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I MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI. L'accoglienza nell'Italia meridionale: il Salento

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DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea Magistrale in Sociologia e Politiche Sociali

I MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI

L

’accoglienza nell’Italia meridionale: il Salento

Candidato Relatore

Massimiliano FIORENTINO Chiar.mo Prof. Andrea SALVINI

(2)

2

A Joowed, Monday, Sadì e a tutti gli altri

Io mi sento responsabile appena un uomo posa lo sguardo su di me

(3)

3

INDICE

Introduzione

6

Capitolo primo

Il percorso metodologico

9

1. L’accostamento alla ricerca

L’approccio qualitativo 10

2. Il campo di indagine 14

3. L’intervista come principale strumento di indagine 17

4. La scelta degli operatori 23

Capitolo secondo

Le migrazioni oggi: cause, flussi e politiche migratorie

25

1. Processi e progetti migratori 26

2. Mutamenti globali e politiche migratorie restrittive 30

3. Il contesto italiano 31

4. Africa: regimi autoritari, instabilità politica e povertà diffusa 33

5. Le tipologie di conflitto 36

6. I nuovi progetti esistenziali 39

Capitolo terzo

I Minori Stranieri Non Accompagnati

Entità e dimensione giuridica

42

1. Le ragioni di una scelta 43

2. L’Italia: evoluzioni e tendenze 46

3. La convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e

dell’adolescenza 50

4. Le norme europee 51

5. La legislazione italiana 52

6. I minori richiedenti asilo 53

7. La legislazione italiana in materia di immigrazione e l’apporto

della Legge n. 47/2017 54

(4)

4

Capitolo quarto

I Paesi di provenienza

61

1. Un universo variegato 62

1.1 I minori in viaggio dall’Afghanistan 63

1.2 Vittime di tratta e sfruttamento sessuale: le minorenni nigeriane 66 1.3 Tra passato e presente: il cambio di rotta dei minori albanesi 70

1.4 I minori in transito dalla Siria 72

1.5 I minori bengalesi 73

Capitolo quinto

L

’accoglienza nel Salento

75

1. L’approdo sulle coste 76

2. La comunità socio educativa 84

3. I bisogni di mediazione 89

4. L’approccio operativo: tra identità e cultura 91 5. le organizzazioni umanitarie non governative 95

Capitolo sesto

Inserimento scolastico e maggiore età

Un nuovo percorso esistenziale

99

1. L’adolescenza: una sfida irrinunciabile 100

2. La scuola italiana 102

3. L’autonomia: il giovane migrante e i progetti SPRAR 108

Conclusioni

113

Bibliografia

118

(5)

5

Appendice n. 1

125

Appendice n. 2

129

Appendice n. 3

132

Appendice n. 4

145

(6)

6

Introduzione

I processi migratori - innescati da scelte individuali, ma soprattutto da cause di ordine politico, economico e sociale da imputare ai singoli stati o ad interi continenti - hanno avviato movimenti secolari consentendo la nascita di civiltà, costumi e culture, a tal punto che non è pensabile analizzare gli eventi di grande portata storica ed internazionale senza includere i grandi flussi migratori. Nell’era della globalizzazione, a seguito dello sviluppo tecnologico e dei moderni mezzi di comunicazione, gli imponenti esodi di massa si rinnovano continuamente e con maggiore velocità; le parti più lontane del mondo, infatti, si possono raggiungere in tempi relativamente brevi, un desiderio che, per molti migranti, fino a poco tempo prima, era ritenuto irrealizzabile.

Le notizie di cronaca pubblicate sui quotidiani e trasmesse dalle televisioni di tutto il mondo raccontano, quasi quotidianamente, dell’approdo sulle coste italiane di migliaia di migranti e, tra questi, di Minori Stranieri Non Accompagnati (di seguito MSNA), in gran parte in fuga dall’Africa e dal Medio Oriente, alla ricerca di un futuro migliore. Si tratta di una particolare categoria di migranti, definiti vulnerabili, dalla cui terminologia è già possibile cogliere la complessità del fenomeno, poiché la stessa definizione di MSNA è contrassegnata dall’intersezione di tre categorie: la minore età, l’immigrazione e lo stato di abbandono.

L’analisi del mondo sociale empirico indagato, in particolare l’approfondimento di alcuni importanti e centrali aspetti del nostro sistema di welfare, quali l’accoglienza e l’inserimento sociale dei MSNA nel Salento, si avvale

di una metodologia di tipo qualitativo, ovvero della ricerca etnografica e della sua “cassetta degli attrezzi”, tra cui: interviste semi-strutturate, storie di vita, osservazione partecipante, diario di bordo, partecipazione ad eventi formativi e raccolta dei documenti.

Il Salento, nel corso della storia, ma soprattutto negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, si è contraddistinto per la predisposizione e la realizzazione di interventi organizzati a protezione degli ebrei, sottrattisi alla persecuzione nazista e rifugiatisi nel tacco dello stivale d’Italia, in attesa di partire per terre lontane. Nel corso degli anni novanta del secolo scorso, poi, si ricorda

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7

l’esodo massiccio di migliaia di albanesi in fuga dal loro Paese ed approdati nei porti di Brindisi e Otranto.

La ricerca, primo studio monografico di settore nel Salento, nasce dall’esigenza di approfondire la conoscenza di questo fenomeno contemporaneo diffuso in gran parte d’Italia e, in particolare, nelle aree di sbarco dell’Italia insulare e meridionale (Calabria, Puglia e Sicilia). Nel corso degli ultimi anni, il numero dei MSNA giunti in Italia ha assunto una connotazione sempre più significativa, alimentando un acceso dibattito sulla qualità delle politiche sociali a sostegno di questi ragazzi.

I MSNA che giungono via mare nel Salento - dopo essere stati sottoposti alle prime cure sanitarie e al rituale dell’identificazione - vengono collocati nelle comunità socio-educative distribuite sul territorio e, sostenuti da una équipe multidisciplinare, si avvalgono di un Progetto Educativo Individualizzato, finalizzato alla tutela e alla salvaguardia del loro benessere psico-fisico. Molti di loro sono di passaggio in Italia, poiché il loro scopo è quello di raggiungere parenti ed amici residenti nel nord dell’Europa, altri, invece, restano ed usufruiscono degli interventi programmati dalle istituzioni in loro supporto. Non sempre, però, le vite di questi ragazzi seguono percorsi lineari e positivi, come nel caso di molte minorenni nigeriane, vittime di tratta e sfruttamento sessuale.

Gran parte di questi ragazzi fugge dalla guerra, dalla miseria e da contesti familiari maltrattanti; tuttavia, si è potuto constatare che, alcuni di loro, sono venuti in Italia per rincorrere il mito di una vita facile, all’insegna dei simboli del lusso e del benessere economico.

La recente promulgazione della Legge n. 47/2017 è finalizzata a supportare in maniera mirata i MSNA, evitando l’eccessiva burocratizzazione del sistema ed i relativi “tempi morti” che, sempre più spesso, li hanno penalizzati oltremisura. Il suddetto quadro normativo definisce con chiarezza procedure e progettualità, nonché i protagonisti di un complesso sistema multidisciplinare, multiprofessionale e multisettoriale, puntando, ove possibile, - nell’ottica della de-istituzionalizzazione - sull’incentivazione di vecchi istituti, tra cui l’affido familiare, e sullo sviluppo di nuovi servizi e figure formate ad hoc, come i tutori volontari.

Con il compimento del diciottesimo anno di età il giovane migrante è tenuto ad affrontare una nuova ed ardua sfida esistenziale: l’autonomia socio-lavorativa. Lo Stato italiano con la creazione di specifici programmi - in particolare i progetti ministeriali SPRAR - fornisce un ulteriore strumento di sostegno. Quello che, però,

(8)

8

sfugge alle statistiche ufficiali sono i dati relativi ai percorsi esistenziali intrapresi dai giovani migranti negli anni immediatamente successivi alla maggiore età. Senza quei dati è difficile fare una valutazione complessiva degli interventi di supporto posti in essere dall’intera rete dell’accoglienza e predisporre, eventualmente, gli opportuni strumenti correttivi.

