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(1)

Appunti di Algebra Lineare - 3

Mongodi Samuele - s.mongodi@sns.it

06/12/2011

Lo scopo di questa dispensa `e la determinazione della forma di Jordan di una matrice 4 × 4 e di una base di Jordan per essa; il carattere di queste note `e puramente algoritmico, non presentando alcuna giustificazione teorica ai procedimenti esposti. Per questo motivo, molte delle tecniche qui riportate non trovano applicazione in casi pi`u generali (matrici n × n); per simili informazioni e per approfondimenti teorici si rimanda ad un qualunque testo di Algebra Lineare.

1

Forma di Jordan

Una matrice `e in forma di Jordan se `e composta di zeri eccetto che sulla diagonale (dove pu`o trovarsi qualunque valore) e sulla sopradiagonale (su cui possono comparire solo 1 e 0). Pi`u precisamente, tale matrice `e costituita da blocchi di Jordan, ovvero da matrici pi`u piccole, disposte sulla diagonale, che hanno un certo valore λ sulla diagonale e tutti 1 sulla sopradiagonale; ad esempio, un blocco di Jordan per (l’autovalore) λ di lunghezza 3 `e il seguente

  λ 1 0 0 λ 1 0 0 λ  ,

mentre questo `e un blocco di Jordan per (l’autovalore) λ di lunghezza 1 λ .

Una matrice `e dunque in forma di Jordan se `e composta di blocchi di Jordan sulla diagonale e di zeri al di fuori di questi. Ad esempio

    2 1 0 0 0 2 0 0 0 0 3 0 0 0 0 1    

`e in forma di Jordan e contiene un blocco per l’autovalore 2 di lunghezza 2, un blocco per l’autovalore 1 di lunghezza 1 e un blocco per l’autovalore 3 di lunghezza 1.

Si possono trovare pi`u blocchi dello stesso autovalore e non importa l’ordine in cui sono disposti: due matrici avranno la stessa forma di Jordan se queste coincidono a meno di scambiare i blocchi tra loro.

Altri esempi di forme di Jordan     −2 1 0 0 0 −2 1 0 0 0 −2 0 0 0 0 −2     ,     3 0 0 0 0 3 0 0 0 0 2 0 0 0 0 2     .

1.1

Autovalori

Sia A una matrice 4 × 4; definiamo

Nλ= A − λI

dove I `e la matrice identit`a. Poniamo inoltre

pA(λ) = det(A − λI) ;

questo `e un polinomio di grado 4 in λ (in generale di grado n se A `e matrice n × n), detto polinomio caratteristico di A. Le radici di questo polinomio si dicono autovalori di A.

(2)

Supponiamo che

pA(λ) = (λ − λ1)a1· · · (λ − λk)ak

di modo che λ1, . . . , λk siano tutte diverse e dove, nel nostro caso, k ≤ 4 e a1+ . . . + ak= 4.

Il numero intero positivo ai si dice molteplicit`a algebrica di λi e si indica a volte con m.a.(λi).

Per ogni autovalore λi, consideriamo la matrice Nλi= A − λiI e calcoliamo dim KerNλi(ovvero

4 − rgNλi); tale numero intero positivo si dice molteplicit`a geometrica di λi e si indica a volte con

m.g.(λi).

Osservazione: in generale si ha 1 ≤ m.g.(λi) ≤ m.a.(λi), dunque, se per un certo autovalore la

molteplicit`a algebrica `e 1, anche la molteplicit`a geometrica sar`a 1, senza bisogno di calcolarla.

Esempio 1 Consideriamo la matrice

A =     0 1 1 1 1 0 1 1 1 1 0 1 1 1 1 0     .

Il suo polinomio caratteristico `e

pA(λ) = det     −λ 1 1 1 1 −λ 1 1 1 1 −λ 1 1 1 1 −λ     = λ4− 6λ2− 8λ − 3 ;

il criterio per le radici razionali ci suggerisce di provare 1, −1, 3, −3 come possibili radici. Vediamo che −1 e 3 funzionano, dunque procediamo con la divisione:

λ4− 6λ2− 8λ − 3 : λ2− 2λ − 3 = λ2+ 2λ + 1

da cui vediamo che λ4−6λ2−8λ−3 = (λ+1)3(λ−3). Dunque gli autovalori sono λ

1= −1 e λ2= 3,

con molteplicit`a algebriche m.a.(λ1) = m.a.(−1) = 3 e m.a.(λ2) = m.a.(3) = 1; dall’osservazione

precedente, sappiamo che m.g.(λ2) = m.g.(3) = 1. Per calcolare la molteplicit`a geometrica di

λ1= −1, scriviamo la matrice N−1 N−1=     1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1    

che, dopo una rapidissima riduzione a scala, appare avere rango 3; dunque m.g.(−1) = 4−rgN−1=

1. Riassumendo λ m.a. m.g. −1 3 3 3 1 1 Esempio 2 Sia A =     4 0 1 0 2 2 3 0 −1 0 2 0 4 0 1 2     .

Il suo polinomio caratteristico `e

(3)

e dunque A ha due autovalori, λ = 2 e λ = 3, entrambi con molteplicit`a algebrica 2. Calcoliamo le molteplicit`a geometriche: N2=     2 0 1 0 2 0 3 0 −1 0 0 0 4 0 1 0    

ha evidentemente rango 2, mentre

N3=     1 0 1 0 2 −1 3 0 −1 0 −1 0 4 0 1 −1    

ha rango 3 (come si vede, ad esempio, considerando il minore

det   1 0 0 2 −1 0 4 0 −1  = 1 · det −1 0 0 −1  = 1

ottenuto dalle righe 1, 2, 4 e dalle colonne 1, 2, 4); quindi m.g.(2) = 2 e m.g.(3) = 1. Riassumendo λ m.a. m.g.

