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Saint-Simon l'autentico. Tra l'indignazione e lo stupore: stilistica ed estetica dell'incongruo nei "Mémoires".

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...quoique sans être connu de lui que par ce que j'étais...

Saint-Simon, Mémoires, I, p. 140.

Introduzione

Mi sono avvicinato al monumentale capolavoro del duca di Saint-Simon sorridendo del Père

de Trevoux che implora da Monsieur privo di conoscenza di essere riconosciuto; sorprendendomi dello schiaffo punitivo che la germanica franchezza di Madame Palatina assesta sul viso del figlio, M. di Chartres futuro duca di Orléans e Reggente di Francia, per non aver mantenuto la promessa di opporre resistenza alle mire matrimoniali del Re; ridendo di gusto, davanti alla scomposta reazione della stessa Madame dopo la morte di Monsieur, che si traduce in quel sublime: «Point de Couvent! Surtout point de couvent!». Forse è anche a causa di questo primo approccio, e senz’altro a causa delle splendide pagine di Auerbach più volte lette prima di conoscere i Mémoires, che ho potuto avventurarmi senza troppi timori reverenziali nella lettura integrale e nello studio di un testo tanto lungo, apparentemente farraginoso e così esigente in fatto di erudizione storica.

Non sapevo, tuttavia, che già in queste premesse si trovava l’essenziale del mio futuro lavoro, tanto per il metodo quanto per l’oggetto specifico da selezionare fra gli innumerevoli possibili. Esplorare la visione del mondo saint-simoniana secondo il metodo della “scomposizione paradigmatica” e con la guida del suo inventore1, era un obiettivo che mi

prefiggevo fin dall’inizio, ma del tutto in generale. L’imprinting auerbachiano e la curiosità di scoprire a fondo la chiave del primo piacere antologico, indirizzavano la mia sensibilità di lettore già più in concreto. Spiegare come e perché, credo possa costituire il miglior modo di introdurre il tentativo di interpretazione che ne è scaturito.

Innanzitutto Auerbach e il concetto di codice di realtà. La mirabile analisi de «La cena interrotta»2 fornisce in effetti tutta una serie di spunti interpretativi di grande presa, ma non è

allo specifico di quell’analisi auerbachiana di Saint-Simon che intendo in prima istanza riferirmi. È piuttosto il significato di quella analisi nel contesto più ampio in cui si colloca ad avermi fornito un criterio ben preciso di lettura del testo: Mimesis, come è merito proprio di

1F. Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, Einaudi, Torino 1992 [1973 e 1987], in particolare vedi

pp. 227-228.

2La cena interrotta in E. Auerbach, Mimesis. Dargestellte Wirklichkeit in der abendländischen Literatur,

Francke, Bern 1956; trad. it. A. Romagnoli e H. Hinterhäuser: Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, 2 voll., Einaudi, Torino 2000 [1956]: II, pp. 175-197.

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Francesco Orlando aver chiarito3, si basa sul condivisibile (ma non per tutti scontato)

presupposto che la letteratura intrattiene sempre un rapporto con la realtà extra-letteraria, ma che questo rapporto è altrettanto sempre mediato da codici. Il rapporto tra letteratura e realtà, insomma, non è né inesistente né di piatto rispecchiamento e il carattere straordinario della ricerca di Auerbach consiste proprio nella sensibilità con cui il critico sa riconoscere e illuminare la plurivocità dei codici, attraverso millenni di cultura occidentale.

Ora, le due più vistose questioni cui rispondono i numerosi filtri di realtà incontrati nel corso di questa storia, sono: che cosa, quale parte di realtà, viene presa in considerazione (o a volte la questione complementare di cosa venga escluso); e in quale stile di volta in volta se ne può parlare. È importante tenerli separati, perché anche nel caso di scarsa importanza attribuita a distinzioni stilistiche, resta pur sempre il primo criterio, puramente selettivo e che con metafora rozza ci si può rappresentare come un setaccio dai fori di calibro variabile. Lo stesso Auerbach riconosce che prima della grande svolta storicista e romantica, che travolse la rigidità del criterio stilistico imperante nei generi maggiori durante l’epoca del classicismo francese, solo in generi affini a quello memorialistico si può trovare la convivenza di un ampio spettro di personaggi d’ogni estrazione, di dati, oggetti e situazioni concrete, assunti e trattati in tutta serietà secondo il loro ruolo, senza obbligo di distanziazione comica. Peculiarità e grandezza di Saint-Simon, in questo quadro di ampio respiro storico, è secondo Auerbach la precorritrice ampiezza e centralità del fenomeno nei Mémoires: qualcosa nello scrittore fa sì che il suo codice di realtà sia indifferente alla compenetrazione e alla convivenza sullo stesso piano di aspetti fisici, morali e storico-sociali nella descrizione o rappresentazione di un personaggio. Saint-Simon non soltanto infrange la Stiltrennung, arriva addirittura a esserle pressoché indifferente in nome di un codice superiore perché fortemente individuale; conseguenza di questo codice è fargli precorrere futuri modi di vedere e rappresentare la realtà: modi che cercheranno di rendere un'accresciuta complessità delle relazioni e delle determinazioni che caratterizzano la vita individuale e sociale.

Spiegata a posteriori, è proprio l’attenzione a questa peculiarità di visione saint-simoniana che desumevo da Auerbach: rimaneva infatti da approfondire la natura di un tale codice individuale; il mio interesse di lettore si indirizzava a che cosa venisse preso così privilegiatamente in considerazione da subordinarvi tutto il resto.

3Forte della comprensione affinata nel corso di anni di ricerca su cui Auerbach ha influito come uno dei

“maestri”. F. Orlando, Codes littéraires et référents chez Auerbach, dans Erich Auerbach. La littérature en

perspective, P. Tortonese (éd.), Presses Sorbonne Nouvelle, Paris 2009, pp. 211-262. Importa sottolineare, in questa luce, l'imperfezione nel titolo della edizione italiana di Auerbach: “rappresentazione della realtà” dà conto assai meglio della pluralità di codici che ritagliano l'inevitabile rapporto con la realtà di ogni testo.

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La questione non si poneva naturalmente au pied de la lettre, non si trattava di stilare una sommatoria dei contenuti concreti: in quel modo non avrei tratto conlusioni su peculiarità di codice, semmai su un repertorio di materiali che, nel caso di Mémoires così ricchi e costituzionalmente ancorati a fonti cronachistiche di varia natura4, avrebbe finito con il farmi

concentrare sulle “forze centrifughe” insite nel testo. Il mio intento era invece lavorare sulle peculiarità di codice, di visione, non misconoscendo i valori letterari di questa scrittura memorialistica così unanimemente riconosciuta come stilisticamente straordinaria e fortemente connotata. Ai contenuti concreti bisognava affidarsi, insomma, come base legittima di dati grezzi da affinare, distinguendoli secondo il relativo peso che il piglio narrativo, le esuberanze assiologiche, la vividezza descrittiva... tutti gli aspetti del modo di raccontarli, danno loro. Nella convinzione, maturata a contatto con gli insegnamenti e le solide motivazioni teoriche elaborate da Orlando, che lo strumento specifico con cui penetrare a fondo in un mondo personale sia proprio la cosiddetta “sensibilità letteraria”. Nella pratica, questa lezione è naturalmente presupposta in Auerbach e in tutta la tradizione della critica stilistica, e l’avrei ritrovata nel grande studio specialistico di Yves Coirault, atto di vera dedizione a Saint-Simon e di tanto più grande intelligenza, vista l’estraneità alla tradizione di studi tedesca5.

È da questo punto di vista che le prime letture cursorie mi avevano già fornito alcuni suggerimenti, strade da percorrere con una attenzione empirica al valore, alla densità letteraria del testo. Avevo conosciuto il Saint-Simon che sa far ridere con grande maestria narrativa e sottile senso dell’ironia, un Saint-Simon complementare ma nascostamente affine a quello che invece ci fa involontariamente ridere di lui, per le stravaganze emotive che fanno sobbalzare durante la lettura: un duca ben noto alla tradizione ottocentesca e cui si riconduce persino la parte di distacco di un lettore per il resto così appassionato come Stendhal, quando annota il famoso giudizio: «Saint-Simon n'a pas de profondeur, mais il a un style profond»6. (Il mito di

4Dangeau, Torcy, Moreri, gazettes, bruillons e precedenti testi saint-simoniani stessi... «Saint-Simon utilise

Saint-Simon comme il utilise Dangeau, Moreri, Torcy», scriveva Yves Coirault studiando Les «Additions» de

Saint-Simon au «Journal» de Dangeau. Perspectives sur la génèse des «Mémoires», A. Colin, Paris 1965, p. 275.

