... 31

2.6 Future direzioni di ricerca ... 33

2.7 Organizzazioni internazionali a sostegno della RSI ... 35

2.7.1 Global Reporting Initiative (GRI) ... 35

2.7.2 United Nations Global Compact (UN GC) ... 39

2.7.3 UN Environment Programme Finance Initiative (UNEP FI) ... 45

2.7.4 Equator Principles (EP) ... 47

3. La Responsabilità Sociale d’Impresa nei paesi emergenti ... 51

3.1 Origini della RSI nel gruppo dei paesi emergenti ... 51

3.1.1 Brasile ... 54

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2 3.1.3 India ... 57 3.1.4 Malesia ... 58 3.1.5 Messico ... 59 3.1.6 Russia ... 61 3.1.7 Sud Africa ... 62 3.1.8 Thailandia ... 63 3.2 Analisi Empirica ... 65 3.2.1 Descrizione ... 65 3.2.3 CSR Report ... 67 3.2.4 GRI Member ... 68 3.2.5 UNGC Member ... 69 3.2.6 UNGC contribution ... 70 3.2.7 UNEPFI ... 71 3.2.8 Equator Principles ... 71 3.2.9 Probabilità di transizione ... 73 Conclusioni ... 78 Bibliografia ... 81 Sitografia ... 83

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INTRODUZIONE

Alla luce della recente crisi finanziaria globale il mondo della finanza è stato og-getto di una crescente perdita di fiducia e di legittimità da parte dell’opinione pub-blica. La forte instabilità e debolezza manifestata dal settore bancario durante gli anni di crisi hanno portato alla necessità di rivedere con spirito critico la struttura stessa del sistema finanziario. In quest’ottica, uno degli strumenti che sta ottenendo maggiore attenzione da parte di ricercatori e operatori economici è la Responsabi-lità Sociale d’Impresa (abbreviata con l’acronimo RSI, o CSR secondo la termino-logia anglosassone “Corporate Social Responsibility”). Con le stesse motivazioni di legittimazione della propria attività, una tipologia specifica di attori sul mercato economico globale hanno intensificato l’utilizzo di queste pratiche di RSI: le isti-tuzioni finanziarie provenienti da aree in via di sviluppo, quali i paesi facenti parte del BRIC. Infatti, le realtà economiche di queste regioni, pur avendo vissuto anni di crescita impressionante, stanno ancora cercando di guadagnare piena legittimità sulla scena internazionale. Nel tentativo di ridurre questo gap, le istituzioni finan-ziarie provenienti da questi paesi stanno facendo sforzi per allinearsi con le norme globali di business in tema di RSI.

In questo contesto, lo scopo di questo elaborato sarà il confronto tra la RSI prati-cata dalle istituzioni finanziarie provenienti dalle economie avanzate rispetto al fenomeno dei paesi emergenti, visto il peso crescente che le aree in via di sviluppo stanno guadagnando nello scenario internazionale. Infatti, le organizzazioni dei paesi emergenti potrebbero utilizzare la RSI più intensamente rispetto alle istitu-zioni delle economie avanzate per riempire queste lacune di legittimità.

Il primo capitolo introdurrà brevemente il concetto di Responsabilità Sociale d’Im-presa. Nel secondo, invece, si analizzerà la RSI all’interno del settore bancario, effettuando una prima rassegna degli studi presenti in materia, sottolineando le motivazioni e gli effetti, in termini economici e non, che l’adozione di tali politiche hanno sulla realtà aziendale della banca. Inoltre, saranno descritte le caratteristiche delle più importanti organizzazioni internazionali a sostegno della RSI. Infine, nella terza ed ultima parte, si contestualizzerà il fenomeno della RSI all’interno

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delle diverse aree delle economie emergenti considerate nel caso empirico. Suc-cessivamente, sulla base di un campione di istituzioni finanziarie provenienti sia da paesi emergenti che da economie già sviluppate, si confronteranno una serie di indicatori legati alla Responsabilità Sociale d’Impresa, evidenziando la presenza o meno di differenze in termini di adozione delle iniziative RSI tra le istituzioni fi-nanziarie delle economie avanzate e quelle attive nei paesi emergenti.

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1. LA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA

In questo primo capitolo sarà definito il concetto di Responsabilità Sociale d’Im-presa, evidenziando il modo in cui essa si è sviluppata nel corso degli anni.

1.1 Definizioni

Una problematica dimostratasi fondamentale nell’economia moderna è il concetto di sostenibilità dello sviluppo economico, la quale dipende strettamente dal com-portamento più o meno socialmente responsabile delle aziende. Infatti, il venir meno della fiducia nel sistema economico-finanziario globale, alla luce anche della ultima crisi finanziaria, ha portato a ritenere non più sostenibile la mera creazione di valore da parte delle imprese e degli operatori economici, senza considerare gli effetti che le loro azioni e decisioni hanno sull’ambiente e sulla società in cui agi-scono. L’insieme di queste preoccupazioni di natura sociale ed etica legate all’at-tività e al modello di business di una compagnia sono alle fondamenta del concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI). La comunicazione del 25 ottobre 2011 (n. 681) della Commissione Europea, definisce la RSI come “la responsabilità

delle imprese per il loro impatto sulla società”. Generalmente, viene definita come

l’impegno nelle e la conformità con le tematiche ambientali, sociali e di gover-nance da parte di un’azienda. Ciò si traduce nell'adozione di un modello e di una politica aziendale in grado di soddisfare sia gli obiettivi strettamente economici sia quelli sociali e ambientali del territorio di riferimento, in un’ottica di sostenibilità futura. Oggi il compito delle imprese non è più soltanto quello tradizionale di creare profitto ma anche quello di confrontarsi con i problemi della società attuale, facendosi attori non solo dello sviluppo economico ma anche di quello sociale. Per lungo tempo è stata considerata una sola prospettiva nel definire la RSI, come la soddisfazione dei lavoratori, la protezione dell’ambiente, la filantropia aziendale o la fiducia dei consumatori. Tuttavia, la RSI è per sua natura un concetto multidi-mensionale, che tenta di cogliere gli interessi degli innumerevoli stakeholders le-gati a un ambiente aziendale. Date queste sue caratteristiche, non c’è un consenso generale sul preciso significato di RSI. Un interessante articolo dell’accademico norvegese Alexander Dahlsrud, How corporate social responsibility is defined: an

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analysis of 37 definitions (2008), fornisce una analisi di 37 diverse definizioni di

RSI. Tra queste egli individua due nozioni di RSI ampliamente citate dalla lettera-tura accademica: una risalente all’economista statunitense Archie Carroll (1979)1,

e una della Commissione Europea del 2011.

La definizione di Carroll enfatizza quattro principali responsabilità e aspettative che la società ha nei confronti di un’azienda: economica, legale, etica, e volontaria (Figura 1). La responsabilità economica è la prima e la principale base su cui si fondano tutte le altre, e corrisponde alla necessità di creare profitto. Quella legale si riferisce alla cosiddetta hard law, cioè agli obblighi di conformità alla legge della società, la quale rappresenta la codificazione di ciò che è sbagliato e ciò che è giusto. La responsabilità etica fa riferimento alle norme etiche che non sono co-dificate nell’ hard law, e impongono di fare ciò che è giusto, corretto ed equo, cercando di evitare di recare danni agli altri soggetti; in sintesi, essere individui etici. Infine, la responsabilità volontaria non è normalmente attesa dalla società, e significa contribuire delle risorse alla comunità, cercando di aumentare la qualità della vita generale, come nel caso delle iniziative filantropiche; se l’azienda non

effettua donazioni non è considerata non etica.

Figura 1 - La piramide di Carrol (Carroll, 1991)

Quindi, l’aspettativa che l’impresa raggiunga questi obiettivi è guidata dalle norme sociali.

1 Carroll, A.B. (1979). “A threedimensional conceptual model of corporate performance”, Academy of

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Dall’altro lato la definizione della Commissione Europea, pur incorporando vari aspetti congruenti con Carroll, include anche la collaborazione con gli

stakehol-ders: “per soddisfare pienamente le loro responsabilità, le imprese dovrebbero dotarsi di un processo per integrare le istanze sociali, ambientali, etiche, i diritti umani e le richieste dei consumatori nelle loro operazioni commerciali e nelle strategie, in stretta collaborazione con le parti interessate e con l'obiettivo di: massimizzare la creazione di valore condiviso per i loro proprietari / azionisti e per le altre parti interessate e la società in generale e individuare, prevenire e mitigare i possibili effetti negativi” (Commissione Europea, 2011).

