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Attrezzature Neoclassiche rivoluzionarie a Milano

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Academic year: 2021

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91.

NUOVA SERIE, SETTEMBRE 2020

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EDIZIONI

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SETTEMBRE 2020 91

SETTEMBRE 2020 MILANO NEOCLASSICA / URBAN RESILIENCE

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ORIA E TECNICHE DELLA CONSERV

AZIONE PER IL PROGETT

O

fondato da

Marco Dezzi Bardeschi

91.

Milano neoclassica

Urban resilience of Middle East

cities during COVID-19

Da fragilità a risorse.

Riabitare i “luoghi marginali”

Editoriale

Pierliugi Panza, Generazione di maestri, 2 Utopia urbana e Milano neoclassica

Marco Dezzi Bardeschi, L'anticittà. Città e campagna, tra Antolini e Pistocchi, 5; Luca Monica, Attrezzature neoclassiche rivoluzionarie a Milano, 24; Maria Cristina Loi, Magnificenza civile, 32; Agostino Petrillo, "Et in arcadia ego", 38

Città del Medio Oriente e risposta COVID-19

Tiziano Aglieri Rinella, Lockdown. Urban resilience of Middle East cities during COVID-19, 41; Jean-Pierre El Asmar, Patricia Barakat, Beirut, Lebanon: Resilient People in a Precarious System, 43; Apostolos Kyriazis, Abu Dhabi and the pandemic crisis: COVID-19 response as an opportunity towards a new social condition, 51; Adina Hempel, Janet Bellotto, City EastWest: unpack the development of urban narratives in shifting times, 58; Francisco Javier Casas Cobo, Beatriz Villanueva Cajide, Report from Riyadh, the Kingdom of the desert, 63

Nuovi progetti e cantieri

Federico Calabrese, Bogota (Colombia), frammenti di memorie, 70 Viaggi nell'architettura e cultura materiale

Sandro Scarrocchia, Le architetture in lamiera salvadoregne di Sandro Angelini, 75 Da fragilità a risorsa: riabitare i luoghi 'marginali'

Mariacristina Giambruno, Sonia Pistidda, E/migrante. Una ricerca propedeutica al ripopolamento e la conservazione dei piccoli borghi storici in Lombardia, 84; Benedetta Silva, Francesca Vigotti, Patrimonio diffuso e ‘fragilità’ sociali. L’identikit dei luoghi come strumento di indagine, 90; Oana Cristina Tiganea, Michele Coletto, La comunità e il patrimonio industriale di Anina (Romania), 95

Inediti e cultura del moderno

Tiziano Aglieri Rinella, Una villa sui tetti di Parigi: l’appartamento di Charles de Beistegui di Le Corbusier, 103

PARTE II: Costruire lo spazio pubblico. Per un nuovo welfare urbano

Laura Ricci, Andrea Iacomoni, Carmela Mariano, Nuova questione urbana e nuovo welfare.2. Regole, strumenti, meccanismi e risorse per una politica integrata di produzione di servizi, 113; Tiziana Ferrante, Teresa Villani, Welfare urbano e progettazione inclusiva. Access City Award e le soluzioni premiate, 118; Maria Chiara Romano, La città-regione quale figura interdisciplinare. Welfare urbano e nuovi livelli di governo delle città capitali: la riforma istituzionale di Roma Capitale, 122; Francesco Alberti, Francesco Berni, Fra strategie e tattiche: l’interazione fra soggetti pubblici e cittadinanza attiva nei processi di rigenerazione urbana, 125; Maria Beatrice Andreucci, Innovazione sociale, attività condivise e impact finance per una transizione urbana sostenibile e inclusiva, 129; Irene Poli, Silvia Uras, Green infrastructure per la rigenerazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica, 132; Francesca Rossi, Servizi ecosistemici e nuovo welfare. Prospettive di rigenerazione per il litorale romano, 137; Fabrizio Tucci, Alessandra Battisti, Valeria Cecafosso, Green City Approach e new Welfare per le città italiane: dalle Linee Guida alle strategie d'intervento, 142

Didattica e ricerca

Daniele Rizzini, Bucarest (Romania): Haul Solacolu, 146 Tecniche

Enrico Quagliarini, Gabriele Bernardini, Marco D’Orazio, Teatri storici all’italiana e rischio incendio: soluzioni intelligenti e non invasive per il progetto, 149

Segnalazioni

Appello SIRA 'Contro l’emendamento sugli stadi' (SIRA, S. Della Torre); Raffaello allo specchio: la vana difesa del Sebastiano di Raffaello (R. Recalcati); Qel Raffaello della Carrara non va restaurto (M. Donizetti); II condominio inclinato (S. Scarrocchia); I disegni giovanili di Le Corbusier. 1902-1916

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91 nuova serie, settembre 2020

Quadrimestrale di cultura, storia e tecniche della conservazione per il progetto

Autorizzazione del Tribunale civile e penale di Milano n. 255 del 22 maggio 1993

Fondata da: Marco Dezzi Bardeschi Direttore: Pierluigi Panza Vice direttore: Chiara Dezzi Bardeschi Redazione e Segreteria di coordinamento: Giuseppina Carla Romby, Wanda Butera

Hanno collaborato alla realizzazione di questo numero: Simona Bravaglieri, Francesca Urbinati

Tiziano Aglieri Rinella, Associate Professor, American University, Emirates; Francesco Alberti, Professore Associato, Dipartimento di Architettura, Università di Firenze; Maria Beatrice Andreucci, Ricercatore, Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma; Patricia Barakat, PT History of Design Instructor, Notre Dame University – Louaize, Zouk

Mosbeh, Lebanon; Alessandra Battisti, Professore Associato, Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma; Janet Bellotto, Full Professor, Zayed University, Dubai; Gabriele

Bernardini, Ingegnere, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Architettura-DICEA, Università Politecnica delle Marche; Francesco Berni, Dottorando di ricerca, Dipartimento di

Architettura, Università di Firenze; Beatriz Villanueva Cajide. Assistant Professor of the College of Engineering of Prince Sultan University – Riyadh; Federico Calabrese, Docente di Composizione Architettonica, Facoltà di Architettura, Centro Universitario, Salvador Bahia; Valeria Cecafosso, Assegnista di ricerca, Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma; Francisco Javier Casas Cobo, Lecturer of the College of Engineering at Alfaisal University – Riyadh; Michele Coletto, Dottorato in Antropologia economica, Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales-EHESS, Parigi; Marco D’Orazio, Professore Ordinario, DICEA, Università Politecnica delle Marche; Jean-Pierre El Asmar (PhD), Professor of Architecture, Notre Dame University – Louaize, Zouk Mosbeh, Lebanon; Tiziana Ferrante, Professore Ordinario, Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma; Mariacristina

Giambruno, Professore Ordinario di restauro, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani-DaSTU, Politecnico di Milano; Adina Hempel, Associate Professor, Zayed University,

Dubai; Andrea Iacomoni, Ricercatore di Urbanistica, Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma; Apostolos Kyriazis, Assistant Professor of Architecture, Abu Dhabi University; UAE; Carmela Mariano, Professore Associato, Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma; Luca Monica, Professore Associato in Composizione architettonica e urbana, Dipartimento di Architettura Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito-ABC, Politecnico di Milano; Maria Cristina Loi, Professore Associato a tempo pieno, ABC, Politecnico di Milano; Agostino Petrillo, Professore Associato a tempo pieno, DaSTU, Politecnico di Milano; Sonia Pistidda, Ricercatore, DaSTU, Politecnico di Milano; Irene

Poli, Ricercatore, Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma; Enrico Quagliarini, Professore Ordinario di Architettura tecnica, DICEA, Università Politecnica delle Marche; Laura Ricci, Professore Ordinario di Urbanistica, Direttore del Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma; Daniele Rizzini, Architetto; Maria Chiara Romano, Professore

Associato, Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma; Francesca Rossi, Ricercatore, Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma; Sandro Scarrocchia, già Docente di Metodologia della progettazione e Teoria e storia del restauro all’Accademia di Brera, Docente di Storia dell’Arte al Politecnico di Milano; Benedetta Silva, Architetto, Dottoranda di ricerca in conservazione dei beni architettonici, Assegnista di ricerca, DaSTU, Politecnico di Milano; Oana Cristina Tiganea, Architetto, Dottore di ricerca in conservazione dei beni architettonici, Ricercatore tda, DaSTU, Politecnico di Milano; Fabrizio Tucci, Professore Ordinario, Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma; Silvia Uras, Dottorando di ricerca, Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma; Francesca Vigotti, Architetto, Dottore di ricerca in conservazione dei beni architettonici, Assegnista di ricerca, DaSTU, Politecnico di Milano; Teresa Villani, Professore Associato, Dipartimento PDTA, Università La Sapienza, Roma.

