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TRANSAZIONE FISCALE E IVA: profili problematici.

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Tesi di laurea magistrale in

CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE

TRANSAZIONE FISCALE E IVA:

profili problematici.

Relatore

Candidato

Prof.ssa Amal Abu Awwad

Serena Martone

(2)

2

INDICE

PREMESSA ... 3

CAPITOLO 1_ L’EVOLUZIONE NORMATIVA DELLA TRANSAZIONE

FISCALE.

... 5

1.1. IL D. Lgs. 9 GENNAIO 2006, N. 5 INTRODUCE LA TRANSAZIONE

FISCALE; le prime reazioni in dottrina e giurisprudenza. ... 5

1.2. LE SENTENZE “GEMELLE”DELLA CORTE DI CASSAZIONE

DANNO UNA PRIMA INTERPRETAZIONE ... 12

1.3. LA SVOLTA GRAZIE ALLA SENTENZA DEGANO TRASPORTI S.a.s.

DELLA C.G.U.E. ... 15

CAPITOLO 2 _ LA LEGGE DI BILANCIO 2017 RINNOVA LA

TRANSAZIONE FISCALE.

... 21

La transazione fiscale nel concordato preventivo ... 21

La transazione fiscale negli accordi di ristrutturazione dei debiti. ... 29

CAPITOLO 3 _ LE INCERTEZZE DEL NUOVO ART. 182-ter LEGGE

FALLIMENTARE.

... 33

CONCLUSIONI ... 46

BIBLIOGRAFIA ... 47

Dottrina ... 47

Giurisprudenza ... 51

Documenti ... 52

(3)

3

PREMESSA

Il Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 ha apportato al R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (conosciuto come Legge Fallimentare) importanti modifiche, tra le quali l’introduzione dell’art. 182-ter, rubricato “Transazione fiscale” che, nell’originaria formulazione, consentiva ai soggetti che avevano presentato la domanda di concordato preventivo di proporre il pagamento parziale, e/o dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea.

Sin dalla sua prima introduzione la norma ha sollevato, sia in dottrina sia in giurisprudenza, numerosi dubbi interpretativi che hanno ostacolato un utilizzo ampio e omogeneo della transazione fiscale.

I ripetuti interventi legislativi, avvenuti negli anni, non sono riusciti ad eliminare i punti controversi anzi, spesso ne hanno generato di nuovi, come quello sulla falcidiabilità del credito Iva sorto proprio a seguito del D.L. 185/2008 (convertito in L. 2/2009).

La scelta del legislatore di escludere il credito Iva dal novero dei crediti falcidiabili, concedendone al massimo la dilazione nel pagamento, non è stata, infatti, condivisa da gran parte della dottrina e dei giudici che hanno ritenuto più opportuno non estendere tale limite a tutti i concordati preventivi lasciando che tale previsione legislativa operasse solo ed esclusivamente per quelli con transazione fiscale; nonostante l’orientamento completamente opposto della Corte di Cassazione e dell’Agenzia delle Entrate.

Sul punto è stata determinante la sentenza Degano Trasporti S.a.s. (causa C-546/14) della Corte di Giustizia dell’Unione europea, che a seguito della domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dal Tribunale di Udine, si è pronunciata favorevolmente sulla falcidiabilità del credito Iva, ribaltando completamente l’orientamento prevalente in Italia e ponendo le basi per una nuova modifica dell’art. 182-ter L.F.: modifica effettuata dalla recente L. n.232/2017 (nota come Legge di bilancio 2017) che, come si evinceva già dai lavori preparatori, ha rinnovato completamente l’istituto della transazione fiscale, seppur lasciando qualche interrogativo.

(4)

4 La Legge di bilancio 2017, se infatti ha risolto molte questioni come quella relativa al credito Iva allineandosi all’orientamento europeo, ha posto comunque altri dubbi, in parte diversi da quelli precedenti, sulla corretta applicazione dell’istituto, nel rispetto anche delle effettive intenzioni del legislatore; come, ad esempio, è dubbio se gli effetti del “consolidamento” del debito fiscale e dell’estinzione dei giudizi tributari in corso per cessata materia del contendere, espressamente statuiti dal previgente art. 182-ter L.F. continuino a valere anche oggi che sono stati completamente cancellati dalla norma.

(5)

5

CAPITOLO 1_ L’EVOLUZIONE NORMATIVA DELLA TRANSAZIONE

FISCALE

1.1. IL D. Lgs. 9 GENNAIO 2006, N. 5 INTRODUCE LA TRANSAZIONE

FISCALE; le prime reazioni in dottrina e giurisprudenza.

La “transazione fiscale” è stata introdotta per la prima volta nella Legge Fallimentare dall’art. 3, comma 3, della L. 178/2002, che disciplinava la “transazione sui ruoli”1:

“L'Agenzia delle entrate, dopo l'inizio dell'esecuzione coattiva, può procedere alla

transazione dei tributi iscritti a ruolo dai propri uffici il cui gettito è di esclusiva spettanza dello Stato in caso di accertata maggiore economicità e proficuità rispetto alle attività di riscossione coattiva, quando nel corso della procedura esecutiva emerga l'insolvenza del debitore o questi è assoggettato a procedure concorsuali”.

L’istituto ha sollevato numerose critiche perché il legislatore ha dato la possibilità all’Amministrazione Finanziaria di accordarsi con il debitore insolvente per transigere il credito tributario, quando nel nostro ordinamento vigeva (e vige tutt’oggi) il principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria,2 in base al quale “la pretesa

dell’erario non è commercializzabile (…) [per cui] non è possibile (…) convenire con l’erario esenzioni da imposte e tasse salvo che non vi sia una precisa norma che lo preveda”3.

Tale misura, in realtà, rispondeva all’“esigenza di certezza nella realizzazione del credito erariale senza [al contempo] aggravare inutilmente le condizioni economiche del debitore” 4; infatti, al riguardo, anche il Consiglio di Stato, ha chiarito che: “(…)

l’accordo transattivo, senza incidere sulla materia imponibile ma in deroga al tradizionale principio della indisponibilità del credito tributario, [avrebbe reso] possibile per l’Amministrazione Finanziaria conseguire un più proficuo introito rispetto a quello ottenibile dallo sviluppo delle procedure esecutive (…)”.

1 O anche “transazione esattoriale”.

2 Art.49 del R.D. 23 maggio 1924 n. 827 “Nei contratti non si può convenire esenzione da

qualsiasi specie di imposte o tasse vigenti all'epoca della loro stipulazione”.

3 E. CECCHERINI, La transazione fiscale e l’art.18 ter della legge fallimentare”, in “Il diritto

fallimentare e delle società commerciali”, 6, 2007, p. 962.

(6)

6 Pochi anni dopo la sua introduzione, però, il D.Lgs. n. 5 del 2006, ha abrogato definitivamente la transazione sui ruoli, ed ha introdotto con l’art. 182-ter L.F. la transazione fiscale, così disciplinata: “Con il piano di cui all'articolo 160 il debitore

può proporre il pagamento, anche parziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, (…) ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea. La proposta può prevedere la dilazione del pagamento; dunque,

sulla scia della previgente transazione, ma con presupposti e modalità diverse, il legislatore lasciava che il credito tributario, solo in specifici casi, potesse essere pagato parzialmente.

Il modo impreciso e lacunoso con cui la norma era stata scritta, però, creava numerosi interrogativi, al punto che più interpretazioni, anche contrastanti tra loro, iniziarono a delinearsi dividendo sia la dottrina che la giurisprudenza.

