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Diritti fondamentali e riconoscimento dello status filii in casi di maternità surrogata: la primazia degli interessi del minore

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DIRITTI UMANI e DIRITTO INTERNAZIONALE © Società editrice il Mulino

vol. 10, 2016, n. 1, pp. xxx-xxx ISSN: 1971-7105

in casi di maternità surrogata:

la primazia degli interessi del minore

Roberto Baratta

*

SOMMARIO: 1. Profili introduttivi. – 2. L’orientamento negativo di alcune legislazioni europee ri-spetto alle procreazioni per conto altrui. – 3. L’aggiramento dei divieti legislativi tramite le tecniche di riconoscimento. Il limite dell’ordine pubblico internazionale. – 4. L’incidenza dei diritti fonda-mentali sulla disciplina della surrogazione internazionale: le aperture della Corte europea dei diritti dell’uomo. – 4.1. Le fattispecie. – 4.2. L’approccio della Corte europea. – 4.3. Il rispetto del diritto alla vita familiare. – 4.4. Il rispetto del diritto alla vita privata del minore. – 5. Cenni alla giurispru-denza nazionale. – 6. Riflessioni ricostruttive e conclusive.

1. Profili introduttivi

In molti ordinamenti giuridici la disciplina delle relazioni familiari è espressione di basilari principi etici. Al contempo, le scelte normative statali sono sempre più de-stinate a confrontarsi con il rispetto dei diritti fondamentali degli individui come definiti da fonti e giurisdizioni esterne al foro. Ne derivano in taluni casi delicati problemi di armonizzazione, se non momenti di acuta tensione, tra norme (e valo-ri sottostanti) interne e internazionali. Al valo-riguardo, la filiazione ottenuta in paesi terzi mediante procreazione per conto altrui o, secondo una comune terminologia, sostituzione o surrogazione di maternità, è un terreno di analisi cruciale. L’esame di queste fattispecie mostra, ancora una volta, che le fonti esterne influenzano il modo d’essere dell’ordinamento interno e, in particolare, del sistema di diritto in-ternazionale privato che si forgia in funzione protettiva dei diritti umani. Così fa-cendo, le fonti esterne innestano processi di ravvicinamento dei valori di riferimen-to e, conseguentemente, di circolazione internazionale dei modelli familiari1.

L’analisi seguente si svolge essenzialmente sul piano dei diritti fondamentali, avendo sullo sfondo recenti tendenze pretorie. In effetti, rispetto a fenomeni assai * Professore ordinario di Diritto internazionale e dell’Unione europea nell’Università degli Studi di Macerata, Dipartimento di Scienze politiche, della Comunicazione e delle Relazioni inter-nazionali, Via Don Minzoni, 22/A – 62100 Macerata, roberto.baratta@unimc.it. Testo riveduto del-la redel-lazione svolta nell’ambito dell’Incontro di studio su “Genitorialità problematiche acquisite all’estero”, tenuto nell’Università di Catania il 9 dicembre 2015.

1 Si tratta di tendenze rilevate nei nostri scritti “Verso la ‘comunitarizzazione’ dei principi fon-damentali del diritto di famiglia”, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale 2005, p. 573 ss.; “La reconnaissance internationale des situations juridiques personnelles et familiales”, in

Recueil des cours de l’Académie de Droit International de la Haye, vol. 348, 2010, p. 253 ss., p. 393

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delicati sul piano etico è la giurisprudenza a fornire, come in passato, impulsi ver-so l’inquadramento giuridico di figure genitoriali inedite nell’ordinamento civili-stico. Avendo separato gestazione del feto e genitorialità biologica, la scienza me-dica ha creato fattori di generazione della vita a volte sconosciuti ai sistemi giuri-dici nazionali e in cui la classica bi-genitorialità lascia spazio a genitorialità pluri-me o potenzialpluri-mente tali. Per contro, il jus scriptum fatica a rispondere alla dina-micità (spesso caotica) di una casistica che imporrebbe invece riforme in chiave attualizzante, capaci di contenere le nuove realtà familiari2, posto che dovrebbe

esserci un certo grado di correlazione tra diritto e società. Se ciò non accade per via normativa, è compito dell’operatore del diritto provvedervi, ove possibile, per via interpretativa.

In misura meno sorprendente di quanto possa sembrare, ai processi evolutivi dell’ordinamento contribuiscono molto meno i meccanismi nazionali di conflitto e di riconoscimento di norme o status familiari acquisiti all’estero. Essi, infatti, riflettendo una particolare relazione di contiguità e continuità con i principi etici del foro, possiedono le difese naturali per impedire l’ingresso di valori estranei con essi inconciliabili. Assai più incisivo, in un’ottica di circolazione dei modelli familiari, è invece il contributo – non sempre peraltro attentamente considerato dalla dottrina specialistica – che proviene dal test di compatibilità con i diritti fondamentali protetti da strumenti internazionali cui quei meccanismi sono inevi-tabilmente soggetti, al pari di qualunque altro settore del diritto interno.

È peraltro inevitabile, e per certi versi comprensibile, che a fronte di processi evolutivi tendenti a interferire con principi etici interni – teoricamente suscettibili di reductio ad unum tramite accordo internazionale3 – si profilino timori di con-taminazione dell’ordinamento nazionale. Né sorprendono i commenti critici che

2 Si rammenti che il Consiglio d’Europa, in documenti giuridicamente non vincolanti, si è atte-nuto a posizioni alquanto restrittive in tema di maternità surrogata. Nel Libro Bianco del 2001 si era attestato sul tradizionale principio della procreazione secondo cui «the woman who gave birth to the child is considered in law as the mother» (cfr. il documento redatto dal comitato di esperti in diritto di famiglia “White Paper on principles Concerning the Establishment and Legal Conse-quences of Parentage” (CJ-FA (2001) rev). Un documento, pubblicato nel 1989 del Comitato di esperti sui progressi delle scienze biomediche, aveva stabilito una serie di principi sulla maternità surrogata incentrati sul divieto di ricorrere a pratiche di procreazione assistita in virtù di contratti o accordi. Tuttavia, in casi eccezionali previsti dal diritto interno, pratiche di fecondazione di madre in sostituzione erano reputate ammissibili solo al di fuori di schemi contrattuali e a condizione: «a) que la mère de substitution ne retire aucun avantage matériel de l’opération; et b) que la mère de substitution puisse à la naissance choisir de garder l’enfant» Comité ad hoc d’experts sur les progrès

des sciences biomédicales constitué au sein du Conseil de l’Europe (CAHBI).

3 Sulle prospettive di armonizzazione, per via normativa, del diritto privato della famiglia, cfr. in generale W. VAN GERVEN, “Harmonization of Private Law: Do we need it?”, in Common Market

Law Review 2004, p. 505 ss. Riguardo poi alla specifica possibilità di individuare un approccio

uni-tario rispetto al tema della sostituzione internazionale di maternità le ipotesi prospettabili sono assai diverse (G. PUPPINCK, C. DE LA HOUGUE, Quelles voies de droit international pour interdire la

ma-ternité de substituion, Strasbourg, 2015, passim), riflettendo ciascuna di esse i molti modi d’essere

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talora l’evoluzione giurisprudenziale suscita. Invero, interrogativi di notevole spessore etico, morale, filosofico e religioso si profilano quando una pluralità di figure adulte, a volte in conflitto l’una con l’altra, aspira al possesso dello stato di genitore sul medesimo neonato da madre surrogata. In punto di diritto, conviene ribadirlo, in assenza di norme scritte, l’interprete è chiamato a prospettare rico-struzioni concettuali idonee a rispondere a una discutibile realtà sociale e medi-co-scientifica assai dinamica e tuttora in divenire.

Come accennato, la chiave di lettura qui suggerita si muove lungo il filo con-duttore della protezione dei diritti fondamentali4. Residuale è invece la valenza

del diritto internazionale privato che è destinato a rimodellarsi in funzione di tale protezione. La giurisprudenza più recente sembra confermare un approccio in-terpretativo già prospettato altrove: nel diritto internazionale della famiglia e del-lo status filii in particolare, le aporie tra principi e sottostanti esigenze etiche sono componibili in funzione di un point de repère costituito dall’interesse superiore del minore concretamente considerato nelle singole fattispecie5. Ne è ulteriore

prova l’emprise della recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in tema di riconoscimento nel foro di status filii legalmente perfeziona-to all’estero in casi di maternità surrogata. Alla giurisprudenza internazionale, dunque, e per brevità ad alcuni richiami selettivi a quelle nazionali, occorre vol-gere l’attenzione (paragrafo 4), dopo aver accennato alle legislazioni più restritti-ve statali, in primis alla normativa italiana (paragrafo 2), e alle tecniche interna-zionalprivatistiche applicabili (paragrafo 3). Al termine sarà svolta una serie di riflessioni ricostruttive e conclusive (paragrafo 5).

