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Indagini chimico-tossicologiche sui resti scheletrici dei Granduchi Medicei (XVI-XVII sec.)

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE ... 3

Capitolo I... 6

I.1: I Medici ed il loro panorama culturale...6

I.2: Alchimia, cenni storici e concetti chiave. ...10

I.3: Il ramo Granducale della famiglia dei Medici ...17

I.3.1: Cosimo I dei Medici (1519-1574): ...18

I.3.2: Eleonora di Toledo ( 1519–1562):...19

I.3.3: Garzia de' Medici (1547 - 1562)...20

I.3.4: Giovanni di Cosimo I de' Medici (1543 - 1562)...20

I.3.5: Francesco I (1541-1587):...21

I.3.6: Giovanna d'Austria (1546 - 1578) ...26

I.3.7: Anna di Francesco I (1569 - 1584) ...27

I.3.8: Ferdinando I de' Medici (1549 -1609) ...27

I.3.9: Cristina di Lorena (1565- 1636) ...28

I.3.10: Cardinale Carlo de' Medici (1595 - 1666)...29

I.3.11: Francesco di Ferdinando I (1594 - 1614)...29

Capitolo II... 30

II.1: I resti scheletrici e la loro sepoltura...30

II.2: Il tessuto osseo e l’ accumulo dei metalli pesanti...33

II.2.1: Il tessuto osseo...33

II.2.2: La Diagenesi:...34

II.2.2: Le possibili cause di inquinamento delle cappelle Medicee: ...35

II.2.3: Gli elementi : ...38

II.2.3.1: Indicatori tossicologici: ...38

II.2.3.1.1: Antimonio:...39 II.2.3.1.2: Arsenico:...40 II.2.3.1.3: Cadmio: ...41 II.2.3.1.4: Cromo: ...42 II.2.3.1.5: Ferro ...42 II.2.3.1.6: Mercurio: ...43 II.2.3.1.7: Nickel : ...44 II.2.3.1.8: Piombo:...45 II.2.3.1.9: Rame:...46

II.2.3.2: Indicatori paleonutrizionali: ...47

II.2.3.2.1: Lo Stronzio: ...47

II.2.3.2.2: Il Bario:...48

II.2.3.2.3: Lo Zinco: ...50

II.3: La tecnica spettrometrica – Principi chimico-fisici-...51

II.3.1: Strumentazione e tecniche analitiche ...52

II.3.1.1: La sorgente di radiazione elettromagnetica:...52

II.3.1.2: Il sistema di atomizzazione:...53

II.3.1.3: Il sistema ottico e il monocromatore: ...55

II.3.1.4: Il rivelatore:...55

II.3.1.5: Il sistema di elaborazione: ...56

II.4: Parte sperimentale ...56

II.4.1: Materiali e metodi: ...56

II.4.1.1: Strumentazione. ...56

II.4.1.2: Reagenti. ...57

II.4.1.3: Preparazione del Campione:...57

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II.4.1.4.1: Mercurio ...63

II.4.1.4.2: Arsenico...66

II.4.1.4.3: Metalli in traccia...67

II.4.2: Presentazione dei risultati...77

proveniente dall’individuo n° 40II.4.3: Analisi ed interpretazione dei risultati...83

II.4.3: Analisi ed interpretazione dei risultati...83

Conclusioni : ...101

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INTRODUZIONE

Lo studio chimico-tossicologico svolto in funzione della presente tesi di laurea si inserisce nel più vasto “Progetto Medici”, nato dalla collaborazione scientifica tra l’Università di Pisa, l’Università di Firenze e la Soprintendenza per il Polo Museale Fiorentino.

In tale progetto confluiscono varie ricerche finalizzate a tracciare un quadro più dettagliato possibile della famiglia granducale dei Medici, acquisendo e facendo interagire tra loro conoscenze sull’ambiente, sullo stile di vita e sulle malattie dei 49 soggetti tumulati nelle cappelle Medicee della Basilica di San Lorenzo a Firenze. Al fine di conseguire una ricostruzione biologica globale, le ricerche si sono avvalse del contributo di numerose discipline e delle più moderne tecnologie biomediche. In questo quadro di indagine multidisciplinare si inseriscono anche gli studi tossicologici e le ricerche paleonutrizionali.

La tossicologia si occupa degli effetti tossici che le sostanze chimiche ed i fenomeni fisici possono determinare sugli esseri viventi. Tale disciplina, attraverso lo studio delle sostanze chimiche nel corpo umano, rende possibile accertare intossicazioni, la cronicità o meno delle stesse, ed eventualmente se esse abbiano potuto portare al decesso.

Per quanto riguarda la presente tesi di laurea le analisi di laboratorio sono state limitate agli undici soggetti rinvenuti nelle tre cappelle di Cosimo I, Francesco I e Ferdinando I.

Il testo si articolerà in due parti.

La prima avrà un carattere storico-culturale: dopo aver brevemente tracciato le origini del casato mediceo si tenterà di comprendere quest’ultimo all’interno del panorama culturale e filosofico di cui fu parte. Qui mi soffermerò particolarmente sull’alchimia, e sull’importanza che essa assunse nel rinascimento, ben testimoniata dal ruolo chiave che presto acquisì per i Medici: dal XV sec. essa venne a costituire una vera e propria base ideologica comune alle diverse generazioni medicee.

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Ho deciso di articolare il presente elaborato in modo che l’interesse dei Medici per l’alchimia faccia da sfondo alla prima parte, come una sorta di chiave di lettura attraverso la quale scrutare il momento storico in cui vissero i nostri personaggi e comprenderne meglio le figure. Dedicherò dunque diverse pagine alla presentazione di questa affascinante materia, la cui centralità in questa sede viene esaltata dalle finalità tossicologiche della presente ricerca, poiché è logico supporre che chi svolga attività del genere ne conservi poi le tracce. Tuttavia non mi spingerò in una disamina approfondita dell’argomento, sondandone fino in fondo i significati e le intercorrelazioni con il panorama culturale del tempo, poiché tale analisi sarebbe qui fuori luogo.

In questo capitolo assume un ruolo di spicco la figura di Francesco I, personaggio controverso tuttóra oggetto di un vasto dibattito storiografico, difatti le attività alchemiche sue e di suo padre Cosimo I, sono state per me un particolare ricco di spunti. Tuttavia non per questo vengono trascurati gli altri soggetti analizzati, che saranno descritti uno ad uno.

Il secondo capitolo sarà invece dedicato allo studio dei resti scheletrici della serie prescelta, presentando il tessuto osseo, sede di accumulo dei metalli pesanti, ed i processi che concorrono ad alterare i valori fisiologici individuali. In seguito saranno delineati i profili di quei metalli che in funzione della loro rilevanza tossicologica sono stati oggetto delle nostre analisi.

Verranno poi descritte le tecniche analitiche di indagine e le strumentazioni di cui esse si servono.

Passeremo quindi alla parte sperimentale nella quale verranno esposte le metodologie di preparazione ed analisi del campione, incentrate sulla tecnica analitica detta spettrometria di assorbimento atomico.

In fine l’ultimo paragrafo sarà dedicato all’elaborazione ed interpretazione dei dati, valutando di volta in volta gli eventuali fattori d’inquinamento degli stessi. Come accennato anche in tale elaborazione non si è trascurato il fatto che i Granduchi

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possibili intossicazioni croniche di Cosimo e Francesco e le attività di laboratorio cui i due si dedicarono per tutta la vita.

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Capitolo I

I.1: I Medici ed il loro panorama culturale

Il periodo storico in cui vissero i nostri protagonisti è il tardo Rinascimento, il luogo l’Italia, più precisamente la Firenze a cavallo tra il ‘500 e il ‘600.

Come accennato essi sono tutti parte, chi per nascita chi per matrimonio, della famiglia dei Medici: famosa famiglia fiorentina che, partendo da una iniziale attività commerciale e bancaria, aveva assunto un ruolo politico chiave nel panorama italiano tra il XV ed il XVI secolo. Originari del contado del Mugello, i Medici si erano stabiliti a Firenze nel XII secolo per impiantarvi il commercio della lana; il primo documento circa un componente della famiglia a Firenze risale al 1260.

I personaggi da noi analizzati vissero tutti in un periodo in cui la famiglia era già ascesa dal potere economico a quello politico, trasformando la repubblica fiorentina prima in una Signoria e poi, proprio con Cosimo I, in un Granducato dal peso politico ben più consistente.

Non è questa la sede né per descrivere la genealogia della famiglia e le dinamiche che hanno portato nel corso dei secoli al consolidamento del suo potere, né per analizzarne approfonditamente l’ambientazione storico-culturale.

