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Nuove tecnologie e coerenza nella gestione delle risorse umane. Il caso Farmaè.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Corso di laurea in Comunicazione d’impresa e politica delle risorse umane

NUOVE TECNOLOGIE E COERENZA NELLA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE Il caso Farmaè

Candidato: Relatore:

Paolo Lucchesi Prof. Mauro Sylos Labini

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INDICE

INTRODUZIONE ... 3

CAPITOLO 1 – LA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE ... 4

1.1 Strategia dell’organizzazione ………. ... 5

1.2 Tecnologia e work organization ... 6

1.3 Cultura dell’organizzazione ... 7

1.4 Forza lavoro ... 7

1.5 Ambiente esterno ... 7

1.6 Il risultato dell’analisi dei 5 fattori di Baron e Kreps ... 8

CAPITOLO 2 – IL CASO FARMAè ... 11

2.1 Profilo ... 11

2.2 Ambiente ... 13

2.3 Forza lavoro ... 15

Il magazzino: componenti e mansioni ... 15

Human Resource e livello di istruzione ... 16

2.4 Cultura organizzativa ... 16

2.5 Strategia dell’organizzazione ... 20

2.6 I cambiamenti della tecnologia del posto di lavoro ... 21

Tecnologia del posto di lavoro (before) ... 22

Tecnologia del posto di lavoro (after) ... 24

2.7 Coerenza e incoerenza interna ... 28

CAPITOLO 3 – MISURAZIONE DELLA PERMORMANCE ... 30

3.1 Da una politica HR coerente ad una incoerente ... 32

CONCLUSIONI ... 34

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INTRODUZIONE

Questo elaborato è frutto di una esperienza sul campo svolta all’interno del magazzino e-commerce della parafarmacia Farmaè. Esperienza che ha consentito di verificare direttamente l’evolversi dei comportamenti dei dipendenti nei confronti delle novità organizzative e tecnologiche introdotte e soprattutto vivere la realtà dell’azienda secondo una prospettiva multidisciplinare dove l’economia è complementare alla psicologia comportamentale, al diritto e alla sociologia. La comprensione delle HR e della loro gestione non può più prescindere da questa relazione interdisciplinare, perché oggi di fronte al progresso della tecnologia è urgente la valorizzazione della dimensione umana in termini di formazione e di gestione (Baron e Kreps (1999), Munno e Pansa (2016)).

Lo studio comprende un primo capitolo sulle questioni dell’organizzazione aziendale, le premesse per una buona gestione delle HR e la riflessione sui punti di forza che agiscono dall’esterno ed influenzano il sistema azienda nella componente umana; ambiente, forza lavoro, cultura e strategie organizzative e monitoraggio del lavoro. Nell’estendere il secondo capitolo la tesi sottolinea i cambiamenti successivi all’introduzione di nuovi metodi di lavoro e la proposta di nuovi obiettivi in relazione al modo migliore di misurare la performance senza che tale misurazione sia considerata come un controllo personale ed un giudizio arbitrario ed inderogabile sulla qualità del lavoro svolto e l’attitudine dei suoi esecutori. Argomentazioni e dati sono presenti nel terzo capitolo.

L’analisi sviluppata si è rivelata interessante perché l’azienda che ne è oggetto è in pieno sviluppo, aperta alle innovazioni ma soprattutto a considerare le HR come il capitale da curare nella formazione e da mantenere e migliorare all’interno di un clima culturale, egualitario e cooperativo. Farmaè ha dedicato particolare attenzione alla misurazione della performance anche se il progetto è ancora in fase iniziale, come descritto nel terzo capitolo; tuttavia l’approccio è significativo di un orizzonte più ampio sulla comprensione e gestione delle HR che l’azienda sente e vive come una funzione di crescita. Appare chiaro quanto sia importante collegare la gestione delle HR alla strategia dell’organizzazione e quindi collocare nel sistema organizzativo le persone in base alle capacità dimostrate, alle competenze progressivamente acquisite, alle motivazioni e agli interessi. Un lavoratore così attenzionato, si sente coinvolto come parte dell’azienda e contribuisce alla crescita personale, del gruppo e dell’impresa. L’HRM non è un insieme di tecniche utili ad organizzare la produzione ed assicurare profitti sul mercato, ma è soprattutto una filosofia che qualifica e consolida tutti i processi operativi proprio perché parte dalle persone. Nella seconda metà del novecento il lavoratore era considerato un soggetto da addestrare, alla fine degli anni novanta gli studi sulle HR in ambito economico, sociologico, giuridico, psicologico comportamentale, si sono sviluppati ed hanno convinto e convincono un numero sempre maggiore di aziende a considerare il fattore umano quello che può differenziare la produzione, il mercato, la qualità ed il successo dell’azienda stessa (Martina (1994), Maslow (2010), Mayo (2007)). A fianco delle innovazioni tecnologiche e nella prospettiva del collegamento tra la tecnologia e l’uomo, è il fattore umano a rappresentare la risorsa sulla quale costruire questo rapporto e per farlo sono necessari cura e strumenti adeguati. Un compito che comporta inevitabilmente criticità. Anche in Farmaè il cambiamento che ha suscitato maggiori preoccupazioni è un sistema tecnologico di misurazione della performance (terminale elettronico, Capitolo III°). Accanto agli effetti stimolanti sono comparsi esitazione, diffidenza, timore per un sistema che comunque contribuisce a formulare una valutazione, un giudizio, da alcuni percepito come un’etichetta. Allora l’attenzione dei manager si è concentrata sulle possibili modalità di introdurre questo sistema elaborando gli aspetti critici attraverso l’informazione, la comunicazione con tutti e per tutti, per mantenere inalterati l’ambiente ed il clima del gruppo di lavoro. La misurazione è apparsa da subito come una funzione che per essere utile deve soprattutto essere trasparente e vissuta come occasione di crescita personale ed opportunità formativa.

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CAPITOLO 1 – LA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE

Una buona gestione delle risorse umane è la chiave del successo di un’azienda, i dipendenti sono il vero vantaggio competitivo ed hanno un impatto decisivo sull’organizzazione dell’impresa (Baron e Kreps 1999). Interessanti a tal proposito sono gli studi sul rapporto tra la retribuzione e le performance del personale, Baron e Kreps (1999) ne distinguono due filoni. Un primo sostiene che le aziende che pagano i propri dipendenti più delle aziende della concorrenza hanno un tasso più basso di assenteismo e di turn over, ed un tasso più alto di soddisfazione dei dipendenti. Un secondo filone sostiene che le performance del personale non dipendono da quanto i dipendenti guadagnano ma da come questi sono trattati, incoraggiati e gestiti. Baron e Kreps (1999) citano Blinder (1990), secondo il quale “il modo in cui i dipendenti sono trattati favorisce e spinge la produttività più di quanto lo faccia la retribuzione”. In ogni caso, i due ricercatori, ritengono che il sistema migliore per una buona gestione delle HR sia una combinazione di buona retribuzione e giusto trattamento. Le risorse umane non sono e non devono essere esclusivamente compito di specialisti, per una buona gestione delle HR i manager devono essere coinvolti. I motivi, secondo Baron e Kreps (1999), sono principalmente tre: in primis perché le risorse umane vincolano la strategia aziendale, è quindi importante per i manager tenerle in alta considerazione; in secondo luogo le aspettative e la percezione dei dipendenti sono cruciali per le HR ed è compito dei manager stabilire buoni rapporti in azienda; infine l’ideazione delle politiche aziendali delle risorse umane ha bisogno del contributo del top management, non sono sufficienti i soli specialisti delle HR. Per consentire ai manager la comprensione della gestione delle risorse umane è importante utilizzare termini e modi non specifici, perché questi devono essere comprensibili a tutto il top management e ai vari livelli di gestione aziendale in modo da collegare la gestione delle HR alla strategia generale dell’organizzazione. Per comprendere le risorse umane e gestirle in modo efficace è necessario risalire alle basi di alcune discipline: economia, sociologia, psicologia e diritto. Ogni approccio che non le considera è da ritenersi incompleto (Baron e Kreps 1999). L’economia, la sociologia e la psicologia sono tre scienze tra loro complementari e tutte allo stesso modo importanti per una profonda comprensione delle HR. La gestione delle risorse umane è complicata perché l’elemento da gestire sono le persone, i loro comportamenti, le loro aspettative e percezioni che sono influenzate dall’esperienza e dalle conoscenze. Chi ne ha il compito deve riflettere sul perché i propri lavoratori agiscono in un determinato modo, su cosa c’è alla base di un determinato comportamento (Baron e Kreps 1999). Se consideriamo la valutazione delle performance, gli economisti tenderanno a concentrarsi sui meccanismi di controllo e di valutazione, su come allineare gli interessi dei dipendenti con gli obiettivi dei manager. I sociologi invece si soffermeranno sulle forze culturali e istituzionali che incidono sulle performance. Il lavoro degli psicologi riguarderà i fattori che influenzano i comportamenti degli individui. Coloro che si trovano a capo dell’organizzazione aziendale devono aver ben presenti i punti fondamentali per una buona e corretta gestione dell’impresa, devono essere consapevoli che le politiche di gestione delle risorse umane non possono essere considerate frammentarie, le HR sono un capitale umano, qualcosa su cui investire, un capitale però particolare che è difficile da modificare.

