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Analisi strutturale e stima della vita di un ugello di turbina a gas: valutazione di una configurazione alternativa con riduzione del raffreddamento

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Academic year: 2021

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(1)

Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Aerospaziale

Tesi di Laurea

Analisi strutturale e stima della vita di un ugello di turbina a gas:

valutazione di una configurazione alternativa con riduzione del

raffreddamento

Relatore Accademico:

Candidata:

Prof. Mario Rosario Chiarelli

Elena Arena

Relatore Aziendale (BHGE):

Ing. Mirko Ignesti

(2)

Nella presente tesi si affrontano l’analisi strutturale e di vita di un ugello di alta pressione di una turbina a gas heavy-duty, destinata alla generazione di potenza per impianti fissi nel settore delle estrazioni di gas e petrolio e della produzione dell’energia elettrica.

Questo lavoro è stato sviluppato durante un periodo di tirocinio presso il Nuovo Pignone, dipartimento di Turbomachinery Solutions di Baker Huges – General Electric (BHGE) di Firenze. Lo scopo del lavoro è quello di utilizzare i dati provenienti dalla campagna di prove sperimentali eseguite sul prototipo della macchina per verificare la geometria del componente e confrontare i risultati con quelli stimati durante la progettazione (processo di validazione della progettazione). In parallelo è stata analizzata una configurazione alternativa solo parzialmente raffreddata che mira ad essere utilizzata sulla stessa macchina o su altre scalate appartenenti alla stessa famiglia in modo da incrementarne le prestazioni.

È stata condotta l’analisi strutturale del componente per valutare l’effetto delle azioni di natura termica e meccanica sulle tensioni e le deformazioni; la stima della vita è stata effettuata sulla base dell’analisi a fatica, della propagazione delle cricche e del creep.

(3)

Indice

Elenco delle figure... I

Elenco delle tabelle... VI

Elenco degli acronimi... VII

1. Introduzione... 1

1.1. Turbine a gas... 2 1.2. Ugello... 3 1.3. Raffreddamento... 5 1.3.1. Raffreddamento convettivo... 7 1.3.2. Jet impingement... 7 1.3.3. Raffreddamento a film... 7

1.3.4. Thermal Barrier Coating... 8

1.4. Modello dell’ugello analizzato... 9

2. Preparazione del modello... 12

2.1. Mesh... 12 2.2. Vincoli e carichi... 19 2.3. Contatti... 22 2.4. Non linearità... 23

3. Analisi statica... 25

3.1. Modelli matematici... 27

3.2. Analisi dei risultati... 32

3.2.1. Effetto del carico termico... 32

3.2.2. Effetto delle plasticizzazioni... 37

(4)

4.1. Introduzione al fenomeno della fatica... 42

4.1.1. Il carico... 42

4.1.2. Evoluzione del fenomeno... 43

4.1.3. Le curve di fatica... 44

4.2. Analisi di fatica a basso numero di cicli (LCF) ... 46

4.3. Analisi del transitorio... 48

4.4. Risultati... 55

4.4.1. Risultati dell’analisi del transitorio... 55

4.4.2. Risultati della Zero – Steady State LCF... 58

4.4.3. Risultati della Transient LCF... 61

5. Propagazione della cricca... 65

5.1. Meccanica della frattura... 65

5.1.1. Il fattore di intensificazione degli sforzi... 66

5.1.2. La velocità di avanzamento della fessura per ciclo... 68

5.2. Analisi di propagazione della cricca... 71

5.3. Risultati... 74

6. Creep... 83

6.1. Introduzione al fenomeno del creep... 83

6.2. Accumulo del danno da creep... 86

6.3. Analisi del creep... 87

6.4. Risultati... 88

7. Conclusioni... 93

(5)

I

Elenco delle figure

Figura 1.1 - Sezione e schema dei componenti di una turbina a gas... 2

Figura 1.2 - Efficienza della turbina a gas in funzione del rapporto di compressione e della temperatura massima del ciclo... 3

Figura 1.3 – Esempio di schema dei flussi secondari... 3

Figura 1.4 - Esempio di ugello simply supported (a) e cantilevered (b)... 4

Figura 1.5 - Settori di ugello che contengono una, due o tre foglie... 5

Figura 1.6 - Flussi secondari chargeable e non-chargeable... 6

Figura 1.7 - Principali tecniche di raffreddamento delle pale: raffreddamento convettivo semplice (a) e in presenza di turbolatori (b), jet impingement (c), raffreddamento a film (d).. 6

Figura 1.8 - Andamento della temperatura in una pala dotata di rivestimento protettivo... 9

Figura 1.9 - Modello geometrico dell'ugello analizzato... 10

Figura 1.10 - Ugello cooled (a) e ugello uncooled (b)... 11

Figura 1.11 - Impingement cooling sull'ugello partially cooled... 11

Figura 2.1 - Sweep method sulla cassa... 13

Figura 2.2 - Sweep method sulle foglie dell’ugello non raffreddato... 13

Figura 2.3 - Diaframma con mesh automatica (a) e con l’imposizione del hex dominant method (b)... 13

Figura 2.4 - Sizing control mediante number of division delle foglie dell’ugello non raffreddato... 14

Figura 2.5 - Utilizzo di due sfere di influenza sul lato esterno della piattaforma di estremità e risultato dell’infittimento locale della mesh... 15

Figura 2.6 - Utilizzo del sizing control (a) e del mapped face meshing (b) sui pinfin... 15

Figura 2.7 - Utilizzo del sizing control (a) e del mapped face meshing (b) sul raccordo superiore della foglia... 16

Figura 2.8 - Mesh senza (b) e con (c) l’uso del pinch control tra due nodi (a) della piattaforma alla base della foglia 3... 17

Figura 2.9 - Utilizzo della virtual topology sulla piattaforma superiore dell'ugello raffreddato... 17

(6)

II Figura 2.10 - Mesh della piattaforma superiore nei pressi della foglia 3 senza (a) e con

l'utilizzo della topologia virtuale per l'unione delle superfici (b)... 18

Figura 2.11 - Utilizzo del sizing control (a) sul bordo d’uscita; divisione della superficie mediante topologia virtuale (b) e conseguente applicazione del mapped face meshing (c)... 19

Figura 2.12 - Contributi di pressione agenti sull'ugello e sul diaframma... 21

Figura 2.13 - Vincoli sull'ugello... 21

Figura 2.14 - Contatti dell'ugello con la cassa (a) e con il diaframma (b)... 22

Figura 2.15 - Convergenza della forza (a) e dello spostamento (b) nell'analisi statica dell'ugello raffreddato... 24

Figura 3.1 – Distribuzione della temperatura metallo sull’ugello non raffreddato (uncooled). 26 Figura 3.2 - Distribuzione della temperatura metallo sull’ugello parzialmente raffreddato (partially cooled)... 26

Figura 3.3 - Distribuzione della temperatura metallo sull’ugello raffreddato (cooled)... 26

Figura 3.4 - Profilo di temperatura sul bordo di uscita e sul bordo di attacco della foglia 3... 27

Figura 3.5 - Curva sforzo-deformazione per un materiale duttile... 30

Figura 3.6 - Effetto della temperatura su alcune proprietà fisiche del materiale dell’ugello.... 30

Figura 3.7 - Effetto della temperatura sulla curva tensione-deformazione del materiale dell’ugello... 31

Figura 3.8 - Fenomeno della partecipazione plastica per un provino soggetto a flessione... 31

Figura 3.9 - Rappresentazione di un ciclo di carico a due step... 32

Figura 3.10 - Tensione equivalente di Von Mises nell’ugello non raffreddato AVG dovuta a carichi meccanici... 33

Figura 3.11 - Tensione equivalente di Von Mises nell’ugello non raffreddato AVG dovuta a carichi termomeccanici... 33

Figura 3.12 - Tensione principale massima nell’ugello non raffreddato AVG dovuta a carichi termomeccanici... 34

Figura 3.13 - Pressioni di contatto nell’ugello non raffreddato AVG dovute ai carichi termomeccanici... 35

Figura 3.14 - Deformazione plastica nell’ugello non raffreddato... 38

Figura 3.15 - Deformazione plastica nell’ugello raffreddato... 38

(7)

III Figura 3.17 - Tensione equivalente di Von Mises nell’ugello raffreddato nel caso elastico

(a) e elastoplastico (b)... 39

Figura 3.18 - Tensione equivalente di Von Mises nell’ugello non raffreddato nel caso elastico (a) e elastoplastico (b)... 39

Figura 3.19 - Tensione principale massima nell’ugello non raffreddato (caso elastoplastico). 40 Figura 3.20 - Tensione principale massima nell’ugello parzialmente raffreddato (caso elastoplastico)... 40