2 2 2

3 2 1

1.2

Indice di nilpotenza

Nel caso la matrice A abbia un solo autovalore λ con m.a.(λ) = 4 e m.g.(λ) = 2, le informazioni raccolte finora non sono sufficienti a determinare la forma di Jordan; serve dunque calcolare un altro valore, l’indice di nilpotenza di Nλ. Tale valore `e un intero positivo, indicato con i.n.(λ) ed

`e il pi`u piccolo intero positivo i tale che Ni

λ = 0 (dove lo 0 a secondo membro `e la matrice 4 × 4

tutta di zeri); nella pratica, basta calcolare N2

λ e vedere se essa `e la matrice completamente nulla

o no. Se Nλ2`e composta di soli 0, i.n.(λ) = 2, altrimenti i.n.(λ) = 3.

Attenzione: tutto questo solo nel caso descritto, ovvero in presenza di un unico autovalore di molteplicit`a algebrica 4 e molteplicit`a geometrica 2.

Esempio 3 Sia A =     2 0 −1 0 0 −2 0 4 4 0 −2 0 0 −1 0 2     .

Il suo polinomio caratteristico `e pA(λ) = λ4, quindi l’unico autovalore `e λ = 0, con m.a.(0) = 4;

la molteplicit`a geometrica `e la dimensione del nucleo di N0= A − 0 · I = A; dunque riduciamo a

scala A, trovando che rgA = rgN0= 2. Dunque dobbiamo calcolare l’indice di nilpotenza di N0;

per far questo, eleviamo la matrice al quadrato, ottenendo     2 0 −1 0 0 −2 0 4 4 0 −2 0 0 −1 0 2     ·     2 0 −1 0 0 −2 0 4 4 0 −2 0 0 −1 0 2     = 0 .

Quindi i.n.(0) = 2. Riassumendo

λ m.a. m.g. i.n.

(4)

1.3

Determinazione della forma di Jordan

Una volta ottenuta la tabella con gli autovalori e le rispettive molteplicit`a (e, nel caso ambiguo, anche l’indice di nilpotenza), si pu`o determinare la forma di Jordan associata secondo queste regole.

1. Ogni autovalore compare sulla diagonale tante volte quant’`e la sua molteplicit`a algebrica. 2. Per ogni autovalore vi sono tanti blocchi di Jordan quant’`e la sua molteplicit`a geometrica. 3. La dimensione del pi`u grande blocco associato ad un autovalore `e pari al suo indice di

nilpotenza.

Ovviamente, la regola n. 3 si applica solo nel caso ambiguo in cui vi sia un unico autovalore con m.a. = 4 e m.g. = 2. Ora vediamo alcuni esempi di come, dalla tabella, si ricavi la forma di Jordan.

Esempio 4 Alla tabella

λ m.a. m.g. 2 1 1 -2 3 1 corrisponde la forma     2 0 0 0 0 −2 1 0 0 0 −2 1 0 0 0 −2    

in quanto dobbiamo avere un solo blocco per l’autovalore 2 (m.g.(2) = 1) e tale autovalore compare sulla diagonale una sola volta (m.a.(2) = 1), mentre l’autovalore −2 compare sulla diagonale 3 volte (m.a.(−2) = 3) in un solo blocco (m.g.(−2) = 3) che quindi deve essere un blocco di ordine 3. Esempio 5 Alla tabella

λ m.a. m.g. -1 2 1 3 2 2 corrisponde la forma     −1 1 0 0 0 −1 0 0 0 0 3 0 0 0 0 3    

in quanto l’autovalore −1 deve comparire due volte (m.a.(−1) = 2) in un solo blocco (m.g.(−1) = 1) che quindi avr`a ordine 2, mentre l’autovalore 3 deve comparire anch’esso due volte (m.a.(3) = 2), ma in due blocchi (m.g.(3) = 2), che quindi dovranno entrambi essere di ordine 1.

Esempio 5 Alla tabella

λ m.a. m.g. 0 1 1 -1 3 2 corrisponde la forma     0 0 0 0 0 −1 0 0 0 0 −1 1 0 0 0 −1    

in quanto l’autovalore 0 deve comparire una volta (m.a.(0) = 1) in un solo blocco (m.g.(0) = 1) che quindi avr`a ordine 1, mentre l’autovalore −1 deve comparire tre volte (m.a.(−1) = 3), ma in due blocchi (m.g.(−1) = 2), che quindi dovranno essere di ordine 1 e 2.

(5)

λ m.a. m.g. i.n. 7 4 2 2 corrisponde la forma     7 1 0 0 0 7 0 0 0 0 7 1 0 0 0 7    

in quanto l’autovalore 7 deve comparire 4 volte (m.a.(7) = 4) in due blocchi (m.g.(7) = 2) di dimensione al massimo 2 (i.n.(7) = 2); dunque vi sono 2 blocchi entrambi di ordine 2.

Esempio 6bis Alla tabella

λ m.a. m.g. i.n. 8 4 2 3 corrisponde la forma     8 1 0 0 0 8 1 0 0 0 8 0 0 0 0 8    

in quanto l’autovalore 8 deve comparire 4 volte (m.a.(8) = 4) in due blocchi (m.g.(8) = 2) di dimensione al massimo 3 (i.n.(8) = 3); dunque vi sono 2 blocchi, uno di ordine 1 e l’altro di ordine 3.

1.4

Due esempi completi

Esempio 7 Determinare la forma di Jordan della matrice

A =     3 0 −2 0 0 1 0 2 2 0 −2 0 1 1 0 0     . Abbiamo che pA(λ) = det(A − λI) = (λ + 1)2(λ − 2)2

e dunque gli autovalori sono −1, 2 entrambi con m.a. = 2.

