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Il sistema moda in Toscana: nascita, affermazione e prospettive di sviluppo.

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Conclusioni

L’obiettivo di questo lavoro è quello di analizzare il rilievo del sistema moda nell’economia italiana, con particolare riferimento alla Toscana. La ricerca ha inteso, infatti, verificare i fattori competitivi e distintivi del sistema moda in Toscana. La nascita della moda in Italia è avvenuta negli anni Cinquanta, ma già negli anni Venti la produzione italiana aveva iniziato a ricevere i primi riconoscimenti internazionali per la realizzazione di tessuti, ricami e decorazioni e per l’abilità nella lavorazione di materie prime (quali il cuoio e la pelle), settori nei quali la Toscana vantava una lunga tradizione artigianale. In epoca fascista vi furono i primi tentativi per la creazione di una moda tutta italiana. Seppure senza successo, le iniziative del periodo fascista ebbero il merito di innestare alcuni processi innovativi. Durante l’autarchia, le scarpe con suola in sughero di Ferragamo e le borse con manico in bambù di Gucci, resero famose le calzature e le pelletterie fiorentine nel mondo. Fu, quindi, grazie ad un buyer fiorentino, Giovanni Battista Giorgini, che nel 1951 nacque l’alta moda in Italia. Giorgini creò una vetrina internazionale per l’artigianato e la creatività artistica italiana; infatti grazie alla sua lunga esperienza nel campo era consapevole delle potenzialità italiane e in particolare toscane soprattutto sul mercato Nord-Americano, l’unica piazza nell’immediato dopoguerra ad avere disponibilità economiche. Giorgini fece sfilare le creazioni italiane in un’atmosfera unica al mondo: lo stile e i paesaggi italiani sarebbero stati infatti la cornice ideale per la nascente alta moda italiana. Una città come Firenze costituiva il luogo ideale per tale iniziativa, come emblema dell’arte, della cultura e del saper vivere. La moda italiana nata sulle passerelle fiorentine si caratterizzava rispetto alla realtà della moda francese, allora dominante, per la sua praticità, versatilità, qualità, creatività e soprattutto per i suoi costi contenuti. Proprio il successo della pedana fiorentina, fu alla base dell’affermazione della moda italiana e più in generale del made in Italy nel mondo. Un trionfo che venne sancito però solo successivamente sul mercato internazionale a partire dagli anni Settanta e che non vide più Firenze

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e Giorgini come protagonisti. La pedana di Pitti e la città di Firenze non costituivano più un ambito adeguato alle nuove esigenze del mercato di massa, affermatosi nel corso degli anni Sessanta. Firenze era una città “vecchia”, dove mancavano le infrastrutture e i servizi alle imprese. Così dove non arrivò Firenze sopperì Milano. Al capoluogo lombardo va infatti il merito di aver compreso il futuro della moda: non c’era più spazio per l’alta moda, ma il futuro era il prêt-à-porter: una confezione in serie, ma di alta qualità. Milano, quindi, negli anni Ottanta, grazie al suo legame tra moda ed industria, sancì il trionfo del made in Italy nel mondo. La Toscana invece rimase legata alla sua dimensione artistica ed artigianale, fatta di tante piccole imprese, incapaci di evolversi verso un modello industriale più innovativo.

Il sistema moda in Toscana ad oggi rappresenta il primo comparto industriale per importanza economica. In particolare in Toscana, nel 2000, operavano nel settore circa 27.000 aziende e 150.000 lavoratori, che rappresentavano circa il 20% delle imprese italiane della moda ed il 16% degli addetti totali. Nel 2000 inoltre, il comparto moda si era assestato come peso intorno al 7% del complesso dell’economia regionale, mentre esso contribuiva per 17% al valore aggiunto totale prodotto dal sistema moda nazionale, valore superiore di circa 10 punti percentuali a quello dell’industria della regione.

Il rilievo della moda nell’economia regionale però è in costante caduta di peso (con una perdita di 1.3 punti percentuali di peso sul totale dell’economia regionale dal 1995 al 2000). Questa flessione negativa in realtà è il risultato di una grave crisi a livello nazionale. Infatti sebbene la moda italiana costituisca ancora oggi una delle poche eccellenze competitive riconosciute a livello internazionale, negli ultimi anni la situazione è profondamente cambiata. L’Italia che nell’ultimo dopoguerra era stata una delle nazioni più dinamiche, è adesso un paese in affanno, una nazione che invecchia, incapace di trattenere al suo interno le risorse migliori. Il sistema moda deve affrontare, inoltre, le difficoltà dovute ad una tendenza verso un continuo processo di terziarizzazione, ad una caduta della domanda interna e al forte calo del volume delle esportazioni. Nell’ultimo quinquennio la situazione competitiva si è ulteriormente aggravata in relazione al