2. L’orientamento negativo di alcune legislazioni europee rispetto alle procreazioni per conto altrui

Il modo d’essere dell’ordinamento italiano è molto negativo rispetto alla procrea-zione per conto altrui. Se è vero che la Corte costituzionale ha rimosso i divieti di fecondazione assistita eterologa6, per contro essa non si è pronunciata sul divieto,

penalmente sanzionato, di surrogazione di maternità previsto dall’art. 12, par. 6, della legge 40/2004: «Chiunque … realizza, organizza o pubblicizza la

commer-4 Per un’impostazione completamente diversa da quella proposta e fondata sul fatto che i diritti fondamentali sarebbero garantiti in funzione, propria dei conflitti di leggi, dei metodi di coordina-mento tra ordinamenti, v. G. ROSSOLILLO, “L’identità personale tra diritto internazionale privato e diritti dell’uomo”, in Rivista di diritto internazionale 2007, p. 1045 ss.

5 V. il nostro “La reconnaissance internationale des situations juridiques personnelles et fami-liales”, cit., p. 393 ss.

6 Corte costituzionale, sentenza del 9 aprile 2014, n. 162, disponibile su www.cortecostituzionale.it. G. FERRANDO, “Autonomia delle persone e intervento pubblico nella riproduzione assistita. Illegittimo il divieto di fecondazione eterologa”, in La nuova giurisprudenza

civile commentata 2014, p. 393 ss.; C. CAMPIGLIO, “Norme italiane sulla procreazione assistita e

pa-rametri costituzionali: il ruolo creativo della giurisprudenza”, in Rivista di diritto internazionale

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cializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di eu-ro»7. La ratio legis, tendente a impedire la diretta costituzione in Italia di rapporti

di filiazione sorti da sostituzione di maternità, è volta a ostacolare in radice una pratica assai variegata che può dar luogo anche a sei figure lato sensu parentali8.

La scienza medica ha ormai dissociato la gestazione materna dalla genitorialità biologica, permettendo (sembrerebbe) addirittura di creare, tramite fecondazione in vitro, un legame genetico anche con l’adulto sterile9. Comunque, per quanto

articolata possa rivelarsi negli sviluppi pratici, la relativa fenomenologia è destina-ta a ricadere nella sfera d’applicazione del divieto.

Sul piano giuridico, l’esistenza di una pluralità di figure fattualmente o poten-zialmente genitoriali è causa di numerose criticità. E l’Italia non è certamente iso-lata nel contrastare la maternità per surrogazione. In estrema sintesi, in molti pae-si europei essa è vietata e, a volte, penalmente perseguita (Francia e Svizzera). In altri è in principio autorizzata se compatibile con certe condizioni predeterminate 7 La dottrina civilistica sul punto è ampia. Per una rigida ricostruzione della disposizione che racchiude interamente il fenomeno v. M. FACCIOLI, “Procreazione medicalmente assistita”, in

Dige-sto delle Discipline Privatistiche (Sex. Civ.), Aggiornamento, Torino, 2007, p. 1051 ss., p. 1071-1072.

8 Per rendersi conto dell’estrema complessità fattuale del fenomeno (e i dubbi etici correlati), conviene ricordare che la fattispecie più frequente riguarda il caso di una donna che dona i suoi ovociti e conduce la gravidanza per conto di altra donna sterile alla quale si impegna (o si obbliga per contratto) ad affidare il neonato alla nascita. Al bambino si collegano quindi almeno due figure femminili: la gestante e la persona che intende, alla nascita, provvedere all’esercizio della responsabilità genitoriale (la mère d’intention o intended mother o, in taluni Stati, legal mother). In ipotesi, vi può essere anche una terza figura femminile legata geneticamente al neonato quando la donatrice di ovociti non coincida con la gestante; essa è però spesso destinata nella prassi a restare anonima. Usualmente la maternità di sostituzione presuppone, dunque, un procedimento di fecondazione assistita ottenuta con materiale genetico (i gameti) di un uomo che è, di regola, il coniuge o il partner di donna sterile. Sul versante maschile, il numero dei soggetti collegati alla nascita da surrogazione materna si accresce qualora il materiale genetico sia fornito da un terzo donatore che nella pratica resta, peraltro, spesso ignoto. Il quadro fattuale e giuridico si complica in caso di surrogazione di maternità realizzata a favore di coppie di sesso femminile (peraltro poco frequente), ossia quando una donna terza conduca la gravidanza ottenuta tramite inseminazione artificiale da ovociti forniti da un soggetto della coppia omosessuale e da gameti provenienti da donatore anonimo. In quest’ultimo caso, il bambino è collegato a due figure femminili – la donna che ha fornito gli ovociti e la donna che ha condotto la gravidanza – mentre non possiede alcun legame gestazionale, né genetico con l’altra donna che compone la coppia; il legame genetico con il donatore maschile si perde quando questi resta sconosciuto. Da ultimo, giova ricordare che è invalsa una prassi (non frequente) di maternità surrogate per conto di coppie omossessuali di sesso maschile. Nell’insieme dunque, possono esservi, da un lato, fino a tre figure femminili (la gestante, la donatrice di ovuli e l’aspirante genitrice sociale); dall’altro, fino a tre figure maschili (il coniuge della gestante, se esistente, il padre genetico e l’aspirante genitore coniuge o compagno del soggetto che intende esercitare la relazione genitoriale); in argomento v. C. HAUSAMMANN, N. HITZ QUENON, “Maternité de substitution: la perspective des droits humains”, in Centre suisse de

compétence pour les droits humains, Newsletter CSDH du 11 mai 2014, p. 2.

9 Hague Conference on Private International Law, A Preliminary Report on the Issues Arising

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dalla legge e sostanzialmente rispondenti all’esigenza che la surrogazione perse-gua un fine altruistico e non commerciale (Olanda e Regno Unito). In altri Stati è tollerata (Belgio e Polonia). In altri ancora è commercialmente sfruttata da socie-tà specializzate che prestano attivisocie-tà di intermediazione a fini di lucro tra le parti interessate (Georgia, Russia e Ucraina). Vale infine la pena ricordare che la ma-ternità surrogata è autorizzata in vari Stati nord americani in cui, a volte, è peral-tro oggetto di sfruttamento commerciale10.

3. L’aggiramento dei divieti legislativi tramite le tecniche di riconoscimento. Il limite dell’ordine pubblico internazionale

Poiché i divieti legislativi che colpiscono la maternità per sostituzione, incluse le eventuali sanzioni penali, producono effetti territoriali11, salvo i casi in cui

l’alterazione dello stato civile sia reiterata nello Stato di riconoscimento, si è svi-luppata la pratica di recarsi negli Stati in cui la gestazione per conto altrui è lecita; spesso si privilegiano quelli in cui gli intended parents sono considerati a tutti gli effetti, automaticamente o tramite accertamento giudiziale, come i genitori del neonato. È evidente, infatti, che i divieti statali si scontrano, nella realtà sociale, con un incomprimibile desiderio di genitorialità che dà luogo a una domanda di madri surrogate e a un mercato mondiale stimabile in circa 20.000 nascite all’anno12. È superfluo notare l’estrema delicatezza sociale, oltre che giuridica, del

fenomeno e i forti dubbi etici che esso solleva se il fatto procreativo è oggetto di

sfruttamento mercatorio della povertà altrui e di mercimonio del corpo umano o

di materiale genetico.

In punto di stretto diritto, la c.d. surrogazione internazionale pone in primis questioni di conflitti tra ordinamenti nei rispettivi valori di riferimento, là dove gli interessati costituiscano un valido rapporto di filiazione all’estero per chiederne, in un momento successivo, il riconoscimento nello Stato di cittadinanza o in quel-lo in cui risiedono abitualmente, al fine ultimo di aggirare le restrizioni ivi impo-ste. Si noti che, dal punto di vista dell’ordinamento statale, si tratta di verificare

10 Cfr. Hague Conference on Private International Law, A Preliminary Report on the Issues

Arising from International Surrogacy, cit., p. 9 ss.; K. TRIMMINGS, P. BEAUMONT (eds), International

Surrogacy Arrangements: Legal Regulation at the International Level, Oxford, 2012, passim; M.

