• Non ci sono risultati.

diagonalizzazione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "diagonalizzazione"

Copied!
8
0
0

Testo completo

(1)

DIAGONALIZZAZIONE DI MATRICI

Siano V un k-spazio vettoriale e ϕ ∈Endk(V ) un’applicazione lineare.

0.1. Autovalori e autovettori degli endomorfismi.

Definizione 0.1. Un sottospazio W ⊂ V `e invariante per ϕ se vale ϕ(W ) = W. Proposizione 0.2. Se {f1, . . . , fr} `e una base di un sottospazio W invariante per

ϕ ed F := {f1, . . . , fr, fr+1, . . . , fn} `e una base di V ottenuta completando quella di

W data, si ha: Mϕ(F )F =         a11 · · · a1r a1r+1 · · · a1n · · · · ar1 · · · arr arr+1 · · · arn 0 · · · 0 ar+1r+1 · · · ar+1n · · · · 0 · · · 0 anr+1 · · · ann         .

Dimostrazione. Per ipotesi ϕ(fi) ∈ W, 1 ≤ i ≤ r e quindi ϕ(fi) = a1if1+ · · · +

arifr+ 0fr+1i+ · · · + 0fn

Osservazione 0.3. 1) Se 0V 6= v ∈ V `e tale che L(v) `e invariante per ϕ esiste un

unico λ ∈ k tale che ϕ(v) = λv, infatti ϕ(v) ∈ L(v) significa che ϕ(v) `e multiplo di v, da λv = ϕ(v) = µv discende (λ − µ)v = 0v =⇒ λ − µ = 0k perch´e per ipotesi

v 6= 0V.

2) Se 0V 6= v ∈ V `e tale che L(v) `e invariante per ϕ, per ogni base F =

{v, f2, . . . , fn} la matrice Mϕ(F )F `e del tipo

    λ a12 · · · a1n 0 a22 · · · a2n · · · · 0 an2 · · · ann     .

3) Se {v1, . . . , vr} `e libero e L(vi), ∀ 1 ≤ i ≤ r `e invariante per ϕ, per ogni base

F := {v1, . . . , vr, fr+1, . . . , fn} la matrice Mϕ(F )F `e del tipo

        λ1 0 · · · 0 a1r+1 · · · a1n 0 λ2 · · · 0 a2r+1 · · · a2n · · · · 0 0 · · · λr arr+1 · · · arn 0 · · · 0 · · · · 0 · · · 0 anr+1 · · · ann         .

Definizione 0.4. Se 0V 6= v ∈ V `e tale che L(v) `e invariante per ϕ, l’unico λ ∈ k

per cui ϕ(v) = λv `e detto autovalore di ϕ e v `e detto autovettore relativo a λ. Osservazione 0.5. Ci possono essere diversi autovettori relativi a uno stesso auto-valore, per esempio se ϕ `e l’endomorfismo nullo ogni vettore non nullo `e autovettore relativo a 0k.

(2)

La ricerca di autospazi invarianti (in particolare di autovettori) ha lo scopo di determinare basi F per cui Mϕ(F )F `e particolarmente semplice (in particolare diag-onale).

Definizione 0.6. ϕ `e semplice se esiste base F di V con Mϕ(F )F diagonale.

Abbiamo dimostrato in Remark 0.3

Proposizione 0.7. ϕ `e semplice se e solo se esiste base F di V formata da au-tovettori.

Esempio 0.8. 1) ϕ : R2 → R2 definito da ϕ(x, y) = (y, x) `e semplice infatti (y, x) = λ(x, y) ⇐⇒ y = λx, x = λy ⇐⇒ y = λ2y, x = λ2x ⇐⇒ λ = ±1 (pi´u

precisamente: (1, 1) `e autovettore per λ = 1 e (1, −1) `e autovettore per λ = −1)1. 2) ϕ : R2 → R2 definito da ϕ(x, y) = (−y, x) non `e semplice infatti (−y, x) =

λ(x, y) ⇐⇒ −y = λx, x = λy ⇐⇒ −y = λ2y, x = −λ2x ⇐⇒ λ2= −1 (che cosa

si conclude per ϕ : C2→ C2 definito da ϕ(x, y) = (−y, x)?).