(9)

9

Capitolo primo

(10)

10

1. L’accostamento alla ricerca

L

’approccio qualitativo

Il percorso di studio universitario, nell’ambito della metodologia della ricerca sociale, mi ha consentito di apprezzare l’approccio qualitativo, in particolare come l’analisi di una situazione complessa richieda di intrecciare i dati ricavati dai vari contesti con i documenti e la letteratura esistente. “Fare ricerca qualitativa […] richiede una combinazione di sensibilità teorica e competenza metodologica, di ragionamento logico e di capacità interpretativa”1. Negli anni novanta del secolo

scorso Sharan B. Marrian delineò una classificazione generale degli approcci qualitativi nell’ambito della metodologia della ricerca sociale2. Lyn Richards e

Jonice M. Morse hanno sottolineato, poi, l’importanza dei tre metodi qualitativi più significativi in sociologia: la fenomenologia, la Graunded Theory (GT) e l’etnografia3.

La fenomenologia si afferma nella prima metà del secolo scorso con gli studi di Edmund Husserl e Alfred Schutz, autore - quest’ultimo - de La fenomenologia del

mondo sociale. Alla base degli assunti della sociologia fenomenologica si desume

che “la realtà quotidiana è un sistema costruito socialmente attraverso idee accumulate nel tempo, sostenute dalle interazioni sociali e, al contempo, date per scontate, dai membri del gruppo”4. Il mondo vissuto o l’esperienza compiuta sono

aspetti fondamentali che vanno indagati. Il ricercatore, nell’indagine fenomenologica, deve cogliere l’essenza del modo in cui le persone si relazionano nel mondo, perché costui è concentrato a comprendere il significato dell’esperienza vissuta5.

La ricerca, pertanto, nella fase primordiale, si poneva l’obiettivo di cogliere gli intrecci di relazioni che costituivano il sistema di accoglienza e il conseguente inserimento sociale dei MSNA. Dunque, non si considerava esclusivamente l’esperienza vissuta dai protagonisti, ma anche il complessivo reticolo di relazioni. Partendo da questa istanza, nasce la necessità di adottare un metodo utile in grado di

1 Cfr. Salvini A. (2015), Percorsi di analisi dei dati qualitativi, Novara, Utet Università, p.7.

2 Cfr. Merrian S.B. (1998), Qualitative research and case study application in education, San

Francisco, Jossy-Boss Publishers, p.11.

3 Cfr. Richards L., Janice M. Morse (2009), Fare ricerca qualitativa. Prima guida, Milano, Franco

Angeli, p. 45.

4 Cfr. De Lillo A. (Ed.) (2010), Il mondo della ricerca qualitativa, Torino, Utet, p. 19.

5 Cfr. Muzzetto L. (1997), Fenomenologia, etnometodologia: percorsi della ricerca azione, Milano,

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11

sviluppare un’indagine più profonda ed estesa. La GT è stata particolarmente apprezzata negli ultimi anni ed affonda le basi epistemologiche nell’Interazionismo simbolico, nella Scuola di Chigaco e nella Fenomenologia interpretativa. La GT, ispirata al paradigma interpretativo, si basa sull’assunto che la scoperta è davanti al ricercatore e la teoria si evince dopo aver raccolto ed interpretato i dati. La logica che segue la GT è che attraverso “l’esplorazione dettagliata e guidata da una sensibilità teorica, il ricercatore possa costruire una teoria fondata sui dati”6. Particolare

importanza assume il lavorio del ricercatore su dati e documenti, al fine di individuare progressivamente concetti che vadano a definire i temi cruciali che emergono nei dati e, quindi, la teoria che consente di dare senso agli stessi. L’analisi riflessiva sui dati induce a ritornare ripetutamente sul campo, in quanto la raccolta degli stessi è condizionata dalla riflessione sulle categorie gradualmente scoperte7. La concomitanza della raccolta dei dati e di analisi non era realizzabile nel corso della ricerca sui MSNA, sia per la ristrettezza della categoria temporale, sia per fattori legati alla categoria spaziale, ovvero all’ambiente preso in esame. Nella realtà oggetto di indagine non vi era la possibilità di guidare contestualmente la raccolta e l’analisi dei dati; le attività svolte venivano influenzate da ciò che accadeva in comunità, perché spesso alcuni appuntamenti con gli operatori sono stati rinviati durante l’indagine sul campo e, inoltre, si sono verificati alcuni contrattempi rispetto al programma di ricerca precedentemente definito. Pertanto, una attività precedentemente pianificata dalla metodologia della ricerca che condizionava tempi e attività, “cozzava” con la variabilità dei contesti, degli spazi e delle esigenze degli attori incontrati. Per questi motivi ho sentito la necessità di fare riferimento ad una metodologia più flessibile, che permettesse di intercettare e cogliere qui momenti in cui gli operatori interagivano con l’esterno e con i ragazzi.

Il contatto diretto con gli operatori mi ha permesso di osservare, nell’ambito del mio lavoro8 e negli incontri programmati nelle comunità, gli aspetti più salienti dei percorsi di accoglienza e di inserimento sociale dei minori.

A conclusione della fase dedicata alla riflessione sulla scelta della metodologia più consona allo studio del fenomeno indagato, ho deciso di affidarmi alla ricerca

6 Ivi, p. 78.

7 Cfr. Salvini A. (2015), op. cit., pp. 11-23.

8 Esercito la professione di Assistente Sociale all’interno di un Consultorio Familiare, afferente ad una

delle quattro Unità Operative Consultoriali della Azienda Sanitaria Locale di Brindisi - Regione Puglia.

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12

etnografica e agli strumenti utili allo studio del fenomeno9. Aspetto principale che caratterizza questo approccio è la capacità di comporsi, scomporsi e ricomporsi in base agli ambienti in cui la ricerca viene condotta, offrendo una serie di strumenti di indagine che ci consentono di verificare la loro validità e di comprendere il punto di vista dell’altro. L’indagine etnografica richiede la capacità di descrivere un particolare mondo sociale, in base ad una visione non ovvia, ovvero rappresentare le realtà sociali in grado di far emergere aspetti poco noti. Nel corso dei lavori sul campo il ricercatore ha la possibilità di rilevare un imponente materiale grezzo che, grazie alle interpretazioni effettuate su vari aspetti culturali che si intersecano con l’ambiente studiato, permette poi di giungere alla costruzione di un assunto teorico. L’etnografo, oltre a ricavare informazioni su un determinato aspetto della vita sociale che gli viene raccontato dall’attore di un contesto definito, può, altresì, formulare delle interpretazioni e raccogliere ulteriori informazioni su quell’aspetto10. Scopo del

ricercatore è quello di svelare i significati simbolici di un ambiente culturale, tradurli e renderli leggibili agli altri mondi. Pertanto, il processo induttivo consente al ricercatore di formulare delle ipotesi e giungere ad una teoria che spieghi il complessivo discorso sociale. Il filone Geertziano dell’antropologia interpretativa, permette di intercettare il complesso sociale nelle sue varie sfaccettature, declinando riduzionismi, flebili universalismi e allarmanti naturalizzazioni11.

Nel periodo antecedente la ricerca - via via che i numeri del fenomeno sono diventati sempre più consistenti e la mia attenzione ha intercettato i tanti volti e le innumerevoli storie dei MSNA - sono entrato in contatto diretto con l’oggetto di indagine, agevolato anche dal fatto di svolgere una professione di aiuto all’interno di un servizio pubblico che eroga prestazioni socio-sanitarie a famiglie e minori e collabora quotidianamente con gli operatori delle varie comunità socio-educative presenti sul territorio.

Per poter indagare gli ambienti della ricerca che hanno costituito il lavoro sul campo, mi sono avvalso dei seguenti strumenti:

9 Cfr. Bruni A. (2003), Lo studio etnografico delle organizzazioni, Roma, Carocci, p. 23. 10 Cfr. Ember C R., Ember M. (1998), Antropologia culturale, Bologna, Il Mulino, pp. 75-79.

