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1. MERIDEL LE SUEUR 1.1. Vita e opere

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1. MERIDEL LE SUEUR

1.1. Vita e opere

Born out of the caul of winter in the north, in the swing and circle of the horizon, I am rocked in the ancient land. […] I was born in winter, the village snow darkened toward midnight, footsteps on boardwalks, the sound of horses pulling sleighs, and the ring of bells. […] It was in the old old night of the North Country. The time of wood before metal. Contracted in cold, I lay in the prairie curves of my mother, in the planetary belly, and outside the vast horizon of the plains, swinging dark and thicketed, circle within circle1.

Con queste parole Meridel Le Sueur tratteggia i dettagli della propria nascita avvenuta nel febbraio del 1900 a Murray, in Iowa, nella terra “dark and spectral”2 di quel Midwest che l’autrice considererà per sempre la propria casa e dove tornerà spesso nell’arco della vita. Nel 1910, dopo la nascita del secondo figlio, la madre, Marian, lasciò il primo marito, William Wharton, in un periodo in cui il divorzio era un atto ben poco tollerato all’interno della comunità protestante, soprattutto se voluto da una donna.

1

M. LE SUEUR, “The Ancient People and the Newly Come”, in E. Hedges (a cura di),

Ripening Selected Work, 1927-1980, The Feminist Press, New York 1982, pp. 39-62, qui

p. 39.

2

M. LE SUEUR, “Corn Village”, in Salute to Spring, International Publishers, New York 1940, pp. 7-25, qui p. 16.

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Gli Wharton vivevano in Texas, uno stato che impediva a una donna divorziata di ottenere la custodia dei figli, perciò Marian scappò, portandoli con sé, e si recò in Oklahoma dalla madre, Mary Antoniette Lucy. Le Sueur ricorda di aver vissuto l’infanzia e l’adolescenza circondata dall’affetto di tre donne che rimarranno per lei dei punti di riferimento: la nonna, puritana di terza generazione e tra le prime ferventi colonizzatrici dell’Oklahoma, che, dopo aver divorziato da un marito che “was drinking up the farms her father left her”3, divenne membro attivo della Women’s Christian Temperance Union impegnandosi nella difesa dei diritti delle donne e nella lotta contro l’alcolismo; la madre che, in seguito al divorzio, si guadagnò da vivere lavorando per il “Chautauqua Institute”, un’associazione che organizzava conferenze itineranti rivolte all’educazione dei villaggi rurali; e Zona, un’indiana d’America che Le Sueur descrisse nel saggio “The Ancient People and the Newly Come” e alla quale era legata da un forte legame affettivo, che introdusse l’autrice ai misteri della natura e della terra.

I grew in the midst of this maternal forest, a green sapling, in bad years putting my roots deep down for sustenance and survival. It was strange and wonderful what these women had in common. They knew the swift linear movement of a changing society that was hard in women. They had suffered from men, from an abrasive society, from the wandering and disappearance of the family4.

Nel 1914, Marian si trasferì con i figli a Fort Scott, in Kansas, dove iniziò a insegnare al People’s College, una scuola per lavoratori, e dove conobbe Arthur Le Sueur che sposò tre anni dopo. Arthur era presidente del College, era stato a lungo sindaco di Minot, nel Nord Dakota, aveva fondato il giornale radicale Iconoclast e, insieme a Marian, il “college magazine” People’s News, la cui linea editoriale era racchiusa nello slogan “To remain

3

M. LE SUEUR, “The Ancient People and the Newly Come”, in E. Hedges (a cura di),

Ripening, cit., pp. 39-62, qui p. 43. 4

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IX

ignorant is to remain a slave”5. La madre e il patrigno di Le Sueur dedicarono l’intera vita all’attivismo politico, divenendo membri di varie organizzazioni socialiste americane come i Populists, la Non-Partisan League, l’Industrial Workers of the World (IWW), il Socialist Party e il Farmer-Labor Party. La casa dei Le Sueur a Fort Scott e poi quella di St. Paul, in Minnesota, erano spesso frequentate da altri attivisti e intellettuali di rilievo come John Reed, Theodore Dreiser, Helen Keller, Emma Goldman, Eugene Debs, Alexander Berkman, Margaret Sanger e Carl Sandburg. Durante i primi anni dell’adolescenza, Le Sueur si trovò immersa in questo ambiente politicamente impegnato che l’aiutò a formarsi una coscienza politica e a credere fermamente nell’ideale dello scrittore-lavoratore e dell’artista come attivista e rivoluzionario.

In quel periodo, precisamente nell’aprile del 1914, si verificò un evento che colpì profondamente la scrittrice, al punto da divenire soggetto di una delle sue ultime opere, The Dread Road (1991), e che rappresentò la prima vera presa di coscienza di quello che sarebbe stato il proprio futuro dedicato all’impegno politico. Si tratta del cosiddetto “Ludlow Massacre” culmine di uno sciopero organizzato da 11.000 operai che lavoravano nelle miniere della famiglia Rockefeller e durato sette mesi. Il giorno del massacro la National Guard, inviata dal governatore del Colorado e pagata dalla stessa famiglia Rockefeller, attaccò le varie postazioni dei minatori fino a giungere all’accampamento di Ludlow, dove si trovavano anche donne e bambini. Tredici persone persero la vita tra le fiamme dell’accampamento e altre tredici furono uccise dai soldati. Per solidarietà nei confronti delle vittime del massacro e protesta verso il governo, la famiglia Le Sueur organizzò una marcia alla quale presero parte gli studenti del People’s College e la stessa Meridel che marciò al fianco della madre.