Per calcolare le molteplicit`a geometriche, consideriamo le matrici N−1 e N2. Abbiamo che

N−1=     4 0 −2 0 0 2 0 2 2 0 −1 0 1 1 0 1    

ha evidentemente rango 3, in quanto la prima e la terza riga sono una multipla dell’altra (dunque il rango non `e 4) e il minore formato dalle righe 2,3,4 e dalle colonne 1,2,3 `e −2.

D’altra parte N2=     1 0 −2 0 0 −1 0 2 2 0 −4 0 1 1 0 −2    

ha anch’essa rango 3, in quanto la prima e la terza riga sono di nuovo una multipla dell’altra (dunque il rango non `e 4) e lo stesso minore di prima `e 4.

Dunque m.g.(−1) = m.g.(2) = 1; da cui otteniamo la tabella λ m.a. m.g.

-1 2 1

(6)

che ci d`a la forma di Jordan     −1 1 0 0 0 −1 0 0 0 0 2 1 0 0 0 2     .

Esempio 8 Determinare la forma di Jordan della matrice

A =     −2 1 −1 4 0 −1 0 2 1 0 −4 0 0 1 0 −2     . Abbiamo che pA(λ) = λ(λ − 3)3

quindi gli autovalori sono 0 con m.a.(0) = 1 (e dunque m.g.(0) = 1) e −3 con m.a.(−3) = 3. Calcoliamo la molteplicit`a geometrica di questo secondo autovalore.

La matrice N−3=     1 1 −1 4 0 2 0 2 1 0 −1 0 0 1 0 1    

ha la seconda e la quarta riga uguali, dunque non ha rango 4, ma del resto il minore formato dalle righe 1,2,3 e dalle colonne 2,3,4 `e −6. Dunque il rango `e 3, da cui m.g.(−3) = 1. La tabella `e

λ m.a. m.g. 0 1 1 -3 3 1 e la forma di Jordan `e     0 0 0 0 0 −3 1 0 0 0 −3 1 0 0 0 −3     .

1.5

Esercizi

Esercizio 1 Determinare la forma di Jordan associata alla tabella λ m.a. m.g.

-5 2 2

2 1 1

-1 1 1

Esercizio 2 Determinare la forma di Jordan associata alla tabella λ m.a. m.g.

4 4 1

Esercizio 3 Determinare la forma di Jordan associata alla tabella λ m.a. m.g.

6 4 3

Esercizio 4 Determinare la forma di Jordan della matrice

A =     3 0 1 0 0 2 1 1 0 0 3 0 1 0 0 2     .

(7)

Esercizio 5 Determinare la forma di Jordan della matrice A =     3 3 2 1 −2 −1 −1 −1 1 −1 0 1 −5 −4 −3 −2     .

Esercizio 6 Determinare la forma di Jordan della matrice

A =     1 2 0 −2 −2 4 4 −6 0 1 1 −1 −1 3 2 −5     .

2

Base di Jordan

Una base di Jordan per la matrice A `e una base v1, v2, v3, v4 di R4 tale che, se poniamo

M = (v1|v2|v3|v4) (ovvero la matrice che ha i vettori della base come colonne) e se chiamiamo J

la forma di Jordan di A, allora M−1AM = J .

I vettori di una base di Jordan sono associati ai blocchi di Jordan; ad ogni autovalore corrispon-dono tanti vettori della base quant’`e la sua molteplicit`a algebrica e l’ordine dei vettori all’interno della base `e importante (dettato da come abbiamo scritto la forma di Jordan) e quindi non pu`o essere cambiato a piacimento.

Nelle pagine seguenti vengono descritti i procedimenti per trovare i vettori di base associati ad un certo autovalore, a seconda della molteplicit`a algebrica e geometrica di questo.

2.1

m.a. = m.g.

Se per un dato autovalore λ si ha m.a.(λ) = m.g.(λ), allora i vettori che corrispondono ad esso nella base di Jordan sono, semplicemente, una base del nucleo di Nλ, ovvero una base delle soluzioni di

Nλx = 0.

Esempio 9 Consideriamo la matrice

A =     0 1 1 1 1 0 1 1 1 1 0 1 1 1 1 0    

dell’esempio 1. Sappiamo che l’autovalore λ = −1 ha m.a.(−1) = m.g.(−1) = 3. Dunque dim KerN−1= 3 e noi dobbiamo trovare una base di questo spazio.

N−1=     1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1    

e riducendo a scala otteniamo

    1 1 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0    

dunque il nucleo di N−1`e descritto dall’equazione x1+ x2+ x3+ x4= 0 in R4. Fissando x2, x3, x4

come parametri r, s, t, otteniamo che

KerN−1=            −r − s − t r s t     | r, s, t ∈ R       

(8)

e dunque una base si trova ponendo un parametro uguale a 1 e gli altri uguali a 0 a turno: KerN−1 = Span            −1 1 0 0     ,     −1 0 1 0     ,     −1 0 0 1            .

In questo particolare caso non conta l’ordine di questi tre vettori tra loro. Questi sono la parte della base di Jordan che corrisponde all’autovalore −1.

Allo stesso modo, per l’autovalore 3, notiamo che m.a.(3) = m.g.(3) = 1 e

N3=     −3 1 1 1 1 −3 1 1 1 1 −3 1 1 1 1 −3    

il cui nucleo (calcolabile sempre con la riduzione a scala) ha dimensione 1 ed `e

KerN3= Span            1 1 1 1            .

Questo vettore costituisce quindi la parte di base di Jordan relativa all’autovalore 3.

In seguito vedremo come combinare queste due parti di base per ottenere la base, in funzione di come abbiamo scritto la forma di Jordan.