3) ϕ : R2→ R2definito da ϕ(x, y) = (2x + 4y, 3x + y) `e semplice infatti (y, x) =

λ(x, y) ⇐⇒ 2x + 4y = λx, 3x + y = λy ⇐⇒ (

(2 − λ)x + 4y = 0 3x + (1 − λ)y = 0 .

Siccome un sistema omogeneo AX = 0 ammette soluzione non banale se e solo se det(A) = 0 gli eventuali autovalori di ϕ sono le soluzioni di (2 − λ)(1 − λ) − 12 = 0 ossia λ2− 3λ − 10 = 0 cio`e λ = 5, λ = −2 (l’autovettore relativo a λ = 5 `e la soluzione di

(

−3x + 4y = 0

3x − 4y = 0 ossia (4, 3), l’autovettore relativo a λ = −2] `e la soluzione di

(

4x + 4y = 0

3x + 3y = 0 ossia (1, 1)).

La matrice associata a ϕ rispetto alla base F = {(4, 3), (1, 1)} `e 

5 0

0 −2 

. Notazione 0.9. Per ogni λ ∈ k autovalore di ϕ,

Vλ= {v ∈ V : v `e autovettore relativo a λ} ∪ {0V}

ossia Vλ= {v ∈ V : ϕ(v) = λv}.

Osservazione 0.10. Vλ `e un sottospazio di V. Infatti, ∀ v, w ∈ Vλ, a, b ∈ k =⇒

av + bw ∈ Vλ in quanto ϕ(av + bw) = aϕ(v) + bϕ(w) = aλv + bλw = λ(av + bw).

Osservazione 0.11. Dati ϕ e λ ∈ k, consideriamo λidV− ϕ ∈Endk(V ) definito da

(λidV − ϕ)(v) = λv − ϕ(v).

Lemma 0.12. Dati ϕ e λ ∈ k autovalore di ϕ si ha Vλ= ker(λidV − ϕ).

Dimostrazione. Si ha Vλ = {v ∈ V : ϕ(v) = λv} = {v ∈ V : (λidV − ϕ)(v) =

0v} = ker(λidV − ϕ).

In Lemma 0.12, dato l’autovalore λ ∈ k, abbiamo caratterizzato l’autospazio relativo Vλ.

1n.b. ϕ `e la simmetria rispetto alla retta r : x − y = 0 (ogni punto di r `e lasciato fisso da ϕ [essendo autovettore dell’autovalore λ = 1] mentre ogni punto di r0: x + y = 0 `e mandato nel suo opposto rispetto all’origine [essendo autovettore dell’autovalore λ = −1]).

(3)

Se Λ ⊂ k `e l’insieme degli autovalori di ϕ (detto spettro di ϕ) l’insieme di tutti gli autovettori di V relativi a ϕ `e

[

λ∈Λ

Vλ\ {0V}.

Il problema della caratterizzazione degli autovettori di un dato endomorfismo `e ricondotto a quello dell’individuazione dei suoi autovalori.

Lemma 0.13. Dati ϕ, F = {f1, . . . , fn} base di V, I = In e λ ∈ k sono equivalenti:

1) λ `e autovalore di ϕ 2) det(λI − Mϕ(F )F ) = 0.

Dimostrazione. Si ha che λ `e autovalore per ϕ ⇐⇒ ∃ 0V 6= v ∈ V : ϕ(v) =

λv ⇐⇒ ker(λ − ϕ) 6= (0V), ossia, la matrice associata a λ − ϕ ∈Endk(V ) (rispetto

a qualunque base) ha determinante nullo, in particolare lo ha nullo la matrice MF (λ−ϕ)(F )= M F λF− Mϕ(F )F = λI − M F ϕ(F ).

Definizione 0.14. Il polinomio caratteristico di ϕ) (relativo a una base F di V ) `

e det(T I − MF

ϕ(F )), con T indeterminata.

Proposizione 0.15. Se F, G sono due basi di V risulta det(T I − MF ϕ(F )) =det(T I − M G ϕ(G)). Dimostrazione. Siano A = MF ϕ(F ), B = M G ϕ(G), C = M F G, si ha

det(T I − B) = det(T I − C−1AC) = det(T IC−1C − C−1AC) = = det(T C−1IC − C−1AC) = det[C−1(T I − A)C] = = det(C−1)det(T I − A)det(C) = det(T I − A).