Tuttavia non possiamo neanche saltare a piè pari tali argomenti: il primo verrà dunque trattato, per quanto succintamente, nell’ultima parte del presente capitolo, mentre per il momento ci dedicheremo brevemente allo sfondo culturale del tempo. Questo risulta essenziale a due livelli: ad un livello micro, più strettamente inerente alla presente tesi, perché allo sfondo culturale si legano quelle attività alchemiche di cui terremo conto anche nella parte sperimentale della presente ricerca; ad un livello macro, che prevede la comprensione, seppur sommaria, della posizione dei Medici, perché nelle nuove scuole di pensiero, ed in particolare nel neo-platonismo, la Signoria trovò fin dalla propria fondazione un pilastro imprescindibile.

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Fu la base su cui articolare argomenti vitali in difesa del proprio potere, facendo scudo tra l’altro al problema legale e diplomatico legato al riconoscimento della famiglia da parte dell’imperatore ed offrendo le basi teoriche per negare il relativo stato di vassallaggio della città di Firenze, che impediva la costituzione di una completa sovranità diplomatica come quella di Venezia o Napoli (Brown A.,1986). Secondo le teorie neoplatoniche che i Medici contribuirono a diffondere, infatti, il diritto a governare non discendeva dall’alto ma piuttosto dalla capacità di farlo in modo saggio: il potere veniva giustificato quando accompagnato dalla conoscenza; il benessere del popolo, in quest’ottica, non dipende dai codici legislativi in sé ma dalla saggezza di chi li applica in modo elastico, e per questo si cominciò ad affermare che fosse necessario distribuire le cariche in base all’abilità piuttosto che ereditariamente. E’ facile intuire come tutto questo giocasse a favore dei nuovi ricchi legislatori del Mugello, che costruirono la propria immagine sociale sulla propria cultura e sapienza. Ma qual’era, oltre al sapere filosofico neoplatonico, il bagaglio di conoscenza dei sapienti del tempo? Abbiamo accennato nell’introduzione alla centralità dell’alchimia, ma prima di addentrarci nell’argomento sarà utile dare un rapido sguardo al sistema del sapere rinascimentale.

Problematico e controverso, il Rinascimento cela in sé motivi antichi e moderni; se da un lato si sviluppa su basi culturali prettamente medioevali, delle quali conserva tracce profonde, dall’altro si intravedono in questo periodo di cambiamento alcuni motivi che saranno sviluppati nelle epoche successive e che possiamo definire moderni .Ciò che viene presupposto dal nome stesso di Rinascimento è la rinascita, intesa non solo come riscoperta, rinascita appunto, dell’amore per i classici: in senso più ampio si prefigura una svolta nella società, che, secondo il sentire del tempo, nel trapasso dalla precedente epoca si fa nuova. Ciò che rinasce è l’uomo, la sua centralità nel mondo e la possibilità, non più preclusa, di essere Faber, artefice del proprio futuro, modificatore della natura.

Nella speculazione filosofica non seduce più la pura contemplazione matematica, né il sapere fine a se stesso, ma esso diviene il mezzo attraverso il quale si vuole

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trasformare il mondo; quel che importa non è contemplare, ma andare oltre, mutando la situazione data.

Si fa largo L’Homo Faber , che cerca di svincolarsi dagli schemi immutabili ed eterni della società feudale: è l’individuo nuovo, artefice del proprio destino, che con la propria coscienza, con la nuova ampiezza delle proprie vedute, si contrappone all’immagine del mondo propria della precedente società.

E’ un uomo come Cosimo il Vecchio, che non solo ampia la propria cultura, ma con il mecenatismo, con la commissione di traduzioni di grandi opere che riaffiorano dal passato, amplia gli orizzonti culturali stessi del proprio tempo ed in funzione del proprio sapere modifica la propria posizione sociale e il proprio mondo preparando la strada per la futura signoria.

E’qui utile soffermarsi sul ruolo giocato dalle diverse culture tradizionali, quali magia, astrologia ed alchimia, nel cambiamento che si prefigura al passaggio medioevo-rinascimento.

L’opera magica assume nel rinascimento una posizione centrale tra le attività umane, in quanto proprio attraverso essa l’uomo esprime il suo potere, la sua centralità nell’universo.

Bisogna tener presente come il tema magico fosse molto presente anche durante l’età medioevale, ma come sostanzialmente differente sia l’approccio della società rinascimentale nei suoi confronti. A lungo relegato nel sottobosco culturale, combattuto dalla teologia medioevale, adesso si purifica, divenendo tema comune di pensatori e scienziati, che come Bacone, Pico della Mirandola, Raimondo Lullo portano in primo piano il radicale mutamento della visione dell’uomo.

Nella panorama medioevale il mago altro non è che la tentazione demoniaca, desiderosa di annientare il mondo perfetto, ed è per questo perseguitato.

Non poteva essere accettato dall’antica filosofia ecclesiastica, la filosofia dell’ordine stabile: essa preferiva la razionalità dell’ordinata scala degli esseri alla libertà di indagine, libertà empia all’interno della quale si cela la possibilità che tutto venga

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Al contrario nella cultura del Rinascimento, assistiamo alla rivendicazione delle culture tradizionali, la magia e la sua inseparabile compagna, l’astrologia, proprio nella sua essenza di modificatrici della realtà.

Scrive Eugenio Garin, storico del pensiero umanistico di fama mondiale: “Magia era visione della vita e del tutto e ritrovamento del linguaggio universale, dei simboli e degli strumenti per dominare e indirizzare le forze della natura. Astrologia era certezza dei legami tra le cose, dominio dei corpi celesti, anch’essi vivi con le loro anime, e dominanti uomini e cose”1

L’esame dell’intricato rapporto tra le culture tradizionali e le scienze della natura contribuisce a confermare l’immagine della cultura rinascimentale come cultura composita e complessa.

Le culture tradizionali godettero per tutta la durata del rinascimento di grande fortuna, che fu decretata sia dall’interesse che il popolo nutrì per gli oroscopi o le pratiche magiche, ma anche dall’esercizio attivo di politici, scienziati, illustri filosofi e membri delle alte gerarchie ecclesiastiche, che in abbondanza si adoperarono all’astrologia, alla magia e all’alchimia, strettamente legata quest’ultima ad una visione ermetica del mondo, che diviene in quest’era come un inno all’uomo, alla sua forza.

L’atteggiamento delle classi sociali più agiate, delle corti e del clero, è in questa ricerca argomento da sottolineare, data la connotazione dei nostri protagonisti, signori di Firenze e cultori dell’antica tradizione ermetica.

Dagli albori della Signoria, con la traduzione del Pimandro, opera che all’epoca fu ritenuta il più remoto monumento della teologia egiziana2, fece il suo ingresso a palazzo l’antichissima tradizione alchemica.

A partire da Cosimo il Vecchio, che ne chiese la traduzione a Marsilio Ficino, suo eruditissimo astrologo, le millenarie conoscenze ermetiche si trasmisero nelle generazioni; da Caterina Sforza a suo nipote Cosimo I, e da questi al figlio Francesco ed al nipote Don Antonio.

1 Garin.E, (1966), pag.416 2 Lensi Orlandi G. (1978c) pag. 18

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Le profonde conoscenze di Cosimo I e suo figlio Francesco sulla dottrina alchemica, e le attività ad essa legate, che entrambi intraprendono emergono chiaramente da uno studio sulla corrispondenza epistolare tenuta dai granduchi di Toscana.

E’ inoltre interessante notare come tale dottrina permei la quotidianità di questi due personaggi, e come essa reciti un ruolo centrale nella loro vita.

Infatti Palazzo Vecchio, scelto come sua residenza da Cosimo I, viene fatto ristrutturare in modo che ogni ambiente, ogni sala o stanza esprima, attraverso il simbolismo, la coerenza delle immagini ispirate dal pensiero e dall’impostazione spirituale di Cosimo.

Il legame tra Cosimo e l’Arte Regia sembra essere confutato ulteriormente dall’analisi dell’impianto architettonico di Palazzo Vecchio, che mostrerebbe chiaramente, se letto in chiave ermetica, i simboli che costituiscono la sintesi dell’arte ed i principali protagonisti della letteratura alchemica.

L’analisi fatta da Giulio Lensi Orlandi sulle principali sale del palazzo e soprattutto sul Tesoretto, locale privatissimo di Cosimo I, che cela in sé tutta la carica simbolica, propria della concezione alchemica, va proprio in questa direzione.

I.2: Alchimia, cenni storici e concetti chiave.

