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‘Illustrare la Nazione col senno e colla mano’. Ebraismo e istruzione nel Piemonte risorgimentale

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(1)

UNIVERSITÀ DI TORINO

(2)

DI STORIA PATRIA

MISCELLANEA DI STORIA ITALIANA Serie V

Studi e Fonti per la storia dell’Università di Torino XVIII

Stampato con il contributo della Fondazione C.R.T.,

(3)

DEPUTAZIONE SUBALPINA DI STORIA PATRIA TORINO - PALAZZO CARIGNANO

2 0 1 3

DALL’UNIVERSITÀ DI TORINO

ALL’ITALIA UNITA

CONTRIBUTI DEI DOCENTI

AL RISORGIMENTO E ALL’UNITÀ

a cura di

(4)

R. Allio, A. Bargoni, P. Bianchini, P. Cancian, P. Casana, E. De Fort, L. Giacardi, R. Marchionatti, P. P. Merlin, I. Naso, G. S. Pene Vidari, F. Perussia, C. S. Roero, M. Rosboch, P. Sereno, I. Soffietti, E. Zanini, C. Borio, D. Cabiati, P. Novaria.

Consiglio della Deputazione Subalpina di Storia Patria

G.S. Pene Vidari, G. Ricuperati, I. Sofietti, R. Allio, G. Sergi.

ISBN 978-88-97866-06-0

Questo volume è stato sottoposto a referaggio da parte di 4 esperti selezionati, sulla base delle loro competenze, nell’ambito di un comitato di Referee. La Deputazione Subalpina di Storia Patria e il Centro Studi di Storia dell’Università di Torino sono responsabili del processo.

(5)

AAS Archivio privato Antonio Scialoja, presso la famiglia Scialoja AANL, FC Archivi dell’Accademia Nazionale dei Lincei, Archivio privato G.

Castelnuovo

AANS Archivi dell’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL,

Fon-do Cannizzaro

AAST Archivio dell’Accademia delle Scienze di Torino

ACET Archivio dei costumi e delle tradizioni ebraiche Alessandro e Ben-venuto Terracini

Annuario RUST Annuario della Regia Università degli Studi di Torino

AOBM, FGVS Archivio dell’Osservatorio di Brera - Milano, Fondo G.V.

Schiapa-relli

ASA, CCNFC Archivio di Stato di Alessandria, Cartella Collegio Convitto Nazio-nale, 1850-1860, fascicolo Cannizzaro Prof. Stanislao, Senatore del

Regno

ASCT Archivio di Stato della Città di Torino

ASIAT Archivio Storico dell’Istituto di Anatomia di Torino ASTO Archivio di Stato di Torino

ASUT Archivio Storico dell’Università di Torino

ATCET Archivio delle Tradizioni e del Costume Ebraici B. e A. Terracini, Torino

BAST Biblioteca dell’Accademia delle Scienze di Torino, Fondo Sclopis BAV, FP, MPS Biblioteca Apostolica Vaticana - Roma: Fondo Patetta, Autografi e

documenti: Mancini, Pasquale Stanislao

BMPIR Biblioteca del Ministero della Pubblica Istruzione, Roma

BPUT, FA Biblioteca Patetta, Dipartimento di Giurisprudenza Università di Torino, Fondo Albini

BRT, CB Biblioteca Reale di Torino, Corrispondenza Balbis

BSCP, FB Biblioteca di Storia e Cultura del Piemonte, Provincia di Torino,

Fondo Baruffi

BSCP, FG Biblioteca di Storia e Cultura del Piemonte, Provincia di Torino,

Fondo Giulio

BSMP, FS Biblioteca Speciale di Matematica G. Peano, Dipartimento di Ma-tematica G. Peano, Università di Torino, Fondo Segre

Cl. SMFN Classe di Scienze Matematiche Fisiche Naturali Cl. SMSF Classe di Scienze Morali Storiche Filologiche CSPGT Centro Studi Piero Gobetti, Torino, Fondo Zino Zini CSP Centro Studi Piemontesi

CTAS Città di Torino Archivio Storico

DBGI Dizionario Biografico dei Giuristi Italiani, a cura di I. Birocchi - E. Cortese - A. Mattone, Bologna, 2013

DBI Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto dell’Enciclope-dia Italiana

(6)

EI L’Educatore Israelita: giornale di letture per le famiglie israelitiche, 1853-1874

FF Burzio Fondazione Filippo Burzio

GSIE Giornale della Società d’Istruzione e d’Educazione

HGT Erbario del Dipartimento di Scienze della vita e Biologia dei siste-mi, Collezione Moris

ISRI Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano

MNRIT, FB Museo Nazionale del Risorgimento Italiano - Torino, Fondo Berti MNRIT, FDL Museo Nazionale del Risorgimento Italiano - Torino, Fondo David

Levi

MNRIT, FFG Museo Nazionale del Risorgimento Italiano - Torino, Fondo

Fami-glia Giulio

MRSNT Museo Regionale di Scienze Naturali - Torino

PRIDAES Programme de Recherche sur les Istitutions et le Droit des Anciens Etats de Savoie

QSUT Quaderni di Storia dell’Università di Torino RDSP Regia Deputazione di Storia Patria

RMI Rassegna Mensile d’Israel UTE Unione Tipografico Editrice VI Vessillo Israelitico

* * *

a. anonimo

a.a. anno accademico aff.mo affezionatissimo artt. Articoli cam. Camicia cart. cartella Devot.mo Devotissimo E.V. Eccellenza Vostra Id. Idem [lo stesso autore]

Inv. Inventario Lit. Litografia m. mazzo mons. monsignore n. numero nn. non numerato n. s. nuova serie

PRIN Progetto di Ricerca Nazionale R.B. Regio Brevetto

R.D. Regio Decreto

rist. ristampa

rist. anast. ristampa anastatica s. a. senza anno

S.A.I. Sua Altezza Imperiale S.E. Sua Eccellenza Scat. scatola s. d. senza data s. e. senza editore Serv.e Servitore s. l. senza luogo s.l.m. sul livello del mare s. t. senza titolo

S.V. Ill.ma Signoria Vostra Illustrissima

t. tomo

Tip. Tipografia V.E. Vostra Eccellenza vol. volume

(7)

‘ILLUSTRARE LA NAZIONE COL SENNO

E COLLA MANO’. EBRAISMO E ISTRUZIONE

NEL PIEMONTE RISORGIMENTALE

*

1. Il ‘contributo ebraico’ all’istruzione

Il compito di descrivere l’apporto dell’ebraismo subalpino alla storia della scuola, su un arco temporale vasto come quello che vide completarsi l’unificazione d’Italia, è ambizioso1. Il rischio di ridurre la

trattazione a una carrellata di camei appare concreto, tanto più per il fatto che la locuzione ‘contributo ebraico’ cela, nella sua indetermina-tezza, una reale problematicità dell’oggetto di indagine. Parlarne al singolare, infatti, significa presupporre che vi sia un quid di unitario che soggiace agli interventi dei singoli israeliti che, in collegamento con l’Università di Torino, presero parte alla costruzione del sistema educativo nazionale, nelle vesti di studenti, docenti, presidi, uomini delle istituzioni, autori di libri di testo, editori e filantropi. L’analisi del contributo degli ebrei uti singuli, incentrata sui loro percorsi cul-turali e professionali, non è però sufficiente a rendere ragione del fe-nomeno nella sua complessità, e a essa occorre dunque accostare una disamina di tipo prettamente istituzionale dell’azione collettiva, eserci-tata dalle comunità israelitiche in Piemonte.

Il tema ebrei e scuola, declinato in entrambe le forme, non è pe-raltro nuovo in storiografia e tuttavia, se parecchi lavori consentono di orientarsi su certi aspetti - in primis quelli legati alle leggi razziali2

-* Ricerca eseguita nell’ambito del PRIN 2009 Scuole Matematiche e Identità nazionale

nell’età moderna e contemporanea, unità di Torino.

1 Il problema di determinare il lasso temporale è spinoso poiché i limiti che indivi-duano di solito il Risorgimento non costituiscono una periodizzazione utile, in rap-porto agli obiettivi che ci siamo prefissi. Assumendo come termini post e ante quem il 1822 e la data dell’annessione delle terre irredente (1919), si riesce invece a valutare con maggiore precisione ed esaustività l’apporto ebraico alla scuola e all’Università in Piemonte.

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molti altri restano da indagare. Ciò è vero soprattutto per il versante dell’insegnamento scientifico, il cui studio è stato finora trascurato, ri-spetto a quello della religione, della lingua, della letteratura e dei co-stumi ebraici.

Per il settore dell’educazione matematica, la carenza di fonti è ri-levante. Da un lato, infatti, poiché le scuole israelitiche furono sostan-zialmente equiparate, nella loro storia legislativa, a istituti privati, esse dovevano attenersi strettamente agli indirizzi ministeriali per quanto riguardava la didattica delle discipline laiche, monitorata da ispettori statali. Di conseguenza, negli archivi delle comunità sopravvissuti fino ai giorni nostri, solo di rado si trovano documenti sui metodi e sui te-sti adottati per l’insegnamento dell’aritmetica e della geometria.

D’altra parte, gli scienziati israeliti che dalla seconda metà del-l’Ottocento in poi si distinsero sul fronte dell’istruzione, affrontarono solo sporadicamente temi quali il senso di appartenenza identitaria e le vicende storiche e politiche dell’ebraismo a livello nazionale e inter-nazionale3. La situazione ha un che di paradossale poiché - com’è

no-to - Torino vanta fra le Scuole di eccellenza impegnate sul versante della scuola quella di Geometria algebrica diretta da Corrado Segre4.