La distribuzione dei risultati ottenuti dai dipendenti di un’azienda fa sì che questi possano essere diversamente classificati (Baron e Kreps 1999). Quando una cattiva performance non incide troppo sulla carriera, ma una buona performance è veramente un ottimo contributo per l’intera azienda ci troviamo difronte a lavoratori stella. I lavori svolti da questo tipo di dipendenti sono per la maggior parte attività che producono conoscenza e innovazione. Nel caso di una azienda con una performance media, una performance definita buona è solo di poco superiore, ma nel caso di un lavoro prodotto in modo errato per evitare il disastro l’intervento è dei lavoratori definiti guardiani nella cui attività sono molto importanti l’interdipendenza e la cooperazione per il sistema di

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produzione e ciò che si nota di più sono quindi le performance individuali negative che incidono su quella generale del gruppo. Infine vi sono i pedoni ovvero quei lavoratori che hanno performance costanti nel tempo. La variazione dei risultati, proseguono Baron e Kreps (1999), dipende in parte dalle variazioni nelle abilità dei dipendenti, quindi il reclutamento, la selezione e la formazione saranno diverse a seconda delle tre tipologie di lavoratori. Per i lavoratori stella il costo di un errore, in fase di assunzione, è relativamente piccolo se confrontato con la possibilità e i vantaggi di trovare dipendenti eccezionali. Per i guardiani, invece, l’azienda impiega moltissime energie nella fase di selezione e spesso è richiesto un lungo periodo di tirocinio e formazione prima che il guardiano abbia responsabilità sul lavoro. Per i pedoni l’azienda assume facilmente ed è minore l’attenzione in fase selettiva.

Una delle questioni più importanti per le imprese è assicurarsi che le politiche di gestione delle risorse umane funzionino bene e che siano coerenti con la gestione generale dell’azienda. Le risorse umane sono però un sistema il cui contesto interno è composto da persone che devono lavorare insieme, come una squadra, che come tale a volte collabora altre può vivere conflitti. Le HR sono poi inserite in un contesto esterno ancora più grande, fatto di tante diverse relazioni come le relazioni dell’azienda con la società. Baron e Kreps (1999) distinguono due tipi di coerenza delle politiche di gestione delle HR, esterna ed interna. La gestione delle relazioni dell’azienda con l’esterno riguardano cosa l’azienda cerca di fare, dove si trova fisicamente o ancora come opera nel suo settore. In questo caso si parla di coerenza rispetto al contesto esterno. L’altro tipo è la gestione delle relazioni all’interno dell’azienda, che si interroga su quanto le varie parti del sistema di gestione delle risorse umane siano complementari e coerenti tra di loro. Essere coerenti, all’esterno e all’interno, per le aziende non è facile, due sono i motivi principali: le aziende tendono ad imitarne altre, quelle che reputano di successo e cercano di emulare la gestione delle risorse umane con il risultato di essere ancora più disallineate ed incoerenti al loro interno. Il secondo motivo è l’applicazione di stesse politiche aziendali in contesti diversi con i quali queste determinate pratiche sono in contrasto o discordanti. Per quanto riguarda l’aspetto della coerenza esterna, Baron e Kreps (1999) utilizzano, come schema di riferimento per studiare le caratteristiche del settore in cui l’azienda opera, il modello dei cinque fattori, che descrive il sistema competitivo in cui l’azienda opera. Si tratta quindi di prendere in considerazione cinque fattori che agiscono dall’esterno sull’azienda e che influenzano il sistema delle risorse umane di ogni organizzazione. I 5 fattori sono:

• strategia dell'organizzazione; • tecnologia e work organization; • cultura dell'organizzazione; • forza lavoro;

• ambiente esterno.

1.1 STRATEGIA DELL’ORGANIZZAZIONE

Con strategia dell’organizzazione si intende la capacità dell’azienda di rispondere a una serie di domande riguardanti le competenze distintive dell’impresa, i vantaggi competitivi e tutto quello che riguarda la strategia aziendale. Il cui compito sarà di mantenere i vantaggi nel lungo periodo e porre obiettivi a lungo termine (Baron e Kreps 1999).

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1.2 TECNOLOGIA E WORK ORGANIZATION

Per tecnologia, Baron e Kreps (1999) intendono fattori e condizioni che agiscono su come gli input del lavoro vengono convertiti in output1. I fattori e le condizioni che vengono presi in

considerazione sono: la struttura fisica, le abilità richieste ed il monitoraggio del contributo del lavoro. La struttura fisica considera se i lavoratori sono isolati o se lavorano insieme ad altri dipendenti loro simili. Quando il lavoro è svolto da un dipendente che lavora vicino ad altri è maggiore la pressione del gruppo dei pari, sia in positivo che in negativo. E quando i lavoratori lavorano in uno stesso luogo e sono interdipendenti tra loro è difficile trattarli diversamente gli uni dagli altri, loro stessi si riconoscono simili. Le abilità richieste: è importante interrogarsi sul modo in cui i lavoratori acquisiscono le abilità richieste sul lavoro. Quando queste vengono acquisite sul posto di lavoro, i nuovi assunti risultano meno produttivi dei lavoratori con esperienza, perché investono una parte del loro tempo per imparare. Vi sono, invece, casi in cui le abilità sono state acquisite prima di avere il lavoro. In queste situazioni il costo del turn over si alza e le aziende puntano a tenere all’interno dell’organizzazione i lavoratori che hanno fatto crescere. Il monitoraggio del contributo del lavoro riguarda non solo quello che i dipendenti fanno durante l’orario di lavoro, ma anche come lo fanno e in quanto tempo. Il monitoraggio è costoso e spesso quello diretto viene considerato intrusivo. Si preferiscono quindi misure indirette come misurare il livello di output2 realizzato dal lavoratore. Le domande da farsi in questo caso riguardano la

capacità del lavoratore di misurare il suo output3. Nella maggior parte dei lavori questo controllo

non può essere effettuato, perché l’output4 non è sotto la diretta visione del dipendente. Inoltre nel

caso di output5 complesso si chiede se è possibile una misura che tenga conto dei vari aspetti. Ci

sono due considerazioni da fare, proseguono Baron e Kreps (1999) connesse all’abilità di misurare l’output6 dei lavoratori: sull’ambiguità del task (incarico del lavoratore) e sulla creatività, poi

sull’interdipendenza e la cooperazione tra i lavoratori. Quando quello che facciamo è ridotto ad una procedura standard, l’ambiguità dell’incarico è bassa. Ma esistono alcuni tipi di lavoro che presentano un’alta ambiguità degli incarichi, come ad esempio accade con i general manager o con i ricercatori, ai quali vengono richieste molte mansioni differenti e la capacità di organizzare autonomamente il proprio incarico. Allo stesso tempo, un incarico variegato richiede anche creatività, capacità di trovare nuove mansioni o nuovi modi di portare a termine le vecchie mansioni, sempre all’interno del proprio lavoro. Per questo motivo la creatività è spesso il fattore più importante per una buona performance. In generale, maggiore è il livello di ambiguità, più difficile sarà controllare le performance dei singoli dipendenti. Con interdipendenza tra i lavoratori Baron e Kreps (1999) intendono la misura in cui il prodotto dell’impegno di un lavoratore è frutto anche dell’impegno di un altro, quindi, maggiore è l’interdipendenza, più difficile sarà determinare performance di un singolo rispetto al gruppo di lavoro nel quale è inserito. Analoga considerazione è sulla capacità di cooperare. La misura della cooperazione di un dipendente è difficile da valutare e richiede più tempo per rivelarsi rispetto ad altri aspetti.

1 Con il termine output si intende la quantità di beni e/o servizi ottenuti da un’attività di produzione. A seconda dell’unità osservata tale nozione può avere diversi livelli di generalità: dalla linea di produzione di un singolo bene all’insieme delle attività svolte in un’impresa, o in un’industria, fino al complesso dell’intero sistema economico. 2 Vedi nota 1.