In copertina: Giovanni Antolini, Progetto per Foro Bonaparte, Milano, 1801-1802, pianta. Comitato scientifico internazionale

Mounir Bouchenaki, François Burkhardt, Juan A. Calatrava Escobar, Giovanni Carbonara, Françoise Choay, Lara Vinca Masini, Javier Gallego Roca, Werner Öechslin, Carlo Sini

Corrispondenti italiani

Piemonte e Val d’Aosta: Maria Adriana Giusti, Rosalba Ientile, Carlo Tosco; Lombardia: Carolina di Biase, Alberto Grimoldi, Antonella Ranaldi, Sandro

Scarrocchia; Veneto: Emanuela Carpani, Alberto Giorgio Cassani, Giorgio Gianighian; Liguria: Stefano F. Musso; Emilia Romagna: Rita Fabbri, Riccardo Gulli, Andrea Ugolini; Toscana: Mario Bencivenni, Susanna Caccia, Mauro Cozzi, Maurizio De Vita, Gaspare Polizzi; Lazio: Daniela Esposito, Donatella Fiorani, Margherita Guccione, Maria Piera Sette; Marche: Manuel Orazi, Enrico Quagliarini; Umbria: Paolo Belardi; Abruzzo: Stefano Gizzi, Claudio Varagnoli, Alessandra Vittorini; Campania: Alessandro Castagnaro, Bianca Gioia Marino, Andrea Pane; Puglia: Vincenzo Cazzato, Giuliano Volpe; Calabria e Basilicata: Francesca Martorano, Marcello Sestito; Sicilia: Maria Rosaria Vitale

Corrispondenti esteri: Federico Calabrese (Brasile), Tiziano Aglieri Rinella (Emirati)

I saggi contenuti in questo numero di ‘ANANKE sono stati rivisti da referee di nazionalità diversa da quella degli autori, selezionati per competenza tra i membri del Comitato Scientifico Internazionale / The articles published in the issue of ‘ANANKE have been reviewed by the international referees, selected among the members of the International Scientific Committee. I singoli autori sono responsabili di eventuali omissioni di credito o errori nella riproduzione delle immagini e del materiale presentato

La rivista ‘ANANKE e i suoi Quaderni sono acquistabili in formato cartaceo presso Libro Co. Italia - www.libroco.it - Tel. 055-8229414 prezzo di ciascun numero: Italia 14,00 euro; Comunità Europea 18,00 euro; resto del mondo 24,00 euro

abbonamento annuale (3 numeri): Italia 38,00 euro; Comunità Europea 52,00 euro; resto del mondo 70,00 euro;

abbonamenti e pubblicità: Altralinea Edizioni srl - 50144 Firenze, via Pierluigi da Palestrina 17/19 r, tel. (055) 333428 info@altralinea.it

La rivista è edita con il sostegno del Dipartimento ABC (Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito), dei dottorati e delle Scuole di Specializzazione, della Scuola di Architettura e della Cattedra UNESCO del Polo di Mantova della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, e del Dipartimento di Pianificazione, Design, Tecnologia dell’Architettura della Sapienza, Università di Roma.

Direzione, Redazione e Segreteria: Politecnico di Milano, Dipartimento ABC, edificio 13, Via Bonardi 9, 20133 Milano, 02/23994653 E-Mail: redazione.ananke@gmail.com - Website: http://www.anankerivista.it - Pagina Facebook: @anankerivista

© copyright Marco Dezzi Bardeschi

© copyright Altralinea Edizioni s.r.l. - Firenze 2013, 50131 Firenze, via Pietro Carnesecchi, 39, Tel. 055/333428 E-mail: info@altralinea.it; www.altralineaedizioni.it

ISSN 1129-8219 / ISBN 979-12-80178-26-8

tutti i diritti sono riservati: nessuna parte può essere riprodotta senza il consenso della Casa editrice finito di stampare nel novembre 2020

stampa: Fotolito Graphicolor – Città di Castello (Perugia) – www.fotolitographicolor.it

Il prossimo numero di ‘

ANANKE

:

La rivista ‘ANANKE è acquistabile sulle piattaforme on-line e presso le principali librerie italiane, in particolare:

Milano: Libreria Cortina, Via Pascoli, 70; Libreria Il Libraccio, Via Candiani, 102, Libreria Hoepli, Via U. Hoepli, 5; Venezia: Libreria Cluva,

Santa Croce, 191; Genova: Libreria Punto di Vista, Stradone Sant’Agostino, 58r; Firenze: Nardini Bookstore, Via delle Vecchie Carceri; Art & Libri, Via dei Fossi 32r; Roma: Casa dell’Architettura, Piazza M. Fanti, 47; Pescara: Libreria dell’Università, Viale Pindaro, 51; L’Aquila: Libreria Colacchi, Via E. Fermi, 36; Napoli: Libreria CLEAN, Via D. Lioy, 19; Bari: Libreria Campus, Via Toma Gioacchino, 76.

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NO VEMBRE 2020 QU ADRIMESTRALE DI CUL TURA, ST

ORIA E TECNICHE DELLA CONSERV

AZIONE PER IL PROGETT

O

fondato da

Marco Dezzi Bardeschi

Cupole murarie tra XV e XVI secolo

Programmi, saperi costruttivi e restauri attraverso la

Campania

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Editoriale

Pierliugi Panza, Generazione di maestri, 2 Utopia urbana e Milano neoclassica

Marco Dezzi Bardeschi, L'anticittà. Città e campagna, tra Antolini e Pistocchi, 5; Luca Monica, Attrezzature neoclassiche rivoluzionarie a Milano, 24; Maria Cristina Loi, Magnificenza civile, 32; Agostino Petrillo, "Et in arcadia ego", 38

Città del Medio Oriente e risposta COVID-19

Tiziano Aglieri Rinella, Lockdown. Urban resilience of Middle East cities during COVID-19, 41; Jean-Pierre El Asmar, Patricia Barakat, Beirut, Lebanon: Resilient People in a Precarious System, 43; Apostolos Kyriazis, Abu Dhabi and the pandemic crisis: COVID-19 response as an opportunity towards a new social condition, 51; Adina Hempel, Janet Bellotto, City EastWest: unpack the development of urban narratives in shifting times, 58; Francisco Javier Casas Cobo, Beatriz Villanueva Cajide, Report from Riyadh, the Kingdom of the desert, 63

Nuovi progetti e cantieri

Federico Calabrese, Bogota (Colombia), frammenti di memorie, 70 Viaggi nell'architettura e cultura materiale

Sandro Scarrocchia, Le architetture in lamiera salvadoregne di Sandro Angelini, 75 Da fragilità a risorsa: riabitare i luoghi 'marginali'

Mariacristina Giambruno, Sonia Pistidda, E/migrante. Una ricerca propedeutica al ripopolamento e la conservazione dei piccoli borghi storici in Lombardia, 84; Benedetta Silva, Francesca Vigotti, Patrimonio diffuso e ‘fragilità’ sociali. L’identikit dei luoghi come strumento di indagine, 90; Oana Cristina Tiganea, Michele Coletto, La comunità e il patrimonio industriale di Anina (Romania), 95

Inediti e cultura del moderno

Tiziano Aglieri Rinella, Una villa sui tetti di Parigi: l’appartamento di Charles de Beistegui di Le Corbusier, 103 PARTE II: Costruire lo spazio pubblico. Per un nuovo welfare urbano

Laura Ricci, Andrea Iacomoni, Carmela Mariano, Nuova questione urbana e nuovo welfare.2. Regole, strumenti, meccanismi e risorse per una politica integrata di produzione di servizi, 113; Tiziana Ferrante, Teresa Villani, Welfare urbano e progettazione inclusiva. Access City Award e le soluzioni premiate, 118; Maria Chiara Romano, La città-regione quale figura interdisciplinare. Welfare urbano e nuovi livelli di governo delle città capitali: la riforma istituzionale di Roma Capitale, 122; Francesco Alberti, Francesco Berni, Fra strategie e tattiche: l’interazione fra soggetti pubblici e cittadinanza attiva nei processi di rigenerazione urbana, 125; Maria Beatrice Andreucci, Innovazione sociale, attività condivise e impact finance per una transizione urbana sostenibile e inclusiva, 129; Irene Poli, Silvia Uras, Green infrastructure per la rigenerazione dei quartieri di edilizia residenziale pubblica, 132; Francesca Rossi, Servizi ecosistemici e nuovo welfare. Prospettive di rigenerazione per il litorale romano, 137; Fabrizio Tucci, Alessandra Battisti, Valeria Cecafosso, Green City Approach e new Welfare per le città italiane: dalle Linee Guida alle strategie d'intervento, 142