Figura 3.21 - Tensione principale massima nell’ugello raffreddato (caso elastoplastico)... 41

Figura 4.1 - Carico variabile nel tempo... 43

Figura 4.2 – Esempio di curva stress-life sperimentale... 45

Figura 4.3 - Effetto della temperatura sulle curve di fatica strain-life... 46

Figura 4.4 - Curve strain-life relative alla probabilità di cedimento dello 0.3% (-3s) e del 50% (avg)... 47

Figura 4.5 - Schematizzazione del ciclo zero-steady state e di quello corrispondente alla missione... 48

Figura 4.6 - Posizioni dei nodi utilizzati per la scelta dei time step espressi in percentuale di span (a) e corda assiale (b)... 50

Figura 4.7 – Andamento delle differenze di temperatura tra le coppie di nodi relativi al bordo di attacco delle tre foglie durante la missione dell’ugello raffreddato... 51

Figura 4.8 - Andamento delle differenze di temperatura tra le coppie di nodi relativi al bordo di attacco delle tre foglie durante la fase di accensione dell’ugello raffreddato... 52

Figura 4.9 - Andamento delle differenze di temperatura tra le coppie di nodi relativi al bordo di attacco delle tre foglie durante la fase di spegnimento dell’ugello raffreddato... 53

Figura 4.10 - Confronto delle temperature di due nodi dell'ugello raffreddato e di quello non raffreddato durante la missione; i valori sono adimensionalizzati rispetto al massimo che si verifica al TE dell’ugello non raffreddato a regime... 55

Figura 4.11 - Tensione principale massima in due nodi dell'ugello non raffreddato secondo l'analisi elastica e quella elastoplastica... 56

Figura 4.12 - Deformazione totale principale massima in due nodi dell'ugello non raffreddato secondo l'analisi elastica e quella elastoplastica... 56

(8)

IV Figura 4.13 - Componenti della deformazione principale massima in due nodi dell'ugello

non raffreddato secondo l'analisi elastoplastica; valori adimensionalizzati rispetto al total

strain a regime... 57

Figura 4.14 - Ciclo di carico e scarico sulla curva sforzo-deformazione... 58

Figura 4.15 - Risultati della 0-SS LCF per l’ugello non raffreddato... 59

Figura 4.16 - Risultati della 0-SS LCF per l’ugello parzialmente raffreddato... 59

Figura 4.17 - Risultati della 0-SS LCF per l’ugello raffreddato... 59

Figura 4.18 - Curve di fatica strain-life dei materiali equi-axed (Mat1) e single crystal (Mat2)... 61

Figura 4.19 - Risultati della 0-SS LCF per l’ugello non raffreddato, materiale single crystal.. 61

Figura 4.20 - Tensione e deformazione principali massime durante un ciclo per due zone dell'ugello non raffreddato... 63

Figura 4.21 - Risultati della Transient LCF per l’ugello non raffreddato considerando il secondo ciclo elastoplastico... 64

Figura 5.1 - Modalità di applicazione del carico a un elemento fessurato... 67

Figura 5.2 - Stadi di propagazione di una cricca generatasi sulla superficie del materiale... 67

Figura 5.3 - Effetto del gradiente di tensione nella direzione di propagazione: al crescere di quest’ultimo si riduce la zona interessata da alta tensioni... 70

Figura 5.4 – Curve sperimentali e approssimazione di Paris della velocità di avanzamento per fatica di una fessura in funzione del valore efficace del fattore di concentrazione delle tensioni per due diversi valori di temperatura per il materiale dell’ugello... 70

Figura 5.5 - Tipologie di cricche utilizzate... 71

Figura 5.6 - Definizione della geometria della cricca di tipo 10 per il bordo d’attacco (a) e la suction side (b); di tipo 30 per il bordo d’uscita (c)... 72

Figura 5.7 - Cammini di propagazione utilizzati per la regione della suction side sulla foglia 2 (loc. 7)... 73

Figura 5.8 - Tensione principale massima lungo il percorso della cricca per alcune delle zone critiche per l'ugello... 73

Figura 5.9 - Gradiente di tensione nella regione del bordo d'uscita (10% dello span) della foglia 3 per l'ugello non raffreddato e per quello parzialmente raffreddato... 75

Figura 6.1 - Comportamento sforzo-deformazione nel caso di carico imposto (a) e di spostamento imposto (b)... 84

(9)

V Figura 6.2 - Deformazione a creep in funzione del tempo... 84 Figura 6.3 - Curve stress-time a carico imposto... 85 Figura 6.4 - Accumulo della deformazione a creep secondo i metodi strain hardening (a) e time hardening (b)... 86 Figura 6.5 - Applicazione di spostamenti (a) e forze (b) equivalenti che simulano i vincoli dell'ugello... 88 Figura 6.6 - Deformazione a creep dell’ugello non raffreddato: zone che superano il limite ammissibile (a), zone che superano due volte il limite (b)... 89 Figura 6.7 - Deformazione a creep dell’ugello parzialmente raffreddato: zone che superano il limite ammissibile (a), zone che superano due volte il limite (b)... 89 Figura 6.8 - Andamento temporale della tensione di Von Mises e della deformazione a creep per due nodi... 90 Figura 6.9 – Posizioni considerate per la verifica degli spostamenti... 90 Figura 6.10 - Spostamenti assiali e radiali, adimensionalizzati rispetto a un valore generico, di alcuni punti della piattaforma inferiore... 91 Figura 6.11 - Clearance radiali e assiali considerate nell'analisi degli spostamenti... 92

(10)

VI

Elenco delle tabelle

Tabella 2.1 – Riepilogo dei contatti impiegati... 23 Tabella 3.1 - Contributi di origine meccanica e termica alle reazioni vincolari per l'ugello non raffreddato AVG... 36 Tabella 3.2 - Confronto tra le reazioni vincolari esercitate sull'ugello non raffreddato nei casi P+A e AVG... 37 Tabella 4.1 - Time step selezionati per l'analisi del transitorio dell'ugello raffreddato e per quello non raffreddato... 54 Tabella 4.2 - Numero di cicli di nucleazione in percentuale della vita minima richiesta per il ciclo Zero-Steady State... 60 Tabella 4.3 - Numero di cicli di nucleazione in percentuale della vita minima richiesta per la missione degli ugelli cooled e uncooled... 62 Tabella 4.4 - Numero di cicli di nucleazione, temperatura, deformazione, tensione equivalente e tensione principale massima a regime delle zone analizzate per l’ugello non raffreddato... 63 Tabella 5.1 - Risultati dell'analisi di crack propagation per l'ugello non raffreddato... 74 Tabella 5.2 - Confronto dei risultati dell'analisi di crack propagation per l'ugello non raffreddato e per quello parzialmente raffreddato... 75 Tabella 6.1 - Spostamenti di alcune zone della radice dell’ugello uncooled adimensionalizzati con i valori delle rispettive hot clearance... 92

(11)

VII

Elenco degli acronimi

AVG – AVeraGe condition (Condizioni medie) BHGE - Baker Huges – General Electric

GE – General Electric

HCF - High Cycle Fatigue (Fatica ad alto numero di cicli)

HGPC - Hot Gas Path Components (Componenti del canale caldo) HPT: High Pressure Turbine (Turbina di alta pressione)

HTT - Heat Transfer Team

LPT: Low Pressure Turbine (Turbina di alta pressione) LCF - Low Cycle Fatigue (Fatica a basso numero di cicli) LE - Leading Edge (Bordo d’attacco)

MdF – Meccanica della Frattura

MdFLE – Meccanica della Frattura Lineare Elastica P+A – Peak plus Adders (Picco più additivi)

SIF - Stress Intensity Factor (Fattore di intensificazione degli sforzi) SS - Steady State (Regime stazionario)

(12)

1

1 Introduzione

Uno degli obiettivi principali nella progettazione delle turbine a gas heavy-duty è quello di massimizzare le prestazioni in termini di efficienza e potenza rispettando i vincoli sulle emissioni ambientali progressivamente sempre più stringenti.

Per ottenere ciò è necessario massimizzare l’efficienza del ciclo termodinamico agendo su diversi aspetti: aumentando la più alta temperatura del ciclo cioè quella in ingresso alla turbina, incrementando il rapporto di compressione, diminuendo le predite fluidodinamiche (perdite di profilo, per trafilamento, per flussi secondari) e meccaniche (per attrito, lubrificazione) [1]. Nel primo caso occorre aumentare la resistenza dei componenti soggetti alle alte temperature (HGPC: Hot Gas Path Components) agendo principalmente sul tipo di materiale e sui sistemi di raffreddamento, in accordo con la vita operativa richiesta.