Le definizioni della parola Alchimia portano spesso con sé una forte semplificazione formale della stessa, essendo limitate, nella maggior parte dei casi, alla sola sfera operativa. Il dizionario Treccani può essere preso come esempio:

Alchimia: 1 Arte, nata nell'ambiente ellenistico dell'Egitto nel 1° sec. d. C., che si proponeva la manipolazione e trasformazione dei metalli, e in partic. la loro possibile trasmutazione in oro o in rimedî per il prolungamento della vita.3 L'etimologia della parola Alchimia ha dato origine a numerose controversie, sembrerebbe derivare dal latino medievale alchimia, e questo dall'arabo (San'a) al-kīmiyā' (الكيمياء o الخيمياء) “(arte della) pietra filosofale”, che a sua volta deriva,

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attraverso il siriaco kīmiyā, dal greco tardo χυµεία o χηµεìα, che significa "fondere", "colare insieme", "saldare", "allegare", ecc..

Un'altra etimologia collega la parola con Al Kemi, che significa "L’Egitto", dato che gli antichi Egizi chiamavano la loro terra Kemi ed erano considerati potenti maghi in tutto il mondo antico. Sembrerebbe possibile anche la derivazione dall’egizio "kemeja" unito all’arabo "El", da cui il significato etimologico di "scienza della terra nera", ovvero della materia prima od originaria.

Il vocabolo potrebbe anche derivare da kim-iya, termine cinese che significa "succo per fare l'oro".4

Nessuna di queste etimologie può essere esclusa a priori, poiché la storia di questa disciplina è tale da coinvolgere tutte le culture summenzionate: a quanto pare l’antenato primigenio dell’ alchimia si affermò in Cina millenni prima di Cristo, di lì si diffuse, modificandosi, in tutto l’Oriente, fino ad arrivare in Egitto, dove si mescolò alla sapienza egizia e alle sue conoscenze. L’erede di quest’antico sapere apparve nel mondo classico nei primi secoli d.C., ma il suo centro di gravità rimaneva Alessandria. Nel corso del V secolo, poi, l’Alchimia si trasferiva operativamente a Bisanzio, ove un secolo più tardi passò sotto il controllo degli arabi, che ereditavano così tutti gli insegnamenti delle scuole ermetiche egizie e greche. Per avere un’idea del livello di conoscenza pratica da loro raggiunto basti ricordare che essi scoprirono la preparazione dell’acido nitrico, dell’acido solforico e dell’acqua ragia arrivando a conoscere addirittura i preparati di potassa con calce, del sale ammoniaco e dello stesso alcool, nonché svariati elementi chimici totalmente sconosciuti agli scienziati occidentali dell’epoca.

Immensa è stata l’influenza araba sull’Arte ermetica. Dal VII all’VIII secolo l’Alchimia veniva introdotta in tutti i paesi da loro conquistati, specialmente in Spagna, che diventava allora uno dei più grandi centri ermetici dell’intero continente europeo.

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Nella cultura mediterranea fu considerato fondatore dell'Alchimia Hermes Trismegisto, nome che significa "Re tre volte grande". Personaggio storico, o di fantasia, Hermes veniva identificato dai Greci con il dio egizio Thot, divinità lunare della scrittura. Proprio dalla figura di Hermes Trismegisto nasce il termine ermetismo con il quale si indica generalmente un complesso di dottrine esoteriche nel quale confluirono durante l'ellenismo (IV-I sec. A.C.) teorie astrologiche di origine caldea, elementi della filosofia di ispirazione platonica e pitagorica, credenze gnostiche e procedure magiche egizie.

Fra i tanti scritti attribuiti ad Ermete Trismegisto il gruppo più interessante è costituito da 17 opere filosofiche o logoi che formano il cosiddetto Corpus Hermeticum.

Le tematiche ermetiche vennero discusse dai filosofi pagani e cristiani, influenzando sia le filosofie tardo-antiche sia il nascente cristianesimo.

Gli scritti del corpus considerati autentici dai Padri apostolici e tradotti in latino da Marsilio Ficino alla fine del XV secolo, proprio su committenza dei Medici, ebbero grande credito per tutto il Rinascimento e furono molto popolari tra gli alchimisti. Il grande interessamento nutrito dalla società per la disciplina alchemica è dimostrato dalla cospicua produzione letteraria ermetica del XV sec.

Uno dei concetti cardine dell’alchimia e della filosofia ermetica, diffusamente studiato e trasmesso dai tempi di Platone fino ai giorni nostri, è quello dell’Anima Mundi o Spirito Universale, e proprio il dialogo platonico Timeo, conservato nella latinità medievale, ed enfatizzato nel rinascimento con il riaccendersi dell’amore per questo filosofo, trasporta con sé tale nozione.

Una esposizione di questo antico concetto ci viene da Guglielmo di Conches (ca. 1080-1145 ca.) eminente rappresentante della scuola di Chartres; T.Gregory così la riporta nel suo libro:

“L’anima del mondo è un’energia naturale delle cose per cui alcune hanno soltanto la capacità di muoversi, altre di crescere, altre di percepire attraverso i sensi, altre

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Ma ci si chiede cosa sia quell’energia. Ma, come mi sembra, quell’energia naturale è lo spirito santo, cioè una divina e benigna armonia che è ciò da cui tutte le cose hanno l’essere, il muoversi, il crescere, il sentire, il vivere, il giudicare. […] ma non si sviluppa il medesimo potere in tutti, ciò a causa dell’inerzia e della natura dei corpi.”5

I filosofi ermetici sostengono che alla base di tutta la creazione sta uno Spirito, creatore e rettore del mondo, fondamento vitale di tutta la manifestazione universale; questo anima i corpi e li rende tanto più incorrotti tanto più essi ne sono colmi, infatti nel “Poeme Philosophique de la verite de la Phisique Minerale” si sostiene che: “un grano di questo spirito d’origine celeste, preso da solo, ha più efficacia di un vaso di medicina”6.

La corporificazione di questo spirito è da sempre lo scopo ultimo dell’operatività alchemica.

Il risultato ha tradizionalmente il nome di Pietra Filosofale. L’insieme delle operazioni volte a tale raggiungimento si chiama Grande Opera.

La trasmutazione iniziatica

L'alchimista ricerca la decifrazione e la conoscenza delle leggi della Natura, delle norme che la regolano, che la trasmutano, in quell'incessante flusso che va dall'Uno al Molteplice e viceversa. L’alchimia, nota anche con il nome di Arte Regia, è nel medesimo tempo filosofia, scienza naturale e scienza cosmologica; presuppone una metafisica ed un ordine di conoscenze soprasensibili che presuppongano, a loro volta, la trasmutazione iniziatica di chi opera.

“ L’operazione della trasmutazione riguardò l’operatore più che la sostanza, operatore che dovette raggiungere tali condizioni di coscienza da poter realizzare l’aspetto psichico degli oggetti fisici, l’essenza “sottile” della loro apparenza esteriore. Ecco l’occulto che si fa manifesto, ecco l’apparizione della natura che è

In figura Solomon Trismosinus, Aurum Vellus, Hambutg, 1708 5 T.Gregory: Anima Mundi. Sansoni Firenze 1955

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nascosta nell’interno.”7 Tale operazione è sintetizzata dall’ acronimo V.I.T.R.I.O.L.U.M., in uso nella letteratura alchemica.8

La concezione ermetica dell'universo è basata sull’ interconnessione analogica tra le sue parti, il microcosmo ed il macrocosmo, l’uomo e le stelle.

Solamente la rivelazione ermetica può, attraverso il ragionamento analogico, consentire il raggiungimento della catarsi intellettuale.

Non è questa la sede per un’analisi delle analogie alchemiche; per poter comprendere le figure di Cosimo I e Francesco I basti qui considerare che l’assenza o la presenza di sensibilità metafisica separano gli iniziati, capaci di comprendere i testi, dai non iniziati.

La trasmutazione è la premessa per la conoscenza e per la sapienza ; “superare attivamente la condizione umana, creare un essere impassibile fuori dall’impeto delle acque è lo scopo dell’Arte Regia, la conclusione della Grande Opera.”9

Quest’essere sarà l’unico a conoscere interiormente ed esteriormente le proprietà di tutte le cose, le operazioni profonde della natura.

L’Opus Alchemico

L’Opus Alchemico è sintetizzato dalla frase pensa agendo ed agisci pensando: le pratiche di laboratorio sono inscindibili dalla teoria, e viceversa; senza la conoscenza e l’utilizzo di entrambe sarà per l’alchimista impossibile portare a compimento l’opera.

Esse infatti non figurano come elementi distinti o atti in sequenza operativa, ma sono il frutto di un simultaneo riconoscimento dell’agire nello stato naturale. Per questo motivo non esiste un’alchimia speculativa e un’alchimia di laboratorio, ma esiste l’alchimia, ovvero una scienza il cui fine è la realizzazione dell’atto palingenetico universale che porta alla simultanea immortalità fisica e spirituale. La sua vera natura

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è nell’isolamento e successiva unificazione dei principi costitutivi della materia e dell’energia.