Includere le preoccupazioni e gli interessi degli stakeholders in numerose defini-zioni di RSI è in linea con il peso crescente che la Teoria degli Stakeholders di Edward Freeman (1984) 2 sta acquisendo nel campo della ricerca RSI. Freeman

afferma che un’organizzazione ha una molteplicità di stakeholders, ciascuno dei quali ha differenti aspettative nei confronti dell’organizzazione. Il termine

stake-holders si riferisce a ogni gruppo o individuo che può influenzare o che può essere

influenzato dalle attività dell’organizzazione e che è vitale per il successo dell’ope-razione stessa. Gli stakeholders principali sono i clienti, i lavoratori, le comunità locali, i fornitori e distributori, e gli azionisti. Nell’ ottica di Freeman, l’azienda dovrebbe tendere a soddisfare nel modo più equo possibile le aspettative degli in-numerevoli stakeholders interni ed esterni, andando a creare un insieme di respon-sabilità che l’impresa e il suo management hanno nei confronti dei vari soggetti influenzati dall’attività aziendale, al fine di favorire la creazione ed un’equa distri-buzione della ricchezza prodotta e per evitare e/o limitare gli effetti negativi sugli stakeholders stessi. Nella sua analisi, Dahlsrud evidenzia che gli stakeholders co-stituiscono una delle cinque dimensioni a cui si fa consistentemente riferimento nelle 37 definizioni considerate di RSI, al fianco delle altre dimensioni: econo-mica, sociale, volontaria e ambientale. Queste dimensioni comuni contribuiscono a rendere il problema della mancanza di una definizione universalmente accettata

2 Freeman R. Edward. (1984). Strategic Management: A Stakeholder Approach. Cambridge University

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meno problematico, creando una base da cui partire per le future direzioni di ri-cerca in quest’ambito.

1.2 Evoluzione della RSI

Il concetto di RSI ha iniziato a farsi largo a partire dagli anni ’50, ma ci sono testi-monianze di aziende e imprenditori che contribuivano al benessere della società già dalla prima rivoluzione industriale. Sin dalla seconda metà del 1800, era di-ventato chiaro che le aziende emergenti erano particolarmente interessate ai propri lavoratori e a come aumentare la loro produttività. Sorgevano le prime critiche al sistema industriale sia in Gran Bretagna che in America, in particolare riguardanti il lavoro minorile e delle donne. I riformatori in entrambe le nazioni ritenevano che il sistema industriale fosse la causa di numerosi problemi sociali, inclusi tu-multi, povertà, e proliferazione dei bassifondi. Cominciarono quindi a nascere i primi schemi di welfare per prevenire i problemi sul lavoro ed aumentare la per-formance dei dipendenti attraverso azioni indotte da motivazioni sia aziendali che sociali. Queste iniziative prevedevano la creazione di cliniche ospedaliere, case da bagno, sale pranzo, piani di partecipazione agli utili, strutture ricreative e altre pra-tiche di questo genere. Oltre alle preoccupazioni per i propri lavoratori, anche la filantropia iniziava ad assumere un ruolo crescente nella società. Spesso era prati-cata individualmente dagli stessi imprenditori. Ad esempio, nel 1884 John D. Rockfeller, cofondatore della Standard Oil Company, fornì importanti finanzia-menti a un college per donne di colore ad Atlanta. Questa fu la prima di numerose iniziative di Rockfeller per aumentare il livello di educazione in tutti gli Stati Uniti. Un altro caso è il cosiddetto Pullman Experiment. Nel 1893, George M. Pullman, proprietario della Pullman Palace Car Company, creò una comunità industriale modello per permettere ai suoi impiegati di lavorare in una nuova fabbrica aperta a diverse miglia da Chicago. La cittadina fondata era dotata di negozi, teatri, par-chi, alberghi e biblioteche, e costruita secondo standard ben più moderni rispetto a quelli dell’epoca. La città prese il nome di Pullman, Chicago. Il concetto di RSI era comunque ancora lontano dal ben definirsi. Negli anni ’20 la RSI iniziò a pren-dere forma, poiché gli imprenditori tentavano di costruire la fiducia degli azionisti e dei creditori sociali. Infatti, la separazione tra proprietà e gestione dell’azienda

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indusse i manager, oltre a cercare di massimizzare la ricchezza dei proprietari, a creare e mantenere un giusto equilibrio tra gli interessi di altri attori, come clienti, lavoratori e comunità. Quindi, il manager iniziò a essere considerato non solo un agente della compagnia, ma un fiduciario dei vari portatori di interessi dell’azienda. Stando a una indagine effettuata dal periodico Fortune negli anni ’40, stava aumentando la coscienza sociale degli imprenditori. Comunque, prima degli anni ’50 si parlava più di Responsabilità Sociale (SR) piuttosto che di RSI. Nel 1953, Howard R. Bowen, considerato il padre fondatore della RSI, propose l’idea di responsabilità sociali aziendali più profonde, oltre alla mera profittabilità. In questa concezione, gli imprenditori avrebbero dovuto essere responsabili di servire la società al di là delle proprie obbligazioni sociali. Negli anni ’60 gli studiosi ac-cademici hanno iniziato a formalizzare il concetto di RSI, come nel caso di Keith Davis, che nel 1960 definì il concetto di Responsabilità Sociale come “le decisioni

degli uomini d'affari e le azioni adottate per ragioni almeno parzialmente oltre l'interesse diretto economico o tecnico della società”. Anche negli anni ’70 il

con-cetto di RSI è stato analizzato e discusso più profondamente in ambito accademico. Diversi ricercatori, quali Frederick, McGuire, Walton, Johnson e Carroll proposero delle definizioni specifiche di RSI. La maggior parte di queste, includono nuove responsabilità aziendali che vanno oltre l’essere profittevole e rispettare la legge. Queste nuove obbligazioni sono state accettate in misura maggiore grazie a una serie di fattori che hanno influenzato le aspettative della società: i vari movimenti per i diritti civili, il consumismo, l’ambientalismo e un generale criticismo contro le grandi aziende. Questo ha portato le imprese ad agire in modo più responsabile per eliminare e risolvere i problemi sociali, riconsiderando un trattamento giusto ed equo per i propri dipendenti, producendo prodotti più sicuri per i clienti, e im-pegnandosi in tematiche ambientali. Inoltre, nel 1975, S. Prakash Sethi distingue tre diversi concetti:

• Obbligo sociale, ovvero la risposta dell’azienda alle forze di mercato o ai vincoli legali

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• Responsabilità sociale, cioè allineare il comportamento aziendale ad un li-vello congruente con le norme sociali prevalenti, i valori e le aspettative comuni

• Reattività sociale, ovvero gli adattamenti aziendali alle esigenze sociali, come ad esempio il modo in cui le aziende rimediano a danni creati da loro stesse al fine di minimizzare gli effetti avversi delle loro attività presenti e future (installare dispositivi per rimuovere gli inquinanti dalle fabbriche op-pure pagare una immediata e giusta compensazione alle vittime dell'inqui-namento o delle lesioni causate dai prodotti dell’impresa).

Tuttavia, proprio in questo periodo l’economista statunitense Milton Friedman propose una visione opposta della responsabilità aziendale.3 Egli sosteneva che la profittabilità è l’unica responsabilità sociale di un’impresa, operando nel rispetto della legge e delle norme etiche. I manager sono agenti dell’impresa e le loro ob-bligazioni primarie sono nei confronti del proprietario. Quindi, quando prendono decisioni essi dovrebbero considerare più l’interesse della compagnia piuttosto che quelli della società. Negli anni ’80 la nozione di RSI è stata estesa a concetti, teorie, modelli e temi alternativi, come la Teoria degli Stakeholders, la performance so-ciale d’impresa, l’etica del business. A partire dagli anni ’90, la RSI ha iniziato a essere una componente chiave delle grandi imprese in Europa e in Nord America. Infatti, la RSI è stata correlata anche alla reputazione della compagnia, inaugu-rando un uso strumentale della RSI. A partire dal nuovo millennio, fenomeni come la globalizzazione e la crescita delle multinazionali operanti in tutto il mondo hanno contribuito ad aumentare l’interesse verso la RSI. Parallelamente la mag-giore attenzione nei confronti dei problemi globali come povertà, inquinamento, violazioni dei diritti umani ha sospinto la domanda di coinvolgimento aziendale in attività RSI per il miglioramento sociale. In aggiunta, a causa dei numerosi scan-dali azienscan-dali riportati dai media, le maggiori compagnie occidentali hanno tentato di compiere maggior sforzi in tema di RSI al fine di ricostruire la propria