Le prime critiche, come è facile intuire, erano le stesse mosse alla normativa previgente circa la possibilità di transigere un credito per natura non disponibile, tuttavia, stavolta, molti ritenevano che il principio di indisponibilità della pretesa tributaria potesse essere derogato perché il nuovo istituto aveva “una giustificazione costituzionale [sia nel] principio di capacità contributiva [e di uguaglianza tributaria enunciati dall’art. 53 Cost., sia] nei generali principi di efficienza e di buon andamento di cui all’art. 97 primo comma Cost., [sia] nell’esigenza di salvaguardare le parti più deboli nei rapporti con l’azienda (…) a cominciare dai lavoratori, oggetto di specifica tutela costituzionale ai sensi dell’art. 35 Cost”5. La decisione dell’Amministrazione

Finanziaria, pertanto, sarebbe dovuta discendere oltre che da un confronto, in termini di efficacia ed economicità, tra la procedura di riscossione coattiva e i risultati conseguibili dall’accettazione,6 anche analizzando la proposta stessa “alla luce della

5E.STASI, La transazione fiscale, in “Il Fallimento”, 7, 2008, p. 735.

6 Come il previgente art. 3, comma 3 L. 178/2002 disponeva; infatti, tale norma, seppur in

modo generico e approssimativo, forniva all’Amministrazione Finanziaria un criterio di valutazione in base al quale accettare, o rifiutare, la proposta di transazione: “in caso di

accertata maggiore economicità e proficuità rispetto alle attività di riscossione coattiva”;

(7)

7 possibilità di “salvare” l’impresa in crisi, valutando (…) le conseguenze negative di un eventuale fallimento, [sia dal lato occupazionale che produttivo]”7.

Gli aspetti più dibattuti, poi, riguardavano i presupposti applicativi, e la giusta correlazione con la disciplina del concordato preventivo.

Il fatto che l’art. 182-ter L.F. esordiva con le parole “Con il piano di cui all'articolo

160 (…)” non creava alcun dubbio che la transazione fiscale fosse riservata

unicamente ai debitori che avevano proposto la domanda di ammissione al concordato preventivo, quindi fosse esclusa alle altre soluzioni negoziali della crisi d’impresa. Tale limitazione, però, era considerata lesiva del principio di uguaglianza, sancito dall’art. 3 Cost., perché escludeva automaticamente tutti quei contribuenti che non avrebbero potuto accedere al concordato preventivo: i piccoli imprenditori, i professionisti e il debitore civile8.

Per superare queste critiche il legislatore, con il D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, ha modificato l’art. 182-ter L.F. estendendo la transazione fiscale anche agli accordi di ristrutturazione dei debiti, quella procedura in parte stragiudiziale alla quale potevano accedere (e possono tutt’oggi) tutti i debitori insolventi che tentavano il risanamento della propria impresa, a conferma della voluntas legis di privilegiare l’autonomia privata nella risoluzione della crisi d’impresa.

Tale intervento ha chiarito alcuni dubbi procedimentali, ma ha dato spazio ad ulteriori e diverse interpretazioni della norma che hanno reso l’utilizzo della transazione fiscale ancor più difficile.

Se, infatti, prima della modifica normativa l’endoconcorsualità della transazione fiscale era unanimemente condivisa adesso parte della dottrina iniziava a dubitarne, qualificandola piuttosto come un istituto autonomo. La questione non era affatto irrilevante dato che propendere per una tesi, o nell’altra, avrebbe condizionato sia il contenuto, che l’omologazione, delle proposte di concordato preventivo.

7 L. TOSI, La transazione fiscale, in “Rassegna Tributaria”, 4, 2006, p. 1075.

8 Nello stesso senso E. STASI, La transazione fiscale, in “Il Fallimento”, 7, 2008, pp. 733 ss.;

G. LA CROCE, Autonomia endoconcorsuale e non obbligatorietà della transazione fiscale

(8)

8 Coloro che propendevano per l’endoconcorsualità della transazione fiscale, ritenevano che “l’inserimento nel piano e l’espressione del voto, da parte dell’Agenzia e/o del Concessionario, (…) porta[va]no ad identificare l’accordo con il concordato stesso, condividendone gli effetti e le sorti nelle sue varie fasi fisiologiche (esecuzione) o patologiche (risoluzione ed annullamento)”9; in sede di adunanza, quindi, se la

maggioranza dei creditori, avesse votato favorevolmente al piano presentato dal debitore, la transazione fiscale avrebbe prodotto i suoi effetti anche con voto contrario dell’Amministrazione Finanziaria10.

Chi, invece, avallava l’autonomia della transazione fiscale, riteneva che il voto dell’Amministrazione Finanziaria era vincolante per attuare o meno la proposta di pagamento parziale e/o dilazionato dei tributi, perché altrimenti, “lo Stato [sarebbe stato] privato del diritto potestativo sulla transazione fiscale, e non avrebbe [avuto] alcuna possibilità di valutare selettivamente, nell’interesse pubblico di cui è portavoce, l’utilità di quel determinato salvataggio industriale, [che, invece, sarebbe stato] deciso dai creditori, (…) unicamente (…) motivati dal proprio interesse egoistico a percepire di più”11.

Alla questione suddetta si intrecciavano due diversi orientamenti circa l’obbligatorietà, o meno, della transazione fiscale dato che, alcuni ritenevano indispensabile attingere all’istituto della transazione fiscale per transigere il credito tributario e, altri che, basandosi sull’art. 160 L.F. che consentiva la falcidia dei crediti in generale,12 non lo ritenevano necessario (non attingervi, avrebbe escluso, certamente, la possibilità di

9 L. DEL FEDERICO, La nuova transazione fiscale secondo il Tribunale di Milano: dal

particolarismo tributario alla collocazione endoconcorsuale, in “Il Fallimento”, 3, 2008, p.

343.

10 Nello stesso senso Tribunale di Milano. Sez. II, 13 dicembre 2007; A. LA MALFA,

Rapporti tra la transazione fiscale e il concordato preventivo, in “Corriere Tributario”, 9,

2009, pp. 706-711.

11 G. LA CROCE, Autonomia endoconcorsuale e non obbligatorietà della transazione fiscale

nel concordato preventivo, in “Il Fallimento”, 2, 2010, p. 150.

12 Il D.Lgs. 169/2007 ha modificato l’art. 160 L.F. prevedendo che anche i crediti privilegiati

potessero essere pagati parzialmente, risolvendo la problematica che si era creata tra la disposizione previgente che non prevedeva la falcidia del credito privilegiato e l’art. 182-ter L.F., che, al contrario, la prevedeva per i crediti privilegiati tributari.

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9 ottenere la definitività della pretesa tributaria che il ricorso alla transazione fiscale comportava).

Per quanto riguarda la tipologia dei crediti tributari ammessi alla transazione fiscale, l’art. 182-ter L.F. disponeva: “(…) il debitore può proporre il pagamento, anche

parziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, (…) ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell'Unione europea…”. Il riferimento

alle agenzie fiscali in generale non creava alcun dubbio che potessero essere falcidiati oltre che i tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate (come prevedeva la transazione sui ruoli) anche quelli amministrati dall’Agenzia del Demanio, dall’Agenzia delle Dogane e dall’Agenzia del Territorio; nello specifico: l’Irpef, l’Ires, l’Irap, le accise, l’imposta di bollo, le imposte ipotecarie e catastali, l’imposta di successione e donazione, eccetera; erano esclusi, invece, i tributi locali, quali l’Ici (oggi non più in vigore), la Tarsu, la Tosap, l’imposta sulle pubblicità e pubbliche affissioni, eccetera.

Per effetto dell’esclusione dei “tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea” ci si interrogava, invece, sulla transigibilità dell’Iva dato che era un’imposta istituita in sede comunitaria.