In effetti in Natura nulla deve essere sottoposto a modifica e/o perfezionamento, tutto è già presente, attende solo di essere portato allo scoperto.

Ed infatti le sostanze che compongono l’universo sono considerate potenzialmente oro, ma temporalmente esistenti in varie fasi della loro purificazione che, senza l’intervento dell’opera alchemica si realizzerebbe in tempi indefiniti.

Quindi il mistero da scoprire, la pietra filosofale, è quello dell’intelligenza della natura, da assecondare per accelerare i ritmi temporali della trasmutazione verso la perfezione.

Le vie Alchemiche

Molteplici sono le vie per realizzare l’opus alchemico, la pietra filosofale; a cambiare non sono solo il numero ed il nome delle fasi, ma in particolar modo, sia la materia prima, sia l’operatività di laboratorio, sono mutevoli e sfuggono a una metodica ed organica stesura.

Le principali vie alchemiche sono: quella Umida, considerata la più nobile, che utilizza come materia di partenza il Cinabro10 ed il Vetriolo11; e quella Secca che utilizza l’Antimonio12 o la sua forma minerale, la Stibina13.

Un’altra via è quella degli amalgami, seguita da Nicolas Flamel e Filatele14

10 La via del Cinabro è descritta con grande dettaglio in :Dictionnaire de Philosophie Alchimique, Kamala Jnana, Éditions G. Charlet, Argentiére (H.S) France, 1961.

11 Basilio Valentino ,Le Dernier Testament , Retz, Paris, Troisième Livre 12 Basilio Valentino, Il Carro Trionfale Dell'antimonio, (Retz Parigi, 1977)

13 La via secca propriamente detta è effettuata con la stibina, come è stato descritto in tutti i suoi dettagli da Eugenio Canseliet nel suo L'Alchimia Spiegata Sui Suoi Testi Classici, Jean-Jacques Pauvert, Parigi, 1972.

14Ireneo Filalete. L'Entrata Aperta al Palazzo Chiuso del Re .Phoenix

Nicholas Flamel. Testamento. Londra: Stampato da J. e E. Hodson. e venduto dall'Editore. 1806

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La pietra filosofale

Gli alchimisti concordano da migliaia di anni che il Grande Magistero porta all'acquisizione di una triplice corona regale, al cosiddetto donum de, l'ottenimento della pietra filosofale, detta anche rubino dei saggi, una polvere rossa e granulosa che viene ottenuta al termine della terza fase dopo un procedimento lungo e difficoltoso. Questa contiene in sé tre proprietà per colui che la consegue: la panacea, l’onniscenza, la capacità trasmutativa.

La panacea, o medicina universale è la pietra stessa, che disciolta in un liquore alcolico produrrebbe l’elisir di lunga vita, in grado una volta ingerito di guarire qualsiasi malattia e di conferire l' immortalità.

La seconda proprietà, l'acquisizione dell' onniscienza, gli permette di prendere consapevolezza del passato, del presente e del futuro, del bene e del male.

Il raggiungimento di questo stato è lo scopo supremo della creazione, ovvero l'incarnazione dello spirito divino nella densità della materia.

La terza proprietà della pietra è quella trasmutativa, quella più ricercata dagli avidi e che ha colpito maggiormente l'immaginario popolare: è la capacità della pietra di trasmutare a sua volta altre porzioni di metallo in oro.

Da ciò deriva l'enorme potere di arricchimento detenuto dall'Adepto, che egli userà per scopi strettamente umanitari, avendo egli sviluppato un senso morale parallelo all'elaborazione della pietra che costituisce una conditio sine qua non per la riuscita finale.

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I.3: Il ramo Granducale della famiglia dei Medici

Tracciato così il quadro filosofico-culturale all’interno del quale prese vita la famiglia dei Medici e che da questa stessa venne nel tempo fortemente influenzato, pare utile concentrarci adesso su quegli esponenti della famiglia stessa che sono stati oggetto delle analisi qui riportate e discusse.

Come mostra la figura 5 due sono i rami principali che compongono questa famiglia: quello principale di Cafaggiolo, che inizia con Cosimo il Vecchio, figlio di Giovanni di Bicci, e quello cadetto dei Popolani, che diverrà “Granducale” in seguito alle disgrazie del primo.

Questo secondo sarà quello di maggior interesse per la nostra ricerca, dato che i resti scheletrici oggetto di questa tesi di laurea appartengono proprio a questo, come si vede dall’albero genealogico qui di seguito riportato.

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Nelle pagine seguenti verranno presentati gli undici membri del casato mediceo in studio.

I.3.1: Cosimo I dei Medici (1519-1574):

Cosimo I de' Medici, figlio di Giovanni dalla Bande Nere e Maria Salviati, fu duca di Firenze e, in seguito, il primo granduca di Toscana. Governò dal 1537 al 1574, restaurando il potere dei Medici in modo così saldo che da quel momento governarono Firenze e la Toscana fino alla fine della dinastia, avvenuta con la morte senza eredi dell'ultimo granduca Medici, Gian Gastone, nel 1737. Cosimo I sposò nel 1539, Eleonora di Toledo (1519-1562), figlia di Don Pedro Alvarez de Toledo, marchese di Villafranca e viceré spagnolo di Napoli. Grazie a questo matrimonio Cosimo entrò in possesso delle enormi ricchezze della moglie e si garantì l'amicizia politica del viceré di Napoli, uno dei più fidati luogotenenti dell'imperatore. Sebbene Cosimo esercitasse il potere in modo dispotico, sotto la sua ammistrazione la Toscana fu uno stato al passo coi tempi: rinnovò l'amministrazione della giustizia, facendo emanare un nuovo codice criminale, rese efficienti i magistrati e la polizia. Spostò la sua dimora da Palazzo Medici (oggi Palazzo Medici Riccardi) a Palazzo Vecchio, emblema della Firenze Repubblicana e dei suoi ideali di democrazia, così che ogni fiorentino avesse ben chiaro che il potere adesso era tutto nelle sue mani.

Cosimo I si adoperò per ricevere un titolo regale che lo affrancasse dalla condizione di semplice feudatario dell'imperatore e che gli desse quindi maggior indipendenza politica. Non trovando alcun appoggio da parte imperiale si rivolse al Papato, che finalmente nel 1569, emanò una bolla che lo creava granduca di Toscana. Nel gennaio dell'anno successivo fu incoronato dal papa stesso a Roma, tuttavia tale diritto sarebbe spettato all'imperatore e per questo mentre Francia ed Inghilterra lo ritennero fin da subito valido, Spagna e Austria si rifiutarono di riconoscere il nuovo titolo. Col passare del tempo tutti gli stati europei finirono tuttavia per riconoscerlo. Il Granduca proseguì gli studi di alchimia e di scienze esoteriche, la cui passione

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traccia di tali interessi in un libro di ricette e di procedimenti (quasi 500): Liber de experimentiis Catherinae Sfortiae.

Sia il De la trasmutazione de’ li metalli di Antonio Allegretti, sia il Libro de’ minerali et distillazioni di Don Basilio Lapi, opere a carattere prettamente alchemico, sono dedicate a Cosimo I, il cui interesse per tali argomenti ancor più traspare dal libro d’appunti, oggi intitolato Cosimo I Gran Duca di Toscana. Raccolta di segreti alchemici con sue postille originali. 15

Nel 1564 abdicò a favore del figlio Francesco, ritirandosi nella villa di Castello vicino a Firenze. Morì il 21 aprile 1574 a cinquantacinque anni, probabilmente a causa di febbri catarrali.

