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Impatto della terapia anticoagulante orale in pazienti ricoverati per patologia cerebrovascolare.

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Academic year: 2021

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Riassunto

La terapia anticoagulante orale costituisce il trattamento di prima scelta

nella prevenzione dell’ictus cardioembolico con particolare riferimento alla fibrillazione atriale che determina circa il 25% degli eventi ischemici cerebrali. Tuttavia tale terapia è di provata efficacia solo se vengono

mantenuti corretti livelli di anticoagulazione (valori di INR compresi tra 2 e 3) in quanto al di sotto di questo range permane il rischio di ictus cardioembolico mentre per valori superiori incrementa il rischio

emorragico.

La difficoltà a mantenere costante nel tempo il range terapeutico degli anticoagulanti orali è dovuta a scarsa compliance e a numerose interferenze alimentari e farmacologiche con una possibile ricaduta negativa in termini

di efficacia.

Lo scopo di questo studio è stato di valutare in pazienti con malattia cerebrovascolare acuta l’impatto della prevenzione con anticoagulanti orali

sul tipo di evento cerebrovascolare (ischemico ed emorragico) e sul sottotipo eziopatogenetico dell’ischemia (cardioembolico, lacunare, aterosclerosi dei grossi vasi).

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A questo scopo sono stati valutati in modo retrospettivo 144 pazienti consecutivi (80 maschi e 64 femmine; età media±DS=77,5±3,9 anni; range 47-88 anni) in trattamento anticoagulante orale ricoverati presso la Clinica

Neurologica dell’Università di Pisa dal Gennaio 2004 al Gennaio 2009 per malattia cerebrovascolare acuta (ictus ischemico, attacco ischemico transitorio, ictus emorragico parenchimale, emorragia subaracnoidea). Al

momento del ricovero è stata effettuata TC cranio per diagnosticare il tipo di evento (ischemico o emorragico) ed è stato valutato il livello di anticoagulazione attraverso il dosaggio plasmatico di INR.

In tutti i casi di ischemia cerebrale è stata effettuata la classificazione del sottotipo eziopatogenetico (cardioembolia, aterosclerosi dei grossi vasi, malattia dei piccoli vasi).

La maggior parte dei pazienti (84,7%) presentava un evento di natura

ischemica e il 15% un evento di natura emorragica.

Il gruppo dei pazienti ischemici con INR<2 aveva una eziopatogenesi di tipo cardioembolico nel 69,7% dei casi, mentre il gruppo con INR≥2 aveva

un’eziopatogenesi da malattia dei piccoli vasi (lacunare) nel 53,6% dei casi e cardioembolica solo nel 32,1% dei casi.

Il gruppo di pazienti emorragici presentava valori di INR<2 nel 55% dei casi e di INR≥2 nel 45% dei casi. Alcuni fattori di rischio emorragico come

l’ipertensione arteriosa e la leucoaraiosi valutata alla TC cranio sono stati riscontrati in tutti i casi emorragici con INR≥2.

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Con i limiti legati al carattere retrospettivo di questo studio, i risultati ottenuti tendono a confermare l’efficacia della terapia anticoagulante orale nella prevenzione di eventi ischemici cerebrali di natura cardioembolica

quando viene rispettato il range terapeutico, tuttavia tale trattamento non risulta altrettanto efficace quando l’eziopatogenesi è dovuta a malattia dei piccoli vasi (lacunare). Per quanto riguarda invece il rischio di ictus

emorragico questo appare essere solo in parte associato all’entità dell’anticoagulazione verosimilmente per il ruolo che svolge nell’aumentare tale rischio l’elevata frequenza di ipertensione arteriosa e

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