5«Avouons que, dans les prolégomènes historique de l'un de nos ouvrages, l'absence de ces deux noms

[Auerbach e Spitzer] est fâcheuse. Elle ne suscita pas, et pour cause, une “prodigieuse révolte”. Outre l'ignorance de la langue, notre excuse sera qu'autour de 1960, leurs études consacrées au mémorialiste étaient totalement ignorées par les auteurs français de Bibliographies […] Et par les spécialistes» e per Coirault è semmai il rinnovamento critico di Fatta ad essere diretto debitore dei grandi critici tedeschi: Y. Coirault, Préface a L. Spitzer e J. Brody, Approches textuelles des Mémoires de Saint-Simon, G. Narr – J.M. Place, Tübingen – Paris 1980, pp. 7-8. Naturalmente, da punto di vista francese, le riflessioni di Marcel/Proust in tema di “mondi letterari” restano il decisivo spartiacque storico.

6Stendhal, Journal littéraire, in Œuvres complètes, a c. V. Del Litto e E. Abravanel, 50 voll., Cercle du

Bibliophile, Genève 1967-1973: vol. 3, p. 269 (vedi anche p. 268 e p. 270. Circa i problemi filologici che presenta l'edizione di Del Litto, e i lavori del gruppo “Manuscrits de Stendhal” vedi http://stendhal.msh-alpes.prd.fr nonché il sito dove i manoscritti stendhaliani vengono progressivamente trascritti in digitale: http://manuscrits-de-stendhal.org). Vedi anche i Mémoires d'un touriste (Voyage en Bretagne et en Normandie)

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una mancanza d'intelligenza di Saint-Simon per fortuna è oramai tramontato7). Da entrambi i

lati del comico, attivo o passivo, si tratta del Saint-Simon più antologizzabile e divulgato, perché accanto al grande ritrattista è quello che gode di maggiore autonomia letteraria sull’arco di brevi passi.

Ma una volta iniziata la lettura integrale e lineare dei Mémoires, dapprima ci si dimentica dell’atmosfera familiare respirata in una selezione antologica; la varietà, la giustapposizione di stili, generi del discorso e modi di narrazione, si dispiegano senza apparente logica intrinseca, secondo la necessità cronachistica che sembra dettare una rigida scansione temporale. Eppure, sia pregiudizio che si fonda su una ben precisa concezione della “grande letteratura” o sia piuttosto effetto di una raffinata strategia di voce d’autore, che riesce ad imporsi una volta abituatisi al ritmo specifico di queste memorie annalistiche, non tarda a riemergere nel lettore un forte senso di unitarietà. In altre parole, un buon lettore di Saint-Simon ha subito coscienza della disomogeneità dei Mémoires, ma non può fare a meno di sentirne anche la coesione. Come avrei scoperto successivamente alla prima lettura e alla prima maturazione di un’idea interpretativa, su questo presupposto si basano tutte le monografie critiche dedicate all’aspetto propriamente letterario del testo. Anche se la definitiva precisazione del mio discorso si giova di questo ricco e per certi versi sorprendente lavoro critico precedente8, ho avuto la fortuna di mirare fin dall’inizio a un’esplorazione

sufficientemente indipendente della coesione testuale dei Mémoires. In sostanza, si trattava di cominciare a verificare in modo empirico la possibilità di trovare una categoria logica abbastanza astratta da rendere conto di ciò che è semanticamente costante nel testo; pur senza appiattire il valore letterario dei singoli passi, tale costante nella «forma del contenuto», per usare la terminologia hjelmsleviana9, doveva anche trascendere le disomogeneità letterarie dei

Mémoires, doveva intercettare prima di tutto il piano della loro unità.

[1838] alla fine delle pagine dedicate a Rouen, immediatamente prima della data «Paris, le 18 juillet 1837»: il racconto delle beghe ducali fatto con serietà da Saint-Simon è «plaisant sans que l'auteur s'en doute». Circa Stendhal lettore di Saint-Simon vedi: T. Gieling, Stendhal lecteur de Saint-Simon, in Stendhal Club, nn. 24-26 (15 juillet 1964, 15 octobre 1964, 15 janvier 1965), rispettivamente pp. 284-295, pp. 21-38 e pp. 100-112; G. Poisson, Stendhal, lecteur de Saint-Simon, in Cahiers de la Société Saint-Simon (d'ora in poi CSS), n°17 (1989), p. 3. Vedi anche J. Ducruet, Stendhal lecteur de Saint-Simon, in CSS, n°26 (1998), pp. 5-9.

7Si vedano da ultimo le pagine di M. Hersant, Le discours de vérité dans les mémoires du duc de Saint-Simon,

Champion, Paris 2009, pp. 69 e seguenti. All'altro capo di una tradizione di giudizio che inizia già prima di Stendhal, Hersant sceglie le pagine di H. de Montherlant come riassuntivo oggetto di demistificazione

(Saint-Simon, in Textes sous une occupation, in Essais, Gallimard, «Bibliothèque de la Pléiade», Paris 1963, pp. 1505-1515 e relative note a pp. 1516-1521).

8In virtù dello statuto del tutto particolare del testo saint-simoniano: al contempo opera di un genere che rimane

«à la remorque de la science historique» e perciò «assez inhospitalier pour les “littérateurs” qui se voulaient dans le vent», e grande capolavoro cui è difficile non riconoscere pregi estetici. Ho usato le parole di Coirault,

Préface, cit., p. 8.

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Fatte le debite proporzioni, un lavoro inverso e complementare a quello della Optique di Coirault10. Secondo la migliore tradizione della critica stilistica, Coirault prende infatti spunto

da una ricerca di costanti espressive saint-simoniane per illuminare sempre più a fondo la coerenza di visione del duca: scrittore, memorialista, storico, ideologo... Il metodo richiede d’essere «en un mot plus sensibles aux analogies qu’aux anomalies»,

Pourvu que nous sachions les capter, les correspondances, aussi lointaines qu’on voudra, entre tel personnage “vu en laid”, telle description de l’état du royaume, telle méditation sur le destin nous invitent à dépasser les contenus anécdotiques pour atteindre la virtualité de formes plus secrètes, selon lesquelles se coulerait toute réalité perçue, imaginée, réfléchie11.

Con l’apporto della sua straordinaria erudizione e del suo rigore di critico, Coirault ha chiaramente formato la sua sensibilità letteraria sulla scia delle riflessioni sulla “autonomia del bello”: basti pensare alla sistematicità con cui usa nelle “soglie”12 del suo testo citazioni di

Valéry, Proust, Mallarmé, Baudelaire e Hugo. La sua Optique si proponeva d’altronde di compiere sul piano estetico-letterario la stessa rivoluzione critica che viene concordemente riconosciuta allo Esprit de Saint-Simon di Corrado Fatta13 sul piano storico-filosofico:

prendere sul serio Saint-Simon, ovverosia ricostruirne in modo organico la visione del mondo mettendosi in una posizione di comprensione e non di distacco superiore14. Come scriveva

René Girard già nel 1956: «Moins certains de nos propres vérités, de nos vertus, de notre clairvoyance, nous n'avons plus la prétention de juger Saint-Simon, nous voulons le comprendre»15. Fatta e Coirault sono stati i pionieri di questo atteggiamento interpretativo, e i

loro risultati sono patrimonio comune di chi si proponga di affrontare problemi simili. Nella critica recente, il più degno continuatore di questo atteggiamento mi sembra Marc Hersant, che ha appena pubblicato la poderosa tesi discussa nel 2005 e tutta tesa a valorizzare il discorso di verità dei Mémoires contro ogni possibile detrattore; nel più generale quadro di

10Y. Coirault, L'Optique de Saint-Simon. Essai sur les formes de son imagination et de sa sensibilité d'après les

Mémoires, Colin, Paris 1965. D'ora in poi O.

11Coirault, O, p. 29 e p. 28. E sulla possente organicità del testo, malgrado la congerie di materiali che accoglie

dentro di sé, si veda Les «Additions»... cit., p. 311.

12Soprattutto nelle epigrafi e nelle note: il rimando è naturalmente a G. Genette, Seuils, Seuil, Paris 1987. 13C. Fatta, Esprit de Saint-Simon, Corréa, Paris 1954.

14Fra i precedenti migliori di critica saint-simoniana in senso specialistico, mi piace ricordare P. Adam, La

langue du duc de Saint-Simon. Le vocabulaire et les images, Berger-Levrault, Nancy-Paris-Strasbourg 1920, che a p. 237 concludeva in polemica con luoghi comuni e malevolenze che lo studio del vocabolario di Saint-Simon obbligava a riconoscergli «clairvoyance et curiosité d'esprit, imagination puissante, sensibilité délicate, irréprochable tenue morale». Vedi anche A. Le Breton, La Comédie Humaine de Saint-Simon, Soc. Franç. d’Imprimerie et de Librairie, Paris 1914, p. 31: «On l'aime, on ne peut pas ne pas l'aimer, parce que c'est un très honnête homme, et même au fond, un très bon homme» (ciò che può parer patetico, ma coglie come vedremo delle precise costanti testuali).