A soli sedici anni Le Sueur decise di abbandonare gli studi perché poco

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Cfr. L. COLTELLI, Le radici della memoria. Meridel Le Sueur e il radicalismo

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convinta del percorso letterario scelto e perché stanca dell’ostracismo dimostratole in quanto figlia di socialisti. La madre decise, quindi, di mandarla a studiare a Chicago presso la Bernarr McFadden’s Physical School, una scuola di ginnastica e danza. In seguito Le Sueur si trasferì a New York dove visse in una comune anarchica insieme ad Alexander Berkman ed Emma Goldman e dove studiò recitazione presso l’American Academy of Dramatic Art. Durante questo periodo, fu testimone delle lotte degli attivisti radicali contro la guerra e delle persecuzioni subite da questi ultimi, che sfociarono nella deportazione di Berkman, della Goldman e di altre centinaia di radicali.

Delusa dall’ambiente teatrale newyorkese, in cui per altro veniva impegnata solo come comparsa o in ruoli stereotipati di donne, nel 1922 Le Sueur si trasferì a Hollywood sperando di intraprendere una fortunata carriera nel cinema che si andava affermando come la più fiorente industria dello spettacolo. Anche qui, però, dovette scontrarsi con la difficoltà di farsi accettare in quanto donna e, per garantirsi il minimo sostentamento che le permettesse di scrivere, dovette accontentarsi di lavorare come “stunt woman” e cameriera. Dopo aver rifiutato il consiglio di uno studio cinematografico, che le avrebbe offerto un contratto remunerativo se si fosse sottoposta a un’operazione di chirurgia estetica per addolcire i tratti del suo “semitic nose”, decise di abbandonare Hollywood. Iniziò quindi a lavorare presso il Children’s Theater di Barkeley e il Little Theater di Sacramento al fianco di Harry Rice (Yasha Rabanov), un emigrato russo che aveva trascorso alcuni anni in prigione a Leavenworth perché obiettore di coscienza e che sposerà nel 1926.

Nel 1924, Le Sueur si iscrisse al Partito Comunista degli Stati Uniti (CPUSA) e cominciò a sentir nascere dentro di sé il desiderio di dedicarsi a una scrittura che affrontasse le tematiche che avevano nutrito la propria esperienza personale e quella delle persone con le quali era venuta a contatto. Iniziò quindi a scrivere regolarmente per il giornale del partito, il

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Daily Worker. Questo stesso anno segna, inoltre, il momento di distacco di Le Sueur dagli ideali politici dei genitori che rimarranno sempre fedeli al socialismo, ma che, secondo la scrittrice, si facevano promotori di un’attività politica non sufficientemente rivoluzionaria, probabilmente a causa dell’estrazione sociale borghese che impediva loro di comprendere a pieno la necessità di impegnarsi in prima linea per il sostegno della causa popolare.

La produzione letteraria di Le Sueur durante gli Anni Venti comincia a esplorare temi che l’autrice svilupperà nel corso di tutta la sua opera. Figura centrale nella scrittura di quegli anni è una giovane ragazza curiosa, ma nello stesso tempo timorosa per quello che la vita le prospetta, e che l’autrice delinea mettendo per iscritto i propri sentimenti e le proprie esperienze personali. Nel 1927, dietro consiglio di Zona Gale e Margery Latimer, due scrittrici e attive femministe a lei contemporanee, Le Sueur pubblica su The Dial la sua prima short story, dal titolo “Persephone”, scritta in un periodo di crisi emotiva dovuta alla deludente esperienza nel mondo del cinema e alla lontananza dalla madre dalla quale si sentiva respinta. In questo racconto la scrittrice affronta per la prima volta delle tematiche che diventeranno centrali nella sua formulazione dell’esperienza femminile: la separazione dalla madre, la figura della donna (o della terra) ferita e violata, la rinascita dall’oscurità e il ritorno alla madre e al mondo delle donne6. In altri racconti, invece, l’attenzione viene spostata sulle vite di donne della “working class” o di pionieri del Midwest, quindi di personaggi anonimi che ispireranno la sua intera produzione. È questo il caso di “The Laundress” (1927) e “Our Fathers” (pubblicato nel 1937 e poi ampliato nel romanzo I Hear Men Talking che Le Sueur iniziò negli Anni Venti, ma terminò negli Anni Ottanta). In quegli stessi anni, scrisse altri racconti, che verranno, però, pubblicati in seguito, nei quali tratta un tema, quello della sessualità delle donne, fino allora poco se non per nulla

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esplorato in modo così diretto e soprattutto da una prospettiva femminile: “Harvest” (1929), “Spring Story” (1931), “Wind” (1935) e “The Horse” (1939). Di grande ispirazione fu, nella scrittura di queste short stories, la lettura di D. H. Lawrence, che, come ebbe a dire la scrittrice, le salvò la vita e l’aiutò a liberarsi dai retaggi repressivi del puritanesimo7.

Nel 1927, mentre si trovava in prigione per aver partecipato alla protesta contro l’esecuzione dei due anarchici italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, la scrittrice prese la decisione di avere un figlio. Nel 1928 nacque la prima figlia, Rachel, e nel 1930 la seconda, Deborah. La decisione di diventare madre non fu supportata dal marito, che sosteneva che mettere al mondo dei figli in un periodo di così grande instabilità – sia dal punto di vista politico, economico e sociale che personale − fosse un atto irresponsabile più che un dono, come amava definirlo Le Sueur e come lo descriverà in “Annunciation” (1935), il racconto che iniziò a scrivere in occasione della prima gravidanza. Anche le amiche scrittrici e attiviste si trovarono in disaccordo con la decisione di Le Sueur, e sottolinearono quanto un figlio le avrebbe impedito di dedicarsi alla carriera letteraria e all’attivismo politico8.