Un ‘gruppo ebraico’, come ebbe a qualificarlo F. Tricomi5, di cui

fe-cero parte oltre al Maestro numerosi altri ricercatori israeliti, almeno nominalmente: G. Loria, G. Fano, F. Enriques, G. Castelnuovo, B. Levi, A. Terracini, B. Segre, G. Fubini.

La qualifica data da Tricomi a sua volta richiama alla mente una poco felice caratterizzazione dello spirito matematico ebraico,

con-A. MINERBI, Tra nazionalizzazione e persecuzione. La scuola ebraica in Italia,

1930-1943, Contemporanea, I, 4, 1998, pp. 703-730.

3 Sorprende ad esempio che il celebre affaire Dreyfus, seguito con partecipazione dai matematici francesi, non abbia suscitato a Torino reazioni particolari. Un cenno in proposito si trova nella lettera di G. Peano a R. Montessus de Ballore, 19.11.1897, in H. LEFERRAND, Six lettres de Giuseppe Peano à Robert Montessus de Ballore,

Publi-cations Hal n. 00709080, http://hal.archives-ouvertes.fr/hal-00709080, 2012.

4 Sulla Scuola di Segre cfr. L. GIACARDI, Corrado Segre maestro a Torino. La

nasci-ta della scuola inasci-taliana di geometria algebrica, Annali di storia delle università inasci-talia-

italia-ne, 5, 2001, pp. 139-163; ID. (a cura di), I quaderni di Corrado Segre, Torino, 2002;

E. LUCIANO - C.S. ROERO, From Turin to Göttingen: Dialogues and Correspondence

(1879-1923), Bollettino di Storia delle Scienze Matematiche, XXXII, 1, 2012, pp.

7-232.

5 F.G. TRICOMI, La mia vita di matematico attraverso la cronistoria dei miei lavori, Pa-dova, 1967, p. 18.

(9)

trapposto al genio latino, tracciata da F. Klein6 e poi ripresa più

vol-te, anche in Italia. Le istanze della Jüdische Mathematik sono assai fu-mose, e a maggior ragione risultano tali quando vengano riferite alla pedagogia. Secondo le farneticazioni della propaganda antisemita, in-fatti, lo stile ebraico parrebbe contraddistinto, nella ricerca così come nell’insegnamento, da puro cerebralismo e da una speciale predilezio-ne per il pensiero astratto e logico-formale7. L’inconsistenza di tale

vi-sione appare però scontata a chiunque esamini la produzione degli al-lievi di Segre, dal momento che gli assunti didattici da essi sostenuti risultano esattamente antitetici e sono, anzi, tutti tesi a promuovere il carattere costruttivo, sintetico e intuitivo della matematica e del suo insegnamento8.

Se è dunque assurdo parlare di ‘contributo ebraico’ nei termini di una connotazione razziale o antropologica, non lo è il fatto di chieder-si in che misura, approfondendo il versante scientifico, emergano le di-namiche di osmosi culturale che, nel periodo risorgimentale, si crearo-no fra la comunità ebraica e ‘gli altri’. Per far ciò è inevitabile allarga-re il campo di indagine dall’istruzione superioallarga-re a quella infantile, ele-mentare, popolare e professionale. La storia della scuola acquisisce co-sì un nuovo case-study, ma soprattutto lo acquista la storia di genere poiché - come vedremo - viene alla luce una galassia di donne ebree che, prima di essere condannate a subire una duplice forma di invisi-bilità, seppero inserirsi con successo nel tessuto scolastico piemontese9.

2. Dal ghetto alla città e da questa alla nazione

Pur senza spingersi a sostenere che emancipazione e risorgimen-to siano stati sinonimi per l’ebraismo italiano, non si può negare che quest’ultimo abbia condiviso con entusiasmo gli ideali patriottici, par-tecipando alla cospirazione carbonara e alla Giovine Italia,

combatten-6 Cfr. D. ROWE, Jewish Mathematics at Göttingen in the Era of Felix Klein, Isis, 77, 3, 1986, pp. 422-449.

7 Cfr. G. LANDRA, La manomissione ebraica della nazione italiana. I settori più delicati

dell’insegnamento monopolizzati dagli ebrei, La difesa della razza, 17, 1939, pp. 20-23.

8 Cfr. L. GIACARDI, The Italian School of Algebraic Geometry and Mathematics

Teach-ing in Secondary Schools. Methodological Approaches, Institutional and PublishTeach-ing Ini-tiatives, International Journal for the History of Mathematics Education, 5, 2010, pp.

1-19.

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do fra i Mille di Garibaldi, nel Battaglione universitario toscano, a Ro-ma e a Venezia per la difesa delle Repubbliche10.

Gli israeliti piemontesi11non fanno eccezione. Le loro condizioni

di vita, floride sotto il dominio napoleonico, erano infatti peggiorate con la Restaurazione che, richiamando in vita le antiche Costituzioni, aveva ripristinato il ghetto e gettato le comunità subalpine in un en-demico stato di miseria materiale e culturale:

gli studenti vennero espulsi dalle università e dalle scuole; i lau-reati dovettero scegliere tra l’ozio e l’esilio … dovettero da sé pen-sare ai loro poveri, validi od infermi che fossero; all’educazione de’ loro fanciulli, limitata alla più elementare istruzione, poiché, esclusi dalle università e dall’esercizio d’ogni professione, non avean né modi né scopo, onde divenir esperti in scienza od arte veruna12.

Animati dalla convinzione che “un secolo che biasima gli erga-stoli non può approvare i ghetti”13 negli anni Quaranta parecchi

intel-lettuali si battono a favore dell’emancipazione. Fra i liberali che pero-rano la causa spiccano V. Gioberti, i fratelli R. e M. d’Azeglio, la fa-miglia Alfieri, L. Maffoni, G. Gatti, G. Tournon, G.I. Pamoya, C. Cattaneo e A. Bianchi Giovini. Costoro, attraverso un’ampia azione pubblicistica, creano la Weltanschauung favorevole alla promulgazione di due decreti con cui, nel 1848, è riconosciuto alla minoranza ebrai-ca il godimento dei diritti civili (ammissibilità all’esercizio di ebrai-cariche e alla leva militare) e la facoltà di conseguire i gradi accademici14.

10 Nella ricca letteratura sul tema cfr. G. BEDARIDA, Gli Ebrei e il Risorgimento

Ital-iano, RMI, 27, n. 7-8, 1961, pp. 299-309; S. F, Gli ebrei nel Risorgimento Italiano, Assisi, 1978; F. DELLA PERUTA, Le ‘interdizioni’ israelitiche e l’emancipazione degli

ebrei nel Risorgimento, Società e storia, 19, 1983, pp. 77-107; G. FORMIGGINI, Stella

d’Italia, Stella di David, Milano, 1970; Italia Judaica. Gli Ebrei nell’Italia unita, 1870-1945, [Roma], 1993; G. ARIAN LEVI- G. DISEGNI, Fuori dal ghetto, Roma, 1998; G. LUZZATTO VOGHERA, Il prezzo dell’eguaglianza, Milano, 1998; Risorgimento e

mino-ranze religiose. Roma 14 febbraio 1997, Atti della giornata di studio, RMI, 64, 1, 1998,

pp. 1-94; B. MAIDA, Dal ghetto alla città, Torino, 2001; E. CAPUZZO, Gli ebrei italiani

dal Risorgimento alla scelta sionista, Firenze, 2004; M. BEER - A. FOÀ (a cura di),

Ebrei, minoranze e Risorgimento, Roma, 2013.

11 Per un primo orientamento cfr. E. LOEWENTHAL, Per una storia degli ebrei in

Pie-monte: bibliografia, Studi Piemontesi, XV, 2, 1986, pp. 487-493.

12 M. D’AZEGLIO, Gli ebrei sono uomini!, Firenze, 1848, rist. an. Roma, [1944], pp. 34-35.

13 V. GIOBERTI, Delle condizioni presenti e future d’Italia, Londra, 1848, p. 44. 14 D.R. n. 688, 29 marzo 1848; D.R. n. 700, 15 aprile 1848. La possibilità di

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profes-Il Regno di Sardegna completa così quel percorso di integrazione dei sudditi acattolici che aveva già interessato i valdesi e si allinea alla politica di apertura adottata in altri stati preunitari. Gli ultimi dubbi sulla “capacità civile e politica dei cittadini che non professano la re-ligione cattolica” vengono fugati da un ulteriore decreto il quale riba-disce che la differenza di culto non “forma eccezione al godimento dei diritti”15.

Questi atti sanciscono la conclusione di un lungo lavorio diplo-matico, condotto su entrambi i fronti, il quale, da parte ebraica, vede spiccare la figura del rabbino L. Cantoni. Questi ripone una tale fidu-cia nel dialogo pre-emancipatorio da arrivare a preconizzare agli allie-vi del Collegio Colonna-Finzi di Torino, fin dal 1847:

un migliore e non rimoto avvenire, riparatore del passato, fecondo di gloria e di grandezza civile, nunzio di quell’era sospirata che se-gnar deve l’accordo fratellevole fra i vari cittadini di una stessa e italiana Patria, cui i figli di Israele non ultimi offronsi di difende-re con il proprio sangue e di illustrarla col senno e colla mano16.

La riconoscenza delle comunità piemontesi per la seconda eman-cipazione è pronta e esplicita. Essa ritorna come leitmotiv della retori-ca ebrairetori-ca ottocentesretori-ca17, e si traduce in attestati di ‘devozione’ alla

sare il culto israelitico, ‘tollerato’ nel Regno di Sardegna, era già stata sancita dallo Statuto albertino (4 marzo 1848, art. 24).