3 Vedi nota 1. 4 Vedi nota 1. 5 Vedi nota 1.

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1.3 CULTURA DELL’ORGANIZZAZIONE

La cultura dell’organizzazione comprende norme di condotta, atteggiamenti verso il lavoro e valori importanti per le relazioni che governano i comportamenti all’interno dell’azienda (Baron e Kreps 1999). È necessario chiedere se la cultura sia egualitaria o gerarchica, cooperativa o competitiva, conformista o anticonformista. O ancora come viene visto il lavoro, se come fatica o come modo per realizzarsi e se il lavoratore sia considerato solo un dipendente o quasi come un membro di una famiglia. Quando si parla di cultura dell’organizzazione è necessario distinguerla dalle norme della società di cui l’organizzazione fa parte e considerare che possono esistere diverse sottoculture in un’unica organizzazione. È importante anche chiedersi quale sia il livello di plasticità della cultura organizzativa. Si tratta di capire quanto i manager siano in grado di manipolare il sistema di norme sociali e di rapporti sul posto di lavoro. Le politiche di gestione delle risorse umane possono essere portatrici di un messaggio potente, che può influenzare le norme delle organizzazioni ed i valori sperimentati dai dipendenti. Le implicazioni dell’organizzazione della cultura hanno grande impatto sulle politiche delle HR, ad esempio un tipo di cultura che spinge alla cooperazione non si armonizza con un sistema di valutazione delle performance. Oppure un’azienda che spinge i propri dipendenti alla creatività individuale avrà difficoltà se la cultura ha come obiettivo la conformità.

1.4 FORZA LAVORO

Il fattore chiave in questo caso è soprattutto demografico, le sue caratteristiche nella forza lavoro sono importanti per stabilire le pratiche di gestione delle risorse umane. Bisogna innanzitutto chiedersi se la forza lavoro sia omogenea o eterogenea. In caso di omogeneità per sesso, razza, età, educazione e reddito i lavoratori tenderanno ad avere caratteristiche sociali simili e comportamenti socialmente accettati e riconosciuti. Mentre l’eterogeneità può richiedere una diversa gestione delle politiche del personale, per esempio nella valutazione delle performance o nelle pratiche di selezione del personale. In entrambi i casi, la distribuzione demografica della forza lavoro può influenzare le strategie aziendali.

1.5 AMBIENTE ESTERNO

I confini tra le influenze dell’ambiente sociale, politico, economico e legale sono poco chiari, secondo Baron e Kreps (1999), tuttavia è possibile provare a distinguerli. Le forze sociali spingono la gestione delle risorse umane ad essere in linea con le norme sociali sul lavoro, riguardano cosa è permesso o meno chiedere ad un dipendente, qual’è la responsabilità sociale dell’azienda, quali forme di controllo sui dipendenti si possono considerare legittime. Per quanto riguarda l’ambiente politico, le eventuali pressioni influenzano le aziende in termini di politiche delle risorse umane. Gli aspetti legali riguardano le normative che regolano il lavoro, lo statuto dei lavoratori, le regole per i licenziamenti. L’ambiente economico influenza l’azienda in termini di tasso di occupazione, mobilità sul lavoro e concorrenza del mercato. I fattori ambientali sono importanti soprattutto per le aziende multinazionali che devono saper adeguare le pratiche di gestione delle risorse umane alle condizioni sociali, legali ed economiche di ogni nazione.

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1.6 IL RISULTATO DELL’ANALISI DEI 5 FATTORI DI BARON E KREPS

Dal risultato dell’analisi dei cinque fattori di Baron e Kreps (1999) sono emersi, come elemento rilevante per il raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’organizzazione e per i processi attraverso cui questa vuole passare, tutti i vari interlocutori, denominati stakeholder.

Con il termine stakeholder Bocci (2017) indica i portatori di interesse che ruotano attorno all’attività di un’azienda, quindi persone, soggetti interessati ai prodotti, ai servizi, allo stato ed al benessere dell’organizzazione. In passato con stakeholder erano identificati i soggetti tradizionali, clienti, investitori, fornitori e i dipendenti dell’impresa. Oggi invece sono inclusi anche i regolatori, i gruppi di pressione, l’opinione pubblica ed i media, la comunità, i concorrenti, i potenziali dipendenti, i potenziali investitori, i partner, cioè gli stakeholder emergenti. Tra gli stakeholder si trovano anche gli shareholder, azionisti dell’impresa, che ne possiedono quote di capitale, pertanto rientrano nel gruppo degli investitori assieme alle banche e ad altri eventuali finanziatori. Visto l’ampliamento del mix di stakeholder, gestirne le relazioni risulta più complesso, anche se, nella maggior parte dei casi, i collegamenti più stretti rimangono quelli con un gruppo limitato: gli investitori, i clienti, i dipendenti, i fornitori ed i regolatori. È l’importanza strategica di questi stakeholder a determinare le scelte degli obiettivi e degli indicatori per il business ed il successo dell’impresa.

Come sostenuto da Mantoan (2016), soprattutto nei mercati dai grandi volumi, il primo stakeholder da prendere in esame è il cliente, che ha un grosso peso nel definire le caratteristiche del contesto in cui l'azienda si muove e nell'indirizzare la pianificazione, l'implementazione e l'operatività del suo sistema qualità. Altrettanto importante risulta l'analisi della concorrenza, per cui il secondo importante stakeholder sono i competitor, che alimentano le azioni di benchmarking7

dell'organizzazione. Il terzo posto è occupato dai fornitori, che rappresentano una risorsa importante per l'azienda.

Tornando agli elementi di contesto, Mantoan (2016) sostiene che “nella cerchia degli stakeholder non possono mancare i dipendenti dell'azienda. Com’è la struttura organizzativa, come sono definiti i ruoli e le responsabilità, come è impostato il flusso dei processi, sono tutte domande di rilievo che di norma un’azienda già si pone. Il passo ulteriore è chiedersi quali sono le aspettative dei dipendenti in termini di mantenimento del posto di lavoro, reddito percepito, crescita economica personale, in una fase di grandi trasformazioni come l'attuale, in cui valorizzare le risorse umane – per esempio attraverso percorsi formativi mirati – è sempre più essenziale anche a scopo di fidelizzazione”.

Altri stakeholder fondamentali sono gli azionisti e gli istituti di credito, che hanno enormi interessi nei confronti della buona riuscita dell'azienda, e l'ambiente in cui si sviluppano le attività aziendali, che costituiscono un tema ben più ampio. Le organizzazioni non devono sottovalutare gli interessi della comunità e delle istituzioni locali relativamente all'impatto ambientale e socio-economico dell'attività impresa, che alimentano un suo indotto. L’analisi attenta degli stakeholder mette quindi in campo e richiama il concetto di sostenibilità economica e ambientale.

Bloom, Van Reenen e Brynjolfsson (2017), in un recente articolo affermano la superiorità dell’aspetto umano, quindi sociale e culturale dell’organizzazione rispetto all’impiego della stessa tecnologia: “The public remains divided over the value of good management. But what does the data tell us? In our research, we've confirmed that management matters – a lot. In fact, it matters as much or more than a number of other factors associated with successful businesses, like technology adoption”.

Il management conta molto. Secondo uno studio di Bloom, Van Reenen e Brynjolfsson (2017), un

7 Con il termine benchmarking si intende quel “processo sistematico e continuo per la comparazione delle

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quinto delle aziende usa tre quarti o più delle tecniche gestionali orientate alle prestazioni che sono state richieste dall’azienda, ma con risultati assai migliori rispetto ai loro concorrenti, perché hanno adottato pratiche di gestione basate sull'attività di monitoraggio e incentivazione che hanno reso le aziende più produttive, innovative e redditizie. Ogni incremento del 10% in un indice di gestione dell'impianto è stato associato ad un impressionante aumento del 14% della produttività del lavoro, il che significa che vi è un maggiore valore aggiunto per lavoratore.

Attraverso questa indagine è stato messo a confronto anche l'impatto degli approcci di gestione con spiegazioni più tradizionali sulle prestazioni aziendali, tra cui la ricerca e sviluppo (R&S), le spese relative all'informatica (IT) e ai livelli di competenza dei lavoratori. Sono state esaminate le differenze tra il 10% degli impianti top ed il 10% di quelli più bassi, in termini di prestazioni, per vedere cosa giustificasse tale differenza. Le tecniche di gestione hanno spiegato il 18% di quella differenza, al contrario, la R&S rappresenta il 17%, le competenze dei dipendenti l'11% e la spesa IT l'8%. In altre parole, la gestione risulta essere il fattore più importante della performance. La sua qualità varia in funzione della grandezza dell’azienda, del tipo di mercato nel quale è inserita e del profilo dei lavoratori che costituiscono il suo gruppo. Le aziende in settori più competitivi e in stati pro-business ad esempio dove vigono specifiche leggi per il diritto al lavoro, tendono ad essere meglio gestite. In secondo luogo, imprese con un numero più alto di laureati e quelle situate nelle aree universitarie tendono ad adottare migliori pratiche di gestione. In terzo luogo, essendo situate in prossimità di nuovi concorrenti si ha una pratica migliore, probabilmente perché consente alle aziende locali di imparare le pratiche migliori dalle aziende leader. Questi fattori risultano importanti ma non esauriscono comunque tutti gli aspetti della gestione aziendale. L'ipotesi espressa da Bloom, Van Reenen e Brynjolfsson (2017) è che i singoli manager e gli amministratori delegati stessi siano un altro driver critico: i grandi manager fanno grandi pratiche di gestione.