Esempio 10 Consideriamo la matrice dell’esempio 2.

A =     4 0 1 0 2 2 3 0 −1 0 2 0 4 0 1 2     .

Essa ha l’autovalore 2 per cui m.a.(2) = m.g.(2) = 2. Dunque per esso dobbiamo trovare, semplicemente, una base del nucleo di N2. Ci`o `e molto semplice, in quanto

N2=     2 0 1 0 2 0 3 0 −1 0 0 0 4 0 1 0     e dunque KerN2= Span            0 1 0 0     ,     0 0 0 1            .

Questi due vettori (il secondo e il quarto della base canonica di R4) sono la parte di base di Jordan

relativa all’autovalore 2.

Per l’autovalore 3, poich´e le molteplicit`a non coincidono, si devono adoperare i metodi di una delle prossime sezioni.

2.2

m.a. = 2, m.g. = 1

Se l’autovalore λ compare con molteplicit`a algebrica 2 e geometrica 1, egli corrisponde ad un unico blocco di Jordan di dimensione 2; per esso bisogna dunque trovare due vettori della base di Jordan, procedendo nel seguente modo.

Poich´e m.g.(λ) = 1, il nucleo di Nλ ha dimensione 1; sia {v} una base di tale nucleo (trovata

risolvendo Nλx = 0 ad esempio con la riduzione a scala). Ora, per trovare il secondo vettore, si

consideri il sistema non omogeneo

(9)

dove il termine noto `e esattamente il vettore della base del nucleo di Nλ. Questo sistema deve

essere risolubile: se non lo `e, c’`e qualche errore nei calcoli. Sia u una qualsiasi soluzione di questo sistema. Allora la parte di base di Jordan relativa all’autovalore λ `e {v, u} (attenzione all’ordine!!). Esempio 11 Sia ancora A la matrice dell’esempio 2.

A =     4 0 1 0 2 2 3 0 −1 0 2 0 4 0 1 2     .

Come gi`a osservato, l’autovalore 3 ha molteplicit`a algebrica 2 e geometrica 1 per A. Dunque consideriamo N3 e troviamo una base del suo nucleo.

N3=     1 0 1 0 2 −1 3 0 −1 0 −1 0 4 0 1 −1    

tramite una riduzione a scala diventa     1 0 1 0 0 −1 1 0 0 0 −3 −1 0 0 0 0    

ed eliminando le colonne sopra ai pivot con l’algoritmo inverso si ottiene     1 0 0 −1/3 0 1 0 1/3 0 0 1 1/3 0 0 0 0     da cui il nucleo `e KerN3=            t/3 −t/3 −t/3 t     | t ∈ R        = Span            1 −1 −1 3            dunque v =     1 −1 −1 3     .

Per trovare il secondo vettore devo quindi risolvere il sistema non omogeneo N3x = v ovvero     1 0 1 0 2 −1 3 0 −1 0 −1 0 4 0 1 −1         x1 x2 x3 x4     =     1 −1 −1 3     .

Non dobbiamo trovare tutte le soluzioni; ne basta una sola. Ad esempio (con qualunque metodo) si pu`o vedere che

    1 3 0 1    

(10)

`e una soluzione. Quindi la parte di base di Jordan relativa all’autovalore 3 `e            1 −1 −1 3     ,     1 3 0 1            .

Esempio 12 Si consideri la matrice

A =     1 0 1 0 0 1 1 1 0 0 1 0 1 −1 0 3    

che ha autovalori 1 e 2, entrambi con m.a. = 2 e m.g. = 1.

Determiniamo la parte di base di Jordan associata all’autovalore 1: troviamo innanzitutto una base del nucleo di N1, ovvero

N1=     0 0 1 0 0 0 1 1 0 0 0 0 1 −1 0 2    

che ovviamente ha come nucleo

Span            1 1 0 0            e poi risolviamo il sistema

    0 0 1 0 0 0 1 1 0 0 0 0 1 −1 0 2         x1 x2 x3 x4     =     1 1 0 0    

che ha come soluzione

    0 0 1 0     .

Dunque la parte di base relativa a 1 `e            1 1 0 0     ,     0 0 1 0            .

Allo stesso modo, per 2, calcoliamo

N2=     −1 0 1 0 0 −1 1 1 0 0 −1 0 1 −1 0 1     il cui nucleo `e Span            0 1 0 1            e quindi risolviamo     −1 0 1 0 0 −1 1 1 0 0 −1 0 1 −1 0 1         x1 x2 x3 x4     =     0 1 0 1    

(11)

che ha come soluzione, ad esempio,     0 0 0 1     .

Dunque la parte di base relativa a 2 `e            0 1 0 1     ,     0 0 0 1            .

2.3

m.a. = 3, m.g. = 2

Se l’autovalore λ ha m.g. = 2, allora il nucleo di Nλ ha dimensione 2 e dunque ha una base con 2

elementi; sia {w1, w2} una tale base.

Ora, calcoliamo la matrice B = Nλ · Nλ e determiniamone il nucleo; questo deve avere

dimensione 3 e dunque possiede una base {f1, f2, f3}.

Costruiamo la matrice C = (w1|w2|f1|f2|f3) dove compaiono, come colonne, a sinistra la base di

KerNλe a destra la base di KerNλ2; riduciamo ora a scala la matrice C e vediamo dove compaiono

i pivot. Uno deve comparire sulla prima colonna, uno sulla seconda (per forza!) e uno su una delle altre tre; diciamo che l’ultimo pivot compaia sulla colonna corrispondente a fj (dove j ∈ {1, 2, 3}).