La progettazione di tali componenti richiede di tener conto di tutti i possibili meccanismi di rottura dovuti alla combinazione di carichi meccanici, alte temperature, vibrazioni e aggressività chimica dei gas di combustione. Gli HGPC sono progettati per avere una vita limitata sia in termini di ore di funzionamento che di numero di cicli (accensione/spegnimento) della macchina: i principali effetti delle prime riguardano fenomeni come creep, ossidazione, corrosione, erosione/usura mentre i secondi pregiudicano la vita a fatica termomeccanica [2].

In questa tesi è stato analizzato da un punto di vista strutturale un ugello del secondo stadio di una turbina di alta pressione, sviluppata recentemente da BHGE per applicazioni heavy-duty di mechanical drive e di generazione di energia elettrica, orientando il lavoro verso il conseguimento di due obiettivi. Il primo riguarda il confronto dei risultati ottenuti durante la fase di progettazione con quelli forniti dal calcolo numerico eseguito mediante l’utilizzo e la rielaborazione di dati sperimentali derivanti dalle misure effettuate sul prototipo. Il secondo interessa la fase di sviluppo del componente e si propone di valutare la possibilità di impiegare una configurazione alternativa a parziale raffreddamento per ottenere dei vantaggi in termini di prestazioni senza compromettere in maniera apprezzabile la vita del componente. Questa ottimizzazione dell’architettura attuale si basa sull’idea di mantenere inalterata la temperatura di fuoco e di utilizzare il medesimo stampo di fonderia per la realizzazione dell’ugello, perseverandone l’aerodinamica e il materiale. Tale soluzione potrà essere impiegata anche su macchine di taglia diversa, ottenute per scalatura di quella in esame.

(13)

2

Turbine a gas

Le turbine a gas, nella versione più semplice, sono costituite da tre componenti essenziali: compressore, camera di combustione e turbina, come mostrato nella Figura 1.1, [3]. Esse convertono l’energia chimica di un combustibile, che viene bruciato nella camera di combustione con l’aria compressa, in energia meccanica attraverso l’espansione dei prodotti della combustione nella turbina; la potenza sviluppata nell’espansore viene in parte assorbita dal compressore e la parte restante costituisce il lavoro utile prodotto.

Figura 1.1 - Sezione e schema dei componenti di una turbina a gas

Le moderne macchine heavy duty sono spesso dotate di almeno due turbine: una di alta pressione (HPT: High Pressure Turbine) che opera sui gas in uscita dal combustore quindi sotto condizioni più gravose (pressioni e temperatura elevate), e una di bassa pressione (LPT: Low Pressure Turbine) che elabora il flusso uscente dalla HPT. Le due turbine sono installate su alberi diversi e consentono di realizzare diverse condizioni operative.

Compressore e turbina sono costituiti essenzialmente da una serie di stadi composti da pale statoriche fisse montate sulla cassa e pale rotoriche montate sui rotori. I maggiori problemi strutturali che si incontrano nelle turbine sono fortemente legati alle alte temperature imposte per raggiungere le prestazioni desiderate. Il rendimento della turbina a gas 𝜂 (dato dal rapporto tra il lavoro utile e il calore assorbito), infatti, aumenta con l’aumentare del rapporto tra la temperatura di ingresso in turbina 𝑇3 e quella in ingresso al compressore 𝑇1; fissato il valore di 𝑇3⁄ , 𝜂 ha un massimo per un 𝑇1 determinato valore del rapporto di compressione 𝜋 = 𝑝𝑚𝑎𝑥⁄𝑝𝑚𝑖𝑛 = 𝑝2⁄𝑝1 =𝑝3⁄𝑝4 che aumenta all’aumentare di 𝑇3⁄ stesso, come mostrato in Figura 1.2. Essendo la temperatura 𝑇𝑇1 1 limitata dalle condizioni dell’aria ambiente, è chiara l’importanza di poter operare a elevate 𝑇3 per ottenere la più alta efficienza.

Un’importante considerazione nella progettazione di una turbina è quindi la necessità di garantire che i componenti non raggiungano temperature che possano deteriorare le loro prestazioni o provocarne

(14)

3 la rottura. A tale scopo viene spillata dai vari stadi del compressore aria a bassa temperatura che costituisce l’insieme dei flussi secondari (Figura 1.3) utilizzati per il raffreddamento di camera di combustione, componenti del canale caldo e dei dischi di turbina.

Figura 1.2 - Efficienza della turbina a gas in funzione del rapporto di compressione e della temperatura massima del ciclo

Figura 1.3 – Esempio di schema dei flussi secondari

Ugello

Le pale statoriche della turbina funzionano come un ugello cioè creano un passaggio convergente lungo la direzione assiale della macchina e imprimono al flusso la direzione ottimale per il corretto funzionamento dello stadio rotorico successivo che converte l’energia in lavoro meccanico.

(15)

4 L’architettura dell’ugello influenza il sistema di raffreddamento e delle tenute, i carichi sulle strutture di supporto, le tensioni interne, le deflessioni e le clearance.

GE utilizza per le sue turbine generalmente di due tipi di layout: simply supported (semplicemente appoggiato) e cantilevered, mostrati in Figura 1.4.

L’ugello del primo stadio è tipicamente semplicemente appoggiato tra l’anello di tenuta sul diametro esterno e l’anello di supporto sul lato interno. A causa della mancanza di un supporto fisso sul lato interno, i successivi stadi sono in genere incastrati a sbalzo sulla cassa della turbina attraverso gli adiacenti shroud. I diaframmi (Diaphgram) sono collegati al diametro interno dell’ugello e costituiscono una tenuta intermedia con il rotore.

Figura 1.4 - Esempio di ugello simply supported (a) e cantilevered (b)

Le foglie degli ugelli sono generalmente raggruppate in segmenti o settori che contengono un certo numero di profili, come mostra la Figura 1.5, fissati alle piattaforme interna e esterna.

Segmenti a singola foglia non sono in genere utilizzati per diversi motivi: peggiori prestazioni dovute alle perdite di pressione per trafilamento attraverso il maggior numero di interstizi tra settori adiacenti, maggior costo dovuto alla presenza di un maggior numero di parti, e rischio di instabilità meccanica (tendenza a ruotare a causa del momento di ribaltamento causato dal carico aerodinamico). Tuttavia la singola foglia è vantaggiosa per l’ugello simple supported perché elimina le tensioni termiche caratteristiche della struttura a più foglie, garantisce una maggiore flessibilità nella regolazione dell’area di gola e fornisce una maggiore facilità di accesso per l’applicazione di rivestimenti alle superfici.

(16)

5 Per gli ugelli di tipo cantilevered si preferiscono settori a più foglie in quanto la configurazione a scatola chiusa di questo tipo di segmento fornisce la rigidezza necessaria a sopportare i carichi flettenti dovuti al gas e all’interazione con il diaframma. Inoltre i segmenti a più foglie offrono la sicurezza aggiuntiva che in caso di cedimento di una foglia, ugello e diaframma saranno trattenuti in posizione dalle altre foglie presenti sul settore stesso. A causa della tendenza ad avere tensioni di natura termica più elevate, segmenti a tre o più foglie sono tipicamente utilizzati in sezioni di turbina con basse temperature mentre quelli a due foglie sono utilizzati per i primi stadi.

Figura 1.5 - Settori di ugello che contengono una, due o tre foglie

Raffreddamento

Il raffreddamento dei componenti della turbina, soprattutto dei primi stadi, permette il raggiungimento di elevate temperature di fuoco, mantenendo le temperature metallo dei componenti entro limiti accettabili dal punto di vista strutturale.

I metodi utilizzati per garantire la resistenza dei componenti sottoposti ad alta temperatura sono essenzialmente due:

• Raffreddamento (cooling)

• Utilizzo di trattamenti superficiali o rivestimenti

(17)

6 • Non-chargeable: si occupano del raffreddamento del primo ugello e, essendo immessi nuovamente nel flusso principale, si espandono in tutta la turbina senza quindi influenzare le performance; rappresentano generalmente il 4-8% dell’aria che attraversa il compressore; • Chargeable: vengono utilizzati per i componenti restanti e si assume che non tornino a fare

parte del flusso di gas elaborato in turbina, con effetto negativo sulle prestazioni; rappresentano il 10-14% dell’aria che attraversa il compressore.

Figura 1.6 - Flussi secondari chargeable e non-chargeable

Il flusso di raffreddamento deve quindi essere limitato per evitare che la perdita di lavoro di compressione annulli l’effetto benefico introdotto dall’aumento della temperatura 𝑇3.