La tesi prevalente escludeva dal novero delle risorse europee l’Iva, per due motivi: il primo, perché “la sua esclusione (…) [avrebbe depotenziato] sensibilmente lo strumento della transazione fiscale, contravvenendo (…) alla ratio dello stesso”13; il secondo perché all’Unione europea veniva versata solo una parte del gettito dell’Iva – per cui si trattava, “più precisamente di una risorsa parametrata all’Iva”14.

Nell’aurea di incertezza che si era creata intorno alla transazione fiscale a dare la prima vera linea guida sull’interpretazione più corretta dell’art. 182-ter L.F. è stata l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 40, emessa il 18 aprile del 2008.

Anzitutto, veniva appoggiata la tesi dell’obbligatorietà della transazione fiscale sulla base del fatto che in quanto derogatoria di regole generali - il principio di

13 L. T

OSI, La transazione fiscale, in “Rassegna Tributaria”, 4, 2006, p. 1078.

14 L. TOSI, op. ult. cit. nota 18, p. 1079. In tal senso E. CECCHERINI, La transazione fiscale

e l’art. 18ter della Legge Fallimentare, in “Il diritto fallimentare e delle società commerciali”,

6, 2007, pp. 961-988; E. STASI, La transazione fiscale, in “Il Fallimento”, 7, 2008, pp. 733-741.

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10 indisponibilità del credito tributario - “la disciplina normativa, non [era] suscettibile di interpretazione analogica o estensiva [e, quindi] non [era] possibile pervenire ad una soddisfazione parziale [del credito tributario,] al di fuori della specifica disciplina di cui all’art. 182-ter.”15; in seguito, poi, veniva riconosciuta l’autonomia della

transazione fiscale rispetto al concordato preventivo, quindi la necessarietà del voto favorevole dell’Amministrazione Finanziaria per la falcidia dei crediti fiscali.

L’Agenzia invitava, inoltre, gli uffici ad escludere l’Iva dalle transazioni fiscali in virtù della Direttiva CEE del 28 novembre 2006, n. 112 che, “in applicazione della decisione 2000/597/CE, Euratom del Consiglio, del 29 settembre 2000, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee, [comprendeva tra] dette risorse, quelle provenienti dall’Iva, ottenute applicando un'aliquota comune ad una base imponibile, determinata in modo uniforme e secondo regole comunitarie”16.

Nonostante tale presa di posizione la giurisprudenza di merito si mostrava più favorevole a considerare la transazione fiscale un sub-procedimento accessorio ed eventuale rispetto alla procedura principale e il concordato, se omologato, pienamente efficace per tutti i creditori anche con voto contrario dell’Amministrazione Finanziaria o del Concessionario.

Solo il legislatore avrebbe potuto fare un po’ di chiarezza sul punto, ma le modifiche all’art. 182-ter L.F. che si sono susseguite negli anni non hanno facilitato affatto il lavoro degli interpreti, e hanno lasciato la situazione pressoché invariata; a partire dal D.L. 29 novembre 2008 n. 185 (convertito in L. 30 gennaio 2009 n. 2) che ha esteso l’istituto ai “contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e

assistenza obbligatorie”, e ha aggiunto al primo comma: “con riguardo all'imposta sul valore aggiunto, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”.

L’iniziale dibattito se l’Iva fosse o meno una risorsa propria dell’U.E., si spostava, ora, sulle ragioni di quest’ultima modifica, per niente condivisa da parte della dottrina e della giurisprudenza.

15 Circolare n. 40/E, 18 aprile 2008. 16Ibidem.

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11 La Relazione illustrativa al D.L. n. 185 del 2008 chiariva che la limitazione rispondeva alla necessità di conformarsi alla “normativa comunitaria che vieta[va] allo Stato

membro di disporre una rinuncia generale, indiscriminata e preventiva al diritto di procedere ad accertamento e verifica”.

La Corte di Giustizia europea, difatti, con la sentenza del 17 luglio 2008, causa C-132/06 aveva condannato l’Italia per la norma sui condoni fiscali (artt. 8 e 9 della legge 27 dicembre 2002, n. 28917) perché contraria al principio di neutralità - principio

volto a “non creare differenze significative nel modo di trattare i contribuenti, (…) sia

all’interno di uno degli Stati membri che nell’insieme di tutti loro”18- e, di

conseguenza, non era conforme all’“obbligo di garantire una riscossione equivalente

dell’imposta in tutti gli Stati membri”. Nel prevedere “una rinuncia generale e indiscriminata all’accertamento delle operazioni imponibili effettuate nel corso di una serie di periodi di imposta” l’Italia violava gli artt. 2 e 22 della sesta direttiva e l’art.

10 CE19 pregiudicando “il corretto funzionamento del sistema comune dell’imposta sul

valore aggiunto”.

Tuttavia, anche a dispetto della giurisprudenza comunitaria, molti Tribunali hanno continuato a ritenere ammissibile di per sé, la falcidia dell’Iva e altri a ritenerla possibile limitatamente al concordato preventivo senza transazione fiscale, dato che l’art. 160 L.F. nulla disponeva al riguardo.

17 L’art. 8, Integrazione degli imponibili per gli anni pregressi (“1. Le dichiarazioni relative ai

periodi d'imposta per i quali i termini per la loro presentazione sono scaduti entro il 31 ottobre 2002, possono essere integrate secondo le disposizioni del presente articolo…”)

prevedeva una procedura con cui sanare inadempienze fiscali pregresse; l’art. 9, Definizione automatica per gli anni pregressi, consentiva al contribuente di presentare una dichiarazione per chiedere la definizione automatica per tutte le imposte e concernente tutti i periodi d'imposta per i quali i termini per la presentazione delle relative dichiarazioni erano scaduti entro il 31 ottobre 2002.

18 Corte di Giustizia dell’Unione europea; sentenza del 17 luglio del 2008, Causa C-132/06. 19 “Dagli artt. 2 e 22 della sesta direttiva e dall’art. 10 CE emerge che ogni Stato membro ha

l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative al fine di garantire che l’IVA sia interamente riscossa nel suo territorio. A tale riguardo, gli Stati membri sono obbligati ad accertare le dichiarazioni fiscali dei contribuenti, la relativa contabilità e gli altri documenti utili, nonché a calcolare e a riscuotere l’imposta dovuta.” Punto 37, Causa C-132/06.

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12 1.2. LE SENTENZE “GEMELLE”DELLA CORTE DI CASSAZIONE DANNO

UNA PRIMA INTERPRETAZIONE

Sul tema ha assunto un ruolo chiave la Corte di Cassazione che, con le sentenze n.22931 e 22932, del 4 novembre 2011, ha manifestato la propria posizione riguardo ai punti più controversi dell’art. 182-ter L.F.

Partendo dalla disamina degli obblighi imposti al debitore nei confronti dell’Amministrazione fiscale e dell’Agente di riscossione (“…formalità alla quale non [era] tenuto nei confronti degli altri creditori”), e degli effetti (“…il consolidamento

del debito tributario, e l’estinzione dei giudizi in corso aventi ad oggetto i tributi concordati…”) che scaturivano dal ricorso alla transazione fiscale, evidenziava quanto

ben diverse fossero le conseguenze rispetto ad un concordato ordinario nel quale il Fisco era trattato come un qualunque altro creditore. Era proprio alla luce di tali differenze che, alla domanda se la falcidia del credito tributario potesse intervenire anche in presenza del voto contrario dell’Amministrazione Finanziaria, la Corte rispondeva affermativamente.

Attribuire il diritto di veto al Fisco contrastava oltre che con i principi del giusto processo (la volontà del Fisco sarebbe potuta essere appresa preliminarmente, evitando di farlo votare insieme agli altri creditori), anche con “la volontà del legislatore di

valorizzare e favorire la soluzione concordataria”, dato che “il debitore per accedere alla transazione fiscale [avrebbe dovuto] accettare in toto le pretese fiscali”.

