RIASSUNTO
Le cardiopatie congenite (CHD) sono un importante gruppo di anomalie strutturali del cuore e figurano tra le malformazioni congenite più frequenti, la loro incidenza è intorno a 8 casi per 1000 nati vivi e si può stimare che in Italia nascano circa 5000 neonati l’anno affetti da CHD.
Le cardiopatie congenite originano da un’anomalia di formazione e di sviluppo del cuore durante la vita embrionale e fetale. Queste patologie presentano un’eziologia complessa e multifattoriale, risultato dell’interazione tra fattori genetici predisponenti e fattori ambientali scatenanti. Attualmente, in letteratura, gli studi sull’associazione tra esposizioni ambientali dei genitori, soprattutto paterne, ed il rischio di concepire progenie affetta da cardiopatie congenite appaiono piuttosto scarsi. Inoltre, poche informazioni sono, al momento, disponibili circa il ruolo svolto dalla suscettibilità genetica nel modulare questo tipo di rischio.
La tesi si inserisce, dunque, in questo contesto scientifico allo scopo di ottenere una conoscenza più approfondita dell’eziopatogenesi delle CHD. In particolare, l’obiettivo dello studio è stato quello di identificare i fattori di rischio ambientali correlati con l’insorgenza di cardiopatie congenite in termini di esposizione da parte dei genitori prima del concepimento. Inoltre, all'interno di un disegno di studio di
del sistema della glutatione S-transferasi, GSTM1 e GSTT1, coinvolte nella detossificazione degli agenti xenobiotici, nel modulare la suscettibilità individuale ad agenti genotossici e influenzare il rischio di sviluppare CHD.
Lo studio ha previsto il reclutamento di 108 bambini affetti da cardiopatia congenita ed i relativi genitori ed il reclutamento di 232 genitori di bambini sani come gruppo di controllo. I genitori sono stati sottoposti ad un dettagliato questionario riguardante gli stili di vita e la storia di esposizioni a fattori ambientali di rischio prima del concepimento.
I risultati ottenuti hanno evidenziato una frequenza statisticamente più elevata di padri fumatori nel gruppo dei casi rispetto al gruppo dei controlli (p=0.02). In particolare, i padri che fumavano più di 15 sigarette al giorno presentavano un rischio 3.5 (CI 95% 1.7-6.8, p=0.004) volte più elevato di avere un figlio affetto da CHD. Per quanto riguarda l’esposizione dei genitori a radiazioni ionizzanti a scopo diagnostico, è stata osservata una maggior percentuale di madri esposte prima del concepimento nel gruppo dei pazienti (OR=2.5, CI 95% 1.1-5.4; p=0.02). Inoltre, valutando l’esposizione parentale a sostanze tossiche, sia professionali che ambientali, abbiamo osservato un aumento significativo del rischio sia per quanto riguarda l’esposizione materna (OR=6.2; CI 95% 2.8-13.7; p<0.0001) che l’esposizione paterna (OR=4.7; CI 95% 2.4-9.0; p<0.0001).
L’analisi multivariata ha evidenziato che il fumo paterno (>15 sigarette al giorno; p=0.01) e l’esposizione sia materna (p=0.005) che paterna (p=0.02) a sostanze tossiche sono fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo di cardiopatie congenite nella progenie.
Nella popolazione di bambini affetti da CHD è stata, poi, valutata l’interazione gene-gene (GSTM1 e GSTT1) e l’interazione gene-ambiente. E' stata osservata un’interazione significativa tra il fumo paterno e la presenza, nei figli, del genotipo nullo della GSTT1 (OR=0.22; CI 95% 0.6-0.8; p=0.02). Inoltre, valutando l’interazione tra l’esposizione materna a sostanze tossiche e la presenza del genotipo nullo della GSTM1 nel bambino, è stato riscontrato un rischio aumentato di 2.0 volte (p=ns).
I dati emersi da questo studio hanno dimostrato come l’esposizione dei genitori a fattori di rischio sia ambientali che professionali, sia associata ad un maggior rischio di cardiopatie congenite nella progenie. Inoltre, la presenza nei bambini affetti di alcune specifiche varianti genetiche, sembra interagire in maniera significativa con l’esposizione parentale, sottolineando l'importanza dell'interazione tra fattori genetici predisponenti e fattori ambientali scatenanti nella definizione del rischio.
ABSTRACT
Congenital heart disease (CHD) is among the most prevalent and fatal of all birth defects occurring in about every 100 live births, and mortality due to heart anomalies is estimated to be one-tenth of all infant deaths worldwide.
The exact causes of CHD are still unknown, but genetic factors, environmental factors and gene-environment interactions are key events that may have an adverse effect on fetal heart development. So, there is a strong need to understand the fundamental etiology of CHD and research on gene-environment interaction as molecular cause of CHD is warranted.
Moreover, the impact of maternal and paternal exposure to toxicants may be modified by genes responsible for the activation and detoxification of toxic agents, such as glutathione S-transferase, contributing to an increase resistance (or sensitivity) to cardiac teratogenesis. However, studies that focus both on exposure history and genetic make-up relating to detoxification, have scarcely evaluated these factors in the context of sporadic CHD risk.
The aim of this study was to assess the relationship between the parental exposure to toxic agents, during periconceptional period, and the CHD presence in the offsprings. Moreover, we investigated the role of GSTM1 and GSTT1 genes
polymorphisms in the children and their risk to develop a cardiac defect.
To examine gene-environment interactions, we conduct a case-control comparison in a family-based design. The study was performed in a sample size of 108 case-parent triads and 232 parents of healthy children as control group. Both case and control parents completed a general questionnaire on demographics, life-time and periconceptional exposures. We observed a higher frequency of smoker fathers in the case group respect to the control group (p=0.02). In particular, the fathers who smoked more than 15 cigarettes per day showed an higher risk of progeny with CHD (OR=3.5 CI 95% 1.7-6.8; p=0.004). As regards the diagnostic ionizing radiation exposure, we found a higher frequency of exposed mothers in the case group (OR=2.5 CI 95% 1.1-5.4; p=0.02).
Concerning other potential environmental exposures, we found a significant higher risk of CHD in the exposed fathers (OR=4.7; CI 95% 2.4-9.0; p<0.0001) and mothers (OR=6.2; CI 95% 2.8-13.7; p<0.0001). Multivariate analysis identified paternal smoking (p=0.01) and maternal (p=0.005) and paternal (p=0.02) exposure to environmental toxicants as significant independent risk factors for CHD.
In an only-case study, we evaluated the gene-gene (GSTM1 and GSTT1) and the gene-environment interaction.
We found a significant interaction between the GSTT1 null genotype in affected children and paternal smoking (OR=0.22; CI: 0,6-0,8; p=0.02). Moreover, we found that the maternal exposure to environmental toxicants and the presence of GSTM1 null genotype in the offspring were associated to a 2.0 fold (p=ns) higher risk of CHD.