Poco prima della nascita di Rachel, Le Sueur ritornò a vivere nella casa dei genitori in Minnesota, dove, insieme al marito, ai fratelli e alle loro mogli, affrontò gli anni della Depressione svolgendo lavori di ogni genere. Trascorsi alcuni anni dalla nascita della seconda figlia, Le Sueur divorziò dal marito Harry Rice e, in occasione della sentenza, la scrittrice chiese al giudice di poter conservare il solo nome da ragazza, richiesta insolita per quel periodo, ma che dà conto della forte personalità della scrittrice e del suo desiderio di affermarsi in quanto donna.

Durante gli Anni Trenta, Meridel Le Sueur si impegnò in varie attività

7

Ibidem, p. 6.

8

Cfr. C. COINER, Better Red The Writing and Resistance of Tillie Olsen and Meridel Le

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ottenendo i primi successi letterari e rendendo più concreto il proprio impegno politico: iniziò a lavorare per il New Deal Federal Writers’ Project, entrò a far parte della Worker’s Alliance e del John Reed Club di Chicago – una fervente organizzazione culturale diffusa in tutti gli Stati Uniti, che riuniva scrittori e artisti – partecipò all’American Writers’ Congress e fondò nel 1936, con Dale Kramer, il Midwest Magazine. Poiché gli anni della Depressione videro allargarsi e diventare collettiva quella ferita che l’autrice sentiva sulla propria carne, Le Sueur scrisse vari reportage, racconti e articoli, che vennero pubblicati, tra gli altri, su New Masses, Scribener’s, Partisan Review e Yale Review, riguardo gli scioperi dei lavoratori, i diritti delle donne e della “working class”, i disagi delle persone costrette a recarsi alle “breadlines” e la disoccupazione. In questo periodo, quindi, la sua scrittura si fece più militante e partecipe, perchè, come ricorda Neala Schleuning, “for Meridel, with both feet firmly planted in the picket line, writing was not the expression of abstract ideology, but of ideology forged in the struggle to get meat on the supper table”9. Tra gli scritti più rappresentativi di questo periodo, ricordiamo i due reportage “Women on the Breadlines” (1932) e “I Was Marching” (1934).

Questi furono gli anni di più intensa attività letteraria per Le Sueur, infatti, scrisse circa venti reportage, una trentina di short stories, il romanzo The Girl (iniziato nel 1939 e pubblicato nel 1978) e svariati articoli e poesie. Al di là della necessità di descrivere la realtà socio-economica del periodo, Le Sueur sentì il bisogno di approfondire le tematiche introdotte nei racconti della decade precedente: le esperienze di vita delle donne della “middle” e “working class”. Nacquero quindi “Psyche” (1935), “The Trap” (1933), “Fudge” (1933) e “The Girl” (1936).

Nel 1940, fu pubblicata Salute to Spring, una raccolta di una selezione di articoli e racconti scritti dall’autrice durante gli Anni Trenta, e che

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N. SCHLEUNING, America: Song We Sang Without Knowing. The Life and Ideas of

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rappresentò un importante riconoscimento del suo valore letterario. Durante gli Anni Quaranta, Le Sueur continuò a dedicarsi alla scrittura e all’attività politica. Nel 1943, vinse la Rockefeller Historical Research Fellowship che le permise di dedicarsi alla scrittura del romanzo North Star Country (1945), una storia sul Midwest e i suoi abitanti solo in parte apprezzata dalla critica che ne esaltò la parte folcloristica, ma criticò quella storica perché fuorviante.

Sul finire degli Anni Quaranta, con l’inizio della Guerra Fredda, per Le Sueur cominciò un periodo terribile del quale diede testimonianza nel reportage “The Dark of the Time” (1956). Con il diffondersi dell’anti-comunismo, la soppressione del Farmer-Labor Party e la politica del Senatore McCarthy, infatti, la sua creatività e la sua vita politica furono costantemente attaccate. Fu inserita nella “lista nera” degli artisti in quanto membro del CPUSA, fu costantemente tenuta sotto controllo dall’FBI, fu allontanata da varie case editrici e le fu negato perfino il sostentamento che le proveniva dall’insegnamento ai corsi di scrittura creativa, che teneva alla Young Women Christian Association, in quanto i suoi studenti vennero dissuasi dal parteciparvi.

Dagli Anni Cinquanta agli Anni Settanta circa, Le Sueur quasi scomparve dalla scena letteraria. Continuò tuttavia a interessarsi ai problemi del periodo e intraprese vari viaggi in autobus per poter parlare direttamente con le persone dei disagi che vivevano, per porre loro delle domande e raccogliere le loro storie. Ne risultarono diversi articoli pubblicati sui giornali Masses e Masses and Mainstream. Si dedicò, inoltre, alla scrittura di libri per bambini, pubblicati dall’editore Alfred Knopf, nei quali descrisse alcuni episodi e personaggi della storia americana.

Nel 1950 e nel 1954 morirono tre persone molto importanti nella vita di Le Sueur: il padre Arthur, la madre Marian e il pittore Robert Brown che era stato suo compagno per venticinque anni. Queste perdite le fornirono l’occasione per scrivere Crusaders (1955), il romanzo che testimonia

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l’attivismo dei genitori e la fiducia della scrittrice nelle tradizioni popolari del Midwest.