Il raffreddamento delle pale può avvenire secondo diverse modalità di scambio termico, mostrate in Figura 1.7 ([2]) e descritte nei paragrafi successivi, che possono essere usate congiuntamente nelle soluzioni più avanzate.

Figura 1.7 - Principali tecniche di raffreddamento delle pale: raffreddamento convettivo semplice (a) e in presenza di turbolatori (b), jet impingement (c), raffreddamento a film (d)

(18)

7

1.3.1 Raffreddamento convettivo

L’aria di raffreddamento percorre i canali interni delle foglie, asportando calore per convezione. Per limitare il più possibile la portata refrigerante occorre:

• limitare le superfici da raffreddare; per fare ciò è conveniente dividere il salto entalpico della turbina sul minor numero possibile di stadi, con un aggravio del carico aerodinamico per ciascuna pala;

• ottenere la massima efficacia di raffreddamento mediante circuiti molto sofisticati dal punto di vista della capacità di scambio;

• ridurre lo spessore delle pareti delle foglie, compatibilmente con la resistenza meccanica e con i problemi costruttivi.

La convezione può essere resa più efficace dalla presenza di elementi che aumentano la turbolenza e forniscono ulteriore superficie utile allo scambio:

• Turbolatori: sono nervature, posizionate perpendicolarmente o inclinate rispetto alla direzione del flusso di raffreddamento per aumentare il coefficiente di scambio termico. • Pinfin: sono piccoli cilindri presenti all’interno dei profili che generano un elevato

trasferimento di calore; tipicamente sono usati nella regione del bordo di uscita della foglia.

1.3.2 Jet impingement

Le pale statoriche sono cave e al loro interno viene fissato un sottile inserto forato: l’aria passa attraverso l’inserto e fuoriesce dai fori impattando sulle pareti interne dell’ugello; l’alta velocità con la quale il getto colpisce le pareti produce un efficace scambio termico. La tecnica dell’impingement cooling viene usata in genere sia per i profili che per le piattaforme.

1.3.3 Raffreddamento a film

Il raffreddamento a film consiste nel creare un film di fluido a bassa temperatura che agisca come barriera termica tra i gas caldi e la parete metallica della pala, [4]. Il film è generato dall’aria di raffreddamento fatta uscire a velocità opportuna da fessure (slot) e da piccoli fori sulla parete della

(19)

8 pala. Tale aria lambisce la superficie esterna, creando su di essa una sorta di rivestimento fluido termicamente schermante.

Il raffreddamento a film comporta notevoli complicazioni nella realizzazione della foglia sia dal punto di vista della colata che delle successive lavorazioni. È richiesta inoltre un’elevata pulizia dell’aria elaborata dal compressore e del combustibile al fine di evitare occlusioni dei forellini. Questa tecnologia è intensamente utilizzata soprattutto su pale e ugelli del primo stadio.

1.3.4 Thermal Barrier Coating

Un altro modo per aumentare la temperatura supportata dalle pale è utilizzare un rivestimento superficiale costituito da materiali con temperatura di fusione molto elevate che proteggono i componenti: questo metodo consente, a parità di altre condizioni, di ridurre la quantità di aria necessaria al raffreddamento e permette di raggiungere temperature del flusso principale più elevate. Uno svantaggio dell’uso di un rivestimento protettivo è il fenomeno dello spalling, cioè il distacco di scaglie causato dalle elevate sollecitazioni meccaniche o dall’impatto con corpi estranei.

La sezione della pala rivestita è costituita dalle seguenti zone: • Substrato della lega con cui è costruita la pala;

• Strato legante (bond coat): strato intermedio di alcune decine di μm costituito da una serie di metalli, in particolare alluminio, nichel e cromo, con il duplice scopo di facilitare l’adesione dello strato esterno (da cui il nome) e legarsi con l’ossigeno che filtra creando degli ossidi che proteggono ulteriormente lo strato sottostante;

• Strato protettivo (top coat): strato di 100÷400 μm di materiale ceramico a bassa conducibilità termica che viene impiantato a strati (lamelle) in modo da potersi deformare maggiormente prima di rompersi.

Nella Figura 1.8 è mostrato l’andamento qualitativo della temperatura nei vari strati.

L’utilizzo combinato di film cooling e rivestimento permette di operare con temperature in uscita dalla camera di combustione fino a 250°C superiori alla temperatura di fusione della lega utilizzata per i componenti di turbina.

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9

Figura 1.8 - Andamento della temperatura in una pala dotata di rivestimento protettivo

Modello dell’ugello analizzato

L’ugello analizzato in questa tesi è mostrato nella Figura 1.9 insieme alla nomenclatura adottata; è di tipo cantilevered a tre foglie e fa parte del secondo stadio di alta pressione composto complessivamente da 15 settori con un totale di 45 foglie.

L’ugello correntemente montato in macchina, realizzato con una lega a base Nichel, ha una complessa geometria dotata di pinfin e slot per il raffreddamento del bordo d’uscita (TE: Trailing Edge) come mostra la Figura 1.10 a). Tale geometria, denominata cooled nozzle (ugello raffreddato), è stata analizzata con lo scopo di verificare, sulla base dei dati di pressione e temperatura provenienti dalle campagne sperimentali condotte sul prototipo, la validità delle analisi eseguite in fase di progettazione.

Rielaborando le stesse misure sperimentali è stata anche analizzata una configurazione alternativa, mostrata in Figura 1.10 b e denominata uncooled nozzle (ugello non raffreddato), con una geometria semplificata e raffreddata solo mediane il flusso secondario che scorre all’interno delle foglie e confluisce nello spazio ruota. Per questa configurazione, date le maggiori temperature in gioco, è necessario l’utilizzo di un rivestimento protettivo nei confronti dei problemi legati all’ossidazione. Lo spessore di tale film, e quindi la sua durata, influenza la vita dell’ugello e viene determinato sulla base della sua velocità di deterioramento compatibilmente con l’effettiva possibilità di inserire uno spruzzatore tra le foglie dei segmenti. Inoltre lo strato protettivo è responsabile della variazione dell’area di gola che può rendere necessaria una rotazione delle foglie per compensare la perdita di efficienza; tuttavia, è stato dimostrato da precedenti analisi che tale variazione dell’angolo ha

(21)

10 un’influenza minima sul rendimento, assicurando così la possibilità di condividere lo stampo di fusione delle due versioni dell’ugello che comporta un notevole risparmio in termini di costi e tempi.

Figura 1.9 - Modello geometrico dell'ugello analizzato

Lo stato di stress e la vita dell’uncooled nozzle sono stati talvolta confrontati con quelli di due differenti versioni: una, mostrata in Figura 1.11, presenta fori per l’impingement cooling al bordo d’attacco (LE: Leading Edge) ed è denominata partially cooled nozzle (ugello parzialmente raffreddato); l’altra è costituita da un diverso materiale, una lega single crystal. Il confronto con questa lega, comunque, è stato effettuato solo per valutarne potenzialità e margini, dal momento che il suo utilizzo comporterebbe un sostanziale aumento del costo dell’ugello sia perché costringerebbe a modificare lo stampo di fusione che per il maggior costo del materiale stesso.

Tali studi sono finalizzati alla ricerca di soluzioni che possano incrementare le prestazioni, in termini di rendimento e potenza, nel rispetto dei vincoli di costo, durata e impatto ambientale e che possano essere utilizzate sia sulla macchina corrente che su altre della stessa famiglia.

(22)

11

Figura 1.10 - Ugello cooled (a) e ugello uncooled (b)

(23)

12

2 Preparazione del modello

Si è fatto ricorso al software Ansys nella versione Workbench per la preparazione del modello e per l’analisi e nella versione APDL per il post processamento.

Mesh

La discretizzazione del dominio è di importanza cruciale per una corretta convergenza della soluzione perché la precisione dei risultati di analisi e calcolo numerico dipendono direttamente dall'accuratezza e dalla qualità della mesh. La mesh deve essere realizzata in modo da ottenere il giusto compromesso tra accuratezza richiesta della soluzione e costo computazionale: una mesh fine produce generalmente una soluzione più accurata ma d’altra parte aumenta i tempi e la memoria richiesti per il calcolo. Da ciò deriva la necessità di ottimizzazione della mesh in modo da permettere un infittimento solo in corrispondenza delle zone più critiche.

Di seguito sono descritte le operazioni prevalentemente utilizzate in questa tesi per il controllo locale della mesh.