WELLS-GRECO, The Status of Children Arising from Inter-Country Surrogacy Arrangements, The Hague, 2015, passim; riguardo all’Australia v. A. STUMCKE, “Extraterritoriality and Surrogacy: The Problem of State and Territorial Moral Sovereignity”, in Surrogacy, Law and Human Rights, P. GERBER, K. O’BYRNE (eds), London and New York, 2015, p. 65 ss. e per gli Stati Uniti R. STORROW, “Surrogacy: American Style”, ivi, p. 193 ss.

11 Cfr. la giurisprudenza (tendente a escludere il reato di alterazione di stato civile quando l’atto è formato all’estero in base alla lex loci) menzionata da B. BAREL, S. ARMELLINI, Manuale

bre-ve di diritto internazionale privato, Milano, 2015, p. 160 e le considerazioni critiche degli autori.

12 Segnalano un ‘mercato’ in forte crescita il rapporto della Hague Conference on Private In-ternational Law, A Preliminary Report on the Issues Arising from InIn-ternational Surrogacy, cit., p. 8 e C. HAUSAMMANN, N. HITZ QUENON, op. loc. cit., che pongono in evidenza come la domanda venga in particolare da coppie omossessuali.

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non (come a volte si ritiene) se sussistano i presupposti per accertare e costituire

direttamente nello Stato, determinandone gli effetti tramite norma tradizionale di conflitto, un rapporto di filiazione che trae origine da maternità surrogata. L’esito sarebbe ovviamente negativo in Italia e nei Paesi che vietano in assoluto tale tipo-logia di maternità. A prescindere dalle implicazioni penali, si potrebbe affermare, in casi del genere, che la normativa interna sia da concepirsi (in ragione dei valori preminenti del foro di cui si dirà infra) quale disciplina di applicazione necessaria, suscettibile di impedire a priori il rinvio a leggi straniere.

In realtà, come la prassi evidenzia, si pone piuttosto il problema di valutare se sia possibile riconoscere, nel foro, il rapporto di filiazione validamente costituito in uno Stato terzo e, se del caso, procedere alla trascrizione dell’atto di nascita nei pubblici registri di stato civile. Naturalmente, ogni sistema di conflitto possiede le proprie soluzioni in tema di attribuzione di forza giuridica nel foro a decisioni o atti stranieri, al fine di pervenire a un risultato coordinato con lo Stato d’origine. Si tratta di tecniche, alternative rispetto a quelle di localizzazione spaziale della fattispecie, che mirano a superare le antinomie tra singoli ordinamenti13.

Dal punto di vista dell’ordinamento italiano, si applicano i meccanismi di

ri-conoscimento, previsti dalla legge n. 218/1995, che presiedono al coordinamento

del foro con situazioni giuridiche soggettive validamente esistenti all’estero. Al riguardo, è prospettabile il ricorso ad almeno tre soluzioni normative, esplicite o implicite, nel nostro sistema di diritto internazionale privato. Si allude, in sintesi, alle tecniche di riconoscimento, automatico o in virtù di accertamento giudiziale

in caso di contestazione, del rapporto di genitorialità in situazioni di maternità surrogata e, in definitiva, alla trascrizione in Italia dei provvedimenti certativi per-fezionati all’estero. Si pensi, anzitutto all’art. 33 della legge di riforma, intesa qua-le norma di riconoscimento automatico di filiazioni costituite all’estero14; poi, agli

13 Si rinvia al nostro, “La reconnaissance”, cit., p. 271.

14 In linea con un consolidato orientamento dottrinale e giurisprudenziale che si ritiene non superato – almeno non integralmente – dalla legge di riforma n. 218/1995, l’art. 33, par. 1, della stessa legge (inclusivo del rinvio oltre se accettato e volto a consentire lo stabilimento della filiazio-ne ex art. 13, terzo comma) potrebbe ricevere applicaziofiliazio-ne quale norma di rinvio a un ordinamento straniero che permette il riconoscimento automatico nel foro delle situazioni giuridiche di filiazione validamente costituite nello Stato estero di nazionalità del minore o, se più favorevole, di nazionali-tà di uno dei genitori. Su tale disposizione cfr. S. BARIATTI, “Riflessioni sul riconoscimento delle sentenze civili e dei provvedimenti nel nuovo jus comune italiano”, in Collisio legum. Studi di diritto

internazionale privato per G. Broggini, Milano, 1996, p. 29 ss.; R. LUZZATTO, “Il riconoscimento di

sentenze e provvedimenti stranieri nella riforma del diritto internazionale privato italiano”, in

Co-municazioni e Studi, vol. XXI, Milan, 1997, p. 81 ss., in part. p. 95 s.; P. PICONE, “Sentenze

stranie-re e norme italiane di conflitto”, in La riforma italiana del diritto internazionale privato, P. PICONE (a cura di), Padova, 1998, p. 483 ss.; per ulteriori riferimenti e rilievi R. BARATTA, Scioglimento e

invalidità del matrimonio nel diritto internazionale privato, Milano, 2004, p. 104 ss., e di recente le

originali osservazioni complessive sugli articoli 64-66 di L. SCAFFIDI RUNCHELLA, Il riconoscimento

delle unioni same-sex nel diritto internazionale privato italiano, Napoli, 2012, p. 278 ss. È superfluo

sottolineare che il ricorso all’art. 33 si giustificherebbe in base alla qualificazione di tali vicende quali attinenti lato sensu alla filiazione.

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articoli 65 e 66 della stessa legge15; e infine, a certe condizioni, all’art. 64 per i casi

di international surrogacy relativi a minori nati da un genitore biologico italiano accertati con sentenza straniera16.

Peraltro, le tecniche richiamate incontrano il comune ostacolo rappresentato dall’eccezione di ordine pubblico internazionale. In breve, se le persone che in-vocano il riconoscimento dello status filii, validamente costituito all’estero, sono cittadine straniere, il limite dell’ordine pubblico internazionale potrebbe operare nel senso che l’insieme dei principi fondanti l’intero assetto ordinamentale in ma-teria di filiazione – incluso il divieto di surrogazione di maternità e l’attribuzione della stessa alla donna partoriente (art. 269, comma 3, c.c.) – si elevi a ostacolo insuperabile dai valori normativi esterni con esso incompatibili17. Nel caso poi di

surrogazione assistita che abbia determinato la nascita di un neonato affidato a una coppia omosessuale al termine della gestazione, si potrebbe ulteriormente so-stenere la contrarietà con i principi dell’ordinamento italiano che, in materia di filiazione, si riferiscono espressamente alle figure di madre e di padre, se non an-che, in termini ancor più ristretti, di marito e moglie (art. 231 ss. c.c.). Natural-mente, il limite dell’ordine pubblico potrebbe ritrarsi in caso di surrogazione

15 Similmente potrebbe rendersi applicabile l’art. 65 della legge di riforma che è il frutto, come accennato, della parziale codificazione di un orientamento giurisprudenziale e dottrinale anteriore alla stessa legge (P. ZICCARDI, “Considerazioni sul valore delle sentenze straniere”, in Rivista di

di-ritto internazionale 1954, p. 489 ss.; G. GAJA, “Sentenza straniera non delibata e diritto

internazio-nale privato”, in Rivista di diritto internaziointernazio-nale 1964, p. 409 ss.; R. LUZZATTO, Stati giuridici e

dirit-ti assoludirit-ti nel diritto internazionale privato, Milano, 1965, p. 151 ss.; P. PICONE, Norme di conflitto

speciali per la valutazione dei presupposti di norme materiali, Napoli, 1969, p. 146 ss.; Id., La capacità matrimoniale dello straniero divorziato, Napoli, 1970, passim; Id., Ordinamento competente e diritto internazionale privato, Padova, p. 59 ss.; Id., “La méthode de la référence à l’ordre juridique

com-pétent en droit international privé”, in Recueil des cours de l'Académie de Droit International de la

Haye, vol. 197, 1986, p. 119 ss.). Invero, secondo tale disposizione, a seguito di accertamento

giudi-ziario (e dunque non automaticamente in virtù del funzionamento di una norma di conflitto), pos-sono essere dichiarati efficaci in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone o all’esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità, quando tali provvedimenti siano stati pronunciati dalle autorità dello Stato straniero la cui normativa è richiamata dalle norme della legge n. 218 (e dunque nella specie dall’art. 33, par. 1) o producano effetti nell’ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da autorità di altro Stato, purché non siano contrari all’ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa. Analogamente dispone l’art. 66 qualo-ra il provvedimento da riconoscere abbia natuqualo-ra di atto di volontaria giurisdizione.