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cambio euro/dollaro, che ha fatto sì che l’Unione Europea e gli Stati Uniti, i due principali mercati di sbocco per la moda italiana, vedessero diminuire il loro potere d’acquisto, l’attentato dell’11 settembre 2001, e l’ulteriore aumento delle importazioni da parte dei paesi del Sud-Est asiatico. In Toscana gli effetti della crisi sono risultati particolarmente gravosi, proprio per la rilevanzache assume il comparto moda a livello regionale. Il sistema moda toscano, inoltre, presenta molti altri punti deboli: il primo è la dimensione delle imprese. In Toscana vi è una netta prevalenza, rispetto alla media nazionale, di PMI, artigianali e spesso a conduzione familiare. In queste imprese è presente un livello molto basso di tecnologia, vi è una scarsa propensione a ricorrere a servizi esterni e si ritiene poco rilevante investire in attività di R&S. Da questo emerge una mentalità degli imprenditori toscani ancora troppo orientata alla produzione e poco agli aspetti più innovati e manageriali. Per questi imprenditori infatti, il vantaggio competitivo più rilevante è dato dal fatto di trovarsi ad operare all’interno di un’area distrettuale, che garantisce loro la vicinanza a sub-fornitori e a terzisti specializzati e la presenza di manodopera qualificata. La moda toscana rappresenta quindi un sistema produttivo ancora troppo “vecchio”, dove non si riesce a superare la logica del profitto di breve periodo e ad uscire dai confini delle aree distrettuali o locali. L’industria della moda toscana inoltre, è suddivisa in sistemi produttivi locali, distretti e imprese leader, dimostrando un’articolazione in sistemi d’imprese variamente organizzate, dove però persiste in tutti e tre i modelli la piccola dimensione. Nel territorio toscano non vi sono le sedi centrali delle grandi griffe, ma vi sono numerose PMI, che fanno parte delle reti di fornitura e di sub-fornitura dei grandi poli del lusso nazionali ed internazionali, e che operano principalmente nel campo della pelletteria e delle calzature. Quindi il sistema dell’industria della moda toscana vive soprattutto attorno a marchi molto famosi, che da una parte garantiscono guadagni più sicuri agli imprenditori, ma dall’altra ne celano le qualità e le capacità. Le aziende inserendosi nel ciclo produttivo solo come fornitori o sub-fornitori, si sono troppo specializzate in alcune fasi della produzione, spesso quelle intermedie, arrivando quindi a realizzare prodotti non diretti al consumatore finale, dove la

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concorrenza dei paesi esteri si fa sempre più agguerrita. Infatti dei prodotti realizzati dalle aziende toscane appare ai consumatori, solo la marca finale (generalmente della griffe), tralasciando tutto il processo produttivo che vi sta dietro. Questo non riconoscimento delle caratteristiche di alto artigianato dei prodotti, li rende più esposti alla concorrenza dei paesi a basso costo, e potrebbe essere motivo di preoccupazione qualora gli imprenditori toscani perseguissero la logica della delocalizzazione produttiva in aree a più bassi costi di manodopera. Analizzando poi le voci delle esportazioni, emerge che la Toscana è una regione fortemente votata all’export, dove il comparto tessile-abbigliamento-cuoio-pelle e calzature, rappresentava nel 2000, il 50 % circa del totale delle vendite all’estero della regione. A livello settoriale il cuoio-pelle-calzature e il tessile, sono i due segmenti nei quali la Toscana è più competitiva e specializzata, mentre i mercati principali di riferimento, come per l’Italia, sono L’UE e gli Usa. Come detto in precedenza, la Toscana è molto votata all’export, quindi il calo generalizzato delle esportazioni verso i due mercati principali, sta mettendo maggiormente in crisi il comparto moda regionale rispetto all’intero sistema nazionale. Analizzando infatti le voci di export, emerge che sono in netto calo le esportazioni in UE e Usa, dove in particolare il crollo principale riguarda i tessuti, mentre il segmento cuoio-pelli e calzature rileva un andamento decrescente anche se di entità minore. Unico appunto positivo è dato dalla pelletteria che probabilmente si colloca su nicchie di mercato meno sensibili alla variazione di prezzo. Inoltre sono particolarmente negative le voci di export distrettuali, dimostrando che le PMI non sono in grado di affrontare la concorrenza sia italiana che estera. Sulla base delle considerazioni appena fatte, occorre rivedere alcune strategie all’interno delle imprese: primo tra tutti raggiungere un più alto livello di tecnologia e di servizi, procedendo così ad una maggiore managerializzazione del personale. Con ciò diventa fondamentale inserire all’interno delle aziende le funzioni di marketing, di promozione, di R&S e di progettazione. In questo caso il paradosso è dato dal fatto che la Toscana ha tre aree universitarie riconosciute sia a livello nazionale che internazionale (Firenze, Pisa e Siena), e nonostante ciò all’interno delle aziende regionali il