I.3.2: Eleonora di Toledo ( 1519–1562):

Figlia di don Pedro Alvarez di Toledo Eleonora andò in sposa a Cosimo I de' Medici all'età di diciassette anni. Nell'ottobre 1562 Eleonora seguì Cosimo in un viaggio verso la Maremma, per vedere come procedevano i lavori di bonifica da lui iniziati; ella soffriva da tempo di emorragie polmonari e i dottori le avevano raccomandato di passare l'inverno nel mite clima della costa. Con lei, nonostante la regione fosse infestata dalla malaria, erano partiti tre dei suoi figli: Giovanni, Garzia e Ferdinando. A distanza di poco tempo però, durante una sosta nel castello di Rosignano, Giovanni e Garzia morirono colpiti da forti febbri, ed anche Eleonora si ammalò e nello spazio di poco più di un mese si spense. Ferdinando, che sarebbe diventato prima cardinale e poi granduca, fu il solo a salvarsi. Nel corso degli anni prese campo una storia

15 “ Pratica vera per fare argento. Piglia il Cinabro delle 10 stilazioni e mettilo a bollire col

vetriolo e con l’olio di tartaro e così bolla per un’ora e non si secchino ma restino morbidi e così fatto dividi l’un pezzuolo dall’altro e così molti rinvolgili in ritargirio d’oro ben polverizzato in modo che tutti ben insieme involti e piglia una scatola di buon ferro, nella qual scatola farai uno strato alto un dito grosso di polvere di antimonio e di tartaro sottilmente polverizzato per ugual parte, sopra alle quali ne farai un altro strato di limatura finissima di argento e sopra l’argento uno strato di pezzuoli del cinabro e cosi fatto a che la scatola sia piena ma all’ultimo della scatola farai uno strato di ritargirio e di tartaro calcinato per ugual parte e poi chiudi la scatolacol suo coperchio e imbutala intorno con buonissimo luto e nota che ogni libbra di cinabro debbe essere di quattro di limatura d’argento.[…]

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infondata su questo avvenimento, probablimente inventata dagli esuli fiorentini nemici di Cosimo. Secondo questo racconto Garzia avrebbe pugnalato Giovanni durante una battuta di caccia e Cosimo, venuto a conoscenza dell'accaduto avrebbe ucciso Garzia. Eleonora, al sapere del duplice omicido, sarebbe morta di crepacuore, addolorata anche dalla recente morte della figlia Lucrezia. Molti documenti, tra cui alcune lettere private di Cosimo al figlio Francesco, provano invece l'avvenuta morte di Eleonora e dei sui figli a causa della malaria.

I.3.3: Garzia de' Medici (1547 - 1562)

Era l'ottavo figlio di Cosimo I de' Medici, Il nome spagnolo (Garcìa) fu sicuramente scelto dalla madre e fu italianizzato in Garzia. A tredici anni era già stato nominato Comandante onorario delle galee pontificie (1560) e Comandante supremo delle galee toscane (1561) per cui si intuisce come i genitori per lui avessero previsto una carriera militare nella marina. Come abbiamo visto il suo destino fu invece quello di morire l’anno seguente di malaria durante il fatidico viaggio sulla costa.

I.3.4: Giovanni di Cosimo I de' Medici (1543 - 1562)

Figlio secondogenito di Cosimo I e di Eleonora di Toledo, fu destinato alla carriera religiosa, come accadeva normalmente nelle famiglie potenti; Francesco, suo fratello primogenito, fu invece educato alla politica ed alle arti militari. La sua carriera fu fulminea: dopo essere stato vescovo di Pisa, a diciassette anni fu nominato cardinale da Papa Pio IV nel concistoro del 31 gennaio 1560. Tuttavia probabilmente già ammalato di tubercolosi, morì anche lui a causa della malaria contratta in quello stesso viaggio sulla costa in cui persero la vita la la madre,ed il fratello Garzia,. Suo padre Cosimo I ebbe un altro figlio un anno dopo la morte di Giovanni (1563) e decise di chiamarlo con lo stesso nome. Per la sua attività in Spagna ci si riferisce a lui come a Don Giovanni.

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I.3.5: Francesco I (1541-1587):

Francesco I, figlio primogenito di Cosimo I ed Eleonora di Toledo, nasce a Firenze il 25 marzo 1541. Sin da bambino si dimostra diverso dai suoi coetanei, rivelando un temperamento malinconico ed incline agli studi; ci viene descritto dal segretario di corte come estremamente quieto, riflessivo, tendente al malinconico. Schivo ed immerso negli studi affianca alla lingua italiana la perfetta padronanza del castigliano, insegnatogli dalla madre e perfezionato durante i viaggi che intraprende, per conto del padre, presso la corte spagnola (1561 e 1565).

E’ un giovane intelligente, curioso e colto; accosta negli anni allo studio dei classici, tipico per l’epoca, interessi in diversi campi tra i quali ricordiamo ad esempio la cosmografia e la geografia. Più in generale Francesco I mostra una spiccata curiosità naturalistica, della quale si ritrova traccia in alcuni titoli da lui conservati all’interno dello studiolo.

Se l’analisi storiografica è di per sé un processo creativo e dinamico, questo è vero a maggior ragione nel caso di una figura come quella di Francesco I, così complessa da offrire alle diverse correnti di pensiero la possibilità di delinearne ritratti completamente diversi. Luciano Berti ci offre nel suo “Il principe dello studiolo” uno sguardo d’insieme sulla considerazione che gli storici nei secoli hanno avuto di Francesco I. E’ stato visto dalla società barocca, attraverso gli schemi interpretativi e di analisi tipici del tempo, come un personaggio lascivo ed immorale; ma proprio i lati del suo carattere ritenuti all’epoca negativi sono quelli che visti attraverso i nostri occhi “contemporanei” ne rivalutano la figura.

La figura del Granduca che emerge dal primo ed unico studio complessivo sull’opera di Francesco I, compiuto da Riguccio Galluzzi nel 1781, rende manifesta la generale diversità dei valori della società dell’autore rispetto a quelli cinquecenteschi, nonché a quelli attuali.

Ad esempio la mentalità borghese settecentesca si concentrava piacevolmente sulla relazione scabrosa intercorsa come vedremo in seguito, tra Francesco I e Bianca Cappello, al punto che nel tardo ‘700 divenne un tema di pubblicazione ampiamente

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replicato. Non di meno la sfera pubblica era sotto continui attacchi, egli infatti appariva, agli idealisti risorgimentali, immorale, dissoluto, tirannico e suddito servo della Spagna.

Se Ferdinando I (1549-1609) era già personaggio della controriforma, Francesco I apparteneva invece ad una diversa fase, etichettabile con il termine di manierismo, che lo avvantaggia del simpatizzante interesse contemporaneo per quella cultura. A colpirci sono i molteplici aspetti contraddittori della personalità del granduca; il romanticismo e la spietata crudeltà, la maschera stilizzata ed altera e le forti disposizioni intime e asociali, ne fanno un personaggio accattivante.

La descrizione fisica e psicologica di Francesco I, fornita dal diplomatico veneto a lui contemporaneo, Lorenzo Priuli, nella relazione che egli fa pervenire al proprio signore16, non è in linea, dal punto di vista fisico, con quanto risulta dall’analisi della salma.

Dai resti scheletrici, infatti, Francesco I appare uomo longilineo ma vigoroso, con una statura di m 1,74, cranio medio e naso stretto. Proprio le inserzioni muscolari del deltoide, del gran pettorale, del gran dorsale, del bicipite e dei muscoli dell’avambraccio sono assai pronunciate, rivelando la robustezza del granduca.

Come nel padre anche in Francesco troviamo quasi tutti i marcatori scheletrici dei cavalieri; questi dati ribaltano lo stereotipo tradizionale di un principe intellettuale e sedentario, mostrandoci invece la figura di un uomo molto attivo.

Egli vive la propria giovinezza cercando di seguire le orme paterne, ma l’eccezionalità della tempra e del carisma mostrati negli anni da Cosimo, difficilmente eguagliabili, impedirà a Francesco di raggiungere le stesse mete conquistate dal padre. E’ sotto l’influenza di questa grande figura che Francesco I cresce e matura sviluppandone le passioni principali: la speculazione ermetica, il

16 “Il principe di Fiorenza nacque l’anno quarantuno ai venticinque di marzo talché a questo marzo prossimo avrà 25 anni, è di statura piccolo, magro, negro di faccia e di cera malinconica, ha atteso sempre questo principe ai piaceri e

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laboratorio, il mecenatismo, e la forte attrazione per le donne sono il suo centro di gravità .

La passione per le attività di laboratorio, siano esse legate all’alchimia, alla produzione spagirica, o alla sperimentazione in generale, è in Francesco precoce e lo accompagna sino alla morte. Non ancora ventiduenne già si interessa all’arte alchemica; ne abbiamo prova grazie agli scambi epistolari pervenutici, di cui ci occuperemo in seguito.

Due anni più tardi, correva l’anno 1565, Francesco I si sposa con Giovanna d’Austria, figlia dell’imperatore Ferdinando I d’Asburgo, appena diciassettenne. Francesco si diletta tutto il giorno nelle sue pratiche di laboratorio, lasciando alla sera le passioni mondane. Il padre lo rimprovera sovente sia del suo comportamento notturno per le vie della città,17 sia per le sue attività diurne, così assidue da destare in lui preoccupazione per la sua salute.