Our data showed that parental exposure to risk factors, as ionizing radiation, smoking and toxic agents, is associated to a higher incidence of CHD in the progeny. Indeed, the presence in the affected children of the specific genetic variants may interact with the parental exposure, suggesting a possible effect of gene-environment interaction as molecular cause of CHD.
INTRODUZIONE
Le cardiopatie congenite (CHD) sono delle malformazioni del cuore che si verificano in conseguenza di un’alterazione del normale sviluppo del cuore dell’embrione che si forma tra la seconda e nona settimana di gravidanza (Figura 1).
Figura 1. Embriogenesi umana.
Queste alterazioni possono manifestarsi clinicamente già alla nascita, quando nel nascituro si verifica il passaggio dalla
circolazione sanguigna placentare a quell’autonoma; oppure possono manifestarsi ed aggravarsi nella prima infanzia o, ancora, essere diagnosticate nell’età adulta.
La malformazione cardiaca può essere di vario tipo: si va da anomalie che riguardano una singola parte del cuore (ad es. una valvola) ad anomalie molto complesse in cui si verifica un grave sovvertimento dell’architettura cardiaca. La gravità della cardiopatia e le ripercussioni sulla salute del bambino possono essere diverse, in alcuni casi non hanno rilevanza clinica e non richiedono alcun tipo di terapia per tutta la vita. Al contrario, molti difetti cardiaci congeniti sono talmente gravi da comportare la morte del neonato in assenza di un immediato intervento medico e chirurgico.
Le CHD figurano tra le malformazioni congenite più frequenti (Botto et al., 2001; Jenkins et al., 2007). La loro incidenza è intorno a 8 casi per 1000 nati vivi (Cleves et al., 2003) per cui, in considerazione dei dati di natalità italiana degli ultimi anni, si può stimare che attualmente in Italia nascano circa 5000 neonati all’anno con cardiopatia congenita.
Alcune malformazioni sono notevolmente più frequenti, ad esempio il difetto interventricolare rappresenta circa il 32% di tutte le cardiopatie congenite; il difetto interatriale il 9%; il dotto di Botallo pervio (il vaso che durante la vita fetale mette in comunicazione l’arteria aorta con l’arteria polmonare) e la
quest’arteria, l' 8%; la tetralogia di Fallot, caratterizzata dalla presenza di un ampio difetto del setto interventricolare, da una stenosi polmonare di varia gravità, dall’aorta destroposta sul difetto del setto interventricolare e da un’ipertrofia ventricolare destra, il 6%; la trasposizione completa delle grandi arterie, in cui l’aorta ha origine dal ventricolo destro anteriormente e l’arteria polmonare dal ventricolo sinistro, il 5%.
Sviluppo del cuore
La morfogenesi cardiaca per alcuni aspetti non è ancora del tutto chiarita e lascia, tuttora, spazio ad ipotesi ed interpretazioni diverse.
Nell’embrione lo sviluppo del cuore inizia tra la seconda e la nona settimana di gestazione: si forma da un piccolo gruppo di cellule speciali situate nella parte superiore del torace dell’embrione. Esse formano rapidamente un tubo che si piega su se stesso a formare una S. In questo tubo si producono dei rigonfiamenti che creano a loro volta le camere cardiache e la parte iniziale delle arterie principali. Fra queste protuberanze si trovano dei seni nel punto in cui si svilupperanno le valvole. Il cuore viene diviso in quattro parti, a destra e a sinistra, da pareti o “setti”. I setti separano i due atri, i due ventricoli e le due arterie, dopo di che il cuore si collega con i vasi sanguigni mano a mano che questi si sviluppano nel corpo e nei polmoni. Tutto il processo si completa alla decima settimana di gravidanza, successivamente il cuore e i vasi sanguigni seguono la crescita e lo sviluppo del bambino (Figura 2).
Figura 2. Sviluppo del cuore.
A: stadio di tubo cardiaco primitivo. Il senoatrio (SA) è destinato a dare origine all’atrio destro (AD) e all’atrio sinistro (AS); il ventricolo primitivo (V) è il precursore del ventricolo sinistro; il bulbus cordis (BC) darà origine al ventricolo destro (VD); il tronco arterioso (TA) si dividerà in aorta (A) ed arteria polmonare (P).
B,C,D: fasi successive dello sviluppo fino alla formazione di un cuore con quattro cavità (E).
EZIOLOGIA DELLE CARDIOPATIE CONGENITE Nella tabella 1 è riportata l’eziologia delle malattie cardiache congenite.
La classe eziologica più comune è quella multifattoriale (Loffredo, 2000; Hoffman et Kaplan, 2002), in cui l’origine della malformazione è determinata dall’interazione tra fattori genetici predisponenti e fattori ambientali scatenanti, non precisamente individuabili (Correa-Villaseñor, 1993; Kuehl et Loffredo, 2005).
Le altre categorie eziologiche comprendono i fattori genetici e gli effetti teratogeni (Dallapiccola et al., 1994; Payne et al., 1995).
Le cause genetiche possono essere ricondotte a mutazioni in singoli geni (sindromi monogeniche) o ad alterazioni cromosomiche (numeriche o strutturali) (Pierpont et al., 2007).
Nei restanti casi di cardiopatie congenite, sono ritenuti responsabili agenti teratogeni. È definita teratogena una sostanza tossica in grado di attraversare la placenta e, tramite il flusso sanguigno, essere trasmessa dalla madre al feto, compromettendo il normale sviluppo del nascituro. In letteratura è ben descritta l’associazione tra alcuni agenti teratogeni e l’insorgenza di CHD. Gli effetti teratogeni sono
(Bracken, 1986) ed alcuni chemioterapici antitumorali (Green et al., 1991), e all’uso d’alcool (Martinez-Frias et al., 2004).
Inoltre, anche l’esposizione a droghe, pesticidi, solventi organici e l’insorgenza di alcune patologie materne, come la rosolia o il diabete, durante il periodo gestazionale (Loffredo et al., 2001) sono riconosciuti fattori di rischio per cardiopatie congenite.
Tabella 1. Eziologia delle cardiopatie congenite.
FATTORI DI RISCHIO % su CHD TOTALI
GENETICI 15-25
Condizioni autosomiche, ereditate dai genitori Anomalie citogenetiche
Nuove mutazioni
AMBIENTALI 10
Condizioni materne
(es. alcolismo, diabete, PKU, fumo) 4
Agenti infettivi
(es. rosolia, toxoplasmosi, CMV) 3
Problemi meccanici intrauterini
(deformazioni) 1-2
Agenti chimici
(es. farmaci) e fisici (es. radiazioni) <1
SCONOSCIUTI O MAL DEFINITI 65-75
Poligenica
CONCEPIMENTO, VITA FETALE ED ESPOSIZIONE AD AGENTI TOSSICI
Lo sviluppo embrionale umano è un processo estremamente complesso sia dal punto di vista genetico, che biochimico, anatomico e fisiologico. Tutto ciò che accade al bambino durante la vita pre- e peri-natale è di estrema importanza per la sua vita futura (Chapin et al., 2004). La salute di un neonato può essere compromessa prima ancora del suo concepimento: ogni cellula umana, infatti, compresi spermatozoi e ovuli, in seguito all’esposizione di determinati agenti tossici può subire l’induzione di mutazioni a carico del DNA trasmissibili alle generazioni successive, anche se il danno avviene prima del concepimento (Aitken et al., 2003) (Figura 2).