15 D.R. n. 735, 19 giugno 1848. Cfr. anche Atti del Parlamento Subalpino. Sessione del

1848, Torino, 1855, pp. 32-38, 64-66 e 313. Il ministro della Pubblica Istruzione C.

Boncompagni abolirà poi, in data 12 ottobre 1848, l’annua prestazione di 225 lire che la Congregazione degli israeliti di Torino era tenuta a versare all’Università. Cfr. A. ROMIZI, Storia del Ministero della Pubblica Istruzione, Milano, 1902, p. 75.

16 L. CANTONI, Allocuzione agli alunni del collegio israelitico Colonna e Finzi di Torino

in occasione della distribuzione de’ premi il 21 Novembre 1847, Torino, [1847], p. 4.

17 Cfr. ad esempio L. CANTONI, Orazione funebre di R. Carlo Alberto detta

nell’Ora-torio maggiore Israelitico di Torino, il dì 13 settembre 1849, Torino, [1849] e ID., Il

XXIX marzo MDCCCL Anniversario della Emancipazione Israelitica. Discorso, Torino,

1850. Manifestazioni per commemorare l’anniversario dell’emancipazione sono spesso organizzate nelle scuole ebraiche piemontesi. Cfr. P. CALDERA (a cura di), Parte IV,

Corrispondenza, Miscellanea e Bibliografia, Corrispondenza. Cronichetta dell’istruzione e dell’educazione, GSIE, 3, 1851-52, p. 251: « Il giorno 20 marzo è memorabile per gli

Israeliti del nostro Stato, poiché in esso Carlo Alberto riparò ad un’antica ingiustizia, di cui erano stati vittima per tanti secoli e tolse, emancipandoli, ogni iniqua distinzio-ne tra essi e gli altri cittadini. Memori del bedistinzio-nefizio gli Israeliti di Vercelli distinzio-ne celebra-rono il giorno anniversario, ed alcuni giovanetti del collegio israelitico Foà, ammae-strati dal professore Giuseppe Levi rappresentarono il Cittadino di Gand e per farsa i

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l’in-nuova Italia del Risorgimento18 e in molteplici elargizioni benefiche,

destinate ai poveri, così come ai soldati al fronte, ai fanciulli e alle isti-tuzioni caritative cittadine di ogni fede religiosa19.

3. L’istruzione negata

Fra le principali novità legislative del 1848 vi è la possibilità, per gli ebrei, di iscriversi alle scuole pubbliche di ogni ordine e grado e, viceversa, la facoltà di insegnare il latino negli istituti israelitici. Si trat-ta di concessioni cui le comunità attribuiscono la massima importrat-tanza. In effetti, sia alcuni sostenitori della causa emancipatoria, sia vari esponenti dell’ebraismo piemontese, avevano ravvisato nell’esclusione dall’istruzione una delle peggiori forme di discriminazione20. Per

con-tro, se - come si sosteneva da più parti - l’integrazione degli israeliti richiedeva quale conditio sine qua non la loro trasformazione in cam-po culturale e ‘morale’, l’accesso agli studi rappresentava evidente-mente uno strumento chiave della cosiddetta ‘rigenerazione’. Così, in-tervenendo sul Giornale della Società di Istruzione ed Educazione, D. Berti osservava che:

i destini dell’educazione sono intieramente consociati a quelli del-la libertà civile, come i destini deldel-la libertà civile sono consociati a

telligenza, la maestria e l’affetto che quei giovani dimostrarono in tale rappresentazio-ne e l’introito fu di lire 180, che andarono a berappresentazio-nefizio dei bambini dell’asilo vercelle-se. Lire 27 furono pure raccolte tra gli stessi Israeliti a favore del ricovero dei bambi-ni lattanti, che si dovrà aprire fra poco in quella stessa città. La lode dell’una e del-l’altra opera generosa deve specialmente rivolgersi al professore Levi, la cui scienza e la cui modestia sono egualmente degne di moltissimo encomio. Nella stessa occasione un eguale pensiero di carità animava gli Israeliti della città d’Alessandria, i quali rac-colsero pure a benefizio di quell’asilo lire 125 ».

18 Cfr. La Stampa, 21.8.1900, 7.11.1927, 8.11.1927, 5.11.1930, 5.11.1932.

19 Cfr. La Gazzetta piemontese, 25.11.1878, 17.6.1885, 7.4.1889, 14.7.1889, 31.5.1892, La Stampa, 18.2.1896, 22.11.1898, 4.2.1900, 29.5.1915.

20 A questo proposito, fra gli scritti meno noti citiamo l’intervento di M. D’Azeglio al Parlamento Subalpino, che loda la « carità educatrice » e le « fiorenti scuole » avviate dagli ebrei negli stati preunitari e in Piemonte, pur fra notevoli ostacoli e disagi (Atti

del Parlamento Subalpino. Sessione del 1848, 1855, pp. 32-33), e quello di N.

Tom-maseo, in cui si sottolinea il ruolo della donna nell’ambito dell’educazione ebraica (Diritti degl’Israeliti alla civile uguaglianza, L’Istitutore, VII, 1859, pp. 484-488). An-che il conte Luigi Franchi di Pont, uno dei promotori dell’istruzione popolare e in-fantile, intervenne sulle interdizioni israelitiche, denunciando l’assenza di prospettive degli ebrei torinesi, cui era impedito l’accesso alle scuole (Memoriale per l’abitazione

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quelli dell’educazione. Educare è sinonimo di emancipare, ed emancipare è sinonimo di educare21.

Analogamente C. Danna, collaboratore del medesimo giornale, pur apprezzando l’alto profilo della preparazione offerta negli istituti israelitici piemontesi, non faceva mistero di considerare la scuola co-me un contesto ideale per accelerare il distacco degli ebrei dalle loro tradizioni:

per incittadinare davvero i suoi non havvi mezzo più potente che innamorarli a poco a poco delle lettere e delle gentili discipline. E così molto più meriterà che non le teorie proposte dagli economi-sti per indocilire quei cuori pervicaci. Smentirà il Gambini che li volea dalla società sterminati; verificherà l’opinione di Pietro Regis che appunto volea per mezzo dell’educazione prepararli all’univer-sal fratellanza22.

A prescindere da questo tipo di opinioni, vi erano comunque ra-gioni fondate per denunciare l’ingiusta disparità di prospettive forma-tive e professionali patita dai giovani dei ghetti. Infatti, sebbene alcu-ni acattolici fossero riusciti a ritagliarsi un ruolo nell’establishment sa-baudo, aggirando i divieti ufficiali, la maggioranza dei loro correli-gionari aveva di fronte due sole alternative: o l’educazione impartita privatamente, nelle “piccole e più sane scuole” famigliari23, oppure

l’emigrazione in Stati quali il Granducato di Toscana, il Lombardo-Veneto, la Prussia e la Francia, dov’erano in vigore norme meno re-strittive. Le Università di Pisa e di Padova erano così diventate mete predilette degli studenti ebrei.

Pressoché tutti gli israeliti che, per primi, raggiungono posizioni apicali nel Regno di Sardegna, percorrono entrambe le vie e vantano un’ottima educazione moderna, conseguita però tramite percorsi sco-lastici atipici, contraddistinti da viaggi all’estero e da incontri fortuiti.

Così David Levi (1816-1898) di Chieri, figlio dell’alta borghesia fatta di ‘banca e filanda’, giornalista e deputato (1860)24, trascorre

l’in-21 P. CALDERA (a cura di), Atti della Società. Primo congresso generale tenutosi nella

Regia Università di Torino i giorni 26, 27, 28, 29 e 30 ottobre 1849, XI. Sesta adunan-za generale del Congresso. Martedì 30 ottobre, ore 7 vespertine, nel teatro di chimica. Presidenza del prof. Capellina, Presidente dell’istruzione secondaria, GSIE, 1, 1849-50,

p. 724.

22 C. DANNA(a cura di), Corrispondenza. Cronichetta (Continuazione), Ibidem, p. 382. 23 Cfr. D. LEVI, Ausonia: vita d’azione (dal 1848 al 1870), Roma, 1882, p. 41. 24 Per essere sostenuto nella carriera politica e nell’attività professionale, D. Levi si

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ri-fanzia in una casa che è ritrovo di studiosi e patrioti come i fratelli Valerio, R. Sineo, D. Berti, G. Cornero, A. De Gubernatis, A. Broffe-rio e S. Pellico25, che vi si ritrovano per commentare i volumi della

Bi-blioteca popolare editi da G. Pomba. Il giovane David frequenta il col-legio ebraico di Vercelli ma, nel frattempo, completa la sua formazio-ne a contatto con l’amico di famiglia Giuseppe Vita Levi, mazziniano della Giovine Italia, che gli mette a disposizione la propria biblioteca, ricca di libri ‘proibiti’. Levi compirà poi gli studi universitari a Pia-cenza, Parma, Pisa e infine a Siena, dove nel 1841 si laureerà in Giu-risprudenza26.

Analogamente Isacco Artom (1829-1900) di Asti, diplomatico, se-gretario di Cavour (1858-61), poi sese-gretario generale del Ministero de-gli esteri (1870-76) e senatore (1876), riceve una prima infarinatura di cultura laica da suo padre Raffaele Beniamino, che aveva frequentato il ginnasio-liceo durante il periodo napoleonico, senza però potersi iscrivere all’Università. Isacco frequenta le elementari nella scuola ebraica astigiana e, per un periodo, in quella vercellese; per il ginna-sio-liceo si reca a Milano, per iscriversi poi alla facoltà di Giurispru-denza di Pisa e terminare gli studi a Torino, dove si laurea nel 185327.