Le conclusione principale della loro ricerca è che la gestione è determinante per le prestazioni aziendali e la grande variazione di produttività fra le imprese, suggerisce che ci siano molte opportunità per migliorare significativamente le prestazioni. Migliorare la gestione può essere relativamente economico, rispetto agli investimenti in R&S o IT. Una buona gestione forma le sorti delle aziende, dei lavoratori e di intere economie ed è questo quello di cui si ha bisogno.

Figura centrale dell'intero processo è quella dei manager. Secondo Cable e Vermeulen (2016), gli incentivi finanziari possono funzionare e spesso funzionano. Essi ritengono che ampi bonus siano responsabili di comportamenti rischiosi e strategie a breve termine; presentano prove dove le misure della performance spesso catturano solamente un aspetto del lavoro di un dipendente e ciò porta ad un effetto di distorsione sul lavoro della persona (ad esempio, un insegnante che viene pagato sulla base dei risultati ottenuti dai propri studenti nei test, potrebbe indurli ad apprendere solo per il test). Sostengono però che per gli executive si applicano misure long run stock price, ovvero nel lungo raggio, per cui il prezzo delle azioni non solo ingloba i profitti attuali, ma anche gli utili futuri, opportunità di crescita, forza di bilancio, cultura aziendale, soddisfazione del cliente, rapporti con gli stakeholder e così via e li pesa secondo la loro importanza per il valore dell'azienda. Cable e Vermeulen (2016) sono convinti che i dirigenti possano “falsificare le carte” nel breve periodo, ma gli effetti di tali trasgressioni si sentiranno a lungo termine. L'altra faccia della medaglia è che ricompense per le buone prestazioni permettono punizioni per prestazioni basse, ma un CEO con uno stipendio fisso rimane comunque illeso. Pertanto, anche se gli incentivi mal progettati, ad esempio quelli con brevi periodi di maturazione o con compensi trimestrali, possono portare al fallimento, la soluzione è semplicemente quella di estendere il periodo di maturazione a lungo termine. Questa è un'altra differenza tra dirigenti e altri lavoratori, dato che non è possibile pagare lavoratori regolari sulla base delle prestazioni da 5 a 10 anni, perché hanno bisogno dei soldi per poter vivere, mentre i dirigenti sono così altamente pagati che non subiscono danni se una quota significativa del loro reddito viene differita.

Edmans (2016), riprende nel suo articolo un saggio del Journal of Finance dove viene illustrato come le aziende che danno ai CEO alti ed equi incentivi hanno una performance migliore. Le prove

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presenti all’interno del Journal of Finance dimostrano che executive non incentivati potrebbero semplicemente ambire ad una “vita tranquilla” e permettere allo “status quo” (Treccani 2009) di farsi avanti, evitando compiti duri come una riorganizzazione importante, negoziazioni o decisioni impopolari. Oltre a motivare gli executive, gli incentivi sono utili per attrarre executive motivati per poter iniziare. Offrire un numero di contratti con retribuzione garantita, a prescindere dalla performance, attrarrà persone che amano la vita tranquilla, mentre con l'introduzione di incentivi pay è stato dimostrato un incremento della produttività. Non va dimenticato che i premi non sono solo strumentali, per incentivare la performance, ma anche per segnalare cosa è importante per l'organizzazione. Le risorse umane, le persone, sono alla base del sistema produttivo e, a fronte del know-how tecnologico, costituiscono il vero fattore che può differenziare la produzione, il mercato, la competizione e determinare il successo di una azienda.

Secondo Cappelli e Tavis (2016) “Il contesto storico ed economico ha svolto un ruolo importante nell'evoluzione della gestione delle prestazioni nei decenni. Quando il capitale umano era rigoglioso, il focus era orientato su chi lasciare andare, chi mantenere e chi ricompensare e perciò le valutazioni tradizionali (con la loro enfasi sulla responsabilità individuale) hanno funzionato abbastanza bene. Ma quando il talento era in forma ridotta, come è ora, lo sviluppo delle persone è diventato una maggiore preoccupazione e le organizzazioni hanno dovuto trovare nuovi modi per soddisfare tale esigenza”. Esigenze e preoccupazioni che l’azienda Farmaè ha fatto proprie nella cura della gestione aziendale e nella gestione delle Human Resource al suo interno, con il chiaro obiettivo di garantire equilibrio tra esigenze organizzative e valori umani del gruppo aziendale.

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CAPITOLO 2 – IL CASO FARMAè

2.1 PROFILO

Il nome di questa azienda suggerisce la sua missione: occuparsi di salute e benessere. Nata nel 2011 a Viareggio, su iniziativa di un gruppo di imprenditori. Un team giovane (età media di 49,3 anni) guidato da Riccardo Iacometti, esperto di vendita nel settore farmaceutico. Oggi Farmaè rappresenta il primo player in Italia sul canale online www.farmae.it con 3 milioni di utenti per l’anno 2015, una crescita di utenza del primo semestre 2016 del 200%, ed ha conquistato una rilevante quota di mercato, l’8,32%8, in un settore particolarmente competitivo quale quello della salute e benessere. Essa si propone come brand di parafarmacie presente sul territorio toscano con cinque punti vendita ed uno shop online.

Tabella 1 – Fatturato azienda Farmaè.

ANNO FATTURATO MARGINE

COMMERCIALE

2014 1.124.000 € 362.800

2015 3.419.000 € 1.435.000

2016 7.913.000 € 2.825.000

Il margine commerciale è uno degli indicatori utilizzati dalle imprese per rilevare la redditività di un prodotto o anche di un’intera categoria merceologica. Esso può essere calcolato come rapporto tra margine di intermediazione e prezzo di vendita del prodotto al netto dell’IVA, dove per margine di intermediazione si intende la differenza tra il prezzo di vendita del bene e il costo di acquisto dello stesso.

La rapida trasformazione dell'azienda parallela alla sua crescita trova spiegazioni nella natura del servizio offerto, attento alle necessità di una clientela sempre più sensibile alla tutela della salute e alla cura del corpo, preoccupazione che rivela il bisogno più intimo e reale di stare bene con se stessi. È visibile agli occhi di tutti che un disturbo a livello organico, a partire da disordini alimentari, insonnia e altre patologie più o meno gravi, è un sintomo che si ripercuote a livello psicologico sulla personalità dell’individuo e si manifesta come disagio che altera la quotidianità e le capacità produttive. Aumenta quindi la necessità di prevenire, contenere, eliminare il disturbo, a fronte di ritmi di vita incalzanti che hanno trasformato le giornate in una corsa contro il tempo, ma sebbene le persone sono più informate su questi argomenti ed interessate hanno sempre meno spazi a disposizione per cercare rimedi e acquistare farmaci o comunque prodotti utili allo scopo. Prevenire, contenere il problema e curare sono necessità ed urgenze che un servizio come quello offerto da Farmaè è in grado di assolvere con maggiore efficacia di una parafarmacia locale, in quanto in termini di spazio e di tempo non si colloca in una area assegnata con distanze specifiche ed orari di servizio contenuti: questa azienda è semplicemente al servizio del cliente nel rispetto delle norme che regolano il mercato parafarmaceutico.

Il 2013 è l'anno in cui Farmaè avvia la sua trasformazione con un secondo punto vendita all’interno dell’ospedale Versilia. Lo staff è composto da due farmaciste che gestiscono la clientela, da una

8 Tale dato tiene in considerazione: il fatturato e-commerce in Italia per l’anno 2016 pari a 31,7 miliardi di euro, il mercato Salute e Bellezza che ricopre lo 0,3% (Casaleggio Associati 2017) ed il fatturato dell’azienda Farmaè per l’anno 2016 di 7.913.000 euro. Attraverso questi dati si può calcolare la percentuale del mercato Salute e Bellezza ricoperto da Farmaè.