Esposizione ambientale (uomini e donne fertili) Mutazioni germinali, danno al DNA non riparato
Cellule germinali danneggiate
Progenie affetta: anomalie congenite, cancro, malattie cronico-degenerative
Figura 2. Esposizione ambientale, germinale e rischio nella progenie.
Un’esposizione ad agenti tossici è critica per tutta la durata della vita fetale. Tuttavia, il primo trimestre della gravidanza rappresenta un periodo particolarmente critico in cui il feto è maggiormente sensibile (Figura 3).
Figura 3. Teratogeni e periodo gestazionale.
Tale periodo coincide con l’organogenesi ed in questo stadio inizia lo sviluppo dell’embrione:
1. si formano il cuore ed altri organi vitali, alla quinta settimana il cuore cominci a battere
2. comincia lo sviluppo dei muscoli, del cervello, del sistema nervoso centrale, della testa, della pelle e d’altre parti del corpo
3. dopo l’ottava settimana, l’embrione è chiamato feto. Dalla dodicesima settimana la struttura base del corpo è completa.
Normalmente si ritiene che l’esposizione materna ad agenti teratogeni durante la gravidanza sia fattore di rischio per anomalie congenite.
Tuttavia, emerge sempre più l’evidenza che anche l’esposizione paterna a teratogeni sia implicata. Esistono due possibili meccanismi in grado di spiegare il danno alla progenie in seguito all’esposizione paterna (Chapin et al., 2004).
Il primo meccanismo ipotizza che tali agenti teratogeni possano essere assorbiti, secreti nel fluido seminale, trasmessi durante l’eiaculazione alla donna ed assorbiti nella cellula uovo, generando, potenzialmente, un danno alla progenie (Figura 4).
Errore. Il segnalibro non è definito.
Figura 5. Potenziale meccanismo di teratogenesi paterna.
Il secondo meccanismo, invece, ipotizza come l’esposizione paterna a fattori ambientali possa provocare mutazioni nella linea germinale, determinando così possibili alterazioni nella progenie (Figura 6).
Figura 4. Potenziale meccanismo di teratogenesi paterna.
Teratogeno assorbito e secreto nel fluido
seminale
Trasmissione alla femmina durante l’eiaculazione
Assorbimento all’interno della cellula uovo Esposizione maschile al
teratogeno
Il secondo meccanismo, invece, ipotizza come l’esposizione paterna a fattori ambientali possa provocare mutazioni nella linea germinale, determinando così possibili alterazioni nella progenie (Figura 5).
Figura 5. Potenziale meccanismo di danno genetico trasmesso dal padre.
Mutazioni della linea germinale Danni al DNA non riparati
Danni epigenetici Alterazioni delle proteine
Sperma affetto Esposizione ambientale
maschile
In letteratura, infatti, molti studi hanno dimostrato come l’esposizione maschile a sostanze potenzialmente dannose sia associata ad un aumento di danno nelle cellule germinali.
L’esposizione occupazionale ad insetticidi, ad esempio, è stata mostrata essere significativamente correlata ad un aumento di danno al DNA negli spermatozoi (Bian et al, 2004; Xia et al., 2005).
Inoltre, è noto come uomini fumatori abbiano elevati livelli di marker di stress ossidativo, come la 8-oxo-deossiguanosina, nel DNA dei loro spermatozoi, suggerendo la possibilità che il fumo paterno possa indurre mutazioni nello sperma portando allo sviluppo di cancro e difetti congeniti nella progenie (Fraga et al., 1996). In aggiunta, i metaboliti del benzopirene, presente nel fumo di tabacco, possono portare alla formazione di addotti al DNA spermatico (Zenzes, 2000).
Elevati livelli di stress ossidativo nelle cellule spermatiche possono essere indotti, anche, da altri agenti espositivi come idrocarburi policiclici aromatici, metalli di transizione, gas anestetici, fumo, solventi, pesticidi e radiazioni ionizzanti (Aitken et al., 2003).
Le conseguenze possono derivare sia da un’esposizione diretta delle cellule germinali in particolari fasi di sviluppo e maturazione, che da effetti indiretti sui testicoli, epididimo o organi sessuali secondari (Friedler, 1996) (Figura 6).
Figura 6. Rappresentazione schematica dei meccanismi molecolari attivati dall’esposizione paterna.
Esposizione occupazionale a xenobiotici Esposizione abitudinale a xenobiotici Esposizione terapeutica a xenobiotici Errori durante la replicazione Esposizione ad alti livelli di radiazioni Difetti della spermatogenesi Esposizione scrotale a stress infiammatorio
S tr ess ossid a tivo
Form a zi on e di addotti al DNA Tagli media ti d a endonu cl e a si
Errori di imprinting
DANNO AL DNA
EMBRIOGENE SI
N O RMALE Normale Anormale
RI PA RO DEL DNA
S VIL UPPO A N O RMALE, IMPIANTO FA L LITO, ABORTI, AN OMA LIE N E L LA PROGE NIE
Un altro meccanismo di danno ipotizzato alle cellule germinali maschili sembra essere quello epigenetico (Aitken et De Iuliis, 2007).
Con epigenetica s’intende un complesso di processi di regolazione genica, fra cui la metilazione del DNA a livello dei residui di citosina, le modificazioni post-traslazionali a carico degli istoni e il silenziamento genico ad opera di RNA non codificanti.
Mentre le modificazioni istoniche rappresentano un processo dinamico, la metilazione del DNA è considerata un evento stabile e, quindi, ereditabile.
Recentemente è stato osservato che l’epigenoma può subire modulazioni in risposta all’alimentazione, al fumo, allo stress e a fattori ambientali (Morgan et al., 2005).
Ciò avviene soprattutto durante l’embriogenesi, in quanto in questa fase dello sviluppo vengono stabilite le sequenze del DNA che devono essere metilate al fine di ottenere una corretta espressione genica e, quindi, un corretto sviluppo tissutale.
I meccanismi epigenetici sono stati, recentemente, coinvolti nell’eziologia di malattie complesse cronico-degenerative nell’uomo, come il cancro (Rodenhiser et Mann, 2006).
POLIMORFISMI DI DETOSSIFICAZIONE: I GENI DELLA GLUTATIONE S-TRANSFERASI
Gli individui possono non avere la medesima suscettibilità agli effetti dovuti all’esposizione ad agenti tossici (Schwartz et al., 2004).
Alla base della risposta individuale ci sono fattori di suscettibilità solo in parte identificati.