Conseguenza logica dell’irrilevanza del voto dell’ufficio era la non obbligatorietà del ricorso alla transazione fiscale: “il ricorso al concordato quale mezzo per affrontare la

crisi dell’impresa sarebbe di per sé sufficiente a porre in dubbio l’obbligatorietà della transazione fiscale”20, considerato che, anche nella previgente disciplina del concordato il credito tributario (se chirografario) poteva essere oggetto di falcidia e che il Fisco, poteva essere trattato come qualunque altro creditore; predicare, dunque, l’obbligatorietà avrebbe impedito l’acceso al concordato preventivo, quindi, anche in questo caso, contrastato con le intenzioni del legislatore.

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13 In merito al credito Iva, dopo aver confermato la natura di risorsa propria dell’Unione europea21, la sentenza concludeva con l’infalcidiabilità del credito sia nel concordato

con transazione fiscale, che senza.

A parere della Corte, infatti, la disposizione che concedeva al massimo la dilazione di pagamento non era una norma processuale ma una norma sostanziale che disciplinava il trattamento dei crediti a prescindere dalla tipologia di concordato; l’art. 182-ter L.F., quindi, era una generale deroga all’art. 160, comma 2, ultimo periodo (“Il trattamento

stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione” 22), precisando, altresì, che il pagamento dilazionato dell’Iva

avrebbe interessato soltanto l’imposta definitivamente accertata dato che, tra gli effetti dell’omologazione, la disciplina ordinaria del concordato preventivo non prevedeva l’estinzione dei contenziosi.

Niente impediva, infatti, al legislatore di attribuire, “come nella fattispecie e per cause

discrezionalmente individuate, (…) un trattamento particolare a determinati crediti come avviene per la prededuzione, senza che ciò incida automaticamente sul trattamento degli altri”23.

Orientamento, questo della Suprema Corte, che non era affatto condiviso da parte della giurisprudenza interna che concludeva in modo diametralmente opposto, specie per quanto riguarda l’estensione dell’intangibilità dell’Iva oltre l’ambito della transazione fiscale.

A parere di molti giudici, infatti, la norma non aveva natura sostanziale ma eccezionale, perché non era possibile che il credito Iva ricevesse un trattamento diverso nel concordato preventivo rispetto al concordato fallimentare, dove l’ordine

21 “Dovendosi intendere il richiamo al tributo come risorsa riferito non già al gettito effettivo

(venendo in realtà il contributo per IVA calcolato prescindendo da questo) bensì alla specie di tributo individuata quale parametro per il trasferimento di risorse all'Unione e la cui gestione, sia normativa che esecutiva, è di interesse comunitario e come tale sottoposta a vincoli.” Corte di Cassazione, sez. civ., sentenza n. 22931 del 4 novembre 2011.

22 Il credito IVA è collocato nella graduatoria dei privilegi al diciannovesimo posto (art. 2778

c.c.) pertanto il suo integrale pagamento all’interno del concordato preventivo gli riserverebbe un trattamento speciale rispetto a tutti i crediti aventi collocazione anteriore (stravolgendo l’ordine dei privilegi).

(14)

14 delle cause legittime di prelazione era regola imprescindibile; e tale eccezionalità, di conseguenza, doveva riflettersi in modo diverso a seconda di concordato con, o senza, transazione fiscale. Se la norma avesse avuto natura sostanziale, poi, il legislatore nell’art. 7 della Legge sul sovraindebitamento non avrebbe ribadito il pagamento integrale dell’Iva.

Inoltre, il fatto che la disposizione in questione fosse stata inserita nell’art. 182-ter L.F. dimostrava la sua inerenza all’istituto del concordato preventivo che, tra l’altro, era stato più volte riformato per semplificare l’uscita dalla crisi e non già di complicarla. Non poteva, infine, a sostegno di tale tesi, essere trascurata la natura procedimentale della transazione fiscale come emergeva dal comma 5 - “La chiusura della procedura

di concordato ai sensi dell'articolo 181, determina la cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad oggetto i tributi di cui al primo comma”24.

Qualche anno dopo le “sentenze gemelle”, anche la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 225 del 25 luglio 2014, si è pronunciata nello stesso senso della Cassazione, confermando l’infalcidiabilità del credito Iva.

La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dal Tribunale di Verona perché riteneva che l’art. 182-ter L.F. nella parte in cui prevedeva la sola dilazione del pagamento fosse in contrasto con gli artt. 97 e 3 Cost.

A parere della Corte il contrasto con il principio costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione, sancito dall’art. 97 Cost, non sussisteva perché la previsione legislativa della sola modalità dilatoria doveva essere intesa “come il limite

massimo di espansione della procedura transattiva compatibile con il principio di indisponibilità”25 e con i vincoli nella gestione e riscossione che la natura dell’Iva quale “risorsa propria” dell’Unione europea portava con sé; tale limitazione, dunque, non era affatto “irragionevole” ma consentiva all’Amministrazione Finanziaria sia di riscuotere il tributo successivamente sia di approvare un piano volto al superamento graduale della crisi dell’impresa.

24 A favore della falcidiabilità dell’Iva, App. Venezia, 23 dicembre 2013, n. 3055; App.

Genova, 27 luglio 2013; Trib. Campobasso, 31 luglio 2013; Trib. Cosenza, 29 maggio 2013 e 22 luglio 2015; Trib. Como, 29 gennaio 2013; Trib. La Spezia, 24 ottobre 2013.

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15 Il fatto, poi, che il credito Iva “non fosse riconducibile a nessuna delle tradizionali

categorie di crediti privilegiati e chirografari” [giustificava] il trattamento differenziato non solo rispetto ai crediti privilegiati in generale, ma anche nei confronti degli altri crediti tributari assistiti da privilegio”26; dunque, anche il contrasto con l’art.3 Cost. veniva respinto.

1.3. LA SVOLTA GRAZIE ALLA SENTENZA DEGANO TRASPORTI S.a.s.

DELLA C.G.U.E.

La transazione fiscale continuava, sin dalla sua prima introduzione con il D.L. 5/2006, a dividere sia la dottrina che la giurisprudenza sulla falcidiabilità del credito Iva e niente sembrava contribuire a far raggiungere un accordo sul punto.

La questione ha iniziato a prendere una piega diversa quando, il 14 gennaio 2016. l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia UE (Eleanor Sharpston) ha presentato le conclusioni generali nella causa C-546/14 - Degano Trasporti S.a.s. di Ferruccio Degano & C. in liquidazione.

Il Tribunale di Udine, infatti, aveva sollevato la domanda di pronuncia pregiudiziale, nella quale chiedeva se i principi e le norme contenute nell’art. 4, paragrafo 3, TUE e nella Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, precludevano “ad uno Stato membro di

accettare un mero pagamento parziale di un debito IVA da parte di un imprenditore in stato di difficoltà finanziaria, nel corso di un concordato preventivo basato sulla liquidazione del suo patrimonio”27.

Nelle sue osservazioni preliminari l’Avvocato Generale ricordava anzitutto come in forza dell’obbligo di garantire l’effettiva riscossione delle risorse proprie dell’Unione e del principio di neutralità fiscale, ogni Stato membro era tenuto ad “adottare tutte le

26 Corte Costituzionale, sentenza n.225 del 15 luglio 2014.

27 Conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia UE (Eleanor Sharpston)

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16

misure legislative e amministrative al fine di garantire che l’IVA [fosse] interamente riscossa nel suo territorio”28.

Al contempo, però, veniva precisato che nonostante tali vincoli “il sistema comune

dell’IVA non impone[va] (…) di accordare ai crediti IVA un trattamento preferenziale su tutte le altre categorie di crediti”29 e, di conseguenza, niente impediva che uno Stato membro, in “circostanze eccezionali, puntuali e limitate, [e senza creare]

significative differenze nel modo in cui sono trattati i soggetti d’imposta nel loro insieme”30, potesse rinunciare al pagamento integrale di un credito Iva.