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numero di laureati è scarsissimo. Il problema sta nel fatto che a livello culturale, i piccoli imprenditori sono ancora restii nel rendere più consistente il rapporto tra aziende, università e istituti specializzati, mentre questo rappresenta un importante modo per unire tradizione ed innovazione. Infatti a causa della competizione globale, diviene necessaria l’intensificazione di strategie per l’innovazione di prodotto e di processo, per realizzare articoli innovativi, rispondenti alle esigenze dei consumatori finali e mirati a colpire i nuovi potenziali mercati di sbocco. Per tutto il sistema moda toscano, come per quello italiano, si sono presentati nuovi potenziali mercati, quali i paesi dell’ex Unione Sovietica e quelli arabi, quindi è importante creare qualcosa che soddisfi le loro esigenze. Questa maggiore managerializzazione consentirebbe poi ai piccoli imprenditori toscani, di aumentare il loro potere decisionale anche in relazione ai rapporti con le grandi imprese, trasformando questi, da semplici legami di committenza, a relazioni di partnership. Il fatto di avvalersi di funzioni qualificate, renderebbe infatti meno dipendenti le PMI dalle grandi aziende, dove le prime potrebbero vendere i loro prodotti anche avvalendosi di un marchio proprio, valorizzando così il loro lavoro. L’elemento distintivo per la PMI diventerebbe il legame con il genius loci, che consentirebbe loro di dare al prodotto struttura e spessore: sarebbe il risultato di una storia, di un mestiere e di persone che rendono un luogo diverso da un altro. L'immagine che la Toscana propone ancora oggi è il frutto di una fusione unica fra artigianato, cultura e tradizione. Diventa quindi necessario promuovere la conoscenza delle professioni antiche divenute eccellenze moderne. Questo perché il mercato globalizzato impone non solo alla Toscana ma a tutta l’Italia la necessità di distinguersi, in un contesto in cui sta sempre più perdendo di incisività l’etichetta made in Italy come unica chiave di successo. La vera sfida per la moda toscana e per il made in Italy in generale, è quindi nella capacità di riappropriarsi delle metodologie artigianali, coniugandole però con una modernità nelle scelte creative, produttive e di commercializzazione. La creazione e la comunicazione di un marchio da parte delle PMI, è una strategia molto dispendiosa, sostenibile solo da poche industrie. Un’alternativa può essere quella di far sì che tutte e aziende realizzino

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un etichetta all’interno dei prodotti, soprattutto nei manufatti del cuoio-pelle e calzature, che certifichi la provenienza toscana: ad esempio anziché solo “vera pelle”, si potrebbe aggiungere “vera pelle, made in Tuscany”. Il problema degli alti costi delle attività di marketing e comunicazione, può essere anche risolto andando ad unire alle attività promozionali delle industrie anche un’azione a livello regionale. Un tipo di marketing, che potrebbe valorizzare tutto il sistema moda toscano, è quello territoriale, che consentirebbe la promozione del "prodotto territorio" attraverso una comunicazione capace di valorizzarne le potenzialità. L’obiettivo del marketing territoriale dovrebbe essere quello di trasmettere il messaggio: acquistare un prodotto moda toscano, significa non solo acquistare un prodotto di tendenza o di qualità, ma uno stile di vita che rimanda al bello, all’esclusività e al gusto proprio di una regione, che ha nella bellezza e nell’arte il suo segno distintivo. L’azione del marketing territoriale richiederebbe il coinvolgimento concreto delle istituzioni pubbliche e private e di tutti gli attori che operano sul territorio. In Toscana invece l’azione è frammentata, con il rischio di essere poco incisiva. Vi sono, infatti, diversi soggetti che operano in tale settore, Toscana Promozione, le Camere di Commercio, le Province, le Agenzie Provinciali per il Turismo, i comuni, i consorzi, ognuno con una propria finalità. La Toscana dovrebbe riuscire a fare quello che ha fatto Milano negli anni Ottanta, prima con Modit e poi con Milano Confezioni, cioè creare un luogo dove non avvengono solo le sfilate, ma dove sono presenti anche gli uffici adibiti alla promozione e alla commercializzazione. Sarebbe opportuno dunque creare un Ente unico, nel quale si concentrino tutte le attività promozionali della regione. Una manifestazione ad oggi che può avvicinarsi a Milano Confezioni è Pitti Immagine, dove però mancano ancora servizi adeguati. In conclusione, il sistema moda toscano rappresenta una combinazione forse unica di fattori distintivi e competitivi, in cui vi è però un potenziale di sviluppo endogeno non adeguatamente sfruttato e valorizzato. Riuscire a valorizzare le potenzialità toscane, significherebbe creare un insieme fatto di moda, arte, cultura e servizi innovativi, difficilmente rintracciabile altrove. La sfida attuale quindi è quella di creare una vetrina, come aveva fatto Giorgini più di mezzo secolo fa, in cui però

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emerga non solo la tradizione ma un’opportuna capacità di innovazione e di modernità.

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