16 Qualora infine non ricorresse la condizione di cui all’art. 65 (e dunque l’atto da riconoscere non fosse stato pronunciato dalle autorità dello Stato la cui normativa è richiamata dall’art. 33, par. 1 ovvero non abbia efficacia nel medesimo Stato), si potrebbe rendere operante l’art. 64 della legge n. 218/1995. La disposizione sarebbe inevitabilmente applicabile riguardo a fattispecie di maternità surrogata concernente minori nati da un genitore biologico italiano. L’interesse ad applicare tale disposizione deriva dal fatto che i requisiti di riconoscimento prescindono dal controllo sulla legge applicabile come definita dal nostro sistema sui conflitti di legge.

17 In questa prospettiva, traendo spunto da alcuni orientamenti giurisprudenziali interni, v. B. BAREL, “La filiazione nel diritto internazionale privato dopo la riforma del 2012-2013”, in La nuova

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frutto di accordo tra persone non aventi la cittadinanza italiana, in ragione dun-que della particolare condizione di estraneità della fattispecie rispetto al foro18.

A una conclusione di contrarietà con l’ordine pubblico internazionale si per-verrebbe poi se fossero cittadine italiane una o entrambe le persone (uomo e donna, coniugate o non) ricorrenti ai sensi dell’art. 64 della legge n. 218/1995; si pensi all’ipotesi in cui uno dei due individui sia il genitore biologico e dunque l’azione sia volta a richiedere il riconoscimento del rapporto di genitorialità vali-damente costituito all’estero. La fattispecie presenterebbe un legame ancor più intenso con il foro rispetto all’ipotesi, sopra considerata, di coppia eterosessuale di nazionalità straniera. In effetti, il divieto di maternità surrogata e i valori etico-normativi sottostanti, elevati a principio di ordine pubblico internazionale, impe-direbbero a fortiori, in virtù di tale più intenso legame, il riconoscimento nel foro delle situazioni giuridiche familiari costituite all’estero. Inoltre, in caso di apolidia di minore nato da surrogazione di maternità con materiale genetico estraneo alla coppia richiedente il riconoscimento, le autorità italiane potrebbero respingere l’azione di riconoscimento dello status, dichiarare la condizione di abbandono del minore e dunque il suo stato di adottabilità19. Una conseguenza del genere si è

effettivamente verificata nel caso Paradiso e Campanelli, di cui infra, e in una vi-cenda decisa recentemente dalla Corte di cassazione20.

18 Si allude alla teoria dell’Inlandsbeziehung o dell’ordre public de proximité: cfr. A. BUCHER, “L’ordre public et le but social des lois en droit international privé”, in Recueil des cours de

l’Académie de Droit International de la Haye, vol. 239, 1993, p. 47 ss.; P. COURBE, “L’ordre public

de proximité”, in Le droit international privé: esprit et méthode, in Melangés en l’honneur de Paul

Lagarde, Paris, 2005, p. 227 ss. (e la nota sentenza della Corte di cassazione francese, del 17 aprile

1953, in Revue critique de droit international privé 1953, p. 412 nel caso Rivière); P. PIRRONE, “L’ordine pubblico di prossimità tra tutela dell’identità culturale e rispetto dei diritti dell’uomo”, in

Diritto internazionale e pluralità delle culture, G. CATALDI, V. GRADO (a cura di), XVIII Convegno

SIDI, Napoli 13-14 giugno 2013, Napoli, 2014, p. 147 ss. Critico rispetto all’ordine pubblico atte-nuato è invece F. MOSCONI, “Exceptions to the Operation of Choice of Law Rules”, in Recueil des

cours de l'Académie de Droit International de la Haye, vol. 217, 1989, p. 28 ss.

19 B. BAREL, “La filiazione”, cit., p. 287 s., il quale tuttavia auspica l’intervento del legislatore, riconoscendo che si profila un delicato contrasto tra interesse del minore e principi dell’ordinamento italiano nel caso in cui il rapporto di filiazione si sia consolidato nel tempo.

20 Cfr. Corte di cassazione, sentenza del 11 novembre 2014, n. 24001, in La Nuova

giurispru-denza civile commentata 2015, con nota di C. BENANTI, “La maternità è della donna che ha

partori-to: contrarietà all’ordine pubblico della surrogazione di maternità e conseguente adottabilità del minore”, p. 235 ss. (riguardo a un caso di maternità surrogata avvenuta in Ucraina con materiale genetico totalmente estraneo alla coppia italiana che chiedeva il riconoscimento della certificazione straniera).

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4. L’incidenza dei diritti fondamentali sulla disciplina della surrogazione internazionale: le aperture della Corte europea dei diritti dell’uomo

L’interferenza della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sul diritto internazionale privato della famiglia è ormai un fatto certo21. La Corte, da

non poco tempo, non mostra particolare deferenza verso i sistemi nazionali sui conflitti di leggi considerati lato sensu, non potendosi desumere argomenti con-vincenti dalla presunta neutralità dei suoi metodi di coordinamento tra leggi o ordinamenti. Era quindi prevedibile che la Corte stessa – confrontando tale di-sciplina con gli obblighi convenzionali al pari di qualunque altro settore del dirit-to interno – dovesse pronunciarsi sugli orientamenti statali restrittivi che impedi-scono il riconoscimento di status di filiazione derivanti da maternità surrogata. Ciò, in effetti, si è verificato nelle sentenze Labassee c. Francia e Mennesson c.

Francia, rese entrambe nel 201422. La successiva sentenza Paradiso e Campanelli c.

Italia, pronunciata nel 2015 – pur negli interrogativi etici che pone e nelle sue

pe-culiarità giuridiche, date soprattutto dai tentativi di alterazione degli atti di stato civile – presenta varie assonanze con i principi stabiliti dalla Corte europea nelle prime due decisioni23. La sentenza, conviene ricordarlo, non è definitiva.

4.1. Le fattispecie

I ricorsi individuali contro il Governo francese riguardavano la situazione di per-sone eterosessuali coniugate, le quali, a causa dell’infertilità della donna, avevano stipulato in Minnesota e California accordi di surrogazione, validi e soggetti a controllo giurisdizionale in base al diritto locale. Una sentenza aveva loro per-messo di divenire negli Stati Uniti legal parents di una bambina (caso Labassee) e di una coppia di gemelli (caso Mennesson). Gli accordi di surrogazione

riguarda-21 È appena il caso di ricordare che la Corte europea dei diritti umani muove dal presupposto che il diritto internazionale privato della famiglia, al pari di qualunque disciplina interna, ancorché di origine convenzionale, non può recare pregiudizio ai diritti al rispetto della vita privata e di quella familiare e, in particolare, all’interesse supremo del minore (cfr. Wagner e J.M.W.L. c.

Lus-semburgo, ricorso n. 76240/01, sentenza del 28 giugno 2007; si veda anche Negrepontis-Giannisis c. Grecia, ricorso n. 56759/08, sentenza del 3 maggio 2011; e in dottrina i rilievi interessanti di P.

PIRRONE, “Limiti e contro-limiti alla circolazione dei giudicati nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani: il caso Wagner”, in questa Rivista 2009, p. 251 ss.; con particolare riguardo alla giurisprudenza della Corte europea in tema di sottrazione di minori v. L. CARPANETO, “In-Depth Consideration of Family Life v. Immediate Return of the Child in Abduction Proceed-ings within the EU”, in Rivista diritto internazionale privato e processuale 2014, p. 931 ss.).

22 Corte europea dei diritti umani, Labassee c. Francia, ricorso n. 65941/11, sentenza del 26 giu-gno 2014 e Mennesson c. Francia, ricorso n. 65192/11, sentenza del 26 giugiu-gno 2014. Per una valuta-zione d’assieme di queste sentenze soprattutto riguardo ai loro effetti nell’ordinamento francese, H. FULCHIRON, C. BIDAUD-GARON, “Reconnaissance ou reconstruction? A propos de la filiation des enfants nés par GPA, au landemain des arrêts Labassée, Mennesson et Campanelli-Paradiso de la Cour européenne des droits de l’homme”, in Revue critique de droit international privé 2015, p. 1 ss.