L’Avvocato Generale, quindi, riconosceva il diritto degli Stati membri di avere una certa flessibilità nella riscossione dei crediti Iva quando i soggetti passivi si trovavano in difficoltà finanziarie. Per questo, dal momento che “nel diritto dell’Unione non vi [erano] norme di armonizzazione relative al rango dei crediti Iva”31 in situazioni specifiche come quella in cui il patrimonio del contribuente non era sufficiente a soddisfare tutti i creditori, “gli Stati membri dovevano essere liberi di ritenere che

altre categorie di crediti (quali gli stipendi o i contributi previdenziali – o, nel caso di soggetti passivi singoli, gli alimenti) [meritassero] una tutela maggiore.”32

Venendo, quindi, al caso di specie presentato dal Tribunale di Udine, si asseriva che, grazie alla presenza di tre “salvaguardie” a tutela dei crediti Iva, la procedura di concordato preventivo era totalmente coerente con l’obbligo di garantire l’effettiva riscossione delle risorse dell’Unione europea. Le tre “salvaguardie” consistevano, la prima, nella revoca della proposta di concordato - ex art. 173 L.F.33- nel caso in cui il

28 Cfr., le conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia UE (Eleanor

Sharpston) presentate il 14 gennaio 2016. Causa C‑546/14, punto 26.

29 Cfr., le conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia UE (Eleanor

Sharpston) presentate il 14 gennaio 2016. Causa C‑546/14, punto 34.

30 Cfr., le conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia UE (Eleanor

Sharpston) presentate il 14 gennaio 2016. Causa C‑546/14, punto 36.

31 Cfr., le conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia UE (Eleanor

Sharpston) presentate il 14 gennaio 2016. Causa C‑546/14, punto 37.

32 Cfr., le conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia UE (Eleanor

Sharpston) presentate il 14 gennaio 2016. Causa C‑546/14, punto 37.

33 Art. 173 L.F. (Revoca dell'ammissione al concordato e dichiarazione del fallimento nel

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17 ricorrente avesse “deliberatamente occultato parte dell’attivo o omesso di denunciare

uno o più crediti (compresi i crediti Iva)”34, la seconda, nell’attestazione, rilasciata da un esperto indipendente, che “l’Amministrazione tributaria non avrebbe ricevuto un

trattamento migliore nel caso di fallimento”35 - ex art. 160, comma 2, L.F.- ed infine, la terza, nella possibilità di votare il concordato concessa a tutti i creditori per i quali la proposta prevedeva un pagamento non integrale e immediato (compreso lo Stato qualora fosse stata proposta la falcidia dell’Iva)36.

L’Avvocato Generale chiariva in ultimo che “per il suo carattere puntuale e limitato,

dovuto ai rigorosi presupposti della sua applicazione, la procedura di concordato manifestatamente non crea[va] significative differenze nel modo in cui [erano] trattati i soggetti passivi e, pertanto, non pregiudica[va] il principio di neutralità fiscale. (…) Il sacrificio di parte del credito IVA che essa [poteva] comportare, [dunque, doveva] essere considerato alla luce dell’obiettivo di concedere ai soggetti passivi in difficoltà finanziaria una seconda opportunità attraverso la ristrutturazione collettiva del loro debito”37; con ciò, si invitava la Corte di Giustizia UE a risolvere la questione nel senso della piena conformità all’art. 4, par. 3, TUE, e alla Direttiva 2006/12/CE del Consiglio, delle norme nazionali in questione (combinato disposto artt. 160 e 182-ter L:F.).

che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti… deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d'ufficio il procedimento per la revoca dell'ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori.”

34 Cfr., le conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia UE (Eleanor

Sharpston) presentate il 14 gennaio 2016. Causa C‑546/14, punto 39.

35 Cfr., le conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia UE (Eleanor

Sharpston) presentate il 14 gennaio 2016. Causa C‑546/14, punto 40.

36 Cfr., le conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia UE (Eleanor

Sharpston) presentate il 14 gennaio 2016. Causa C‑546/14, punto 41; l’Avvocato Generale proseguiva: “La procedura di concordato consente pertanto allo Stato di adottare tutte le

misure che ritiene necessarie per garantire la riscossione dell’importo massimo di credito IVA date le circostanze”.

37 Cfr., le conclusioni dell’Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia UE (Eleanor

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18 Poco dopo, con la sentenza emessa il 7 aprile 2016, la Corte condivideva la posizione assunta dall’Avvocato Generale Sharpston nelle sue Conclusioni, riconoscendo la compatibilità con il diritto dell’Unione europea di una possibile falcidia dell’Iva in sede di concordato preventivo; in sostanza veniva statuito “un concetto di effettività della riscossione ben diverso da quello meramente astratto che fino [a quel momento era] stato sotteso all’interpretazione dell’art. 182-ter L.F. e (…) rafforzata la natura disponibile dell’obbligazione tributaria, almeno per il settore delle imposte armonizzate quale l’Iva (…)”38.

La Suprema Corte di Cassazione non poteva certo prescindere dai principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria, dato che anche alcuni Tribunali nazionali li avevano da subito fatti propri,39 così, con la sentenza n. 26988/2016 e la n. 760/2017 affermò “il principio secondo il quale la previsione dell’infalcidiabilità dell’IVA, di cui all’art. 182-ter della Legge Fallimentare trova[va] applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale”40.

Confermando anzitutto la facoltatività del ricorso alla transazione fiscale (già sancita dalle “sentenze gemelle” del 4 novembre 2011), le Sezioni Unite ribaltavano completamente l’orientamento seguito fino a quel momento osservando che tra la fattispecie di concordato senza transazione fiscale e quella di concordato con transazione fiscale vi era un rapporto di genere a specie che impediva di estendere alla fattispecie generale la regola dell’infalcidiabilità del credito Iva prevista per la

38 V. FICARI, La Corte UE ammette la riduzione dell’IVA mediante la transazione fiscale, in

“Corriere Tributario”, 20, 2016, p. 1550.

39 Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Decreto del 17 febbraio 2016; Tribunale di

Livorno, Decreto del 13 aprile 2016, n. 29/2015.

40 D. PEZZELLA, IVA falcidiabile in concordato anche per le Sezioni Unite, in “Corriere

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19 fattispecie speciale (del concordato con transazione fiscale)41, a prescindere dalla

natura sostanziale o processuale della disposizione stessa42.

Con riferimento, poi, al fatto che l’infalcidiabilità del credito Iva nel concordato con transazione fiscale avrebbe alterato l’ordine delle cause legittime di prelazione i giudici di legittimità osservavano che il pagamento integrale dell’Iva non doveva estendersi “anche gli altri crediti di rango potiore che [invece, avrebbero subito] la

falcidia compatibile con i limiti imposti dall’art. 160, comma 2, L.F.”43. In questo

caso, proseguiva la sentenza, “il mancato rispetto dell’ordine dei privilegi [era]

giustificato dal necessario consenso degli altri creditori, anche privilegiati, al cui voto

[veniva] sottoposta l’intera proposta di concordato, inclusiva della transazione

fiscale. (…) Sicché, in questa prospettiva l’effetto di favore per il credito IVA (e per quelli assimilati) [era] del tutto compatibile con il sistema normativo vigente (…)”44.

L’interpretazione delle Sezioni Unite avrebbe, però, orientato le sentenze dei giudici nazionali solo fino al primo gennaio 2017, data dalla quale sarebbe entrato in vigore il nuovo art. 182-ter L.F., come riformato dalla Legge di bilancio 2017, che disponeva in modo inequivocabile la falcidiabilità dell’Iva.