Dagli Anni Sessanta la sua opera conobbe un rinnovato interesse dovuto alla nascita e allo sviluppo dei movimenti femministi, guidati da quelle donne per le quali Le Sueur aveva sempre scritto. Molte delle sue opere furono quindi ripubblicate, come nel caso delle short stories incluse in Salute to Spring (1977), Song for My Time (1977) e Harvest (1977) e altre fino allora sconosciute furono pubblicate per la prima volta, come la raccolta di poesie Rites of Ancient Ripening (1975) e il romanzo The Girl (1978). Nel 1982, The Feminist Press pubblicò un’antologia di racconti scritti tra il 1927 e il 1980 dal titolo Ripening Selected Work e nel 1990 la West End Press ristampò nel volume Harvest Song alcuni racconti che non erano stati inclusi nelle raccolte precedenti. In questo periodo Le Sueur continuò il proprio impegno politico partecipando alle iniziative promosse dal Peace Movement e dallo Youth Movement e a numerose marce per la pace e per la rivendicazione dei diritti degli oppressi, come la Peace March e la Poor People’s March a Washington D.C.

Durante la vecchiaia, anche lei, come la madre e la nonna, si dedicò all’attività di “lecturer” parlando di argomenti legati alla politica e alla questione femminile e leggendo le sue opere.

Morì nel novembre del 1996 dopo aver dedicato anche l’ultimo periodo della propria vita alla scrittura e al sostegno degli altri.

She dedicated her life to documenting the pain and joy of twentieth century America. Her passion was always for the prairie and the wind-swept faces of the people. In the great middle space of the continent her unhampered vision found home10.

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1.2. L’America di Meridel Le Sueur

Meridel Le Sueur ha percorso quasi interamente il secolo scorso non solo con la propria vita, ma anche e soprattutto con la propria opera. All’interno dei suoi reportage, dei suoi racconti e dei suoi articoli vengono infatti descritti tutti gli aspetti che hanno caratterizzato la vita sociale e politica americana dalla fine degli Anni Venti agli Anni Ottanta.

Per meglio comprendere la scrittura di Le Sueur è utile delineare anche la sua visione politica, che tanta influenza ha avuto nella vita e nella produzione dell’autrice. L’orientamento politico di Le Sueur si nutre dell’integrazione di populismo, femminismo, marxismo e delle filosofie degli indiani d’America con i quali entrò in contatto soprattutto tra gli Anni Cinquanta e Settanta. Tutte idee che l’autrice aveva approfondito attraverso la lettura di Marx e la partecipazione attiva alla realtà sociale, ma anche e soprattutto perché conobbe la sua prima formazione nei territori del Midwest in cui erano ferventi i movimenti anarchici e radicali.

Le Sueur nacque in un periodo in cui nel Midwest si andava diffondendo il movimento socialista di Eugene Debs, accompagnato dalle prime manifestazioni di quello femminista di Susan Anthony. Nella sua casa nel Midwest, circondata da un clima socialista e femminista, e immersa nelle manifestazioni progressiste delle comunità contadine e dei lavoratori, Le Sueur entrò ben presto in contatto con le idee di tali movimenti e potè nutrire le proprie curiosità attraverso la lettura del giornale preferito dei genitori, The Appeal to Reason. Nel saggio autobiografico “The Ancient People and the Newly Come” (1976), la scrittrice sottolinea l’importante ruolo rivestito dai propri genitori e dalle persone che frequentavano la loro casa per la sua personale presa di coscienza riguardo alla realtà politica e sociale del momento, ma anche riguardo al proprio futuro da attivista:

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Dayton Avenue there came the dissidents, the brave exploded root, the radicle. I think the IWWs had the greatest influence on me. They believed that only from the working class could come the poets and the singers, the prophets, the heroes, and the martyrs11.

In seguito all’iscrizione al Partito Comunista, portò avanti queste idee attraverso la scrittura per i giornali del partito, New Masses e Daily Worker, e mentre i discorsi di Debs e della Anthony sono depositati in archivi, le testimonianze di Le Sueur sono sopravvissute fino ad oggi e hanno suscitato l’interesse delle generazioni successive12. Questo perché nei suoi testi trovarono spazio non solo discorsi riguardo ai dibattiti all’interno del CPUSA, come quelli a proposito del ruolo del partito nella letteratura e rispetto alla questione femminile, ma anche riflessioni attente e partecipi relative ai disagi delle masse di contadini e lavoratori colpiti dalla Grande Depressione, dall’avvento del Capitalismo e dalle numerose guerre combattute nel corso del 1900 (in particolare la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra in Corea).

Durante i tanti anni dedicati all’impegno politico, Le Sueur prese parte a numerose manifestazioni pur non volendo mai intraprendere la carriera politica. Il suo intento, infatti, non era quello di far sentire la propria voce in merito alle lotte sociali o alle questioni politiche, quanto più quello di descrivere questi fatti attraverso le parole di chi ne faceva esperienza diretta, al fine di creare una “communal sensibility”, quindi un impegno collettivo concreto e che prendesse le mosse non solo dall’ideologia, ma anche e soprattutto dal sociale: “there is no meaningless conversation for Le Sueur – always she speaks for the social and political struggle – to fight

11

M. LE SUEUR, “The Ancient People and the Newly Come”, in E. Hedges (a cura di),

Ripening, cit., pp. 39-62, qui pp. 59-60. 12

Cfr. N. R. ROBERTS, Three Radical Women Writers. Class and Gender in Meridel Le

Sueur, Tillie Olsen, and Josephine Herbst, Garland Publishing, New York-London 1996,

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oppression, to love the land, to work collectively to be free”13. Come evidenzia Shulman, l’idea portata avanti da Le Sueur è quella di una “people’s culture”14 che viene dall’autrice celebrata in contrapposizione alla dominante cultura americana capitalistica, WASP e di stampo prettamente maschilista.