Ora, poniamo v = Nλfj e costruiamo la matrice D = (v|w1|w2); come prima, riduciamola a

scala. Compaiono due pivot (non tre!), di cui uno si trova sulla prima colonna e l’altro su una delle ultime due. Diciamo che sia sulla colonna corrispondente a wk. Allora la parte di base relativa a

λ `e {wk, v, fj} oppure {v, fj, wk}1.

Esempio 13 Si consideri la matrice

A =     −4 4 2 4 −1 0 3 −2 0 0 −6 8 0 0 −4 6     .

Un rapido calcolo mostra che

pA(λ) = λ4+ 4λ3− 16λ − 16 = (λ + 2)3(λ − 2) .

Inoltre m.a.(2) = m.g.(2) = 1, mentre m.a.(−2) = 3 ma m.g.(−2) = 2.

Dunque troviamo la parte di base relativa a −2. Determiniamo una base di KerN−2.

N−2=     −2 4 2 4 −1 2 3 −2 0 0 −4 8 0 0 −4 8     −→     −2 4 2 4 0 0 2 −4 0 0 0 0 0 0 0 0     −→     −1 2 0 2 0 0 1 −2 0 0 0 0 0 0 0 0     da cui KerN−2=            2t + 2s s 2t t     | s, t ∈ R        = Span            2 0 2 1     ,     2 1 0 0            Dunque w1=     2 0 2 1     w2=     2 1 0 0    

(anche se ovviamente vi sono infinite altre scelte possibili, a seconda di come si risolve il sistema N−2x = 0).

(12)

Ora, calcoliamo N−22 =     0 0 −16 32 0 0 0 0 0 0 −16 32 0 0 −16 32     ed ovviamente KerN−22 =            r s 2t t     | r, s, t ∈ R        = Span            1 0 0 0     ,     0 1 0 0     ,     0 0 2 1            da cui f1=     1 0 0 0     f2=     0 1 0 0     f3=     0 0 2 1     .

Quindi riduciamo a scala

C =     2 2 1 0 0 0 1 0 1 0 2 0 0 0 2 1 0 0 0 1     −→     2 2 1 0 0 0 1 0 1 0 0 −2 −1 0 2 0 0 0 0 0     −→     2 2 1 0 0 0 1 0 1 0 0 0 −1 2 2 0 0 0 0 0     .

Dunque i pivot sono sulla prima, seconda, terza colonna. Quindi fj = f1 (o, se si vuole, j = 1).

Ora calcoliamo v = N−2f1, che fa

v =     −2 −1 0 0     e dunque D =     −2 2 2 −1 0 1 0 2 0 0 1 0     −→     −2 2 2 0 −1 0 0 0 0 0 0 0    

da cui otteniamo che wk= w1(o k = 1). Dunque la parte di base relativa a −2 `e

{v, f1, w1} =            −2 −1 0 0     ,     1 0 0 0     ,     2 0 2 1            .

Nota L’operazione, che abbiamo eseguito due volte, di mettere alcuni vettori come colonne, ridurre a scala e poi considerare i vettori corrispondenti alle colonne su cui compaiono i pivot serve ad estrarre dall’insieme di vettori dato una base. In ognuno di questi casi, noi sapevamo che il primo gruppo di vettori era parte di una base (o anche una base) e quindi sapevamo che ognuno di essi avrebbe ricevuto un pivot, mentre solo alcuni dei vettori successivi avrebbero avuto un pivot. Questo si dice completare ad una base. Ad esempio, riducendo a scala C, noi completiamo l’insieme {w1, w2} (base di KerN−2) ad una base di KerN−22 , aggiungendo a loro una base di questo secondo

spazio e poi riducendo a scala. Questo ha senso in quanto KerN−2 ⊂ KerN−22 come sottospazi

vettoriali. Allo stesso modo, riducendo D, completiamo {v} ad una base di KerN−2.

2.4

m.a. = 3, m.g. = 1

Sia λ un autovalore di A con m.a.(λ) = 3 e m.g.(λ) = 1; allora dim KerNλ= 1. Sia {v} una base

(13)

Ora, troviamo un qualsiasi vettore u1 che risolve

Nλu1= v

e poi un qualsiasi vettore u2che risolve

Nλu2= u1.

La parte di base relativa a λ `e allora

{v, u1, u2} . Esempio 14 Si consideri A =     0 1 0 −1 −3 0 1 2 −4 0 −2 5 −3 1 0 2     . Si vede che pA(λ) = λ4− 6λ2− 8λ − 3 = (λ − 3)(λ + 1)3

e dunque A ha autovalori 3, −1 con m.a.(3) = m.g.(3) = 1 e m.a.(−1) = 3; riducendo a scala N−1

si ha N−1=     1 1 0 −1 −3 1 1 2 −4 0 −1 5 −3 1 0 3     −→     1 1 0 −1 0 4 1 −1 0 4 −1 1 0 4 0 0     −→     1 1 0 −1 0 4 1 −1 0 0 −2 2 0 0 −1 1     −→     1 1 0 −1 0 4 1 −1 0 0 −2 2 0 0 0 0     .

Dunque m.g.(−1) = 1. Risalendo con la riduzione a scala otteniamo     1 1 0 −1 0 4 0 0 0 0 1 −1 0 0 0 0     −→     1 0 0 −1 0 1 0 0 0 0 1 −1 0 0 0 0     da cui KerN−1=            t 0 t t     | t ∈ R        = Span            1 0 1 1            = {v} . Ora risolviamo N−1u1= v ovvero     1 1 0 −1 −3 1 1 2 −4 0 −1 5 −3 1 0 3         x1 x2 x3 x4     =     1 0 1 1     . Otteniamo u1=     0 1 −1 0     e risolvendo N−1u2= u1 abbiamo u2=     0 0 1 0     .

(14)

Dunque la parte di base relativa a −1 `e            1 0 1 1     ,     0 1 −1 0     ,     0 0 1 0            .