Method Control

Permette di controllare la modalità di generazione della mesh di un corpo; sono stati utilizzati i metodi:

• Sweep: un corpo “sweepable” è ottenuto mediante estrusione della mesh in una direzione; su di esso viene eseguita una mesh a esaedri che fornisce maggiore accuratezza rispetto a quella a tetraedri. Questo metodo è stato applicato alla cassa, Figura 2.1, e anche alle foglie dell’ugello non raffreddato, Figura 2.2.

• Hex dominant: con questo metodo si ottiene una mesh costituita prevalentemente da esaedri ed è utile per quegli elementi ai quali non è possibile applicare lo sweep method, come il diaframma, Figura 2.3.

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13

Figura 2.1 - Sweep method sulla cassa

Figura 2.2 - Sweep method sulle foglie dell’ugello non raffreddato

(25)

14

Sizing Control

Permette di impostare la dimensione degli elementi attraverso tre differenti modi:

• Element Size: permette di stabilire la dimensione degli elementi dell’entità selezionata (spigolo, faccia o volume). È stato utilizzato, per esempio, per i volumi di cassa (3mm), diaframma (2mm) e ugello (2mm).

• Number of Division: permette di definire il numero di elementi presenti lungo uno spigolo. Nella Figura 2.4 ne è mostrata l’applicazione sulle foglie dell’ugello non raffreddato.

• Sphere of Influence: permette di stabilire la dimensione degli elementi che si trovano all’interno di una sfera di raggio e centro assegnati. Questa impostazione è stata utilizzate per migliorare la mesh dopo aver effettuato un’analisi statica preliminare: nelle regioni maggiormente sollecitate, come quelle mostrate in Figura 2.5, si sono ridotte le dimensioni degli elementi utilizzando la sfera in modo da ottenere risultati localmente più accurati.

Mapped Face Meshing

Genera una mesh strutturata. Nella Figura 2.6 è mostrato un esempio di applicazione relativo ai pinfin della geometria raffreddata: nella figura a) è stato utilizzato un sizing ridotto mentre nella figura b) il face meshing. La Figura 2.7 mostra l’applicazione al raccordo superiore delle foglie dell’ugello non raffreddato.

(26)

15

Figura 2.5 - Utilizzo di due sfere di influenza sul lato esterno della piattaforma di estremità e risultato dell’infittimento locale della mesh

(27)

16

Figura 2.7 - Utilizzo del sizing control (a) e del mapped face meshing (b) sul raccordo superiore della foglia

Pinch Control

Un elemento (punto o linea) detto slave viene inglobato dal master (punto, linea o superficie) in modo da semplificare localmente la geometria del CAD (pinch out). I pinch sono stati generati automaticamente in tutto l’ugello impostando una tolleranza predefinita di 0.001mm. Il vantaggio dell’uso dei pinch è mostrato nella Figura 2.8 per la piattaforma inferiore nei pressi del profilo 3 del modello raffreddato. Uno degli svantaggi è invece la non applicabilità del mapped face meshing; vista l’importanza di ottenere una mesh strutturata in posizioni critiche come il bordo d’uscita, si sono manualmente eliminati i pinch che ne impedivano la realizzazione.

Virtual Topology

Permette di raggruppare facce e/o linee oppure dividerle in celle. Nella Figura 2.9 sono evidenziati gli spigoli e le superfici della piattaforma superiore dell’ugello raffreddato raggruppati mediante topologia virtuale. Un dettaglio di tale piattaforma, nell’intorno della foglia 3, è mostrato nella Figura 2.10: è evidente il miglioramento della mesh dopo l’utilizzo della topologia virtuale (figura b) rispetto alla situazione iniziale (figura a). La Figura 2.11 mostra l’effetto positivo della divisione di una superficie in corrispondenza del bordo di uscita: la complessa geometria di partenza era tale da non permettere la creazione di una mesh strutturata e anche riducendo la dimensione degli elementi è

𝑎)

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17 evidente la scarsa qualità della modellazione che si riusciva ad ottenere (figura a). Utilizzando la topologia virtuale per dividere lo spigolo e creare due distinte superfici (figura b), si riesce invece a ottenere una mesh strutturata sulla suction side e al bordo d’uscita la cui curvatura è modellata in modo molto più accurato (figura c).

Figura 2.8 - Mesh senza (b) e con (c) l’uso del pinch control tra due nodi (a) della piattaforma alla base della foglia 3

(29)

18

Figura 2.10 - Mesh della piattaforma superiore nei pressi della foglia 3 senza (a) e con l'utilizzo della topologia virtuale per l'unione delle superfici (b)

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19

Figura 2.11 - Utilizzo del sizing control (a) sul bordo d’uscita; divisione della superficie mediante topologia virtuale (b) e conseguente applicazione del mapped face meshing (c)

Vincoli e carichi

I dati ottenuti durante le prove sperimentali sono stati elaborati dal team Heat Transfer (HTT) per generare le condizioni di pressione e temperatura da applicare sull’ugello. Tali condizioni sono state organizzate come segue:

(31)

20 Carichi di pressione uniformi dovuti ai flussi secondari

• Sulla piattaforma esterna all’apice • Nella cavità delle foglie

• Sulla piattaforma esterna alla radice (cioè nella cavità tra ugello e diaframma)

Carichi di pressione non uniformi

• Nelle slot (solo modello raffreddato), 3D

• Sulla superficie esterna delle foglie e sulle piattaforme (Flowpath), 3D • Sull’esterno del diaframma dovuto ai flussi secondari, 1D

Temperatura

• Si ipotizza uniforme su diaframma e porzioni di cassa • Distribuzione 3D sul volume dell’ugello

La Figura 2.12 mostra la distribuzione 3D delle pressioni sull’ugello scalate rispetto a un valore di riferimento.

Vincoli

Con riferimento alla Figura 2.13 si impone:

• Spostamento assiale nullo sulla cassa anteriore (A) e posteriore (B) • Spostamento radiale nullo sulla cassa anteriore (G) e posteriore (C) • Spostamento tangenziale nullo nella mezzeria della cassa (D e H) • Spostamento tangenziale nullo sull’hook superiore dell’ugello (I)

• Simmetria ciclica sulle facce anteriore e posteriore delle casse (F e E) con una tolleranza di 0.25 (cioè tutti i nodi che distano meno di 0.25 mm sono considerati coincidenti); si è utilizzato il comando CPCYC in Ansys APDL

• Accoppiamento (Coupling) tangenziale dei nodi appartenenti alle superfici a contatto con il perno di fissaggio per vincolare l’ugello con il diaframma (L)

In realtà le porzioni di cassa anteriore e posteriore si spostano ma si ritiene che questo sia poco influente sullo stato di tensione dell’ugello.

(32)

21

Figura 2.12 - Contributi di pressione agenti sull'ugello e sul diaframma

(33)

22

Contatti

Nella Figura 2.14 sono mostrate le zone di contatto (descritte nella Tabella 2.1) dell’ugello con la cassa (figura a) e con il diaframma (figura b). Le zone 1 e 7 rappresentano vincoli in direzione assiale mentre le restanti quelli diretti radialmente. Per tutte queste connessioni si è scelto un vincolo senza attrito (frictionless) per il quale è impedita la penetrazione ma i corpi possono sia separarsi che scorrere l’uno rispetto all’altro; in questo modo si considera la possibilità che il contatto effettivo possa essere localizzato solo su una parte delle superfici e non su tutta la loro estensione.

(34)

23

Id. Location Descrizione del contatto

1 Case AFT Axial Posteriore assiale

Contatti tra ugello

e cassa 2 Case AFT Radial Posteriore radiale

3 Case FWD Bottom Anteriore inferiore radiale 4 Case FWD Upper Anteriore superiore radiale 5 Hook Case AFT Aggancio posteriore radiale 6 Diaph AFT Radial Posteriore radiale

Contatti tra ugello e diaframma 7 Diaph AFT Axial Posteriore assiale

8 Diaph FWD Radial Anteriore radiale

9 Hook Diaph FWD Upper Aggancio anteriore inferiore radiale 10 Hook Diaph FWD Bottom Aggancio anteriore superiore radiale 11 Hook Diaph AFT Aggancio posteriore radiale

Tabella 2.1 – Riepilogo dei contatti impiegati

Non linearità

Nella modellazione si sono introdotte le seguenti fonti di non linearità, [5]:

• di contatto: derivano dalla caratteristica di unilateralità cioè dal fatto che il vincolo impedisce lo spostamento soltanto in una direzione permettendo ai due corpi di distaccarsi liberamente; • di tipo geometrico: riguardano i problemi delle grandi deformazioni che possono determinare spostamenti dei punti di applicazione dei carichi tali da modificare in modo rilevante l’intensità o la direzione delle forze;

• di materiale: trattano il comportamento elastoplastico bastato sulla mancanza di proporzionalità diretta tra la deformazione del corpo e il carico applicato.