1.2.1. Origini e sviluppi della letteratura proletaria

We can see the people of the thirties, we can hear their voices, as though we watched a newsreel – that peculiar apt symbol of the time – yet we can reexperience only by an effort the actual emotional weather through which those people (we ourselves) walked. We see in the newsreel the spurting ticker tape as the stock market crashes, the silent men at closed factory gates, the apple sellers on street corners, the bread lines, the picket lines, the families defiant on the porches of mortgaged farmhouses, and the black dust storms in the sky; then the speakers on city sidewalks, in parks, in hired halls, in auditoriums, the speakers fronted by faces or microphones; then the dams and the bridges and the post-office murals and the crowded union halls, the newspapers headlines, the rattletrap cars along Route 66, and more headlines, the factory gates opening in slow montage, and the sudden explosion of war which fills the screen15.

In questo scenario confuso e desolato successivo al crollo economico del 1929, quel catastrofico evento che sconvolse l’America degli Anni Trenta, ma che avrà ripercussioni sul pensiero e l’organizzazione del paese

13

N. SCHLEUNING, America: Song We Sang Without Knowing, cit., p. 103.

14

R. SHULMAN, “Political Art and Ethnicity. The Radical Discourse of Meridel Le Sueur”, in W. Boelhower (a cura di), The Future of American Modernism. Ethnic Writing

Between the Wars, VU University Press, Amsterdam 1990, pp. 217-242, qui p. 217. 15

W. B. RIDEOUT, The Radical Novel in the United States 1900-1954. Some

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anche nei decenni successivi, fece la sua prima comparsa la cosiddetta “proletarian novel” espressione della neonata “proletarian literature”. Di fronte al caos e alla povertà del periodo, infatti, molti artisti si resero conto che il tempo del romanzo modernista con le sue indagini sul singolo individuo era ormai giunto al termine, quello di cui ora avevano bisogno i lettori erano “considerations of the health of a people collectively”16, quindi opere che mettessero in rilievo le reali condizioni sociali delle persone e dipingessero gli aspetti negativi che il sistema capitalistico portava con sé.

Secondo Rideout, per letteratura proletaria si intende una seconda fase di sviluppo della “radical novel” la quale possiede come principio fondatore quello di esprimere, attraverso la forma letteraria del romanzo, un punto di vista marxista riguardo alla società. In questa prospettiva, la prima fase della “radical novel” fa riferimento agli inizi del Novecento ed è espressione di scrittori vicini al socialismo, mentre la seconda fase, quella appunto che muove i primi passi dagli Anni Trenta, è prodotta principalmente da scrittori influenzati dalle idee comuniste17. L’obiettivo principale della “radical novel” è quello di descrivere un dissenso da parte dello scrittore nei confronti del sistema socio-economico imperante (quello capitalista), il quale impone sofferenza agli individui e che quindi deve essere avversato e modificato. In altre parole, la scrittura non può fermarsi alla semplice constatazione che nella società vi è qualcosa di sbagliato, ma deve impegnarsi nel proporre una riflessione e un cambiamento. Il primo esempio di questa nuova forma di scrittura è il romanzo By Bread Alone di Isaac Kahan Friedman pubblicato nel 1901.

Dai primi Anni Venti, ebbe inizio la polemica riguardo alla letteratura proletaria che, innanzitutto, necessitava una definizione programmatica. Fu quindi nel 1921 che Michael Gold pubblicò su The Liberator − il giornale,

16

L. WAGNER-MARTIN, The Modern American Novel 1914-1945: a Critical History, Twayne Publishers, Boston 1990, p. 96.

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ideato da Max e Crystal Eastman, che nel 1918 succedette a The Masses – un articolo intitolato “Towards Proletarian Art” definendo il termine “proletario” come sinonimo di “radicale” e stabilendo come elemento caratteristico della nuova letteratura l’identificazione dello scrittore con il lavoratore impegnato nella lotta di classe e la necessità di descriverne i pensieri, le azioni e i problemi con i quali doveva rapportarsi nella lotta al capitalismo. L’articolo di Gold diede inizio a un lungo dibattito che vide come protagonisti altri scrittori convinti della necessità di dar vita a romanzi radicali e che, a loro volta, tentavano di dare una definizione più precisa al termine “proletarian”, al fine di chiarire la posizione che l’artista e la sua opera dovevano tenere nel nuovo contesto letterario e sociale. Nel 1924, ad esempio, Victor Francis Calverton, direttore di The Modern Quarterly, pubblicò il saggio “Proletarian Art”, nel quale dichiarò che il futuro dell’arte si trovava nelle mani della letteratura proletaria, la quale doveva essere “undecoratedly realistic in form, comprehensive of all experience in content, and permeated with the sense of the collective as opposed to the individual”18. Il dibattito vide contrapporsi due schieramenti di scrittori: il primo gruppo comprendeva gli scrittori legati al giornale New Masses – che nel 1926 era succeduto a The Liberator con la direzione, tra gli altri, di Joseph Freeman e lo stesso Gold. Questi sostenevano che la letteratura proletaria fosse possibile e soprattutto immediatamente realizzabile: sia attraverso la rinuncia agli esperimenti formali della letteratura borghese e modernista, sia tramite lo sviluppo di nuove forme adatte alla letteratura proletaria. Il secondo gruppo, invece, riuniva scrittori vicini a The Partisan Review – trimestrale fondato nel 1934 da William Phillips e Philip Rahv. Questi intellettuali, influenzati dalla lettura di Literature and Revolution di Leon Trotsky, ritenevano impossibile la realizzazione di una letteratura proletaria “ex abrupto”, piuttosto evidenziavano la necessità di trarre esempio dalle espressioni letterarie precedenti prendendo in prestito quei

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tratti che potevano adattarsi alla letteratura della classe operaia.