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direttrice e da un magazziniere per la gestione virtuale del negozio (ricevimento merce, allestimento pacchi e spedizione degli ordini). Il 3 agosto 2013 il magazzino attrezzato online riceve il primo ordine e in tempi brevi il suo fatturato supera quello della vendita diretta. Il 2015 vede ampliato il gruppo azienda a 12 persone e le spedizioni online sono 200 al giorno. Aprono tre nuovi punti vendita presso gli ospedali di Lucca, Prato e Pistoia ed il magazzino adibito alla cura dell’online viene collocato in uno spazio di mille metri quadri.

Tabella 2 – Personale azienda Farmaè.

ANNO N° DI FARMACISTI N° TOTALE STAFF

2011 2 4 2012 2 4 2013 3 7 2014 3 8 2015 5 10 2016 8 22 2017 9 32

Farmaè risponde quindi a due precise esigenze: mantenere il rapporto diretto con la clientela e riservare una corsia preferenziale per il mercato e-commerce. Negozi fisici e nuovo business sviluppano una sorta di simbiosi per:

espandere e rafforzare il brand sul territorio;

• ottenere migliori condizioni economiche dai fornitori; • tranquillizzare i fornitori;

• rassicurare la clientela online.

Il nuovo orizzonte dell'azienda è il mercato europeo e già dall'aprile di quest'anno è presente in Germania.

Tabella 3 – Numero di spedizioni azienda Farmaè.

ANNO NUMERO DI SPEDIZIONI

2013 830

2014 17.581

2015 47.333

2016 111.318

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2.2 AMBIENTE

Il mercato all’interno del quale opera Farmaè è concorrenziale ed in questi ultimi anni caratterizzato da una forte espansione. Nel 2015 l’e-commerce in Italia ha visto una ripartenza della crescita che è più che raddoppiata sull’anno precedente, e ha fatto raggiungere al fatturato e-commerce italiano quasi i 29 miliardi di Euro (Casaleggio Associati 2016). Questo incremento, tuttavia, arriva soprattutto dai retailer9 esteri entrati in Italia con campagne pubblicitarie aggressive, oltre che da

marketplace10 come Amazon, che è responsabile dell’importante sviluppo che ha visto il settore dei

centri commerciali online. L’e-commerce italiano è aperto agli operatori esteri, che entrano in Italia beneficiando degli investimenti in servizio e tecnologia già sostenuti in altri Paesi, mentre colossi come Poste Italiane decidono di chiudere le loro iniziative di e-commerce (Casaleggio Associati 2016). La crescita del mercato online rimane a doppia cifra anche per il 2016, il fatturato complessivo delle vendite è stimato in 31,7 miliardi di Euro, con un incremento del 10% sul 2015 (Casaleggio Associati 2016). L’e-commerce italiano sta entrando in una fase di maturazione e consolidamento. Molti attori che hanno conquistato la leadership nei settori più ricchi accelerano il passo e staccano la concorrenza. Uno dei fattori che emerge con sempre maggiore evidenza è il fatto che l’e-commerce sia un settore capital intensive (Casaleggio Associati 2017). Chi i capitali li ha o li trova, cresce, chi non riesce a trovarli rischia di essere comprato. Il tema del finanziamento alle imprese è diventato un fattore cruciale per la competitività delle aziende italiane nel settore dell’e-commerce. Tuttavia siamo ancora molto lontani dal sostegno offerto negli altri Paesi europei. Le aziende di e-commerce in Germania, Francia, UK e Spagna ricevono finanziamenti dell’ordine di centinaia di milioni di euro. In Italia di norma non si superano i 5 milioni (Casaleggio Associati 2017). La questione di apertura agli operatori esteri di fatto è un rischio concreto in considerazione dello scarso finanziamento ed è un tema aperto importantissimo.

Ci sono attualmente più di 1 miliardo di siti internet (Casaleggio Associati 2017). Nel 1995, il numero totale di utenti internet era meno dell’1% della popolazione mondiale, quest’anno ha raggiunto i 3,4 miliardi (circa il 46% della popolazione mondiale). Internet è cresciuto esponenzialmente a livello globale e si prevede che il traffico, generato nel 2017, sarà maggiore della somma degli anni precedenti (Casaleggio Associati 2017). Il valore del mercato e-commerce al dettaglio a livello mondiale è stimato in 1.915 miliardi di dollari nel 2016, oltre 200 miliardi di dollari in più del 2015, e pari all’8,7% del totale del mercato di vendita al dettaglio (7,4% nel 2015) (Casaleggio Associati 2017). Mentre il ritmo di crescita per le vendite al dettaglio è complessivamente in calo, la quota digitale continua ad espandersi rapidamente, con un tasso di crescita del 23,7% nel 2016. Le vendite e-commerce raggiungeranno i 4.058 miliardi di dollari nel 2020, e arriveranno a coprire il 14,6% del totale della spesa nell’anno. I due paesi che dominano la classifica mondiale continuano ad essere Cina e Stati Uniti. L’espansione delle classi medie, la diffusione del mobile e di internet, la crescente competizione tra i diversi e-commerce player, i miglioramenti del sistema logistico e delle infrastrutture, sono tutti fattori a favore dell’e-commerce

9 Il termine inglese “retailer” corrisponde alla parola italiana “distribuzione al dettaglio” e descrive la vendita di beni e di servizi da parte degli operatori commerciali ai consumatori o utilizzatori finali (B2C). Il “retailer” acquista beni o prodotti in quantità più o meno rilevanti direttamente dal produttore per venderli in piccole quantità al consumatore finale al fine di ricavare un profitto. Il ruolo del “retailer” consiste nell’organizzare al meglio la vendita dei prodotti e/o dei servizi offerti, tenendo ben presente che l’assortimento dei prodotti, tra l’altro, offerto alla clientela deve essere studiato in base alla composizione demografica, agli stili di vita e ai comportamenti di acquisto della zona d’incidenza del punto vendita.

10 Con il termine marketplace sì descrive la versione virtuale di un grande mercato all’ingrosso. Un marketplace viaggia su Internet, è raggiungibile da qualsiasi punto del mondo, 24 ore su 24, ogni giorno all’anno. Un

marketplace è il punto di unione tra l’offerta e la domanda, non un semplice luogo di incontro. È infatti chi gestisce

il marketplace a preoccuparsi di attrarre i compratori, a organizzare e archiviare il materiale informativo in modo che sia sempre consultabile e che i prodotti siano sempre visibili. Basta un clic, e sullo schermo si materializzano tutti i prodotti rispondenti alle caratteristiche stabilite da chi ne fa richiesta.

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(Casaleggio Associati 2017).

Il valore dell’e-commerce in Europa è stimato in 509,09 miliardi di Euro nel 2016, in crescita del 13% rispetto al 2015. È previsto che circa 296 milioni di persone facciano acquisti online da 48 paesi europei, inclusi i 28 membri dell’Unione Europea. La stessa crescita nel mercato delle vendite al dettaglio avviene grazie all’e-commerce. Per il 2017 le previsioni di vendita online di beni e servizi sono di 598 miliardi Euro, mentre per il 2018 è calcolato un fatturato totale di 660 miliardi di Euro. I tre Paesi con il fatturato e-commerce più elevato sono ancora una volta: Regno Unito, Germania e Francia, che rappresentano circa il 60% del mercato e-commerce europeo (Casaleggio Associati 2017).

In Italia la diffusione dell’online ha raggiunto l’88,7% della popolazione tra gli 11 e i 74 anni, con 42,6 milioni di italiani che dichiarano di poter accedere a internet da location fisse o da mobile. Questo dato è in crescita del 2,8% rispetto allo scorso anno. Il valore del fatturato e-commerce in Italia nel 2016 è stimato in 31,7 miliardi di Euro, con una crescita del 10% sul 2015.

Tabella 4 – Fatturato E-Commerce in Italia (Casaleggio Associati 2017).

ANNO FATTURATO % DI CRESCITA

2010 14.357.589.000 +43% 2011 18.970.504.000 +32% 2012 21.154.120.000 +12% 2013 22.337.275.000 +6% 2014 24.188.468.000 +8% 2015 28.850.766.000 +19% 2016 31.671.827.000 +10%

Uno dei settori che ha conosciuto una crescita maggiore in termini di fatturato è quello della salute e bellezza, +36%, grazie all’entrata sul mercato di grandi marchi anche all’estero (Casaleggio Associati 2017).