15R. Girard, Saint-Simon et la critique, in «The French Review», vol. 29, n°5 (april 1956), pp. 389-394: p. 392.

Testo riprodotto come prefazione al volume 14 dei 18 dell'edizione Ramsay dei Mémoires, Paris 1977-1979, che riproduce il testo di Boislile: 1978, pp. I- XI.

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una difesa della storia dalla moda (per fortuna ormai morente) che vorrebbe negarle ogni oggettività e ridurla a puro “discorso”16.

Sulla scia di tali capisaldi critici, diventa vieppiù necessario giustificare la propria originalità. Nel caso del presente lavoro, essa risiede soprattutto nei fondamenti teorici e metodologici precisi con cui verrà condotta l’analisi. Ciò che mi prefiggo è un percorso, all’interno del mondo di Saint-Simon, che prende le mosse da una ampia, cioè molto astratta, ma forte costante semantica riscontrata nel testo; essa andrà posta in relazione tanto con le peculiarità stilistico-elocutive dei Mémoires quanto con i loro presupposti assiologici e logici. Percorso inverso a quello di Coirault, come dicevo, che non deve però far pensare a un procedimento deduttivo: il reperimento del punto di partenza si è basato infatti su una schedatura “per analogie” altrettanto empirica e induttiva di quella che si incontra nell’Optique. A variare, piuttosto, è inevitabilmente il livello di appropriazione degli interi Mémoires (per non parlare del resto dell’immenso corpus saint-simoniano). Questo lavoro non poteva certo pretendere all’onnicomprensività: sia per una questione di durata della frequentazione con il duca; sia, anche, in conseguenza della sistematicità presupposta dalla ricerca di una costante il più possibile valida e sintetica, ma da declinare secondo tutte le sfumature impostele dal testo.

Da ciò è derivata la scelta di limitare ai primi dieci anni della cronaca la ricognizione più minuziosa, attenta tendenzialmente ad ogni riga di testo. Il periodo 1691-1701 sarà perciò la fonte principale di esemplificazione, senza che questo implichi oblio per il resto della cronaca: basti pensare che sarebbe altrimenti impossibile trattare dei maggiori personaggi saint-simoniani! Per di più, non è arbitrario ritenere che i Mémoires acquistino

16Hersant, Le discours... cit. La grande sintonia fra il mio lavoro e questo importante libro, che ho potuto

conoscere solo quando la mia interpretazione era già solidamente impostata, non toglie una netta differenza di fondo circa l'impostazione della questione di letterarietà dei Mémoires. Il fatto è che dal dibattito teorico profondamente dominato da Hersant (si vedano la lunghissima nota 31 a p. 15 e pp. 53-114) è esclusa per forza di cose la tesi ancora bibliograficamente marginale (anche perché proveniente dall'Italia?), ma a mio parere di grande potenza interpretativa su cui è invece si fonda la mia analisi: mi riferisco alla teoria della letteratura che F. Orlando è andato elaborando a partire dalla Lettura freudiana della Phèdre. Rispetto alla concezione antitetica fra “letteratura” e “rispetto della distinzione fra vero e falso”, tramite cui Hersant cerca di difendersi dalle mode post-moderne, la posizione di Orlando è del tutto trasversale e fornisce una definizione di letteratura che è al contempo lontana dai relativismi assoluti e capace di riconoscere un “tasso di letterarietà” anche nei discorsi (scritti o orali) che non si vogliono “letterari” in senso istituzionale. Scrive in modo efficace Piero Toffano circa questa concezione freudiano-semiotica: «Les procédés rhétoriques utilisés dans un texte n'ont plus seulement une fonction ornamentale, mais sont précisément ce que le texte a à dire» (Poétique de la maxime. La figure de

l'antithèse chez La Rochefoucauld [ed. or. italiana La figura dell'antitesi nelle massime di La Rochefoucauld, Schena, Fasano (BR) 1989, p. 40], Paradigme, Orléans 1998, p. 28). In questa ottica, la forza di Hersant mi sembra risiedere in un appello (non teorico, ma pragmatico) al giudizio di valore per sbarazzarsi dell'immenso ciarpame (e filtro) elucubrativo che ha avuto il suo acme nella moda decostruzionista. Ben venga perciò la sua lettura en littéraire (pp. 111-113), dotato di tutti i positivi strumenti creati dalla critica novecentesca, di un testo il cui statuto letterario in senso esclusivamente di fictio è questione illusoria e fuorviante da cui emanciparsi una volta per tutte.

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progressivamente in intensità letteraria, e che proprio il 170217 (biograficamente anno

dell’abbandono della carriera militare) veda uno scatto in questo senso. Sarebbe materia di uno studio apposito fondare questa opinione su fatti testuali, ma è in prima istanza facile constatare che la sempre maggiore partecipazione di Saint-Simon, come osservatore e come uomo attivo, ai fatti che ricorda, si traduce nel testo in una maggiore continuità narrativa, in una più costante presenza del suo personaggio e in un più omogeneo dispiegamento delle sue peculiarità di grande pittore di scene, svelatore di retroscena e personalità, giudice violentemente passionale e sicuro di sé, attore e oratore di primo piano18... Tuttavia i primi

dieci anni della cronaca presentano un indubbio vantaggio espositivo: ogni personaggio o tema che vi compaia, fa la sua prima apparizione nei Mémoires; inoltre, proprio la minore presenza di estesi brani narrativamente unitari, è funzionale al discorso sulla costante semantica19. La presenza del tema spagnolo e la doppia incursione digressiva su di esso,

rendono ulteriormente rappresentativa questa parte del testo, che si può considerare come svolgente funzione di antefatto in cui già tutto è in nuce contenuto e ancora poco sviluppato; la chiusa dell'anno 1701 sembra sancirlo: «Ainsi finit cette année, et tout le bonheur du Roi avec elle»20.

Va comunque da sé che tutti i Mémoires entreranno in gioco nel corso del lavoro.

È finalmente il caso di venire a introdurre questa costante nella forma del contenuto, su cui deve imperniarsi l’interpretazione. A tutti coloro che abbiano una sia pur vaga idea dei Mémoires è nota l’immagine di un Saint-Simon duca e pari di Francia, ipersensibile alle faccende riguardanti le gerarchie sociali, se non addirittura ai semplici aspetti di prestigio legati alla sua dignità. Persino fra i lettori ancien régime21 c’è chi sottolinea «cet intérêt

17Come poi, altrettanto empiricamente, si può notare per il 1708: anno della sconfitta di Audenarde e

dell’intensificazione nei legami con il duca di Borgogna. Circa la «minceur» della cronaca, in particolare entro il 1695, si veda Coirault, O, pp. 472-478 (cronologia della redazione del testo) e G. Poisson, Monsieur de

Saint-Simon, Nouveau Monde éditions, Paris 2007 [Prima ed.: Berger-Levrault, Paris 1973]. Cito dalla classica edizione Fayard-Mazarine, Paris 1987: p. 455.

18Dal punto di vista delle forme narrative, Delphine de Garidel nota che le conversazioni da “consigliere del

Principe” sono ovviamente rare entro il 1701, crescono entro il 1715 e diventano sistematiche durante la Reggenza: Poétique de Saint-Simon. Cours et détours du récit historique dans Les Mémoires, Champion, Paris 2005, p. 237.

19La vita del padre Claude, il processo Luxembourg, l'affaire quietismo e Fénelon, faccende riguardanti i Lorena,

la morte di Monsieur; altra cosa sono le digressioni sistematiche: la fortuna dei Rohan, le famiglie e le cariche alla corte di Spagna, la comparazione tra ducato francese e grandezza spagnola.

20Louis de Rouvroy, duc de Saint-Simon, Mémoires, éd. établie par Yves Coirault, 8 voll., Gallimard,

«Bibliothèque de la Pléiade», Paris 1983-1988: II, p. 151. D’ora in poi indicherò volume e numeri di pagina preceduti dalla sigla M.