La soluzione di problemi non lineari viene cercata tramite tecniche iterative basate sull’applicazione graduale del carico che viene suddiviso in un certo numero di frazioni (substeps). Se la soluzione tende a divergere durante un substep il solutore provvede autonomamente a effettuare una bisezione cioè a dividere lo step in parti più piccole.

La Figura 2.15 riporta a titolo di esempio il grafico delle iterazioni necessarie per il calcolo della forza (figura a) e dello spostamento (figura b) nell’analisi statica dell’ugello non raffreddato: la soluzione

(35)

24 converge quando il residuo (curva viola) è inferiore al criterio (curva azzurra). Le rette verdi verticali corrispondono ai substep mentre quella rossa identifica l’istante in cui è stata creata una bisezione.

Figura 2.15 - Convergenza della forza (a) e dello spostamento (b) nell'analisi statica dell'ugello raffreddato

(36)

25

3 Analisi statica

L’analisi statica termomeccanica è stata effettuata per l’ugello a regime (SS: Steady State) cioè nelle condizioni di Full Speed Full Load della macchina e sono state prese in considerazione due set di condizioni termiche:

• Condizioni medie (AVG: average): sono quelle che mediamente ci si aspettano su un ugello tenendo conto dell’esistenza di variabilità tra le macchine e del fatto che non tutti lavorano nello stesso modo a causa di disuniformità di temperatura circonferenziali dovute alla configurazione della camera di combustione;

• Condizioni di picco più adders (P+A): servono a considerare sia la condizione più gravosa che può derivare dall’assumere una certa posizione nella schiera (peak) che quella che può verificarsi a causa di variabilità tra macchina e macchina dovuta al profilo termico e/o alle condizioni di raffreddamento; gli adders sono perciò un ulteriore incremento di temperatura che serve a portarsi oltre le condizioni medie.

Si sono confrontati:

1. ugello non raffreddato

2. ugello parzialmente raffreddato 3. ugello raffreddato

per i quali, nelle figure seguenti (rispettivamente Figura 3.1, Figura 3.2 e Figura 3.3 adimensionalizzate rispetto al valore massimo registrato nella configurazione uncooled), è mostrata la mappa delle temperature nella condizione P+A; si può notare dalle immagini che le zone più calde, in tutti i casi, sono quelle del bordo di uscita. Per il modello non raffreddato è stato analizzato anche il caso AVG.

Nella Figura 3.4 è mostrato l’andamento della temperatura lungo lo span della foglia 3 al bordo d’attacco e al bordo di uscita nei quattro casi esaminati. L’ugello partially cooled presenta al trailing edge le stesse temperature dell’uncooled mentre al leading edge la situazione è nettamente migliore con temperature quasi del 15% inferiori in corrispondenza della mezzeria. L’ugello cooled presenta temperature inferiori sia al TE che al LE grazie al più efficiente sistema di raffreddamento.

(37)

26

Figura 3.1 – Distribuzione della temperatura metallo sull’ugello non raffreddato (uncooled)

Figura 3.2 - Distribuzione della temperatura metallo sull’ugello parzialmente raffreddato (partially cooled)

(38)

27

Figura 3.4 - Profilo di temperatura sul bordo di uscita e sul bordo di attacco della foglia 3

Modelli matematici

L’ipotesi alla base delle analisi effettuate in questa tesi è che il materiale sia omogeneo e isotropo: i materiali policristallini possono essere considerati isotropi dal momento che l’orientazione casuale dei grani non identifica nessuna direzione preferenziale per gli scorrimenti; al contrario un materiale costituito da un singolo cristallo è ortotropo.

Le caratteristiche fisico-meccaniche del materiale sono descritte dalle equazioni costitutive che mettono in relazione le tensioni 𝜎𝑖𝑗 applicate sul corpo e le deformazioni 𝜀𝑖𝑗 che esse producono. La linearità implica una proporzionalità diretta tra tensioni e deformazioni legate da una matrice di coefficienti 𝐶𝑖𝑗 detta matrice di cedevolezza secondo l’equazione (3.1):

{𝜀} = [𝐶]{𝜎} (3.1)

Dove:

{𝜀} = {𝜀𝑥, 𝜀𝑦, 𝜀𝑧, 𝛾𝑥𝑦, 𝛾𝑥𝑧, 𝛾𝑦𝑧} {𝜎} = {𝜎𝑥, 𝜎𝑦, 𝜎𝑧, 𝜏𝑥𝑦, 𝜏𝑥𝑧, 𝜏𝑦𝑧} Nelle quali:

𝜎𝑖, 𝜀𝑖 : componenti lungo la direzione i cioè perpendicolare al piano di normale i 𝜏𝑖𝑗, 𝛾𝑖𝑗 : componenti che agiscono lungo la direzione j nel piano di normale i

(39)

28 Un materiale anisotropo, nella forma più generale, è caratterizzato, per la simmetria della matrice, da 21 coefficienti distinti ed è tale che l’applicazione di una tensione in una direzione provoca una deformazione in tutte le direzioni.

Le caratteristiche di un materiale omogeneo non dipendono dal punto quindi gli elementi della matrice di cedevolezza sono costanti al variare della posizione dell’origine del sistema di riferimento scelto per il calcolo.

Un materiale ortotropo ha invece un comportamento simmetrico rispetto a tre piani distinti tra loro ortogonali; non c’è accoppiamento tra le tensioni normali e le deformazioni tangenziali e tra le tensioni tangenziali e le deformazioni normali quindi la matrice dei coefficienti presenta solo 9 costanti indipendenti assumendo la forma:

𝐶 = [ 1 𝐸1 −𝜈12 𝐸1 −𝜈13 𝐸1 −𝜈21 𝐸2 1 𝐸2 −𝜈23 𝐸2 −𝜈31 𝐸3 − 𝜈32 𝐸3 1 𝐸3 0 0 1 𝐺23 0 0 0 1 𝐺13 0 0 0 1 𝐺12] (3.2) Con

𝐸𝑖 : modulo di elasticità normale o di Young in direzione i

𝐺𝑖𝑗 : modulo di elasticità tangenziale nel piano di normale i lungo la direzione j 𝜈𝑖𝑗 : coefficiente di Poisson

Un materiale ortotropo è isotropo se le sue proprietà non dipendono dalla scelta del sistema di riferimento; in questo caso le costanti indipendenti si riducono a 2 essendo 𝐸𝑖 = 𝐸, 𝜈𝑖𝑗 = 𝜈 e 𝐺𝑖𝑗 = 𝐺 =

𝐸 2(1+𝜈).

Di notevole importanza solo le direzioni principali della tensione lungo le quali la tensione è puramente normale e assume i valori massimi e minimi ammissibili tra tutte le terne che possono

(40)

29 essere definite nel punto considerato. Nel riferimento principale il tensore degli sforzi, costituito in generale dalle 6 componenti 𝜎𝑖𝑗, si riduce a un tensore diagonale di componenti 𝜎1 ≥ 𝜎2 ≥ 𝜎3. Dato che le sollecitazioni nei componenti sono, in generale, tridimensionali è di interesse determinare una tensione equivalente da mettere in relazione con i parametri critici del materiale determinati sperimentalmente con semplici prove di resistenza monodimensionali: si utilizza a questo scopo la tensione ideale o tensione equivalente di Von Mises 𝜎𝑖𝑑.

Assumere che il comportamento di un materiale sia lineare, cioè rispetti l’equazione (3.1), è lecito fino a quando le deformazioni rimangono piccole (teoria delle piccole deformazioni o teoria dell’elasticità lineare); la maggior parte dei materiali è caratterizzato, infatti, da una curva sforzo-deformazione del tipo mostrato in Figura 3.5 ottenuta mediante una prova monoassiale di trazione eseguita su un provino di forma opportuna, [6]. Le curve 𝜎 − 𝜀 mettono in evidenza diverse proprietà meccaniche dei materiali:

• 𝑆𝑝 limite di proporzionalità: costituisce il limite del comportamento elastico cioè il punto in cui la curva tensione-deformazione inizia a deviare dalla retta

• 𝐸 modulo elastico: inclinazione della parte lineare della cura;

• 𝜀𝑒 deformazione elastica: componente non permanente della deformazione; • 𝜀𝑝 deformazione plastica: componente permanente e irreversibile;

• 𝑆𝑦 limite di snervamento (yield): tensione oltre la quale la deformazione comincia ad aumentare molto rapidamente senza un corrispondente incremento della tensione; per i materiali che non presentano un limite evidente si utilizza una tensione 𝑆𝑦 definita convenzionalmente come quella che corrisponde a una deformazione permanente prestabilita 𝑒 che solitamente corrisponde allo 0.2% della lunghezza utile iniziale.