Oltre alle esposizioni legate allo stile di vita individuale, un ruolo fondamentale è svolto dai fattori genetici responsabili della sintesi di enzimi coinvolti nel metabolismo di agenti xenobiotici (Kelada et al., 2003).
Le diverse capacità metaboliche connesse a questi polimorfismi genetici possono creare le basi per differenze interindividuali nel rischio di sviluppare patologie (Bolt et Thier, 2006).
Uno dei principali meccanismi di difesa della cellula contro gli agenti ossidanti, tossici, mutageni e/o cancerogeni è rappresentato dal sistema del glutatione ridotto (GSH), capace di legare e neutralizzare i metaboliti elettrofilici. Questa reazione è accelerata da enzimi denominati glutatione S-tranferasi (GST), che catalizzano la coniugazione delle molecole reattive con il GSH, favorendo così l’escrezione dei prodotti detossificati (Figura 7).
Figura 7. Meccanismo d’azione della glutatione S-transferasi.
Le GST sono enzimi ubiquitari, con massima attività nel fegato, rene, surrene, intestino e testicoli. Nell’uomo sono state trovate cinque diverse classi di glutatione S-tranferasi, di cui quattro citosoliche ed una microsomiale, che risulta differente dalla citosolica essendo un enzima inducibile.
Le GST includono una vasta famiglia di isoenzimi, tra cui i geni della GSTM1 e GSTT1, che presentano la particolarità di
2 NADP+ 2 NADPH + H+ 2 GSH GS – SG 2 H2O H2O2 GS – SG TRASLOCASI ESCREZIONE Pr – SH Pr – SG + GSH H2O + ½ O2 O2• G S H–R GPx SOD CAT Agenti esogeni/metabolismo SOD: superossidodismutasi CAT: catalasi GPx: glutatione perossidasi GSH-R: glutatione reduttasi
causando la totale assenza del corrispondente enzima (Pemble et al., 1994).
Circa il 50% della popolazione caucasica risulta omozigote per la delezione della GSTM1, mentre il 15-30% della popolazione risulta portatrice del genotipo nullo per la GSTT1 (Rebbeck, 1997).
Molti studi concordano sulla maggiore suscettibilità a vari xenobiotici da parte degli individui con genotipi GST nulli (Norppa, 1997; Dusinska, 2001). Infatti, gli individui che ereditano il genotipo nullo risultano meno capaci di coniugare e detossificare specifici intermedi metabolici, in particolare quelli contenuti nel fumo di sigaretta, e sono, quindi, più soggetti allo sviluppo di danni genetici (Landi, 2000).
I genotipi deleti della GSTM1 e GSTT1 sono, infatti, stati associati con un aumentato rischio di differenti patologie quali cancro, diabete, malattie cardiovascolari ed anomalie congenite (Hayes et Strange, 2000; Masetti et al., 2003).
SCOPO
Lo scopo di questa tesi nasce, come recentemente evidenziato da uno Statement dell’American Heart Association (2007), dalla necessità di acquisire nuovi ed ulteriori dati sulla relazione tra esposizioni ambientali dei genitori, soprattutto paterne, prima del concepimento ed il rischio di concepire progenie affetta da cardiopatie congenite. Inoltre, poche informazioni sono, al momento, disponibili circa il ruolo svolto dalla suscettibilità genetica nel modulare questo tipo di rischio.
L’ipotesi di lavoro è che l’esposizione a fattori ambientali dannosi ed una differente suscettibilità genetica, in particolare a carico di geni coinvolti nei meccanismi di detossificazione di agenti xenobiotici, possano associarsi ad un maggior rischio di insorgenza di cardiopatie congenite. Pertanto lo scopo della tesi è stato quello di:
• identificare i fattori di rischio ambientali correlati con l’insorgenza di cardiopatie congenite in termini di esposizione da parte dei genitori prima del concepimento tramite uno studio di tipo caso controllo
• valutare il ruolo delle varianti genetiche di GSTM1 e GSTT1 nel modulare la suscettibilità individuale a fattori genotossici ed il rischio di sviluppare possibili patologie, tramite uno studio di soli casi.
MATERIALI E METODI Popolazione di studio
Lo studio ha previsto il reclutamento di 108 bambini affetti da cardiopatia congenita (68 maschi, età media 6.8±7.8 anni) e i relativi genitori (età materna al concepimento 29.0±5.5 anni; età paterna al concepimento 32.2±5.2 anni) afferenti all’Ospedale “Pasquinucci” di Massa e il reclutamento di 232 genitori di bambini sani (età materna al concepimento 31.2±4.9; età paterna al concepimento 33.9±5.1 anni) come gruppo di controllo.
A tutti i bambini affetti da CHD è stato fatto un prelievo di sangue periferico per lo studio genetico.
I genitori di tutti i bambini sono stati sottoposti, previo consenso informato, ad un questionario, molto analitico e dettagliato, effettuato sia personalmente che telefonicamente, riguardante gli stili di vita e la storia di esposizioni a fattori ambientali di rischio prima del concepimento.
Estrazione del DNA totale
Il DNA è stato estratto mediante l’utilizzo del Biorobot EZ1 (QIAGEN) che permette di estrarre il DNA sia da sangue che da tessuto, da 6 campioni in un unico step che prevede:
1. lisi dei campioni
2. legame del DNA a particelle magnetiche
3. lavaggio ed eluizione del DNA.
Valutazione quantitativa del DNA totale
Sono state preparate diluizioni 1:250 in acqua sterile del DNA estratto per la lettura spettrofotometrica alle lunghezze d’onda di 260 nm e di 280 nm. La misura consente la determinazione quantitativa della concentrazione del DNA e, dalla lettura a 280 nm per la stima delle proteine, si ricavano informazioni anche di tipo qualitativo. Infatti, il rapporto delle assorbanze a 260 nm e a 280 nm è considerato un indice di purezza del campione. Un valore accettabile di tale rapporto per il DNA è di 1.7-1.9. Le concentrazioni finali dei campioni si sono ricavate tramite la seguente formula:
Analisi genotipica del gene della Glutatione S-Transferasi L’amplificazione dei frammenti di interesse della Glutatione S-transferasi (GST) è stata ottenuta mediante la reazione a catena della polimerasi (PCR).
Le sequenze relative dei primers specifici erano:
senso 5’-CGC CAT CTT GTG CTA CATTGC CCG-3’
antisenso 5’-TTC TGG ATT GTA GCA GAT CA-3’
per l’amplificazione del gene GSTM1;
senso 5’-TTC CTT ACT GGT CCT CAC ATC TC-3’
antisenso 5’-TCA CCG GAT CAT GGC CAG CA-3’
per l’amplificazione del gene GSTT1
Viene utilizzata anche un’altra coppia di primer per amplificare il gene GSTM4 (157 pb) che non è mai presente in forma deleta ed è, quindi, stato utilizzato come controllo interno (Zhong et al., 1993):
senso 5’-CGC CAT CTT GTG CTA CAT TGC CCG-3’
antisenso 5’-ATC TTC TCC TCT TCT GTC TC-3’
Sono necessari 37 cicli di reazione per la GSTM1, programmati secondo il seguente schema:
1° ciclo:
Attivazione enzima 94°C 5 minuti 35 cicli:
Denaturazione 94°C 1 minuto “Annealing” primers 52°C 1 minuto
Estensione 72°C 1 minuto
Ultimo ciclo:
Estensione 72°C 10 minuti.