23 Corte europea dei diritti umani, Paradiso e Campanelli c. Italia, ricorso n. 25358/12, sentenza del 27 gennaio 2015 (rinviata alla Grande Chambre il 1° giugno 2015).

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vano dunque adulti, aspiranti alla genitorialità, di nazionalità francese. In en-trambi i casi, il marito era incontestabilmente il padre genetico, avendo egli forni-to i gameti per la fecondazione; l’embrione, frutforni-to di fecondazione in vitro, era stato impiantato nella madre surrogata di cittadinanza americana, la quale appa-rentemente senza compensi, salvo il rimborso delle spese mediche, aveva poi ri-nunciato a invocare, sotto il controllo dei giudici locali, il diritto alla genitorialità. Comunque, la gestante aveva trasmesso la cittadinanza americana ai neonati.

Il caso Paradiso e Campanelli riguardava due coniugi italiani che avevano ot-tenuto in Russia lo status filii di un bambino nato con il metodo della maternità surrogata senza che gli interessati avessero alcun legame biologico con il minore. I ricorrenti non lamentavano tuttavia la violazione del diritto alla vita familiare eventualmente invocabile in ragione del fatto che le autorità italiane avevano re-spinto l’azione di riconoscimento di tale status. La doglianza era invece incentrata sulla violazione di tale diritto poiché le autorità italiane, dopo aver rigettato l’istanza di riconoscimento del certificato di nascita russo, avevano disposto l’allontanamento del minore dalla casa dei ricorrenti, la sua collocazione in una nuova famiglia per violazione della legge italiana sull’adozione e, infine, avviato la procedura di adozione del bambino in base alla lex fori in forza della sua apolidia (in base al diritto locale il neonato non aveva acquistato la cittadinanza russa). L’allontanamento del minore dagli aspiranti genitori era dunque all’origine del ricorso alla Corte di Strasburgo.

4.2. L’approccio della Corte europea

Le sentenze Labassee e Mennesson segnano un altro passaggio cruciale nell’evoluzione dei rapporti tra valori fondamentali convenzionalmente protetti e tecniche di riconoscimento di sentenze straniere. Nella specie invero la Corte ha sottoposto a controllo le scelte operate dai giudici francesi nell’applicazione del relativo sistema internazionalprivatistico, sulla base dei diritti, separatamente considerati, al rispetto della vita privata e della vita familiare ex art. 8 CEDU. Co-sì facendo, la Corte definisce regole pretorie che plasmano le tecniche di ricono-scimento in funzione dei valori convenzionalmente garantiti; in una logica cioè, tipica dei rapporti tra norma internazionale e diritto interno, che muove, per l’appunto, dalla priorità degli standard convenzionali su quelli del foro24.

24 Se è vero che nel diritto internazionale generale il primato delle fonti internazionalistiche ‘over domestic law’ è considerato un ‘fondamental principle’ (Corte internazionale di giustizia,

Applicabili-ty of the obligation to arbitrate under section 21 of the UN headquarters agreement of 26 June 1947,

parere consultivo del 26 giugno 1988, par. 57), è anche vero che la Corte costituzionale italiana ha ricostruito tale rapporto attribuendo alle disposizioni contenute nella CEDU il valore di norme

in-terposte, in virtù del parametro costituzionale espresso dall’art. 117, primo comma, Cost., nella parte

in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi interna-zionali; in un rango cioè intermedio tra legge ordinaria e disposizioni costituzionali, pur riconoscen-do che è compito dei giudici di merito e legittimità interpretare il diritto interno conformemente agli obblighi convenzionali (cfr. le sentenze del 24 ottobre 2007, nn. 348 e 349, in Rivista di diritto

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inter-Nel limitare, in misura non indifferente, il potere discrezionale dello Stato, la Corte prospetta un’originale chiave di lettura della dottrina del margine di

apprez-zamento, espressione della natura sussidiaria della protezione convenzionale dei

diritti umani rispetto a quella interna25. Le pronunce tendono a relativizzare

l’efficacia dell’ordine pubblico internazionale26, facendone emergere una sfera

ap-plicativa assai ridotta così da rendere il foro più aperto all’ingresso di valori nor-mativi stranieri.

L’eccezione di ordine pubblico risulta compressa da due fattori: la preminenza degli interessi del minore che – come si dirà infra – è il soggetto più vulnerabile, e il diritto dello stesso, ritenuto essenziale, all’identità personale. Questa giurispru-denza mostra che anche in assenza di ‘consensus’ tra gli Stati contraenti (circa la disciplina di un certo fenomeno) il margine di apprezzamento a loro disposizione non consente – com’è ovvio che sia – condotte statali che collidono con i diritti fondamentali27. Forse non è tanto una questione di contrazione del margine di

ap-nazionale 2008, p. 197 ss., con commenti di G. GAJA, “Il limite costituzionale del rispetto degli

‘ob-blighi internazionali’: un parametro definito solo parzialmente”, p. 136 ss.; E. CANNIZZARO, “Senten-ze della Corte europea dei diritti dell’uomo e ordinamento italiano in due recenti decisioni della Cor-te costituzionale”, p. 138 ss.; M. L. PADELLETTI, “Indennità di esproprio e obblighi internazionali dopo le sentenze della Corte costituzionale”, p. 143 ss.; e A. SACCUCCI, “Illegittimità costituzionale di leggi incompatibili con la Convenzione europea e possibili ripercussioni sull’esigenza del previo esaurimento dei ricorsi interni”, p. 150 ss.; L. CONDORELLI, “La Corte costituzionale e l’adattamento dell’ordinamento italiano alla CEDU o a qualsiasi obbligo internazionale?”, in questa Rivista, 2008, p. 301 ss; e la sentenza della Corte costituzionale, del 4 dicembre 2009, n. 317, in Rivista di diritto

internazionale 2010, p. 180 ss.). Ne consegue comunque che le disposizioni convenzionali, come

in-terpretate dalla Corte europea, non sfuggono al controllo di costituzionalità esercitato dalla Corte costituzionale, non essendo per essa incondizionatamente vincolanti.

25 Y. ARAI-TAKAHASHI, The Margin of Appreciation Doctrine and the Principle of Proportionality

in the ECHR, Cambridge, 2002, passim; M. LUGATO, “Sulla sussidiarietà in diritto internazionale”,

in Archivio Giuridico 2011, p. 3 ss.; Id., “The margin of appreciation and freedom of religion: be-tween treaty interpretation and subsidiarity”, in Journal of Catholic Legal Studies 2013, vol. 52, p. 49 ss.; S. BARTOLE, P. DE SENA, V. ZAGREBELSKY, Commentario breve alla CEDU, Padova, 2012, p. 308 ss.; A. LEGG, The Margin of Appreciation in International Human Rights Law. Deference and

Proportionality, Oxford, 2012, in part. p. 58 ss. per le giustificazioni teoriche della dottrina.

26 La Corte europea sembra quindi delineare un’accezione di ordine pubblico dai contorni prettamente internazionali perché ispirata non dalla necessità di preservare la coerenza interna dell’ordinamento del foro, bensì all’esigenza di rendere quest’ultimo permeabile dai diritti umani vigenti nella comunità internazionale, rectius regionale. Nella dottrina italiana si è correttamente rilevata la necessità di comprimere il funzionamento del limite dell’ordine pubblico internazionale del foro allo scopo di assicurare i diritti della persona, S.M. CARBONE, “I diritti della persona tra CEDU, diritto dell’Unione europea e ordinamenti nazionali”, in Diritto dell’Unione europea 2013, in part. pp. 15-17. Riguardo all’approccio internazionalista del concetto di ordine pubblico interna-zionale v. M. FORTEAU, “L’ordre public ‘transnational’ ou ‘réellement international’: l’ordre public face à l’enchevêtrement croissant du droit international privé et du droit international public”, in

Journal du droit international 2011, p. 3 ss., e per la dottrina meno recente, G. BARILE, Lezioni di

diritto internazionale privato, Padova, 19802, p. 141 ss.

27 In senso diverso cfr. A. LEGG, The Margin of Appreciation in International Human Rights

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sto-prezzamento come alcuni passaggi della Corte europea sembrano intendere, posto che il livello di tutela dei diritti fondamentali si realizza intorno a valori comuni convenzionalmente imposti secondo l’interpretazione fornita dalla Corte. Più in generale – si direbbe – è l’intero assetto internazionalprivatistico del foro a essere

affecté, quando esso entra in contatto con la tutela dei diritti convenzionalmente

garantiti: lo dimostrano alcuni passaggi del ragionamento della Corte europea e i risultati cui erano pervenute, per interpretazione, le autorità francesi in deroga al sistema di conflitto al fine di dare una risposta congrua a realtà interpersonali deli-cate, complesse e considerate meritevoli di tutela giuridica.