2.5

m.a. = 4, m.g. = 1

In questo caso vi sono due possibili metodi.

Quello standard consiste nel determinare una base di KerNλ, che sar`a formata da un solo

vettore in quanto m.g.(λ) = 1, denotarla con {v} e poi trovare una qualsiasi soluzione u1 al

sistema Nλu1 = v, poi una qualsiasi soluzione u2 al sistema Nλu2 = u1 ed infine una qualsiasi

soluzione u3 al sistema Nλu3= u2.

La base di Jordan (in questo caso tutta, non una parte), sar`a allora {v, u1, u2, u3}.

Oppure, si pu`o considerare la base canonica di R4, {e

1, e2, e3, e4} e calcolare

Nλ3e1, Nλ2e1, Nλe1.

Se nessuno di questi `e il vettore nullo, la base `e {N3

λe1, Nλ2e1, Nλe1, e1}. Se uno di questi `e nullo,

si prova a calcolare la stessa cosa con e2 e se nessuno tra

Nλ3e2, Nλ2e2, Nλe2

`e nullo, alora la base `e {N3

λe2, Nλ2e2, Nλe2, e2}. Se invece ne troviamo uno nullo, si prova con e3

e se anche in questo caso troviamo un vettore nullo si prova con e4. Non `e possibile trovare, nella

successione indicata, un vettore nullo per ogni elemento della base, quindi una di queste fornisce la base di Jordan. Esempio 15 Sia A =     3 5 1 7 3 3 8 7 1 −1 5 1 −2 −1 −5 −3     . Allora pA(λ) = (λ − 2)4

e dunque A ha un solo autovalore λ = 2 con m.a.(2) = 4. Inoltre

N2=     1 5 1 7 3 1 8 7 1 −1 3 1 −2 −1 −5 −5     −→     1 5 1 7 0 −14 5 −14 0 −6 2 −6 0 9 −3 −9     −→     1 5 1 7 0 −14 5 −14 0 0 −1/7 0 0 0 0 0     . Dunque m.g.(2) = 1.

Utilizzando il primo sistema sopra esposto, si trova che una base di KerN2 `e

           −2 −1 0 1            = {v} . Risolvendo N2u1= v si trova u1=     3 0 −1 0     , poi, risolvendo N2u2= u1 si ha u2=     1 3 1 −2    

(15)

e infine, da N2u3= u2, si ottiene u3=     −1 −1 0 1     .

Dunque, ecco la base di Jordan per A:            −2 −1 0 1     ,     3 0 −1 0     ,     1 3 1 −2     ,     −1 −1 0 1            .

Esempio 15bis Se invece vogliamo usare il secondo metodo, calcoliamo

N2e1=     1 3 1 −2     N22e1= N2N2e1= N2     1 3 1 −2     =     3 0 −1 0     N23e1= N2N22e1= N2     3 0 −1 0     =     −2 −1 0 −1     .

Non essendoci alcun vettore nullo, abbiamo trovato un’altra base di Jordan:            −2 −1 0 1     ,     3 0 −1 0     ,     1 3 1 −2     ,     1 0 0 0            .

Esempio 15tris Se avessimo scelto e2, avremmo ottenuto

N2e2=     5 1 −1 −1     N22e2=     2 1 0 −1     N23e2= 0

quindi non sarebbe andato bene. Scegliendo invece e3avremmo avuto

N2e3=     1 8 3 −5     N22e3=     9 0 −3 0    

(16)

N23e3=     6 3 0 −3    

che formano un’altra base di Jordan per A. Infine, prendendo e4 avremmo avuto

N2e4=     7 7 1 −5     N22e4=     8 1 −2 −1     N23e4=     4 2 0 −2    

ed ancora una base di Jordan valida.

2.6

m.a. = 4, m.g. = 3

Sia λ con m.a.(λ) = 4, m.g.(λ) = 3; allora dim KerNλ = 3 e dunque sia {w1, w2, w3} una base.

Completiamola ad una base di R4 nel seguente modo: sia D = (w

1|w2|w3|e1|e2|e3|e4) la matrice

formata dai tre vettori trovati e dalla base canonica di R4. Riducendola a scala, troveremo 4 pivot,

di cui tre sulle prime tre colonne e uno tra le ultime 4. Sia ejil vettore corrispondente alla colonna

col quarto pivot e poniamo v = Nλej.

Ora definiamo la matrice C = (v|w1|w2|w3). Riduciamola a scala, trovando 3 pivot (non

possiamo trovarne quattro!); siano wk e wh corrispondenti alle colonne su cui si trovano il secondo

e il terzo pivot. Allora la base di Jordan (non solo una parte) `e data da {wk, wh, v, ej} .

Esempio 16 Si consideri la matrice

A =     2 0 0 0 −1 1 −1 −1 2 2 4 2 −1 −1 −1 1     . Si ha pA(λ) = (λ − 2)4.

Dunque A ha come unico autovalore 2, con m.a.(2) = 4. Inoltre

N2=     0 0 0 0 −1 −1 −1 −1 2 2 2 2 −1 −1 −1 −1     −→     −1 −1 −1 −1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0     da cui KerN2= Span            1 −1 0 0     ,     1 0 −1 0     ,     1 0 0 −1            .

(17)

Ora, riducendo a scala la matrice D =     1 1 1 1 0 0 0 −1 0 0 0 1 0 0 0 −1 0 0 0 1 0 0 0 −1 0 0 0 1     si ottiene     1 1 1 1 0 0 0 0 1 1 1 1 0 0 0 0 1 1 1 1 0 0 0 0 1 1 1 1    

dunque il quarto pivot si trova sulla colonna di e1. Sia v = N2e1, ovvero

v =     0 −1 2 −1     ;

ora riduciamo a scala

C =     0 1 1 1 −1 −1 0 0 2 0 −1 0 −1 0 0 −1     −→     −1 −1 0 0 0 1 1 1 0 −2 −1 0 0 1 0 −1     −→     −1 −1 0 0 0 1 1 1 0 0 1 2 0 0 −1 −2     −→ −→     −1 −1 0 0 0 1 1 1 0 0 1 2 0 0 0 0     .