Sul finire degli Anni Venti, l’America fu sconvolta dal tristemente famoso “October crash” che fece piombare il paese, dal 1929 al 1932, nel periodo più disastroso che avesse mai conosciuto e che sarà ricordato come il periodo della “Great Depression”. Durante gli anni della depressione, i cittadini americani videro sgretolarsi le certezze avute fino a quel momento e sia il “business man” sia il “working class man” si trovarono a dover lottare ogni giorno per ottenere cibo e lavoro. In questo contesto lo sguardo si rivolgeva all’Unione Sovietica che proprio in quel periodo aveva terminato con successo il primo piano quinquennale avviando il paese alla crescita industriale e migliorando le condizioni della popolazione. Tra il popolo e gli intellettuali americani, quindi, crebbe il consenso verso il modello sovietico e il Partito Comunista, che sembrava capace di garantire speranze e miglioramenti. Famosa è al riguardo la frase pronunciata da Lincoln Steffens, giornalista tra i massimi esponenti dello stile “muckraking”, che dopo aver visitato l’Unione Sovietica sostenne: “I have seen the future, and it works”19. A questo punto, il programma della letteratura proletaria si fece ancora più urgente e deciso.

Fu ancora una volta Michael Gold a dare inizio a un nuovo dibattito, quando, nel 1930, pubblicò su New Masses l’articolo “Notes of the Month”, una nuova proclamazione contenente le caratteristiche che dovevano riconoscersi come proprie del “proletarian realism”. Questo doveva descrivere gli uomini appartenenti alla “working class”, le loro esperienze e le loro attività, con precisione tecnica e dovizia di particolari, doveva contenere tematiche sociali presentate con slancio rivoluzionario, e tutto ciò doveva essere raccontato in modo conciso, chiaro e diretto, senza ricorrere a effetti melodrammatici in quanto la vita stessa era intrisa di melodramma20. In seguito alle regole dettate da Gold, nacquero ulteriori perplessità

19

Citato in C. COINER, Better Red, cit., p. 17.

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all’interno della sinistra letteraria, dovute da un lato alla rigidità di tali regole, che, secondo alcuni, avrebbero con il tempo decretato la fine del genere, e dall’altro ai dubbi riguardo all’esatta definizione del termine “proletario”. Vi erano, infatti, critici secondo i quali tale termine indicava una forma di scrittura realizzata da un membro della “working class” e che riguardava personaggi ed esperienze relative a questa classe sociale; e altri che sottolineavano che la classe sociale d’appartenenza dello scrittore non fosse rilevante quanto l’ideologia della quale doveva nutrire la propria opera, che doveva analizzare la società secondo l’ottica marxista. Gli scrittori quindi si chiedevano se l’attenzione dovesse rivolgersi al punto di vista o all’argomento trattato. A porre fine alla discussione e a chiarire le idee contribuì l’American Writers’ Congress del 1935, durante il quale Waldo Frank affermò:

The term “proletarian” applied to art should refer to the key and vision in which the work is conceived, rather than to subject. [...] A story of middle-class or intellectual life, or even of mythological figures, if it is a light with revolutionary vision, is more effective proletarian art – and more effective art for proletarians – than a shelffull [sic] of dull novels about stereotyped workers21.

Rideout segnala i quattro gruppi principali di tematiche affrontate dai romanzi proletari:

1) those centered about a strike; 2) those concerned with the development of an individual’s class-consciousness and his conversion to Communism; 3) those dealing with the “bottom dogs”, the lowest layers of society; and 4) those describing the decay of the middle class22.

Gli esempi più rappresentativi di ciascun gruppo sono: Strike! di Mary Heaton Vorse (1930), Conveyor di James Steele (1935), Bottom Dogs di

21

Citato in W. B. RIDEOUT, The Radical Novel in the United States, cit., p. 168.

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Edward Dahlberg (1930) e Judgement Day di James T. Farrell (1935). Accanto a queste tematiche principali se ne possono segnalare alcune di ordine secondario: i problemi relativi all’anti-semitismo, le relazioni tra bianchi e neri, eventi riguardanti la storia americana, l’avversione alla guerra e la vita e le esperienze di membri del Partito Comunista.

L’American Writers’ Congress aprì anche un altro argomento di discussione: il ruolo dell’arte nella cultura americana e le relazioni tra arte e politica. I vari partecipanti giunsero a un accordo riguardo alla necessità di dar vita a un’arte che non fosse fine a se stessa, bensì al servizio della società. Tuttavia, se da una parte vi erano critici che ritenevano fondamentale che le opere fossero radicate nella società e facessero riflettere anche sulla base di un preciso pensiero politico, altri invitavano gli scrittori a non confondere l’arte con la propaganda, perciò se anche lo scrittore non poteva ignorare la politica non doveva fare della sua opera un luogo di diffusione d’ideologie.