11 Cfr. Malighetti R. (2008), Clifford Geertz. Il lavoro dell’antropologo, Novara, Utet Università, p.

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13

a. interviste semi-strutturate12: sono state somministrate delle interviste

ad alcuni operatori e responsabili di comunità socio-educative per minori. In alcuni casi le interviste sono state registrate, in altri, invece, non è stato possibile farlo per via del rifiuto degli operatori o per “timidezza” degli stessi di fronte al registratore, che condizionava la spontaneità delle risposte. Tuttavia, si è potuto raccogliere il resoconto dell’intervistato attraverso la rigorosa annotazione di quanto affermato che, comunque, ha consentito di cogliere il loro punto di vista;

b. storie di vita: diversi sono stati gli operatori che si sono resi

disponibili di raccontare in profondità le storie personali di alcuni minori ospiti delle comunità, il loro inserimento scolastico e l’apprendimento formativo, nonché le loro prospettive future in termini lavorativi-occupazionali, nell’ottica dell’autonomia. Ove possibile, inoltre, il materiale è stato visionato attraverso la lettura dei Piani Educativi Individualizzati;

c. osservazione partecipante: quando ho potuto osservare direttamente

le interazioni in corso tra ragazzi e operatori, l’utilizzo di questo strumento si è rivelato determinante per ottenere informazioni sui contesti studiati;

d. diario di bordo: spesso ho utilizzato questo strumento per annotare

gli appuntamenti, le impressioni sul campo, i flash del momento e i fatti salienti che, nell’interazione con gli operatori, emergevano durante le visite nelle strutture o all’esterno. In generale si è rivelato molto utile per la complessiva stesura di questo report. Una sorta di

zibaldone leopardiano, insostituibile e prezioso compagno che ha

12 L’intervista costituisce il principale metodo impiegato nell’ambito della ricerca sociale e consiste

nel reperire informazioni sui fenomeni sociali attraverso colloqui con le persone. L’idea di fondo si basa sulla necessità di utilizzare questo strumento, perché i fenomeni sociali fanno sempre capo agli attori sociali e, pertanto, va colto il loro punto di vista. Cfr. Vardanega A. (2007), L’intervista semidirettiva, in Cannavò L., Frudà L. (Eds.) (2007), Ricerca sociale. Dal progetto dell’indagine alla costruzione degli indici, Milano, Carocci editore, p. 251. L’intervista costituisce «una conversazione

provocata dall’intervistatore, rivolta a soggetti scelti sulla base di un piano di rilevazione e in numero consistente, avente finalità di tipo conoscitivo, guidata dall’intervistatore, sulla base di uno studio flessibile e non standardizzato di interrogazione». Cfr. Corbetta P. (1999), Metodologia e tecniche

della ricerca sociale, Bologna, Il Mulino, p. 405 e Bianchi R. (2007), Le interviste biografiche, in

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agevolato non poco il mio percorso d’indagine durante tutto “il viaggio”;

e. partecipazione ad eventi formativi: ho preso parte ad alcuni seminari

organizzati da enti, istituzioni locali ed organizzazioni non lucrative tenutisi nel Salento e dedicati alla presentazione di studi ed approfondimenti sull’accoglienza, sull’inserimento scolastico e sulla formazione professionale dei MSNA;

f. raccolta di documentazione: alcuni operatori e responsabili delle

comunità hanno fornito documenti utili alla ricerca; altra documentazione, invece, relativa alle statistiche più recenti, è stata reperita a seguito della consultazione on-line. Fondamentale, inoltre, si è rivelato la consultazione della letteratura esistente sull’oggetto di studio e sul fenomeno migratorio in generale.

2. Il campo di indagine

Dopo aver esplorato la letteratura e i dati quantitativi sul fenomeno delle migrazioni in ambito internazionale (a cui ho dedicato, preliminarmente, il secondo capitolo del presente lavoro), ho orientato la successiva indagine sulla realtà dei MSNA. Pertanto, dopo l’approfondimento della normativa in materia e dei dati quantitativi disponibili, ho contestualizzato l’ambito di ricerca su una specifica area geografica, contigua al mio ambiente di vita e di lavoro. In tal senso, per ciò che concerne la definizione del campo di indagine, si è optato di realizzare la ricerca nel Salento, ove la diffusione del fenomeno migratorio - che vede come protagonisti molti MSNA - ha assunto una sua peculiarità, tale da rendere necessario l’attivazione di specifici interventi e politiche attive in loro tutela e sostegno.

Il Salento - terra che ha dato i natali a Don Tonino Bello13, uomo di pace e profeta dell’accoglienza - si estende per più di 150 chilometri tra i due mari che ne hanno forgiato la morfologia e la storia, divenendo nel corso dei secoli meta preferita o obbligata di genti provenienti da ogni parte del mondo.

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In particolare, la storia più recente - quella degli ultimi decenni - lo descrive come un territorio di approdo e transito di migliaia di migranti disperati in cerca di un futuro migliore. Senza andare troppo indietro nei secoli, si può affermare che nel Salento, negli anni risalenti al secondo conflitto mondiale, si possono individuare forme di accoglienza appositamente organizzate; in particolare interventi di sostegno in favore degli ebrei che scappavano dalla persecuzione nazista.

Tra il 1943 e il 1947 alcune località a sud della Puglia divennero centri di accoglienza per alcune migliaia di persone di origine ebrea, sopravvissute allo sterminio hitleriano. Nel 1943, quando ancora imperversava la seconda guerra mondiale, nell’Italia meridionale sbarcarono le forze anglo-americane che scelsero alcune zone della costa ionica ed adriatica per accogliere gli ebrei in fuga ed in attesa di lasciare l’Italia per approdare in altri Paesi come gli Stati Uniti e il nascente Stato di Isdraele. In questi luoghi moltissime abitazioni erano in uso agli autoctoni esclusivamente nel periodo estivo e, dunque, anche per questi motivi furono destinate all’accoglienza dei profughi. Pertanto, a Santa Maria di Leuca, Santa Maria al Bagno, Tricase e Santa Cesaria Terme migliaia di vittime della guerra trovarono riparo e ripresero a vivere nella speranza di un futuro migliore, apprezzando il calore e l’affetto della gente del posto. Molti di loro - negli anni - sono poi ritornati in questi luoghi. Il racconto di tali esperienze è stato raccolto in un film documentario del 2015 di Gadi Castel e Yael Katzir14.

Nei decenni più recenti, con la caduta del muro di Berlino e la fine del regime di Tito15 nella zona balcanica della ex Jugoslavia, si assiste ad una devastante crisi politica e sociale di buona parte dei paesi dell’Est Europa che coinvolge anche l’Albania16, la cui popolazione, in gran parte, viveva in condizioni di povertà

assoluta.

Le conseguenze di tali eventi si ripercuotono inevitabilmente sulle condizioni di vita degli albanesi che - incoraggiati anche dai mezzi di comunicazione che descrivono l’Italia come la nuova America a due passi dal loro Paese - in massa, con

14 Cfr. colornews.it/1943-1947-il-salento-terra-di-rinascita/

15Pseudonimo di Josip Broz, politico e capo militare jugoslavo (Kumrovec, Zagabria 1892 - Lubiana

1980).

16 Tra la seconda metà degli anni ottanta e i primi anni novanta l’Albania era un Paese molto povero,

con un’economia sostanzialmente agricola e una crisi profondissima che lo ha portato alla miseria più assoluta, a causa anche dell’assenza di politiche riformatrici e all’inadeguatezza di un apparato statale, incapace di aiutare i tanti disperati. Valona (città, il cui porto - a sud dell’Albania - è quello più vicino all’Italia) dista solo 60 miglia da Otranto.

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imbarcazioni di fortuna17, a partire dal 1991, iniziano ad approdare sulle coste a nord della Puglia (Bari) e nel Salento (Brindisi ed Otranto)18. Sono anni in cui si assiste ad un processo migratorio irregolare, caratterizzato da tre ondate: la prima, appunto, nel 1991 e distinta in due ondate, quella di marzo19 e quella, anch’essa consistente, di agosto. La seconda nel 1997 a seguito del fallimento della maggior parte delle società finanziare che avevano ridotto il Paese al tracollo, costringendo molti ad allontanarsi dal loro Paese e cercare condizioni di vita migliori in un altro stato. La terza con la guerra in Kosovo20, che nel 1999 determinerà una vera e propria fuga che porterà circa 100.000 albanesi a lasciare il loro Paese per chiedere asilo politico come cittadini kosovari.

Tra le varie ondate migratorie si è verificato il vero e proprio esodo della popolazione albanese gestito dalle organizzazioni criminali: uno stillicidio durato alcuni anni, anche se in fasi diverse21.

In base a questi flussi migratori, il Canale d’Otranto (ma anche la parte bassa della costa salentina bagnata dal Mar Ionio - da Santa Maria di Leuca fino a Porto Cesareo) diviene la porta di ingresso di migliaia di disperati provenienti dall’Est Europa, ma soprattutto dal Sud del mondo22 - tra questi la percentuale di MSNA è quantitativamente rilevante.