Dunque, i pivot si trovano sulle prime tre colonne. Per cui prendiamo come base di Jordan            1 −1 0 0     ,     1 0 −1 0     ,     0 −1 2 −1     ,     1 0 0 0            .

2.7

m.a. = 4, m.g. = 2

Qui ovviamente vi sono due casi: i.n. = 2 e i.n. = 3. Sia, preventivamente, {w1, w2} una base di

KerNλ. Cominciamo dal primo caso.

Se i.n. = 2, allora riduciamo a scala la matrice

C = (w1|w2|e1|e2|e3|e4)

ottenendo 4 pivot, il terzo ed il quarto dei quali saranno su due colonne corrispondenti a vettori eied ej. Siano poi v1= Nλe1 e v2= Nλe2. La base di Jordan si scrive allora come

{v1, e1, v2, e2} .

Se i.n. = 3, calcoliamo una base di KerN2

λ e chiamiamola {u1, u2, u3} e riduciamo a scala la

matrice

D = (w1|w2|u1|u2|u3|e1|e2|e3|e4) .

Il quarto pivot si deve trovare su una colonna corrispondente ad un ej; chiamiamo u = Nλej e

v = Nλu. Riduciamo poi a scala la matrice

(18)

e sia wk il vettore corrispondente alla colonna con il secondo pivot. La base di Jordan si scrive come {wk, v, u, ej} . Esempio 17 Sia A =     0 0 1 0 0 −1 0 2 −1 0 2 0 0 −2 0 3     . Allora pA(λ) = (λ − 1)4 e N1=     −1 0 1 0 0 −2 0 2 −1 0 1 0 0 −2 0 2     −→     −1 0 1 0 0 −2 0 2 0 0 0 0 0 0 0 0     . Dunque m.g.(1) = 2 e KerN1= Span{     1 0 1 0     ,     0 1 0 1     . Inoltre, N12= 0 . Ora, consideriamo C =     1 0 1 0 0 0 0 1 0 1 0 0 1 0 0 0 1 0 0 1 0 0 0 1     −→     1 0 1 0 0 0 0 1 0 1 0 0 0 0 −1 0 1 0 0 0 0 −1 0 1     . Dunque poniamo v1= N1e1=     −1 0 −1 0     v2= N1e2=     0 −2 0 −2    

ed otteniamo come base

           −1 0 −1 0     ,     1 0 0 0     ,     0 −2 0 −2     ,     0 1 0 0            . Esempio 18 Sia A =     2 −3 0 1 −1 4 0 −1 −3 10 2 −4 −4 13 1 −4     . Si ha pA(λ) = (λ − 1)4

(19)

e N1=     1 −3 0 1 −1 3 0 −1 −3 10 1 −4 −4 13 1 −5     −→     1 −3 0 1 0 0 0 0 0 1 1 −1 0 1 1 −1     −→     1 −3 0 1 0 1 1 −1 0 0 0 0 0 0 0 0     . Dunque m.g.(1) = 2. Inoltre, N12=     0 1 1 −1 0 −1 −1 1 0 −3 −3 3 0 −4 −4 4    

e dunque i.n.(1) = 3. Ora

KerN1= Span            −3 −1 1 0     ,     2 1 0 1            KerN12= Span            1 0 0 0     ,     0 1 −1 0     ,     0 1 0 1            . Riduciamo a scala D =     −3 2 1 0 0 1 0 0 0 −1 1 0 1 1 0 1 0 0 1 0 0 −1 0 0 0 1 0 0 1 0 0 1 0 0 0 1    

ottenendo un pivot sulla prima colonna, uno sulla seconda, uno sulla terza, uno sulla settima, che corrisponde a e2. Dunque poniamo

u = N1e2=     −3 3 10 13     v = N1u = N12e2=     1 −1 −3 −4     . Ora, E =     1 −3 2 −1 −1 1 −3 1 0 −4 0 1     −→     1 −3 2 0 −4 3 0 −8 6 0 −12 9     −→     1 −3 2 0 −4 3 0 0 0 0 0 0     .

Dunque la base di Jordan `e            −3 −1 1 0     ,     1 −1 −3 −4     ,     −3 3 10 13     ,     0 1 0 0            .

2.8

Assemblare una base

Una volta trovate le parti della base associate ai vari autovalori, bisogna ordinarle con lo stesso ordine secondo cui gli autovalori compaiono nella forma di Jordan. Inoltre, se ad un autovalore corrispondono pi`u blocchi, si possono scambiare tra di loro i blocchi nella forma di Jordan scam-biando i gruppi di vettori di base corrispondenti ai vari blocchi. Vediamolo pi`u nel dettaglio con alcuni esempi.

(20)

Esempio 19 Prendiamo la matrice A =     4 0 1 0 2 2 3 0 −1 0 2 0 4 0 1 2     ,

studiata negli esempi 2, 10, 11. Sappiamo che la sua forma di Jordan `e

J1=     2 0 0 0 0 2 0 0 0 0 3 1 0 0 0 3     oppure (`e lo stesso) J2=     3 1 0 0 0 3 0 0 0 0 2 0 0 0 0 2     .

La parte di base associata all’autovalore 2 `e            0 1 0 0     ,     0 0 0 1            mentre quella associata all’autovalore 3 `e

           1 −1 −1 3     ,     1 3 0 1            .