Senza entrare nei dettagli dell’usuale iter logico seguito nell’applicazione giu-diziale dell’art. 8 CEDU28, va rilevato che, nella prospettiva della Corte europea,

il margine di apprezzamento riservato agli Stati contraenti, in funzione di ciò che è necessario in una società democratica, si comprime qualora sia in gioco l’esistenza dello status filii di un minore, status che è (giustamente) considerato dalla Corte parte integrante, essenziale della sua identità personale. Per conse-guenza, le autorità nazionali sono chiamate a individuare un punto di equilibrio che tende a collocarsi più sul versante degli interessi superiori del minore – rite-nuti di importanza prioritaria (‘paramount’; destinati ‘à primer’) – che sulle esi-genze di protezione della società statale e degli interessi dei soggetti adulti coin-volti in vicende di surrogazione di maternità29. La Corte europea ha seguito un

approccio simile nella sentenza Paradiso e Campanelli30.

rici del diritto internazionale privato: dagli Statutari ai giorni nostri”, in Rivista di diritto

internazio-nale privato e processuale 2013, p. 593 ss., p. 601 s.

28 Seguendo un iter logico usuale, la Corte (Labassee c. Francia, cit., par. 49-50; Mennesson c.

Francia, cit., par. 48 ss.) ha inizialmente rilevato che il rifiuto di riconoscere uno status familiare

co-stituisce un’ingerenza statale nel diritto al rispetto della vita familiare di un individuo (ciò è in linea con una consolidata giurisprudenza della Corte: sentenze Wagner e J.M.W.L. c. Lussemburgo e

Ne-grepontis-Giannisis c. Grecia, cit.). Sebbene l’ingerenza sia giustificata dalla legge (Labassee c. Fran-cia, cit., par. 52; Mennesson c. FranFran-cia, cit., par. 51) e persegua scopi legittimi – in particolare, la

volontà di disincentivare il ricorso fuori dal territorio a metodi procreativi vietati in Francia al fine di salvaguardare il minore e la madre gestante (Labassee c. Francia, cit., par. 53-54; Mennesson c.

Francia, cit., par. 59 ss.) – la Corte svolge una serie di considerazioni, da un lato, incentrate sulla dottrina del margine di apprezzamento riservato agli Stati contraenti dalla disciplina convenzionale e,

dall’altro, volte, in ultima analisi, a limitare il funzionamento dell’eccezione di ordre public propria del diritto internazionale privato francese. Analogo è l’iter logico seguito dalla Corte in Paradiso e

Campanelli c. Italia, cit., poiché il rifiuto di riconoscere il legame di filiazione costituito in Russia e

la decisione di allontanamento del minore danno luogo a un’ingerenza nei diritti garantiti dall’art. 8 (par. 71). Tale ingerenza è legittima se è prevista dalla legge, persegue un fine legittimo ed è neces-saria in una società democratica. In particolare, la Corte sottolinea che la nozione di necessità «im-plique une ingérence fondée sur un besoin social impérieux et, notamment, proportionnée au but légitime recherché» (par. 71).

29 Invero, secondo la Corte, se è vero che nel definire il margine di apprezzamento – in funzio-ne di ciò che è funzio-necessario in una società democratica (art. 8 CEDU) – gli Stati contraenti fruiscono di un’ampia discrezionalità là dove non ci sia un consenso tra discipline nazionali in tema di surroga-zione di maternità, peraltro tale margine, secondo la Corte, si riduce in modo considerevole qualora sia in gioco un aspetto particolarmente importante dell’esistenza o dell’identità di un individuo

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Questa impostazione non è contraddetta dalla suddivisione dell’analisi giudica dei casi Labassee e Mennesson in due profili distinti riguardanti, l’uno, il ri-spetto del diritto alla vita familiare degli individui interessati (il padre biologico, la mère d’intention e il minore) e, l’altro, il rispetto del diritto alla vita privata del minore. Formalmente giustificato dalla duplicità dei diritti garantiti dall’art. 8, il percorso logico è spiegabile anche in ragione delle differenti conclusioni cui giunge, in effetti, la Corte. Tuttavia, per i motivi illustrati infra, tali conclusioni non sottendono un livello di tutela radicalmente diverso tra il diritto alla vita fa-miliare e quello alla vita privata del minore. Se è vero che il secondo è più accen-tuato del primo, il rispetto dello status familiae, complessivamente considerato, delle persone coinvolte in vicende di maternità per surrogazione, sembra muove-re da uno standard minimo comunque muove-realizzatosi in Francia. La tutela conven-zionale dei due diritti appare, insomma, meno differente di quanto la lettura dei rispettivi dicta possa indurre prima facie a ritenere. Ciò è avvenuto – e il punto merita di essere sottolineato, se si vuole apprezzare pienamente l’impatto dei di-ritti fondamentali sulla materia in questione – in deroga al funzionamento delle tecniche internazionalprivatistiche. In questa prospettiva, i principi stabiliti in

Labassee, Mennesson (e anche in Paradiso e Campanelli) appaiono suscettibili di

estendersi al funzionamento di altri sistemi nazionali di conflitto.

4.3. Il rispetto del diritto alla vita familiare

Riguardo agli individui coinvolti in vicende di maternità surrogata, la Corte eu-ropea ha ritenuto che un giusto equilibrio tra i diritti individuali e gli interessi dello Stato sia stato in concreto realizzato dalle autorità francesi. Rileva, ai fini di tale conclusione, il fatto che il mancato riconoscimento del possesso di stato ac-quisito all’estero non abbia loro precluso di vivere insieme in Francia nella veste,

giuridicamente protetta, di nucleo familiare31.

(Labassee c. Francia, cit., par. 56; Mennesson c. Francia, cit., par. 77). La Corte ammette che la valu-tazione della surrogazione di maternità suscita delicate questioni di ordine etico. Tuttavia, poiché la filiazione è parte essenziale dell’identità personale, il margine di apprezzamento si attenua (Labassee

c. Francia, cit., par. 58; Mennesson c. Francia, cit., par. 80). Ne desume una conseguenza immediata

sulle soluzioni internazionalprivatistiche, normative e giurisprudenziali, del foro: esse devono dun-que ricercare un giusto equilibrio tra gli interessi dello Stato stesso e dun-quelli degli individui coinvolti nella vicenda. Il punto di equilibrio non si fonda però su un equo bilanciamento dei contrapposti interessi, ma appare piuttosto calibrato su una marcata protezione del minore: quando è in gioco un suo status familiare, osserva la Corte, l’interesse superiore del minore prevale (Labassee c. Francia, cit., par. 60; Mennesson c. Francia, cit., par. 81).

30 Sentenza Paradiso e Campanelli c. Italia, cit., par. 75.

31 Riguardo al primo profilo, la Corte, pur concedendo che il rifiuto di riconoscere lo status di figlio pregiudichi necessariamente, in concreto o anche solo potenzialmente, la vita familiare

(La-bassee c. Francia, cit., par. 66 ss.), ha ritenuto che dopo la nascita del minore gli interessati hanno

potuto stabilirsi in Francia, potendovi vivere in condizioni «globalement comparables à celles dans lesquelles vivent les autres familles et qu’il n’y a pas lieu de penser qu’il y a un risque que les autori-tés décident de les séparer en raison de leur situation au regard du droit français» (Labassee c.

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fran-Certamente, in Labassee e Mennesson la Corte rigetta la pretesa dei ricorrenti (parents d’intention) di ottenere la trascrizione in Francia della relazione giuridica accertata dai provvedimenti giurisdizionali statunitensi. Un simile esito avrebbe probabilmente dato luogo oltralpe a una condizione di vita familiare piena: il bambino avrebbe assunto, in sostanza, lo status di filius familias rispetto ai coniugi ricorrenti. Tuttavia, a ben vedere, il giudizio, favorevole al Governo francese, muove da una chiara premessa fattuale che contribuisce a spiegarne l’esito: un

li-vello minimo di tutela della vita familiare era stato garantito nella specie, posto che

le autorità francesi, a prescindere dalla negata trascrizione dei certificati statuni-tensi negli atti di stato civile, avevano collegato a tali certificazioni una serie di conseguenze giuridicamente rilevanti (la possibilità di ottenere la cittadinanza francese così da escludere il rischio che i minori siano espulsi dal territorio france-se; il riconoscimento sociale, in capo ai genitori d’intention, della responsabilità genitoriale; la protezione giuridica dei minori in caso di divorzio dei coniugi ricor-renti perché considerati appartenenti al nucleo familiare; e, infine, il godimento di diritti successori a favore dei minori32). Il certificato straniero è stato dunque

rite-nuto idoneo a produrre di per sé tali effetti giuridici nel territorio francese, nono-stante il diniego di riconoscimento dello status filii con riguardo ai ricorrenti.