3 Friedman M. (1970). The Social Responsibility of Business is to Increase its Profits. The New York Times Magazine.

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zione. La RSI è diventata così una parte essenziale delle pratiche aziendali, quali-ficandosi come vera e propria strategia aziendale. Infatti, la RSI si è evoluta velo-cemente, finendo per essere considerata non solo un fattore positivo per la profit-tabilità di un’organizzazione, ma anche un investimento che crea un vantaggio per l’intera compagnia nel lungo termine, come ad esempio per la sua reputazione. A partire dal nuovo millennio, organizzazioni come le Nazioni Unite e l’Organizza-zione per la Cooperal’Organizza-zione e lo Sviluppo Economico (OCSE), hanno iniziato a pro-muovere un approccio soft-law4 per responsabilizzare e sostenere il

comporta-mento sociale delle imprese. Le iniziative di soft-law utilizzate possono essere classificate in quattro categorie:

1. Standard e iniziative basate su principi, che definiscono principi generali riguardo a problemi sociali e ambientali, utilizzati principalmente come li-nee guida (ad esempio l’UN Global Compact5 )

2. Standard e iniziative di certificazione, che incoraggiano la certificazione, la verifica e il monitoraggio rispetto a determinati criteri predefiniti (ad esem-pio il SA80006)

3. Standard e iniziative di reporting, che definiscono indicatori e linee guida che le aziende possono utilizzare per standardizzare le pratiche di reporting non-finanziarie (ad esempio il Global Reporting Initiative7)

4. Standard e iniziative di processo, che forniscono linee guida alle imprese per implementare un comportamento socialmente responsabile (ad esempio l’ISO 260008).

4 La locuzione soft law indica un approccio di regolazione caratterizzato dalla produzione di norme prive

di efficacia vincolante diretta. La ragione del ricorso a norme del genere può stare nell'esigenza di creare una disciplina flessibile, in grado di adattarsi alla rapida evoluzione che caratterizza certi settori della vita economica o sociale, oppure di recepire all'interno dell'ordinamento norme di soft law emanate da organiz-zazioni internazionali.

5 Vedi 2.7.2 United Nations Global Compact (UN GC)

6 La sigla SA 8000 identifica uno standard internazionale di certificazione redatto dal CEPAA e volto a

certificare alcuni aspetti della gestione aziendale attinenti alla RSI, tra i quali il rispetto dei diritti umani, il rispetto dei diritti dei lavoratori, la tutela contro lo sfruttamento dei minori, le garanzie di sicurezza e salu-brità sul posto di lavoro. La norma internazionale ha quindi lo scopo di migliorare le condizioni lavorative a livello mondiale e soprattutto permette di definire uno standard verificabile da Enti di Certificazione.

7 Vedi paragrafo 2.7.1. Global Reporting Initiative (GRI).

8 La norma ISO 26000 (in Italia UNI ISO 26000 "Guida alla responsabilità sociale") è una guida per tutti i

tipi di organizzazioni, indipendentemente dalle dimensioni e localizzazioni, e fornisce indicazioni su con-cetti, termini e definizioni relativi alla responsabilità sociale. Il progetto ISO 26000 è iniziato nel 2005 con

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Grazie anche a queste iniziative le pratiche e i principi RSI si sono diffusi nel set-tore aziendale di tutto il mondo, producendo una radicale trasformazione delle pra-tiche aziendali.

il contributo di esperti ed osservatori provenienti da 99 Paesi dei quali 69 appartenenti all'area dei Paesi in via di sviluppo.

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2. LA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA NEL SETTORE

BAN-CARIO

In questo capitolo si contestualizzerà il fenomeno della Responsabilità Sociale d’Impresa all’interno del settore bancario, effettuando una rassegna della lettera-tura accademica, evidenziando i motivi che portano una banca ad adottare politiche di RSI, nonché gli effetti che questa decisione produce sulla banca stessa. Si de-scriveranno infine le principali organizzazioni internazionali che promuovono la diffusione della cultura RSI.

2.1 Le banche “socialmente responsabili”

Negli ultimi anni i media internazionali sono stati sopraffatti quotidianamente da notizie di scandali bancari, che vanno dal riciclaggio di denaro alla fissazione dei tassi di interesse e alle potenziali accuse penali. Questa situazione è stata ulterior-mente aggravata dalle ricadute della recente crisi finanziaria internazionale. Per questa serie di motivi, subito dopo la crisi, le banche hanno sperimentato una pro-fonda perdita di credibilità, e l’industria bancaria è stata percepita come colpevole di gravi mancanze morali e coinvolta nella speculazione selvaggia. Una recente indagine della Commissione Europea9, basata su un campione di 34 stati, ha evi-denziato come le istituzioni bancarie e finanziarie siano state classificate, al fianco del settore delle risorse, come industrie che hanno meno probabilità di comportarsi in modo responsabile nei confronti della società. Questa attenzione dell’opinione pubblica nei confronti del settore bancario ha portato le banche a tentare di proteg-gere la loro reputazione e la loro immagine aziendale. Uno degli strumenti utiliz-zati in questo processo è appunto la Responsabilità Sociale d’Impresa, utilizzata per plasmare l’opinione pubblica e per mantenere o creare legittimità organizza-tiva, oltre a influenzare la valutazione del servizio da parte della clientela.

9 Commissione Europea, 2013. How companies influence our society: Citizen’s view. Flash Eurobarometer

363, [online] Disponibile al link:

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Le banche che decidono di adottare pratiche di RSI, dette anche “socialmente re-sponsabili” o “banche alternative”, sono istituti che perseguono, come parte fon-damentale della loro strategia di business, obiettivi etici, sociali, di sostenibilità, ambientali o legati ad altri valori sociali. Sono incluse anche banche con affilia-zioni religiose se esse seguono uno specifico codice etico, se si impegnano nel preservare l’ambiente o se nel loro business sono previsti simili accorgimenti. La letteratura spesso non offre una terminologia coerente, ma usa termini come etica e sociale per definire lo stesso tipo di banca, più genericamente alternativa. In que-sta eterogeneità di definizioni, la caratteristica che accomuna tutte le banche alter-native, è un approccio dual bottom line: nelle proprie decisioni di business le ban-che aspirano al proprio vantaggio economico così come al beneficio della società (Karl, 2015). Ciò implica che le banche alternative hanno obiettivi differenti da quelle convenzionali. Questo sta a significare, per esempio, che le prime estendono il credito in base a criteri etici o ambientali. Sono considerate nella categoria di alternative solo le banche che hanno linee guida etiche rigorose e sufficientemente complete per cambiare realmente la struttura aziendale della banca, come nel caso in cui la banca stia rinunciando ad opportunità di business o stia evitando segmenti di mercato a causa di considerazioni etiche. Questo comportamento alternativo può assumere diverse forme. Molte banche adattano i loro investimenti e il loro credito agli obiettivi aziendali; alcune hanno liste negative che escludono certe aree di business dalla loro attività, mentre altre hanno liste positive e possono, per esem-pio, prestare risorse solo a progetti con effetti benefici per la società e l’ambiente. Altre, infine, perseguono gli obiettivi sociali attraverso la modalità di fissazione di tassi d’interesse, che potrebbe essere, del tutto o in parte, determinata dal tipo di progetto finanziato, favorendo ad esempio progetti sociali o ristrutturazioni edili-zie ecologiche.