Sono necessari 37 cicli di reazione per la GSTT1, programmati secondo il seguente schema:
1° ciclo:
Attivazione enzima 94°C 5 minuti 35 cicli:
Denaturazione 94°C 1 minuto “Annealing” primers 56°C 1 minuto
Estensione 72°C 1 minuto
Ultimo ciclo:
Estensione 72°C 10 minuti
Elettroforesi su gel d’agarosio
La reazione di PCR può essere visualizzata e verificata su un gel d’agarosio al 1.5% contenente bromuro d’etidio 10 mg/ml ad una concentrazione finale di 0.3%. Vengono caricati sul gel 10µl del prodotto di PCR aggiunti a 3 µl di “loading” buffer (L.B.: 0.25% blu di bromo fenolo, 0.25% cilene-cianolo, 15%
corsa elettroforetica viene condotta a 100 V in tampone TBE 1X (Tris base 4 mM, 0.9 M acido borico, 50 mM EDTA, a pH 8). Vengono riportati due esempi di corsa elettroforetica per il gene della GSTM1 e della GSTT1. Dall’analisi elettroforetica di GSTM1 (Figura 8), si può notare la presenza di due bande: quella inferiore (175 pb) corrisponde al gene di controllo e quella superiore (230 pb) corrisponde al gene GSTM1, che se assente indica la delezione genica.
Figura 8. Elettroforesi di GSTM1.
Anche per il gene della GSTT1 la corsa elettroforetica evidenzia la presenza di due bande (Figura 9): quella inferiore (175 pb) corrisponde sempre al gene di controllo, mentre quella superiore (480 pb) al gene GSTT1, che se assente indica la delezione genica.
ANALISI STATISTICA
L’analisi statistica è stata eseguita tramite l’uso del software Statview 5.0.1. (SAS Institute).
I dati sono stati espressi come media±errore standard. La differenza tra le medie di due variabili continue è stata valutata mediante il test di Student, mentre le differenze tra variabili non continue e la distribuzione dei genotipi sono state valutate mediante il test del chi-quadro.
Per valutare i fattori associati al rischio di cardiopatia congenita si è utilizzato un’analisi univariata ed il calcolo dell’odds ratio (OR) e dei rispettivi intervalli di confidenza (CI) al 95%.
Successivamente, è stato impiegato un modello di analisi multivariata che ha consentito l’aggiustamento della stima per differenti fattori confondenti (indipendentemente l’uno dall’altro) fornendo ORs corretti per le varie covariate.
Un p≤0,05 è stato considerato statisticamente significativo.
Per valutare l’associazione tra due o più geni o tra geni e fattori ambientali è stato scelto uno studio di soli casi in quanto, rispetto ad uno studio caso-controllo, permette di ottenere una maggior potenza statistica a parità di numerosità del campione (Gauderman, 2002).
RISULTATI
Le caratteristiche demografiche e cliniche del gruppo dei pazienti sono riportate nella tabella 2.
Tabella 2. Caratteristiche demografiche e cliniche dei pazienti.
Casi n=108 Età, anni (media±DS) 6.80±7.79
Sesso 68♂;40♀ Tipo di CHD TF 27 VFU 22 Patologie complesse 13 TGA 7 CoA 4 VFU+TGA 3 DIA+SP 3 CoA+DIV 3 SVA 2 Ebstein 2 DIV 2 TF+VFU 2 TF+DBP 2 CAV 2 TF+TGA 2 Altre 12 Abbreviazioni e simboli:
TF, tetralogia di Fallot; VFU, ventricolo funzionalmente unico;
TGA, trasposizione grandi arterie; CoA, coartazione aortica; DIV,difetto inter-ventricolare; DIA,difetto inter-atriale; DBP,dotto di Botallo pervio; SVA, stenosi valvolare aortica; CAV, canale atrio-ventricolare completo; SP,stenosi polmonare.
Tra le varie anomalie, quelle riscontrate con maggior frequenza sono state la tetralogia di Fallot ed il ventricolo funzionalmente unico.
Fattori di rischio per cardiopatia congenita
Nello studio caso-controllo sono stati analizzati, quali fattori di rischio, il fumo, l’esposizione ad esami diagnostici che prevedono l’uso di radiazioni ionizzanti e l’esposizione a sostanze potenzialmente mutagene e/o cancerogene.
Fumo
Nella nostra popolazione di studio non abbiamo trovato differenze statisticamente significative tra il gruppo dei casi e dei controlli per quanto riguarda l’abitudine al fumo della madre (p=ns). Abbiamo trovato, invece, una frequenza statisticamente più elevata di padri fumatori nel gruppo dei casi rispetto al gruppo dei controlli (p=0.02) (Tabella 3).
Tabella 3. Esposizione al fumo di sigaretta dei genitori.
Analizzando il numero di sigarette fumate (Tabella 4), si è osservato un rischio significativamente aumentato di 3.5 volte (CI 95% 1.7-6.8; p=0.0004) di avere un figlio affetto da CHD nei padri che fumavano più di 15 sigarette al giorno (p=0.001) (Figura 10). Inoltre, anche nel gruppo delle madri che fumavano più di 15 sigarette al giorno abbiamo riscontrato un aumento del rischio di 1.5 volte (CI 95% 0.6-3.5), pur non raggiungendo la significatività statistica (p=ns).
Casi n=216 Controlli n=232 χ² p Fumo madre 0.1 0.934 Non fumatrici 72 (66.7%) 80 (69.0%) Ex fumatrici 9 (8.3%) 9 (7.7%) Fumatrici 27 (25%) 27 (23.3%) Fumo padre 7.8 0.02 Non fumatore 51 (47.7%) 74 (63.8%) Ex fumatore 13 (12.1%) 5 (4.3%) Fumatore 43 (40.2%) 37 (31.9%)
Tabella 4. Distribuzione casi/controlli in relazione al numero di sigarette.