A partire dal 2009 gli interventi legislativi del governo italiano hanno sancito lo sviluppo di politiche di rinvio alla frontiera dei migranti ed avviato il pattugliamento delle coste libiche, determinando un drastico ridimensionamento degli arrivi via mare da Lampedusa e, dunque, di collocamento di minori in comunità. Ciononostante, gli sbarchi sono proseguiti negli anni seguenti e si sono incrementati considerevolmente sulle coste leccesi23.

Tuttavia, nonostante la permanenza sul territorio italiano sia prevalentemente temporanea, poiché essi desiderano proseguire il viaggio verso altri paesi del Nord

17 Cfr. Perrone L. (Ed.) (1996), Naufragi Albanesi. Studi, ricerche e riflessioni sull’Albania, Roma,

Sensibili alle foglie, p. 17.

18 Cfr. www.altrodiritto.unifi/ricerche/migranti/mehillaj/cap1.htm., p. 9.

19 Il 7 marzo del 1991 gli albanesi diedero vita a quello che verrà poi definito l’esodo biblico; Nei tre

porti pugliesi di Bari, Brindisi ed Otranto giunsero 25.708 albanesi. I tantissimi albanesi partirono principalmente dai porti di Valona e Durazzo (distante - quest’ultimo - circa 70 miglia dal porto di Brindisi.

20 Conflitto tra la popolazione di minoranza serba e quella a maggioranza albanese. 21 Cfr. www.altrodiritto.unifi/ricerche/migranti/mehillaj/cap1.htm., p. 1.

22 Cfr. Perrone L. (1996) (Ed.), op. cit., p. 26.

23Cfr. Save the Children (novembre 2010), L’accoglienza dei minori in arrivo via mare. Rapporto di

monitoraggio delle comunità alloggio per minori in Sicilia, Puglia e Marche. Progetto Praesidium V.

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17

Europa, resta, comunque, in capo alle istituzioni e alla comunità il compito di organizzare e strutturare l’accoglienza - anche per quelli che decidono di restare in Italia -, implementando interventi efficaci oltre che rispondenti al fabbisogno dei MSNA.

3. L’intervista come principale strumento di indagine

L’indagine, primo studio monografico nel Salento24, nasce dall’esigenza di

approfondire la conoscenza di un fenomeno attualissimo e particolarmente diffuso in alcune aree del territorio italiano che, nel corso degli ultimi anni, ha assunto una connotazione sempre più significativa, alimentando un acceso dibattito sulla qualità delle politiche sociali a sostegno dei MSNA e sulla tenuta del sistema di accoglienza italiano.

La professione che esercito all’interno di un Consultorio Familiare pubblico mi ha fornito l’input - a seguito degli interventi realizzati a supporto di alcuni MSNA (spesso anche in collaborazione con colleghi e altri professionisti dei servizi territoriali e dell’Autorità Giudiziaria)25 - per volgere meglio lo sguardo sulla

relazione professionista-utente ed impegnarmi in un’attività di ricerca-conoscenza26,

utile a scandagliare il reticolo dei nodi che quotidianamente affianca e sostiene i MSNA ospiti di alcune comunità, nonché analizzare apporti e limiti caratterizzanti il complesso sistema di accoglienza27. In tal senso, pertanto, è stata avviata una indagine sul campo28.

24 L’unico studio effettuato in Puglia - esattamente in provincia di Bari - risale al 2015 ed è stato

condotto da Carla Della Penna. Nel Salento - ad oggi - non è stato realizzato alcun studio monografico relativamente ai minori stranieri non accompagnati. Cfr. Della Penna C. (2015), Minori Stranieri non

accompagnati in Puglia. Un viaggio tra progetto e sogno, Roma, Aracne.

25 Negli ultimi anni sono stato impegnato - come operatore sociale incardinato all’interno di servizio

socio-sanitario - in interventi di supporto all’affido etero-familiare di nuclei con a carico minori stranieri non accompagnati e di minorenni vittime di tratta e sfruttamento sessuale (sottoposte, poi, a tutela e protezione), che hanno fatto accesso al Consultorio per richiedere l’attivazione della procedura di I.V.G., ai sensi dell’articolo 12 della Legge n. 194 del 1978.

26 Cfr. Merler A. (2005), Migrazioni, in Dal Pra Ponticelli M., (Ed.), Dizionario di Servizio Sociale,

Roma, Carocci Faber, p. 362.

27 L’obiettivo - in questo caso - è quello di analizzare il lavoro delle reti che nel Salento organizzano

l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.

28 La scelta del campo è legata al fatto che si tratta del mio contesto di nascita e di residenza, territorio

in cui esercito una professione di aiuto, che mi consente di entrare direttamente in contatto con questo fenomeno e di avere alcuni importanti riferimenti.

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Lo studio è stato pianificato con l’intento di ricostruire l’entità dei percorsi di accoglienza nelle tre provincie29, dei contesti di lavoro, dei vissuti degli operatori, reperendo non solo informazioni, ma anche definizioni fornite dagli stessi protagonisti30.

Cogliere il senso dell’accoglienza e il suo significato, rintracciare atteggiamenti, opinioni, esigenze, immagini relative alla propria professione, scoprire come gli operatori realizzano e coltivano il contesto sociale in cui esercitano il loro lavoro richiedeva, in particolare, la scelta dell’intervista come principale tecnica di ricerca per descrivere i contesti empirici in cui si è sviluppata l’indagine31.

Pertanto, si è proceduto all’implementazione dello studio sul fenomeno, focalizzando l’attenzione sui processi di accoglienza e sui successivi interventi di inserimento sociale dei MSNA. Le riflessioni teoriche assumono una connotazione significativa nello studio delle realtà locali, in cui si riconoscono i bisogni specifici dei minori accolti e i relativi interventi in loro supporto.

Il contatto diretto con la realtà studiata e l’analisi dei documenti contrassegnano il presupposto fondamentale per la strutturazione del disegno di ricerca, l’implementazione della stessa32 e la successiva interpretazione ed

elaborazione del materiale raccolto.

Per definire la traccia dell’intervista e compiere l’indagine33 sono state

effettuate alcune scelte metodologiche, che di seguito vengono elencate:

29 Brindisi, Lecce e Taranto.

30Demazière D., Dubar C. (2000), Dentro le storie. Analizzare le intervite biografiche, Milano,

Raffaello Cortina Editore, 5. Tra le motivazioni che inducono il ricercatore all’utilizzo del metodo qualitativo, si può certo citare la flessibilità e la capacità di adattarsi alle situazioni, all’attore sociale scelto, alle difficoltà culturali e sociali.

31 Cfr. Salvini A. (2015), op.cit., p. 142.

32 Rispetto alla tipologia di interviste da effettuare, è opportuno ricordare che queste si differenziano

per il diverso grado di libertà di cui godono l’intervistatore e l’intervistato. L’intervista semistrutturata consiste nella realizzazione di una serie di quesiti, sempre uguali, lasciando libero l’intervistato di rispondere volontariamente, per questo motivo chi effettua l’intervista deve attenersi ad una lista di quesiti, permettendo all’intervistato di rispondere in modo sintetico. Cfr. Bichi K. (2002), L’intervista

biografica. Una proposta metodologica, Milano, Vita e Pensiero, p. 23. Ulteriori definizioni

dell’intervista semistrutturata evidenziano il fatto che l’intervistatore dispone di uno schema con le tematiche da sviluppare durante l’intervista, ma le modalità di formulazione delle domande sono in capo alla libera scelta dell’intervistatore. Cfr. Besozzi E., Colombo M. (1998), Metodologia della

ricerca sociale nei contesti socio educativi, Milano, Guerini, p. 82.

33 L’indagine adotta le procedure metodologiche dell’interazionismo simbolico, ovvero l’esplorazione

e l’ispezione, che rappresentano rispettivamente la descrizione e l’analisi, indispensabili per l’esame diretto del mondo sociale empirico. Cfr. Blumer H. (2008), Interazionismo simbolico, Bologna, Il Mulino, p. 80.