In Italia farmacie e parafarmacie si sono calate nella realtà e-commerce avvicinandosi alle esigenze di salute e cura del corpo che risultano in continuo aumento, agevolate dal fatto che l’Italia continua ad essere tra i paesi più longevi in Europa (Istat 2016), e la tutela del proprio corpo è una necessità. Si parla di IV o V età, è aumentata la consapevolezza della necessità di vivere bene e di prevenire. Il mercato della prevenzione e del benessere si sta sviluppando senza sosta e sembra, al contrario degli altri, non conoscere crisi (Russo 2017). Il cliente è sempre più informato, accede ai dati che lo interessano in modo semplice e questo cambia il modo di vivere e crea enormi prospettive commerciali. Molte farmacie lo hanno capito e così ampliano i loro spazi e la loro proposta di servizi, formano il personale, migliorano la propria comunicazione. Il loro futuro business è nella prevenzione e nel benessere, quindi nella vendita di tutti quei prodotti che sono già vendibili nelle parafarmacie ma che, a differenza delle farmacie, non hanno obblighi di collocarsi in un'area assegnata oppure ad una distanza specifica dall'altra. La parafarmacia può essere collocata ovunque. L’Agenzia Italiana del Farmaco - AIFA, istituita con la legge 326 del 2003 (Gazzetta Ufficiale n. 274 del 25 novembre 2003 – Supplemento Ordinario n. 181), è l’istituzione pubblica che autorizza e controlla i farmaci immessi sul mercato in Italia e che garantisce la loro qualità e sicurezza. È compito dell’Agenzia del Farmaco, autorizzare l’immissione in commercio dei nuovi farmaci, monitorare costantemente la rete di farmaco-vigilanza e vigilare sulla produzione delle aziende farmaceutiche. Obiettivo primario di questo organismo è quello di tutelare la salute nel promuovere

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una nuova politica del farmaco ed una informazione corretta e indipendente rivolta a cittadini e operatori del settore. In questo senso la normativa che disciplina l’attività parafarmaceutica è chiara. Essa inizia con la Legge Bersani (Decreto-Legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito in Legge 4 agosto 2006, n. 248), che rappresenta un passo avanti nel settore parafarmaceutico perché prevede la libera vendita di farmaci, se non soggetti a prescrizione medica, nei supermercati e in tutti gli esercizi commerciali esclusi gli alimentari. Unico vincolo: la presenza di un laureato in Scienze Farmaceutiche.

Le leggi del mercato parafarmaceutico si concentrano su OTC (over the counter) e SOP, farmaci “senza obbligo di prescrizione” che possono essere venduti liberamente. Il regime di fornitura è caratterizzato da diverse classificazioni:

- medicinali soggetti a prescrizione medica;

- medicinali soggetti a prescrizione medica da rinnovare volta per volta; - medicinali soggetti a prescrizione medica speciale;

- medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa; - medicinali non soggetti a prescrizione medica.

Nel 2015 le attività parafarmaceutica che compaiono sul sito del Ministero della Salute sono più di 5000, ed è qui che sono indicati i requisiti strutturali organizzativi e tecnologici. Le esigenze evidenziate nel sito sono fatte proprie ed assolte da Farmaè come testimoniato dal suo profilo.

2.3 FORZA LAVORO

- IL MAGAZZINO: COMPONENTI E MANSIONI

All’interno di Farmaè le HR sono diversificate ed eterogenee e si suddividono nei vari luoghi a seconda delle competenze che ricoprono. Il magazzino ha 18 dipendenti con una età media di circa 35 anni ed una sola componente femminile, che sale a due unità, quando, nei periodi di emergenza, dovuti ad una mole di lavoro superiore, si unisce una farmacista. Nel magazzino troviamo 4 operatori: 2 addetti alla ricezione merci, da parte di aziende e grossisti, e sistemazione dei prodotti nei reparti, e 2 addetti al carico dei prodotti sulla piattaforma interna dell’azienda, in modo che questi possano essere fatturati dal personale, che si trova negli uffici della parafarmacia, adibito a questa operazione. La velocità nell’esercitare questa mansione è un aspetto fondamentale, perché più aziende vengono caricate nell’arco della giornata, più ordini possono essere fatturati e successivamente evasi. Questa operazione non è semplice, richiede molta attenzione per quanto riguarda le quantità dei prodotti e le varie scontistiche (percentuale di sconto da applicare ai diversi prodotti a seconda delle quantità acquistate) che di volta in volta vengono modificate. L’operazione che segue è l’allestimento vero e proprio dell’ordine effettuato dall’utente, svolto da 8 dipendenti che si distribuiscono nei vari reparti del magazzino. La fase conclusiva è eseguita da 5 dipendenti che si trovano nella zona di confezionamento ed uscita merci. A loro spetta il compito di confezionare con cura e delicatezza i prodotti all’interno delle scatole e, applicare su queste un’etichetta con l’apposito codice a barre di riferimento. All’interno del magazzino sono presenti altri 2 operatori con differenti mansioni altrettanto importanti per il buon esito dei processi. Uno è addetto al controllo e gestione spedizioni e può intervenire nel momento in cui si presentano problemi riguardo a pacchi che sono diretti in Svizzera ed hanno bisogno di un numero superiore di fatture, con un’IVA differente ed un apposito foglio di concessione, dove sono elencati i tipi di prodotti con le varie caratteristiche per il passaggio alla dogana. L’altro si occupa dei resi, ovvero tutti quei pacchi che, per svariati motivi, dal recesso da parte del cliente, al danneggiamento del

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pacco, all’errata destinazione, tornano indietro e devono essere gestiti in modo tale che la merce sia di nuovo spedita o ricollocata all’interno del magazzino. Questa funzione viene svolta da una donna, che rappresenta la minoranza femminile all’interno del magazzino.

Tabella 5 – Genere e livello di istruzione all’interno di Farmaè.

% DONNE % UOMINI % DIPLOMATI % LAUREATI

37,5% 62,5% 59,4% 40,6%

In questa tabella viene preso in considerazione l’intero staff dell’azienda Farmaè, comprensivo di farmacisti, addetti al

costumer care e magazzinieri.

- HUMAN RESOURCE E LIVELLO DI ISTRUZIONE

Il livello di istruzione all’interno del magazzino vede su 19 componenti 2 in possesso di una Laurea di I° Livello, 15 di un Diploma di Scuola Secondaria e soltanto 2 di un Diploma di Scuola Secondaria di I° grado. Appartenere ad un livello di istruzione piuttosto che ad un altro non costituisce un ostacolo nelle relazioni interpersonali all’interno di Farmaè, questo perché l’azienda ha riposto nella capacità di collaborazione una attenzione particolare, espressa nella pratica del costumer care, un gruppo composto da 3 o 4 (il numero varia a seconda delle esigenze) figure professionali femminili. Si tratta di un team con un livello di istruzione elevato (Laurea di II° Livello) che ha il compito di assistere e ascoltare le richieste degli utenti e fornire loro risposte esaustive. Il suo intervento va dal risolvere la semplice difficoltà relativa ad un ordine sul sito al rispondere a quesiti più complessi e delicati che riguardano gli aspetti farmaceutici. L’attività del team costumer care si svolge negli uffici della parafarmacia di Viareggio ma la sua azione positiva produce effetti di collaborazione e buona organizzazione anche nel magazzino, rivelandosi utile strumento con un doppio intervento esterno ed interno, che contribuisce al consolidarsi dell’organizzazione aziendale e al suo progresso.

Farmaè ha collocato in ciascuno dei punti vendita di Lucca, Pistoia, Prato, Versilia e Viareggio un farmacista che si occupa della vendita dei prodotti. Le parafarmacie sono il secondo luogo dove è ampia la componente femminile; su 9 farmacisti 7 sono donne.

2.4 CULTURA ORGANIZZATIVA

L'organizzazione di Farmaè comprende modi e tempi di produzione, rapporti con il mercato, metodi di valutazione e valorizzazione delle risorse umane, e considera le persone denominatore comune di tutti questi elementi.