Didattica e ricerca

Daniele Rizzini, Bucarest (Romania): Haul Solacolu, 146 Tecniche

Enrico Quagliarini, Gabriele Bernardini, Marco D’Orazio, Teatri storici all’italiana e rischio incendio: soluzioni intelligenti e non invasive per il progetto, 149

Segnalazioni

Appello SIRA 'Contro l’emendamento sugli stadi' (SIRA, S. Della Torre); Raffaello allo specchio: la vana difesa del Sebastiano di Raffaello (R. Recalcati); Qel Raffaello della Carrara non va restaurto (M. Donizetti); II condominio inclinato (S. Scarrocchia); I disegni giovanili di Le Corbusier. 1902-1916

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NUOVA SERIE, SETTEMBRE 2020

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Utopia urbana e Milano neoclassica

Abstract: The topics here presented relate to

a research and teaching experience conducted for a two-year cycle on the theme of Neoclassi-cal Milan in a Master's Degree Seminar in History of Architecture held in the academic year 2009-2011 at Politecnico di Milano. The topics are here re-proposed by the authors, in the belief that the methodologies and contents of that work remain nowadays topical for at least two reasons, only apparently different. A first reason concerns the didactic structure at the time put in place, which seems still useful to us today, being in a phase of reorganization of the master's degree courses. The scheme of seminar work, proposed by Lucia-no Patetta and discussed by the Faculty council, in fact tended to a thematic study, grounded and guided by the professors' researches, which leve-raged the knowledge, training and interests of the students, orienting the preparation of graduation thesis. In this line, specific contributions were envi-saged, including the lectio magistralis by Luciano Patetta and Marco Dezzi Bardeschi.The second re-ason concerns the unexpected turnaround caused by the ongoing health emergency of COVID-19, which imposes to setting-up teaching themes ap-plied to contents of a certain social and civil re-sponsibility. In the specific case, for example, the theoretical and architectural manuals' tradition, among which the "neoclassical" and "revolutio-nary" season is impregnated, is nowadays

funda-mental for understanding the horizon of the basic public institutions of the city, which is then necessarily subjected to reform, to a process of "reconstruction". Architecture cannot escape the tasks involving the types of civil and social construction - schools, health centers, markets, collective residences, places for culture - in analogy with the research on the architecture of public services during the great seasons of social reform. That the two themes are connected, then, is even more evident for a School of Architecture of a Polytechnic which has always been involved in the processes of civil transformation. These reflections are also an opportunity to publish the text of the lecture presented by Marco Dezzi Bardeschi in 2011. A broad-spectrum lesson on the architectural culture of a well-known and studied season but with interesting architectures that are often not “looked at” and which even more, today, need to be reconsidered.

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esempio, la tradizione teorica e trattatistica in architettura, di cui la stagione “neoclassica” e “rivoluzionaria” è impregnata, risulta oggi fondamentale per comprendere l’orizzonte delle istituzioni pubbliche di base della città, che saranno da qui in poi necessariamente sottoposte a riforma, a un processo di “ricostruzione” è stato detto. L’architettura non può sottrarsi ai compiti che coinvolgono le tipologie dell’edilizia civile e sociale - scuole, presidi sanitari, mercati, residenze collettive, luoghi per la cultura - in analogia con le ricerche sulle architetture dei servizi pubblici delle grandi stagioni di riforma sociale. Che i due temi siano connessi, poi, risulta ancor di più evidente per una Scuola di Architettura di un Politecnico da sempre coinvolto nei processi di trasformazione civile.

Queste riflessioni sono anche l’occasione per pubblicare un testo inedito di una lezione tenuta da Marco Dezzi Bardeschi nel 2011, nell'ambito del suddetto seminario. Una lezione a largo spettro sulla cultura architettonica di una stagione conosciuta e studiata ma con interessanti architetture ancora da indagare e che ancora di più, oggi, chiedono di essere riconsiderate. MCL, LM II temi qui esposti sono relativi a una esperienza di ricerca

e didattica condotta sul tema della Milano Neoclassica nell'ambito di un Seminario di laurea magistrale in Storia dell’Architettura svoltosi negli a.a. 2009-2011. Li riproponiamo nella convinzione che le modalità e i contenuti di quel lavoro rimangano oggi di attualità per almeno due ragioni, solo apparentemente diverse.

Un primo motivo riguarda la struttura didattica allora messa in campo che ci sembra utile riguardare oggi in una fase di riorganizzazione dei corsi di laurea magistrale. Lo schema di lavoro seminariale, allora proposto da Luciano Patetta e discusso dal consiglio di Facoltà, tendeva infatti a un approfondimento tematico molto orientato dalle ricerche dei docenti, che faceva leva sulle conoscenze, sulla formazione e sugli interessi degli allievi, orientando la preparazione di tesi di laurea. In quest’ottica erano stati previsti contributi specifici, tra cui le lectio magistralis di Luciano Patetta e di Marco Dezzi Bardeschi.

Il secondo motivo riguarda la svolta inaspettata impressa dall’emergenza sanitaria in corso, che ci chiede di impostare molti dei temi didattici applicati verso contenuti di certa responsabilità sociale e civile. Nel caso specifico, per

Da sinistra: Montaggio delle piante dei tre progetti oggetto della ricerca: Giuseppe Pistocchi, Progetto per il Monumento alla Riconoscenza al Moncenisio, 1813; Giovanni Antonio Antolini, Progetto per Foro Bonaparte, 1801-1802; Louis Bruyère, Progetto per una Città-porto presso Comacchio, 1805; manifesto della lezione tenuta da Marco Dezzi Bardeschi nel 2011

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Abstract: The paper reports a lecture by the author presented during the Milano neoclassica seminar of the year 2011.

The lecture highliths the broad spectrum's aspects of the period 1750-1813, from the architectural 'school' of the Encyclo-pedia, to the rivolutionary spirit and the 'anti-enlightment' radical approach to architecture), the academia, the civil magni-ficence, the conceptual neoclassicism, the architects of freedom, and the civic commitment, and in particular the design commitment for Milan.

L’Anticittà. città e cAmpAgnA, trA AntoLini e pistocchi

neLLA miLAno neocLAssicA

MARCO DEzzI BARDESCHI

1. Io non voglio farvi una lezione tradizionale, ma,

piuttosto, proporvi una carrellata di temi, di spunti, di pretesti, per la vostra riflessione culturale e soprattutto progettuale. Non supereremo la soglia della sconfitta di Napoleone a Waterloo, quindi ci occuperemo del periodo 1750-1813. Vedrete, però, che in questi anni succede di tutto, e comincio da questa testimonianza che dovrebbe essere il punto fondamentale della riorganizzazione in senso moderno del sapere, quindi la diffusione dei dizionari, le enciclopedie, le cyclopaediae, la britannica per esempio.

2. La magnificenza del re e l'inquietante diversità. L’editore dell’Encyclopédie méthodique

Panckoucke – è noto – diede l’incarico per la redazione sul volume dell’architettura a Quatremère de Quincy (1788). Ecco, allora, i 35 volumi dell’Encyclopédie di Diderot et D’Alembert, il padre fondatore; Diderot subentrerà subito dopo. Questi 35 volumi hanno fatto la storia, hanno portato l’antico verso il futuro. Sono usciti dal 1751 fino al 1780, quindi per trent’anni. Quello che è importante però, è che mentre questo contributo è stato rivelatore per quanto riguarda la riorganizzazione delle arti e dei mestieri soprattutto – quindi Beaux-Arts et

Métiers – è deludente per l’architettura. Sull’architettura,

lo vedrete subito, e ve lo do come punto di riferimento: le tavole escono già nel 1762, e non si presagisce tutto

il fermento che si sta per scatenare in Francia e che porterà alla Rivoluzione francese, alla 'rivoluzione del fare', alla rivolta contro il potere del Re, contro il potere della chiesa, per il potere del terzo stato, la borghesia. L’architettura è affidata a Blondel, l’architetto del Re, che fa degli esempi suoi e di due architetti: è fondata soltanto sull’ordine. Quindi siamo alla conferma della linea Vitruvio, Palladio, Vignola.

All’architettura si arriva attraverso gli ordini, gli elementi che attengono maggiormente al gusto artistico, quale conoscenza indispensabile per giudicare la bellezza esteriore. La bellezza esteriore è la bellezza della città, della cella urbana. Poi c’è il punto della vita interiore, del privato che si deve rapportare, conciliando interno ed esterno, cosa che non si è mai coniugata, nemmeno nel Rinascimento. Conciliare interni con esterni, questo è il compito della costruzione. Si riduce tutto ad una questione di stilemi, di stili, naturalmente a grandi livelli di disegno. I cinque ordini sono i tre greci, dorico, ionico, corinzio, e i due latini, toscano e composito. Quindi siamo nella tradizione, fino a Palladio, Scamozzi e, ad esempio, l’Enciclopedia dà una dettagliatissima descrizione di come si deve fare e da cosa non si può derogare.