Così, fino al 31 dicembre 2016 avrebbe operato un “doppio binario alternativo” in base al quale il debitore avrebbe potuto o accedere alla transazione fiscale pagando interamente il credito Iva e le ritenute operate e non versate, oppure non avvalersi della transazione fiscale e proporre la falcidia di tali crediti. Ciò era quanto aveva affermato il Tribunale di Milano con il Decreto del 29 dicembre 2016 che, in linea con la

41 “Solo se si ipotizzasse l’obbligatorietà della transazione fiscale, si potrebbe riconoscere

l’infalcidiabilità del credito IVA in qualsiasi concordato. Ma se si esclude che la transazione fiscale debba accompagnare necessariamente ogni ipotesi di concordato preventivo con debiti tributari, deve riconoscersi che la regola dell’infalcidiabilità operi solo per la transazione fiscale”. Cassazione, SS.UU., Sent. 27 dicembre 2016, n. 26988.

42 “Processuale o sostanziale che sia, infatti, la regola dell’infalcidiabilità del credito IVA è

inclusa nella disciplina speciale del concordato preventivo con transazione fiscale. E non si può pretendere di estenderla ai casi regolati dalla disciplina generale del concordato preventivo senza transazione.” Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza n. 26988 del 27 dicembre 2016.

43Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza n. 26988 del 27 dicembre 2016.

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20 decisione delle Sezioni Unite, aveva ritenuto legittima una proposta di concordato preventivo che senza transazione fiscale prevedeva la falcidia del credito Iva.

Dunque, per tutti quei concordati preventivi, e accordi di ristrutturazione del debito, per i quali anteriormente al primo gennaio 2017 era stata presentata solo la domanda avrebbe continuato a valere la normativa previgente perché era quella in vigore al momento in cui le procedure erano state aperte,45 salvo, se i presupposti temporali lo concedevano, scegliere di modificare la proposta in linea con le nuove diposizioni

45 La Legge di bilancio 2017 disponeva che il nuovo art. 182-ter L.F. sarebbe entrato in

vigore a partire dal primo gennaio 2017, pertanto era necessario fare riferimento al principio previsto dall’art. 11, comma 1, delle preleggi, in base al quale “La legge non dispone che per

l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo” per comprendere a quali procedure doveva essere

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CAPITOLO 2 _ LA LEGGE DI BILANCIO 2017 RINNOVA LA

TRANSAZIONE FISCALE

Dal primo gennaio 2017 è entrata in vigore la Legge 11 dicembre 2016, n. 232, meglio conosciuta come Legge di bilancio 2017, che ha modificato largamente l’art. 182-ter L.F46.

Autrice di tali variazioni è stata la Commissione Rordorf,47 che incaricata di formulare

un disegno di legge delega sulla riforma organica delle discipline della crisi di impresa e del fallimento, nel ridisegnare la norma ha cercato di recepire tutte le esperienze maturate nei tribunali nazionali ed europei con riferimento alla transazione fiscale. La prima interessante novità riguarda la definizione della norma che da “Transazione fiscale” è stata modificata in “Trattamento dei crediti tributari e contributivi”; tale sostituzione ha definitivamente messo a tacere tutte quelle critiche sul fatto che il termine “Transazione” rimandasse ad un istituto civilistico, la transazione prevista dall’art. 1965 c.c.48, con il quale, però, non condivideva le stesse caratteristiche49.

La transazione fiscale nel concordato preventivo

In netto contrasto con la previgente normativa e con l’orientamento sposato dalla Corte di Cassazione50 il primo comma del nuovo art. 182-ter L.F. introduce l’obbligatorietà

della transazione fiscale; la norma, infatti, prevede che il debitore possa “proporre il

pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori (…)” solo

ed “esclusivamente” presentando la proposta unitamente al “(…) piano di cui

all'articolo 160” e nei modi stabiliti dall’art. in questione.

46 Nello specifico il comma 81 dell’art. 1 della L. 11 dicembre 2016 n. 232.

47 Commissione ministeriale istituita dal Ministero della Giustizia con decreto 28 gennaio

2015, e nota anche come Commissione Rordorf dal nome del presidente, il Consigliere di Corte di Cassazione Renato Rordorf.

48 Art. 1965 c.c. Nozione. “1. La transazione è il contratto col quale le parti, facendosi

reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. 2. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti.”

49 La totale assenza, nella transazione fiscale, della reciprocità di concessioni che, invece, è

tipica della transazione civilistica rende distinti i due istituti.

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22

La tipologia dei crediti transabili. Con riferimento alla tipologia dei crediti transabili

viene eliminato il divieto, tanto discusso, di falcidiabilità del credito Iva e delle ritenute operate e non versate,51 uniformando, così, la normativa italiana alla decisione

della Corte di Giustizia UE (nella causa C-546/14) che tra l’altro contrastava con una buona parte della giurisprudenza nazionale che, in ragione del principio di indisponibilità delle “risorse proprie” dell’UE, impediva il pagamento parziale del credito Iva.

Tale modifica, in realtà, oltre che a recepire l’orientamento europeo, ha voluto soddisfare un’esigenza nazionale di estendere la transazione fiscale anche ai crediti Iva. Lo stesso Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, infatti, già nel dicembre 2015, aveva presentato alla Commissione Rordorf il documento “Il contributo del CNDCEC alla riforma della crisi di impresa - Profili

tributari” nel quale, suggerendo alcune modifiche all’istituto in questione, proponeva

una soluzione che avrebbe consentito di transigere l’Iva rispettando contemporaneamente sia la ratio sottesa alla Legge Fallimentare sia i principi comunitari.

Partendo dal particolare sistema di riscossione e di accreditamento dell’Iva per il quale“ la base delle risorse IVA deve essere calcolata dividendo il totale delle entrate

“nette” (…) incassate dallo Stato membro nel corso dell’anno, per l’aliquota ponderata vigente nel medesimo anno”52, il CNDCEC aveva proposto di determinare la base imponibile, sulla quale sarebbe stata applicata, poi, l’aliquota media ponderata, sommando la quota riscossa a quella non riscossa (quella somma cioè che, anche se accertata o dichiarata, non era entrata nelle casse dello Stato in quanto oggetto di transazione) affinché, qualsiasi riduzione eseguita dagli Stati membri non avrebbe avuto alcuna incidenza negativa per l’Unione europea; “considerando l’IVA nazionale, [infatti], come interamente incassata, (…) l’UE [si sarebbe] accreditata, ogni mese la

51 Il limite che consente al massimo la dilazione di pagamento, previsto per il credito Iva, è

stato esteso anche alle ritenute operate e non versate dall’art. 29, secondo comma, del D.L. n. 78 del 2010, convertito nella L. 30 luglio 2012 n. 122.

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23

quota di sua spettanza, così come correttamente individuata dalla normativa comunitaria.” 53

Ad ogni modo la Commissione Rordorf, grazie alla sentenza comunitaria intervenuta qualche mese dopo, è potuta andare oltre la proposta dei commercialisti e degli esperti contabili, tagliando dalla norma qualsiasi riferimento al credito Iva e statuendo direttamente la possibilità di proporre il pagamento parziale, e/o dilazionato di tutti i tributi, con relativi accessori, amministrati dalle agenzie fiscali, e dei contributi, con relativi accessori, amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.

Per completezza di esposizione è opportuno precisare che la transigibilità degli accessori relativi all’Iva, quali gli interessi e le sanzioni, non è mai stata messa in discussione dato che, anche l’Amministrazione Finanziaria con la Circolare 40/E del 2008, aveva precisato come l’esclusione dalla transazione riguardasse solo il tributo e non anche gli accessori.