21Storiografi del Re (l’abate di Voisenon, Duclos e Marmontel) e circoli fruitori di estratti clandestini, tra cui con

certezza, secondo l’elenco significativo di Armand Baschet: Mme de Pompadour, Choiseul, Mme du Deffand. Vedi A. Baschet, Le duc de Saint-Simon. Son cabinet et l’historique de ses manuscrits, d’après des documents

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personnel qui le domine à son insu»22, certamente con causticità minore di quella con cui

quasi un secolo dopo la storiografia positivista sarà portata a destituire Saint-Simon di ogni credibilità documentaria23. D’altro canto, se si presta attenzione sistematica a ciò di cui

Saint-Simon si sdegna e si mostra in generale acuto ed emotivo osservatore, ci si rende conto ben presto che il campo etico-sociale non è sufficiente da solo ad esaurire la gamma degli interessi del memorialista: non solo superficialmente, a causa dei famosi portraits e di una fame di realtà onnivora, per quanto vincolata all’ambiente di Corte. Il fatto è che per questo Osservatore veritiero24 arriva a contare di più la struttura logica stessa che soggiace

all’ipersensibilità nei confronti delle infrazioni etico-sociali: lasciando per ora da parte il ruolo specifico da assegnare a queste ultime, si può dire che protagonista indiscussa dei Mémoires è in senso più astratto quella classe logica che si compone di tutte le relazioni concrete, temporalmente determinate, del tipo infrazione, scarto, sorpresa... al limite contraddizione: «mais rien en ce monde sans quelque contradiction»25. In termini più rigorosi, la relazione

modello per cui “posto A, trovo B dove dovrebbe esserci A”, e al limite “trovo non-A dove dovrebbe esserci A”: una forma di aspettativa (il tempo risulta una dimensione irriducibile di questo discorso) che si infrange. Per denominarla in modo sintetico e funzionale, aderente il più possibile alle peculiarità dei Mémoires, mi richiamerò ad essa nel corso dell’analisi come alla classe delle “incongruità” o con sineddoche ancora più esplicita l’“incongruità”, l’“incongruo”.

22Giudizio che Marmontel aggiungeva con antitesi acuta a un “amore della verità che sembra animarlo senza

posa”: J.F. Marmontel (1723-1799), Règne de Louis XIV. Régence du duc d’Orléans, in Oeuvres Complètes, 19 voll, Verdière, Paris 1818-1819: vol. 18, [risalenti al 1784-1788], pp. 52-53. Vale la pena di citare per intero questo lettore ante Rivoluzione: «On le voit peint dans ses mémoires avec ses talents supérieurs, ses défauts et même ses vices; avec cette éloquence si pleine quelquefois, si véhémente et si rapide, et cette affluence de paroles qui le rend si diffus lorsqu'il est négligé; avec ce don d'approfondir, d'analyser les caractères, d'en saisir toutes les nuances, de les marquer par des touches si fines et par des traits si vigoureux, et cette partialité qui exagère tout à ses yeux, et lui fait tout louer ou blâmer sans mesure; avec cette raison si forte et cette vanité si faible; avec ce caractère si droit lorsqu'il est calme, mais souvent si passionné; avec ce sentiment si doux, si pénétrant, qui fait aimer tout ce qu'il aime, et cette bile envenimée qu'il répand à grands flots sur tous les objets de sa haine ou de ses fiers ressentiments; enfin avec cette ostentation de franchise et de probité, ce zèle ardent pour la justice, cet amour de la vérité qui semble l'animer sans cesse, et cet intérêt personnel qui le domine à son insu, au point de ne lui laisser voir dans la nation que la noblesse, dans la noblesse que les ducs et pairs, dans les ducs et pairs que lui-même, ou que leurs rapports avec lui». Secondo la cronologia di John Renwick, curatore dell'edizione critica dei Mémoires di Marmontel (Champion, Paris 2008, p. 102) il manoscritto saint-simoniano è compulsato dallo storiografo del Re (nel 1772) nell'aprile 1773. Si veda anche p. 568.

23Il riferimento d'obbligo è al campione della scuola: A. Chéruel, Saint-Simon considéré comme historien de

Louis XIV, Hachette, Paris 1865 (si vedano le pp. III-IV della sua prefazione per un elenco di critici dell'affidabilità di Saint-Simon: non tutti accademici però!).

24Mémoires du duc de Saint-Simon ou L’Observateur véridique [1788-9 e 1791], titola la prima, lacunosissima e

corrotta edizione del testo, ante Rivoluzione: l’edizione attraverso la quale il giovane Stendhal conobbe Saint-Simon (Vie de Henry Brulard, éd. H. Martineau, Garnier, Paris 1961, p. 308). Sulle edizioni vedi G. Formel,

Bibliographie descriptive des éditions anciennes et des principales éditions modernes des Mémoires du duc de

Saint-Simon de la publication des premiers extraits jusqu’à l’édition du tricentenaire, Contrepoint, Paris 1982.

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La mia tesi è che nei Mémoires, l’immagine del mondo si struttura secondo l’articolazione complessa di questa classe logica. La quale, è bene sottolinearlo, presuppone intrinsecamente un compromesso fra opposti: perché si dia infrazione, deve darsi una norma; per “trovare B” o “non-A” bisogna aver “posto A”. Due precisazioni si impongono dunque da subito. La prima è che incongruità e congruità si implicano reciprocamente ed è la loro dialettica ad essere in realtà centrale nel testo. La scelta di questi due termini è certo frutto di un arbitrio, da parte mia (non si attesta nemmeno una singola occorrenza letterale di «congru» o «incongru» nei Mémoires26), ma con precise motivazioni: il termine “(in)congruo”, in italiano, è

sufficientemente elastico da risultare calzante tanto nel campo dei comportamenti etico-sociali quanto nel campo degli avvenimenti indipendenti da volontà umane, o in quello apparentemente a-temporale delle caratteristiche fisico-morali degli individui. Una varietà di sensi, insomma, che ricalca quella varietà che nel testo di Saint-Simon caratterizza la classe logica definita sopra in modo astratto. In ultima analisi, volendo compiere un ulteriore salto di generalità e depurando il linguaggio da ogni metafora spaziale, è evidente un rapporto con l’opposto del principio di non contraddizione (“A e B”, con B= non-A)27. Rapporto evidente

non significa, naturalmente, ch'io intenda ricondurre tutto a un modello logico così astratto! Non è a un tale livello di generalità che si troverebbero chiavi di lettura significative per un testo letterario e si rammenti che la mia ipotesi di lavoro non nasce dal momento definitorio che sto qui ponendo a sua introduzione. Ciò che ho trovato da lettore di Saint-Simon si sintetizza ottimamente nella classe logica dell’incongruità: ma non tutto ciò che appartiene a quella classe si trova nei Mémoires! Il riferimento al principio di non-contraddizione valga dunque come mera esplicitazione della presenza di una “logica” non-aristotelica che sopritende alla visione del mondo dello scrittore, così come la conosciamo attraverso il suo testo.

Giunge qui la seconda precisazione. “A” è presupposto: sia attraverso una legge, un criterio di legittimità, un’abitudine o altro, l’osservazione di incongruità si basa su un preciso orizzonte di attesa che viene negato e affermato nello stesso momento. Almeno finché l’incongruità è avvertita come tale. In altre parole la classe logica individuata, dove le incongruità in senso etico sociale o semplicemente conoscitivo convivono e tendono a identificarsi le une nelle altre, implica anche che il “dover essere” subisca una traslazione surrettizia dal significato etico ad uno epistemologico e infine ontologico: il morale si

26Ovviamente salvo sviste che è sempre bene ritenere possibili rispetto a un testo così vasto: in ogni caso non si

attesta un uso significativo dei termini in questione.

27Vedi sul principio di contraddizione considerato entro l'ambito pertinente in questa sede (la teoria psichica della

bi-logica di Matte Blanco, fonte di estrapolazioni all'ambito della teoria della letteratura da parte di F. Orlando): E. Berti, Il principio di non contraddizione: storia e significato, in AA.VV., Bi-logica e sogno. Sviluppi

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vorrebbe non solo razionale, ma anche sostanziale28. Parole come «fond», «fondement»,

«inhérence» «consistance», «substance», «solide» (usato come sostantivo) e l’antifrastico «tuf»29... esprimono tematicamente il fatto che a monte della dialettica congruo ed incongruo

c’è il forte ancoramento a un sistema di riferimento, senza cui tutto si equivarrebbe e nulla avrebbe esistenza individuale30. Corrado Fatta ha per primo posto l’accento su un presupposto

affine del pensiero ideologico elaborato da Saint-Simon, in termini di filosofia della storia e di programma politico di riforme, per cui natura e diritto coincidono nell'ideologia del memorialista. Ma la grandezza di Saint-Simon non risiede nel valore di verità delle sue teorie, risiede nel rapporto che il mondo dei Mémoires stabilisce fra esse, i loro presupposti e la memorabilità, la godibilità letteraria che rendono quel testo appassionante ancora oggi. Nessun passo come quello che introduce il lettore alle «Routes profondes du duc du Maine» al tempo del testamento di Luigi XIV, fa emergere con maggiore evidenza questa commistione di pensiero astratto, figuralità elocutiva (accumulo paratattico che ingrandisce il senso d’inaudito, condensazione estrema tramite ellissi, antitesi, poliptoto...) e implicito rimando polisemico alle costanti inventive del mondo saint-simoniano:

Ce qu’ils [M. du Maine e Mme de Maintenon] voulaient maintenant était toute autre chose. Devenir par être ce que par être on ne peut devenir; d’une créature quoique couronnée en faire un créateur [...] enfin persuader cet épouvantable ouvrage à faire à un homme qui ne peut commander à la nature et faire que ce qui n’est pas soit, au chef de cette race unique, et tellement intéressé à en protéger le droit qu’il n’est roi qu’à ce titre, ni ses enfants après lui, et à ce roi de la nation la plus attachée et la plus soumise, de la déshonorer et de renverser tout ce qu’elle a de plus sacré, pour possiblement couronner un double adultère, qu’il a le premier tiré du néant depuis qu’il y a des Français, et qui y est demeuré sans cesse jusqu’à cette heure enseveli chez toutes les nations, et jusque chez les sauvages; la tentative était étrangement forte, et si ce n’était pas tout, parce qu’elle ne pouvait se proposer seule sans s’accabler sous ses ruines, et perdre de plus tout ce qu’on avait conquis31.