Osservazione 0.16. Fissata la base F , det(T I − Mϕ(F )F ) `e un polinomio in k[T ] di

grado n = dimkV e la definizione del polinomio caratteristico per Proposition 0.15

in realt`a non dipende dalla base F scelta e quindi si parla di polinomio caratteristico di ϕ (senza alcun riferimento alla base), in simboli pϕ(T ).

Corollario 0.17. Gli autovalori ϕ sono le radici del polinomio caratteristico di ϕ che stanno in k (e quindi sono in numero ≤ dimkV ).

Esempio 0.18. Sia ϕ : R3→ R3 definito da ϕ(x, y, z) = (y, x, z), essendo pϕ(T ) =

(T − 1)(T2+ 1) l’unico autovalore di ϕ `e λ = 1.

Proposizione 0.19. Dato ϕ, se v1, . . . , vssono, ordinatamente, autovettori relativi

a λ1, . . . , λs∈ k e λi6= λj, ∀ 1 ≤ i 6= j ≤ s =⇒ {v1, . . . , vs} `e libero.

Dimostrazione. Se s = 1, essendo per definizione 0V 6= v1, chiaramente {v1} `e

libero. Procediamo quindi per induzione su s ≥ 2. Se (1) c1v1+ · · · csvs= 0V

si ha:

(2) 0V = ϕ(c1v1+ · · · csvs) = c1λ1v1+ · · · csλsvs

e si ha anche:

(4)

Per l’ipotesi induttiva {v2, . . . , vs} `e libero, pertanto ci(λi− λ1) = 0k, ∀ 2 ≤ i ≤ s,

essendo per ipotesi (λi− λ1) 6= 0k, ne discende c2= · · · = cs= 0k. A questo punto

(1) si riduce a c1v1= 0V e, poich´e v16= 0V, si ha che anche c1= 0k, ossia la tesi.

Proposizione 0.20. Dato ϕ, se ∀ v ∈ V \ {0V} `e autovettore per ϕ =⇒ ∃ λ ∈ k

tale che ϕ = λidV.

Proof. Se dimkV = 1 la tesi `e chiara. Supponiamo quindi dimkV ≥ 2 e che

F = {f1, . . . , fn} sia una base di V. Per Proposition 0.19 ∃ λ1, . . . , λn ∈ k tali che

ϕ(fi) = λifi, ∀ 1 ≤ i 6= j ≤ n. Sia vij = fi+ fj per ipotesi ∃ λij ∈ k tale che

ϕ(vij) = λijvij, ossia λifi+ λjfj= ϕ(fi+ fj) = λijfi+ λijfje quindi (λi− λij)fi+

(λi− λij)fj = 0V =⇒ λi= λij = λj =⇒ λ1= · · · = λn.

Esempio 0.21. 1) Sia ϕa : R3 → R3, a ∈ R definito da ϕa(x, y, z) = (−ay, ax +

az, y), calcolare gli autospazi di ϕa al variare di a ∈ R.

Si ha A := ME3 ϕ(E3)=   0 −a 0 a 0 1 0 1 0  .

Dobbiamo calcolare le radici di det(T I − A) = 0 ossia di det   T a 0 −a T −1 0 −1 T  = T3− T (1 − a2) = T (a2− 1 + T2) = 0, che: per −1 < a < 1 sono i tre numeri reali 0, ±√1 − a2,

per a = ±1 il solo 0,

per a < −1, a > 1 il numero reale 0 e due numeri complessi e coniugati. In corrispondenza di questi valori occorre calcolare gli autospazi relativi.

2) Dato ϕ, 0k `e autovalore di ϕ ⇐⇒ ker(ϕ) 6= (0V). Infatti, ∃ 0v 6= v ∈ V tale

che ϕ(v) = 0kv = 0V ⇐⇒ ker ϕ 6= (0V).