La ricerca relativa alla RSI applicata al settore bancario è un fenomeno piuttosto recente. Infatti, Mcdonald & Lynette, nell’articolo “Corporate Social

Responsibi-lity (CSR) in banking: what we know, what we don't know and what we should know” (2015), effettuando una importante revisione di tutta la letteratura

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accade-15

mica relativa alla RSI, evidenziano come non siano presenti articoli empirici ante-riori al 2002, ma che c’è stato un netto incremento nel numero di pubblicazioni da questa data in poi, con una prevalenza di studi provenienti da Spagna e Australia. Secondo Mcdonald & Lynette diversi fattori potrebbero aver favorito la ricerca RSI in questi due stati. A seguito della crisi finanziaria globale tra il 2007 e il 2008, la Spagna ha assistito alla ristrutturazione del suo sistema bancario: 45 casse di risparmio sono state oggetto di fusioni o scissioni per migliorare le loro prospettive finanziarie. All’altro capo del mondo, il settore bancario australiano ha sperimen-tato una profonda crisi di fiducia dei consumatori, con alti livelli di insoddisfazione della clientela come risultato di pratiche aziendali impopolari. Questa maggiore attenzione del settore finanziario nei confronti della RSI non ha però coperto tutti i vari aspetti della RSI. Infatti, alcuni temi sono stati oggetto di numerosi studi, mentre altri sono stati analizzati in misura minore. Mcdonald & Lynette osservano che l’aspetto della RSI più indagato dalla letteratura accademica è quello della co-municazione, cioè le modalità con cui le banche riportano e pubblicizzano le loro pratiche di RSI. Poiché molte banche sottovalutano l’importanza strategica del

re-porting RSI, esse corrono il rischio che le loro attività socialmente responsabili

passino inosservate, sprecando così il loro investimento (Pérez e Del Bosque, 2012).10 Ulteriormente, possono sottovalutare la crescente sofisticazione degli

sta-keholders circa le aspettative sulla comunicazione RSI. Ad esempio, uno studio

della azienda statunitense Cone Communication (2012)11 ha indicato che l’84%

dei cittadini americani intervistati richiedono a una compagnia non solo di comu-nicare le proprie attività RSI, ma di dimostrare chiaramente i risultati del pro-gramma. Questo impone alle aziende impegnate nella RSI di andare oltre il sem-plice investimento in iniziative rese note da informazioni pubblicamente accessi-bili, e di riferire in merito all' efficacia orientata ai risultati della loro spesa in

10 Perez e Del Bosque. (2013). Customer personal features as determinants of the formation process of

corporate social responsibility perceptions. Psychology and Marketingi, 30 (10), pp. 903-917.

11 Cone Communication. (2012). Cone Communications Corporate Social Return Trend Tracker.

Disponi-bile al seguente link: http://www.conecomm.com/research-blog/2012-cone-communications-corporate-so-cial-return-trend-tracker.

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16

vità di RSI tramite degli indicatori chiave di performance. Dallo studio di Mcdo-nald & Lynette risulta che, complessivamente, gli istituti bancari riportano le loro attività RSI in base alle varie categorie, come ambiente, consumatori e comunità; inoltre, vengono utilizzati vari materiali e metodi di comunicazione per diffondere queste informazioni. Lo strumento più comune è la pubblicazione attraverso il pro-prio sito internet, oltre a report specifici sul tema della RSI, report annuali, report finanziari, comunicati stampa, articoli dei media. La comunicazione RSI si dimo-stra più efficiente quando i messaggi sono creati su misura per particolari gruppi di stakeholders, usando come supporto il mezzo più adatto a ciascun gruppo. Per esempio, strategie mirate su social media innovativi possono essere il modo più efficace per raggiungere la generazione del nuovo millennio, dato che questa fascia di età è caratterizzata da un intenso consumo di social media. In questa serie di comunicazioni, l’attenzione della relazione è sempre incentrata sulla capacità della banca di soddisfare le aspettative degli stakeholders o sul fare del bene attraverso le attività e le pratiche aziendale legate alla RSI. Nonostante questa attenzione nei confronti degli stakeholders, diversi studi12 sulle attività di reporting RSI hanno

evidenziato una domanda da parte degli stakeholders di report RSI più estesi. Ciò è frutto anche di un basso livello di consapevolezza diffusa delle iniziative di RSI, poiché spesso gli stakeholders non cercano attivamente informazioni RSI (Mcdo-nald & Lynette, 2015). Per soddisfare la richiesta dei clienti di informazioni su come le compagnie gestiscono le aspettative sociale e ambientali, l’uso di pubbli-cità legata ai temi RSI è in crescita. Nonostante questo aumento, fornire informa-zioni dettagliate riguardo l’impegno nelle pratiche RSI nelle pubblicità non mitiga completamente lo scetticismo dei consumatori (Pomering, 2013).13

Oltre alla comunicazione RSI, sono stati approfonditi i motivi che potrebbero spin-gere una banca a integrare il concetto di RSI nel proprio modello aziendale. Inoltre,

12 Ad esempio: Khan M.H.U.Z, Halabi A.K e Samy M. (2009).Corporate social responsibility (CSR)

re-porting: a study of selected banking companies in Bangladesh. Social Responsibility Journal, 5(3), pp. 334-357.

13 Pomering A., Johnson L.W. e Noble G. (2013). Advertising corporate social responsibility: Results from

an experimental manipulation of key message variables. Corporate Communications: An International

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sono stati effettuati diversi studi sugli effetti economici e non che l’adozione di politiche RSI hanno su un istituto bancario.

2.2 Motivi di adozione

Le iniziative di RSI possono essere guidate da diverse motivazioni. Ad esempio, in India la RSI è obbligatoria per legge: a seguito di un cambiamento nel diritto societario indiano dell'aprile 2014, le imprese con ricavi annui di più di 10 miliardi di rupie (138 milioni di euro circa) devono dare il 2% del proprio utile netto in carità. Le aree in cui possono investire questo denaro includono educazione, po-vertà, uguaglianza di genere. Esistono però anche altri motivi che spingono le ban-che ad adottare politiban-che di RSI, come motivazioni strategiban-che, altruistiban-che o di

greenwashing14. Uno studio effettuato nel 2013 da Wu e Shen, denominato

Cor-porate Social Responsibility in the banking industry: Motives and Financial Per-formance, evidenzia che le motivazioni strategiche costituiscono la ragione

prin-cipale per cui le banche adottano politiche di RSI, piuttosto che altri motivi altrui-stici o di greenwashing. Le banche che effettuano attività di greenwashing affer-mano di aderire ai principi di RSI senza però fare niente per supportarli, a diffe-renza degli istituti che svolgono attività di RSI per motivazioni puramente altrui-stiche, che saranno denominate “banche altruistiche”. Le banche che adottano po-litiche di RSI per motivazioni strategiche, che chiameremo d’ora in avanti “banche strategiche”, usano la RSI per aumentare i propri profitti. In linea con quanto detto, i dirigenti ritengono che la loro responsabilità principale sia quella di essere orien-tati al profitto, ma a seguito di una crisi di fiducia nelle banche, riconoscono che la RSI può essere d’aiuto per ricostituire la propria reputazione sia con i dipendenti che con i consumatori (Pomering e Dolnicar, 2009).15 Tendenzialmente, i manager delle banche nazionali hanno una visione più strategica della RSI, mentre negli

14 Greenwashing è una strategia di comunicazione di certe imprese, organizzazioni o istituzioni politiche

finalizzata a costruire un'immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell'impatto ambientale, allo scopo di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dagli effetti negativi per l'ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti.

15 Pomering A. e Dolnicar S. (2009). Assessing the prerequisite of successful CSR implementation: are

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18

istituti più piccoli la RSI è considerata una componente chiave della propria mis-sion aziendale (Pérez e Del Bosque, 2012).16

Complessivamente, questi studi indicano che le motivazioni strategiche rimangono il principale motivo che porta le banche ad impegnarsi nelle politiche di RSI (Mcdonald & Lynette, 2015).

2.3 Effetti non strettamente economici

In questa sezione si andranno ad analizzare tutti quelli effetti non puramente eco-nomici provocati dall’adozione di politiche di RSI nelle istituzioni bancarie. 2.3.1 Stakeholders

L’effetto sui vari stakeholders provocato dall’adozione di pratiche di RSI è un tema dominante nell’ambiente accademico. Gli studi si concentrano sui differenti gruppi di stakeholders: consumatori, lavoratori, comunità e catena di fornitura. La maggior parte delle ricerche riguardano la categoria dei consumatori, e analizzano come quest’ultimi rispondono alle attività di RSI e ai relativi messaggi pubblici-tari. Tutti gli articoli considerati da Mcdonald & Lynette indicano come l’attività RSI delle banche influenzi positivamente:

• la percezione di valore del servizio e di correttezza del prezzo da parte del consumatore;

• il rischio e la qualità dell’attività; • la lealtà e la fiducia verso l’istituto.

In sostanza, viene evidenziato il valore della RSI nel migliorare le relazioni con i clienti. È quindi evidente come una efficace strategia RSI sia uno strumento chiave per le banche per mitigare le opinioni negative e riconquistare la fiducia dei clienti (Mcdonald & Lynette, 2015). Per raggiungere una maggiore efficienza in queste pratiche i manager hanno la possibilità di indirizzare differenti attività di RSI verso diversi segmenti di clientela, ciascuno con determinate caratteristiche psicologiche e demografiche (Pèrez e Del Bosque, 2013).