28Durante il capitale lavoro a un progetto di regolamento sui duchés-pairies, Luigi XIV rammenta al Cancelliere

due brevi articoli ideati in un precedente progetto dal primo presidente Harlay: entrambi minano alle basi le prerogative ducali, sono frutto di scelleratezza (campo etico): «Ce que je sentis à deux nouveautés tout à la fois si inimaginables et si destructives, serait difficile à rendre» (M, IV, p. 150). Circa l'uso di termini derivati da “epistemologia” e non dal più generico “gnoseologia” per riferirsi alla dimensione conoscitiva del mondo saint-simoniano, esso è voluto e sarà sistematico in questa tesi a causa delle implicazioni di cui tratto nell'ultimo capitolo della seconda parte.

29Pochi esempi: «C'était un homme sans état et sans consistance» è detto di La Vrillière in M, I, p. 725. «Si, du

fond de la substance de la dignité et de son antiquité transmise jusqu'à nous, on passe à son inhérence et à sa stabilité, on est extrêmement surpris de n'en trouver aucune dans la grandesse» si dice nella comparazione fra ducato francese e grandezza spagnola (II, p. 125; vedi anche pp. 126 e 129). Stupenda occorrenza in VII, p. 516, riferito alle fortune di Nangis e Pezé: «Ce groupe tout ensemble forma un nuage qui le porta longtemps avec éclat, mais qui, dissipé par l'âge et par les changements, laissa voir en plein le tuf et le squelette».

30È tra l'altro il problema delle effimere ascese di famiglie altoborghesi, dei Ministri e di tutti i robins, ben

condensato nella preoccupazione di Luigi XIII al momento di elevare Claude de Saint-Simon [sottolineo]: «il s'était fait sourdement extrêmement informer de son personnel et de sa naissance […] pour voir si cette base était digne de porter une fortune et de ne retomber pas une autre fois» (M, I, p. 59).

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L’incongruo del duca di Maine è uno scandalo di ragione, morale e natura: qui Saint-Simon dice questa verità in modo esplicito, non la mostra in azione o la fotografa in una scena rivelatrice. Bizzarro genere di letterarietà il suo, così intenso e vario eppure ancorato a dati di realtà; e bizzarro modo di appartenere al proprio tempo: la convergenza di razionale e morale, quasi una cifra della cultura classica (cartesiana o port-royaliste), non è dallo scrittore sfruttata a guisa di poeta per «far prendere sul serio i mostri ed il mito» che la offendono32;

sono l’esperienza e la memoria di eventi reali a dar luogo a personaggi o episodi tanto più mostruosi e mitici quanto più offendenti quella convergenza33. Solo falsamente

contemporaneo del secolo preilluminista, il duca di Saint-Simon produce un enorme sforzo che consiste nel risuscitare l’identità stessa di ragione e morale, non tanto nel dar voce a ciò che esse reprimono. Perciò l’incongruo non andrà inteso come semplice antagonista represso di una visione rigidamente normativa ed affamata di congruità; lo specifico saint-simoniano non è di presentarci incongruità in un quadro di valori condiviso e dato per scontato: lo specifico saint-simoniano è piuttosto farci sentire, e spiegarci razionalmente, le incongruità come tali. L’incongruo è perciò intrinsecamente dotato di un doppio fascino: causa del “caos”, diventa anche strumento di una visione del mondo che faticosamente reclama i suoi diritti contro quel caos...

Credo sia merito del capolavoro con cui Proust “pasticcia” i Mémoires di aver colto con grande acume queste implicazioni, come cerca di mostrare l’analisi che si trova in appendice34. In entrambi questi grandi scrittori la questione del relativismo è senz’altro

centrale, e la difficoltà di collocazione storico-letteraria di Saint-Simon, che si sostanzia nell’ambiguità che ho attribuito al suo incongruo, è illuminata da questo passo di Paul Hazard:

De toutes les leçons que donne l’espace, la plus neuve peut-être fut celle de la relativité. La perspective changea. Des concepts qui paraissaient transcendants ne firent plus que dépendre de la diversité des lieux; les pratiques fondées en raison ne furent plus que coutumières; et inversement, des habitudes qu’on tenait pour extravagantes semblèrent logiques, une fois expliquées par leur origine et par leur milieu35.

32Vedi F. Orlando, Lettura freudiana della Phèdre, in Due letture freudiane. Fedra e il Misantropo, Einaudi,

Torino 1990 [1971 e 1979], pp. 7-137: pp. 31-40 (Il problema storico del mito e le negazioni simboliche). «La ripugnanza razionale del secolo preilluministico verso il mito, sfruttata simbolicamente come orrore morale, sta alle radici di questa tragedia piena di mostri e di dei che li suscitano» (p. 40).

33Trovo illuminante, e straordinariamente convergente con questo mio paragone con Phèdre secondo

l'interpretazione di Orlando, la seguente osservazione di Y. Coirault, Optique et topique: Saint-Simon historien [1980], in Dans la forêt saint-simonienne, Universitas, Paris 1992, pp. 167-180: p. 174: «Il fallait être Saint-Simon pour faire ainsi cascader toutes les virtualités d'un lieu commun, pour réactiver, à l'époque des Lumières, la part la plus usée d'une topique qui semblait promise à la désuétude, pour extraire l'infini de l'infinitésimal». Si tratta della topica storiografica (piccole cause, ritratti, psicologismi umanistici etc.). Vedi anche O, p. 405.

34Vedi in appendice Proust pasticheur del duca di Saint-Simon.

35P. Hazard, La crise de la conscience européenne. 1680-1715, 2 voll., Gallimard, Paris 1961, vol. 1, p. 25. Miei

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Nel confronto tra un prima e un dopo del cambiamento di prospettiva, Saint-Simon si colloca singolarmente a metà strada36: difensore di trascendenze e pratiche fondate razionalmente, egli

usa l’esplicazione storica principalmente per motivare e quindi rendere reversibili le eccezioni. Poco importa se poi la sua abilità nel comprendere queste motivazioni, talvolta segrete e legate a oscure brame di potere, altre volte irriducibilmente misteriose e quasi soprannaturali, è talmente grande da lasciare una forte impressione di relativismo, di capacità d’identificarsi con le ragioni estranee...

Insomma, la classe logica dell’incongruità sembra farci entrare in modo privilegiato nel mondo saint-simoniano. Prima di sfruttarla per trarne conclusioni generali, però, è necessario conoscerla attraverso le sue articolazioni testuali. È ancora compito di questa introduzione mostrarne, attraverso una serie di esempi, l’onnipresenza nel testo, in questo modo la costante semantica verrà concretamente presentata, potrò con maggiore chiarezza confrontare la mia impostazione con i principali lavori critici di cui sono debitore e sarà infine possibile sintetizzare la linea argomentativa di questa esplorazione saint-simoniana.