Queste sono le parti, le proporzioni: è il punto cogente se si vuole adeguare la propria architettura; se si vuole inseguire il gusto della magnificenza urbana. Vedremo che Antolini, e tutti questi architetti, studiano con grandi rilievi

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è l’aspetto inquietante del Bagno di Brest. Il Bagno di Brest è un bagno penale dove i detenuti scontano pene, vengono torturati e sono in condizioni tragiche. Ecco dunque una grande macrostruttura urbana, dove l’articolazione si concentra intorno all’apparato del direttore, piante, sezioni, prospetti, ma questa struttura semplice e pulita, è già stata sperimentata nell’albergo dei poveri, mentre qui è portata agli eccessi repressivi. Qui c’è tutto un dibattito sul lusso e la povertà, e quindi sull’utilizzo sociale dell’architettura, da Palermo, a Napoli: il tema dell’albergo dei poveri, come sapete, è abbastanza interessante per i Borboni e per altri regnanti. Nella descrizione si dice che le camere hanno dei tavolacci per i forzati, come letti, e sono tavolacci che contengono per ogni camera venti persone. Pensate, quindi, alle condizioni di sopravvivenza umana. Nell’architettura, dunque, da una parte c’è la magnificenza del Re, dall’altra parte c’è chi affronta il problema della diversità da condannare. La cosa più interessante, e chiudo l’argomento – potete divertirvi a leggere l’Enciclopedia che è una fonte formidabile dell’architettura – è che l’opera si rivolge ad un pubblico illuminato. Qui c’è già il concetto del lume, della luce della giustizia. C’è una bella frase di Blondel che mette in guardia su quello che l’architettura non deve essere, come contrappasso: «Questi esempi di e pubblicazioni l’antico. È un secondo umanesimo che

prende, cita, l’antico e lo porta alla modernità. Si passa, poi, alle porte, alle finestre: il linguaggio dell’architettura è questo. Seguono degli esempi, la fontana dell’architetto

Davioud, che è alla testa di Boulevard saint-michel a parigi, che fornisce l’ordine ionico, il colonnato del Louvre che dà l’ordine corinzio, un’altra fontana che

cita il dorico. Gli interni, però, sono ancora tutti 'cipria e profumi, parrucca'; quindi è interessante la disparità tra questo travestimento degli interni e la conferma degli ordini negli esterni. Qui siamo naturalmente nelle stanze del Palazzo Reale, l’architettura la fa Lemercier, gli architetti sono architetti del Re, addirittura con le misure del Re si misura l’abaco. Vedete come dall’interno si va al salotto, si va verso una camera da parata, si dice, ed anche il letto è da parata. Questa è la scala di una magnifica abbazia, guardate il liberty, Victor Horta non ha inventato nulla, qua c’è tutto se ci pensate bene, però vedete che c’è un processo di semplificazione, si va cercando la ragione genetica anche delle curve, nel percorso della scala. Ecco su questo si potrebbe già fare una lezione, si potrebbe vedere ad esempio come questo tema dei collegamenti, dei percorsi sia un tema fondamentale dell’architettura.

Compare, tuttavia, qualcosa che incomincia ad inquietare:

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architettura – dice – saranno di diverso genere, ma tanto più apprezzabili in quanto lontani da quella sregolatezza di cui oggi si fa mostra in Francia nei suoi edifici, da parte della maggioranza degli architetti. Molti architetti, molti di costoro, di architetto non hanno che il nome unendo alla presunzione, che è pari alla loro ignoranza, una malafede e un’arroganza insopportabili».

Una frase, però è, attualissima, ricordatevelo. «Può darsi che la mia sincerità, sembrerà azzardata, tuttavia, poiché qui istigo, più in qualità di cittadino che di artista» – il tema del civis è fondamentale, prepara alla rivoluzione francese, siamo nel ’60: «ho pensato che mi può essere concessa la libertà di valermene in questo modo, sia per la passione che ho per il progresso delle belle arti sia nelle intenzioni di distogliere la maggior parte di coloro che tengono l’incontro dell’architettura dai vizi troppo marcati della gelosia e dell’intrigo. Da quei pessimi comportamenti di cui molti di loro fanno apertamente mostra senza alcun rispetto per il principe, per lo stato, per la patria. Le mie tavole s’ispirano alla concezione di semplicità, proporzione e armonia. Questi sono i concetti a cui vorrei fosse ricondotta l’architettura. Mi riterrei felice se potessi trovare il modo di dimostrare agli uomini del mestiere che non c’è vizio più vergognoso e degradante per l’umanità della gelosia. Almeno mi si riconoscerà di

essermi fatto onore del condividere il bene di essere utile al pubblico insieme con quei due capaci architetti, che lui ricorda, i quali meritano da ogni punto di vista la stima dei cittadini e la stima del ministro». Quindi la committenza è solo di Stato e voi capite che la vita quotidiana non fa parte dell’architettura.

3. Un ripensamento della grande rivoluzione dell'età dei lumi. Uno primi dei testi che mi sono serviti

per capire come dagli anni 1968 è nato un ripensamento della grande rivoluzione dell’età dei lumi (non a caso in coincidenza con una contestazione delle strutture gerarchiche contemporanee) è stato un contributo venuto da Venezia, dalla mostra di Castelfranco Veneto, del 1969:

Illuminismo e architettura del 700 veneto (catalogo a cura

di M. Brusatin). Questa mostra è stata molto importante perché indagava su quel clima di attesa, su qualcosa che sarebbe dovuto venire, che poi era il riformismo illuminato o la rivoluzione, riforma o rivoluzione nel Veneto, che già lo presagiva. In questa mostra di Castelfranco, alla quale aveva collaborato, Aldo Rossi partiva proprio da questa città, una Venezia che non esiste, un montaggio storico di Canaletto che cita Palladio, il Ponte di Rialto e la Basilica. Quindi una Venezia d’invenzione, dalla quale – potete capire – Aldo Rossi trovava spunto per

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la sua teoria dell’architettura: L’architettura della città era in incubazione. Uno dei protagonisti era il Frigimelica, un architetto dal nome curioso. Ma, al centro di questa rivisitazione radicale rigorista, era Padre carlo Lodoli chiamato il 'Socrate dell’architettura' perché non ci ha lasciato niente di scritto. Lodoli faceva lezione a Venezia, era un 'fratacchione' (vedete il saio) ma non ha mai scritto nulla. Soltanto un suo allievo Andrea

memmo ha pubblicato un testo, i suoi Elementi di

architettura Lodoliana (1786), che è importantissimo

perché è un manifesto dell’architettura funzionalista (il sottotitolo precisa: «ossia l’arte del fabricare con solidità

scientifica e con eleganza non capricciosa»): via tutte

le cornici, via tutto – lo diceva già Piranesi che veniva da Venezia – via cornici, via trabeazioni, via tutti questi elementi, gingilli, andiamo al muro, puro, essenziale, andiamo all’esigenza, alla funzione. Il funzionalismo in architettura ha il suo volto e se voi leggete il cartiglio tutto intorno al ritratto di Lodoli, c’è scritto, da sinistra in basso girando intorno, che «devonsi unire fabbrica (il concetto dell’architettura è fabbrica) e ragione»; l'architettura non è soltanto disegno, è qualcosa che tende ad essere costruzione: debbono unirsi fabbrica e ragione «e sia funzion la rappresentazione». Quello che è messo in rappresentazione deve essere esclusivamente motivato

dall’esigenza d’uso, quindi deve essere funzionale. E qui ho citato Piranesi.

Nel 1974, inizia la rivista PSICON. Nel numero 1 avevamo cominciato con Leon Battista Alberti, un Alberti molto più sfaccettato di quello che impariamo a scuola, cioè tutto il pensiero ermetico, tutta la tradizione profonda, lontana della cultura globalizzata della chiesa e dei prìncipi, diversa insomma. Abbiamo anche lavorato su un numero dedicato all’architettura dell’illuminismo – il n.4 (Architettura e cultura dell'illuminismo, 1975) – con in copertina piranesi: un Piranesi magnifico ed infatti il tema è il Magnifico collegio. Quindi un’architettura cosmica, un tutto, una macchina, l’architettura diventa una città, un ingranaggio. Però con Piranesi, un uomo fervido, dall’invenzione inarrestabile, qui con in mano uno dei suoi progetti, coesisteva la magnificenza, guarda non a caso come nell’Enciclopedia che abbiamo visto prima, con il suo contrappasso, le carceri, i bagni penali dove i malfamati dovevano redimersi e naturalmente il suo occhio si sofferma qui, su queste cose stupende, il

«cieco carcere», la sede del «carcere oscuro per supplizio

dei malfattori». Anche qui un’architettura romana, di pietra, forte, dura, ermetica con tanti passaggi, tanti percorsi verso le agognate scale, che chissà quando, ti porteranno fuori da questa macchina perversa verso la

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luce, verso il ritorno ad una vita normale. Quindi funi, meccanismi di tortura, non c’è luce, è anti-illuministico. Vedete i due contrappassi attraggono, ma attrae anche una forte ironia nei riguardi: Piranesi è un antiquario appassionato, tutti conoscono le sue vedute, già col tema delle rovine, dei templi, da lì parte sostanzialmente l’arte antiquaria, però parte anche la rivisitazione del classico e non si ferma a questo. Piranesi critica: ne I resti della villa

di Orazio, questi sono concepiti in forma di escremento

organico. Quindi è una bellissima critica distaccata, è un appassionato osservatore della realtà (ma attenzione non perdiamo la nostra capacità critica).