Poich`e all’autovalore 2 corrispondono 2 blocchi di ordine 1, ogni blocco corrisponde ad un vettore della parte relativa a 2. Questi vettori possono essere scambiati tra loro senza problemi. D’altra parte, se si vuole ottenere la forma di Jordan J1 (dove compare prima l’autovalore 2 e poi il 3), si

deve scrivere la base

           0 1 0 0     ,     0 0 0 1     ,     1 −1 −1 3     ,     1 3 0 1            ,

mentre per avere la forma di Jordan J2, si deve scrivere la base

           1 −1 −1 3     ,     1 3 0 1     ,     0 1 0 0     ,     0 0 0 1            .

In ciascuna di queste due `e possibile scambiare tra loro i due vettori relativi all’autovalore 2. Esempio 20 Consideriamo la matrice

A =     0 1 0 −1 −3 0 1 2 −4 0 −2 5 −3 1 0 2    

studiata nell’esempio 14. Sappiamo che essa ha forma di Jordan

J1=     3 0 0 0 0 −1 1 0 0 0 −1 1 0 0 0 −1    

(21)

oppure J2=     −1 1 0 0 0 −1 1 0 0 0 −1 0 0 0 0 3    

La parte di base relativa a −1 `e            1 0 1 1     ,     0 1 −1 0     ,     0 0 1 0            ,

mentre quella relativa a 3 si calcola facilmente essere            0 1 1 1            .

Dunque, per la forma J1 la base `e

           0 1 1 1     ,     1 0 1 1     ,     0 1 −1 0     ,     0 0 1 0            ,

mentre per la forma J2la base `e

           1 0 1 1     ,     0 1 −1 0     ,     0 0 1 0     ,     0 1 1 1            .

Esempio 21 Consideriamo la matrice

A =     −4 4 2 4 −1 0 3 −2 0 0 −6 8 0 0 −4 6    

studiata nell’esempio 13. Sappiamo che la sua forma di Jordan pu`o essere

J1=     2 0 0 0 0 −2 0 0 0 0 −2 1 0 0 0 −2     oppure J2=     2 0 0 0 0 −2 1 0 0 0 −2 0 0 0 0 −2     oppure J3=     −2 0 0 0 0 −2 1 0 0 0 −2 0 0 0 0 2     oppure J4=     −2 1 0 0 0 −2 0 0 0 0 −2 0 0 0 0 2     .

(22)

La parte di base per −2 `e            −2 −1 0 0     ,     1 0 0 0            ∪            2 0 2 1            .

Se vogliamo che nella forma compaia   −2 1 0 0 −2 0 0 0 −2  

allora la parte di base per −2 sar`a            −2 −1 0 0     ,     1 0 0 0     ,     2 0 2 1            altrimenti, se vogliamo   −2 0 0 0 −2 1 0 0 −2  

la parte di base sar`a

           2 0 2 1     ,     −2 −1 0 0     ,     1 0 0 0            .

La parte relativa a 2 `e invece

           1 0 1 1            .

Dunque, una base per J1 `e

           1 0 1 1     ,     2 0 2 1     ,     −2 −1 0 0     ,     1 0 0 0            .

Una base per J2 `e

           1 0 1 1     ,     −2 −1 0 0     ,     1 0 0 0     ,     2 0 2 1            .

Una base per J3 `e

           2 0 2 1     ,     −2 −1 0 0     ,     1 0 0 0     ,     1 0 1 1            .

Una base per J4 `e

           −2 −1 0 0     ,     1 0 0 0     ,     2 0 2 1     ,     1 0 1 1            .

Esempio 22 La matrice dell’esempio 15 ha come forma di Jordan

J =     2 1 0 0 0 2 1 0 0 0 2 1 0 0 0 2    

(23)

e l’unico ordinamento possibile dei vettori di base `e quello fornito in precedenza:            −2 −1 0 1     ,     3 0 −1 0     ,     1 3 1 −2     ,     −1 −1 0 1            .

Esempio 23 Si consideri la matrice

A =     2 0 0 0 −1 1 −1 −1 2 2 4 2 −1 −1 −1 1    

studiata nell’esercizio 16. La sua forma di Jordan pu`o essere una delle seguenti

J1=     2 0 0 0 0 2 0 0 0 0 2 1 0 0 0 2     J2=     2 0 0 0 0 2 1 0 0 0 2 0 0 0 0 2     J3=     2 1 0 0 0 2 0 0 0 0 2 0 0 0 0 2    

e le corrispondenti basi sono            1 −1 0 0     ,     1 0 −1 0     ,     0 −1 2 −1     ,     1 0 0 0                       1 −1 0 0     ,     0 −1 2 −1     ,     1 0 0 0     ,     1 0 −1 0                       0 −1 2 −1     ,     1 0 0 0     ,     1 −1 0 0     ,     1 0 −1 0            .

In tutte queste basi, i due vettori

    1 −1 0 0     e     1 0 −1 0    

(24)

2.9

Esercizi

Si trovino la forma di Jordan ed una corrispondente base di Jordan per le seguenti matrici.

Esercizio 7     1 1 1 1 0 1 0 1 0 0 1 1 0 0 0 1     Esercizio 8     0 2 3 1 0 2 0 1 −1 −1 4 1 0 1 0 2     Esercizio 9     1 2 0 0 −2 −3 0 0 0 1 0 −1 1 0 1 −2     Esercizio 10     2 0 −1 0 0 3 0 0 1 0 2 1 0 0 1 2     Esercizio 11     1 0 −1 1 0 1 0 1 −1 0 1 1 0 −1 0 3     Esercizio 12     3 −1 1 1 1 1 1 1 −1 1 1 −1 1 −1 1 3    

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