Per sanare la situazione degli israeliti che - come David Levi e Isacco Artom - avevano conseguito la laurea in Università straniere, prima dello Statuto albertino, il 19 novembre 1850 il Parlamento

Su-volse più volte a D. Berti. A quest’ultimo chiese ad esempio appoggio per ottenere la nomina a socio dell’Accademia delle Scienze di Torino, a senatore e a prefetto della Biblioteca Reale di Torino. Cfr. MNRIT, FB, D. Levi a D. Berti, 9.1.1888, 10.11.1889, 20.12.1889, 10.6.1891, cartella 50, n. 203, 204, 205, 206.

25 D. LEVI, Ausonia …, 1882 cit., pp. 49-50: « Tutti, dal povero al ricco, erano labo-riosi, tutti sapevano leggere e scrivere (…). Alle due i pochi cultori delle lettere, che contava la comunità, convenivano nella mia casa, si saliva nella sala da ricevere al pri-mo piano, e, tutti disposti in cerchio si cominciava la lettura di qualche libro classico italiano, latino o greco voltato in volgare (…). A quelle letture convenivano sovente preti benevoli ed eruditi, professori del Seminario, letterati del paese (…); poscia c’in-vitavano anch’essi a simili letture la domenica in casa loro, tal che si era quasi im-provvisata una piccola, ma libera accademia, senza l’impaccio di regolamenti, né le ca-tene di uno Statuto ».

26 Cfr. F. CONTI, Levi, David, DBI, 64, 2005; A. GRAZI, Patria e affetti. Jewish

identi-ty and Risorgimento Nationalism in the oeuvres of Samuel Luzzatto, Isaac Reggio and David Levi, Groningen, 2012.

27 Cfr. F. DELREGNO, Un archivio ottocentesco: le carte di Isacco Artom presso il

cen-tro bibliografico, in Risorgimento e minoranze religiose. Roma 14 febbraio 1997, Atti della giornata di studio, 1998 cit., pp. 13-22 e A.A. MOLA(a cura di), Isacco Artom e

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balpino vara la legge secondo cui i sudditi acattolici potevano ottener-ne il riconoscimento mediante un esame privato e gratuito28. Le

mo-dalità della prova sono stabilite per le singole facoltà dal Consiglio Su-periore di Pubblica Istruzione e, per quanto riguarda ad esempio l’In-gegneria idraulica e l’Architettura civile, il sillabus di competenze è as-sai ampio, comprendendo “tutte le materie che fanno oggetto del cor-so di Matematica”, in particolare analisi Algebrica e infinitesimale, Meccanica, Geometria descrittiva e pratica29.

4. Simeone Levi

Il retaggio di un percorso di studi completato in più luoghi è evi-dente anche nel caso di Simeone Levi (1843-1913), un’enigmatica fi-gura di matematico ed egittologo30. Nato a Carmagnola in una

fami-glia di condizioni economiche definite ‘miserabili’, quarto di sei figli, Simeone riceve la prima educazione nell’ambiente domestico. Il padre, fabbricante di dorini, fin dai tre anni fa leggere ai figli, ad alta voce, i Salmi di David e li lascia assistere alle conversazioni del venerdì sera, in cui intervengono dotti correligionari e amici non ebrei, fra cui due insegnanti esuli dallo Stato pontificio. La madre vigila sul profitto sco-lastico dei figli e, subito dopo l’emancipazione, li iscrive alla scuola pubblica. A sei anni, Simeone - che pure era rimasto semiparalizzato da una malattia - sa leggere e scrivere in italiano e in ebraico. Giunto a Moncalieri, procede perciò speditamente negli studi e, ancora per la tenacia della madre, è ammesso come alunno esterno alla terza classe di Grammatica del R. Collegio Carlo Alberto, dove si distingue per l’eccellente curriculum, soprattutto nelle materie scientifiche. Nel 1861, conseguito da privatista il diploma al liceo Gioberti di Torino, Levi si iscrive al corso di laurea in Matematica dell’Università, grazie a una borsa di studio assegnatagli dal barone Raimondo Franchetti, marito di Louise von Rotschild. A supportarlo culturalmente è invece

Dona-28 R.D. n. 1190, 2 giugno 1851, pp. 493-499. Cfr. anche ROMIZI, Storia del Ministero

della Pubblica Istruzione, 1902 cit., pp. 114-115 e Parte III, Atti uffiziali della pubbli-ca istruzione. Leggi, decreti, regolamenti ed istruzioni, P. GIOIA, Legge per la laurea

de-gli Accatolici ecc., GSIE, 2, 1850-51, pp. 761-762.

29 Cfr. R.D. n. 1190, 2 giugno 1851, pp. 496-499.

30 Cfr. G. ARIAN LEVI - E. VITERBO, Simeone Levi. La storia sconosciuta di un noto

egittologo, Torino, 1999 e S. LEVI, Diario Pisano di un laureando in Matematica

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to Levi, docente di Geometria proiettiva e descrittiva dell’Università di Torino31, che gli impartisce ripetizioni private in vista dell’esame di

ammissione. Superata la prova, Simeone segue con profitto, negli anni 1861-63, i corsi di Introduzione al Calcolo (E. Martini), Calcolo diffe-renziale e integrale (E. Martini), Disegno (A. Marchini), Fisica Speri-mentale e Chimica (B. Erba, G. Govi)32. Di questi insegnamenti

ri-porta però un’impressione deludente. In effetti, i corsi di Analisi di E. Martini, svolti su un manuale da lui stesso redatto33, avevano un

ca-rattere antiquato ed erano viziati dal campanilismo culturale del do-cente. Nelle sue lezioni, l’ “inetto”34 Martini non accennava ad

esem-pio neppure alle equazioni differenziali, la cui padronanza era invece richiesta agli studenti che aspiravano a entrare nella Scuola Normale di Pisa o nelle Scuole di Applicazione per Ingegneri di Torino e di Milano. Altrettanto scadente era l’insegnamento di Fisica, il cui corso era svolto da B. Erba, uno studioso di modesto profilo, che trascura-va parecchi argomenti fondamentali di Meccanica razionale, fra cui la teoria dell’elasticità lineare, assai in voga in quel periodo, sia nella ver-sione molecolare di Lamé, sia in quella continuista sostenuta dalla scuola inglese e tedesca.

Durante le estati, per non pesare sulla famiglia, Levi impartisce lezioni di matematica ai figli del banchiere Fubini e lavora presso l’Uf-ficio di compilazione di schede della ricchezza mobile di Moncalieri. Costretto a trasferirsi a Pisa per completare gli studi - non essendo stato avviato a Torino, nel 1864, il corso di laurea in Matematica pu-ra, per mancanza di iscritti - egli stringe contatti con Antonio Riberi, nipote del medico torinese Alessandro Riberi e, grazie al supporto dell’illustre matematico Enrico Betti, riesce a superare le lacune nella sua preparazione.

Nel 1865, conseguita la laurea con pieni voti assoluti, di fronte a una commissione composta da E. Betti, G.M. Lavagna e E. Beltrami, Levi torna a Torino e sceglie di intraprendere la professione di

inse-31 Cfr. M.T. NAVALE, Donato Levi. Torino 1834-Torino 1885, in C.S. ROERO (a cura di), La Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali di Torino 1848-1998, t. 2 I

docenti, Torino, 1999, p. 50.

32 Cfr. ASUT, IXA 80, Registri di iscrizione nella matricola e nel corso delle Facoltà di

Teologia, Filosofia e Lettere, Scienze fisiche matematiche e naturali, 1861-62, p. 260, n.

160.

33 E. MARTINI, Complementi d’algebra e di geometria analitica, Torino, 1862. 34 S. LEVI, Diario Pisano di un laureando in Matematica (1864-65), 2001 cit., p. 292.

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gnante, più consona alle sue condizioni fisiche. Risultato vincitore di un concorso a cattedre di Matematica e Geometria descrittiva, è as-sunto all’Istituto tecnico e di computisteria di Tortona. La sua ambi-zione, però, è quella di percorrere la carriera universitaria, motivo per cui, nel 1869, tenta di ottenere il grado di dottore aggregato all’Uni-versità di Torino. La discussione della tesi, intitolata Dell’equilibrio di un corpo elastico, si svolge in un clima teso nel quale Erba, presidente della commissione, “impedisce al candidato di svolgere completamen-te il completamen-tema”35. Amareggiato dall’esperienza, Levi continua comunque

l’attività di ricerca fino al 1876, pubblicando un articolo Sulle coordi-nate trigonali36 e un manuale di aritmetica e algebra37.