Notazione 0.22. Siano {λ1, . . . , λs} ⊂ k lo spettro di ϕ (ossia l’insieme degli

autovalori di ϕ cio`e l’insieme delle radici in k del polinomio caratteristico pϕ(T ) di

ϕ) e Vλ1, . . . , Vλs i relativi autospazi, poniamo:

V0 := Vλ1+ · · · + Vλs.

Proposizione 0.23. Con la notazione 0.22 si ha V0:= Vλ1⊕ · · · ⊕ Vλs.

Dimostrazione. Poniamo, ∀ 1 ≤ i ≤ s, d(i) = dimkVλi e Fi = {fi1, . . . , fid(i)}

base di Vλi e proviamo che s S i=1 Fi=: F `e libero. Sia (4) 0V = c11f11+ · · · c1d(1)f1d(1)+ c21f21+ · · · + csd(s)fsd(s) ossia (5) 0V = v1+ · · · + vs

con vi ∈ Vλi∀ 1 ≤ i ≤ s, poich´e Fi `e libero osservando che vi 6= 0V `e autovettore

∀ 1 ≤ i ≤ s, si ha che {v1, . . . , vs} \ {0V} `e libero. Questo significa dunque che in

(5) si ha vi= 0V, ∀ 1 ≤ i ≤ s e quindi in (4) si ha cij = 0k∀ i, j.

Corollario 0.24. In particolare ϕ ∈Endk(V ) `e semplice se e solo se V = V0.

Osservazione 0.25. In particolare, se dimkV = n e ϕ possiede n autovakori

distinti, ϕ `e semplice.

n.b. questa condizione sufficiente non `e necessaria infatti ϕ = idV `e semplice in

quanto per ogni base F, MF

(5)

Definizione 0.26. Dato P (X) ∈ k[X] un α ∈ k tale che

P (α) = 0 e P(i)(α) = 0, ∀ 1 ≤ i ≤ r, ma P(r+1)(α) 6= 0 `

e una radice di molteplicit`a r di P (X) e si scrive µ(α) = r.

Osservazione 0.27. Se α ∈ k `e radice di molteplicit`a µ(α) = r di un polinomio P (X) ∈ k[X] si ha che (X − α)r| P (X) e (X − α)r+1 non divide P (X).

Proposizione 0.28. Dato ϕ ∈Endk(V ), siano λ ∈ k un autovalore di ϕ e Vλ

l’autospazio relativo. Se λ `e radice di molteplicit`a µ(λ) del polinomio caratteristico pϕ(T ) risulta dimkVλ≤ µ(λ).

Dimostrazione. Siano s = dimkVλ e G = {f1, . . . , fs} una base di Vλ,

com-pletando G a base F = {f1, . . . , fs, fs+1, . . . , fn} di V si ha che vi `e autovettore

∀ 1 ≤ i ≤ s, ossia che la matrice MF

ϕ(F ) `e del tipo         λ 0 · · · 0 a1s+1 · · · a1n 0 λ · · · 0 a2s+1 · · · a2n · · · · 0 0 · · · λ ass+1 · · · arn 0 · · · 0 · · · · 0 · · · 0 ans+1 · · · ann         . Essendo pϕ(T ) = det(T I − Mϕ(F )F ) = (T − λ) sg(T ) si ha s ≤ µ(λ).

Teorema 0.29. Siano Λ = {λ1, . . . , λs} ⊂ k lo spettro di ϕ, µ(λ1), . . . , µ(λs) le

molteplicit`a come radici di pϕ(T ) e Vλ1, . . . , Vλs gli autospazi relativi. Sono

con-dizioni equivalenti: 1) ϕ `e semplice,

2) ∃ base di V formata da autovettori, 3) V = Vλ1⊕ · · · ⊕ Vλs,

4) le radici di pϕ(T ) sono tutte e sole λ1, . . . , λs e vale µ(λi) = dimkVλi, ∀ 1 ≤

i ≤ s.