Il periodo di maggior successo della letteratura proletaria fu quello compreso tra il 1928 e il 1935, il cosiddetto “Third Period” del CPUSA, durante il quale il partito rivolse l’attenzione ai lavoratori e ai problemi riguardanti la disoccupazione e la discriminazione delle minoranze etniche. Quando poi, in seguito all’avvento al potere di Adolf Hitler, l’Internazionale Comunista passò alla strategia del “Popular Front”, anche il CPUSA dedicò il suo impegno alla lotta contro il fascismo, mettendo in secondo piano l’interesse verso la lotta sociale e di classe. A questo punto, anche lo slancio verso la letteratura proletaria andò via via perdendo vigore, soprattutto verso gli ultimi Anni Trenta, e anzi venne data nuova visibilità ad alcuni scrittori che invece durante il periodo precedente erano stati messi da parte in quanto ritenuti eccessivamente borghesi.

Nel clima di dibattito all’interno della sinistra letteraria, anche Le Sueur espresse con decisione il proprio punto di vista. Secondo l’autrice, infatti,

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l’atteggiamento più consono agli scrittori a lei contemporanei doveva essere quello di una partecipazione attiva alla vita politica e sociale che si agitava intorno a loro. La scrittrice chiarì la propria posizione nell’articolo intitolato “The Fetish of Being Outside” (1935) scritto in risposta a un altro articolo pubblicato su New Masses dal poeta Horace Gregory, dal titolo “One Writer’s Position”. Gregory sosteneva la necessità di separare l’attività poetica da quella politica in quanto scrivere “in the heat of conflict”23 gli avrebbe impedito di essere oggettivo. Egli fu criticato dapprima da Edwin Seaver che, sempre su New Masses, obiettò che essere oggettivi era cosa impossibile in una realtà che vedeva opporsi la fazione sovietica e quella fascista e che prospettava l’imminenza di un secondo conflitto mondiale; e in seguito da Le Sueur che sosteneva l’obbligo dello scrittore di usare la scrittura come un’arma a sostegno della lotta di classe24. Secondo l’autrice, infatti, una delle principali responsabilità dell’arte doveva essere quella di esprimere il dramma sociale e l’impegno delle persone nella “human struggle”, unita a quella di tratteggiare la valenza collettiva di tale lotta. Per questo una delle tematiche centrali di gran parte della sua opera fu proprio l’importanza di creare un senso di comunità che si ponesse come forte alternativa all’individualismo borghese e capitalista. Il luogo che a Le Sueur sembrava più adatto all’attuazione di un impegno artistico e politico da parte dello scrittore e alla creazione di una comunità egalitaria, era il Partito Comunista. L’autrice sottolineava, per averla vissuta in prima persona, la difficoltà, per chi si era nutrito di una formazione di stampo borghese, di abbandonare un’ideologia quasi alienante per abbracciarne un’altra che, al contrario, faceva dell’attiva partecipazione uno dei principi fondamentali; tuttavia, riteneva ormai impraticabile una totale estraniazione di fronte a un

23

Citato in A. DAWAHARE, American Proletarian Modernism and the Problem of

Modernity in the Thirties: Meridel Le Sueur, Tillie Olsen, and Langston Hughes, UMI,

Ann Arbor 1994, p. 36.

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“movement” che era “natural, hardy e miraculous”25, come quello che descrisse in “I Was Marching”. Per Le Sueur e altri scrittori proletari quindi, l’impegno artistico andava di pari passo con quello politico e ciò rendeva quindi necessario uno schieramento politico. Qualora gli scrittori non si fossero schierati, avrebbero prodotto solo opere passive e apolitiche, incapaci di originare una riflessione e un movimento di animi e individui, e inoltre avrebbero offerto un tacito appoggio al capitalismo.

Proprio perché fermamente convinta della necessità di produrre una letteratura che accompagnasse la lotta politica e fosse espressione della realtà, Meridel Le Sueur accolse, in parte, le direttive del “proletarian realism” di Gold. L’autrice, infatti, fece della “working class” la protagonista di gran parte delle sue opere e promosse una scrittura che si riferisse alla situazione reale dei lavoratori e avesse una funzione sociale. Tuttavia, piegò tali direttive a uno stile, una scrittura e una tecnica narrativa del tutto personali, allontanandosi dalla sobrietà predicata da Gold e introducendo tematiche spesso avversate da quest’ultimo e dal partito.

1.2.2. La donna nell’America degli Anni Trenta

Nonostante lo slancio rivoluzionario e il desiderio di cambiamento rispetto al capitalismo e alla società borghese propagandato dall’ideologia comunista durante gli anni della Depressione, va sottolineato un aspetto che invece non conobbe sostanziali differenze rispetto alla situazione precedente: la posizione della donna. Questa mancanza di cambiamento era dovuta in parte all’assenza di un movimento femminista compatto – infatti, dopo la breve comparsa del movimento suffragista, le voci di protesta delle donne si fecero sentire sempre meno – e in parte al fatto che il potere fosse sempre gestito da uomini che ben poco si interessavano alla questione femminile. Dall’Unione Sovietica si era diffusa la considerazione secondo

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cui il ruolo secondario della donna, il fatto che fosse considerata un oggetto nelle mani del marito o del padre, e l’immagine stereotipata di madre, moglie e figlia alla quale era legata, non fossero altro che prodotti del capitalismo. Per questo motivo erano state promosse varie iniziative volte a dare nuovo valore e maggiori diritti alle donne, come: l’abolizione del diritto di proprietà del marito nei confronti della moglie, minori restrizioni in materia di divorzio, la legalizzazione dell’aborto e la possibilità di prendersi cura dei figli sul posto di lavoro. Il CPUSA tentò di adattare al contesto socio-culturale del proprio paese quanto proposto in Unione Sovietica e allo stesso modo attribuì le ragioni della disparità tra uomo e donna al retaggio capitalista del paese26. Il Partito si impegnò quindi ad ostacolare le leggi che impedivano qualsiasi forma di uguaglianza tra i sessi e creò delle riviste dedicate proprio alle donne, Working Woman e Woman Today; tuttavia si occupò di tale questione con poco vigore o comunque inserendola all’interno della problematica più generale della lotta di classe.