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19

1. si è proceduto alla costruzione di una griglia di domande da somministrare ad un numero rappresentativo di operatori sociali e responsabili di comunità incardinati nelle strutture di accoglienza per MSNA34. Gli operatori che lavorano in questo settore, costituiscono una vera e propria rappresentazione dell’accoglienza sul territorio salentino, particolare e situata, esito della posizione, del ruolo e del punto di vista specifico di testimoni/osservatori privilegiati, interpellati in quanto conoscitori diretti del fenomeno indagato, del quale hanno una visione immediata e minuziosa per essere collocati in una posizione privilegiata di osservazione35. I responsabili delle strutture di accoglienza - alcuni dei quali conosco da molto tempo in virtù della professione che esercito e con cui ho avuto il piacere di collaborare - rappresentano una preziosa immagine dell’organizzazione dei processi di accoglienza e di inserimento dei MSNA nelle realtà locali. Aspetto peculiare della società contemporanea è la capacità riflessiva, a cui si collega la scelta metodologica dell’osservatore privilegiato, dotato di una particolare riflessività36. Il contenuto dei quesiti è stato elaborato con l’intento di rendere agevole la comprensione delle domande ed indagare alcuni aspetti essenziali dell’oggetto di studio;

2. il testo consta di 26 domande, appendice n. 1, in minima parte chiuse e in buona parte aperte37, distribuite in 5 aree tematiche: le prime due aree sono dedicate alla raccolta dei dati socio-demografici degli intervistati, le altre, invece, esaminano nello specifico il fenomeno dei

34«Le interviste individuali vengono molto variamente classificate. In genere le macro distinzioni

vengono operate sulla base delle caratteristiche della traccia utilizzata, delle modalità di conduzione e delle relative possibilità di analisi delle informazioni raccolte. Per traccia si intende lo strumento di interrogazione (Nigris, 2003), cioè la griglia operativa che consente lo svolgimento dell’intervista, l’elenco delle domande o degli stimoli o degli argomenti che si intendono sottoporre all’intervistato. La traccia risponde dunque alla domanda: “che cosa vogliamo sapere da chi vogliamo intervistare». Bianchi R. (2007), L interviste biografiche in Cannavò L., Frudà L. (Eds.) (2007), op.cit., p. 227.

35 Cfr. Corbetta, P. (1999), op. cit., p. 420. 36

Cfr. Beck U., Giddens A., Lash S. (Eds.) (1999), Modernizzazione riflessiva, Trieste, Asterios Editore. Santagati, M. (2004), Mediazione e integrazione. Processi di accoglienza e di inserimento dei

soggetti migranti, Milano, Franco Angeli, p. 109.

37Solitamente si distingue tra domande chiuse e domande aperte; le prime sono domande a cui

l’intervistato è chiamato a fornire una o più risposte all’interno di un ventaglio di opzioni; le seconde lascino spazio all’intervistato, consentendo allo stesso di rispondere come crede. Cfr. Bianchi R. (2007), op.cit., pp. 222-228.

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20

MSNA e le politiche di accoglienza implementate presso le comunità per minori, distribuite lungo tutta la Penisola salentina;

3. i quesiti, dopo una preliminare attività di informazione e sensibilizzazione sulla tematica oggetto della ricerca, sono stati somministrati a 27 operatori delle strutture interessate38; essendo uno studio qualitativo, si è optato di scegliere gli operatori maggiormente attivi in tale settore, in virtù anche della peculiare specificità che caratterizza le strutture oggetto di indagine. Durante la somministrazione dell’intervista, per ciò che concerne la “consegna” di partenza, - ossia la motivazione professionale nel campo dei MSNA - si è utilizzato un inizio tipico del racconto di vita, formulato da un soggetto ad un altro39, con l’intento di avviare la riflessione e facilitare il racconto, partendo da un tratto esperienziale importante della vita personale e professionale dell’operatore40.

4. le interviste raccolte sono state, poi, catalogate e trascritte per intero, riportando fedelmente: il racconto degli intervistati, gli interventi dell’intervistatore, l’interazione non verbale e gli errori - nel tentativo di offrire risposte ai quesiti formulati nella griglia di partenza41. I materiali grezzi ricavati, sono stati elaborati al fine di costruire un discorso con cui esporre l’indagine e stabilire eventuali raccordi con la letteratura esistente42. Pertanto, si è proceduto con la loro sistematizzazione sotto forma di resoconto esplorativo ed analisi contestuale.

38In tal senso la scelta è ricaduta su otto comunità educative residenziali delle province di Brindisi,

Lecce e Taranto, di cui all’art. 48 del Regolamento Regionale n. 4 del 2007, appendice n. 2, ovvero su quelle strutture a carattere comunitario di tipo familiare, caratterizzate dalla convivenza di un gruppo di minori con una équipe di operatori professionali che svolgono la funzione educativa come attività di lavoro. Si tratta di strutture rivolte a minori per i quali non è praticabile l’affido o per i quali si è in attesa dell’affido stesso.

39 Cfr. Bertaux D. (1999), Racconti di vita, Milano, Franco Angeli, p. 52.

40I soggetti intervistati rappresentano non solo una fonte informativa, luogo ove poter estrarre il

materiale grezzo che il ricercatore poi affinerà, ma anche come attore sociale capace di dire il mondo sociale di cui fa esperienza, capace di dar conto della produzione e della riproduzione dei meccanismi e dei processi sociali, passando attraverso la vita degli individui con la sua persona al centro dell’azione. I racconti dell’intervistato vengono considerati espressione del suo punto di vista sul mondo, che è il suo mondo, che egli definisce mentre valuta e cerca di convincere l’interlocutore della sua validità. Cfr. Cfr. Bianchi R. (2007), op.cit., p. 234.

41 Cfr. Besozzi E., Colombo M. (1998), op. cit., p. 145.

42 In particolare con il progetto Praesidium. Cfr. Save the Children (novembre 2010), op. cit.. Cfr.

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PROFESSIONE FORMAZIONE

SESSO

ETÁ

Responsabile Laurea F 46

Educ. Professionale Laurea M 23

Coordinatore Laurea F 29

Educ. Professionale Laurea F 31

Assistente Sociale Laurea F 27

Educ. Professionale Laurea F 28

Psicologo Laurea M 53

Assistente Sociale Laurea F 32

Educ. Professionale Laurea F 33

Educ. Professionale Laurea F 41

Coordinatore Laurea M 39

Educ. Professionale Laurea F 27

Responsabile Laurea F 51

Educ. Professionale Laurea M 28

Educ.Professionale Laurea F 29

Psicologa Laurea F 30

Educ. Professionale Laurea F 32

Assistente Sociale Laurea F 43

Educ. Professionale Laurea M 44

Responsabile Laurea F 46

Responsabile Dip. sc. media sup. M 43

Educ. Professionale Laurea F 32

Psicologa Laurea F 41

Assistente Sociale Laurea F 40

Responsabile Dip. sc. media sup. M 45

Educ. Professionale Laurea F 35

Educ. Professionale Dip. sc. media sup. F 46

Tab. 1 - Professione, titolo di studio, sesso, età degli operatori intervistati

Pertanto, dopo le prime sette domande, dedicate ai dati socio-demografici degli intervistati, seguono le domande relative al fenomeno oggetto di indagine, ovvero

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dalla n. 8 alla n. 26. Nello specifico, le domande dalla n. 8 alla n. 15 riguardano i motivi che hanno indotto i minori alla partenza, i loro paesi di provenienza e gli itinerari di viaggio. Le domande seguenti, dalla n. 16 alla n. 18, analizzano i bisogni dei minori al loro arrivo e le fasi iniziali della presa in carico al momento dell’approdo sul territorio italiano. La parte più significativa e corposa dell’indagine, dalla domanda n. 19 alla n. 22, esplora i percorsi di accoglienza all’interno delle strutture di collocamento e tutela43. La parte finale, dalla domanda n. 23 alla n. 26, è incentrata sul punto di vista degli intervistati in merito ad alcuni aspetti di recente introduzione normativa nel panorama italiano, in particolare le novità introdotte dalla Legge n. 47/ 2017, che disciplina la materia44.

Premessa imprescindibile riguarda il fatto che l’analisi dei dati è stata incentrata sui soggetti e sul contesto, con l’intento di comprendere gli individui nella loro globalità45. L’analisi è stata effettuata con l’obiettivo di ricostruire il senso del discorso, ad iniziare dal valore - per l’attore e l’interazione - delle argomentazioni usate, dalla forma, dal corpus argomentativo e dalle modalità adottate dall’intervistato nel proporre il suo discorso46. Le persone incontrate si sono

raccontate, ripercorrendo la loro storia lavorativa, i loro vissuti, i loro percorsi esperienziali. Gli operatori intervistati rappresentano solo un piccolo gruppo dell’universo degli operatori che nel Salento sono impiegati nel settore. Tuttavia, dalle narrazioni si possono ricavare dati importanti, ricchi di informazioni di prima mano e rispondenti all’oggetto di ricerca del mondo sociale empirico studiato47.