Nel 1978, fu organizzata una bellissima mostra milanese alla Rotonda di via Besana (L'Idea della magnificenza

civile: architettura a Milano 1770-1848: Milano,

ottobre-novembre 1978, testi di L. Patetta, M. Dezzi Bardeschi, A. Finocchi, C. Gavinelli, P. Portoghesi), che tendeva a riportare l’attenzione su quel periodo. In questa mostra finalmente si vedono le tavole provenienti dai vari musei ed archivi. Siamo nel giugno del 1978 e naturalmente si comincia a rivalutare fortemente, non tanto il segno classico, quanto l’essenzialità della macrostruttura urbana progettata. Questa che vedete è un’opera importantissima di Francesco croce, ed è proprio l’albergo dei

poveri, in corso di costruzione, casa di correzione che

poi sarà realizzata solo in parte con l’aiuto del Piermarini. Il progetto è del 1762. Vedete gli anni 1760 sono già ricchi di rivoluzione, di revisione delle gerarchie, e d’interesse per il sociale. Francesco Croce, non solo è l’autore tardo barocco del La Cattedrale di Lodi, che purtroppo con poco rispetto negli anni ‘70 è stata de-barocchizzata, e quindi non c’è più, ma è anche l’autore della guglia della madonnina di milano, quindi dell’ultimo sforzo tecnologico e simbolico, ed anche l'autore del sopralzo del palazzo della ragione a milano. Qui ci sono degli occhi ellittici che sovrastano l’ "orribile" sopralzo che volevano demolire e troverete quindi il suo testamento; sono occhi di luce, che portano la luce dentro il salone, come proiettori. Quindi questa è proprio la celebrazione, in anticipo, di quell’Aufklärung, quell’illuminazione di cui parlerà, nel 1784, Kant: «Was ist Aufklärung?» Che cos’è l’illuminismo? Che cos’è questo concetto?

Lumière e Illuminismo. Per parlare di questa svolta

bisogna guardare che cosa succede in Italia, in questi anni dove ancora non c’è l’unità nazionale; soltanto Napoleone la tenterà con la Repubblica Cisalpina, poi con la Repubblica italiana – una bella esperienza – ma ci vorrà, poi, Napoleone III per arrivare all’unità del nostro Paese.

Da sinistra: Canaletto, “Capriccio con edifici palladiani”, dipinto, 1756-59, Galleria Nazionale di Parma; Girolamo Frigimelica e Giovanni Gloria, Modello ligneo per il palazzo della villa Pisani a Stra, 1720, Venezia, Museo Correr

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4. Le Accademie. Andiamo a parlare degli ambienti

di formazione, cioè delle Accademie. Le accademie sono tutte in ebollizione, ovviamente mescolano l’architettura con la pittura, con la scenografia, con la scultura, con il disegno dal vero. Il nudo ad esempio è fondamentale. Nell’accademia ci sono le novità. Un’accademia, di cui bisogna parlare perché fa da matrice di Brera, e si forma prima che a Milano, è l’Accademia di Parma. A Parma c'è un architetto che viene dalla Francia, Léon Guillaume Du Tillot, detto anche Dutillot (Bayonne, 1711 – Parigi, 1774), ministro del Ducato; porta con se dalla Francia Ennemond Alexandre Petitot, insieme ad altri. Per esempio, ci saranno anche dei filosofi; un filosofo sensista Condillac, importantissimo, che insegnerà a Parma tutta la vita: un abate sensista, quindi sensibile al materialista Offray de La Mettrie e al suo L’uomo macchina (1747). L’Accademia di Parma ovviamente deve necessariamente essere aulica.

Scorrendo tutti i concorsi dal 1760 fino al 1791-96, cioè dopo la rivoluzione francese, troviamo ogni anno

i premi dati per il miglior progetto, ma di che tipo? Ad esempio: Una Magnifica fiera (1760). Questo concetto delle magnifiche sorti e progressive, la magnificenza

civile, è un concetto di architettura: osservate la pianta,

una macrostruttura dove molte invenzioni dell’Antolini e del Pistocchi, ci sono già. Tra i premi, c’è per esempio Un

edificio pubblico, Un Granaio, nel 1761; nel 1762 Una casa di campagna; nel 1763 con Una magnifica galleria,

che è vinta da un inglese, quel george Dance, che poi sarà allievo di Piranesi, e costruirà molti edifici a Londra. Seguono: Una cappella sepolcrale, Una cascata

di acque, Un ospedale. simone cantoni sarà uno

di quegli architetti che fanno la traversata da Parma a Milano, portandovi questa prima architettura francese dell’illuminismo. Cantoni la porterà realizzando il Palazzo Serbelloni, il Palazzo Ducale a Genova e così via. Siamo nel 1766. Una magnifica piazza con fontana pubblica: qui la natura è l’altro tema; si dettagliano tutte le rocailles e si è già presagito la svolta del tempo della natura e della ragione che troveremo fra poco in Boullée, che

Da sinistra: Effige di Carlo Lodoli sul frontespizio degli Elementi di Architettura Lodoliana, A. Memmo (1786). Nel cartiglio intorno al ritratto si legge: «devonsi unire fabbrica e ragione - e sia funzion la rappresentazione»; G.B. Piranesi, “Carcere oscura con antenna pel supplizio de’ malfatori”, in “Prima parte di Architettura e Prospettive”, Roma, 1743, “Ruine della villa di Orazio”, in G.B. Piranesi, “Diverse Maniere d'Adornare i cammini…”, Roma, 1769. Nella pagina a fianco: colonna sinistra: Francesco Croce, progetto, Albergo dei poveri, 1762; colonna destra: 'Una magnifica fiera', Concorsi dell'Accademia Reale di Belle Arti di Parma, 1760, saggio di Luigi Feneuelle (da: Concorsi dell'Accademia Reale di Belle Arti di Parma dal 1757 al 1796, a cura di M. Pellegri, Parma, 1988)

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ancora non ha fatto la svolta. Questi disegni hanno una forza notevole: un magnifico teatro, un castello d’acqua,

un faro, una specola astronomica ...

Nel libro sul petitot, catalogo della mostra dei primi anni 2000 (Petitot. I disegni nella Fondazione Cassa di

Risparmio di Parma Parma, Palazzo Bossi – Bocchi, 27

aprile – 30 giugno 2002, a cura di G. Godi e C. Mingardi), vedete la famosa immagine di Petitot nella Masquerade à

la Grecque, dove l’architetto si mette i panni dello stile, lo

indossa. E non a caso c’è la piramide. È à la Grecque, ma potrebbe essere anche à l’Egyptienne. Petitot si è formato a Parigi, ha sentito il vento nuovo e l’ha verificato anche a Roma, nella Roma degli apparati; ecco gli apparati del Petitot, la grande festa del 1749, a Roma; o ancora, il progetto di un ponte trionfale, nel quale traspare Piranesi. Ma anche soane sarà a Roma. Vi è Piranesi, gli architetti internazionali, l’architettura sull’infrastruttura. Però Petitot è anche l’uomo della semplificazione estrema, come appare in progetto di un edificio, un palazzo, nel senso del rigore.

Vedete anche la bottega del Caffè con annesso il casino dello stradone parmense. E ancora: in Petitot, questo doppio aspetto coesiste, l’aspetto della sovra-struttura che tende sempre più ad ingigantirsi finché non esplode e lascia, sotto il vestito, la struttura. Un acquedotto che è già una architettura del 1900. Se voi prendete le sezioni sono per esempio come in tutti i temi scientifici, come la torre della Specola di Bologna in via Zamboni, un edificio analogo a questo di una essenzialità di quadrati e di cerchi sovrapposti che ruotano.