Cominciamo dal passo seguente, tratto dalla digressione con cui Saint-Simon ricostruisce origini e sviluppi del “preteso” diritto dei figli di Francia di riservarsi una quota di promozioni all’Ordine del Santo Spirito:

Ainsi d’Effiat, quoique de la naissance qu’on n’ignorait pas, et le marquis de Châtillon furent nommés par Monsieur; d’Effiat fut le cinquante-troisième, et Châtillon le soixante-quatrième. D’Étampes, qui prétendait l’emporter sur Châtillon, attendit Monsieur dans sa garde-robe, caché, et, quand Monsieur y fut entré, il lui dit mots nouveaux sur son affection pour Châtillon, jusqu’à oser mettre l’épée à la main et menacer Monsieur de courre sus à Châtillon partout. Monsieur, qui craignit un scandale étrange, et dont les suites pouvaient être fâcheuses à son goût, fit tout ce qu’il put pour apaiser d’Étampes; voyant enfin qu’il n’en pouvait venir à bout, et d’Étampes résolu à l’éclat le plus grand, ou à être certain de l’Ordre avant de sortir ou de laisser sortir Monsieur de cette garde-robe, il lui en renouvela parole, et, comme que ce fût, il l’assura qu’il le serait, le fit nommer par M. le duc de Chartres, et c’est de ce prince que j’en tiens l’histoire.37

Nel contesto di puntigliosa analessi volta a repertoriare e motivare in ordine cronologico tutti i casi pertinenti all’argomentazione, questo breve aneddoto dilata in modo inaspettato il tempo del racconto, tanto che il lettore si trova lì per lì nella stessa condizione di Monsieur all’ingresso nel suo bagno: per un attimo spiazzato dalla situazione sorprendente. Ma l’indugio narrativo è minimo e l’effetto ha la durata di un lampo; quanto basta, tuttavia, per far sì che siano ben tre le dimensioni con cui l’incongruo è declinato nel testo. Ne vediamo un

36Per una corretta collocazione in termini di storia delle idee e di influenze dirette del suo «jansénisme éclairé»,

si veda H. Himelfarb, Saint-Simon et le Jansénisme des Lumières, in «Studies on Voltaire and the eighteen century», edited by Theodore Besterman, vol. 88, 1972, pp. 749-768]: p. 752. Ora disponibile anche nella raccolta Simon, Versailles, les arts de cour, textes réunis par Ph. Hourcade et Ch. Blanquie, Société Saint-Simon, Paris 2006, pp. 65-77.

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aspetto che si può chiamare “scientifico”, un aspetto “morale” e quello infine “edonistico”, rispettivamente rappresentati: dalla controllata trattazione della questione di rango implicita nella presentazione di cavalieri all’Ordine; dal ricatto di d’Étampes e soprattutto dal suo retroscena, che rimanda non tanto all’omosessualità del fratello di Luigi XIV quanto alla sua vulnerabilità abilmente sfruttata per ogni tipo di abusi, primo fra tutti il matrimonio di M. de Chartres con una “bastarda” del Re; dal piccolo accenno narrativo con cui il ricatto è “messo in situazione” e stimola un effetto di sorpresa. L’incongruità si trova insomma a monte (spacciata come fosse pura “materia del contenuto”), al centro (cardine di temi e intreccio principali) e nello specifico letterario del testo dei Mémoires. Attraverso queste tre dimensioni giova ora osservarla più da vicino.

1) Non mancano i passi pertinenti dal nostro punto di vista ma poco significativi dal punto di vista letterario, tanto a livello elocutivo quanto a livello della relazione che essi intrattengono con i temi più appariscenti (figli naturali del Re, dignità ducale, arrivismi d’ogni ordine e grado...). Essi fanno risaltare l’importanza che ha l’incongruità sopra definita nel selezionare i dati di realtà: quasi appunto che la realtà consistesse nella classe logica in sé. Certo, per ipotesi tutto ciò che si lascia ricondurre ad essa è posto in stretta coerenza tematica con il resto dei Mémoires, ma non è immediato cogliere in che modo. Ci sono per esempio piccoli fatti che del tutto incidentalmente colorano il ricordo,

Je me souviens très bien qu’à la mort du célèbre Fénelon son prédécesseur [dell’abate d’Estrées a Cambrai], il courut une prophétie de je ne sais qui de ce diocèse, que ses trois premiers successeurs n’y entreraient jamais. On rit avec raison de ce conte, qui pourtant s’est trouvé exactement accompli38,

altri che per la loro pura natura accidentale di variazioni alla norma meritano di essere ricordati come tali:

Comme il n'y avait ici aucun chevalier de cet ordre [la Toison], il n'y eut point de parrains, et, les grands habits de cérémonie qui appartiennent à l'ordre, et non aux chevaliers, étant demeuré en Flandres, ils ne se portaient point en Espagne, où on recevait et puis on portait le collier sur ses habits ordinaires: ce qui fit que ces deux princes [Berry e Orléans] le reçurent de même de la main du Roi39,

altri ancora che invece caratterizzano un personaggio,

Il [M. de Béthune] vivait fort magnifiquement. Sa manie était de se mettre entre deux draps à quelque heure qu’il voulût faire dépêches, et ne se relevait point qu’elles ne fussent achevées. Ses deux fils refusèrent avec une folle opiniâtreté le cardinalat à la nomination du roi de Pologne; ils vinrent dans la suite mourir de faim en France.40

38M, V, 799. 39M, II, p. 31. 40M, II, p. 993.

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La follia dei figli di Béthune fa già virare il mini-ritratto in mortem a questioni di ascesa sociale, e il doppio gioco sulla profezia riportata nel primo esempio serve in realtà meravigliosamente bene la causa ambigua del razionalismo saint-simoniano: ma la costante più astratta detiene il primo piano. Così può accadere persino in commenti incidentali in cui il memorialista si limita a far notare, senza acrimonia, ciò che deve risultare straordinario: Briord grazie all'ambasciata in Olanda è fatto consigliere di Stato di spada «qui fut une belle fortune pour un écuyer de Monsieur le Prince»41. Più colorito l’esempio che segue, dove

funziona un’esagerazione dettata da gusto iperbolico che non si sa se abbia più il fine di rendere il referente reale o di aumentare in modo gratuito il differenziale di incongruità:

Le maréchal de Chamilly mourut à Paris le 7 janvier après une longue maladie, à soixante-dix-neuf ans. C’était un grand et gros homme, fort bien fait, extrêmement distingué par sa valeur, par plusieurs actions, et devenu célèbre par la défense de Grave. On en a parlé ailleurs à diverses reprises. Il était fort homme d’honneur et de bien, et vivait partout très honorablement; mais il avait si peu d’esprit qu’on en était toujours

surpris, et sa femme, qui en avait beaucoup, souvent embarrassée.42

«Singulier» e «surprenant», «curieux» e «inouï», e ancora «rare», «étrange» o «mystérieux»... altrettanti termini strettamente imparentati per il lettore dei Mémoires. Con una bella formula, Coirault ha potuto parlare di «réalisme de l’étrange»43. Sulla sua scia,

Delphine de Garidel, ha colto che «le mot “étrange” a sous la plume du mémorialiste un sens plus énergique que celui que nous lui prêtons»44 e ha visto anche i nessi impliciti in questo

auerbachiano principio di selezione del reale:

Cette région du curieux s’établit en profondeur sur le sentiment de l’excessif. Ce qui “mérite” d’être rapporté, c’est ce qui dépasse les bornes, ce qui est hors du commun, en bien ou en mal, et parfois en dehors de toutes considération morale, pour la séduction de l’extravagance et la beauté même de l’outrance. C’est donc de préférence l’invraisemblable. Car l’histoire vraie n’est autre que l’histoire incroyable.45

Il lavoro di Garidel non ha però carattere tematico, ma narratologico e di genere letterario: fatto che se da un lato costituisce un vantaggio da numerosi punti di vista (l’intelligenza e la sensibilità della studiosa riescono a trasformare l'ordine un po' estrinseco e repertoriale del suo lavoro in una miniera di notazioni di costanti a vari livelli e di valide illuminazioni interpretative), dall’altro lato la ingabbia necessariamente in un’analisi di forme ritagliate con poco riguardo rispetto alle ricorrenze tematiche: come se una certa ansia di esaustività estrinseca avesse impedito l'approfondimento di un proprio ordine argomentativo intrinseco al singolo testo preso in esame. Il “singolare” e la “sorpresa”, termini davvero chiave per

41M, II, p. 27.

42M, V, 142. Mio il corsivo. 43Coirault, O, p. 138. 44Coirault, O, p. 116.

45Garidel, Poétique... cit., p. 118. Un'idea vicina alla “veridicità dell'inverosimile” per il duca in Coirault, O, p.

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penetrare il mondo dei Mémores, sono presi in considerazione dalla studiosa a causa del loro aspetto più superficiale e che andrebbe presto oltrepassato come sintomo appariscente: le numerose occorrenze lessicali esplicite46. Per cui a volte le puntate interpretative rimangono

aderenti alle occorrenze letterali di certe etichette metadiscorsive, altre volte spunti di vasta portata rimangono subordinati all’intento sistematico: è il caso dell’idea di una “estetica della sorpresa” che Delphine de Garidel sviluppa a partire dall’analisi dell’aneddoto saint-simoniano e che fornirà un’utilissima base al mio discorso sullo specifico letterario dei Mémoires.