16 Pérez A. e Del Bosque I. R. (2012). The role of CSR in the corporate identity of banking service

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19

Allo stesso modo, le pratiche di RSI rafforzano il rapporto tra dipendenti e datore di lavoro: la presenza di indicatori di cultura etica nell’ambiente aziendale produ-cono, infatti, una maggiore soddisfazione sul lavoro e una tendenza dei lavoratori a raccomandare la propria compagnia, oltre a creare un maggior legame personale verso il datore di lavoro e a rafforzare la volontà di restare in azienda.17

Diversi studi riguardanti gli effetti sulla comunità suggeriscono che la microfi-nanza per gli imprenditori e produttori a basso reddito può essere il modo più effi-cace per combattere la povertà (Mcdonald & Lynette,2015). In particolare, la let-teratura ha analizzato le risorse investite dalle banche nella lotta contro la povertà all’interno delle comunità, considerando sia il totale delle somme spese sia la spesa in termini di percentuale di profitti lordi. Ad esempio, le banche di risparmio spa-gnole hanno contribuito sostanzialmente a programmi di crescita nei paesi meno sviluppati dell’America Latina, sebbene non siano riportate le percentuali di pro-fitti destinati ai programmi RSI (Barroso e altri, 2012).18 Oppure, nella repubblica

di Mauritius, nazione insulare situata nell'Oceano Indiano sud-occidentale, le ban-che hanno destinato in media l’1.2% dei profitti al lordo delle tasse a varie inizia-tive RSI, ma solo lo 0.16% di questi guadagni impiegati avevano lo scopo di dimi-nuire la povertà (Ragodoo, 2009).19 Oltre alla scarsità di studi riguardante questo

tema, un grande problema resta la totale assenza di indicatori che permettano di confrontare le somme spese dalle banche per diminuire il tasso di povertà in altre nazioni, sia in termini assoluti che come percentuale dei profitti.

17 Mcdonald & Lynette hanno riportato due studi che indagano il rapporto tra RSI e lavoratori, da cui sono

tratte le conclusioni esposte nel testo:

1. De Gilder D., Schuyt T.N.M e Breedijk M. (2005). Effects of an employee volunteering program on the work force: The ABN-AMRO case. Journal of Business Ethics, 61 (2), pp.143-152. 2. Ruiz-Palomino P., Martìnez-Canas R. E Fontrodona J. (2012). Ethical culture and employee

out-comes: the mediating role of person-organization fit. Journal of Business Ethics, pp 1-16.

18 Barroso M.J., Galera C., Valero V. e Galàn M.M. (2012). Corporate social responsibility: a study of

saving banks. International Journal of Bank Marketing, 30(6), pp.414-435.

19 Ragodoo N.J.F. (2009). CSR as a tool to fight against poverty: the case of Mauritius, Social Responsibility Journal, 5(1), pp.19-33.

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20

Infine, nelle loro pratiche di RSI, i manager devono includere iniziative coinvol-genti anche la catena di fornitura per sviluppare programmi maggiormente inte-grati a favore degli stakeholders. Quindi, è necessario creare una politica di forni-tura sostenibile e un codice di condotta dei fornitori.

2.3.2 Sociale

La dimensione sociale delle pratiche RSI riguarda il rapporto tra impresa e società, e considera il modo in cui le compagnie integrano le loro preoccupazioni sociali nelle operazioni aziendali, l’ambito di impatto sulle comunità, e come l’azienda contribuisce a creare una società migliore. Data la mancanza di indicatori di attività RSI universalmente utilizzati, gli studi in materia utilizzano differenti dimensioni o indicatori RSI per le loro indagini (Mcdonald & Lynette,2015). Basandosi sul materiale pubblicamente disponibile, come report RSI e informazioni sul sito web, le banche raggruppano le attività RSI in base alle categorie di stakeholders (con-sumatori, comunità, dipendenti), alle dimensioni (sociale, ambientale), o ai temi (salute, educazione, sviluppo della comunità). A causa di questa varianza nel ri-portare le attività di RSI non è emerso un quadro concreto sulle pratiche comuni di RSI delle banche (Mcdonald & Lynette,2015). Ciò che emerge è che l'industria bancaria manca di indicatori comunemente usati per identificare le aree di pratiche della RSI. Infatti, Mcdonald & Lynette sostengono che un utilizzo più diffuso di indicatori comparabili porterebbe a maggiori progressi nella comprensione delle tendenze riguardanti lo sviluppo di iniziative e la loro conseguente attuazione nel settore bancario, e, inoltre, aiuterebbe a capire se l'industria bancaria privilegi par-ticolari pratiche o segmenti di stakeholders.

(23)

21

2.4 Effetti economici

La letteratura accademica ha analizzato in varie sedi come l’integrazione della RSI nel modello aziendale può produrre effetti economici negli istituti bancari. Nono-stante gli sforzi effettuati, questo è un campo di ricerca ancora da approfondire e da analizzare da varie prospettive. Gli aspetti da considerare sono due: la perfor-mance e la rischiosità dell’organizzazione considerata.

2.4.1 Performance

Diversi studi indagano gli effetti della RSI, o performance sociale aziendale (CSP), sulla performance finanziaria delle banche (CFP). Wu e Shen (2013) hanno indi-viduato una forte relazione positiva tra performance sociale e performance finan-ziaria delle banche, misurata in termini di reddito netto da interessi20, reddito non

da interessi21, ROA22 e ROE23; al contrario, la RSI è negativamente associata con i crediti deteriorati24. Nel loro studio costruiscono un indice aggregato di RSI, che

varia da 1 a 4 in base al livello di impegno della banca nella RSI: le banche nel regime 1 sono le meno coinvolte, mentre quelle del livello 4 sono le più impegnate nelle pratiche RSI. Il campione di riferimento è costituito da 162 banche di 22 diverse nazioni (periodo 2003-2009), e utilizzano una versione estesa del metodo di regressione a due step di Heckman, nel quale prima si stima l’equazione di de-cisione e poi si stima quella di performance nell’adottare o meno la RSI. Per ana-lizzare come la RSI influenza la performance finanziaria, Wu e Shen costruiscono

20 Il reddito da interessi netti è la differenza tra i ricavi generati dalle attività della banca e le spese connesse

al pagamento delle sue passività. Le attività tipiche della banca sono costituite da tutte le forme di prestiti personali e commerciali, mutui e titoli. Le passività sono i depositi dei clienti. Il reddito in eccesso generato dagli interessi attivi su attività rispetto agli interessi pagati sui depositi è il reddito netto di interesse.

21 Il reddito non da interessi è il reddito bancario derivato principalmente dalle commissioni, quali le

com-missioni di deposito e di transazione, le comcom-missioni annuali, le spese mensili di servizio di conto, le tasse di inattività, le spese di deposito e così via.

22 Il return on assets (ROA) è un indice di bilancio che misura la redditività relativa al capitale investito o

all'attività svolta. Si calcola come rapporto tra utile corrente ante oneri finanziari (conosciuto anche come EBIT) e totale dell'attivo.

23 Il return on common equity (ROE) è un indice di redditività del capitale proprio. Esprime, in massima

sintesi, i risultati economici dell'azienda. È un indice di percentuale per il quale il reddito netto prodotto viene rapportato al capitale netto o capitale proprio dell'esercizio.

24 I crediti deteriorati (conosciuti anche come prestiti non performanti o, in inglese, non performing loans)

sono crediti delle banche (mutui, finanziamenti, prestiti) che i debitori non riescono più a ripagare regolar-mente o del tutto. Si tratta in pratica di crediti delle banche (debiti per gli altri soggetti) per i quali la riscos-sione è incerta sia in termini di rispetto della scadenza sia per l'ammontare dell'esposizione di capitale. I

non performing loans nel linguaggio bancario sono chiamati anche crediti deteriorati e si distinguono in

(24)

22

una funzione di profitto della banca che incorpora la RSI. Infatti, la Responsabilità Sociale d’Impresa va ad influenzare sia la funzione di costo che quella del reddito. La profittabilità bancaria è data dalla somma del reddito netto da interessi (NII) e il reddito non da interessi (NonII), da cui si detraggono i costi generali (Overhead). In formule: 𝑀𝑎𝑥 𝜋 = 𝑁𝐼𝐼(𝑖⏟ 𝐿, 𝑖𝐷, 𝐶𝑆𝑅, 𝑍) + + 𝑁𝑜𝑛𝐼𝐼(𝐶𝑆𝑅, 𝑍)⏟ + − 𝑂𝑣𝑒𝑟ℎ𝑒𝑎𝑑(𝐶𝑆𝑅, 𝑍)⏟ + = [𝑖𝐿× 𝑄𝐿(𝑖𝐿, 𝐶𝑆𝑅, 𝑍) − 𝑖𝐷×𝑄𝐷(𝑖𝐷, 𝐶𝑆𝑅, 𝑍)] + 𝑁𝑜𝑛𝐼𝐼(𝐶𝑆𝑅, 𝑍) − 𝑂𝑣𝑒𝑟ℎ𝑒𝑎𝑑(𝐶𝑆𝑅, 𝑍)

Π si riferisce al profitto della banca, iL e iD rappresentano rispettivamente i tassi di

prestito e di deposito, mentre QL e QD sono l’ammontare di prestiti e di depositi. I

costi generali Overhead corrispondono ai costi derivanti da salari, locali e spese per attrezzature. Z è il vettore di fattori esogeni che influiscono sui profitti, come la dimensione patrimoniale della banca, lo sviluppo del settore finanziario, la cre-scita economica e le strutture legali. Nel modello di Wu e Shen la RSI influisce i termini NII, NonII, e Overhead in misura diversa.