Dimostrazione. 1) ⇐⇒ 2) : gi`a visto, 1) ⇐⇒ 3 : gi`a visto, 3) =⇒ 4) : si ha n = dimkV = dimk(Vλ1⊕ · · · ⊕ Vλs) = dimk(Vλ1) + · · · + dimk(Vλs) ≤ µ(λ1) + · · · +

µ(λs) ≤ deg(pϕ(T )) = n =⇒ le diseguaglianze sono tutte uguaglianze e pϕ(T ) non

pu`o avere altre radici, 4) =⇒ 3) : poich´e n = deg(pϕ(T )) = µ(λ1) + · · · + µ(λs) si

ha anche n = dimk(Vλ1) + · · · + dimk(Vλs) ossia V = Vλ1⊕ · · · ⊕ Vλs.

Osservazione 0.30. Se k `e algebricamente chiuso (in particolare k = C) la con-dizione 4) del Teorema diventa semplicemante: µ(λi) = dimkVλi, ∀ 1 ≤ i ≤ s.

Esempio 0.31. 1) Dato ϕ : C3→ C3definito da ϕ(x, y, z) = (x + y + 2z, iy + z, iz) determinare gli autospazi di ϕ e dire se ϕ `e diagonalizzabile.

Essendo Mϕ(E3)=   1 1 2 0 i 1 0 0 i  , pϕ(T ) = (T − 1)(T − i)2. L’autospazio relativo

all’autovalore λ = 1 `e V1 = L(1, 0, 0), l’autospazio relativo all’autovalore λ = i `e

Vi= L(1, 1 − i, 0), poich´e dimCVi= 1 < 2 = µ(i), ϕ non `e diagonalizzabile.

2) Dato ϕ : R3→ R3 definito da ϕ(x, y, z) = (x − y + z, y, −y + 2z) determinare

(6)

Essendo Mϕ(E3) =   1 −1 1 0 1 0 0 −1 2  , pϕ(T ) = (T − 1)2(T − 2). L’autospazio

relativo all’autovalore λ = 1 `e V1 = L({(1, 0, 0), (1, 1, 1)}), l’autospazio relativo

all’autovalore λ = 2 `e V2= L(1, 0, 1), poich´e dimRV1= 2 = µ(1), ϕ `e

diagonalizz-abile.

0.2. Matrici simili e simmetriche. Quanto visto sinora pu`o essere riformulato puramente in termini di matrici (senza cio`e parlare di endomorfismi).

Definizione 0.32. Due matrici A, B ∈ Mn(k) sono simili (in simboli A ∼ B) se

∃ P ∈ Gln(k) tale che B = P−1AP.

Osservazione 0.33. 1) La similitudine `e una relazione di equivalenza in Mn(k).

2) Se M ∈ O(n) e A, B ∈ Mn(R) sono congruenti via M , sono anche simili.

3) Se A ∈ Mn(R) `e simmetrica A `e simile a una matrice diagonale in quanto

abbiamo visto che `e congruente a una matrice diagonale via una matrice ortogonale. Definizione 0.34. Una matrice A ∈ Mn(k) `e diagonalizzabile se `e simile a una

matrice diagonale.

La nozione di matrice diagonalizzabile `e sostanzialmente la stessa della nozione di endomorfismo semplice, si ha infatti:

Proposizione 0.35. Siano A ∈ Mn(k), G una base di V e ϕ ∈Endk(V ) definito

A = MG

ϕ(G). Allora A `e diagonalizzabile se e solo se ϕ `e semplice.

Dimostrazione. Supposta A diagonalizzabile sia P ∈ Gln(k) tale che ∆ = P−1AP

con ∆ ∈ Mn(k) matrice diagonale. Sia F la base di V tale che P = MFG, risulta

∆ = P−1AP = MF

GMϕ(G)G M G

F = Mϕ(F )F , essendo ∆ diagonale, ϕ `e semplice.

Viveversa, supposto ϕ semplice, esiste una base F tale che MF

ϕ(F ) `e diagonale, d’altra parte, MF ϕ(F )= M F GMϕ(G)G M G F = (MFG)−1Mϕ(G)G M G F = (MFG)−1AMFG, ossia A `e diagonalizzabile.

Osservazione 0.36. Dalla Proposizione 0.35 discende che si pu`o parlare di auto-valori, autovettori, autospazi, polinomio caratteristico di una matrice A (denotato pA(T )) perch`e, si pu`o tacitamente pensare agli autovalori, autovettori, autospazi,

polinomio caratteristico dell’endomorfismo ϕ ∈Endk(kn) che ha A come matrice

associata rispetto alla base canonica.