Figura 10. ORs per cardiopatie congenite in relazione al numero di sigarette Casi n (%) Controlli n (%) χ² p N° sigarette/die Madre 1.1 0.569 0 72 (67.9%) 80 (74.1%) 1-15 19 (17.9%) 17 (15.7%) >15 15 (14.2%) 11 (10.2%) Padre 13.2 0.001 0 51 (48.6%) 74 (70.5%) 1-15 16 (15.2%) 15 (14.3%) >15 38 (36.2%) 16 (15.2%)
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
3,5
Madre
Padre
0 sigarette
1-15 sigarette
>15 sigarette
O
R
Radiazioni ionizzanti a scopo diagnostico
Per quanto riguarda l’esposizione dei genitori a radiazioni ionizzanti a scopo diagnostico, sono stati presi in considerazione, nell’analisi statistica, solo gli esami con maggior carico radiologico:
• più di 10 Rx
• Rx in zona addominale • TAC
• scintigrafie • mammografie
I risultati hanno evidenziato una maggior percentuale di madri esposte a radiazioni ionizzanti prima del concepimento nel gruppo dei pazienti (Tabella 5).
Tabella 5. Esami diagnostici ionizzanti e CHD. Casi n (%) Controlli n (%) χ² p ESPOSIZIONE AD ESAMI DIAGNOSTICI IONIZZANTI Madre 5.4 0.020 si 22 (9.8%) 11 (4.9%) no 86 (38.2%) 106 (47.1%) Padre 1.8 0.175 si 21 (9.4%) 15 (6.7%)
L’analisi di regressione logistica ha messo in evidenza un rischio significativo di 2.5 volte maggiore (CI 95% 1.1-5.4; p=0.02) associato all’esposizione radiologica materna (Figura 11).
Anche l’esposizione paterna si associa ad un rischio aumentato di 1.6 (CI 95% 0.8-3.4) sebbene non significativo.
Figura 11. ORs per cardiopatia congenita in relazione all’esposizione dei genitori a radiazioni ionizzanti.
0
0,5
1
1,5
2
2,5
3
Madre Padre Esposizione negativa Esposizione positivaO
R
Altre sostanze tossiche
Abbiamo valutato, nella nostra popolazione di studio, l’esposizione parentale a sostanze tossiche, sia professionali (gas anestetici; radionuclidi; radiazioni ionizzanti; sostanze tossiche come colle, smalti, calce, pesticidi e metalli pesanti; idrocarburi; acidi; amianto) che ambientali (centrali elettriche; industrie; radiazioni elettromagnetiche; discariche; pesticidi; patologie della madre come il diabete gestazionale e le infezioni virali).
In questo caso, si sono trovate differenze statisticamente significative tra il gruppo dei pazienti ed il gruppo dei controlli sia per quanto riguarda l’esposizione materna (p<0.0001) che l’esposizione paterna (p<0.0001) (Tabella 6), con un rischio aumentato di 6.2 volte per la madre (CI 95% 2.8-13.7; p<0.0001) e 4.7 volte per il padre (CI 95% 2.4-9.0; p<0.0001) (Figura 12).
Tabella 6. Esposizione ad altre sostanze tossiche e CHD.
Figura 12. ORs per cardiopatia congenita in relazione all’esposizione dei genitori a sostanze tossiche.
Casi n (%) Controlli n (%) χ² p ALTRE ESPOSIZIONI Madre 24.371 <0.0001 si 37 (16.4%) 9 (4.0%) no 71 (31.6%) 108 (48.0%) Padre 23.639 <0.0001 si 46 (20.6%) 16 (7.2%) no 61 (27.4%) 100 (44.8%)
0
1
2
3
4
5
6
7
Esposizione negativa
Esposizione positiva
O
R
Analisi multivariata
L’analisi multivariata ha evidenziato che il fumo paterno (maggiore di 15 sigarette al giorno ) e l’esposizione sia materna che paterna a sostanze tossiche sono fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo di cardiopatie congenite nella progenie (tabella 7).
Tabella 7. Analisi multivariata.
OR (C.I. 95%) p Variabili Madre Età al concepimento 0.9 (0.8-1.0) 0.2 Fumo: >15 sigarette 0.8 (0.3-2.5) 0.9 Radiazioni ionizzanti 1.9 (0.7-5.3) 0.2 Altre esposizioni 4.2 (1.4-12.4) 0.005 Padre Età al concepimento 0.9 (0.9-1.1) 0.7 Fumo: >15 sigarette 3.3 (1.5-7.4) 0.01 Radiazioni ionizzanti 1.4 (0.6-3.4) 0.4 Altre esposizioni 2.8 (1.2-6.6) 0.02
Effetto additivo delle esposizioni
Nella nostra popolazione, abbiamo verificato la presenza di un possibile effetto additivo dell’esposizione materna e paterna sul rischio di generare progenie affetta da cardiopatia congenita.
E’ stato interessante notare come i bambini con entrambi i genitori esposti a radiazioni ionizzanti a scopo diagnostico avessero un rischio di essere affetti di 3.9 volte maggiore (CI 95% 0.8-20.1; p=ns), rispetto ad un rischio di 1.8 nel caso di un solo genitore esposto (CI 95% 1.0-3.5; p=0.05) (Figura 13).
Figura 13. Effetto additivo dell’esposizione di entrambi i genitori alle radiazioni ionizzanti.
0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4
1 solo genitore esposto 2 genitori esposti
O
Allo stesso modo, abbiamo osservato come l’esposizione di entrambi i genitori a sostanze tossiche aumenti notevolmente il rischio. Infatti, i bimbi con entrambi i genitori esposti avevano un rischio di essere affetti 12.7 volte aumentato (CI 95% 4.2-38.2; p<0.0001), rispetto ad un rischio di 2.5 nel caso di un solo genitore esposto (CI 95% 1.2-5.0; p=0.01) (Figura 14).
Figura 14. Effetto additivo dell’esposizione di entrambi i genitori alle radiazioni ionizzanti.
0 2 4 6 8 10 12 14
1 solo genitore esposto 2 genitori esposti
O
GSTM1 e GSTT1: geni e rischio di CHD
La distribuzione dei genotipi della GST nella nostra popolazione di pazienti era simile a quella normalmente osservata nella popolazione caucasica (Tabella 8).
Tabella 8. Distribuzione dei genotipi del gene GST nella popolazione dei pazienti
Nello studio di soli casi è stata valutata l’interazione gene-gene (GSTM1 e GSTT1) e l’interazione gene-gene-ambiente.
Non abbiamo osservato alcuna associazione significativa tra la presenza della patologia e l’interazione dei genotipi nulli della GSTM1 e GSTT1 (Tabella 9). CASI n=108 GSTM1 Presente 56 (51.9%) Assente 52 (48.1%) GSTT1 Presente 89 (82.4%) Assente 19 (17.6%)
Tabella 9. Interazione tra i genotipi GSTM1 e GSTT1 nel gruppo dei pazienti.
L’analisi dell’interazione tra il genotipo assente della GSTM1 e l’esposizione materna al fumo di sigaretta ha indicato un aumento del rischio di 1.5 volte (C.I. 95% 0.6-3.6), sebbene non statisticamente significativo (Tabella 10).
