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Tra sperimentalismo scapigliato ed espressivismo primonovecentesco: poemetto in prosa, prosa lirica e frammento

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Academic year: 2021

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Tesi di Dottorato in Italianistica - Ciclo XXIII

Tra sperimentalismo scapigliato ed espressivismo primonovecentesco: poemetto in prosa, prosa lirica e frammento di Carolina Nutini

Tutor: Prof. Enrico Ghidetti

Descrizione sintetica (Abstract)

La presente ricerca si propone di ricostruire aspetti, modi e ragioni che hanno caratterizzato l’incontro e la commistione tra poesia e prosa tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento; in ambito italiano, al contrario di quanto è avvenuto in Francia per il petit poème en prose, si è intrapreso da poco tempo un approfondimento di tali fenomeni. Sperimentazioni di vario tipo, pur nell’esigenza di effettuare prelievi e scelte significative, sono dunque analizzate da un punto di vista storico-letterario ed inquadrate, di volta in volta, nell’ambito della poetica dei singoli autori. Punti di riferimento imprescindibili, su un piano tematico e formale, sono due testi cardine dell’Ottocento: le Operette morali di Giacomo Leopardi, modello per un’alternativa al romanzo ottocentesco in Italia, e i Petits poèmes en prose di Charles Baudelaire.

La prima parte del lavoro (Esperimenti scapigliati verso il “poemetto in prosa” e in direzione di una “prosa lirica”), dedicata alla koinè scapigliata, prende in esame alcune sperimentazioni letterarie che si muovono verso una revisione degli statuti autonomi di poesia e prosa. L’analisi di alcuni scritti di Iginio Ugo Tarchetti, di Carlo Dossi e di Ambrogio Bazzero permette di evidenziare la frantumazione “umoristica” dell’intreccio, di ascendenza sterniano-didimea, l’elaborazione di una prosa lirica o aforistica, spesso autobiografica, e la comparsa di forme simili al poemetto in prosa. Riguardo a queste ultime, ci si interroga sulle ragioni del rapporto tra il petit poème en prose, nelle sue prime ricezioni in Italia, e il “bozzetto”, scrittura minore aperta al “subiettivismo” e all’eccezionale.

La seconda parte (Il poemetto in prosa tra il 1878 e il 1898. Dalle orme di Baudelaire a pratiche di apprendistato simbolista) realizza il proposito di seguire le tracce del poemetto in prosa negli ultimi due decenni del XIXo secolo, segnati da una prima diffusione del “simbolismo” in Italia. Approfondendo la storia della ricezione e imitazione dei Petits poèmes en prose di Baudelaire, si presentano alcuni protagonisti della cultura meridionale: Girolamo Ragusa Moleti, traduttore dei Poemetti in prosa, e Vittorio Pica, primo critico in Italia a presentare il “genere” e ad esaltarlo nella forma assunta per mano di Mallarmé. Attraverso uno spoglio del «Fanfulla della Domenica» e del «Marzocco», si recupera poi una produzione minore di “poemetti in prosa”, che rivela, di frequente, un apprendistato simbolista (ad esempio l’esordio di Grazia Deledda, l’avvicinamento di Gian Pietro Lucini al petit poème en prose, le Piccole anime senza corpo di Ricciotto Canudo); come esperienza appartata, se non antitetica, sono presi in esame i Semiritmi di Luigi Capuana.

La terza parte della tesi (Per un’indagine sullo «scritto vociano»: «La Voce» 1908-1913) è destinata ad una disamina del “frammentismo” vociano, operata attraverso una lettura analitica degli interventi di carattere letterario pubblicati sulla rivista prezzoliniana tra il 1908 e il 1913 (con particolare attenzione alle firme di Boine, Jahier, Papini, Prezzolini, Slataper, Soffici), nell’intento di individuare possibili caratteri comuni e diffrazioni di una “poetica vociana”. Dopo una panoramica sulla definizione di “frammento” e sulla valenza (per lo più negativa) del termine “letteratura” in ambito vociano, la trattazione cronologica permette di rilevare una varietà di tipologie di scrittura, mentre le recensioni e gli articoli di critica sono indagati in cerca di elementi di poetica. Le componenti letterarie della prima «Voce», rivalutate, in sede di bilancio, da Prezzolini stesso, permettono di aggiungere un tassello a quella “storia del frammentismo” che fa invece perno, solitamente, sulla «Voce» di De Robertis, recuperando un’esperienza diversa nei modelli, nella poetica (“impura”) e nella percezione del rapporto tra intellettuale e “impegno”.

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