Perché è importante Parma? Perché Parma precede. Siamo sempre nell'ambito di fabbriche gesuitiche; dopo il 1767, i gesuiti vengono espropriati, dispersi, quindi subentra l’università, universitas, intesa in senso pubblico. Brera nasce così, col suo osservatorio astronomico, con le sue scuole. A Brera c’è il parini, abbiamo l’inventario alla morte del Parini di tutti gli oggetti che erano nel suo appartamento, un appartamento spartano, fatto di libri, un tavolo e una sedia, poco più, al piano terra di Brera. Parini è un maestro di eloquenza, un maestro d’ironia, di

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sarcasmo e allora Parma lo chiama, per dargli la cattedra di eloquenza. Parini non ci andrà. Succederà il contrario, gli architetti formati a Parma finiranno ad insegnare a Brera.

5. La periferia dello stato pontificio: l'emilia romagna. In questa contingenza, agli inizi degli

anni ’70, un altro osservatorio molto interessante è quello della periferia dello stato della Chiesa, l’Emilia Romagna. L’Emilia Romagna ha prodotto degli architetti che erano sempre in anticipo come cosimo morelli, ma soprattutto come camillo morigia. Per l’anno di nascita, è una generazione che è giovane nell’anno della Rivoluzione, ma Morigia muore molto presto e ha fatto appena in tempo a vederla. Morigia non era soltanto un corrispondente dell’Accademia di Firenze, il coté accademico non si dimentica mai, si dovevano fare le prove di ornato, i capitelli, l’antico, però ci si impegnava nel sociale, nascono qui gli ospedali, l’albergo dei poveri, l’edificio di assistenza.

Una sua opera molto simbolica e anche criticata è il Mausoleo di Dante a Ravenna. Questo esempio brevemente che vi dimostra come da una parte l’abate Fiandrini, architetto, che lavora su un progetto di Morigia

a Piacenza, poi realizzato, il S. Agostino, siamo nel 1785. Gli anni sono importanti: l’84 sarà un anno fondamentale, scoppierà Boullée, esploderà questa nuova grande meteora che rivoluzionerà tutto. L’84 è anche l’anno di Kant, dell’Aufklärung, quindi della centralità della questione identitaria dell’architettura. Quest’architettura che era perfetta negli studi viene rivisitata e poi realizzata tornando ad una certa semplicità, espungendo quindi tutti gli elementi aggiunti e rifacendosi alla grande lezione dell’Alberti: vedete il S. Andrea di Mantova. Palladio e Alberti, quindi è un classicismo di tipo archeologico. Però il Morigia è anche l’uomo della svolta sull’architettura essenziale, cioè quella fatta di pochissime cose fondamentali, dove la forma è la funzione. Ecco allora i progetti della Casa delle aie, siamo vicino a Ravenna, della Casa dei Pinaroli che erano quelli che andavano stagionalmente in pineta. La pineta di Ravenna è stata la prima ad essere notificata dallo Stato italiano, da Corrado Ricci, agli inizi del ‘900. Quindi vedete i letti dove si dormiva, le cucine, qui siamo in un’architettura pauperista assoluta. Portico, lettiere, luoghi di raccolta, cucine, tutto l’essenziale. E questa è una cosa che parte dalla villa Capra del Palladio, ma che va in una direzione nuova. Vedete questa è la casa progettata da Camillo

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Morigia negli anni ’80 per il vescovo Codronchi, un cubo alla Morris, un cubo stereometrico che però ha quattro stanze, non più dei corridoi, ma degli ambienti lunghi, che hanno delle prospettive sui quattro punti cardinali del paesaggio esterno e con una cupoletta. Le porte sono negli angoli, le quattro stanze convergono in questa specie di vestibolo che diventa il cuore della casa.

6. La libertà del progetto. Qui è chiaro che la

lezione dei francesi è stata sentita. Quale lezione? Questa: ad un certo punto irrompono sulla scena di progetto due personaggi che definiscono due parole: uno la deflagrazione della prigione dell’ordine classico. Lo si fa deflagrare gonfiando, facendo diventare tutto talmente colossale che poi alla fine per critica interna viene decontestualizzato. La scoperta del colossale, ad esempio il particolare rapporto tra gli uomini e questa specie di faro che è concepito soltanto come un elemento emblematico della città: questo è etienne Louis

Boullée. C'è anche un architetto che non ha mai fatto

architettura, ma l’ha soltanto disegnata, producendo tanto nel campo dell’innovazione e della critica:

Jean-Jacques Lequeu. Da una nicchia viene fuori un corpo

anatomico che dice «essa è libera». Questo è il tema della libertà, libertà del progetto da tutte le norme. È il 1969, avete visto il discorso degli illuministi veneti e nel 1969 questo professore di Zurigo, uno storico, Max Vogt pubblica un memorabile (Boullées Newton-Denkmal,

Sakralbau und Kugelidee, Birkhäuser, Basel und Stuttgart,

1969) e dedica tutto il suo libro all’analisi di questo monumento incredibile alla gloria di Newton che diventa, per l’uomo del ‘700, nel progetto di Boullée un semidio. Pensate che quando Voltaire va a Londra nel 1714-15, da giovane, scrive una lettera dicendo (parafraso): «qui è cambiato tutto, noi francesi credevamo che l’universo fosse pieno e ora scopriamo che è vuoto, scopriamo che ci sono delle particelle infinitesimali come peso e come massa che fanno un gran casino producono la materia ed in mezzo c’è un vuoto assoluto». Il merito è di Newton: la scoperta della legge di gravità che diventa un riferimento epocale per tutti, e non solo per Boullée che insegna all’accademia e morirà nel 1799 – e che quindi avrà tempo di passare tutte le traversie della Rivoluzione. La sua è architettura visionaria, visionaria fino ad un certo punto o rivoluzionaria. Comunque non c’è più il concetto di ordine, c’è l’assoluto geometrico, i corpi puri, ed è proprio quello che riprenderà in mano Le Corbusier con i

Da sinistra: Ennemond Alexandre Petitot, Torre idrica a Parma, 1761; Petitot nella Masquerade à la Grecque; progetto di ponte trionfale (da: Petitot. I disegni nella Fondazione Cassa di Risparmio di Parma Parma, 2002, a cura di G. Godi e C. Mingardi)

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1989-7 gennaio 1990). Ecco il tema colossale della libertà. Ancora Boullée, la grande chiesa metropolitana, siamo nella metropoli, nella chiesa che tiene tutto dentro di sé, poi di questo concetto qualche cosa si realizzerà, pensiamo al Pantheon a Parigi. Le porte di città, trionfali, il famoso tempio della ragione o tempio della natura. Sono molto affezionato a questi disegni che hanno un aspetto particolare. Da Firenze verso il 1802-3 (Boullée era morto nel 1799), viene mandato a studiare a Parigi all’Ecole des ponts et de chaussées giuseppe martelli, che sarà un grande architetto del neoclassico fiorentino. Parliamo di neoclassicismo concettuale o ideologico, non stilistico, non archeologico. Martelli acquisterà 8 di questi disegni in una bancarella, con il tempio della ragione o della natura e altri che ora sono al Gabinetto Stampe e disegni degli Uffizi, grandi tavole dove la commistione tra natura, città e cielo è totale. Anche la pianta della biblioteca è una pianta da stoà, alla greca insomma: è una rivisitazione modernissima. Segue il palazzo del parlamento: il governo del popolo deve essere gestito in una grande struttura di rappresentanza. In un dettaglio del tempio vedete al centro una Iside.ùAd un certo punto volumi puri, il cubo, la piramide, il cono, il cilindro sotto la

luce. Questo monumento ha anche un coronamento, una cornice di natura, ma essenzialmente è fatto per questa visione doppia interna: di giorno, dove la calotta replica il cielo stellato con tutti i suoi pianeti, con il passaggio della luce all’interno; mentre di notte è illuminato da questa grande sfera armillare, una lampada. Naturalmente Boullée fa un'operazione rivoluzionaria sui sotterranei, ma la fa anche sui grandi monumenti urbani. Ecco allora

il museo, che ha un concetto della cultura talmente

colossale che il museo è diverso. Oppure il cenotafio, con tronchi conici oppure piramidali. Grandi monumenti sepolcrali. La grande architettura è l’architettura dei morti. La memoria è l’elemento di un’architettura illuministica totale, quindi ecco il progetto della biblioteca. La Grande biblioteca nazionale di Parigi ricorda un po’ la Scuola di Atene. È una scuola dei saggi, degli uomini addottrinati.

7. il neoclassicismo concettuale. Nel 1989 a Parigi

c'è la grande mostra alla scuola di belle arti, Gli architetti

della libertà (Les architectes de la liberté: 1789-1799,

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Boullèes, Ledoux e Lequeu, sono stati presi da un grande critico che era Emil Kauffman, laureato nel 1929, che nel ‘33 ha pubblicato la sua tesi, fissando un concetto di fondo: questa è una architettura aperta per chi voglia attingerne, ha delle valenze libere sulle quali si può lavorare progettualmente. Kauffman aveva scritto questo libro in tedesco Von Ledoux bis Le Corbusier (Leipzig-Wien, 1933), sostenendo che il razionalismo, l’assoluto formale lo ritroviamo nei maestri del moderno contemporaneo. Scriveva negli anni in cui Le Corbusier pubblicava Vers

une architecture (1923).