Impatto della RSI sul Reddito netto da Interessi

La RSI influenza positivamente il reddito netto da interessi NII attraverso i due importi QL e QD, e, in parte, attraverso i due tassi d’interesse iL e iD (Wu e Shen,

2013). Le banche che conducono una politica di RSI sono capaci di attrarre più prestiti e più depositi rispetto alle banche non socialmente responsabili. Infatti, la RSI viene usata per migliorare la reputazione della banca ed aumentare la fideliz-zazione della clientela. Quindi, il brand RSI è in grado di catturare clienti dalla concorrenza e in questo modo permette di aumentare la propria profittabilità (Brine M. e altri, 2007).25 Le derivate prime del totale dei prestiti e depositi rispetto alla

RSI saranno positive: δQL/ δCSR>0 e δQD/ δCSR>0, sia per le banche strategiche

che per quelle altruistiche. Queste ultime non utilizzano il tasso d’interesse per modificare il reddito netto da interessi, poiché l’obiettivo di adottare pratiche di RSI non è quella di aumentare i profitti, ma nonostante ciò vedono incrementare

25 Brine M., Brown R., Hackett G. (2007), Corporate social responsibility and financial performance in the

Australian context, Economic Round-Up, 47-58. Disponibile al seguente link:

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23

la quantità di prestiti e depositi grazie all’effetto positivo della RSI sul brand della banca. Al contrario, le banche strategiche utilizzano il tasso per influenzare il red-dito netto da interessi, manovra che permette sostanzialmente di migliorare la pro-fittabilità (Wu e Shen, 2013). In aggiunta, la RSI potrebbe ridurre anche la sensi-tività al prezzo dei consumatori: le aziende preferiscono prendere a prestito da una banca ben conosciuta anche se a tassi di prestito più alti. Inoltre, è possibile che i clienti accettino di ricevere un tasso di deposito relativamente basso perché le ban-che RSI forniscono un senso di fiducia e di maggiore garanzie e minor rischi. Le banche RSI strategiche sono così in grado di differenziare il loro prodotto per at-tenuare l’intensità della competizione sul prezzo, e possono ottenere un premio di prezzo per i loro servizi. Per cui, sia per le banche RSI altruistiche che per quelle strategiche, la RSI influenza positivamente il reddito netto da interessi NII (Wu e Shen, 2013).

Impatto della RSI sul Reddito non da interessi

Lo stesso concetto di differenziazione di brand può essere applicato al reddito non da interessi. I prodotti del reddito non da interessi possono essere standardizzati, come pagamenti bancomat o lettere di credito, o personalizzati, tra i quali troviamo la gestione patrimoniale. Questa differenziazione si può verificare perché la qualità del servizio cambia da banca a banca, permettendo alle banche RSI di applicare commissioni e onorari maggiori, come valore aggiunto dato dal loro servizio so-cialmente positivo. Quindi, i consumatori saranno disposti a pagare un prezzo maggiore per il bene “socialmente responsabile” (Wu e Shen, 2013). Di conse-guenza, le banche RSI strategiche tenderanno a ricercare la massimizzazione del profitto attraverso la promozione della propria reputazione e del nome del brand mediante attività che includono temi come la protezione dell’ambiente, benefi-cienza, ed etica finanziaria. Queste attività risultano in prezzi più alti e maggiori ricavi non da interessi, specialmente per i prodotti personalizzati (Wu e Shen, 2013). Al contrario, per le banche RSI altruistiche, le attività di RSI sono loro stesse gli obiettivi da raggiungere, come ad esempio osservare il miglioramento ambientale e la tensione ridotta nei problemi sociali. Sebbene la RSI adottata con motivazioni altruistiche possa non aumentare i prezzi per i prodotti del reddito non

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24

da interessi, queste attività creano naturalmente una differenziazione di prodotto, che attrae consumatori e aumenta il reddito non da interessi. Quindi, la RSI in-fluenza positivamente i redditi non da interessi NonII, sia per banche RSI strategi-che strategi-che altruististrategi-che (Wu e Shen, 2013).

Impatto della RSI sui Costi

L’adozione di politiche di RSI potrebbe migliorare anche l’aspetto concernente i costi generali. Infatti, una buona banca RSI può ridurre le asimmetrie informative con gli stakeholders e guadagnare il rispetto della comunità, riducendo i costi per il personale addetto ai rapporti col pubblico (Wu e Shen, 2013). Un altro valore aggiunto è dato dal fatto che i lavoratori, se possono scegliere, preferiscono lavo-rare in una impresa socialmente responsabile. In aggiunta, un’azienda con un am-biente di lavoro favorevole potrebbe diminuire i costi di licenziamento e aumentare il suo tasso di ritenzione dei dipendenti. La RSI può anche diminuire l’opposizione della comunità e i costi legali nell’aprire una nuova sede, e potrebbe portare più facilmente ad agevolazioni fiscali dai governi locali (Freeman, 1984). Quindi, da un lato, la RSI potrebbe effettivamente ridurre i costi generali. Dall’altro, tuttavia, condurre attività di RSI va ad aumentare in modo considerevole le spese. Diversi studi sostengono che la responsabilità sociale toglie risorse alla performance fi-nanziaria dell’azienda, poiché ogni spesa discrezionale nel miglioramento sociale incrementa inutilmente i costi d’impresa, in tal modo ponendola in una situazione di svantaggio economico in un mercato competitivo (Friedman, 1970; McWilliams and Siegel, 199726; Jensen, 200227). Oltre all’onerosità degli investimenti RSI,

bi-sogna considerare che i potenziali benefici finanziari sono raggiungibili nel lungo periodo, sempre che arrivino (Henderson, 200228). Di conseguenza, l’impatto netto

della RSI sui costi generali si assume positivo, il che indica che

δOve-rhead/δCSR>0 (Wu e Shen, 2013). D’altro canto, è necessario considerare che, da

26 McWilliams A. e Siegel D. (1997). Event studies in management research: Theoretical and empirical

issues, Academy on Management Journal, 40, pp.626-657.

27 Jensen M.C. (2002). Value maximization, stakeholder theory, and the corporate objective function. Busi-ness Ethics Quarterly, 12(2), pp.235-256.

28 Henderson D. (2002). Misguided Virtue: False Notions of Corporate Social Responsibility. Institute of

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25

una parte, le banche strategiche mirano a massimizzare i profitti e quindi control-lano accuratamente i costi della RSI, suggerendo che l’impatto della RSI sui pro-fitti è comunque positivo. Al contrario, le banche RSI altruistiche, che sono inef-ficienti nei profitti a causa dei costi più elevati da sostenere, adottano un sacrificio di profitto per dei benefici sociali (Wu & Shen, 2013). Perciò l’impatto della RSI altruistica è strettamente negativo. Quindi, possiamo dire che l’effetto della RSI sui profitti è positivo per le banche strategiche e vicino allo zero per quelle altrui-stiche (Wu & Shen, 2013).

Greenwashing

Infine, l’attività di greenwashing è una pratica che garantisce il rispetto puramente verbale di alcuni principi generali, la quale però non determina alcuna spesa effet-tiva per politiche RSI, così come neanche alcun aumento nei profitti nel lungo ter-mine. Per esempio, le banche potrebbero promuovere al pubblico il fatto di aver aderito agli Equator Principles29, ma in realtà non seguirli. Le banche

greenwa-shing attuano una quantità esigua di attività RSI che non hanno quasi alcun effetto

sul reddito da interesse, su quello non da interesse e sulle spese relative. Quindi, l’attività di RSI basata su motivi di greenwashing non ha alcun effetto su NII,

No-nII e profitto: δNII/δCSR=0, δNoNo-nII/CSR=0, e δπ/CSR=0.