Dal punto di vista dell’analisi di vita a fatica, nel caso in cui un corpo sia soggetto a uno stato di tensione che produce delle piccole plasticizzazioni locali, esso può essere considerato ancora elastico nel suo insieme ma la teoria lineare può condurre a risultati troppo conservativi. Qualora invece si verificasse una forte plasticizzazione su un volume apprezzabile del materiale sarebbe inevitabile l’utilizzo di un approccio elastoplastico.

Le proprietà meccaniche del materiale dipendono dalla temperatura, come mostrato nelle curve di Figura 3.6 ottenute adimensionalizzando le varie grandezze in funzione del valore che assumono alla temperatura ambiente; la temperatura in ascissa è adimensionalizzata rispetto alla metà del valore massimo che si ha a regime nel modello non raffreddato. Le curve 𝜎 − 𝜀, ottenute sperimentalmente in funzione di due valori di temperatura, sono mostrate, adimensionalizzate, in Figura 3.7.

(41)

30

Figura 3.5 - Curva sforzo-deformazione per un materiale duttile

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31

Figura 3.7 - Effetto della temperatura sulla curva tensione-deformazione del materiale dell’ugello

Nei materiali duttili, quando la distribuzione delle tensioni non è uniforme e localmente si supera la 𝑆𝑦, si verifica il fenomeno della partecipazione plastica cioè le zone adiacenti partecipano, con la tensione più elevata possibile, a garantire l’equilibrio; questo fa sì che la tensione massima registrata sia inferiore a quella che si sarebbe ottenuta considerando il materiale perfettamente elastico. Per spiegare questo fenomeno si può fare riferimento al semplice caso di un provino di materiale elastico-perfettamente plastico soggetto a flessione: la tensione nella sezione è lineare fino a che non raggiunge il valore di snervamento nel punto di massimo; da questo momento ogni aumento del carico esterno produce una ridistribuzione delle tensioni interne lasciandone inalterato il valore massimo fino alla completa plasticizzazione della sezione, Figura 3.8, [7].

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32 Un aspetto da considerare è che le proprietà dei materiali sono da intendersi con il loro significato statistico derivante dalle prove sperimentali; in genere ci si riferisce al valore medio della grandezza (𝜇) per trattare le proprietà fisiche (dipendenti dalla struttura e dalla composizione chimica del materiale) e al valor medio spostato di tre deviazioni standard (𝜇 − 3𝜎̂) per le proprietà meccaniche (rappresentanti la capacità di resistere alle sollecitazioni esterne).

Analisi dei risultati

3.2.1 Effetto del carico termico

Uno studio preliminare è stato effettuato sull’ugello non raffreddato AVG mediante due analisi statiche consecutive introducendo dapprima soltanto i carichi meccanici e successivamente quelli termici, come schematicamente rappresentato in Figura 3.9.

Figura 3.9 - Rappresentazione di un ciclo di carico a due step

La tensione equivalente di Von Mises 𝜎𝑖𝑑 relativa primo step è mostrata nella Figura 3.10 adimensionalizzata con un generico valore della tensione scelto per ottenere una maggiore chiarezza delle immagini; le zone grigie adiacenti a quelle blu indicano valori di tensione minori dell’11% della tensione di riferimento. La Figura 3.11 mostra invece la 𝜎𝑖𝑑 relativa allo step finale e nell’immagine sono state evidenziate le zone maggiormente sollecitate. Questa analisi è stata effettuata utilizzando un modello con una mesh di primo tentativo che, successivamente, è stata raffinata nelle regioni critiche sia per confermare i risultati ottenuti, cioè controllare la convergenza di spostamenti e tensioni, che per analizzare accuratamente le zone potenzialmente limitanti per la vita del componente.

(44)

33 È utile analizzare anche i grafici relativi alla tensione principale massima 𝜎1 per distinguere meglio le zone dell’ugello in tensione, dato che stress di compressione tendono a chiudere le eventuali cricche di fatica che si dovessero formare, o perlomeno ad ostacolarne la propagazione, [8]. La 𝜎1 è stata adimensionalizzata con lo stesso valore utilizzato per la 𝜎𝑖𝑑 e le regioni in compressione sono quelle colorate in blu nella Figura 3.12.

Figura 3.10 - Tensione equivalente di Von Mises nell’ugello non raffreddato AVG dovuta a carichi meccanici

Figura 3.11 - Tensione equivalente di Von Mises nell’ugello non raffreddato AVG dovuta a carichi termomeccanici

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34

Figura 3.12 - Tensione principale massima nell’ugello non raffreddato AVG dovuta a carichi termomeccanici

Da questi risultati è evidente che il principale contributo alle tensioni nell’ugello è dovuto a carichi di origine termica. Le tensioni nascono dai gradienti locali di temperatura e dal fatto che alcuni spostamenti sono impediti o ostacolati; questo è ciò che accade in particolar modo in corrispondenza del vincolo di antirotazione imposto all’hook esterno dell’ugello (indicato con la lettera I nel paragrafo 2.2). Sulle foglie l’espansione delle zone calde è impedita dal materiale a temperatura più bassa che le circonda; per questo motivo la pressure side risulta in compressione mentre il materiale lontano, più freddo, viene forzato a espandersi provocando tensioni di trazione.

Con riferimento a quanto definito nel paragrafo 2.3, nella Figura 3.13 è mostrata la pressione agente sulle superfici di contatto in presenza del carico termomeccanico: si può notare che parte delle superfici risultano scariche con il contatto localizzato solo in alcune regioni. Questo comportamento giustifica la scelta di contatti non lineari anziché lineari (nei quali è impedito ogni spostamento relativo) che avrebbero forzato il contatto bilaterale lungo tutta l’estensione.

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35 Nella Tabella 3.1 sono riportati i contributi di origine meccanica e termica alle reazioni vincolari di contatto. Nella terza e quarta colonna i valori sono stati adimensionalizzati rispetto alla massima forza che si ha, rispettivamente, nel caso in cui agiscono solo i carichi meccanici e in quello in cui agisce solo la temperatura. Le ultime due colonne sono invece adimensionalizzate rispetto alla forza risultante (caso termomeccanico) agente in ciascuno dei contatti.

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36

Id. Location Mechanical Thermal Mechanical Thermal

Adim. with 𝑚𝑎𝑥{𝐹𝑚𝑒𝑐} Adim. with 𝑚𝑎𝑥{𝐹𝑡ℎ𝑒𝑟𝑚} Adim. with 𝐹𝑡𝑜𝑡

1 Case AFT Axial 100% 17% 94% 6%

2 Case AFT Radial 39.4% 100% 52% 48%

3 Case FWD Bottom 65.8% 38% 83% 17%

4 Case FWD Upper 0% 19% 0% 100%

5 Hook Case AFT 3.1% 50% 14% 86%

6 Diaph AFT Radial 0.8% 32% 7% 93%

7 Diaph AFT Axial 16% 7% 86% 14%

8 Diaph FWD Radial 0% 11% 0% 100%

9 Hook Diaph FWD Upper 0% 0% 0% 0%

10 Hook Diaph FWD Bottom 4.6% 9% 365% -265%

11 Hook Diaph AFT 2.2% 27% 19% 81%

Tabella 3.1 - Contributi di origine meccanica e termica alle reazioni vincolari per l'ugello non raffreddato AVG

Il settore dell’ugello è vincolato alla macchina solo attraverso la parte esterna in una configurazione simile a quella di una trave a sbalzo incastrata alla sua estremità; il carico meccanico produce una tensione dovuta al momento flettente massima al tip dove l’ugello è vincolato. Come mostra la Figura 3.10 le zone più stressate si trovano infatti in corrispondenza dei raccordi esterni delle foglie, regioni di elevata concentrazione delle tensioni dovuta alla brusca variazione della geometria. L’effetto del momento è evidente anche dal fatto che i contatti 2 e 3 sono sollecitati dall’azione meccanica mentre 4 e 5 risultano quasi completamente scarichi (terza colonna della Tabella 3.1).

La spinta del gas preme l’ugello sui contatti assiali posteriori: le reazioni vincolari relative alle zone 1 e 7 (contatto assiale dell’ugello con cassa e diaframma rispettivamente) sono infatti costituite principalmente dal contributo meccanico (colonne 5 e 6 della Tabella 3.1). Dalla Figura 3.13 inoltre è evidente che tali contatti sono sollecitati essenzialmente su un solo lato, quello della foglia 1: ciò suggerisce che il flusso provoca anche una rotazione dell’ugello rispetto alla direzione radiale motivo per il quale la foglia 3 risulta essere più sollecitata.