Il contributo più significativo di Levi, in rapporto alla nostra in-dagine, è costituito dal manuale Complementi di aritmetica ed algebra, edito a Torino nel 1871 per i tipi di Paravia. Dedicato a Francesco Denza, professore di Fisica matematica e direttore dell’Osservatorio astronomico, che era stato suo maestro al R. Collegio Carlo Alberto, il testo presenta forti elementi di modernità rispetto ai manuali più dif-fusi all’epoca, come quelli di D.B. Roscio, L. Vittone e dello stesso E. Martini. I Complementi di Levi comprendono infatti contenuti atipici, fra cui spiccano la generalizzazione della formula del binomio di New-ton, data da E. Betti, i capitoli sui sistemi lineari, sulle frazioni conti-nue, sul calcolo numerico e approssimato, sulla teoria dei numeri (classi di resto, teoremi sui numeri primi, analisi diofantea) e sul con-cetto di probabilità38. Altrettanto inusuale, per i tempi, è

l’inserimen-to di paragrafi sui sistemi numerici diversi da quello decimale e sulla matematica finanziaria, come pure lo stile espositivo, dialogico e per-sino ironico in alcuni punti39. A questi temi Levi dedica spazio e

at-tenzione, sia per la possibilità che ha di accedere, tramite l’aiuto di amici e correligionari, a una larga messe di testi italiani e stranieri (fra cui quelli di J. Bertrand e G. Novi), sia per il riflesso lasciato su di lui dalla Scuola di Betti. L’originalità del manuale emerge ancora più

35 ARIAN LEVI - VITERBO, Simeone Levi. La storia sconosciuta di un noto egittologo, 1999 cit., p. 66.

36 S. LEVI, Quistioni 37 e 38; ID., Sulle coordinate trigonali, 1876, pp. 341, 352-353. 37 S. LEVI, Complementi di aritmetica ed algebra ad uso degli aspiranti agli esami di

li-cenza liceale, di lili-cenza dell’Istituto Tecnico, di ammissione al corso universitario di ma-tematiche e di ammissione alla R. Accademia Militare, Torino, 1871.

38 Ibidem, pp. 70-71, 86-99, 119-137, 174-179, 235-252, 16-23, 99-109, 253-259, 64-70. 39 Ibidem, pp. 1-9, 226-235.

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apertamente se si pensa che molti degli argomenti qui affrontati ex no-vo avevano fatto la loro comparsa in un corso universitario a Torino appena quattro anni prima, allorché A. Genocchi, subentrando a Mar-tini, li aveva introdotti nelle sue lezioni di Calcolo differenziale ed in-tegrale (1865) e di Introduzione al Calcolo (1867)40.

A conferma della notorietà e della buona reputazione di Simeone Levi nella società subalpina, si possono citare le due recensioni elo-giative ricevute dal suo manuale su La Gazzetta Piemontese:

Questo recentissimo lavoro è pregevole e per la copia delle mate-rie che vi si contengono e per la chiarezza con cui queste vi sono esposte. L’autore ha raccolto in questo libro non solo quanto ri-chiede per ben disporsi agli esami di licenza liceale, di licenza dal-l’Istituto tecnico, di ammessione al corso universitario di matema-tica, e di ammessione alla R. Accademia militare, ma eziandio tut-to ciò di cui un giovane abbisogna per intendere le nozioni d’al-gebra superiore che vengono insegnate nel 1° anno di università. Inoltre egli ha tutto esposto in modo chiaro ed accessibile a tutti coloro che hanno notizia delle sole prime nozioni di algebra ele-mentare41.

5. Le scuole ebraiche in Piemonte

Al di là di poche eccezioni, fra cui quelle citate, la maggior parte degli israeliti nati a ridosso dello Statuto albertino deve fare affida-mento sulla rete di istruzione interna ai ghetti. Nonostante la preca-rietà della vita segregata, la scuola - la tradizionale Talmud Thorà riorganizzata e divenuta luogo di formazione religiosa e laica a un tempo -costituisce uno dei perni su cui ruota la vita delle comunità in Italia e nel mondo42. Molteplici casi sono già stati approfonditi (Livorno,

Trie-40 Cfr. E. LUCIANO, Un sessantennio di ricerca e di insegnamento dell’analisi a Torino:

dalle lezioni di A. Genocchi ai corsi di G. Peano, Quaderni di Storia dell’Università di

Torino, 9, 2008, pp. 27-51.

41 La Gazzetta Piemontese, 3.10.1871, p. 1. Cfr. anche La Gazzetta Piemontese, 3.12.1871, p. 1. 42 Cfr. EI, 1, 1853, pp. 49, 58-64, 92-96, 107, 117, 122-128, 152-160, 175; 183-192, 219-224, 242, 251-256, 271, 281-288, 317-320, 342, 345-352, 371; 2, 1854, pp. 27, 59, 93, 115, 121, 186, 190, 216, 222, 238, 251, 280, 291, 317, 339, 346, 394; 3, 1855, pp. 28, 30, 60, 63, 80, 93, 94, 125, 129, 145, 148, 157, 161, 171, 180, 186, 193, 222, 246, 261, 285, 312, 316, 344, 346, 349, 365, 374; 4, 1856, pp. 23, 60, 93, 113, 123, 157, 187, 220, 253, 271, 286, 318, 341, 343, 345, 378; 5, 1857, pp. 31, 61, 87, 93, 124, 153,

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ste, Padova, …), ciò nonostante resta tuttora difficile stabilire se, e in quale misura, si possa parlare di

continuità tra la tradizionale educazione rabbinica e la moderna formazione umanistica e scientifica (…) in quei luoghi in cui mag-giori erano libertà e benessere43.

Ora, per quanto concerne il versante scientifico, il Piemonte rap-presenta una realtà suggestiva per indagare tale corrispondenza e, più specificamente, per stabilire se esista un nesso fra l’estesa partecipa-zione degli scienziati israeliti al rinnovamento della scuola e dell’Uni-versità italiana, e per definire il ruolo della rete educativa ebraica, du-rante e dopo il periodo risorgimentale.

Nel 1848, secondo L. Vigna e V. Aliberti44, questa consta di

quattro stabilimenti principali: Asti, Torino, Vercelli e Acqui. Fondata nel 1837 grazie a un lascito di Pio Samuel Levi, la scuola elementare mista di Asti arriva a contare un centinaio di studenti, affidati alle cure di sette docenti45. A Torino, invece, perno della rete comunitaria

186, 221, 251, 283, 316, 349, 377; 6, 1858, pp. 13, 30, 58, 84, 94, 113, 121, 153, 183, 216, 249, 285, 306, 313, 346, 380; 7, 1859, pp. 28, 55, 83, 124, 177, 217, 254, 284, 313, 340, 345; 8, 1860, pp. 25, 62, 88, 116, 151, 185, 218, 235, 255, 257, 281, 344, 345, 369, 371, 374, 378; 9, 1861, pp. 16, 28, 60, 84, 87, 106, 255, 258, 265, 266, 295, 331, 333, 359, 394, 402, 423; 10, 1862, pp. 17, 24, 28, 53, 54, 85, 89, 119, 121, 144, 150, 180, 184, 218, 245, 249, 279, 282, 311, 342, 343, 370, 377; 11, 1863, pp. 21, 26, 54, 59, 87, 89, 116, 125, 135, 156, 209, 214, 252, 281, 286, 287, 348, 305, 333, 362, 396; 12, 1864, pp. 24, 58, 93, 116, 150, 178, 215, 247, 281, 312, 345, 365, 373; 13, 1865, pp. 20, 24, 59, 88, 120, 125, 154, 157, 185, 217, 244, 249, 282, 314, 344, 372, 375; 14, 1866, pp. 25, 55, 90, 119, 150, 182, 212, 221, 241, 253, 280, 298, 325, 330, 337, 352, 367, 378; 15, 1867, pp. 4, 23, 56, 61, 80, 91, 122, 151, 170, 177, 180, 188, 189, 199, 209, 219, 225, 241, 253, 262, 275, 277, 304, 308, 338, 345, 368, 375; 16, 1868, pp. 17, 23, 55, 59, 83, 86, 116, 121, 146, 152, 178, 186, 217, 229, 238, 250, 251, 254, 281, 315, 316, 348, 374, 376; 17, 1869, pp. 27, 58, 59, 71, 88, 120, 122, 145, 155, 184, 211, 217, 248, 252, 280, 301, 314, 326, 333, 336, 343, 349, 376; 18, 1870, pp. 23, 56, 68, 102, 129, 160, 193, 227, 257, 264, 293, 315, 325, 350, 354, 355, 385; 19, 1870; 20, 1872; 21, 1873, pp. 19, 27, 55, 61, 84, 90, 116, 123, 149, 156, 181, 187, 214, 220, 245, 252, 278, 285, 306, 316, 348, 373, 379; 22, 1874, pp. 22, 24, 27, 52, 55, 58, 85, 87, 89, 118, 121, 124, 148, 151, 155, 179, 186, 188, 189, 206, 212, 216, 219, 220, 237, 242, 250, 285, 309, 315, 318, 349, 378.

43 A. MOMIGLIANO, Gli Ebrei d’Italia, in S. BERTI(a cura di), Pagine ebraiche, Torino, 1987, pp. 134-135.

44 A. VIGNA - V. ALIBERTI, Della condizione attuale degli ebrei in Piemonte, Torino, 1848, pp. 64-74, 154-155. Sulla scuola di Acqui cfr. anche EI, 4, 1856, p. 15 e La Gazzetta Piemontese, 6.6.1892.

45 Cfr. A. PACIFICI, Dalle pagine del diario di un bambino ebreo piemontese nei primi

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227-è il collegio Colonna-Finzi, istituito nel 1823 grazie ai lasciti testamen-tari di Emanuele Colonna Sinai e di Samuel Vita Finzi, allo scopo di garantire che indipendentemente dalla condizione sociale ogni bambi-no avesse accesso a un’educazione bambi-non solo religiosa46. All’Opera Pia

Colonna e Finzi, sostenuta da oblazioni spontanee, fanno capo un asi-lo, inaugurato il 5 marzo 1854, e una scuola elementare. Vi sono ammessi fanciulli di entrambi i sessi dai tre anni di età, gratuitamente se provengono da famiglie non agiate, e per “una tenue retta men-sile”, ove restino posti vacanti.