Quindi, le conclusioni tratte da Wu e Shen sono che la RSI può facilitare la diffe-renziazione di brand per le banche strategiche ed altruistiche, ma non per quelle

greenwashing. Le banche strategiche usano questo vantaggio per aumentare il

red-dito netto da interessi, il redred-dito non da interessi e i profitti (ROA e ROE), mentre diminuiscono il volume di crediti deteriorati. Le banche altruistiche, sebbene non sia il loro obiettivo primario aumentare la profittabilità, vedono i propri prodotti differenziarsi rispetto alla concorrenza, con una crescita del reddito netto da inte-ressi e il reddito non da inteinte-ressi. Tuttavia la RSI aumenta anche i costi, ma i pro-fitti per le banche strategiche aumentano in misura maggiore. Infatti, secondo Wu e Shen, le banche strategiche (e non quelle altruistiche) più coinvolte in attività di RSI tendono a superare in performance gli istituti con una RSI inferiore. Questa

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26

stretta relazione positiva evidenzia ancora una volta come la motivazione più pro-babile per l’adozione di pratiche RSI sia il motivo strategico, riducendo le ragioni di quello altruistico e di greenwashing.

Nel 2016 Wu e Shen, in collaborazione con altri due accademici di Taiwan, pub-blicano un ulteriore articolo, To engage or not to engage in corporate social

re-sponsibility: Empirical Evidence from global banking sector, che rappresenta uno

sviluppo dello studio precedente del 2013. Questo nuovo studio va a sviluppare la pubblicazione precedente poiché in aggiunta al metodo di Heckman a due step si utilizzano anche due altri metodi di stima basati sulla tecnica del matching, i quali si fondano sulla comparazione tra coppie di banche che sono identiche, ad ecce-zione del fatto che una conduce attività di Responsabilità Sociale d’Impresa e l’al-tra no. Indipendentemente dal metodo usato, Wu e Shen (2016) trovano una rela-zione positiva tra la RSI e la performance dell’istituto, misurata in termini di ROA, ROE, reddito netto da interessi e reddito non da interessi. Al contrario, viene evi-denziata una relazione negativa tra RSI e i crediti deteriorati. I risultati sono robusti anche a differenti caratteristiche delle banche, come ad esempio la dimensione della banca; allo stesso modo la relazione positiva tra RSI e performance finanzia-ria non è influenzata neanche dalla quota di mercato della banca.

Le conclusioni raggiunte dall’analisi di Wu e Shen sono coerenti con una prece-dente pubblicazione di Simpson e Kohers, The Link Between Corporate Social and

Financial Performance: Evidence from the Banking Industry (2002), i quali

ave-vano investigato la relazione tra performance sociale aziendale (CSP) e perfor-mance finanziaria nelle banche statunitensi. In questo caso la perforperfor-mance finan-ziaria era stata misurata con il ROA e il tasso di perdite su crediti. Utilizzando un campione di 385 banche statunitensi, Simpson e Kohers (2002) hanno osservato che le banche con una elevata performance sociale producevano il doppio della redditività e la metà delle perdite su crediti rispetto a banche con basso livello di CSP.

Un ulteriore studio effettuato da Bouvain, Baumann e Lundmark, Corporate social

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27

vis-à-vis American banks (2013), rafforza l’idea di una influenza positiva della

Responsabilità Sociale d’Impresa sulla redditività bancaria. In particolare, i risul-tati di questa ricerca mostrano che il valore del brand delle grandi banche è positi-vamente correlato alla RSI, con effetti positivi sulla profittabilità dell’istituto. In controtendenza rispetto alle ricerche sin ora considerate, uno studio di Maria Grazia Soana, pubblicato sul Journal of Business Ethics, dal titolo The

Relation-ship Between Corporate Social Performance and Corporate Financial Perfor-mance in the Banking Sector (2011), non ha evidenziato alcuna relazione

statisti-camente significativa tra CSP e performance finanziaria aziendale. In questo arti-colo, Soana, partendo da un campione di 13 banche italiane e 21 internazionali, ha valutato la performance sociale in rapporto alla performance finanziaria della banca, misurata da indicatori di mercato e di bilancio. Questa discordanza di risul-tati potrebbe essere dovuta a una diversità negli indicatori utilizzati, differenti sia per la CSP che per la CFP (Mcdonald, & Lynette, 2015).

2.4.2 Rischiosità

Da un punto di vista teorico, le banche che adottano pratiche di RSI potrebbero essere più o meno rischiose delle banche convenzionali. La letteratura accademica che ha approfondito questo tema è piuttosto limitata. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che nonostante la loro rapida crescita, le banche con un modello di business alternativo rimangono un fenomeno di nicchia e il loro impatto sul sistema finan-ziario è perciò non così significativo.

Marlene Karl, nel suo articolo Are ethical and social banks less risky? (2015), confronta un campione costituito da 34 banche alternative, con sede in 12 differenti nazioni europee per il periodo 2006-2009, con un gruppo di controllo di istituti convenzionali simili utilizzando la tecnica del matching. Le caratteristiche su cui si basa il matching sono, ad esempio, la dimensione, il tipo, l’ultimo anno in cui la banca è stata osservata nel database, la nazione di origine. Karl utilizza come mi-sura principale della rischiosità di una banca lo z-score. Esso è definito come il rapporto tra la somma di ROA e CAR (Capital Asset Ratio) della banca sulla de-viazione standard del ROA, in formule:

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28 z-scorei,t=

ROAi,t+CARi,t

𝑆𝐷𝑅𝑂𝐴𝑖 = 𝑁𝑒𝑡𝐼𝑛𝑐𝑜𝑚𝑒𝑖,𝑡 𝐴𝑠𝑠𝑒𝑡𝑠𝑖,𝑡 + 𝐸𝑞𝑢𝑖𝑡𝑦𝑖,𝑡 𝐴𝑠𝑠𝑒𝑡𝑠𝑖,𝑡 𝑠𝑑(𝑁𝑒𝑡𝐼𝑛𝑐𝑜𝑚𝑒𝐴𝑠𝑠𝑒𝑡𝑠 ) 𝑖

Lo z-score misura la probabilità di default della società. Quando i rendimenti della banca sono distribuiti normalmente lo z-score è l’inverso della probabilità di in-solvenza della banca. Quindi, uno z-score più alto significa una maggiore stabilità della banca. Vengono utilizzate anche diverse misure alternative della stabilità di una banca, tra cui il Regulatory Capital Ratio, che è definito come il rapporto tra patrimonio totale di vigilanza della banca sulle attività ponderate per il rischio. Mentre gli indicatori standard, come lo z-score, diminuiscono a causa di un forte afflusso di depositi che aumenta il patrimonio totale senza incrementare immedia-tamente anche il capitale, gli indicatori ponderati per il rischio, come il Regulatory

Capital Ratio, sono meno influenzati da queste dinamiche. Infatti, principalmente

per la crescente popolarità tra i piccoli depositanti, le banche etiche in Europa hanno raddoppiato i loro asset tra il 2007 e il 2010 (Beneditkter, 201130). Questo

forte afflusso di depositi potrebbe non tradursi immediatamente in prestiti o altri investimenti che soddisfino i requisiti di eticità e profittabilità della banca, special-mente in tempi di incertezza economica e di tassi di interesse bassi.