8. La felicità pubblica. Questa tesi ha avuto successo,

tanto che abbiamo provato a verificarla per Milano, e funziona, perché a Milano dal Caffè ai Verri, il concetto di felicità, per esempio è stato importante. Qual è l’obiettivo dell’architettura? Assicurare la maggior felicità possibile al maggior numero di persone. Questo tema è un tema da Aufklärung sociale. Questo tema inizia in Italia con

Ludovico Antonio muratori che ha fatto tante ricerche

in archivio sulla storia del nostro Medioevo, ma poi è uscito con un libello piccolissimo: Della Pubblica Felicità

Nella pagina precedente, da sinistra: Camillo Morigia, S. Agostino, Piacenza, 1785; disegni e progetti di Camillo Morigia per Casa delle Ai, Casa del vescovo Codronchi e Casa dei Pinaroli. In questa pagina, a sinistra: E.L. Boullée, dettaglio di Cénotaphe ègyptien, Bibliothèque Nationale de France; al centro, sopra: J.-J. Lequeu, 'Est libre', 1798/99, Paris, Bibliothèque Nationale; al centro, sotto: Pianta della BiBliothéque Nationale; a destra, sopra e sotto: interno di Biblioteca, disegno, Morgan Library

(1749) che poi hanno ripreso i fratelli Verri che su questo concetto fanno uscire un libretto Meditazioni sulla

felicità (1763); dieci anni dopo un Discorso sull’indole del piacere e del dolore (1773). Il testo finale Discorso sulla felicità (1781) dice: «la maggior felicità possibile ripartita

con la maggior eguaglianza possibile tale è lo scopo verso cui deve tendere ogni legge e architettura umana».

9. città e anticittà. Il secondo personaggio, claude nicolas Ledoux, è considerato un architetto visionario,

che ha preparato la rivoluzione. Nel frontespizio del suo testo L’architettura considerata sotto i rapporti dell’arte e

dei costumi della legislazione (L'architecture considérée sous le rapport de l'art, des moeurs et de la législation,

1804) con il suo ritratto nel libro codifica, a rivoluzione compiuta, alcune sue esperienze fondamentali nel periodo della 'vecchia Francia' e soprattutto questa città/ anti-città. Un esempio di «città del sole» che ha al centro un opificio, con la sede del direttore concepito come una specie di vate che organizza tutti gli operai. Si trova vicino a Besançon, in una zona dove c’erano molte foreste e molta acqua perché si dovevano fare delle fusioni. Nel

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progetto del cimitero, ormai il concetto è talmente forte che guida anche fisicamente l’architettura. Mettiamo a confronto due cose: a destra l’altare della stanza del direttore, che invoca l’unione del cielo e della terra e a sinistra un’immagine beffarda di Lequeu, che vedremo in seguito. Naturalmente c’è anche una zona di divertimento, il Priapeo, una casa di tolleranza per gli operai a forma riconoscibile. Ecco, allora, la casa dei doganieri, e la casa degli idraulici sostanzialmente. La sperimentazione si congela in un’assoluta geometria e questo è l’unico esempio rimasto delle barriere doganali di Parigi, elementi della cinta daziaria che esprimono questo nuovo concetto di città. Quindi porte, città e anticittà.

Personaggio un po’ buffo e ufficiale di scrittura è Lequeu; lavora in una biblioteca e si diverte ad ironizzare il mondo. Questi sono gli strumenti del buon architetto, gli strumenti tradizionali del mestiere. Questa, secondo una traduzione è «l’ordine simbolico della sala degli stati europeo in un palazzo nazionale», quindi c’è già quest’aspirazione all’unità europea. Segue un progetto di porta per Parigi e questo disegno, dicono, lo ha salvato dalla ghigliottina

perché era l’arco del popolo, quindi il popolo che ha acquistato potere, è il guardiano con la mazza in mano della città; qui c’è una presenza antropomorfica forte. Ancora un suo progetto: il tempio della terra dove diventa una sala da planetario e l’istanza colossale giunge ad una scala realizzabile.

10. L'impegno progettuale per milano. Qui

cominciamo il discorso finale. Vi parlo di due architetti che più hanno cercato di contribuire per il rinnovamento della città di Milano non riuscendoci, ma lasciando una forte testimonianza d'impegno progettuale. È sempre negli anni Settanta che c'è questo recupero, con la mostra del 1974 Giuseppe Pistocchi (1744-1814) architetto

giacobino (Palazzo delle esposizioni, Faenza, 1974).

Pistocchi dà un contributo al concorso per il Monumento

alla Riconoscenza del Mocenisio, partecipando al

concorso bandito da Napoleone, pochi mesi prima di andare in esilio. Qui siamo a Faenza, vi ho fatto vedere Ravenna, vi ho fatto vedere Parma. Faenza risente molto di Roma naturalmente, però quando Pistocchi progetta

Da sinistra: E.L. Boullée. Progetto di Museo, 1783; progetto di Cenotafio a Isaac Newton, 1784 (da: M. Vogt, Boullées Newton-Denkmal, Sakralbau und Kugelidee, Birkhäuser, Basel und Stuttgart, 1969)

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quest’opera siamo nei primi anni ’80 (1881). Questo è il progetto di seminario per Faenza: il potere è ovviamente quello della Chiesa, il vescovo è il committente quindi questo fuori scala dell’ordine gigantesco, doppio, il doppio porticato interno. Anche il Seminario di Milano ha un cortile su questo concetto. La forza del progetto sta nel proporre, c’è una grande scritta sopra che denuncia la propria funzione, un grande stilobate, la porta da fortezza e dentro un grande quadrilatero per gli incontri.

Un nuovo macello per Faenza, vedete quanto si avvicinano i temi funzionali, sono estremamente più credibili, non devono puntare sull’astrattezza, ma sull’efficienza, sulla funzionalità. Nel 1891 c’è questo bellissimo ospedale dove riprende un po' l’esperienza del Vescovado, opere non realizzate. Passiamo al ’99. Naturalmente c’è anche molta attenzione alle porte della città e al rapporto città campagna e quindi ai giardini. Siamo nel 1802. I giardini sarà un tema che interesserà molti progettisti anche se pochi giardini pubblici verranno realizzati, sopratutto a livello di parata militare davanti ad un arco o ad una porta di ingresso. Invece, nella fornace, come in altre

opere, c’è una vaga illusione gotica. Segue la casa di una famiglia di un agricoltore con l’abitazione di tutto il personale.

Il progetto più importante del Pistocchi è quello di riforma della piazza del Duomo di Milano, dove il palazzo di fronte che manca viene sostituito da una U con due fianchi laterali e due archi trionfali, uno nella direzione dell’Arengario, l’altro in quella dell’arco che farà Mengoni a coronamento della Galleria. Il disegno ha una variante in forma di anfiteatro. In questo progetto dovevano trovare sede tutte le istituzioni e quindi i notai, gli avvocati, gli ingegneri, i mercanti... Dedicato a Napoleone, prevede un piano di foro eseguibile nella piazza maggiore di Milano. A fronte di questa proposta Antolini farà la sua, di fronte al Castello. Quindi due proposte che si contrappongono, una che punta sulla centralità della piazza pubblica, attrezzata con tutti i servizi dello Stato di fronte alla chiesa, e l’altro che invece si rivolge al foro esterno intorno al Castello diroccato. Considerate che quando progetta Pistocchi c’è ancora il portico dei Figini che poi sarà demolito ai tempi di Cattaneo per far luogo

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1989), stampato da Franco Maria Ricci, vedete questa utopia giacobina di Milano: qui ci sarebbe già da dire qualcosa sul titolo. Pistocchi è veramente un giacobino egualitario ed evidentemente era anche malvisto dal potere che non gli ha mai dato fiducia. Per questo rimane ancorato al campo dell’architettura sognata, mentre Antolini non si può dire che sia un giacobino, conosce benissimo i suoi tempi, sa benissimo che l’architetto deve essere inarrestabile: ricorda quasi Mario Monti come atteggiamento cioè non si ferma mai, di notte lavora e pensa, il giorno dopo subito ri-progetta. Non è stato fatto ancora un discorso serio su quanti progetti sia riuscito a fare compreso un progetto di una filanda per il Cairo. Sarebbe interessante vedere anche questa nuova dimensione dell’operare ultraeuropeo.