In tutte queste scuole l’insegnamento della matematica, ridotta alle ‘prime quattro regole d’aritmetica’, e quello della zoologia, della botanica, della mineralogia e della fisica, sono finalizzati ad allineare l’istruzione impartita agli israeliti a quella ricevuta dai loro coetanei nei collegi-convitti nazionali. Tenendo conto delle esigenze di chi in-tende dedicarsi al commercio o all’artigianato, il direttore della scuola di Asti, Marco Tedeschi, introduce però, nel corso biennale superiore,

237 e M.L. GIRIBALDISARDI, Scuola e vita nella comunità ebraica di Asti (1800-1930), Torino, 1993.

46 Nonostante la precarietà di mezzi, il collegio, le cui classi arrivano a contare 25 al-lievi ciascuna, fornisce ai bimbi bisognosi i libri di testo e provvede al servizio di mensa. Il corpo docente annovera figure del calibro di Giacomo Dina, giornalista e collaboratore di Q. Sella, e Lelio della Torre, allievo di C. Boucheron e A. Peyron, cresciuto nella famiglia degli editori Emilio e Giuseppe Treves. Grazie alla generosità di rabbini come S. Olper, che lasciano in eredità la loro biblioteca, la scuola vanta un patrimonio librario di inusitata ricchezza, purtroppo andato quasi completamente distrutto nei bombardamenti della seconda guerra mondiale. L’asilo e la scuola ele-mentare ebraica di Torino continuano a operare, pur fra alterni successi, durante tut-to l’Ottut-tocentut-to e fino ad oggi. Cfr. EI, 1, 1853, pp. 145-148, 177-180; 2, 1854, p. 93, 190, 346, 372, 393; 4, 1856, p. 78, 144; 5, 1857, pp. 334-335; 6, 1858, p. 309; 7, 1859, p. 117; 16, 1868, pp. 184, 211, 241, 306, 308, 309, 336, 340, 370; 17, 1869, pp. 19, 51, 114, 211, 246, 274, 305, 368; 18, 1870, pp. 188, 218, 346, 377; 21, 1873, pp. 208, 243; VI, 25, 1877, pp. 152-153, 177; 27, 1879, p. 59; 30, 1882, p. 259; 31, 1883, p. 29; 35, 1887, p. 62; 37, 1889, p. 426, 38, 1890, p. 384; 44, 1895, p. 418; P. BARICCO, L’istruzione popolare in Torino, Torino, 1865, pp. 185-186; ID., Torino

de-scritta, Torino, 1869, pp. 708, 717, 761-762; [A.], Statuto Organico dell’Opera Pia Colonna e Finzi in Torino, 8.11.1894; La Stampa, 4.10.1938; Ebrei a Torino. Ricerche per il centenario della sinagoga. 1884-1994, Torino, 1984, pp. 31-36; L. CORINALDI, La

scuola nella comunità ebraica di Torino, Ha Keillah, (2) IV, a. XIV, n. 66, 1988, pp.

I-VIII; P. ALLERA, La scuola Colonna e Finzi di Torino, Torino, 1989-90; A. CAVA

-GLION, La scuola ebraica a Torino (1938-1943), Firenze, 1993; C. BONINO, La scuola

ebraica di Torino, 1938-43, in B. MAIDA(a cura di), 1938: i bambini e le leggi razziali

in Italia, Firenze, Giuntina, 1999, pp. 65-92; MAIDA, Dal ghetto alla città, 2001 cit.,

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anche alcune nozioni di contabilità e di tenuta dei libri a partita sem-plice e doppia.

Un’educazione essenzialmente umanistica e rabbinica, suddivisa in tre gradi: elementare, medio e superiore è invece quella offerta dal Collegio maschile ebraico di Vercelli, aperto nel 1825 da Elia Emanuel Foà per i giovani dai 9 ai 18 anni. Sui banchi di questa ‘vera fucina di sentimento italiano’ si formano docenti del calibro di Salvatore Debenedetti, primo biografo del fisico e patriota Ottaviano Fabrizio Mossotti.

In Piemonte la rete d’istruzione israelitica è comunque ben più ampia. Scuole d’infanzia ed elementari sono infatti presenti - oltre che nelle località segnalate da Vigna e Aliberti - a Cuneo47, Fossano48,

Mondovì49, Saluzzo50, Casale51, Alessandria52, Nizza Monferrato,

Biel-la, Ivrea, Chieri, Savigliano, CarmagnoBiel-la, Cherasco, ….

Tutt’altro che sguarnito è pure il panorama di istituti di arti e mestieri, sia femminili che maschili. Ad esempio, nel 1854 Donato Ot-tolenghi istituisce a Alessandria una Società di patronato a favore del-le povere figlie israelitiche, allo scopo di garantire loro un minimo di istruzione e di incoraggiarle nell’esercizio di un mestiere53. Nell’aprile

del 1858, invece, Moise d’Isaac54 richiede e ottiene, dopo parecchi

in-tralci55, l’autorizzazione ad aprire una scuola privata commerciale a

47 G.E. LEVI, Nella solenne distribuzione dei primi agli alunni delle scuole israelitiche

di Cuneo. Dei pregi della lingua ebraica, Cuneo, 1864, p. 27; EI, 9, 1861, p. 81; 14,

1866, p. 211.

48 Cfr. L. ALLEGRA(a cura di), Vita Ebraica a Fossano, Cuneo, 2010.

49 Cfr. R. ARTUFFO, La comunità di Mondovì. La scuola, Torino, 2010, pp. 137-174. 50 Cfr. EI, 2, 1854, p. 395; 6, 1858, p. 275; 8, 1860, p. 337.

51 Cfr. EI, 2, 1854, p. 391 e G. PAVIA - I. GHIRON, Un ricordo israelitico, Casale, 1856, pp. 15, 47.

52 Cfr. EI, 3, 1855, p. 144; 5, 1857, p. 273 e A. PEROSINO, La comunità ebraica di

Alessandria dal 1842 a oggi: indagine statistica, RMI, (3), 68, 2, 2002, pp. 43-82.

53 Cfr. B. TERRACINI, Il centenario della Pia Società israelitica di Torino 1832-1932, 1932, p. 98.

54 Cfr. Moise d’Isaac Maestro: Domanda di aprire un Collegio-Convitto Commerciale in

Torino, in BMPIR, Consiglio Superiore di Pubblica Istruzione, seduta del 25 aprile 1858, pp. 346-350, 359-363, seduta del 29 aprile 1858, pp. 387-404.

55 Per maggiori dettagli sulle vicende degli israeliti che, per primi, presentarono istan-ze per l’apertura di scuole, per l’insegnamento privato e pubblico cfr. BMPIR, Artom:

Per ammiss.ein 7bre p. v. agli esami di Maestro per corso tecnico, in Consiglio

Superio-re di Pubblica Istruzione, seduta del 14 aprile 1861, pp. 701-702, 729; De Sterlich Ri-naldo Cesare: autorizzazione ad insegnamento privato e provvisorio di lingua ebraica, in Consiglio Superiore di Pubblica Istruzione, seduta del 6 giugno 1864, pp. 515-516, 533.

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Torino. E sempre a Torino, nel 1901 l’Istituto Foà organizza corsi su-periori di lavoro manuale56, mentre una scuola tecnica di avviamento

professionale è attiva per operai e agricoltori dal 191157. Parecchi di

questi istituti, nati grazie alla beneficenza privata, si trasformano poi in collegi-convitti e, non di rado, aprono le porte anche a studenti cat-tolici.

Fra i caratteri predominanti di tali strutture, il più palese è la mancanza di uniformità di gestione e d’indirizzo, causata dalla fram-mentarietà di contatti fra le comunità e dal vuoto legislativo per le scuole acattoliche, perpetuato dai decreti del 184858. La sopravvivenza

delle iniziative scolastiche nei ghetti appare perciò, spesso, come il frutto della buona volontà e della tenacia di singole personalità, più che come l’esito di un disegno globale e di uno sforzo collettivo. Pur nella loro eterogeneità, alcuni assunti di fondo animano però il com-plesso di queste opere educative e sono ravvisabili: nella priorità attri-buita alla lotta all’analfabetismo, allo scopo di garantire la lettura au-tonoma e l’esegesi del Pentateuco e dei commenti talmudici59; nella

volontà di legare la vita scolastica a quella comunitaria, attraverso ri-correnze solenni, distribuzioni di premi agli studenti meritevoli e se-gnalazioni sulla stampa dei successi riportati dai giovani nelle scuole statali; nella scelta di prestare speciale attenzione all’istruzione infanti-le60, popolare e professionale61; nella disponibilità a coinvolgere nelle

attività educative la componente femminile in posizione non

subalter-56 Cfr. La Stampa, 22.8.1901.

57 Cfr. E.S. ARTOM, La scuola ebraica in Italia, Firenze, 1913, p. 21. 58 Cfr. D.R. n. 688, 29 marzo 1848.

59 È l’aspetto di gran lunga più noto e studiato dell’istruzione ebraica. Ci limitiamo a ricordare che l’Italia presentava nel 1861 un analfabetismo pari al 74,6% dell’intera popolazione mentre all’interno della componente ebraica questo dato si riduceva al 5,8%. Cfr. F. SERVI, Gli israeliti d’Europa, Torino, 1871.