Questo personaggio inquieto, sempre votato alla ricerca intellettuale, alle scienze occulte e all'arte, presto si rifugia in un amore segreto con una nobildonna veneziana, la Bianca Cappello di cui si diceva poc’ànzi, avvenente e piena di vivace intelligenza, ma di cultura media, definita all’epoca come un’avventuriera di perfidi sentimenti e una scalatrice sociale. Con lei si aggrava la condotta morale di Francesco: Bianca infatti, donna già sposata, non solo diventa la sua amante, ma organizza, col tacito assenso di Francesco, l’omicidio del marito. Alla morte della moglie di Francesco i due possono così sposarsi.

Moriranno nel 1587 nella villa di Poggio a Caiano ad un giorno di distanza l’uno dall’altro. Secondo le cronache originarie si sarebbe trattato di febbre terzana, ma non mancarono i sospetti di avvelenamento; i documenti dei quali siamo in possesso sembrano escludere tale ipotesi, forse i moderni strumenti di analisi potranno sciogliere definitivamente questo nodo.

17 “E ricordate che l’andar voi solo per Fiorenza di notte non sta bene né per l’utile né per l’onore né per la sicurtà maxime quando se ne fa un abito e una continuazione; che troppo ci saria che dir de’ mali effetti che simil cosa pol causare”. Lensi Orlandi G. (1978c) pag.85-86

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L’interesse per la speculazione alchemica, ereditato attraverso suo padre dalla bisnonna Caterina Sforza, si palesa e si materializza nelle sue duplici vesti di corpo e spirito, inscindibili l’una dall’altra: il laboratorio, espressione dell’agire dell’uomo sulla natura, il suo toccarla con mano; lo studiolo, simbolo della ricerca spirituale che egli compie dentro se stesso e che si esprime attraverso le raffigurazioni che compongono lo stanzino di sua altezza.

La ricerca ermetica lo assorbe completamente, ed è proprio questo campo che possiamo utilizzare per raffrontare padre e figlio, prendendo come indice proprio le stanze più intime e personali di palazzo Vecchio; confrontando il tesoretto del padre con lo studiolo del figlio si scorge una grande differenza tra i due: mentre il primo è la raffigurazione del raggiungimento della catarsi trasmutativa di Cosimo, lo studiolo altro non è che il mero tentativo di imitare il padre in questo cammino; Francesco è l’iniziato, Cosimo l’alchimista.

Sono moltissime le epistole che testimoniano la vivacità di questo suo interesse per la ricerca alchemica, e che ci mostrano con dovizia una serie di particolari utili per definire, con una accuratezza e dettaglio altrimenti impensabili, le sostanze, l’operatività e la finalità dei procedimenti da lui intrapresi.

Sfortunatamente la maggior parte delle lettere a noi pervenute sono quelle dei corrispondenti, scarsissime purtroppo sono le copie di quelle granducali, che evidentemente non venivano registrate per ovvi motivi di sicurezza.

Di particolare interesse sembra essere lo scambio epistolare tra Francesco I e Guidantonio Milani da Gubbio, assistente dell’alchimista senese Cesare Mattiuoli.18

18 [...] Scandiglio de la spesa che tenerà in fral' tempo dua mese a poi che seranno, in punto li fornelli uno da sublimare et ravivare, uno da stillare con una forecella per calcianre con 4 vetri. Et prima el capital se anno libra una de luna fina libre .... [ellipses in original] Mercurio libre quatro del quale se ne ritrarà nel redurre in campo almeno libra una per la seconda calcinatione, libre 20 [...] Per legne e carbone in fra dicto tempo, libre 10; per el fonditore al ceneraccio, libre 4; per il mio intratienimento con la moglie e figlio et un citto nelo spedale el qual me serve in casa et fuora, libre 40. Tutta spesa libre 84. [...] Spese per mutarmi di casa e per diversi fornelli, libre 20 [...] E de piu per olio mi truovo debito in Siena da 16 a 18 scudi con diverse persone [...].

The medici project. Vol. 503 foglio 16. Jan 1563.

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Ci è così data la possibilità di conoscere direttamente, dalle parole di un alchimista dell’epoca, attraverso sue conversazioni private con Francesco I, parte di quella realtà spicciola, operativa per noi così velata, che tanto interesse ha destato nelle culture che si sono susseguite.

La decisione di chiudere la fonderia paterna, posta sotto le stanze del primo piano del Palazzo, e di costruirne una nuova, rinvigorisce l’interesse, le sperimentazioni e le produzioni del casato fiorentino, contribuendo a generare la grande notorietà dei fabbricanti di corte e del loro operato.

La nuova costruzione, affidat a Bernardo Buontalenti, viene edificata nel 1574 nel Casino di San Marco: proprio sul terreno dove era sorta l’accademia platonica di Cosimo il Vecchio ora sorge il nuovo centro dell’operatività di casa de’ Medici. Qui Francesco I si apparta, ricerca e produce, opera con la sua cerchia di fidati lavoranti fondendo statue, lavorando metalli e pietre preziose, intraprendendo ricerche alchemiche e spagiriche.

Si adopera ad esempio alla creazione di medicamenti, antidoti e veleni, richiestissimi dai nobili e potenti dell’epoca.19

fatto li l'olio solare pensarò redure [page loss] quasi tutta la calcie in corpo come so che si farà de la luna con suo holio; et delli medesimi holi farne medecina de provisione con la meza sostanzia ch'io farò del mercurio, et caminare non per recette ma col soprimento [scoprimento] de tutta l'arte dico con l'ultimo testamento di Raimondo Lulli, el quale mi e pervenuto in mano pochi giorni sono, disidero la sua epistola a dì, ne potessi, si vostra eccelenzia ne fosse scomidato, quella me ne faccia fare una copia acciò che mentre ch'io lavoro possa intratenermi studiando [...].

The medici project. Vol. 503 foglio 14 1564 Jan 4

[...] Quanto io disidro da Sua Ecc.zia Ill.ma per questo principio è libra 6 di mer.o [mercurio] e libra una e meza di luna fina et comodità ch'io possa fare fornelli di piu sorte con una forcella che regerà tutta la ditta luna con la sua proportione del mercurio. Del [page loss; proposed reading: quale] sene ritrara bona parte per la seconda calcinatione [...] Il medesimo farò del sole perchè como se fa de l'argento la amalgama se piu [può] fare de loro ma con altro ordine del far del ginabro [...].

The medici project. Vol.503 foglio 15. 4 gen.1564

19 Epistola inviata da Gianfigliazzi, Bongianni di Piero, nunzio papale in Madrid a Francesco I.

[...] La lettera di V. A. [...] mi trovò infermo d'un mal di punta il quale m'ha tenuto nel letto già son passati x giorni, e se bene nel principio mi fece paura havendomi preso una sincope che mi privò del tutto della favella e d'ogni sentimento, pure havendo fatto i rimedij a buon ora et essendomi cavato in tre volte forse vj libbra di sangue, mi sento al presente per la gratia di Dio e per la buona e diligente cura molto alleggerito. [...] Feci dare la lettera di V. A. a [Sebastián] Santoyo ringraziandolo ancora per sua parte del seme dell'a[l]bero Moglis. [...] Il Nunzio in queste visite che m'ha fatto, mi disse che volea scrivere a V. A. per supplicarla che gli facesse grazia del suo olio contro a veleno e di quello da stomaco, dell'acqua da petecchie e dello elisir. [...]

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E’ questo il suo spazio ideale, vi si fa addirittura ritrarre, nelle vesti di apprendista-iniziato, dal pittore fiammingo Jan Van der Straet noto in Italia con il nome Giovanni Stradano.

Interessanti e proficui sono i tentativi che Francesco I intraprende per venire a conoscenza del metodo, sino ad allora sconosciuto in occidente, praticato dagli orientali per fabbricare le porcellane.

Bernardo Buontalenti, scultore, architetto e miniatore, tra i più attivi nella corte granducale fiorentina del Cinquecento, riuscì infine a scoprire tale segreto e nei laboratori di corte, alla metà degli anni ’70, valenti artigiani iniziarono la produzione di opere in porcellana tenera.

Come attesta Giorgio Vasari, detta produzione fornì molti manufatti di grande perfezione tecnica e di elevato livello artistico20; ma solo pochi pezzi rari e preziosi, sparsi in vari musei del mondo, oggi restano a testimoniare quanto importante fosse stata quella scoperta fatta alla corte dei Medici.