L’impressione è che se le autorità francesi non avessero apprestato simili pro-tezioni e se, dunque, avessero decostruito il nucleo minimale del diritto alla vita familiare, impedendo ai genitori intenzionali e ai minori di condividere una di-mensione familiare unitaria, il giudizio sul punto sarebbe stato diverso. La Corte, infatti, sembra apprezzare la sensibilità dimostrata dalle autorità francesi verso situazioni di vita familiare, socialmente e affettivamente, complesse e delicate. Giudici e autorità amministrative locali si sono avvalsi di tecniche interpretative e di prassi applicative per assicurare, in via surrettizia, un nucleo intangibile di tute-la anche a fronte del mancato riconoscimento delle sentenze americane dichiara-tive dell’esistenza e della validità del rapporto di filiazione. Surrettizia, appunto perché essi giungono a un esito, giuridicamente rilevante nell’ordinamento fran-cese, che appare tuttavia poco conciliabile con il generale funzionamento dei meccanismi internazionalprivatistici del foro come applicati dalle stesse autorità che avrebbero dovuto condurre a rigore a non attribuire alcun effetto giuridico (neppure surrettizio) a tali sentenze33. Comunque sia, poiché l’appartenenza alla

società familiare rappresenta il nucleo essenziale della corrispondente condizione

cese aveva respinto le asserite violazioni dell’art. 8 CEDU in ragione del fatto che, pur non ricono-scendo il possesso di stato acquisito all’estero, l’ordinamento locale in concreto non impediva agli interessati di vivere in quanto nucleo familiare in Francia (Labassee c. Francia, cit., par. 72). Sul pun-to la Corte europea è giunta quindi alla conclusione che l’ordinamenpun-to francese abbia realizzapun-to un giusto equilibrio tra interessi opposti (Labassee c. Francia, cit., par. 73).

32 Cfr. la difesa del Governo francese in Mennesson c. Francia, cit., par. 71 e 74.

33 V. però le ricostruzioni di H. FULCHIRON, C. BIDAUD-GARON, “Reconnaissance ou recon-struction?”, cit., che spiegano in dettaglio la coerenza complessiva dell’ordinamento francese.

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giuridica34, questo livello di tutela, nel giudizio della Corte europea, è stato

fatti-vamente garantito in Francia.

4.4. Il rispetto del diritto alla vita privata del minore

La Corte ha poi ritenuto che la Francia abbia violato il diritto alla vita privata del minore per aver giudicato che le sentenze americane fossero incompatibili con l’ordre public international: in effetti, i certificati di nascita dei minori interessati, inizialmente annotati in Francia conformemente a tali sentenze, erano stati annul-lati. L’accento è posto, in Labassee e Mennesson, sull’esigenza primaria del mino-re di vedersi riconosciuto lo status filii rispetto alla figura genitoriale del padmino-re

bio-logico. Il possesso di tale stato, concepito quale diritto fondamentale della

perso-na, della sua identità e individualità, pare essere l’elemento centrale del ragiona-mento della Corte europea, mentre i rilievi sulla situazione di incertezza giuridica in cui versa il minore e sulle difficoltà inerenti al godimento sia della cittadinanza francese che dei diritti successori, sembrano avere carattere complementare nell’iter argomentativo. È al riguardo significativo il passaggio in cui la Corte, pur dopo aver messo in evidenza tali incertezze e difficoltà, insiste sul fatto che l’acquisto dello status filii nei confronti del padre biologico è elemento primario dell’identità personale del minore: essendogli stato precluso di «établir la subs-tance de son identité, y compris sa filiation», il suo diritto alla vita privata risulta «significativement affecté»35.

Seppure in un quadro fattuale diverso, la sentenza Paradiso e Campanelli mira anch’essa a ridurre la portata del limite dell’ordine pubblico internazionale che non può rappresentare – sostiene la Corte – la carte blanche idonea a giustificare, dinanzi agli obblighi posti dall’art. 8, qualunque misura nei confronti di un mino-re pmino-rescindendo dalla considerazione in concmino-reto del suo intemino-resse superiomino-re36.

34 Così già il nostro “La reconnaissance internationale des situations juridiques personnelles et familiales”, cit., pp. 265-266.

35 Premesso che il rispetto del diritto alla vita privata esige che ogni individuo deve poter essere messo in condizione di stabilire la propria condizione soggettiva di figlio, la quale costituisce ele-mento essenziale della sua identità personale (Labassee c. Francia, cit., par. 38 e 75), la Corte euro-pea ha ritenuto che il rifiuto di riconoscere la sentenza straniera e lo status di figlio nei confronti del padre biologico – elemento in sé certo e non contestato nella fattispecie – oltre a determinare nel minore una situazione di incertezza giuridica, pregiudica un profilo vitale della sua identità perso-nale (Labassee c. Francia, cit., par. 75), anche in termini di difficoltà a ottenere la cittadinanza fran-cese (Labassee c. Francia, cit., par. 76) e di pieno godimento dei diritti successori (Labassee c.

Fran-cia, cit., par. 77). Non riconoscendo la filiazione con i parents d’intention, la Francia non pregiudica

soltanto i diritti di questi ultimi, bensì anche il diritto del minore “à établir la substance de son identité, y compris sa filiation” che è “significativement affecté” (Labassee c. Francia, cit., par. 78). Considerato inoltre che le autorità francesi avevano respinto le richieste di trascrizione, nell’atto di nascita e nell’atto di notorietà, della filiazione biologica con il padre –– la Corte ha giudicato gravi gli effetti negativi sull’identità e sul diritto alla vita privata del minore e concluso per la violazione dell’art. 8 CEDU (Labassee c. Francia, cit., par. 79).

36 La Corte europea ammette che il non riconoscimento dello status creato all’estero per viola-zione della normativa nazionale non è irragionevole (par. 77), tanto più che i giudici italiani hanno

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L’allontanamento del minore dal nucleo familiare di accoglienza è, secondo la Corte, l’extrema ratio cui le autorità dello Stato possono ricorrere al solo fine di

proteggere il minore da pericoli immediati. Nel valutare l’interesse primario del

minore, secondo la Corte, «il est nécessaire qu’un enfant ne soit désavantagé du fait qu’il a été mis au monde par une mère porteuse, à commencer par la citoyen-neté ou l’identité qui revêtent une importance primordiale»37.

5. Cenni alla giurisprudenza nazionale

La giurisprudenza Mennesson e Labassee, seppur con taluni sviluppi originali, si colloca nel solco di filoni giudiziali nazionali che avevano accolto le istanze di tra-scrizione negli ordinamenti interni di status filii generati in fattispecie di surroga-zione internazionale di maternità; e ciò in virtù dell’esigenza di proteggere gli

inte-ressi superiori del minore. A titolo esemplificativo si possono menzionare talune

sentenze di giudici statali. In primo luogo, la Cour d’appel di Parigi in un giudi-zio, in verità poi capovolto in Cassazione, aveva ritenuto valida la trascrizione ne-gli atti di stato civile dene-gli atti di nascita formati all’estero e attestanti la genitoria-lità dei parents d’intention: «la non-transcription des actes de naissance risquant par ailleurs d’avoir des conséquences contraires à l’intérêt supérieur des enfants qui, au regard du droit français, se verraient priver d’actes d’état civil indiquant leur lien de filiation, y compris à l’égard de leur père biologique»38.

Successivamente in una fattispecie analoga, l’England and Wales High Court

(Family Division) ha concesso un parental order che riconosceva la responsabilità

genitoriale in capo a una coppia britannica che aveva concluso un contratto di surrogazione di maternità con una donna ucraina. Erano nati due gemelli conce-piti in vitro da gameti del marito e da ovociti di una donatrice anonima. La Corte, nonostante che il contratto non rispondesse al requisito di gratuità imposto dalla legislazione britannica in situazioni del genere, si è concentrata sul benessere dei minori e sulle conseguenze negative cui questi sarebbero stati esposti in caso di pronuncia negativa39.

inteso porre fine a una situazione di illegalità. Tuttavia, in tali situazioni è determinante la conside-razione dell’interesse del minore poiché «la référence à l’ordre public ne saurait toutefois passer pour une carte blanche justifiant toute mesure, […]. L’obligation de prendre en compte l’intérêt supérieur de l’enfant incombe à l’état indépendamment de la nature du lien parental, génétique ou autre» (par. 80).