Tabella 10. Interazione tra GSTM1 e il fumo. GSTT1 presente n (%) GSTT1 assente n (%) OR (CI 95%) GSTM1 presente n (%) 47 (43.5%) 9 (8.3%) 1 (rif) GSTM1 assente n (%) 42 (38.9%) 10 (9.3%) 1.2 (0.5-3.3) GSTM1 presente n (%) GSTM1 assente n (%) OR (CI 95%) MADRE Fumatrice 12 (11.1%) 15 (13.9%) 1.5 (0.6-3.6) Ex fumatrice 5 (4.6%) 4 (3.7%) 0.9 (0.2-3.8)
Non fumatrice 39 (36.1%) 33 (30.6%) rif
PADRE
Fumatore 24 (22.4%) 19 (17.8%) 0.7 (0.3-1.6)
Ex fumatore 7 (6.6%) 6 (5.6%) 0.8 (0.2-2.6)
Per quanto riguarda l’esposizione paterna al fumo di sigaretta l’analisi statistica ha evidenziato un’interazione significativa con la presenza, nei figli, del genotipo assente della GSTT1 (OR=0.22; CI 95% 0.6-0.8; p=0.02) (Tabella 11).
Tabella 11. Interazione tra GSTT1 e fumo.
Inoltre, valutando l’interazione tra l’esposizione materna a sostanze tossiche e la presenza del genotipo nullo della GSTM1 nel bambino, è stato riscontrato un rischio aumentato di 2.0 volte (C.I. 95% 0.9-4.5; p=ns) (Tabella 12).
GSTT1 presente n (%) GSTT1 assente n (%) OR (CI 95%) MADRE Fumatrice 25 (23.2%) 2 (1.9%) 0.3 (0.07-1.6) Ex fumatrice 6 (5.5%) 3 (2.8%) 2.1 (0.5-9.3)
Non fumatrice 58 (53.7%) 14 (12.9%) rif
PADRE
Fumatore 40 (37.4%) 3 (2.8%) 0.2 (0.06-0.8)
Ex fumatore 11 (10.3%) 2 (1.9%) 0.5 (0.1-2.7)
Tabella 12. Interazione tra GSTM1 ed esposizione ambientale materna. GSTM1 presente n (%) GSTM1 assente n (%) OR (CI 95%) Esposizione positiva 15 (13.9%) 22 (20.4%) 2.0 (0.9-4.5) Esposizione negativa 41 (37.9%) 30 (27.8%) rif
DISCUSSIONE
I dati emersi da questo studio hanno dimostrato come l’esposizione dei genitori a fattori di rischio sia ambientali che professionali, quali il fumo di sigaretta, le radiazioni ionizzanti, ed altre sostanze tossiche, sia associata ad una maggiore incidenza di cardiopatie congenite nella progenie.
Abbiamo osservato, inoltre, come la presenza nei bambini affetti di alcuni polimorfismi di geni coinvolti nella detossificazione di agenti xenotibiotici, come la GSTM1 e la GSTT1, possa interagire in maniera significativa con l’esposizione parentale nell’aumentare il rischio di sviluppare una cardiopatia congenita.
Questi dati sottolineano l’importanza delle indicazioni emerse da un recente statement dell’American Heart Association che evidenzia come l’esposizione dei genitori a fattori di rischio ambientali possa essere determinante nell’indurre difetti congeniti cardiaci nella progenie (Jenkins et al., 2007).
Fattori di rischio e cardiopatie congenite Fumo
Il fumo di tabacco rappresenta, come è noto, un potente agente cancerogeno in cui sono presenti più di 4000 composti tossici, tra questi gli idrocarburi policiclici aromatici, come il
cancerogeni (Shields, 2000; Woods et Raju, 2001; Malik et al., 2008).
Gli intermedi reattivi prodotti durante il metabolismo degli idrocarburi policiclici, reagendo con le basi del DNA, concorrono a formare addotti capaci di procurare rotture all’elica del DNA, con conseguente morte cellulare, o mutazioni puntiformi (Figura 15).
Figura 15. Via metabolica degli idrocarburi policiclici aromatici. PAHs CYP1A1 AhR AhR ARNT GSTs BPDE Addotti al DNA Detossificazione PAHs
Una componente importante è, inoltre, rappresentata da vari ossidi e superossidi, prodotti da reazioni di combustione, quali il monossido di carbonio ed i metalli di transizione. Questi composti possono indurre la produzione di radicali liberi dell’ossigeno, che, oltre ai già noti effetti sulle molecole e membrane cellulari, sono in grado di provocare danno ossidativo alla molecola del DNA, con l’inibizione, spesso, dei meccanismi riparativi (Piperakis, 2000).
L’associazione tra fumo materno e rischio di anomalie congenite cardiache è stata precedentemente indagata.
La maggior parte di questi studi ha identificato il fumo materno come fattore di rischio per specifici difetti cardiaci come la tetralogia di Fallot ed i difetti del setto interventricolare (Torfs et Christianson, 1999; Khuel et Loffredo, 2003; Malik et al., 2008).
Al contrario, l’influenza del fumo paterno sull’incidenza di cardiopatie congenite è stata poco studiata. In letteratura, un unico studio ha evidenziato un’associazione significativa tra il fumo di entrambi i genitori e lo sviluppo di cardiopatie congenite troncoconali nella progenie (Wasserman et al., 1996).
I nostri dati confermano ed estendono questa evidenza preliminare, evidenziando una forte associazione tra rischio di
cardiopatie congenite ed il fumo di sigaretta (Witz et al., 1996).
In questo contesto di evidenze, è interessante riportare l’osservazione di un’aumentata presenza dell’acido trans, trans-muconico (tt-MA), metabolita cancerogeno del benzene, nel fluido seminale di soggetti fumatori, confermando l’effetto tossico del benzene sulla spermatogenesi (Ducci et al., 2001). Infatti, la trans, trans-muconaldeide, il diretto precursore del tt-MA, esercita il suo effetto tossico generando ROS, e, come è noto, le cellule spermatiche sono particolarmente sensibili al danno ossidativo a causa del loro alto contenuto di acidi grassi poliinsaturi e dei bassi livelli di enzimi antiossidanti (Aitken et al., 1991).
Anche i risultati del nostro studio hanno evidenziato come il fumo paterno sia un importante fattore di rischio per cardiopatie congenite nella progenie e come tale rischio aumenti in funzione del numero di sigarette.
Effetti biologici delle radiazioni ionizzanti
Le radiazioni ionizzanti sono dei potenti agenti mutageni, i cui effetti biologici possono essere suddivisi in:
• deterministici, che insorgono precocemente nell’individuo esposto e per i quali può essere individuata una dose-soglia
al di sopra della quale si manifesta l’effetto specifico (De Santis et al., 2005)
• stocastici, a carattere probabilistico che possono essere somatici, quando si manifestano negli individui irradiati, o genetici se si manifestano nella progenie. Questi sono danni aspecifici, la cui entità è indipendente dalla dose. Si manifestano in genere dopo anni, talvolta anche molti decenni, dall’esposizione.
Le radiazioni ionizzanti possono agire sul DNA con meccanismo indiretto, attraverso la formazione di radicali liberi, oppure con un meccanismo diretto, attraverso rotture di catena o modificazione di basi.