60 Cfr. G. SACCHI, Relazione sugli Asili d’infanzia ad altri istituti elementari, visitati

nell’autunno dell’anno 1843 dall’abate Ferrante Aporti, con note di Giuseppe Sacchi,

Annali universali di statistica economia pubblica, geografia, storia, viaggi e commer-cio, VI, 16, 1845, pp. 19-20. Aporti aveva stretto da tempo rapporti con l’ebraismo internazionale. Durante il suo soggiorno al Theresianuni di Vienna (1815) aveva in-fatti conosciuto il banchiere e filantropo israelita J. Wertheimer, traduttore in tedesco dell’opera Infant Education di S. Wilderspin, che il pedagogista italiano avrebbe uti-lizzato per impostare la didattica nelle scuole infantili nazionali.

61 Si pensi fra l’altro al sostegno dato dalle famiglie Franchetti, Morpurgo, Orvieto, Rosselli, Comparetti, Nathan alle Scuole del Popolo di P. Dazzi. Cfr. P. MORPURGO,

(23)

na; nella necessità di affidarsi a filantropi e associazioni assistenziali per garantire la sopravvivenza e il buon andamento degli istituti.

Per quanto riguarda il versante scientifico, è sicuramente apprez-zabile la tendenza ad assegnare alla matematica, alle scienze e alla tec-nica un ruolo non comprimario nei curricula dei diversi gradi. Tali competenze sono infatti considerate, da larga parte dell’ebraismo emancipato, essenziali al fine di offrire alle nuove generazioni una for-mazione moderna, adeguata a farle affermare socialmente e professio-nalmente all’esterno dei cancelli del ghetto.

A ciò si deve aggiungere la tendenza a impartire gli insegnamen-ti scieninsegnamen-tifici secondo un approccio dinamico, libero, improntato al ri-spetto del discente e alla salvaguardia della sua spontaneità, lo stesso approccio che caratterizzava peraltro da sempre il Talmud Thorà. È -questo - uno dei lati più apprezzati dagli intellettuali del tempo che segnalano ad esempio il caso delle scuole israelitiche livornesi, consi-derate all’avanguardia per un’impostazione pedagogica che precorre le soluzioni adottate da F. Corridi nella sua Aritmetica62.

La pluralità di esperienze educative gestite dalle comunità ebrai-che permane fino alla legge Rattazzi, ebrai-che equipara le scuole israeliti-che a istituti privati parificati63. Tale normativa resterà in vigore fino

al 1925, quando sarà inserito anche in esse l’insegnamento obbligato-rio della religione cattolica. Il loro assetto giuridico sarà poi modifica-to dai decreti del 1930-33, in seguimodifica-to ai quali gli istituti ebraici passe-ranno sotto il controllo del regime fascista.

6. Il declino delle scuole ebraiche (1863-1919)

Il successo delle scuole ebraiche, in termini di affluenza di iscrit-ti, è notevole prima dell’emancipazione, ma prosegue per un certo pe-riodo anche dopo, al punto che, in un nucleo modesto come quello cuneese, lo sviluppo dell’istruzione nel quinquennio 1858-63 è così re-gistrato:

62 Cfr. la recensione, siglata S.R., Elementi di Aritmetica del Dottor Filippo Corridi,

Professore di Geometria e Trigonometria nell’I. e R. Università di Pisa, Pisa, 1832, pres-so Niccolò Capurro e Cc., Nuovo giornale de’ letterati, 26, 1833, pp. 15-16.

63 Cfr. D.R. n. 2326, 4 luglio 1857; E. CAPUZZO, Sull’ordinamento delle comunità

ebraiche dal Risorgimento al Fascismo, in Italia Judaica, 1993 cit., pp. 186-205; S.

GUETTA SADUN, La scuola ebraica dall’emancipazione alla riforma Gentile, in A.M.

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In sullo scorcio del 1858 vennero istituite due scuole, di cui l’una maschile e l’altra femminile, - ove, oltre agli studi ebraici e religio-si, si fa il corso elementare di tutte le quattro classi - e un asilo in-fantile. Queste scuole sono frequentate annualmente da una media di 70 alunni. Ora se si calcola che ben quindici alunni da quelle usciti frequentano in questo momento gli uni le scuole ginnasiali, gli altri le scuole tecniche, si avrà un complesso di ottantacinque fanciulli dati all’educazione ed istruzione, sopra una popolazione israelitica di 310 individui: cosa rara se non unica in una statistica scolastica. Non potevano certo gli Israeliti Cuneesi meglio rispon-dere a quella voce che li chiamava a partecipare all’Italiana reden-zione, né più degni mostrarsi della progredita civiltà odierna64.

Nel momento in cui gli ebrei sono ammessi a frequentare le scuole governative, quelle comunitarie cessano però di essere l’alterna-tiva preferenziale. Le sfide che l’ebraismo italiano è chiamato a fron-teggiare, in questo frangente, sono di due tipi: l’una di carattere orga-nizzativo-strutturale e l’altra di natura socio-culturale.

In primo luogo, occorre regolamentare e uniformare una rete scolastica quale quella ebraica, tuttora frammentaria, facendo tesoro del suo operato ma, allo stesso tempo, adattandola alle esigenze dei nuovi tempi e rendendola competitiva con il sistema nazionale. Su questo fronte, gli esiti della battaglia culturale sono mediocri. A sanci-re il declino degli istituti israelitici contribuiscono, infatti, da un lato i massicci fenomeni di inurbamento che, nella seconda metà del XIX secolo svuotano le comunità periferiche65 e, dall’altro, il fatto che le

scuole ebraiche segnino il passo, in modo sempre più marcato, rispet-to a quelli comunali. Molte di queste strutture si riducono così al seg-mento elementare, spesso neanche completo; parecchi alunni le fre-quentano in determinati orari per l’insegnamento della lingua e della religione, recandosi poi nelle istituzioni statali per l’istruzione laica. A dirigerle vi sono persone non sempre provviste del titolo e, sebbene quasi tutti i docenti di discipline civili siano legalmente abilitati66,

l’i-struzione è quasi ovunque impartita da un solo insegnante

contempo-64 G.E. LEVI, Dei pregi della lingua ebraica, 1864 cit., p. 27.

65 Cfr. ad esempio S. DELLA PERGOLA, Precursori, convergenti, emarginati.

Trasforma-zioni demografiche degli ebrei in Italia (1870-1945), in Italia Judaica, 1993 cit., pp. 48-81.

66 In alcuni casi, tuttavia, sono assunti nelle scuole israelitiche anche maestri e mae-stre privi di licenza. Cfr. ad esempio BMPIR, L’Israelita Vitale Michele chiede di

con-tinuare come maestro nelle scuole israelitiche elementari di Alessandria, in Consiglio Su-periore di Pubblica Istruzione, sedute del 12 e 14 novembre 1861, pp. 4s.67, 4s91-92.

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raneamente, a più classi. In assenza di Scuole normali ebraiche, salvo che a Livorno, vi è poi un’assoluta penuria di maestri preparati su en-trambe gli ambiti disciplinari - civile ed ebraico - e, anche laddove si riescono a reclutare buoni educatori, il loro lavoro è ostacolato dalla penuria di libri e di materiali scolastici. Infine, poiché queste scuole esercitano sempre meno attrattive, se non per i vantaggi materiali che presentano, cala il numero di famiglie abbienti ed emancipate che le scelgono per i propri figli e cresce, per contro, la componente di stu-denti provenienti da famiglie osservanti o povere, allettate dall’esen-zione della retta. Nella prima decade del Novecento, la popoladall’esen-zione degli istituti israelitici si riduce perciò del 10%, attestandosi su 1600 unità, pari al 4% della popolazione ebraica italiana. Nella maggior parte dei casi la percentuale di alunni indigenti supera la metà della scolaresca, anche se, rispetto ad altre aree geografiche, le scuole ebrai-che in Piemonte non si trasformano mai del tutto in scuole di e per poveri. A Torino, l’asilo e l’elementare Colonna-Finzi hanno, su 5 classi, una percentuale di miserabili che oscilla tra il 40 e il 20%, es-sa scende al 12% a Aleses-sandria, e si assesta sull’11% a Asti.

L’inchiesta condotta da E. S. Artom, U. Cassuto e A. Pacifici re-stituisce dunque, per il decennio 1900-1910, un quadro stravolto ri-spetto alle considerazioni esposte da Vigna e Aliberti. In parecchie co-munità, un tempo floride, le scuole non esistono più: a Vercelli il Col-legio Foà è scomparso; a Casale l’istituto è ridotto ad una sola classe annessa all’asilo, mente a Cuneo il rabbino dichiara che la comunità è ormai priva di scuola anche se, in via ufficiosa, ammette poi che una parvenza di istituzione educativa ancora sussiste, pur essendo male or-ganizzata e poco frequentata67.

Relativamente all’aspetto socio-culturale, ancor più dei movimen-ti demografici e delle sperequazioni sociali della popolazione studen-tesca, nuoce al sistema scolastico israelitico il cambio di mentalità cui va incontro buona parte dell’ebraismo italiano68 e, in particolare, il

67 ARTOM, La scuola ebraica in Italia, 1913 cit. Il declino risulta ancor più evidente dal questionario sull’organizzazione dell’istruzione ebraica diramato nel 1925 (Y. CO -LOMBO, Il problema della scuola ebraica in Italia, Firenze, 1925).