Durante gli anni della Depressione, le donne, ancor più degli uomini, soffrirono i problemi legati alla crisi economica, quindi la fame, la disoccupazione e, in molti casi, l’abbandono da parte dei loro compagni. In quel periodo, infatti, la possibilità di costruirsi una famiglia, di avere dei figli e di allevarli dignitosamente, divenne un’utopia; e ancor peggio, le donne che avevano già dei figli a carico spesso dovettero prendersene cura da sole, senza un lavoro e senza il sostegno di un marito.

La posizione occupata dalle donne nell’ambito letterario non era certo diversa dal ruolo rivestito all’interno della società e della famiglia, perciò le scrittrici dovettero lottare a lungo per farsi notare e sperare, se non in una posizione di parità rispetto ai propri colleghi uomini, quantomeno nel

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Cfr. L. COLTELLI, “Meridel Le Sueur. Connecting Class, Gender, Genre”, in M. Camboni (a cura di), Networking Women: Subjects, Places, Links Europe-America

Towards a Re-writing of Cultural History, 1890-1933, Edizioni di storia e letteratura,

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rispetto e nella valorizzazione della propria opera. Seppur i vari organi di diffusione culturale del CPUSA, quali i giornali New Masses e Working Woman, dettero la possibilità a molte scrittrici di vedere pubblicati i propri articoli, Paula Rabinowitz pone l’accento sulla natura prettamente maschilista di tali giornali e in particolare dei principi fondanti quel “proletarian realism” di cui Gold si fece promotore27. Gli eroi del romanzo proletario, infatti, spesso erano uomini impegnati nella lotta al capitalismo e quando le scrittrici facevano emergere figure femminili che lottavano per affrontare la fame e la disoccupazione, le loro opere venivano accolte con scetticismo o accompagnate da commenti volti a ridimensionare il punto di vista. Questo è quanto avvenne, ad esempio, alla pubblicazione del reportage di Meridel Le Sueur “Women on the Breadlines” su New Masses nel 1932. Il testo, infatti, fu accompagnato da una nota editoriale che sottolineava la natura eccessivamente disfattista del pezzo e invitava i lettori a prendere atto dell’impegno del partito a fornire aiuto alle donne descritte da Le Sueur.

Nel saggio “Worlds Unseen: Political Women Journalists and the 1930s”, Charlotte Nekola svolge un’indagine sulla presenza delle donne nel giornalismo americano degli Anni Trenta e, oltre a constatare la sporadica pubblicazione di articoli e reportage firmati da donne nei giornali del tempo, sottolinea le difficoltà affrontate da queste giornaliste per tentare di emergere e farsi apprezzare. Esse si occupavano di questioni quali scioperi, condizioni lavorative e problemi sociali allo stesso modo, se non con maggiore intensità, dei loro colleghi, e in più scrivevano di argomenti dedicati alla situazione delle donne in America o in altri paesi e alle loro condizioni e possibilità di lavoro, ma questi argomenti non incontravano i gusti del partito. Alcune giornaliste addirittura si recarono all’estero per

27

Cfr. P. RABINOWITZ, “Maternity as History: Gender and the Transformation of Genre in Meridel Le Sueur’s The Girl”, in «Contemporary Literature» 29(1988), 4, pp. 538-548, qui pp. 538-539.

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documentare in maniera diretta l’argomento del loro reportage, come nel caso di Josephine Herbst che viaggiò fino a Cuba per indagare sulla rivoluzione contadina a Realengo 18. I direttori dei giornali, però, tendevano a sottolineare l’effetto straniante suscitato dalla lettura di un articolo che presentava un punto di vista femminile sull’evento descritto; perciò, in varie occasioni, chiedevano un doppio parere sullo stesso episodio o affiancavano alla giornalista sul luogo d’indagine anche un reporter, del quale evidentemente si fidavano maggiormente.

L’aspetto però sul quale si deve concentrare l’attenzione è quello riguardante l’importante compito svolto da queste donne: esse, infatti, attraverso la scrittura hanno fatto conoscere al pubblico quel mondo privato che da sempre era considerato sfera d’azione della donna. Inoltre, attraverso l’impegno politico, hanno dimostrato la capacità femminile, ancor più che maschile, di sapersi destreggiare tra il pubblico e il privato, seppur con le difficoltà sopra descritte.

Nella produzione di Meridel Le Sueur, le donne hanno sempre rivestito un ruolo centrale, divenendo sia protagoniste della gran parte dei suoi reportage e dei suoi racconti, sia chiave di lettura della sua poetica. Le Sueur si dedicò fin dall’inizio della carriera letteraria alla descrizione della “culture of women” e, come fa notare Schleuning, “her stories are rich in femminine metaphors and the female characters speak their concerns and experiences as women”28. Nelle sue opere, infatti, descrive le donne incontrate durante la vita e le esperienze vissute da queste ultime e da se stessa; esperienze poco esplorate nella scrittura a lei contemporanea e che riguardavano temi come: il parto, l’importanza della maternità, la scoperta della sessualità, il rapporto con le altre donne e quello con gli uomini, la relazione tutta femminile con la terra e la natura e la capacità di affrontare le situazioni più difficili. Le Sueur, insomma, da voce alle donne del suo

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tempo e quella voce caratterizza il suo stile che è lirico e privo di linearità perché proprio questi sono i tratti che danno forma al linguaggio femminile.

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