Se il danno avviene in una cellula embrionale o in una cellula germinale sessuale possono verificarsi malformazioni più o meno gravi e aborti. (Figura 16).
Figura 16. Meccanismi di danno da radiazioni ionizzanti.
Le radiazioni ionizzanti rappresentano un possibile agente teratogeno per il feto, particolarmente in termini di anomalie congenite e basso peso alla nascita; il rischio associato sembra essere dipendente dalla dose e gli effetti correlati all’età gestazionale al momento dell’esposizione (De Santis et al., 2005).
Tuttavia, alcuni studi hanno dimostrato come anche un’esposizione radiologica diagnostica molto tempo prima del concepimento, come ad esempio in adolescenti sottoposte a ripetute radiografie per scoliosi idiopatica, possa essere associata ad un rischio di eventi riproduttivi avversi e di malformazioni congenite nella progenie (Goldberg et al.,
Nella nostra popolazione l’esposizione materna ad un alto carico radiologico per motivi diagnostici ha rappresentato un importante fattore di rischio per lo sviluppo di cardiopatie congenite nella progenie.
Anche l’esposizione radiologica paterna, ha mostrato un aumento di rischio, sebbene non significativo, di circa 2 volte.
Questo dato è in linea con i risultati emersi dallo studio Baltimora che hanno evidenziato un significativo aumento di difetti cardiaci in bambini i cui padri erano stati sottoposti a radiazioni ionizzanti 6 mesi prima del concepimento (Correa-Villaseñor et al., 1993).
Sostanze tossiche
In letteratura, molte sostanze tossiche sono considerate potenziali agenti mutageni e/o cancerogeni, tra queste possiamo ricordare solventi organici come vernici, mastici, colle, smalti contenenti benzolo o anilina; esteri organofosforici come pesticidi; fumi industriali e smog (Ritz et al., 2002); gas anestetici; prodotti chimici (Shaw et al., 2003) come acidi forti utilizzati a scopo disinfettante; isotopi radioattivi come la timidina triziata; metalli pesanti; cementi, amianto.
Il tipo ed il rischio di malformazioni causate dall’esposizione a tali sostanze dipende, in genere, sia dalla dose espositiva che dall’età gestazionale (Brent, 2004).
L’esposizione materna a solventi organici è stata associata con un aumentato rischio di difetti interventricolari e cardiopatie congenite più complesse, quali la sindrome del cuore sinistro ipoplasico, la coartazione dell’aorta e la tetralogia di Fallot (Ferencz et al., 1997). Inoltre, l’associazione tra difetti troncoconali e il lavoro materno nel settore agricolo ha suggerito un possibile ruolo di pesticidi ed erbicidi nell’induzione di anomalie cardiache congenite (Adams et al, 1989; Ferencz et al., 1997).
I nostri dati mostrano una forte associazione tra l’esposizione ambientale dei singoli genitori e il rischio di cardiopatie congenite. In aggiunta, abbiamo osservato un forte effetto additivo per l’esposizione di entrambi i genitori. Le maggiori fonti di esposizioni ambientali registrate nel nostro studio hanno compreso: sostanze chimiche, centrali elettriche, colle e mastici, calce,pesticidi, ed amianto.
Suscettibilitá genetica
Evidenze epidemiologiche sempre più consistenti, suggeriscono che la suscettibilità genetica individuale contribuisca in maniera rilevante all’insorgenza di difetti
congeniti, specialmente se associata ad esposizioni ambientali (Carmichael et al., 2006).
Infatti, diversi polimorfismi di geni che codificano per enzimi delle vie metaboliche e di riparazione del DNA, modulando le diverse attività enzimatiche, possono creare le basi per differenze interindividuali nel rischio di sviluppare patologie, soprattutto in relazione allo stile di vita dei genitori ed alla loro storia di esposizione a sostanze dannose.
In particolare, esistono interessanti dati sull’interazione tra la presenza di varianti genetiche della Glutatione S-transferasi M1 e T1, nei genitori o nei figli affetti, ed il rischio di avere un’anomalia congenita. Van Rooij et al. (2001) hanno osservato, infatti, una forte associazione tra il genotipo nullo della GSTT1 nella madre ed il rischio di difetti orofacciali nel figlio (OR=4.9).
Altri studi hanno riscontrato una forte interazione tra il genotipo nullo della GSTM1 e della GSTT1 nel figlio e la presenza di anomalie congenite orofacciali, soprattutto in relazione alle abitudini al fumo della madre (Lammer et al., 2005; Shi et al., 2007; Chevrier et al., 2008).
Queste osservazioni suggeriscono come l’effetto di sostanze tossiche sul feto possa essere modulato dal background genetico sia dei genitori che del figlio stesso.
Tuttavia, poche informazioni sono, al momento, disponibili sulla possibile associazione tra polimorfismi della GST nella progenie e rischio di anomalie congenite, soprattutto in relazione all’esposizione dei genitori a sostanze potenzialmente dannose.
In questo contesto, i nostri dati hanno mostrato una frequenza maggiore del genotipo nullo della GSTM1 nei bimbi affetti da cardiopatie congenite in relazione alla storia positiva di esposizione della madre.
Inoltre, un dato sorprendente sembra essere quello del possibile effetto protettivo del genotipo nullo della GSTT1 nel bambino in relazione al fumo paterno.
Una possibile spiegazione di questi risultati potrebbe risiedere nella capacità dell’enzima GSTT1 di attivare alcune sostanze presenti nel fumo di sigaretta in forme più tossiche (Wienke et al., 1995). Infatti, sebbene le GST si comportino come scavenger nei confronti di composti elettrofili come gli epossidi, agiscono anche come attivatori metabolici, producendo intermedi potenzialmente mutageni per le cellule (Landi, 2000; Masetti et al., 2003).
CONCLUSIONI
L’esposizione dei genitori a fattori ambientali potenzialmente dannosi durante il corso della loro vita è associata ad un rischio maggiore di generare figli con cardiopatie congenite.
Inoltre, un ruolo fondamentale nel modulare questo rischio sembra essere svolto dalla componente genetica ed, in particolare, dalle varianti genetiche della GSTM1 e GSTT1.
In questo contesto, il background genetico non solo dei genitori ma anche dei figli, sembra rivestire un ruolo primario nell’influenzare l’effetto delle esposizioni ambientali parentali.
Anche se questo è solo uno studio preliminare, sottolinea in maniera determinante l’importanza di valutare, sia i fattori di rischio a carico della madre durante il periodo gestazionale, sia l’esposizione di entrambi i genitori in periodi anche molto antecedenti il concepimento.
Ulteriori studi sono, comunque, necessari per confermare queste associazioni soprattutto allo scopo di individuare nuovi fattori genetici e ambientali coinvolti, al fine di chiarire l’eziopatogenesi multifattoriale delle cardiopatie congenite e instaurare così, adeguate misure preventive.
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