I.3.6: Giovanna d'Austria (1546 - 1578)

Giovanna d'Asburgo (Johanna von Habsburg), indicata anche come Giovanna d'Austria fu la moglie del Granduca di Toscana Francesco I. Era la più giovane delle figlie dell'Imperatore Ferdinando I d'Asburgo, sorella quindi del futuro imperatore Massimiliano II. Seguì i desideri dei genitori che contrattarono per lei il matrimonio con il rampollo della famiglia Medici, i quali da poco erano entrati nel novero delle famiglie nobili europee e quindi videro con grandissima soddisfazione la possibilità per la loro casata di aumentare ancora il proprio prestigio legandosi con la più importante famiglia nobile europea, gli Asburgo. Giovanna non molto colta nè elegante, affetta com'era da una malformazione alla colonna vertebrale, certo non soddisfaceva le esigenze, almeno estetiche, di Francesco I, che in fatti come abbiamo visto presto si rifugiò nell’amore segreto (che comunque divenne presto di dominio

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pubblico) con Bianca Cappello. Giovanna comunque più che indispettita per l'infedeltà del marito, della quale si curava poco, era delusa perché ferita nell'orgoglio di principessa che non veniva trattata all'altezza del proprio rango. Ci rimangono alcune lettere nelle quali si lamenta con il suocero Cosimo I e poi con il cognato, il Cardinale Ferdinando de' Medici, che proprio contro Bianca Cappello contribuì a formare un fronte ostile rivelandosi un interessato alleato. La nascita di un erede maschio il 20 maggio 1577, Filippo, diede una rinnovata forza a Giovanna, anche se Bianca Cappello aveva dato un maschio (Antonio de' Medici) già nel 1576. La verità su questo figlio illegittimo fu coperta fin da subito da intrighi di palazzo; la voce ufficiale sosteneva fosse il figlio di una serva, in ogni caso Antonio venne estromesso da una qualsiasi pretesa di discendenza da Ferdinando, che dopo la scomparsa di Francesco divenne granduca con il nome di Ferdinando I, rinunciando alla porpora cardinalizia. Mentre la figura di Giovanna doveva apparire sempre più noiosa e patetica a Francesco, ecco che un incidente ne provocò la morte, quando cadde dalle scale, di nuovo incinta, nel 1578.

I.3.7: Anna di Francesco I (1569 - 1584)

Figlia terzogenita di Francesco I e Giovanna d’Austria, morì giovanissima in seguito a tubercolosi polmonare.

I.3.8: Ferdinando I de' Medici (1549 -1609)

Ferdinando, il sesto figlio maschio di Cosimo I de' Medici ed Eleonora di Toledo fu Granduca di Toscana dal 1587 al 1609, dopo la morte di suo fratello maggiore Francesco I.

Fu ordinato cardinale nel 1562 all'età di soli 14 anni, subito dopo la morte del fratello Giovanni, anch’egli ordinato al medesimo uffizio. Abbandonò in seguito la porpora per sposare nel 1586 un ottimo partito quale Cristina di Lorena.

Per molti aspetti Ferdinando fu l'esatto opposto del fratello e predecessore Francesco. Semplice e generoso, esercitò il suo potere in modo mite. Ristabilì il sistema

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giudiziario e fu sempre sinceramente interessato al benessere dei propri sudditi. Ferdinando incoraggiò il commercio e guadagnò molta della sua ricchezza attraverso l'isitituzione, in tutte le più importanti città europee, di banche controllate dai Medici. In politica estera cercò di rendere indipendente la Toscana dall'influenza spagnola. Fece edificare, presso la chiesa di San Lorenzo, le Cappelle Medicee che ancora oggi ospitano i resti Granducali .

Alla sua morte, nel 1609, gli succedette il figlio primogenito Cosimo che regnò con il nome di Cosimo II.

I.3.9: Cristina di Lorena (1565- 1636)

Figlia di Carlo III duca di Lorena e di Claudia Valois, e quindi nipote del re Enrico II di Francia e di Caterina de' Medici, fu la consorte del Granduca di Toscana

Ferdinando I de' Medici.

Proprio sua nonna, la prima regina di Francia appartenente alla famiglia dei Medici, dopo la morte precoce della madre Claudia, si preoccupò della sua educazione e si occupò delle trattative matrimoniali che le garantissero un consorte di alto livello. Alla fine venne scelto il futuro Granduca Ferdinando, che Cristina sposò nel 1586. Non fu una scelta semplice anche perché Ferdinando era in una posizione controvesra, essendo stato cardinale. Dopo la prematura scomparsa del marito nel 1609, tenne la reggenza in vece del giovane figlio Cosimo II de' Medici, destinato a succedere al padre con il raggiungimento dei 21 anni. Fu una donna attratta dal sapere scientifico, intrattenne rapporti epistolari con Galileo Galilei, che proprio a lei dedicò la più famosa delle sue quattro Lettere copernicane, dove lo scienziato si prodigava nel dimostrare come le sue idee non fossero in contrasto con la Bibbia. Curò anche l'educazione del figlio improntandola con lungimiranza alle correnti scientifico-filosofiche più moderne. Morì a Firenze nel 1636.

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I.3.10: Cardinale Carlo de' Medici (1595 - 1666)

Figlio del Granduca Ferdinando I de' Medici e di Cristina di Lorena, ebbe una carriera di successo nella gerarchia ecclesiastica. Amante delle arti e della vita agiata, abbellì Villa Medici a Roma, e fece ristrutturare la Villa di Careggi. Fu nominato cardinale da Papa Paolo V nel concistoro del 2 dicembre 1615. Venne nominato Cardinale Vescovo con la sede suburbicaria di Sabina, ma egli optò per quella di Frascati sette mesi dopo. Il 29 aprile 1652 fu nominato cardinale vescovo di Porto e Santa Rufina e vice-decano del collegio cardinalizio. Già il 23 settembre dello stesso anno divenne Decano del Collegio dei Cardinali e cardinale-vescovo di Ostia e Velletri. Presiedette il conclave che elesse Alessandro VII. Morì a Firenze di broncopneumonia nel 1666 e venne sepolto nella cripta con gli altri membri della sua famiglia in San Lorenzo.

I.3.11: Francesco di Ferdinando I (1594 - 1614)

Il Principe Francesco, quarto figlio del Granduca Ferdinando I e di Cristina di Lorena, morì all’età di venti anni a causa di una malattia intestinale, probabilmente tifo.21

21 Pieraccini G. ., nota 9, pp.383-386.

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Capitolo II

Introduzione

La tecnica analitica detta spettrometria di assorbimento atomico sarà la base sulla quale poggerà la nostra ricerca, volta ad individuare e quantificare le specie metalliche presenti nei campioni ossei della serie dei Medici, ottenuti grazie agli scavi archeologici svolti dall’equipe di ricerca del “progetto Medici” presso la basilica di San Lorenzo (2004) .

II.1: I resti scheletrici e la loro sepoltura

Nella tabella n°1 sono presentati gli appartenenti al casato mediceo, i cui resti scheletrici sono oggetto di questa tesi di laurea. La lettura della mappa topografica (Fig.7) delle cappelle Medicee evidenzia come le sepolture siano divise in cappelle differenti, ognuna ad appannaggio della singola unità familiare.

I resti erano riposti individualmente in cassette di zinco all’interno di loculi sepolcrali singoli coperti da epigrafe.

Questa collocazione non è tuttavia quella originaria, infatti nel 1857, quando si procedette ad una prima esumazione e ricognizione delle ceneri dei Medici, esse vennero trasferite. Poi, nel secondo dopoguerra, le deposizioni furono oggetto di uno studio rilevatosi estremamente parziale, sia per la mancanza di strumentazione adeguata, sia per una certa approssimazione procedurale, che si concluse con un nuovo spostamento dei resti granducali; è in questa occasione che essi vennero posti all’interno delle cassette di zinco.

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Rif INDIVIDUO STATO ricogniz.