Il limite alla transigibilità dell’Iva non è venuto meno, però, per la disciplina della composizione della crisi da sovraindebitamento dove l’art. 7 della L. n. 3 del 2012 consente al massimo la dilazione di pagamento oltre che per l’Iva, anche per le ritenute operate e non versate, e per i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea. Nella proposta di modifica presentata dal CNDCEC vi era anche l’estensione della transazione fiscale ai tributi locali, in quanto non ci si spiegava come questi fossero “esclusi dal novero dei tributi falcidiabili,”54 quando anche l’art.9 della Legge n. 3 del

201255 la consentiva. La stessa Agenzia delle Entrate, infatti, nella Circolare 15/E del

2015 specificava come l’obbligo di deposito della proposta di accordo per la composizione della crisi presso gli enti locali doveva essere inteso nel senso di possibile falcidia dei tributi locali.

La proposta, però, è rimasta tale dato che quei tributi rimangono ancora esclusi dall’oggetto della transazione fiscale.

53 CNDCEC, Il contributo del CNDCEC alla riforma della crisi di impresa - Profili tributari,

dicembre 2015, www.cndcec.it.

54 CNDCEC, Il contributo del CNDCEC alla riforma della crisi di impresa - Profili tributari,

dicembre 2015, www.cndcec.it.

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24

La transazione dei crediti privilegiati e chirografari. Nel definire l’oggetto della

transazione fiscale il legislatore si riferisce ai crediti tributari in generale senza riproporre l’espressione, contenuta nel precedente art. 182-ter L.F., “limitatamente alla

quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo”, la quale

aveva creato alcuni dubbi interpretativi.

Parte della dottrina, infatti, leggeva tale locuzione come un limite alla falcidiabilità dei crediti privilegiati, ritenendo che il pagamento parziale di tali crediti potesse avvenire solo relativamente alla parte chirografaria; mentre, altra parte della dottrina, dando un’interpretazione meno restrittiva, sosteneva che l’esclusione riguardasse solo i crediti privilegiati non ancora iscritti a ruolo.

Tale tesi è andata sempre più attenuandosi negli anni divenendo la tesi minoritaria grazie sia alla Legge 169/2007 che ha inserito nell’art. 160 L.F. la possibilità di pagare parzialmente i crediti privilegiati in generale, sia alla Circolare 40/E del 2008 che ha espressamente chiarito la possibilità di transigere i crediti tributari privilegiati, sia iscritti a ruolo che non56.

La vigente disciplina, dunque, non riportando più la suddetta limitazione, ha recepito l’orientamento dell’Agenzia dell’Entrate escludendo ogni possibile diversa interpretazione.

Lo stesso avrebbe potuto fare, il legislatore, con riferimento alle cause di prelazione, specificando chiaramente che possono essere oggetto di transazione fiscale tutti i crediti, tributari e contributivi, privilegiati.

Invece, il riferimento generale al “credito (…) assistito da privilegio”, costringe, come per la precedente formulazione della norma, ad attingere ai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, con la Circolare 40/E del 2008, che ha ritenuto corretto comprendere in quella locuzione tutti i crediti muniti di diritto di prelazione, sia costituito da privilegio, generale o speciale, (di cui agli artt. 2745 e ss. c.c.), sia da

56 “La locuzione in esame non può essere interpretata nel suo significato letterale (…)Al

contrario, in adesione al canone interpretativo teleologico, è dato ritenere - in sintonia con la ratio sottesa all’istituto, nella specie volta a valorizzare gli accordi negoziali per ridurre l’intervento giudiziale ed evitare, per quanto possibile, il dissesto irreversibile dell’imprenditore commerciale - che possono costituire oggetto di transazione anche i crediti privilegiati non iscritti a ruolo.(…)” Circolare 40/E del 18 aprile 2008.

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25 ipoteca giudiziale iscritta sulla base del ruolo, divenuto titolo esecutivo decorsi inutilmente i termini di 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento (di cui all’art. 77 del DPR n. 602 del 1973).

Sempre rifacendosi alla causa C-546/14, ed in particolare alle tre salvaguardie a garanzia dell’effettività della riscossione,57 il legislatore ha previsto, inoltre, che il

debitore può proporre il pagamento parziale dei crediti tributari privilegiati solo se la relazione di un professionista “(…) in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo

comma, lettera d) L.F.” attesta che la soddisfazione avverrà “in misura non inferiore a quella realizzabile (…) sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”.

Tale relazione è un documento tipico della transazione fiscale che non deve essere confuso con la relazione richiesta, dall’art. 160, comma 1, L.F., in merito alla proposta concordataria; tuttavia, non è escluso che entrambe le attestazioni siano contenute in unico documento purché opportunamente separate e riconoscibili.

La misura di soddisfazione dei crediti tributari privilegiati è soggetta, per di più, ad un secondo limite, già previsto, tra l’altro, dal previgente art. 182-ter L.F. per il quale “la

percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie (…) non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori con un grado di previlegio inferiore o con una posizione giuridica e interessi economici omogenei”.

In ultimo, il comma 1 conclude disponendo che “(…) la quota di credito degradata al

chirografo deve essere inserita in un'apposita classe”; condizione, quest’ultima, che a

parere di molti esperti del diritto, complicherebbe il raggiungimento del voto favorevole della maggioranza delle classi, (oltre che dei creditori) previsto dall’art. 177 L.F., primo comma58.

Con riferimento, invece, ai crediti chirografari viene disposto che “il trattamento non

può essere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel

57 Corte di Giustizia UE, sentenza del 7 aprile 2016 nella causa C-546/14, punto 24, che

rimanda alle Conclusioni dell’Avvocato Generale (Sharpston) presentate il 14 gennaio 2016, punti 38-42. Vedere anche capitolo 1 pag. 15.

58 Art. 177 L.F. Maggioranza per l'approvazione del concordato. “1. (…) Ove siano previste

diverse classi di creditori, il concordato è approvato se tale maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero di classi (…).”

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26

caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole.”

La procedura. Il secondo comma del novellato art. 182-ter L.F. si occupa degli aspetti

operativi, dettando la procedura da seguire per proporre il pagamento parziale dei crediti tributari e contributi.

Il debitore deve, anzitutto, depositare “contestualmente” presso il Tribunale, presso il competente Agente della riscossione e presso l’Ufficio competente sulla base del suo ultimo domicilio fiscale, la copia della domanda (di “transazione”) e della relativa documentazione, allegandovi sia la “copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è

pervenuto l'esito dei controlli automatici” sia le “dichiarazioni integrative relative al periodo fino alla data di presentazione della domanda”.

Come nella precedente formulazione della norma il legislatore non prescrive né la forma né il contenuto della proposta, lasciando piena libertà al debitore, tuttavia, già nella Circolare n. 40/E del 18 aprile 2008, l’Agenzia delle Entrate aveva precisato con riferimento alla transazione fiscale, che la domanda sarebbe dovuta essere “redatta nel

modo il più possibile analitico ed esauriente in analogia con le regole che disciplinano la redazione della proposta di concordato preventivo”, (elencando inoltre

gli elementi minimi che la domanda avrebbe dovuto contenere59); si ritiene, allora,

considerata l’ampia similitudine del testo normativo, che le indicazioni fornite

59 “In conclusione, la domanda di transazione fiscale, redatta su carta semplice ed indirizzata

al competente Ufficio (…) dovrà contenere, oltre agli allegati richiesti dalla legge (…) almeno:

- le indicazioni complete del contribuente che richiede la transazione (denominazione o nome, codice fiscale, rappresentante legale, ecc.);

- se del caso, gli elementi identificativi della procedura di concordato preventivo in corso (indicazione degli organi giudiziari competenti, dati identificativi del procedimento, del decreto di ammissione ecc.);

- la completa ed esauriente ricostruzione della posizione fiscale del contribuente, così come a lui nota, con indicazione di eventuali contenziosi pendenti;

- l’illustrazione della proposta di transazione, con indicazione dei tempi, delle modalità e delle garanzie prestate per il pagamento, tenendo conto di tutti gli elementi utili per un giudizio di fattibilità e convenienza della transazione;

- l’indicazione, anche sommaria, del contenuto del piano concordatario (...);

- ogni altro elemento che il contribuente riterrà utile all’accoglimento della proposta e che, comunque, ponga l’Ufficio in condizione di effettuare le proprie valutazioni.” Circolare n.