“La cultura organizzativa, scrive Rossi (2008), non è una singola credenza, ma un set di assunti correlati tra loro”, si tratta di credenze, pensieri, sentimenti, “tutto ciò, prosegue Rossi (2008), che i membri di una organizzazione accettano come verità”. In altre parole, gli assunti enunciati da Rossi (2008), sono le parti della base sulla quale si svolge l'intera vita aziendale, sono “il modo in cui un pesce pensa l'acqua”, una modalità data per scontata almeno riguardo ai pesci, ma l'azienda, per essere vissuta con lo stesso rapporto da coloro che ne fanno parte, richiede specifici interventi ed una attenta cura delle modalità proprie della attività che la caratterizza. “La cultura (organizzativa) è lo schema di assunti fondamentali che un certo gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato mentre

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imparava ad affrontare i problemi legati al suo adattamento esterno o alla sua integrazione interna, e che hanno funzionato in modo tale da essere considerati validi e quindi degni di essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a tali problemi” (Schein 1986). La definizione evidenzia tre caratteristiche importanti, il fatto che la cultura, per essere tale, deve crescere in itinere, garantire il connubio adattamento-integrazione, trasformare in fattori di miglioramento le esperienze più difficili e includere tutti i componenti dell'azienda promuovendone il senso di appartenenza, proprio dell'uomo come animale culturale e sociale “...l'individuo ha bisogno del gruppo per stabilire la propria identità dare un senso alla propria esistenza ed esprimersi appieno” (Schein 1986). Valutazioni e considerazioni che Farmaè ha fatto proprie allineandosi all’ampio spettro di interessi che spazia dalla psicologia, alla sociologia fino ad arrivare all'economia con nuove consapevolezze. La cultura è un elemento immateriale: è proprio con la sua funzione che un'azienda può beneficiare di armonia e di consenso, elementi promotori del successo sul mercato quando è presente la solidità del gruppo operativo aziendale, sostenuta e garantita da tratti distintivi forti a cominciare dalla capacità di autogestirsi dei singoli, dalla disponibilità al confronto, alla discussione del dissenso, al riconoscimento dell'errore, con la convinzione di poter trasformare questa esperienza in occasione di rivincita. È questa la prospettiva sviluppata da Surlemont (1992), che paragona l'azienda, capace di una buona cultura ad una “grande famiglia” e definisce l'impegno del singolo perfettamente integrato ed incluso in essa, creativo, intenso e sinergico. Attribuire un valore matematico a ciascuna delle considerazioni esposte e ottenere il risultato con il raccoglimento a fattor comune aiuta a capire che tale ruolo è svolto dalla funzionalità del gruppo, espressione della cultura organizzativa dell'impresa “sistema di cognizioni socialmente acquisite e condivise che forniscono agli attori gli schemi mentali per percepire, interpretare, valutare, agire” (Schein 1986). “Metaforicamente, la cultura, potrebbe essere paragonata al sale” componente invisibile degli alimenti, ma determinante per il loro sapore, e nel caso dell'azienda determinante per lo stile organizzativo, vincente o perdente. Ancora una volta emerge l'importanza del gruppo operativo che promuove il successo dell'azienda, quando è costituito da un insieme di soggetti disposti a lavorare in coesione, aperti al confronto e alla condivisione, pronti a rinunciare agli assunti personali assolutistici per utilizzare le idee di tutti come strumenti utili alla soluzione dei problemi.

L'altro aspetto fondamentale della cultura organizzativa che sostiene l'azienda Farmaè è quello di essere aperta al cambiamento, cioè sensibile alle sollecitazioni esterne e pronta a trasformare gli input in output11 produttivi perché li utilizza come fattore interno di crescita. Chiarisce Silvestrelli

(2004): “L'affezione al lavoro, la collaborazione, l'inclinazione a proporre e realizzare innovazioni, la prospettiva di migliorare la condizione lavorativa ed economica di tutti gli appartenenti al gruppo azienda senza distinzioni, l'ambizione a dare un contributo al miglioramento, sono solo alcuni aspetti della cultura organizzativa come motore della crescita”. Sono qui evidenti i punti che la sociologia indica come essenziali nella cultura di una azienda che intende crescere nell'ottica di un sistema aperto e perfettibile. Già nella prima metà del '900 Mayo (2007) e Maslow (2010) hanno spiegato che le caratteristiche di una azienda sostenuta da una buona cultura organizzativa devono comprendere l'uomo come soggetto attivo che interagisce con l'organizzazione e le persone come valore dell'azienda. Tutto ciò è possibile quando gli obiettivi personali si integrano con quelli dell'impresa. Sempre gli stessi autori sottolineano che la motivazione al fare di più e meglio non è solo economica. È attuale l'affermazione che gli stessi sistemi di valutazione dell'operato e degli operatori di una azienda non possono essere più legati alle decisioni sullo stipendio. Così come Mayo e Maslow, sostiene Silvestrelli (2004), spiegano che la soddisfazione del fare è soprattutto gratificazione del soggetto e del suo gruppo di appartenenza, coloro che si occupano oggi di cultura aziendale, in particolare della gestione delle risorse umane che dell'azienda fanno parte, sostengono che dare la priorità al sistema di distribuzione del denaro è una funzione che compromette la cultura stessa intesa come promotrice di equilibrio e di consenso nei rapporti interpersonali e nell'impiego

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delle competenze dei singoli.

“Performance reviews that are tied to compensation”, sostiene DiDonato (2014), “create a blame-oriented culture. It's well known that they reinforce hierarchy, undermine collegiality, work against cooperative problem solving, discourage straight talk, and too easily become politicized”. Insomma, allo stato dell'arte, le aziende non hanno trovato strumenti vincenti nell'uso di bonus e/o di opzioni azionarie, è necessario uno spettro più ampio di progettazione che abbia i suoi punti di forza negli obiettivi condivisi e nel senso di appartenenza; elementi che danno un'impronta importante alla produttività in termini di qualità, quantità e prospettive di crescita. In altri termini il guadagno non è il bisogno più importante per fare del lavoro un lavoro di qualità, né rende l’azienda migliore il fatto che le remunerazioni del lavoro svolto siano alte. È certo che il denaro riduce l’insoddisfazione ed è un fattore che promuove impegno e disponibilità per assolvere le richieste di produzione (variazione turni di lavoro, cambio di ruoli, aumento degli oneri lavorativi). Tuttavia il fattore economico e le condizioni di lavoro sono definiti dalla psicologia del lavoro, bisogni fisiologici (Tancredi 2008). “Bisogni fisiologici, sono connessi agli aspetti più antichi, alla sopravvivenza immediata (respirare, bere, mangiare, riposare, muoversi…); sono ciclici, legati ad aspetti genetici; la mancata soddisfazione di tali bisogni inibisce la percezione di bisogni differenti” (Tancredi 2008). La definizione non è nuova perché ad averla formulata è Maslow (2010) che colloca a fianco di questi bisogni di base quelli che progressivamente, secondo la sua classificazione, portano alla soddisfazione di sé, come il bisogno di sicurezza, di appartenenza, di stima e autostima e di autorealizzazione. Gli studi di Martina (1994), che hanno mantenuto accesa l’attenzione su queste teorie, sono proseguiti nel tempo e oggi hanno un ruolo importante nel contesto manageriale delle aziende aperte alla crescita economica, sociale e culturale. Un profilo che Farmaè ha accolto e che esprime promuovendo al suo interno una cultura egualitaria e cooperativa.

Un posto di lavoro in cui domina serenità è generalmente ritenuto una buona cosa. Kai Chi (Sam) Yam (2017), analizza diversi studi che hanno trovato che il buon umore non fa solo si che la gente si senta meglio o che la giornata di lavoro sembri andare più veloce, ma fornisce effettivamente dei vantaggi di fondo. I dipendenti che ridono insieme hanno dimostrato di essere più creativi, più collaborativi e di conseguenza più produttivi e redditizi. Allo stesso modo, anche l'umorismo è stato dimostrato che fa aumentare lo stato di benessere, i dirigenti che incorporano risate e scherzi nel loro lavoro, a patto che siano appropriati, raccolgono più sostegno alle loro iniziative, sono migliori a motivare i dipendenti, a fare più soldi e ad essere promossi più velocemente. I leader impostano il tono per l'intero ambiente di lavoro. I dipendenti osservano e interpretano ciò che un leader fa o dice e adegueranno il proprio comportamento. Ecco perché è così importante per i dirigenti, comprendere i modi giusti e sbagliati di usare l'umorismo sul posto di lavoro, in modo da trarre benefici per tutta l'organizzazione.

Kai Chi (Sam) Yam (2017), insieme ai suoi colleghi Christian, Liao e Nai hanno voluto capire l'impatto che le battute di un leader possono avere sui comportamenti e azioni dei suoi dipendenti. Essi hanno scoperto che l'uso di humor da parte di un leader può essere una benedizione mista ad effetti talvolta sorprendenti sul comportamento organizzativo. Dal momento che può migliorare il modo in cui i membri del team vedono il loro rapporto sociale con i loro leader, che a sua volta porta ad un migliore impegno di lavoro tra i dipendenti, più entusiasti e più produttivi anche di fronte ai lavori più duri. Tuttavia, alcune forme di umorismo da parte di un leader possono anche tramutarsi in un potente segnale per i membri della squadra, vale a dire che è giusto rompere le regole in modo negativo. Resta comunque il fatto che usare l'umorismo scuote l'area emotiva e motivazionale del soggetto pertanto le criticità esistono ma l'uso intelligente dell'umorismo lo conferma come importante strumento per i capi per motivare con successo i propri team e ottenere prestazioni migliori. La sua efficacia è direttamente proporzionale alla consapevolezza che hanno i leader del loro stato di esempio; le loro azioni sono segnali sociali per i dipendenti, con conseguenze positive e/o negative. I manager devono stare attenti a come si presentano davanti alle

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loro squadre, ad aumentare le proprie capacità di autocontrollo e la consapevolezza sui tipi di umorismo più appropriati in situazioni diverse. Una battuta potrebbe iniziare come “solo uno scherzo” ma, per i dirigenti in particolare, il suo impatto potrebbe avere conseguenze di grande portata.