L’analisi delle interviste ha consentito di approfondire e rivisitare il concetto di accoglienza, attraverso la rappresentazione che gli intervistati hanno dei bisogni dei MSNA, gli interventi realizzati a loro tutela e supporto, le relazioni tra immigrati

43 La L. R. n. 19 del 2006 “Disciplina del sistema integrato dei Servizi Sociali per la dignità ed il

benessere delle donne e degli uomini in Puglia” ed il successivo R.R. n. 4 del 2007 e ss.mm.ii., istituiscono anche l’Osservatorio Sociale Regionale e indicano i requisiti tecnici e strutturali delle comunità alloggio, prevedendo un sistema di accreditamento per ottenere il quale tutte le comunità devono dotarsi della Carta dei Servizi.

44 Il titolo della norma è il seguente: Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori

stranieri non accompagnati.

45 Cfr. Corbetta P. (1999), op. cit., p. 428.

46 Cfr. Cardano M. (1999), Un singolare dialogo. L’intervista nella ricerca sociale, in Quaderni di

Sociologia, XLIII (19), 147-155 e Cardano M. (2002), Tecniche di ricerca qualitativa, Torino, Libreria stampatori, pp. 102-104.

47 L’approccio ecologico dell’indagine - a cui spesso si rifà il Servizio Sociale (conosciuto anche

come analisi d’ambiente) - consente di individuare e scegliere alcune aree territoriali come unità di analisi, in riferimento alle quali si avviano segmenti di ricerca che comprendono: documenti, osservazioni, interviste. Cfr. Niero M. (2005), Ricerca, in Dal Pra Ponticelli M., (Ed.), op.cit., pp. 550-551.

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23

e autoctoni e, più in generale, il più ampio inserimento sociale di questa tipologia di migranti vulnerabili.

4. La scelta degli operatori

Gli studi sull’accoglienza forniscono un concetto vasto e dai contorni indeterminati, in virtù del fatto che teoricamente qualsiasi persona potrebbe proporsi come soggetto pronto ad accogliere individui in difficoltà. Ė opportuno, tuttavia, una considerazione più approfondita sulle figure professionali che svolgono funzioni complesse in contesti organizzati e multidimensionali, la cui presenza è legittimata dal mandato istituzionale assegnatogli dalla società.

L’operatore - professionalmente preparato ad agire - diventa una chiave di lettura per comprendere i percorsi esistenziali degli stranieri con molteplici appartenenze. Tutto ciò può realizzarsi attraverso una particolare capacità riflessiva sulla propria cultura e sulle culture di origine degli immigrati, oltre che sull’accoglienza, richiesta dal ruolo e resa possibile grazie alla motivazione professionale e al percorso formativo ed esperienziale che egli ha maturato e conseguito sul campo.

Al crescente aumento degli operatori sociali professionalmente formati (educatori professionali, assistenti sociali, psicologi, ecc), in Italia si è assistito ad un incremento degli interventi organizzati dalle comunità per minori a sostegno e tutela degli stranieri, in particolare dei MSNA.

Nell’individuare i soggetti per l’indagine è appropriato «mantenere l’obiettivo di scegliere gli intervistati, in base al sesso, all’età e ad altre proprietà rilevanti, oppure in base all’obiettivo cognitivo della ricerca»48. In relazione a questi aspetti,

inizialmente, si è tenuto conto dell’elemento critico che emerge nel momento in cui si esplora il campo di indagine, che consta nel «selezionare e intervistare individui particolarmente ricchi di informazioni sul tema di studio, centrali rispetto al tema esaminato, critici per lo scopo della ricerca»49: operatori e responsabili delle strutture potevano fornire elementi importanti per la comprensione dell’accoglienza nel Salento, nonché una preziosa possibilità di accesso ai luoghi ove essa si realizza.

48Cfr. Montesperelli P. (1998), L’intervista ermeneutica, Milano, Franco Angeli, p. 90. 49 Cfr. Bichi R. (2002), op. cit., p. 90.

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Sono stati, pertanto, selezionati alcuni operatori e responsabili di strutture afferenti alle cooperative sociali che gestiscono le comunità per minori, di cui all’articolo 48 del Regolamento Regionale numero 4 del 2017, partendo da alcune figure particolarmente impegnate nel settore; si sono, dunque, visitati i luoghi, ove gli operatori lavorano e i minori immigrati vivono - ambienti in cui sono state realizzate le interviste.

Per quanto concerne il profilo professionale, l’operatore intervistato solitamente: appartiene al genere femminile, esercita la professione di educatore professionale, ha un’età media di 36,8 anni, fa parte della cultura occidentale europea, è dotato di una esperienza lavorativa pressoché recente nel settore dei MSNA50 - anche se rimane, comunque, interessante il dato di molti di loro, relativo agli anni maturati nel campo dell’accoglienza dei minori italiani - e possiede un adeguato titolo formativo (nella maggior parte dei casi di tipo universitario).

50 Il fenomeno dei MSNA ha avuto un exploit negli ultimi sei anni. Pertanto, molti operatori - già

impegnati nel settore della tutela dei minori italiani - hanno poi deciso di impegnarsi in questo nuovo campo. I loro racconti si sono rivelati particolarmente ricchi di notizie e significativi sul piano dell’indagine.

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Capitolo secondo

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1. Processi e progetti migratori

Prima di addentrarsi nell’analisi dei MSNA è opportuno esporre i contenuti del processo migratorio nella sua portata più generale, al fine anche di comprendere la genesi e lo sviluppo degli eventi che da sempre lo caratterizzano e che, pertanto, sono alla base del fenomeno oggetto di questo studio.

Molteplici sono i motivi che caratterizzano il fenomeno migratorio, quali povertà, guerre, avverse condizioni naturali, violazione e negazione dei diritti umani; a tutto ciò si aggiungono ragioni di preminente interesse soggettivo. Uomini e donne di ogni età si spostano da una parte all’altra del pianeta o per motivi di stretta sopravvivenza o per migliorare la propria condizione economica e sociale o, ancora, per persecuzione politica o religiosa. Si tratta di movimenti che stravolgono tanto i paesi di partenza, quanto quelli di arrivo, generando evoluzioni di enorme portata, tanto da mutare profondamente la geografia umana e lo scenario sociale ed economico internazionale. Le migrazioni hanno innescato movimenti secolari consentendo la nascita di civiltà, costumi e culture, a tal punto che non è pensabile analizzare gli eventi di grande portata storica internazionale senza includere i grandi flussi migratori; pertanto, siamo d’accordo con Harris quando dice che ogni civiltà è

la lenta compenetrazione e sedimentazione, nel tempo, di eventi storici prodotti dall’incontro tra culture51.

Nell’attuale scenario, questi imponenti movimenti, causa lo sviluppo tecnologico e gli odierni mezzi di comunicazione, vivono continue accelerazioni; le parti più lontane del mondo si possono raggiungere in tempi relativamente brevi, desiderio fino a poco tempo prima irrealizzabile. Inoltre, internet e le reti virtuali annesse, consentono di percepire in tempo reale quello che avviene a centinaia e migliaia di chilometri di distanza, alimentando nelle popolazioni più disagiate il sogno dar vita al loro progetto migratorio ed intraprendere la partenza, la via della speranza, o anche della fuga.

Oggi come ieri, l’urbanizzazione e lo spopolamento delle campagne sono costantemente presenti e importanti quote di popolazione sono sempre più sconvolte dal processo di modernizzazione, ma le migrazioni della modernità sono un

51Cfr. Harris H. (2000), I nuovi intoccabili. Perché abbiamo bisogno degli immigrati, Milano, Il

Saggiatore. Perrone L. (Ed.) (2007), Transiti e approdi. Studi e ricerche sull’universo migratorio nel Salento, Milano, Franco Angeli, p. 31.

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fenomeno della società globale, un “fatto totale”52, con le sue interconnessioni planetarie storicamente determinate. I migranti provengono in gran numero dalle grandi periferie del pianeta generate dallo sviluppo capitalistico, che dopo aver cercato soluzione nelle campagne, solo successivamente alimentano il sogno di collocarsi nelle metropoli del capitalismo occidentale.