Le parole di Garidel colgono in ogni caso profondamente nel segno. Tuttavia, non è per mero gusto classificatorio che vale la pena di fare lo sforzo di astrazione su cui ho fondato la mia analisi. Questa “regione del curioso” necessita di un punto di vista più rigorosamente logico se si vuole indagare che cosa accomuni e che cosa sia implicato dalle sue singole occorrenze. Compariamo ad esempio due passi che parlino in modo diverso di curiosità concernenti il rango: uno tratto dal viaggio spagnolo in qualità di ambasciatore straordinario (a cavallo tra 1721 e 1722), l’altro all’altezza del secondo anniversario dalla morte di Luigi XIV. Non c’è granché di iperbolico nel primo caso, da cui si capisce che il gusto per “l’inverosimile” e la “storia incredibile” sottolinea un po’ troppo il lato fiabesco-biblico dei Mémoires e perciò non può essere posto a campione antonomastico di ciò che contengono; sugli incredibilia prevale qui una più neutra attenzione comparativa da etnografo ante-litteram, strettamente imparentata semmai con il modello norma-scarto con cui stiamo facendo conoscenza:

Cet archevêque de Tolède est le premier et l’unique prélat à qui l’Excellence ait été accordée, pour lui et pour les archevêques ses successeurs. Aucun autre n’a ce traitement, non pas même le nonce du Pape, quoique si puissant en Espagne et le premier de tous les ambassadeurs, qui l’ont tous.47

“Primo” e “unico” significano per Saint-Simon che la distinzione di Toledo è allo stesso tempo una singolarità e una novità: termine chiave, quest’ultimo, nel sistema assiologico del memorialista, solitamente ben attento a condannare questo tipo di innovazioni cogliendovi dietro riprovevoli manovre arrivistiche dei beneficiati. Ma così come a cose fatte il Saint-Simon attivo sa «hauss[er] les épaules»48 e guardare avanti prendendo come dato di partenza

quel che gli è ormai distante nel tempo, il Saint-Simon scrittore, che invece rinfocola il valore

46Le categorie del singolare e l'intento di “caratterizzare” mostrano già nei passi in cui compaiono esplicitamente

una rudimentale autocoscienza metadiscorsiva dello scrivente, che nella singolarità indica un sufficiente criterio di filtro della realtà e nella caratterizzazione uno degli scopi sommi della memorialistica. Vedi come esempi M, II, p. 147, p. 153, p. 638; come dichiarazione di poetica: V, pp. 574 e 576.

47M, VIII, p. 233. 48M, VII, p. 795.

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emotivo del passato come fosse presente, può permettersi lo stesso distacco quando descrive dati autonomi di un sistema distante nello spazio. Accade così che nel secondo esempio, non più in Spagna ma a Saint-Denis, si risusciti un tentativo di introdurre novità cui si attaglia in modo più pertinente l’accezione morale dell’eccessivo e dell’incredibile di Garidel:

L’anniversaire qui se fait tous les ans à Saint-Denis pour le Roi dernier mort produisit une prétention toute nouvelle. La reconnaissance n’est plus à la mode depuis longtemps: il y eut très peu de gens de cour, M. du Maine et son second fils, quelque peu d’évêques, et le cardinal de Polignac. Ces évêques s’avisèrent de vouloir avoir des carreaux. Le rare est qu’il n’y eut que le cardinal de Polignac qui s’y opposa, et qui l’empêcha, sur quoi les évêques osèrent s’en aller, et se plaindre au Régent. Jamais ils n’en avaient eu ni prétendu [...]49

2) L’ultimo esempio ci conduce già, tuttavia, alla centralità tematica dell’incongruo. Riguardo a ciò che non ha implicazioni sulla Francia, forse la distanza nello spazio del sistema spagnolo può mobilitare in misura minore la «tendance au paroxysme en tout domaine» tipica del cortigiano, e in particolare la «passion maîtresse» di Saint-Simon: l’odio50; ma quando lo scrittore fa avvertire la presenza di una volontà di personaggio dietro

alle notazioni di incongruo che riporta, allora la faccenda scivola ben presto in una delle mille forme di arrivismo che popolano i Mémoires: un forte sistema di valori minacciati entra in gioco e quel che si tratta di fotografare sono “usurpazioni”, tentate o riuscite; il compito sommo cui adempiere è quello di svelarne i torbidi retroscena. La lunga galleria degli indimenticabili manigoldi, tutti sottilmente diversi fra loro, viene alla mente: Maine, la Maintenon, Dubois, Padre Tellier, Villars, Vendôme, Noailles, i Guisa-Lorena, Fleury, Alberoni, Harlay, Harcourt; più ambiguamente Fénelon, la principessa degli Orsini... E non si tratta che di un minimo e disordinato elenco dei professionisti della categoria! La grandezza letteraria di questi personaggi e la forte carica assiologica che li connota esprimono a fondo le potenzialità dell’incongruo nell’immaginario del nostro duca. Ne deriva una prevalenza del “male” e del “diabolico” nei Mémoires? Che la risposta sia negativa, che una tale visione non potrebbe essere esaustiva, è ben chiaro a François Raviez, autore del maggiore studio tematico recente, in cui sono esplorati in modo acuto i numerosi punti di vista con cui ci si può accostare al filone demoniaco del testo51. Già Coirault se ne era lasciato affascinare mettendo

però in guardia dai riduzionismi:

49M, VI, p. 429.

50Coirault, O, pp. 139-40. Tornerò sul fatto che G. Macchia, Saint-Simon, i sogni e la nausea [1952], in Il mito di

Parigi, Einaudi, Torino 1995 [1965], pp. 53-61: p. 57, afferma che la «nausea, assai più dell'odio, è la grande molla dell'immaginazione di Saint-Simon». J.-A. Barbey d'Aurevilly parlò di «rage»: Œuvres romanesques

complètes, éd. J. Petit, 2 voll., Gallimard, «Bibliothèque de la Pléiade», Paris 1964-1966: II, p. 1502 (nota a p. 848); e vedi anche p. 720 (il dandysmo ante litteram di Lauzun), p. 848 (Premier Memorandum, 28 X 1837: ammirazione per stile, pensiero e scienza di Saint-Simon), pp. 851-852 (1 XI 1837: «ce Dieu de l'Histoire et de l'appréciation sagace et sévère»), p. 886 (27 III 1838: «écrivain et penseur du premier ordre»). Dell'odio, parlò già uno dei primi lettori: J.F. Marmontel, Règne... cit., p. 52: «la haine, dans tous ses mémoires, distille le plus noir venin». Vedi anche F.R. Bastide, Saint-Simon par lui-même, Seuil, Paris 1953, p. 41 e seguenti.

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C’est bien toujours à ce contraste [Satane vs Dieu], immense et surhumain, entre le monde infernal et le monde divin que l’on est ramené quand on essaie de rendre raison de l’univers saint-simonien. Univers pourtant si instable et si mouvant, d’une si prodigieuse diversité, qu’en «développer» le contraste majeur [quello sul piano dell’usurpazione sociale] est risquer d’en donner la représentation la plus fausse.52

Uno dei meriti di Raviez è di non condurre la sua “lettura demonologica” solo lungo il filone maggiore, ma di amplificare la portata del diabolico per gradazioni successive: dalle occorrenze concrete (introdotte da una ricognizione erudita sulla concezione del Diavolo ai tempi e nella cultura di Saint-Simon) alle manifestazioni testuali del diavolo individuabili via via in senso più astratto. In questo modo evita i rischi di un’analisi tematica troppo fissata al concreto e tendenzialmente tautologica, arrivando a toccare le incrinature più impalpabilmente inquietanti della ragione saint-simoniana. Nel linguaggio del presente studio potremmo dire che il memorialista è repulsivamente attratto dagli incongrui che non si lasciano spiegare fino in fondo: sia per mancanza di fonti, sia ancor più per falle nella capacità stessa di capire razionalmente. Ma la forza (e godibilità) del punto di vista prescelto da Raviez, centrale ma pur sempre troppo concretamente determinato, hanno inevitabilmente una contropartita rispetto alla “prodigiosa diversità” del mondo cui si applicano. Come Jean de La Varende rivendicava in modo brillante in occasione del bicentenario dalla morte dell’autore, c’è anche una «gaieté profonde» nella curiosità iperattiva e giovanile di Saint-Simon; «les farces l’intéressent et les vertes répliques»53, ad esempio, e anche in questo senso il discorso

nei termini della classe logica che ho individuato appare più capiente e funzionale.