Da una parte, Karl osserva che le banche alternative potrebbero essere meno ri-schiose poiché sono generalmente avverse al rischio, focalizzate sulla economia reale e tendenti a evitare le attività speculative, come prodotti finanziari altamente strutturati e trading speculativo. Potrebbero anche detenere maggiori riserve di ca-pitale rispetto alle controparti convenzionali. Tuttavia, le banche alternative po-trebbero lo stesso essere ugualmente o più rischiose delle banche convenzionali, poiché potrebbero essere soggette a un maggior rischio di default e di concentra-zione a causa della natura specializzata dei loro prestiti (Karl, 2015). Ad esempio, una banca che concede molto credito al settore delle energie rinnovabili potrebbe essere fortemente influenzata dalla riduzione dei sussidi alle energie rinnovabili. In ogni caso, le banche alternative sono specializzate nel loro campo e possiedono un know-how tale che le permette di valutare correttamente la rischiosità di un

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29

progetto (Karl, 2015). A sostegno di questa linea di pensiero, Acharya e altri (2006)31 hanno evidenziato come una specializzazione settoriale delle banche è

collegata con un miglior monitoraggio e una qualità più elevata del portafoglio crediti. In aggiunta, le banche sociali si impegnano anche ad instaurare un rapporto di prestito che riduca le asimmetrie informative. Si deve considerare anche che, poiché i clienti delle banche alternative scelgono il loro istituto bancario specifi-camente per la sua strategia etica o sociale, il rischio di reputazione delle banche alternative è probabilmente maggiore di quello delle banche convenzionali. Quindi, il costo potenziale di scandali dovrebbe portare a decisioni aziendali più prudenti e a una chiara focalizzazione sulla compliance (Karl, 2015). Inoltre, ven-gono fissati degli spread massimi tra lo stipendio più alto e quello più basso dei dipendenti, limitando il problema dell’azzardo morale. La stabilità della banca può essere influenzata anche dalla sua capacità di generare profitti. Dato che le banche alternative hanno altri obiettivi oltre la profittabilità, è probabile che la loro capa-cità di generare guadagni sia minore delle corrispettive banche convenzionali (Karl, 2015). Un elemento determinante della profittabilità della banca è il livello di tassi di interessi applicati; nelle banche etiche i tassi sono, almeno in parte, im-postati in base a standard sociali. Se da una parte questo promuove i suoi obiettivi sociali, dall’altra la banca alternativa potrebbe avere meno capacità di accantonare riserve o di ricostruire il capitale dopo eventi avversi. Tuttavia, parte di questa perdita di reddito da interessi potrebbe essere compensato dai clienti della banca che ricevono anche pagamenti per interessi più bassi per i loro depositi. Ci sono, quindi, più fattori che possono portare le banche alternative ad essere più o meno rischiose rispetto alle banche convenzionali, fattori che si possono bilanciare uno con l’altro.

I risultati empirici ottenuti da Karl indicano che le banche che adottano politiche di RSI sono significativamente più stabili di quelle convenzionali. Questo risultato

31 Acharya V.V, Hasan I., Saunders A. (2006). Should banks be diversified? Evidence from Individual Bank

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30

è confermato dall’utilizzo di diversi metodi di regressioni, test di robustezza e mi-sure di rischio.

Stabilità delle banche alternative durante la crisi finanziaria globale

Un altro aspetto da considerare è il comportamento delle banche che adottano po-litiche di RSI durante la recente crisi finanziaria globale. Esistono diversi canali attraverso i quali la crisi potrebbe aver influenzato la stabilità delle banche alter-native. Poiché le banche etiche sono principalmente finanziate dai piccoli deposi-tanti e largamente indipendenti dal mercato interbancario, esse sono per lo più pro-tette da fenomeni di contagio e dovrebbero quindi essere più stabili in tempi di crisi. Non effettuano, infatti, attività speculative che potrebbero risultare in alte perdite in fasi avverse del mercato. Inoltre, in termini reali, le banche alternative dovrebbero godere di una maggiore stabilità grazie alla loro specializzazione nel prestito relazionale, nei finanziamenti a lungo termine e nel rifiuto di operazioni ad alto rischio. Alcuni dei loro prestiti, per esempio i progetti sociali, sono meno esposti ai cicli del mercato rispetto al settore manifatturiero, ma potrebbero essere fortemente penalizzati da tagli alla spesa pubblica.

Karl trova che le banche hanno avuto perdite in termini di patrimonio di vigilanza durante la crisi economica. Tuttavia, ci sono alcune prove che in tempi di crisi le banche alternative si dimostrano anche più elastiche in termini di patrimonio di vigilanza rispetto alle loro controparti convenzionali (Karl, 2015). È necessario però considerare che la rapida crescita delle banche alternative a partire dalla crisi finanziaria globale potrebbe aver oscurato i puri effetti della crisi. Mentre l’effetto finale della rapida crescita delle banche alternative resta da vedere, queste non si sono dimostrate meno stabili di quelle convenzionali durante la crisi (Karl, 2015).

(33)

31

2.5 Il problema del rating

Sebbene molti manager, investitori e accademici abbiano sposato le idee caratteri-stiche della RSI, i rating più comunemente utilizzati per misurare il livello di RSI di una organizzazione sono stati raramente valutati. Se questi rating risultassero non validi, allora trilioni di dollari di capitali sarebbero potenzialmente allocati in modo inefficiente, e numerose ricerche empiriche sarebbero altrettanto prive di fondamento (Chatterji e altri, 2015). Uno studio pubblicato nell’agosto 2015 da Chatterji A. K. e altri, Do ratings of firms converge? Implications for managers,

investors and strategy researchers, ha analizzato i rating relativi a un gruppo

co-mune di aziende emessi da sei rater leader del settore (KLD, Innovest, DJSI, FTSE4Good e Calvert), al fine di esaminare la concordanza delle valutazioni dei

rater etici. Gli aspetti considerati dall’articolo in questione sono due: la

teorizza-zione e la comparabilità. In primo luogo, la teorizzateorizza-zione è il concetto prodotto da un rater che associa le azioni ai risultati e consente alle organizzazioni di aspettarsi una migliore classificazione e i relativi benefici a seguito di determinati cambia-menti nel proprio comportamento. Quando è presente una chiara teorizzazione, le organizzazioni valutate possono aggiustare i propri comportamenti o meno. La teorizzazione è comune quando i rater concordano su una definizione unica di RSI. Chatterji evidenza una ampia concordanza sulle componenti della responsabilità sociale, anche se osserva alcune differenze significative tra i rater. Ad esempio KLD e Asset4 valutano le aziende secondo la sicurezza dei loro prodotti, mentre altri non considerano questo aspetto. KLD, Asset4, FTSE4Good e Innovest consi-derano la governance aziendale come parte della RSI, mentre Calvert e DJSI non lo fanno. Queste differenze di teorizzazione sembrano essere influenzate in parte dalla origine geografica del rater. Ad esempio, il 71% delle sottocategorie di KLD,

rater statunitense, si concentra sulle tematiche sociali, mentre per Asset4, rater di

origine europee, la percentuale scende al 47%. Al contrario Asset4 si concentra in altre tematiche come i diritti dei lavoratori. Ulteriori differenze nella teorizzazione si mostrano considerando l’utilizzo di screen per particolari settori. Tre dei sei

ra-ter considerati da Chatra-terji usano screen espliciti per escludere aziende con

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differenze nelle basi teoriche dei vari rater e nello screening iniziale di quali aziende valutare o meno. In secondo luogo, la comparabilità dei rating si riferisce alla misura in cui i rater ottengono risposte simili quando valutano il medesimo aspetto, rendendo possibile il confronto tra rater differenti. In quest’ottica, i rater devono quantificare informazioni che sono difficili da misurare, come l’impatto sociale nell’avere interessi aziendali in un paese governato da un regime totalitario, oppure come misurare la gestione delle risorse umane, o quali indicatori utilizzare per misurare emissioni tossiche superiori alla media. Nonostante i numerosi sforzi per standardizzare i rating, Chattertji osserva che i rater usano metodi e variabili diversi per misurare lo stesso aspetto. Per misurare le performance ambientali al-cuni utilizzano indicatori dei processi ambientali dell’azienda, mentre altri si con-centrano sulle esternalità. In generale, queste diversità nella comparabilità sono difficili da osservare per gli investitori. Se la comparabilità è elevata, la concor-danza dovrebbe aumentare a seguito di un aggiustamento per le differenze osser-vate nelle varie teorizzazioni dei rater. Per esempio, se tutti i rater misurano la performance ambientali usando lo stesso approccio, allora la concordanza dei

ra-ting dovrebbe crescere. È possibile però che i rater stessi non siano sicuri sul modo

migliore per misurare accuratamente ogni dimensione della responsabilità sociale. Quindi, è probabile che anche dopo aver effettuato un aggiustamento per le diffe-renze nelle teorizzazioni, la concordanza rimanga bassa. Lo studio di Chatterji evi-denzia che non esiste un comune accordo tra i rating sociali dei sei rinomati rater. Le differenze di teorizzazione sono infatti responsabili solo in parte per la scarsa validità convergente tra i rater: queste differenze rimangono anche a seguito di un aggiustamento per le esplicite differenze nella definizione di RSI, suggerendo che i rating stessi hanno scarsa validità, a causa della scarsa comparabilità tra i diversi

rater. Per questo motivo, i manager, gli investitori e ricercatori dovrebbero

inter-pretare con cautela questi rating nelle loro valutazioni economiche (Chatterji e altri, 2015).

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