Le migrazioni internazionali sono un fenomeno estremamente dinamico e dipendono solo in parte dalle politiche dei governi nazionali, poiché sono implicati processi di internazionalizzazione dell’economia, che, di fatto, ridimensionano le scelte locali. Pertanto, interdipendenza intercontinentale e indebitamento non lasciano scelta alle popolazioni dei paesi tecnologicamente più arretrati, aprendo la strada all’emigrazione “forzata”. Una condizione esistenziale che coinvolge intere aree geografiche, che non lascia scampo al singolo cittadino e, spesso, anche agli stessi governi nazionali. Una condizione determinata che non consente la mobilità sociale e dalla cui morsa difficilmente si riesce ad uscire, se non con un forte e serio impegno internazionale e il coinvolgimento dei suoi organismi. Tale evoluzione storica ha consegnato un mondo suddiviso in due aree geografiche, l’una di

espulsione e l’altra di attrazione, il cui equilibrio è in continua evoluzione e da cui

dipendono miliardi di persone53.

Un’area che vede crescere la sua capacità di attrazione nel contesto internazionale è l’Europa occidentale, fungendo da bacino di attrazione per le popolazioni dell’Africa, del Medio Oriente e, in parte, dell’America del Sud. Se fino agli anni settanta le due categorie di riferimento del fenomeno erano l’effetto spinta e l’effetto attrazione, successivamente l’attenzione si è soffermata principalmente sulla prima. A ciò si aggiungono la rivoluzione telematica e l’affermarsi dei modelli di consumo dei paesi occidentali nei media dei paesi poveri, alimentando quel fenomeno “dell’occidentalizzazione del mondo”.

Le dimensioni del fenomeno migratorio internazionale sono accuratamente delineate dal rapporto “The state of world population del 2011” dello United Nations

Popultion Fund (UNFPA).

52Si vedano, in tal senso, i lavori di Sayad A. (1999), La double absence, Paris, Edition du Seuil.

Trad. it. Palidda S. (2002), La doppia assenza. Dalle illusioni dell’emigrato alle sofferenze dell’immigrato, Milano, Raffaele Cortina Editore. Perrone, L. (2007), op. cit., p. 32.

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Tale analisi evidenzia - in primo luogo - come il numero di figli per donna in rapporto agli anni sessanta sia diminuito, ma la popolazione complessiva, invece, ha subito un graduale incremento, caratterizzato dalla presenza di persone più giovani e più anziane in rapporto a qualsiasi altro periodo precedente54.

Relativamente all’incremento delle nascite e alle ripercussioni sul piano dello sviluppo economico, si riportano i seguenti casi: nei paesi più poveri il costante incremento della natalità costituisce un ostacolo alla crescita e il permanere delle condizioni di miseria; contrariamente a quanto avviene nei paesi più ricchi, ove, invece, i bassi tassi di natalità e i pochi ingressi nel mercato del lavoro sono indice di preoccupazione rispetto alla crescita e alla futura sostenibilità del proprio sistema di welfare. In molti paesi industrializzati la carenza di manodopera mina l’economia, mentre in altre realtà i disoccupati - disposti a migrare - si scontrano con politiche migratorie sempre più restrittive55.

In secondo luogo, la suddetta analisi evidenzia come su quasi 7 miliardi di persone, ben 214 milioni si sono trasferite fuori dal proprio paese, mentre un numero imprecisato continua ad alimentare il fenomeno delle migrazioni interne. In Cina, ad esempio, 260 milioni di persone si sono trasferite dal proprio luogo d’origine, precisamente dalle zone rurali, verso le città56.

Si rende necessario, secondo quanto previsto dall’UNFPA, definire il migrante e distinguere tra migrante regolare e illegale. Le Nazioni Unite sostengono che può definirsi migrante chi è risieduto in un paese straniero per più di un anno, indipendentemente dalle motivazioni alla base della scelta; sono migranti irregolari coloro che vivono in un altro paese senza autorizzazione o i relativi permessi e sono illegali i migranti che sono stati condotti in un paese - diverso da quello di origine - in modo clandestino.

Il report dell’International Organization for Migration (IOM), compara i fenomeni migratori con gli eventi economici e finanziari a cavallo tra la prima e la seconda decade del 2000. L’affermarsi e il perdurare della crisi economica mondiale non ha ridotto il numero totale dei migranti: 214 milioni (come sopra riportato), rispetto ai 194 milioni del 2005 (periodo antecedente la crisi economica)57.

54 Cfr. Zorzini A.D. (2013), Minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo, Roma, Aracne, p.18. 55

Ivi, p. 19.

56 Ibid.

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L’IOM sottolinea come i flussi migratori siano stati caratterizzati dai seguenti eventi scatenanti: le transazioni politiche in corso nel Nord Africa ed in Medio Oriente, la crescita del numero di sfollati a causa dei disastri naturali ed ambientali, l’incremento di rifugiati e richiedenti asilo, la ripresa della crisi economica e il commercio criminale degli esseri umani. All’analisi dell’OMI, inoltre, va aggiunta la grave e perdurante guerra in Siria che ha destabilizzato l’intera area58.

I mutamenti politici susseguitisi in Tunisia, Egitto e Libia sono i fattori che hanno notevolmente influito sulla portata quantitativa - e non solo - del fenomeno. Solo dalla Libia sono migrate circa 600.000 persone verso la Tunisia, l’Egitto, Malta e l’Italia (prevalentemente libici, ma anche tunisini, somali ed eritrei);

I cambiamenti climatici hanno determinato 42 milioni di sfollati. Il continente asiatico è stato quello maggiormente colpito; in particolare, in Cina e Pakistan le inondazioni hanno interessato rispettivamente 15 e 11 milioni di persone. Il terremoto di Haiti ha ucciso 300 mila persone e provocato 1,5 milioni di sfollati, mentre in Cile - nel 2010 - lo stesso fenomeno naturale ha generato 800 mila senza tetto.

Il fenomeno migratorio comprende altresì i movimenti che interessano i rifugiati politici, ovvero originati dalle cause considerate dalla Convenzione di Ginevra del 1951, mentre i richiedenti asilo sono stati 845.00059.

Il numero dei migranti nel 2011 è diminuito e ciò - secondo l’IOM - è stato determinato da una leggera ripresa economica, in particolare nei paesi in via di sviluppo, ove il prodotto interno lordo è aumentato in maniera più marcata, che nei paesi industrializzati. L’inizio della crisi economica ha delineato diverse previsioni sull’impatto migratorio. Nel dettaglio, è prevista una decrescita dei flussi migratori, una forte riduzione della popolazione straniera nei paesi industrializzati ad alto reddito, una riduzione delle rimesse degli immigrati e migrazioni di ritorno.

Tuttavia, il Global Trends 2016 dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati evidenzia come alla fine del 2016 le persone costrette a lasciare le proprie case in tutto il mondo siano state 65,6 milioni, 300.000 in più rispetto all’anno precedente60.

La criminalità organizzata, che lucra nell’ambito del traffico di esseri umani, è diffusa in varie parti del mondo. Secondo i dati forniti dall’United Nations

58

Ibid.

59 Cfr. UNHCR (8-9 November 2001), Family Unit, Geneva Export Round Table. 60 www.ismu.org

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Antitrafficking (Palermo), protocollo predisposto dall’United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), il traffico di persone - compreso i minori - rimane alto. In tutto il pianeta due persone su 1000 sono vittime di tali traffici, che diventano 3 nell’est del mondo61. Dal 2014 ad oggi l’OIM ha registrato più di 23.00 migranti

morti e dispersi nel mondo. Un numero potenzialmente più alto, dal momento che molte vittime non vengono registrate62.

2. Mutamenti globali e politiche migratorie restrittive

L’IOM evidenzia come la crisi economico-finanziaria a livello internazionale abbia inciso sul numero dei migranti. La relazione sui flussi migratori e il perdurare della crisi socio economica, che ha avuto avvio tra il 2007 e il 2008, è stata esaminata dal rapporto «The global economic crisis and migration: where do we go from here?»63.

Tale rapporto evidenzia alcuni importanti effetti, ovvero: l’affermarsi di politiche migratorie più restrittive rispetto al passato; il contro esodo, ovvero l’avvio di una migrazione di ritorno nei paesi d’origine; il costante aumento dell’immigrazione irregolare; lo spostamento dagli agglomerati urbani alle aree rurali.