Si veda ad esempio quale capacità descrittiva lo scrittore impieghi per un caso del tutto incidentale, che tuttavia riesce a trovar posto nella cronaca in onore della sua assurdità secondo il sentire di Saint-Simon:

Je réparerai ici, quoique en lieu déplacé, l’oubli d’une bagatelle, mais singulière, sur le chemin dans la montagne pour aller à Balsaïn: c’est que le roi et la reine d’Espagne faisaient toujours ces voyages dans un grand carrosse de la reine à sept glaces, en sorte qu’en passant la montagne par le même chemin que je fis, et qui était l’unique, il n’y avait pas deux doigts de marge entre leurs roues et le précipice, presque tout le long du chemin, et qu’en plusieurs endroits les roues portaient à faux et en l’air, tantôt cent, tantôt deux cent[s] pas, quelquefois davantage. Des paysans en grand nombre étaient commandés pour tenir le carrosse par de longues et fréquentes courroies, qui se relayaient en marchant à travers les rochers avec toutes les peines et les périls qui se peuvent imaginer pour la voiture et pour eux-mêmes. On n’avait rien fait à ce chemin pour le rendre plus praticable, et le roi et la reine n’en avaient pas la moindre peur. Les femmes qui la suivaient en mouraient, quoique dans des voitures exprès fort étroites.

51F. Raviez, Le duc de Saint-Simon et l’écriture du mal. Une lecture démonologique des Mémoires, Champion,

Paris 2000.

52Coirault, O, p. 514. Anche Alphonse de Waelhens nota per tre delle peggiori “bestie nere” di Saint-Simon

(Pontchartrain figlio, Noailles e Maine) che sono assimiltate esplicitamente al diavolo: Le duc de Saint-Simon.

Immuable comme Dieu et d'une suite enragée, Publications des facultés universitaires Saint-Louis, Bruxelles 1981, p. 289.

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Pour les hommes de la suite, ils passaient sur des mules. Je n’ajouterai point de réflexions à un usage si surprenant.54

C’è una lieve condanna nei confronti della scarsa cautela con cui si conducono i sovrani di Spagna? O, ancor più indirettamente, un senso di estraneità per ciò che è assurdo in questo «pays d’inquisition» tanto affascinante e pittoresco? Quel che è certo è che una pagina del genere gode di troppa autonomia per essere ridotta alle correnti maggiori dell’assiologia cortigiana del duca. E del resto, come pretendere altrimenti? Tutti i lettori sono concordi circa l’eterogeneità e varietà degli stili, la composizione centrifuga e così dilatata nel tempo (10 anni? 60 anni? A seconda dei punti di vista...). Ma disomogeneità non significa assenza di unità, e su quest’ultima come ho detto si fonda implicitamente l’ammirazione di ogni lettore, il lavoro interpretativo di ogni critico che si cimenti con i Mémoires di Saint-Simon. Coirault ha espresso il concetto in modo paradigmatico:

Mais si, à travers les apparences fantasques, le lecteur recherche une logique secrète de

l’oeuvre ou une plus profonde coulée, si du moins il n’est pas insensible aux inégalité de tension ou aux variations d’altitude du génie saint-simonien, peut-être la multiplicité vertigineuse d’un monde voué à la métamorphose ne lui paraîtra-t-elle pas exclusive d’une sorte d’unité organique et vibrante.55

Anche nel campo dei temi assiologicamente più “caldi”, si danno perciò pagine e pagine poco brillanti: non dimentichiamoci che l’opera ha avuto bisogno di pezze d’appoggio altrui per poter esistere, e che per qualche centinaia di pagine la copiatura fedele o riassuntiva dei cosiddetti Mémoires di Torcy è stata pressoché continua56. Ma il piacere specifico che Torcy

dà al memorialista biograficamente inteso non è diverso dal piacere che danno le sue grandi pagine: il segreto diplomatico che si svela agli occhi di Saint-Simon («les plus curieuses connaissances» di cui a un certo punto dovrà privarsi con suo rimpianto57) è una miniera

preziosa di spiegazioni al gioco sociale che più di tutti lo interessa ed appassiona, quello della “politica” in senso proprio di lotta per il potere58 e in senso più ampio di perseguimento

54M, VIII, pp. 434-5.

55Coirault, O, p. 459. Mio il corsivo. Coirault arriva persino a sfiorare il concetto di figuralità inventiva in una

affermazione come questa che si riferisce alla permanenza dei personaggi maggiori attraverso l’opera [p. 468, sono di nuovo io a sottolineare]: «Ainsi [...] perçoit-on au fil de l’oeuvre, entre les souvenirs étagés, dans la profondeur du temps, une série de rapports d’espèce métaphorique».

56Mémoires secrets o Analyse des correspondances secrètes che Torcy (1665-1746; Jean-Baptiste Colbert,

marquis de) compose dal punto di vista privilegiato del diplomatico: prima responsabile degli Affari Esteri, poi della posta segreta. Non ho consultato l'edizione del 1756-1757, bensì ho potuto consultare l'edizione in due volumi presso Foucault, Paris 1828 (Mémoires du marquis de Torcy). Vedi almeno M, V, pp. 761-780, pp. 843 sgg.; VI, pp. 50-81, 103-135 e soprattutto le 294 pagine tra VI, p. 665 e VII, p. 75. Coirault rende scrupolosamente conto della copiatura nelle note.

57M, VII, p. 553.

58Vedi la chiara trattazione, a questo proposito, di M. Albertini, La politica, primo degli scritti raccolti in Una

rivoluzione pacifica. Dalle nazioni all'Europa, Il Mulino, Bologna 1999: p. 38: «Il carattere politico dell'azione umana emerge quando il potere diventa un fine, viene ricercato in un senso per se stesso, e costituisce l'oggetto di un'attività specifica». Il corsivo è mio.

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cosciente di un fine. È appunto il campo in cui si esercitano i grandi personaggi saint-simoniani, nonché Louis de Saint-Simon stesso: Torcy gliene svela gli intrighi sul piano dei rapporti tra stati, mentre la sua osservazione diretta e una miriade di altre fonti lo tengono al corrente della vita interna alla Corte francese. Qui mascheramenti e ipocrisia sono doppiamente sinonimi di incongruità: in senso morale, perché come vedremo il perseguimento spregiudicato di un fine è di per sé malvagio nella maggior parte dei casi; in senso epistemologico, perché ogni più piccolo avvenimento può diventare uno scarto in base al quale dedurre intenzioni o sospettare maneggi. Proprio in virtù dell’importanza della materia di cui stiamo parlando nell’ambito del mondo di Saint-Simon, è interessante sottolineare la giustificazione della copiatura da Torcy: «mais ce qui s’est passé en 1718 m’a paru si curieux et si important que j’ai cru devoir, non pas abréger ni extraire, mais m’astreindre à copier fidèlement tout, et n’en pas omettre un mot»59; proprio la curiosità

giustifica quella che ai nostri occhi è diventatapiattezza stilistica, ciò che mostra per contrasto che la centralità di un tema nei Mémoires non implica automaticamente anche un’elevata densità letteraria di tutte le sue occorrenze: il rapporto tra materia e resa elocutiva non è rozzamente biunivoco.

Rimandando al punto 3) in che cosa consista la complicazione di questo rapporto, mi interessa per ora sottolineare il fatto che è proprio l’incongruo a trascenderla. Per quanto la copiatura da Torcy sia noiosa di per sé, il lettore non può scordare del tutto che due dei principali protagonisti di cui tratta sono personaggi altrove marchiati indimenticabilmente dal migliore stile Saint-Simon. Alberoni:

Le duc de Parme eut à traiter avec M. de Vendôme: il lui envoya l’évêque de Parme, qui se trouva bien surpris d’être reçu par M. de Vendôme sur sa chaise percée, et plus encore de le voir se lever au milieu de la conférence, et se torcher le cul devant lui [...] Alberoni était fils d’un jardinier, qui, se sentant de l’esprit, avait pris un petit collet, pour, sous une figure d’abbé, aborder où son sarreau de toile eût été sans accès. Il était bouffon: il plut à Monsieur de Parme comme un bas valet dont on s’amuse; en s’amusant, il lui trouva de l’esprit, et qu’il pouvait n’être pas incapable d’affaires. Il ne crut pas que la chaise percée de M. de Vendôme demandât un autre envoyé: il le chargea d’aller continuer et finir ce que l’évêque de Parme avait laissé à achever. Alberoni, qui n’avait point de morgue à garder, et qui savait très bien quel était Vendôme, résolut de lui plaire à quelque prix que ce fût pour venir à bout de sa commission au gré de son maître, et de s’avancer par là auprès de lui. Il traita donc avec M. de Vendôme sur sa chaise percée, égaya son affaire par des plaisanteries qui firent d’autant mieux rire le général, qu’il l’avait préparé par forces louanges et hommages. Vendôme en usa avec lui comme il avait fait avec l’évêque, il se torcha le cul devant lui. À cette vue Alberoni s’écrie: O culo di angelo!... et courut le baiser. Rien n’avança plus ses affaires que cette infâme bouffonnerie.60

Dubois:

59M, VII, 76. 60M, II, pp. 695-6.

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