Nella Tabella 3.2 sono riportati i valori adimensionalizzati delle forze risultanti in ciascun vincolo, nel caso di ugello non raffreddato nelle condizioni di AVG e P+A. Le differenze maggiori tra i due

(48)

37 casi si verificano in corrispondenza dei contatti radiali (2,3,6,8) mentre vi sono differenze poco marcate in corrispondenza dei contatti assiali (1,7). Questo è dovuto al fatto che la pressione sull’ugello, quindi la spinta del flusso che lo investe, è la stessa nei due casi e le differenze che si sono registrate per gli altri contatti sono dovute alla diversa dilatazione termica del componente.

Id. Location

Uncooled P+A Uncooled AVG FX FY+FZ FX FY+FZ ΔF 1 Case AFT 100% 94% 6% 2 Case AFT 98% 67% 31% 3 Case FWD bottom 57% 70% 13% 4 Case FWD Upper 7% 6% 1% 5 Hook AFT 12% 19% 7% 6 Diaph AFT 24% 11% 13% 7 Diaph AFT 17% 16% 1% 8 Diaph FWD 15% 3% 12%

9A Hook FDW upper (AF3 side) 0% 0% 0%

9B Hook FDW upper (AF1 side) 0% 0% 0%

10A Hook FDW bottom (AF3 side) 1% 1% 0%

10B Hook FDW bottom (AF1 side) 0% 0% 0%

11 Hook AFT bottom 11% 11% 1%

Tabella 3.2 - Confronto tra le reazioni vincolari esercitate sull'ugello non raffreddato nei casi P+A e AVG

Dal momento che le condizioni P+A risultano più gravose delle AVG d’ora in avanti si analizzeranno sono le prime omettendo di volta in volta la dicitura “P+A”.

3.2.2 Effetto delle plasticizzazioni

Nell’ugello non raffreddato la deformazione plastica coinvolge ampie zone del bordo d’uscita, della suction side e dell’estremità superiore del bordo d’attacco, come mostra la Figura 3.14. Al contrario,

(49)

38 nel caso raffreddato, Figura 3.15, non ci sono rilevanti deformazioni plastiche e ci si aspetta quindi che l’impatto sul calcolo di vita sia lo stesso se si usa il modello elastico.

Per la geometria parzialmente raffreddata (Figura 3.16) le condizioni al bordo di uscita e sulla suction side sono simili a quelle del modello non raffreddato mentre al bordo d’attacco non sono presenti plasticizzazioni. Questo comportamento è dovuto al fatto che il raffreddamento per impingement investe principalmente le zone del bordo d’attacco mentre la temperatura al bordo di uscita è essenzialmente la stessa di quella dell’ugello non raffreddato, come mostrano le figure Figura 3.1 e Figura 3.2.

La Figura 3.17 a) mostra la tensione elastica equivalente di Von Mises nell’ugello raffreddato che, come ci si aspettava, è essenzialmente la stessa di quella elastoplastica di figura b).

Nell’ugello non raffreddato, invece, nel modello elastoplastico le tensioni massime che si raggiungono sono minori di quelle previste dal modello elastico (Figura 3.18).

Figura 3.14 - Deformazione plastica nell’ugello non raffreddato

(50)

39

Figura 3.16 - Deformazione plastica nell’ugello parzialmente raffreddato

Figura 3.17 - Tensione equivalente di Von Mises nell’ugello raffreddato nel caso elastico (a) e elastoplastico (b)

Figura 3.18 - Tensione equivalente di Von Mises nell’ugello non raffreddato nel caso elastico (a) e elastoplastico (b)

Le figure Figura 3.20 e Figura 3.19 mostrano il confronto tra la tensione principale massina 𝜎1 nell’ugello parzialmente raffreddato e in quello non raffreddato. Come già anticipato, al bordo di

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40 uscita le tensioni sono simili infatti, in entrambi i casi, sono comprese nell’intervallo 44÷67% del valore massimo di riferimento con un picco nell’intervallo 67÷78% nella regione inferiore della foglia 3. Al bordo d’attacco invece la 𝜎1 è piuttosto diversa: nell’ugello parzialmente raffreddato un’ampia zona del LE risulta essere in compressione e il picco, che si verifica al raccordo superiore della foglia 3, è inferiore di circa il 75% rispetto al corrispondente dell’ugello non raffreddato. È interessante anche l’analisi della 𝜎1 nell’ugello raffreddato, Figura 3.21: oltre all’effetto benefico del più efficiente raffreddamento del bordo d’attacco, si evidenzia che sia la suction side che la pressure side risultano quasi completamente in compressione.

Figura 3.19 - Tensione principale massima nell’ugello non raffreddato (caso elastoplastico)

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41

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42

4 Fatica

Introduzione al fenomeno della fatica

Quando un componente meccanico si danneggia sotto l'azione di tensioni cicliche, nonostante i valori massimi di tensione si mantengono al di sotto di quelli di rottura, il cedimento avviene per il fenomeno definito di fatica [9].

La rottura per fatica ha origine da deformazioni plastiche ripetute che spesso avvengono a livello microscopico e possono provocare il cedimento (inteso, in generale, come qualsiasi cambiamento tale da rendere il componente incapace di svolgere la sua funzione [10]) dopo migliaia o milioni di ripetizioni sotto l’azione di tensioni nominali molto minori del carico di snervamento. Quando un elemento di macchina è sottoposto a carichi statici vicini ai limiti di rottura generalmente si verificano deformazioni molto grandi e in molti casi i danneggiamenti sono visibili e/o danno luogo a fenomeni premonitori (irregolarità e/o anomalie di funzionamento), mentre le rotture a fatica, caratterizzate da piccole se non addirittura nulle deformazioni macroscopiche, sono improvvise e totali.

Per spiegare il meccanismo del danneggiamento per fatica si deve anzitutto osservare che i materiali da costruzione non sono mai perfettamente omogenei e isotropi, assunzione fatta, in molti casi, per l’analisi statica. I metalli sono aggregati di grani cristallini, a loro volta aggregati di cristalli che sono anisotropi; ulteriori disomogeneità sono dovute alla presenza di vuoti o di particelle di materiale differente. Anche se non sono presenti intagli, le tensioni risultano quindi distribuite in modo non uniforme e localmente è facile che superino i limiti dello snervamento anche se la tensione nominale è molto più bassa.

4.1.1 Il carico

Durante la vita un componente meccanico è soggetto a sollecitazioni che variano nel tempo in modo ciclico cioè a storie di carico nelle quali si può identificare una successione di valori massimi (picchi) e minimi (valli) alternati. In genere nella vita a fatica di un materiale contano soltanto i livelli dei picchi e delle valli della storia temporale della tensione e non la forma della funzione compresa tra

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43 essi; la frequenza e la forma del ciclo di carico possono influenzare i risultati nei casi in cui si hanno interazioni con altri fenomeni come ossidazione, corrosione e creep.

La più semplice approssimazione di un carico variabile nel tempo è mostrata in Figura 4.1 ed è caratterizzata dai seguenti parametri:

• Ampiezza: 𝜎𝑎 =𝜎𝑚𝑎𝑥−𝜎𝑚𝑖𝑛

2

• Valor medio: 𝜎𝑚 = 𝜎𝑚𝑎𝑥+𝜎𝑚𝑖𝑛

2 • Intervallo di sforzo: ∆𝜎 = 2𝜎𝑎

• Rapporto di carico o di asimmetria del ciclo: 𝑅 = 𝜎𝑚𝑖𝑛

𝜎𝑚𝑎𝑥 =

𝜎𝑚−𝜎𝑎

𝜎𝑚+𝜎𝑎

Sono necessari solo due di questi parametri per identificare univocamente la forma del ciclo. La condizione in cui 𝜎𝑚 = 0 (𝑅 = −1) viene detta carico alternato mentre quella con 𝜎𝑚≠ 0 carico fluttuante.

Figura 4.1 - Carico variabile nel tempo

La storia di carico dell’ugello viene estrapolata attraverso l’analisi del transitorio, eseguita nel paragrafo 4.3.

4.1.2 Evoluzione del fenomeno

È possibile distinguere tre fasi che caratterizzano il cedimento per fatica: I. Nucleazione della cricca

II. Propagazione III. Rottura finale

La maggior parte delle rotture per fatica ha origine da zone di concentrazione della tensione come fori, spigoli vivi, filettature, incisioni, punti di corrosione, caratterizzate da elevati livelli locali di

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