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27 dall’Agenzia delle Entrate siano tutt’ora valide, anche per presentare la “nuova” proposta di falcidia dei crediti tributari e contributivi.

L’Agente della riscossione e l’Amministrazione Finanziaria, invece, sono chiamati, il primo, “non oltre trenta giorni dalla data della presentazione, [a] trasmettere al

debitore una certificazione attestante l’entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso”, e la seconda, nello stesso limite temporale, a liquidare “i tributi risultanti dalle dichiarazioni” e a notificare “i relativi avvisi di irregolarità, unitamente a una certificazione attestante l’entità del debito derivante da atti di accertamento, ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché dai ruoli vistati, ma non ancora consegnati all'agente della riscossione”.

A seguito dell’emissione del decreto con cui il Tribunale apre ufficialmente la procedura di concordato preventivo, lo stesso comma 2 prevede che siano trasmesse al Commissario giudiziale la copia dell'avviso di irregolarità e delle certificazioni per gli adempimenti previsti dagli artt. 171 L.F., primo comma (che disciplina la convocazione dei creditori), e 172 (che individua le operazioni e la relazione che il Commissario deve effettuare).

Dunque l’Ufficio non è chiamato a svolgere una semplice funzione “notarile” ma piuttosto di eventuale completamento, integrazione e modifica della pretesa fiscale complessiva, (…)”60 al fine di determinare l’effettivo ammontare della pretesa fiscale.

L’ultimo periodo, del comma secondo, precisa che con riferimento ai tributi amministrati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, l’ufficio competente a ricevere copia della domanda, con relativa documentazione, e a rilasciare la certificazione, è l'ufficio che ha notificato al debitore gli atti di accertamento.

Il voto della proposta di transazione. I commi tre e quattro dell’art. 182-ter L.F.,

invece, si occupano di definire la competenza ad esprimere il voto sulla proposta concordataria.

Diversamente dalla disciplina previgente viene meno la distinzione tra tributi iscritti a ruolo, e non, e attribuito all’Agenzia delle Entrate il compito di votare, “previo parere

conforme della competente Direzione regionale”, la falcidia e/o dilazione dei crediti

60 M. CAVALLARO, La mutazione genetica dei crediti tributari nelle procedure concorsuali,

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28 con riferimento al debito complessivo, riservando all'Agente della riscossione la votazione solo sugli oneri di riscossione.

Modifica questa che è stata ben accolta dalla dottrina, in quanto ha rimesso l’esercizio del voto, al pari di tutti gli altri creditori, al vero ed unico titolare del credito anche dopo l’iscrizione a ruolo, ossia l’Ufficio che ha emesso l’atto impositivo.

Il voto dovrà essere espresso “in sede di adunanza dei creditori, ovvero nei modi

previsti dall'articolo 178, quarto comma” tramite, cioè, telegramma, lettera, telefax o

via PEC nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale.

Il legislatore, inoltre, nel disciplinare la votazione della proposta, ha provveduto a colmare la lacuna relativa alle conseguenze di una eventuale non partecipazione al voto da parte degli Uffici.

Anche il CNDCEC, nel documento presentato nel dicembre 2015, aveva invitato la commissione Rordorf a modificare la norma disponendo che una non comunicazione della risposta da parte dell’Amministrazione Finanziaria equivalesse ad una risposta affermativa; la soluzione del cosiddetto silenzio–assenso, tra l’altro, era prevista anche dalla disciplina sulla composizione della crisi da sovraindebitamento all’art. 11, comma primo (“In mancanza, si ritiene che abbiano prestato consenso alla proposta

nei termini in cui è stata loro comunicata”).

La proposta nasceva dalla volontà di evitare che un comportamento negligente pregiudicasse il buon esito della procedura a maggior ragione dopo che il D.L. 83/2015 aveva modificato il sistema di voto nel concordato preventivo, re-introducendo61 la regola del silenzio-dissenso.

Il legislatore, però, non ha accolto i suggerimenti dei commercialisti e ha previsto che il voto della proposta concordataria sia espresso anche “nei modi previsti dall'articolo

178, quarto comma” e quindi secondo la regola del silenzio-dissenso.62

61 La regola del silenzio-dissenso era stata sostituita con la regola del silenzio-assenso dal

D.L. 22 giugno 2012, n. 83, poi convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

62 Il comma 4 dell’art. 178 L.F. (Adesioni alla proposta di concordato.) prevede, infatti, “4. I

creditori che non hanno esercitato il voto possono far pervenire lo stesso per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale. Le manifestazioni di voto sono annotate dal cancelliere in calce al verbale” e, non

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La transazione fiscale negli accordi di ristrutturazione de i debiti

Per quanto riguarda gli accordi di ristrutturazione dei debiti, il legislatore ha confermato la possibilità di chiedere il pagamento parziale dei crediti erariali e contributivi anche nell’ambito delle trattative che precedono tali accordi, consolidando così il noto obiettivo di agevolare il debitore nella risoluzione della crisi d’impresa.

Le condizioni per applicare la transazione. Tuttavia, in linea con le novità che hanno

interessato la transazione fiscale nel concordato preventivo, la Commissione Rordorf, al comma 5 dell’art. 182-ter L.F., chiama in causa il professionista incaricato di redigere la relazione di cui all’art. 182-bis L.F. affinché attesti anche, sotto la propria responsabilità, la convenienza del trattamento riservato all’Erario, e agli Enti di previdenza e assistenza obbligatorie, rispetto alle alternative concretamente praticabili; disponendo, inoltre, che tale aspetto della relazione sia “oggetto di specifica

valutazione da parte del tribunale”.

Dunque, se nella previgente disposizione l’unico limite alla possibilità, che caratterizza gli accordi di ristrutturazione, di stabilire trattamenti differenziati tra i creditori, senza dover rispettare le regole della par condicio creditorum e la gerarchia delle cause legittime di prelazione, era il riferimento al primo comma dell’art. 182-ter L.F.,63 (che impediva di riservare al Fisco un trattamento deteriore rispetto ai creditori con privilegio inferiore o chirografari), adesso viene coinvolta una figura professionale con lo scopo di garantire il rispetto di tali condizioni.

La procedura. La procedura per la presentazione della domanda di transazione fiscale

rimane, invece, pressoché invariata, prevedendo che il debitore depositi la proposta, unitamente alla documentazione di cui all'art. 161 L.F., “presso gli uffici indicati al

comma 2” ed alleghi, inoltre, “la dichiarazione sostitutiva64 (…) che la

prevede più, a seguito della recente modifica: “In mancanza, si ritengono consenzienti e come

tali sono considerati ai fini del computo della maggioranza dei crediti.”

63 Art. 182-ter L.F., ultimo comma: “Il debitore può effettuare la proposta di cui al primo

comma anche nell'ambito delle trattative che precedono la stipula dell'accordo di ristrutturazione di cui all'articolo 182-bis (…)”.

64 La dichiarazione sostitutiva, precisa il comma 5, può essere “resa dal debitore o dal suo

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Pertanto, in presenza di crediti assistiti dal privilegio generale su beni mobili del debitore, qualora questi siano incapienti rispetto alle ragioni di credito dei titolari di