Dall’analisi emerge che, contestualmente alla riduzione della domanda di lavoro e delle opportunità di ingresso regolare, in molte parti del mondo si stanno affermando politiche immigratorie sempre più restrittive. Negli Stati Uniti, in Canada e in buona parte dell’Europa, dell’Asia e dell’America del Sud sono state introdotte le quote d’ingresso e rese più stringenti le norme d’accesso (anche per la manodopera qualificata).

I flussi migratori sono, altresì, influenzati anche da fattori non necessariamente legati al mercato del lavoro, come, ad esempio, i ricongiungimenti familiari, i richiedenti asilo politico e altre fattispecie umanitarie.

61Cfr. Zorzini A.D. (2013), op. cit., p. 27. 62 Cfr. www.italy.iom.int

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Il rapporto dell’IOM evidenzia come le crisi economiche determinino un abbassamento del livello di nuova immigrazione ed un incoraggiamento della migrazione di ritorno. A tutto ciò si aggiungono gli interventi dei governi ospitanti che favoriscono - con interventi economici - il ritorno del migrante nel paese d’origine. Si pensi, ad esempio, alla Spagna che ha contribuito al pagamento del biglietto aereo per il ritorno dei migranti non comunitari nel loro paese (stanziando alcuni fondi per sostenere tale iniziativa). Stesse iniziative sono state intraprese anche in Giappone e Repubblica Ceca64.

La suddetta analisi, inoltre, ha evidenziato che quando le condizioni economiche peggiorano e le opportunità di lavoro dei paesi di destinazione si riducono, i migranti regolari preferiscono non avventurarsi verso una metà che non dà garanzie, tanto più se i controlli alla frontiera e le sanzioni ai datori di lavoro sono rigidi.

Fra le conseguenze della recessione economica, vi è il crescente spostamento della popolazione a livello interno; negli Stati Uniti e in Cina, in assenza di sistemi di protezione sociale e aiuti economici, i giovani single si spostano più facilmente da una regione all’altra dei rispettivi paesi.

3. Il contesto italiano

L’Italia, nel quadro sopra delineato, occupa un posto rilevante con circa 4 milioni di suoi cittadini disseminati in tutto il mondo e ben 60 milioni di oriundi sparsi per il pianeta. Per più di un secolo, dalla fine dell’Ottocento all’inizio degli anni settanta del secolo scorso, l’Italia - a seguito della crisi petrolifera del 1973 e il conseguente riassetto industriale, che fa venir meno la richiesta di lavoratori da parte dei paesi industrializzati e tradizionalmente importatori65 - da Paese di emigranti ed esportatore di manodopera diviene importatore di forza-lavoro. Tale fenomeno sancisce l’avvio di politiche restrittive nei confronti dei lavoratori stranieri e - di conseguenza - determina l’effetto di spostare i flussi migratori in altri paesi di recente industrializzazione (tra cui anche Grecia e Spagna), che fino ad allora si erano

64 IOM (2009), op. cit..

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contraddistinti esclusivamente come esportatori di mano d’opera. L’avvento di un nuovo modello migratorio, cosiddetto “mediterraneo”, evidenzia che, mentre prima le migrazioni avvenivano principalmente verso i paesi ex colonizzatori (Francia, Inghilterra, ecc), in questo periodo si orientano verso mete meno conosciute e senza alcun legame storico. In questa fase i flussi non sono più monocentrici (provenienti da un'unica area geografica), ma policentrici (provenienti da diversi paesi) e indirizzati verso differenti zone, essendosi modificate le zone di attrazione migratoria66. Tale fenomeno sancisce la ridefinizione delle tipologie migratorie, specialmente per quanto concerne le modalità di adattamento sul territorio. Se nelle “migrazioni classiche”, i migranti conoscono la lingua dei paesi di arrivo ed usufruiscono di politiche di reciprocità, i nuovi migranti non conoscono la lingua e sono confinati al di fuori di ogni rapporto di reciprocità. Una condizione esistenziale che li relega ai margini della società e che rende ancor più difficile l’inserimento nel mondo del lavoro, al punto da costringerli a riadattare le loro scelte migratorie, specialmente quelle abitative.

Il capitalismo della società globalizzata non richiede più - come in passato - una enorme quantità di lavoratori dequalificati da impiegare nel settore strategico della produzione, ma addetti da collocare nei settori periferici e mal retribuiti: la forza-lavoro, divenuta oramai sempre più flessibile, viene impiegata in settori marginali della produzione, della distribuzione e dei servizi. I migranti sono relegati in periferia, destinati a colmare i vuoti dei servizi pubblici (assistenza ai disabili e agli anziani e mansioni di baby setter), rispondere all’incremento della domanda di servizi privati (attività domestiche) e al mutamento dei costumi (ristorazione, mercati etnici, ecc). I lavoratori immigrati, assieme ai marginali locali, costituiscono l’esercito dei “lavoratori inferiori” e “sottopagati”, da asservire alle dinamiche dell’economia periferica e alle emergenti attività metropolitane.

L’Italia a cavallo tra gli anni sessanta e settanta è interessata dall’arrivo di donne provenienti dal continente asiatico, dall’Africa e dall’America del Sud (filippine, capoverdiane, somale, eritree, argentine, peruviane, ecc), le quali sono accumunate da due principali fattori: appartengono alla religione cattolica o a ex colonie italiane67. Il loro collocamento lavorativo è coadiuvato dalle associazioni

66 Ivi, p. 36.

67 Cfr. Pugliese E. (2002), L’Italia tra migrazioni internazionali e migrazioni interne, Bologna, Il

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cattoliche presenti sul territorio (Caritas) e il settore da occupare è quello dei servizi privati (attività domestiche) che soddisfa la richiesta delle città metropolitane, conseguente all’incremento della popolazione anziana e alla carenza di servizi da parte del nostro sistema di welfare68. Dal 1974 in poi la presenza straniera in Italia aumenta gradualmente in pochi decenni ed è caratterizzata da cittadini provenienti da diverse parti del mondo, cogliendo impreparata la nostra penisola. La popolazione immigrata raddoppia nell’arco di dieci anni, con un incremento considerevole tra il 2000 e il 2004. Il fenomeno mette in rilievo le inadeguatezze dell’Italia sotto il profilo istituzionale e dei servizi, mentre gli interventi legislativi si avviano con ritardo attraverso “”regolarizzazioni” e “sanatorie” a scadenza quadriennale dei nuovi arrivati. A questo si aggiunge un importante problema, ovvero il processo di socializzazione che presenta importanti ritardi e lacune, tanto da frenare l’adattamento dei nuovi arrivati sul territorio, aumentando la distanza culturale tra il mondo minoritario e quello maggioritario69. Un quadro complessivo deficitario a cui va a sommarsi una forte disattenzione sotto il profilo della prima accoglienza.

4. Africa: regimi autoritari, instabilità politica e povertà diffusa

Per comprendere le attuali ondate migratorie verso l’Italia (e l’Europa) e le cause ad esse sottese, è necessario analizzare alcuni aspetti relativi alla recente storia del suddetto continente, in particolare il processo di decolonizzazione, la formazione dell’elites locali e i sistemi politici di riferimento, nonché l’affermarsi di una povertà diffusa.

Il processo di decolonizzazione del continente africano ebbe inizio, in alcuni paesi del nord, dopo il secondo conflitto mondiale (Libia, Tunisia e Marocco). Successivamente, gran parte degli stati raggiunsero l’indipendenza, poiché buona parte delle potenze europee la concessero molto rapidamente. Restarono esclusi dalla

68

Cfr. Perrone L. (1983), Marginalità e decentramento produttivo: una lettura delle classi sociali. In

studi e ricerche, Istituto di Psicologia, Sociologia e Igiene, Facoltà di Magistero, Lecce Università

degli studi di Lecce (3). Macioti, M.I., Immigrazione al femminile. In Macioti, M.I., Pugliese, E. (Eds.) (2003), L’esperienza migratoria: immigrati e rifugiati, Milano, Guerini Studio.

69 Si vedano, in tal senso, i lavori di Scidà G. (2004), L’Italia e la sociologia delle migrazioni in

Pollini G., Scidà G. (Eds.) (2004), Sociologia delle migrazioni e della società multietnica, Milano, Franco Angeli. Zanfrini L. (2004), Sociologia della convivenza interetnica, Laterza, Roma-Bari.

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