1857

STATO ATTUALE

MALATTIE CAUSA DI MORTE

3 Cardinale Giovanni 1543-1562 S artif. M malaria perniciosa 4 Don Garzia 1547-1562 S malaria perniciosa 5 Eleonora di Toledo 1519-1562 S artif. M (nota d’archi vio) 11 parti (18, 19, 20, 21, 23, 24, 25, 26, 27, 31, 32), tubercolosi polmonare (29) tubercolosi polmonare 6 Cosimo I 1519-1574 S artif. M (segni scheletr ici))

vaiolo, febbri malariche (24, 25), cadute da cavallo, renella (41-43), febbri catarrali,

paralisi del braccio sinistro (48), “gotta” ginocchio dx (49), “gotta” (52-53), emiparesi destra, dislalia, instabilità psichica, incontinenza urinaria, afasia, agrafia (54), febbre catarrale (55) arteriosclerosi cerebrale 8 Giovanna d’Austria 1548-1578

M artif. M Nat. parto con rottura

d’utero

10 Anna

1569-1584

M nat. M (s.s) broncorragie tubercolosi

polmonare 11 Francesco I

1541-1587 M artif. M (s.s) era alchimista.

bronchite acuta (20),

broncopolmonite (38), obesità (45), renella con colica (44-45).

malaria perniciosa? avvelenamento? 12 Ferdinando I 1549-1609 S artif. M (s.s) malaria perniciosa (14), bronchite (31, 44, 53), “gotta” del piede sinistro (33, 38, 40, 41, 42, 44, 56), obesità (da 41), sciatica (49), influenza (56), mal di denti (57), tifo petecchiale (59), insufficienza cardiaca, bronchiti, idropisia (60)

occlusione intestinale

13 Francesco

1594-1614

S artif. M (s.s) tifo addominale

21 Cristina di Lorena S nat. M (s.s) 9 parti (25, 26, 28, 29, 31, 33, 34, 35, 39), aborto (30), bronchite (28), febbre (29), arteriosclerosi cerebrale e generale

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Tab 1: Membri del casato mediceo oggetto del nostro studio

Restano comunque tracce della precedente ubicazione dei reperti in casse di legno, grazie al rinvenimento all’interno delle cassette di zinco dei chiodi probabilmente derivanti da esse. E’ bene precisare inoltre come le attuali condizioni dei resti scheletrici siano il risultato dell’incedere del tempo, degli spostamenti ed interventi subiti, che nel corso dei secoli hanno determinato il passaggio dalla iniziale condizione di mummia, naturale o artificiale, a quella scheletrica non in connessione, forma nella quale si trovano attualmente.

II.2: Il tessuto osseo e l’ accumulo dei metalli pesanti

II.2.1: Il tessuto osseo

L’osso può essere considerato un tessuto connettivo, le cui funzioni principali sono protettive, meccaniche e metaboliche. Esistono vari tipi di ossa, tra i quali ricordiamo le ossa lunghe, quelle corte e le piatte.

- Le ossa lunghe sono composte da un corpo, detto diafisi, e da due estremità dette epifisi. All’interno della diafisi vi è una cavità detta cavità diafisaria occupata interamente da midollo osseo o tessuto emopoietico, le cui pareti sono costituite da tessuto osseo compatto. Le epifisi sono costituite da tessuto osseo spugnoso, reso più resistente da trabecole ossee. Esternamente alle epifisi c’è una astuccio di tessuto osseo compatto che prosegue fino alla diafisi.

- Le ossa corte sono costituite da tessuto osseo spugnoso circondato da uno strato sottile di tessuto osseo compatto, non contengono midollo osseo.

influenza (36), congiuntiviti, cataratta (69), accidenti vascolari (71) 29 Cardinale Carlo 1596-1666

S nat. M (s.s.) morbo di Pott toracico alto, con tramite fistoloso cervicale (8) e gibbo (9), gotta, vaiolo

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- Le ossa piatte sono costituite da uno strato di tessuto spugnoso frapposto tra 2 lamine di tessuto compatto. Il tessuto spugnoso può presentare delle lacune contenenti residui di tessuto emopoietico.

L’osso è formato da una componente organica e da una minerale; la matrice organica, che costituisce circa il 30 % del peso asciutto dell’osso, è formata essenzialmente da collagene, proteina che si ritrova organizzata in fasci di fibre, che conferiscono all’osso resistenza alla tensione e alla torsione.

Il restante 70 % della composizione ècostituito da matrice inorganica sottoforma di idrossiapatite di calcio, 3Ca 3(PO4)2Ca(OH)2. Sia la forma strutturale, sia la natura chimica di questo componente sono soggette a grandi variazioni. Il fosfato di calcio infatti, che è il componente prevalente della parte minerale, si trova sia in forma cristallina, comunemente conosciuto come idrossiapatite, sia in forma amorfa. Inoltre la sua natura chimica può includere forme differenti come il carbonato di calcio, fluoruro di calcio e citrato.

II.2.2: La Diagenesi:

Le variazioni stechiometriche nella formula dell’idrossiapatite sono principalmente dovute ad un fenomeno di scambio eteroionico, a causa del quale i vari ioni sono incorporati nell’osso sostituendo i suoi normali costituenti chimici (Sanford 1992). Tale dinamicità dell’osso permane anche in seguito alla sepoltura nel terreno; logicamente l’interazione fisiologica con l’organismo cessa, tuttavia i processi che coinvolgono la chimica dello scheletro assicurano il mantenimento dello scambio ionico, che permette alterazioni postmortem della composizione degli elementi attraverso il contatto con il terreno. Proprio l’ambiente chimico dei suoli di giacitura è da annoverarsi tra i fattori estrinseci che influenzano la diagenesi e l’estensione dello scambio ionico. Il fattore più importante che può influenzare le alterazioni diagenetiche del tessuto osseo è il pH del terreno di seppellimento, che determina la

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Oltre al pH del suolo altri fattori estrinseci sono la temperatura, l’umidità relativa, la presenza di microrganismi, le precipitazioni atmosferiche. L’osso inoltre ha tutta una serie di fattori intrinseci che possono predisporlo agli scambi diagenetici, ricordiamo tra gli altri la porosità, la densità e la quantità di materiale amorfo.

Si presenta perciò un continuum biogenetico-diagenetico nel quale la composizione chimica del tessuto osseo è continuamente alterata sia in un contesto di ante che di post-mortem.

Il concetto di diagenesi, sviluppato in geologia in relazione a processi

che modificano i sedimenti o le rocce sedimentarie in seguito alla deposizione,riadattato all’antropologia, è riferito più specificatamente alle alterazioni postmortem nei costituenti chimici dell’osso in seguito a deposizione nel terreno (Berner, 1980). Con la morte infatti si realizza il passaggio dalla biosfera alla litosfera, l’equilibrio omeostatico esistente tra questo tessuto ed il “vivente “ lascia il passo ad uno altrettanto dinamico tra l’osso e le varie forze geochimiche .

Al fine di analizzare i dati provenienti dai tessuti ossei della serie dei Medici in maniera corretta, questi sono stati correlati con le porzioni di fango alluvionale deposto nella cripta funebre in conseguenza dell’alluvione che colpì Firenze nel 1966. Nel proseguo del capitolo verranno presentati e commentati i dati relativi a tali analisi.

II.2.2: Le possibili cause di inquinamento delle cappelle Medicee:

Per analizzare e discutere i risultati delle analisi svolte durante questa tesi di laurea credo sia necessario esporre brevemente le fonti di inquinamento/ contaminazione che potrebbero aver alterato i reperti in analisi.

Ripartiremo in due gruppi le tipologie di contaminazione possibili, considerando in primo luogo quelle pre-deposizionali e successivamente tutte quelle che possono insorgere in seguito alla deposizione post-mortem

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Cause pre-deposizionali:

 Alcune alterazioni dei valori ossei standard possono derivare ad esempio da usi e costumi legati a particolari epoche storiche. Come esempio citiamo ciò che è avvenuto alla fine del Medio Evo e durante il Rinascimento per quanto concerne il piombo. L’ingestione di questo metallo con alimenti o bevande, determinato dalle vernici a base di piombo del vasellame comunemente utilizzato, certamente ha contribuito allo stato di intossicazione riscontrato in diversi studi sulla materia (Grandjean, 1975).

 Altresì possibile è l’accumulo di determinati elementi a causa del perpetrarsi di cure mediche, come ad esempio i trattamenti mercuriali in auge all’epoca nelle terapie antiluetiche. Anche l’antimonio durante il rinascimento era utilizzato in pratiche terapeutiche, somministrato come purgante.

 Un’ altra modifica dei valori fisiologici può verificarsi alla morte, in seguito a pratiche di imbalsamazione, che possono contribuire all’alterazione dei valori individuali, a causa dell’apporto prodotto dal materiale di riempimento, contenente tra le altre sostanze arsenico e alle volte mercurio (Fornaciari, 1988).

Questo risulta alquanto interessante dato che i reperti in analisi erano originariamente mummificati (Tab.1), anche se non rimane traccia del materiale di riempimento utilizzato per la mummificazione.

Grazie agli scavi archeologici condotti nel sottosuolo della cripta delle cappelle medicee, sono venute alla luce, insieme alla sepoltura dell’ultimo granduca mediceo Gian Gastone, una serie di casse lignee contenenti bambini, alcuni dei quali ancora mummificati. Il materiale di riempimento proveniente da questi ultimi è stato analizzato per poter risalire ai materiali utilizzati nel processo di mummificazione.

Figura

Figura 5: L'albero genealogico della famiglia dei Medici
Tabella 3:Concentrazione del bario nelle ossa umane (µg/g) correlate all’età a .
Tabella 4: Sono riportati n° riferimento, nome, porzione ossea e foto degli 11 reperti della serie granducale in  analisi
Tabella 6: Analisi eseguite su osso compatto.
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