Proposizione 0.37. Due matrici simili hanno lo stesso polinomio caratteristico (e quindi gli stessi autovalori).

Dimostrazione. Sia B = P−1AP, A, B ∈ Mn(k), P ∈ Gln(k), come in

Propo-sizione 0.15 si dimostra che det(T I − B) = det(T I − A).

Definizione 0.38. La traccia di una matrice A ∈ Mn(k) `e l’elemento di k definito

da

Tr(A) := a11+ · · · + ann.

Osservazione 0.39. Si verifica facilmente che il polinomio caratteristico pA(T ) =

Tn+ αn−1Tn−1+ · · · + α1T + α0 di una matrice A ∈ Mn(k) soddisfa:

(7)

(2) detA = (−1)nα0.

Proposizione 0.40. Data una matrice A ∈ Mn(k) tale che pA(T ) abbia tutte le

radici λ1, . . . , λsin k, se µi= µ(λi), 1 ≤ i ≤ s si ha: (1) Tr(A) = µ1λ1+ · · · + µsλs, (2) detA = λµ1 1 · · · λ µs 1 .

Dimostrazione. Nelle ipotesi date si ha pA(T ) = (T − λ1)µ1· · · (T − λ1)µs), basta

quindi utilzzare l’Osservazione 0.39.

La classe di similitudine di una matrice diagonalizzabile A ∈ Mn(k) contiene

un’unica matrice diagonale ∆A (se fosse P−1AP = ∆1, Q−1AQ = ∆2 per qualche

P, Q ∈ Gln(k) si avrebbe A = P ∆1P−1 = Q∆2Q−1 e quindi ∆1 = ∆2 perch´e

le matrici diagonali commutano). Tuttavia non tutte le matrici A ∈ Mn(k) sono

diagonalizzabili (nemmeno se k `e algebricamente chiuso). Si pone il problema di trovare ’buoni rappresentanti’ (chiamati forme canoniche) per le classi di similitu-dine di matrici in Mn(k) in modo tale che quando A ∈ Mn(k) sia diagonalizzabile

la sua forma canonica sia proprio la matrice diagonale corrispondente. Tra tutte le soluzioni al problema si segnala la forma canonica di Jordan che `e del tipo seguente:

     Jn1,λ1 0 · · · 0 0 Jn2,λ2 · · · 0 .. . ... ... 0 0 · · · Jns,λs     

con n1, . . . , ns∈ N tali che n = s P i=1 ni, λ1, . . . , λs∈ k autovalori di A e Jni,λi =        λi 0 · · · 0 0 1 λi · · · 0 0 0 1 · · · 0 0 .. . ... ... ... 0 0 · · · 1 λi        matrice ridotta o blocco di Jordan.

Cocludiamo questa parte interpretando la diagonalizzabilit`a delle forme bilineari simmetriche reali in termini degli autovalori della matrice associata (rispetto a una qualunque base).

Definizione 0.41. Un endomorfismo ϕ ∈ Endk(V ) di uno spazio euclideo V `e

autoaggiunto se ∀ v, w ∈ V si ha

hϕ(v), wi = hv, ϕ(w)i.

Proposizione 0.42. Sia F = {f1, . . . , fn} una b.o.n. di V. Allora ϕ `e autoaggiunto

se e solo se Mϕ(F )F `e simmetrica. Dimostrazione. Supponiamo MF

ϕ(F ) simmetrica. Grazie alla linearit`a di ϕ e

la bilinearit`a del prodotto scalare, `e sufficiente dimostrare che vale hϕ(fi), fji = hfi, ϕ(fj)i, ∀ 1 ≤ i, j ≤ n.

(8)

Essendo ϕ(fi) = n X j=1 ajifj, ϕ(fj) = n X i=1 aijfi e quindi hϕ(fi), fji = aji, hfi, ϕ(fj)i = aij

si conclude per la simmetria della matrice. L’altra implicazione si prova invertendo il ragionamento.

Proposizione 0.43. Se A ∈ Mn(R) `e simmetrica, le radici del suo polinomio

caratteristico sono tutte in R.