Chi lavora all'interno di Farmaè lavora all'interno di una squadra. Lo spirito che la caratterizza è quello della “famiglia felice”, una rete relazionale che condivide qualsiasi tipo di problematica in modo che possa essere affrontata e risolta con il contributo di tutto il personale per raggiungere il miglior risultato possibile. Questa definizione fa riferimento all’ambito familiare perché presuppone un clima di collaborazione e sinergia in vista di un obiettivo comune; ciascun dipendente deve sentirsi investito della completa fiducia da parte di tutti i colleghi, qualsiasi ruolo essi ricoprano, proprio come all’interno di una famiglia. Il clima di fiducia, armonia e cooperazione consente ai lavoratori di svolgere le proprie mansioni nelle condizioni migliori e di fornire così il massimo contributo all’azienda. La positività del contesto lavorativo riduce il numero dei dipendenti che decidono di abbandonare, anche quando si trovano a svolgere mansioni ripetitive, che con il passare del tempo possono risultare stressanti. La parità di trattamento inizia dal rispetto delle persone ed evita la formazione di sottoculture, formazione di gruppi di dipendenti che si schierano contro altri attribuendosi reciprocamente l’insorgere di problemi sul lavoro come ad esempio la riduzione della velocità di produzione/lavoro per una minore efficienza; avvenimento facile a verificarsi soprattutto all’interno del magazzino, dove attenzione, ritmo, coordinamento di interventi, rapidità di esecuzione dei compiti, sono gli elementi fondamentali. Per evitare soluzioni di continuità l’azienda è favorevole alla adozione di un modello di misurazione delle performance, in modo tale da evidenziare i punti critici in cui intervenire senza che si vengano a creare malumori/tensioni tra il personale. In questo modo si cerca di tutelare il clima caratteristico dell'azienda e di evitare ostacoli che possono alterare i processi che avvengono all'interno del magazzino.

Anche proporre obiettivi troppo distanti dalle reali capacità produttive dei singoli, in termini di tempo e di massimo impegno, è un fattore che produce comportamenti nocivi all’azienda e al gruppo di lavoro, perché nella prospettiva di avere un ritmo sempre più alto di crescita e guadagno, l’individuo viene perso di vista e spinto a dare risposte di adattamento alle nuove richieste con conseguente aumento di fatica, minore disponibilità a collaborare con i colleghi, aumento di insofferenza e di comportamenti divisivi e conflittuali (Davey 2017). Anche se si tratta di traguardi a breve termine, sono sufficienti per motivare i dipendenti a risolvere le difficoltà con modi di agire non consoni al sistema. Comportamenti di comodo che rischiano di trasformarsi in abitudini e possibili cause dell’alterazione del clima e del team lavorativo con inevitabili perdite di valore economico e umano. All'interno di una squadra, nel momento in cui vengono proposti obiettivi che non sono alla portata del gruppo, questi devono essere messi subito in discussione e non essere accettati. Purtroppo sono pochi i dirigenti che hanno il coraggio o il diritto di opporsi ed il più delle volte sono costretti ad arrendersi difronte alle disposizioni di un superiore. Il modo migliore nell'affrontare queste situazioni sta nell’esporre con calma e razionalità i fatti ed evidenziare le proprie preoccupazioni. Accade spesso che le pressioni su esercizio e crescita siano semplicemente troppo alte e che non sia possibile chiedere ulteriore personale per ridurre l'onere di ciascun dipendente. Davey (2017), analizza questa situazione e cerca di fornire una spiegazione circa il modo migliore per affrontarla; una volta che è stato compreso bene il compito affidato, è necessario far lavorare il team in modo creativo per avere successo. Di fronte ad obiettivi irragionevolmente elevati ed eventuali risultati straordinari, il compito dei dirigenti è quello di creare una spiegazione per il successo eccezionalmente ottenuto. Una ricerca che permette di testare l’approccio all’imprevisto ed offre la possibilità di una strategia verso comportamenti scorretti, non etici. Spetta ancora al manager assicurare una opzione costruttiva per quello che si deve svolgere, impegnare sempre la squadra nel produrre idee, scoprire nuovi approcci alle difficoltà e agli imprevisti e condividere i successi. Per quanto sia importante fornire buone opzioni lo è anche definire quelle off-limits. Una discussione aperta sui tipi di comportamento non accettabili crea una forte pressione

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sociale per rimanere all’interno dei comportamenti corretti. Definire le caratteristiche che li distinguono in buoni e cattivi è utile, anche se non sufficiente, ad eliminare quelli controproducenti e non etici. Tutto questo esige che i manager siano vigili sulle modalità di svolgimento del lavoro dei membri del team in funzione degli obiettivi. Intraprendere conversazioni di gruppo e anche individuali, chiedere quali siano le tecniche operative che ciascuno dei componenti trova più efficaci, sono interventi che dimostrano al team l’attenzione del manager verso ciascuno dei suoi componenti, non solo come operatore ma anche come persona competente, attore del buon esito del processo lavorativo e dei suoi risultati. Contribuisce a mantenere, accrescere e consolidare la positività di questo clima culturale-organizzativo il non sottovalutare le persone e impedire disconferme (vergogna, senso di incapacità, svalutazione). Quando avviene è più difficile realizzare gli obiettivi prefissati e più facile preparare il terreno che alimenta la concorrenza tra gli operatori e la tendenza verso comportamenti aggressivi. Tutto questo può accadere rapidamente quando ad esempio, in una fase di lavoro che richiede alte prestazioni di attenzione e velocità, qualcuno perde il ritmo, ed è sufficiente sottolineare questa flessione per far percepire il protagonista come ostacolo al rendimento del gruppo.

2.5 STRATEGIA DELL'ORGANIZZAZIONE

Un punto di forza di Farmaè è stato quello di non affidare la propria comunicazione ad una agenzia esterna di digital marketing ma bensì di inserirla fisicamente una all’interno dell’azienda in modo da avere una collaborazione continua e diretta, si tratta della “Valnan Comunications”. Questa particolarità ha consentito una completa simbiosi tra le due aziende, per collaborare in modo migliore alla realizzazione degli obiettivi, alla condivisione del sistema lavoro e ad ottenere risultati straordinari. Per agevolare questa collaborazione l’azienda ha unito i due uffici in un unico stabilimento. La Valnan gestisce il commercio elettronico ma la sua funzione va oltre, perché nella proposta del prodotto si riflettono intenti obiettivi ed impegno propri di tutto il gruppo Farmaè. In altre parole le strategie di comunicazione e di marketing sono espressione di una strategia inclusiva di ciascun componente del gruppo Farmaè. La natura di questo legame conferma la solidità di base propria della sua organizzazione e della sua cultura organizzativa aperta ad una gestione sempre migliore delle Human Resource.

Riuscire a soddisfare con scrupolo e professionalità le esigenze di chi si rivolge all'azienda anche solo per una richiesta o per un consiglio è il primo obiettivo di Farmaè. L’azienda ritiene che le parafarmacie di cui dispone non debbano essere intese semplicemente come “punti vendita” di parafarmaci nel quale recarsi quando si è malati, ma un luogo in cui ogni utente può trovare risposta alla propria personale ricerca di salute e benessere.

Fondamentale è la strategia per mantenere i costi inferiori alla media. Per questo Farmaè ha economie di scala, che le consentono di ordinare quantità considerevoli di merce, ed ha la possibilità di presentarsi sul mercato con costi più bassi rispetto alle altre parafarmacie o farmacie, le quali, con un bacino di clienti inferiore, non hanno la possibilità di effettuare ordini consistenti e disporre degli stessi sconti.

Per quanto riguarda la parafarmacia online, Farmaè riserva una alta attenzione al cliente, attraverso il numero verde infatti è possibile mettersi in contatto con i farmacisti dell'azienda che sapranno rispondere a qualsiasi tipo di domanda; dal semplice consiglio a ragguagli circa il prodotto che si intende acquistare (quindi piena assistenza). L’azienda svolge frequenti campagne promozionali volte ad ampliare il bacino di clienti, in particolare Farmaè punta ad alzare lo scontrino medio delle vendite (aumento del guadagno medio), alla qualità dei prodotti e ad un loro maggiore assortimento. È importante anche la velocità nella consegna (24h/48h se l'ordine arriva prima di venerdì) e la cura della alta produttività.

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