68 Cfr., fra gli altri, G. ARIANLEVI, Vita quotidiana nel ghetto di Torino sulla fine

del-l’800, RMI, 45, 6-7, 1979, pp. 255-265; A. CANEPA, Considerazioni sulla seconda

eman-cipazione e le sue conseguenze, RMI, 47, 1-6, 1981, pp. 45-89; P. BERNARDINI, The

Jews in ninettenth-century Italy: towards a reappraisal, Journal of Modern Italian

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convincimento che la parità di diritti inizi dalla parità di opportunità culturali. Così, mentre si moltiplicano gli appelli affinché l’istruzione sia portata “fra noi al grado della civiltà e del progresso de’ tempi ma per quanto si può, e fino a una certa età (…) nelle nostre scuo-le”69, i genitori manifestano una disaffezione sempre più palese per

queste ultime. Il dissolvimento degli istituti ebraici si consuma velo-cemente e anche la loro dislocazione fisica, al di fuori del ghetto, contribuisce a incrementarne il declino. Ad esempio, a proposito del rinomato Collegio Colonna e Finzi, trasferitosi nel 1860 nei nuovi lo-cali di Via S. Anselmo e Via Galliari, in una realtà in cui della “To-rino ebraica vecchia nulla o quasi nulla più c’era”70, il Vessillo

Israe-litico commenta:

Pochi giovani lo frequentano, pochissimi ne ritraggono frutti, in-somma v’ha fortemente a temere che fra non molto non vi saran-no più giovani che capiscasaran-no le saran-nostre orazioni. I padri hansaran-no vi-vo desiderio che i figli loro saltino a piè pari classi su classi sino ad arrivare all’università e quivi prendere in tutta furia una laurea. E poi!! E poi questi giovani non sono e non saranno che una in-fima mediocrità in tutto, ma nella lingua Ebraica poi digiuni anche dei primi rudimenti saranno tante nullità71.

7. Fra integrazione e assimilazione: la stampa periodica

Come osserva Fabio Levi, le relazioni fra il mondo ebraico pie-montese e la realtà circostante, che si intensificano nella seconda metà dell’Ottocento, non vanno “esclusivamente messe nel conto del pro-cesso di assimilazione” né “va sottovalutata la persistenza nei decenni successivi al ’48 di un grado non indifferente di separatezza”72. In

ta-le prospettiva, diventa allora importante misurare il

contributo degli ebrei alla formazione della moderna classe diri-gente dell’Italia unita, guardando non solo alla volontà o alla ca-pacità degli Israeliti di parteciparvi, ma anche - però senza facili

69 EI, 3, 1855, pp. 365-366. Il tentativo di mantenere in vita le scuole israelitiche im-plica comunque, nella mentalità dei più, la costruzione di un percorso educativo non autonomo rispetto a quello statale, ma solo più attento alla religione e ai costumi ebraici.

70 S. F, Vicende del ghetto di Torino, Casciago (VA), 1963, p. 35. 71 EI, 17, 1868, p. 307.

72 F. LEVI, Emancipazione e identità ebraica, in U. LEVRA(a cura di), Storia di Torino.

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trionfalismi - alla reale disponibilità degli altri italiani ad aprirsi ad una componente nuova e tutta particolare della realtà nazionale73.

La documentazione che consente di approfondire questo aspetto, in rapporto al mondo della scuola, è fortunatamente meno lacunosa di quanto si potrebbe pensare.

Un primo livello di indagine - su cui non ci si sofferma in questa sede - investirebbe la legislazione scolastica, restata a lungo inadegua-ta a gestire il fenomeno della convivenza fra gli israeliti e il resto del-la collettività, a maggioranza cattolica. Nonostante le rimostranze, an-che vibranti, i calendari accademici continuano infatti a ignorare, ne-gli anni 1860-1890, il riposo sabbatico e le festività ebraiche74.

Analo-gamente, contravvenendo alle indicazioni ministeriali, piccoli o grandi casi di discriminazione continuano a verificarsi. Durante gli esami ma-gistrali del 1869 - per citare un solo episodio - le candidate israelite “tacquero cioè non scrissero sillaba”75 poiché era stato proposto il

te-ma intitolato Della Cresite-ma, come prova scritta di Morale e religione. In quest’ambito rientrano pure i dibattiti sull’opportunità di proibire agli acattolici l’iscrizione nei collegi nazionali:

perché nei convitti si dà un’educazione morale fondata sul cattoli-cismo, e tale non si dà nelle scuole. Che tale sia lo spirito della legge mi fu schiettamente confessato dai consiglieri della legge, i quali giudicarono non potersi altrimenti ammettere nelle scuole gli acattolici, fuorché facendo tacere la voce del cattolicismo, così che non si inframmetta nel pubblico insegnamento scolastico76.

Una seconda dimensione di analisi storiografica è quella che, at-traverso la stampa, permette di ricavare una conoscenza per via di tracce, à la Bloch, di come fu percepito l’apporto ebraico all’educa-zione e all’istruall’educa-zione da parte della società piemontese. Fra i periodici che si prestano a tal scopo vi sono il Giornale della Società d’Istruzio-ne ed Educaziod’Istruzio-ne (1848-1852), L’Istitutore. Foglio ebdomadario d’istru-zione primaria e secondaria (1852-1880) e il quotidiano La Gazzetta

73 LEVI, Emancipazione e identità ebraica, 2000 cit., p. 867.

74 Ad esempio Aporti, in qualità di presidente del Consiglio universitario e della Commissione permanente per le scuole secondarie del circondario di Torino, indi-rizzò ai provveditori agli studi una circolare datata 20.10.1849, prescrivendo di non dettare agli alunni israeliti temi di esame nel giorno di sabato. Cfr. ROMIZI, Storia del

Ministero della Pubblica Istruzione, 1902 cit., p. 98.

75 EI, 17, 1869, p. 276.

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Piemontese, poi La Stampa dal 1894. Le segnalazioni ospitate sulle lo-ro pagine, singolarmente numelo-rose, spaziano dalla clo-ronaca della fon-dazione e dell’attività degli istituti israelitici77, ai necrologi dei

filan-tropi che li sostengono, dall’editoria alla situazione della scolarità de-gli ebrei all’estero e alle iniziative dell’Alliance Israelitique Universelle, fondata a Parigi nel 1860 allo scopo di sviluppare una rete di scuole nel bacino del Mediterraneo78.

Ampia è, in primo luogo, la circolazione di notizie sulle forme di contrasto al pauperismo messe in campo dagli ebrei piemontesi. Giu-seppe Raffael Vitta, Donato Levi e Samuel Abram Pavia sono per esempio presentati come “modelli di generosità”, il cui altruismo è in-dirizzato ai bisognosi, indipendentemente dalla fede professata79. Bona

Olivetti Levi di Vercelli, a sua volta, è “una vera madre dei poveri”

77 L’Istitutore segnala per esempio l’apertura di un collegio-convitto a Mondovì, di-retto da Salomon De Benedetti (Cronaca dell’istruzione, IX, 1861, p. 158).

78 Cfr. D. BERTI(a cura di), Cronaca straniera, L’Istitutore, I, 1, 1853, p. 48. Su ulte-riori aspetti dell’istruzione ebraica (insegnamento della religione, della cultura milita-re, della ginnastica, ecc.) cfr. A. RAYNERI, Pedagogia. Dell’insegnamento della religione

nella famiglia e nelle scuole elementari, L’Istitutore, IV, 1856, p. 19; Pedagogia. Del-l’ingerenza dei Parroci nelle scuole elementari. Risposta alla Gazzetta dei Giuristi,

L’I-stitutore, IV, 1856, pp. 55-57; Critica Bibliografica. Al Conte Terenzio Mamiani

Mini-stro della pubblica istruzione; Lettera di Biagio Caranti e d’Isaia Ghiron - Torino, tip. Subalpina. Al C. T. Mamiani; Epistola dell’Ab. G. Solari, L’Istitutore, VIII, 1860, pp.

138-140; La Gazzetta piemontese, 19.5.1873, 14.5.1879; 19.8.1879; 14.4.1880; 5.12.1880; 8.1.1881; 21.5.1882; 14.10.1885; 11.10.1891; La Stampa, 1.9.1897; 2.9.1897; 26.7.1902; 7.2.1906; 5.9.1907; 14.7.1911; 28.6.1912; 3.1.1913; 15.8.1913; 16.1.1914. 79 Il banchiere Vitta risponde a un appello dei casalesi « alla cittadina carità degl’i-sraeliti » fondando un collegio e una Società d’incoraggiamento alle arti e mestieri in favore dei giovani indigenti, allo scopo di dare concreta attuazione alla « sublime esclamazione del Salmista: Te beato e felice, che mangierai della fatica delle tue ma-ni! » (C. DANNA (a cura di), Parte IV. Corrispondenza, Miscellanea e Bibliografia.

Cor-rispondenza. Cronichetta dell’istruzione e dell’educazione, GSIE, 2, 1850-51, p. 549, P.

CALDERA, Parte IV. Corrispondenza, Miscellanea e Bibliografia. Corrispondenza.

Croni-chetta dell’istruzione e dell’educazione, ibidem, p. 771). Allievo di retorica del collegio

nazionale di Casale, D. Levi devolve invece la vincita di una tombola a favore dei danneggiati dell’incendio di Yenne (P. MARASCHI(a cura di), Parte IV.

Corrisponden-za, Miscellanea e Bibliografia. Corrispondenza. Cronichetta dell’istruzione e dell’educa-zione, GSIE, 3, 1851-52, p. 125). E ancora, il figlio del banchiere casalese Samuel

Abram Pavia offre in memoria del padre duecento lire alla pia Opera delle Scuole Normali di Carità: « È un benefizio che onora ad un tempo il cuore e il senno carita-tivo di chi lo ha fatto, avendo così dimostrato di comprendere come sopra tutti i soc-corsi che si possano dare ai poveri, splenda quello dell’istruzione e dell’educazione con cui si cura dalle radici la povertà sociale e morale » (D. BERTI(a cura di),

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