Dimostrazione. Pensiamo A ∈ Mn(C) e consideriamo ϕ ∈EndC(C

n) con A =

MEn

ϕ(En). Siano λ ∈ C una radice di pA(T ) e v ∈ C

n un autovettore relativo a λ. Si

ha quindi

Av = λv =⇒ Av = A¯v = λv = ¯λ¯v essendo per ipotesi ¯A = A.

Consideriamo lo scalaretvAv, si ha:¯

(6) t¯vAv = tv(Av) =¯ tvλv = λ¯ tvv¯ (7) t¯vAv = (tvA)v =¯ t(A¯v)v = t(¯λ¯v)v = ¯λtvv¯

Se v = (x1, . . . , xn) risulta t¯vv = n

P

i=1

¯

xixi ∈ R∗+, essendo per ipotesi v 6= 0V, da

(6) e (7) si deduce allora che λ = ¯λ, ossia λ ∈ R.

Proposizione 0.44. Siano A ∈ Mn(R) simmetrica e λ1 6= λ2 ∈ R due autovalori

di A, risulta

Vλ1 ⊥ Vλ2.

Dimostrazione. Siano v1∈ Vλ1, v2∈ Vλ2, e sia ϕ ∈ EndR(R

n) con A = MEn ϕ(En), si

ha

λ1hv1, v2i = hλ1v1, v2i = hϕ(v1, v2i = hv1, ϕ(v2)i = λ2hv1, v2i

e quindi hv1, v2i = 0.

Proposizione 0.45. Siano λ1, . . . , λr∈ R gli autovalori di A ∈ Mn(R) simmetrica,

si ha

Rn= Vλ1⊕ · · · ⊕ Vλr.

Dimostrazione. Sia V = Vλ1 + · · · + Vλr se V 6= R

n =⇒ V6= (0

V). Sia

ϕ ∈ EndR(Rn) tale che MEn

ϕ(En) = A, risulta ϕ(V ) ⊂ V . Siano v ∈ V, v

0 ∈ V,

siccome hϕ(v0), vi = hv0, ϕ(v)i = 0 essendo ϕ(v) ∈ V, anche V⊥ `e invariante per ϕ. Indichiamo con ϕ |V⊥ l’endomorfismo di V⊥ indotto da ϕ. Ovviamente, anche

ϕ |V⊥ `e autoaggiunto e quindi le radici del suo polinomio caratteristico sono reali,

sia λ ∈ R una di esse, si ha che λ `e autovalore di ϕ, ossia coincide con uno fra λ1, . . . , λr∈ R sia λ = λ¯i e 0V 6= v ∈ Vλ, risulta v ∈ V ∩ V⊥, assurdo.

Corollario 0.46. Se A ∈ Mn(R) `e simmetrica, esistono una matrice ortogonale

speciale P e una matrice diagonale B tali che B = tP AP.

Dimostrazione. Dalle Proposizioni 0.44 e 0.45 si costruisce una base di autovettori ortogonali. Potendo scegliere al posto di un autovettore il suo opposto si ottiene la matrice ortogonale speciale voluta.

Riferimenti

Documenti correlati

Esibire il prodotto di tre matrici che diagonalizza la matrice di f nelle basi canoniche (senza calcolare il prodotto) e scrivere la matrice risultante.. Calcolare il seno

[r]

[r]

Ai sensi dell’articolo 103, comma 1, del Codice dei contratti, è richiesta una garanzia definitiva a sua scelta sotto forma di cauzione o fideiussione, pari al 10% (dieci per

mediante utilizzo di dispositivi specifici di sicurezza con chiusura a chiave per garantire la massima cautela di esecuzione, che saranno posizionati in prossimità delle

con determina del Direttore di Area Vasta 1 n. 917 del 05.09.2019 si stabilisce l’aggiudicazione definitiva dei lavori di cui trattasi ad un’impresa di Cagli per la demolizione

degli stessi a pena di esclusione dalla procedura di gara. Non possono partecipare alla presente procedura i concorrenti che risultino tra loro in una situazione di

Supponiamo invece che sia soddisfatta la (iii) e deducia- mone la (ii) ragionando per assurdo... Segue dalla definizione che la derivata di un polinomio costante `