37 Ad avviso della Corte, la decisione di allontanamento non ha preservato un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco, e dunque si è verificata una violazione dell’art. 8 della Convenzione (par. 86 e 87). Tuttavia, tenuto conto del nuovo legame affettivo che il minore ha certamente sviluppato con la nuova famiglia di accoglienza, l’accertamento della violazione non ha implicato l’obbligo di reinserimento del minore presso i ricorrenti (par. 88).

38 Per i riferimenti alla sentenza della Cour d’appel de Paris, 25 ottobre 2007, première chambre, section C, RG 06/00507, si rinvia al nostro “La reconnaissance internationale des situa-tions juridiques personnelles et familiales”, cit. p. 394.

39 «What the court is required to do is to balance two competing and potentially irreconcilably conflicting concepts. Parliament is clearly entitled to legislate against commercial surrogacy and is

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Anche la Corte d’appello di Bari, innovando rispetto alla giurisprudenza in-terna anteriore40, ha riconosciuto in Italia i parental orders con i quali una coppia

anglo-italiana si era vista attribuire lo status genitoriale di due bambini nati nel 1997 e nel 2000 da madre surrogata che, in virtù di contratti gratuiti, aveva con-dotto la gravidanza di un embrione fecondato con gameti del marito della stessa coppia. La questione del riconoscimento si era posta, in vero, molti anni dopo le nascite quando la donna era rientrata in territorio italiano in seguito alla dissolu-zione del matrimonio. La reladissolu-zione tra i minori e la madre presentava dunque, in questo caso, anche un solido carattere di effettività.

Infine, giova ricordare le vicende processuali relative ai casi (meno frequenti nella pratica) di surrogazione concernenti persone dello stesso sesso. Mentre il

Bundesgerichtshof ha riconosciuto in Germania il rapporto di filiazione costituito

in California tra due persone legate tramite unione civile in cui uno di essi era il genitore biologico41, diverso è l’orientamento seguito in Svizzera. Anche in questo

caso la filiazione si era realizzata negli Stati Uniti a favore di una coppia unita in territorio elvetico con istituto civilistico para-matrimoniale; egualmente il minore era nato da maternità surrogata in seguito a concepimento con ovocita di dona-trice anonima e con i gameti di uno dei due partner. Mentre nel 2014 il Tribunale amministrativo del Cantone svizzero di San Gallo aveva giudicato che, nonostan-te il divieto imposto dal diritto elvetico alla sostituzione di manonostan-ternità, il ricono-scimento non fosse incompatibile con l’ordine pubblico del foro, argomentando tra l’altro in ragione dell’interesse superiore del minore, il Tribunale federale el-vetico, con sentenza resa il 21 maggio 2015, ha negato al partner registrato il di-ritto a essere riconosciuto negli atti di stato civile quale genitore del bambino. Se-condo il Tribunale tale iscrizione è incompatibile con l’ordine pubblico svizzero e con i suoi valori giuridici ed etici, tenuto conto che il divieto della surrogazione di clearly entitled to expect that the courts should implement that policy consideration in its decisions. Yet it is also recognised that as the full rigour of that policy consideration will bear on one wholly unequipped to comprehend it let alone deal with its consequences (i.e. the child concerned) that rigour must be mitigated by the application of a consideration of that child’s welfare. That ap-proach is both humane and intellectually coherent. The difficulty is that it is almost impossible to imagine a set of circumstances in which by the time the case comes to court, the welfare of any child (particularly a foreign child) would not be gravely compromised (at the very least) by a refusal to make an order» ([2008] EWHC 3030 (Fam), Re: X & Y (Foreign Surrogacy), disponibile su www.bailii.org/ew/cases/EWHC/Fam/ 2008/3030.html). E ancora: «given the effect of a parental order is to confer status for life, it is difficult to see how applying any principle other than welfare with a ‘lifelong’ perspective would be apt in deciding the final discretionary stage of a Section 30 application. I am wholly satisfied on that approach that the welfare of these children will best be served by the making of the parental order sought by these applicants» (ivi, punto 24.)

40 Cfr. Corte d’appello di Bari, sentenza del 13 febbraio 2009, I.M. c. G.A.J.R., in Rivista di

di-ritto internazionale privato e processuale 2009, p. 698 ss., con nota critica di C. CAMPIGLIO, “Lo

sta-to di figlio nasta-to da contratsta-to internazionale di maternità”, p. 599 ss. che menziona utilmente anche la giurisprudenza italiana anteriore.

41 V. la sentenza 10 dicembre 2014 XII ZB 463/13 e il commento di D. HENRICH, “Leichmüt-terkinder : Wessen Kinder?”, in IPRax 2015, p. 229 ss.

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maternità è espressamente fondato sull’art. 119, par. 2 della Costituzione locale42.

Tuttavia, la sentenza non ha rimesso in discussione la paternità biologica del pa-dre dai cui gameti il neonato era stato generato, né la decisione delle autorità can-tonali che avevano permesso alla coppia di vivere insieme al minore.

6. Riflessioni ricostruttive e conclusive

L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali degli individui nei termini in cui essi sono definiti da fonti e giurisdizioni esterne al foro fa sì che le tecniche applicati-ve del diritto internazionale privato della famiglia debbano essere plasmate intor-no a principi comuni di protezione dei diritti umani. Conseguentemente, si rea-lizza un duplice processo di ravvicinamento dei valori di riferimento degli ordina-menti nazionali e dei rispettivi modelli familiari. L’attività (o l’attivismo) della Corte europea mostra, in particolare, che né la prospettiva endogena che mira ad assorbire nella Costituzione nazionale la protezione dei diritti umani riguardo alla disciplina delle fattispecie che presentano elementi di estraneità, e ancor meno quella metodologica internazionalprivatistica, sono chiavi di lettura sufficienti a spiegare l’evoluzione in atto. Né sono idonee – non sempre comunque – a risol-vere i conflitti ordinamentali tra i rispettivi valori di riferimento quando l’ordinamento del foro, complessivamente considerato, è costruito intorno a principi di rango costituzionale che impediscono il coordinamento con ordina-menti stranieri, se questi si ispirano a valori con essi inconciliabili. In tal caso, è l’obbligo internazionale dello Stato che tende a imporre deroghe al sistema di conflitto del foro e, in definitiva, ai suoi valori primari di riferimento43. Sarebbe

riduttivo sostenere che tali deroghe riguardano soltanto il limite dell’ordine pub-blico internazionale poiché – per limitarsi alle fattispecie sopra considerate – la

42 Cfr. Communiqué aux médias du Tribunal fédéral. Arrêt du 21 mai 2015 (5A_748/2014)

Re-fus d'inscrire le partenaire enregistré en qualité de père d'un enfant né d'une mère porteuse: «Le

Tri-bunal fédéral admet le recours de l’OFJ qui a contesté uniquement l’enregistrement de l’homme n’ayant aucun lien biologique avec l’enfant. La reconnaissance de l’inscription américaine de ce dernier en qualité de père est fondamentalement incompatible avec les jugements de valeur juri-dique et éthique prévalant en Suisse (ordre public). En Suisse, toutes les formes de gestation pour autrui sont interdites par la Constitution. Cette interdiction fait office de fondement et de noyau dur de la conception juridique locale. Le jugement californien a pour effet de créer de par la nais-sance un lien juridique avec le «père» n’ayant aucun lien biologique avec l’enfant, ce qui serait im-possible en Suisse. Dans la mesure où la décision américaine présente certaines similitudes fonc-tionnelles avec l’adoption, il convient de rappeler que celle-ci serait exclue en Suisse, dès lors que le droit suisse applicable n’autorise pas l’adoption des enfants du partenaire enregistré. En l’espèce, le Conseil fédéral propose certes une modification. Il appartient toutefois au législateur et non au Tri-bunal fédéral d’évaluer les mesures qui s’imposent dans ce domaine».

43 In questo senso è emblematico il titolo dello scritto di D. GRUENBAUM, “Foreign Surrogate Motherhood: Mater Semper Certa Erat”, in American Journal of Comparative Law 2012, p. 475 ss.

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