Ecco Antolini a circa 60 anni: è andato avanti un po’ di più rispetto a Pistocchi, fino agli anni ’40, però con grande disillusione. Questa è la sua opera massima, cerca evidentemente in Napoleone lo sponsor giusto per realizzare questo nuovo foro: vedete il Castello al centro, non è altro che un foro commerciale dove ci sono tutte le istituzioni: il teatro, la dogana, ecc. Perché la dogana? Perché tutti i trasporti avvenivano per via d’acqua, i canali milanesi venivano impiegati a servire questa infrastruttura portante, il museo e così via... Soltanto che ci volevano 2 milioni e mezzo di lire. Antolini, che ha la promessa di Napoleone, va a Parigi più volte, ma resta deluso, al famoso progetto del fabbricato di fondo. Dietro l’arco

laterale avrebbe dovuto partire l’operazione che poi sarà quella della Galleria del Mengoni.

È una nuova architettura aulica, con la facciata semplificata del Duomo, l’arco di trionfo, la grande colonna votiva alla battaglia di Marengo che ha portato Napoleone in Italia e i fabbricati del nuovo potere. Questa è la tavola del prospetto che si vedrebbe uscendo dal Duomo. Pistocchi ha fatto anche una cosa eccezionale, il progetto del Cimitero. Siamo nel 1806 lui pensa al cimitero della Patria a Faenza e propone un progetto di cimitero egualitario: è diviso in due in senso verticale con maschi a destra e femmine a sinistra, paritetico e procede per cerchi concentrici semplici che hanno al centro i bambini piccoli, poi la fanciullezza, via via la gioventù e poi la vecchiezza, crescendo. Questo progetto ha costituito un grande punto di riferimento per la cultura cimiteriale. Il progetto del nuovo palazzo reale ha tanti debiti con i disegni precedenti, con questi quadrati e queste strutture del nuovo palazzo di città che doveva assorbire in basso le aule del teatro, delle riunioni, ecc. Una grande architettura che si completava con altri oggetti, che è già città monumento, città per parti. Un altro progetto è quello del teatro, somigliante a quello di Rossi a Parma. Resta da dire del concorso della Riconoscenza del Moncenisio. Uilizzando lo splendido libro Il foro

Bonaparte. Un'utopia giacobina a Milano (A. Scotti,

Claude Nicolas Ledoux. da sinistra: Frontespizio di “L’Architecture considérée sous le rapport de l’art de moeurs et de la Législation”, 1784-86. I ed. 1804; progetto della città ideale di Chaux (1785 ca.; progetto di cimitero per la città ideale di Chaux (1785 ca.). Pianta del cimitero

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non viene ricevuto, tant’è che alla fine Napoleone stesso rinuncia (credo malconsigliato o ben consigliato). Sapete che ciò accade nel 1801 quindi il nuovo secolo si apre con questa grande speranza; però, sapete anche che nel 1803 il direttivo conservatore nominato da Napoleone per Milano va in direzione contraria: il Console diventerà imperatore, si incoronerà, per cui tutta la democrazia sperata da Beethoven che gli dedica l’Eroica – e poi la strappa nel 1803 – (così è malconsigliato da Berspery e da altri) non ci sarà.

Quello che vi volevo leggere – e che non si può fare in questo contesto – è l’elenco di quel disegno che avete visto non solo delle funzioni ma, soprattutto, dei sottoscrittori – quello che Antolini tenta è di trovare una rete di corrispondenti che gli assicurino un appoggio alla realizzazione. Ci sono Milano, tutte le famiglie di Milano, poi c’è Venezia, Padova, Bergamo, Pietroburgo, Faenza, Reggio, Modena, Parma, Cremona, Mantova, Ferrara, Bologna, Toscana ...ma a parte Pietroburgo, non c’è Parigi. In questo progetto, la cosa più sconvolgente è l’impianto che – come avete visto – riprende questa riflessione totale di Boullée e di Pistocchi, anche, sul tema della geometria.

Però, siccome da buon archeologo – diciamo, da architetto-archeologo – ha fatto un bel libro sul rilievo del tempio di Cori ed ha lavorato molto sull’antichità classica nelle Marche, oltre che a Roma, Antolini ci dà

più il senso di quest’architettura un po’ archeologica. Memorizzate questa sezione perché alla fine della sua attività sta a lungo a Milano, poi va in Toscana dove negli anni ’20 si lega con pasquale poccianti l’architetto del ripristinato potere dei Lorena e con lui interviene nella costruzione di quella specie di Pantheon sezionato che è l’acquedotto di Livorno. Opera da tutti attribuita al Poccianti, ma abbiamo trovato delle lettere in cui l’Antolini gli suggerisce – sostanzialmente una cosa banale – di sostituire la facciata con la sua sezione e quindi questa sezione, come vedete qui, la trovate realizzata e ciò viene realizzato anche su altri edifici.

I disegni riguardanti Roma mi sembrano interessanti perché li possiamo ricollegare a Piranesi. Un disegno di formazione dell’Antolini a Roma: è un’architettura molto legata ai circoli massonici che lui frequenta nel nome della fratellanza, un’idea fondamentale di rinnovamento della società e proprio per questo si può dire che non è un giacobino. Ancora, un progetto di Antolini fatto per Faenza – simile a quello di Pistocchi – relativo ad un portico pubblico con pavimenti e giardini esterni. Un altro progetto fatto per Faenza è il Circolo costituzionale di Faenza per il quale prende ispirazione dall’ottagono della cupola di S. Maria del Fiore, cioè dal tamburo – vedete con gli occhi – e poi ci mette sopra la copertura del Pantheon (quindi è un po’ il tamburo di Santa Maria del Fiore col Pantheon).

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Siamo arrivati al tema del Pantheon che, per una persona come Antolini, è sempre stato un punto di riferimento importante. Questo che vedete è un disegno di Camporesi fatto nel 1802 e, quindi, contemporaneo al progetto del Foro. Egli afferma qui: «Questa è l’idea che Canova ha del suo museo personale in questo tempio dove inserisce le sublimi sue opere». In questo caso canova sta già pensando a Possagno, al modello del Pantheon e non è stato l’unico, perché anche Quarenghi, un architetto veneto (quindi qui si torna fra gli Illuministi veneti del 1760) aveva progettato una chiesa a forma di Pantheon. Torniamo all’Antolini, al 1801: il Castello che diventa il palazzo laggiù in fondo, con i propilei e poi naturalmente c’è la dogana vedete con l’acqua che passa sotto e le terme, sostanzialmente terme romane. Il progetto di Antolini per il concorso alla Riconoscenza del Moncenisio verrà ripreso da Selva nel 1813, ma l’Antolini non ci starà.

11. ll concorso per la riconoscenza del moncenisio. Ecco dunque l’ultimo tema, il concorso

per la Riconoscenza del Moncenisio. Facciamo un passo indietro: il 22 maggio 1813 Napoleone aveva già avuto tutta una serie di disfatte per cui chiama in raccolta 1.200.000 uomini in 3 mesi per difendere l’Impero. È la classica situazione in cui il Grande Capo tenta l’ultima carta. Vince sul campo di battaglia di Wurschen e come riconoscimento ai popoli della Francia e dell’Italia che erano corsi in sua difesa bandisce un concorso (assurdo)

per la riconoscenza a questi popoli, dove chiede chiaramente a tutte le Accademie d’Europa – quindi Parigi, Rouen, Venezia, Firenze, Roma – di fare un progetto che in qualche modo glorifichi questa sua epoca, ormai in conclusione. Le Accademie rispondono e si organizzano e a questo concorso partecipano diversi architetti. Il primo progetto (su PSICON nel ’76, abbiamo fatto questo numero sul colossale in architettura dove si usava mettere in evidenza il progetto ritrovato nel fondo Martelli), presentato da un fiorentino, giuseppe manetti, ha una statua che è alta 300 metri e nel disegno c’è in basso una diligenza piccolissima. Vi rendete conto della pazzia? Questa dovrebbe essere una grande immagine dello scalare delle Alpi; questa è la base, il piedistallo del colosso. In un altro progetto fatto dall’architetto francese

Decuny pensa a una caserma in forma di fortezza con

un obelisco alto 200 metri (questa volta era l’obelisco che si doveva vedere). Un terzo progetto fatto da altri architetti fiorentini che sono il camberini, il Fausto molosso

melocchi e un altro, si pensa ad un grande porticato più

tradizionale, più accademico. Anche Pistocchi partecipa. Qui di nuovo ritroviamo i due avversari di sempre, Pistocchi e Antolini che non avevano fatto molto a Milano di quel pensar grande che li caratterizzava, e Pistocchi sostanzialmente progetta un falansterio, una caserma per ospitare 14.500 soldati.

Tutta questa smania, questo omaggio verso il futuro finiscono sostanzialmente un anno prima della morte

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