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Ricerche di marketing a supporto della strategia di riposizionamento. La rimodulazione del brand Jeep nel mercato europeo dell?auto.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Laurea magistrale in MARKETING E RICERCHE DI MERCATO

“Ricerche di marketing a supporto della strategia di

riposizionamento. La rimodulazione del brand Jeep nel

mercato europeo dell’auto”

RELATORE

Prof.Alessandro GANDOLFO

CANDIDATO

Luis Miguel DASSO LANG

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INDICE

1. Introduzione ... 5

2. Il Brand ... 7

2.1 Breve evoluzione storica dei brand ... 11

2.2 Rilevanza di una marca ... 13

2.3 Le difficoltà e le opportunità del branding ... 15

2.4 Il valore della marca (brand equity) ... 17

2.5 Il posizionamento competitivo ... 23

2.6 L’architettura della marca ... 25

2.6.1 Estensione della marca e strategie di allargamento ... 27

2.6.2 Strategie di co-branding ... 28

2.6.3 Strumenti per la costruzione della marca ... 30

2.7 Il rafforzamento della marca ... 31

2.8 La rivitalizzazione della marca ... 33

2.9 Il caso Ducati ... 38

2.10 La marca tra persistenza ed evoluzione ... 41

3. Ricerche di marketing nel gruppo Fiat ... 45

3.1 Ricerche di prodotto ... 46

3.2 Ricerche sul servizio ... 52

3.3 Ricerche relative all’advertising, l’immagine ed al posizionamento di marketing ... 54

4. Research questions ... 59

5. Il mercato automobilistico ... 61

5.1 Il mercato dei SUV ... 71

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6. Brand Jeep ... 85

6.1 Evoluzione storica del brand ... 85

6.2 Attuale gamma di prodotto ... 94

6.3 Valori del brand ... 99

6.4 Immagine del brand Jeep ...103

7. Strategia di sviluppo del brand ...125

8. Jeep B-SUV ...132

8.1 Studio di posizionamento prodotto ...133

8.2 Suggerimenti ...154

9. Caso Cherokee ...156

10. Conclusioni ...179

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1. Introduzione

Il brand è al giorno d’oggi uno degli asset più importanti, se non quello di maggior importanza per le aziende. Si pensi ad esempio che brand quali Apple o Google nel 2013 sono stati valutati ampiamente sopra i 90 miliardi di dollari. Esso dipende da svariati elementi, la cui corretta interazione può accrescerne enormemente il valore, ma questi ultimi vanno alimentati continuamente ed in maniera corretta. Il brand si basa infatti su una serie di pilastri che dovrebbero rappresentare il faro che indica la strada da perseguire, ma questi devono essere coerenti tra di loro e devono essere trasmessi all’esterno in maniera chiara, innanzitutto attraverso il prodotto/servizio offerto.

Obiettivo di questo lavoro è quello di capire cos’è che rende forte un brand e su quali elementi puntare per rafforzarlo, ma in particolare si cercherà di studiare attentamente il suo posizionamento, approfondendo maggiormente le problematiche che la scelta di un posizionamento globale può presentare e valutando inoltre quale contributo possono, le ricerche di marketing, apportare alla presa di decisioni in questo ambito specifico.

Per analizzare tali tematiche in maniera più chiara ed attuale si farà riferimento ad un caso pratico, il caso del brand Jeep, che si trova, proprio nel momento di stesura di questo lavoro, ad affrontare una profonda evoluzione, una strategia ambiziosa di riposizionamento verso l’alto.

Analizzando lo scenario competitivo del mercato europeo, si cercherà di delineare la situazione nella quale il brand si è trovato a competere fino al giorno d’oggi, le sue origini, la percezione dello stesso nei principali mercati e le strategie che verranno adottate per riuscire a competere direttamente, in un futuro non lontano, con i più prestigiosi premium brand tedeschi.

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Fondamentale per una giusta percezione del brand è la strategia di prodotto. È attraverso l’esperienza con quest’ultimo che i consumatori creano un legame forte con il brand nelle proprie menti e si convincono della coerenza di un determinato posizionamento, che percepiranno, come un qualcosa di naturale.

Nella trattazione del caso pratico, oltre all’analisi già annunciata, si farà quindi forte riferimento anche allo sviluppo di nuovi prodotti in ottica di riposizionamento.

E’ con questo scopo che le ricerche di marketing risultano fondamentali sia in una fase embrionale del processo di definizione del prodotto sia in una fase ravvicinata all’incontro col mercato e dunque a pochi mesi dal lancio commerciale. Tutto questo assume un ruolo particolarmente strategico dato dalla necessità di definire le linee di azione in un lasso temporale di medio-lungo periodo tenendo conto che si opera in un settore capital intensive, caratterizzato da un time to market compreso tra i 48/36 mesi.

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2. Il Brand

Una delle abilità più importanti per gli operatori di marketing consiste nella capacità di creare, gestire, proteggere ed estendere le marche. La definizione della marca, o branding, è una vera e propria arte e rappresenta il fondamento stesso del marketing.

Secondo l’American Marketing Association (AMA) una marca è “un nome, termine, segno, simbolo o disegno, o una combinazione di questi elementi, che ha lo scopo di identificare i beni o i servizi di un venditore o un gruppo di venditori, differenziandoli da quelli della concorrenza”.

Nella pratica però, molti manager attribuiscono al brand un significato molto più preciso: una marca definisce il grado di effettiva consapevolezza, reputazione e rilievo che caratterizza il prodotto da essa identificato rispetto agli altri prodotti esistenti nel mercato.

Una marca è un simbolo complesso che implica sei diversi livelli di significato.1

1. Attributi: una marca richiama alla mente determinati attributi. Il nome Mercedes-Benz suggerisce automobili costose, ben realizzate, ben progettate, durature e di prestigio.

2. Benefici: gli attributi devono essere tradotti in benefici, o vantaggi, funzionali ed emozionali. L’attributo “duraturo” può tradursi nel beneficio funzionale “non dovrò comprare una nuova macchina per molti anni”. L’attributo “costoso” si traduce nel beneficio emotivo “quest’auto mi fa sentire importante e ammirato”.

3. Valori: la marca comunica anche i valori del produttore. Mercedes significa prestazioni elevate, sicurezza e prestigio.

1 J.L. Aaker, “Dimensions of Brand Personality”, Journal of Marketing Research, pp. 347-356

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4. Cultura: una marca può anche rappresentare una certa cultura. Mercedes rappresenta infatti la cultura tedesca, basata sull’organizzazione, l’efficienza e l’elevata qualità.

5. Personalità: la marca può anche proiettare una certa personalità. Mercedes può suggerire un dirigente deciso (una persona), un fiero leone (un animale) o un austero palazzo (oggetto).

6. Utente: la marca suggerisce il tipo di consumatore che acquisterà o utilizzerà il prodotto. Al volante di una Mercedes ci si aspetta di trovare un dirigente di 55 anni, non una segretaria ventenne.2

Analizzando l’espressione comunemente usata di “prodotti di marca”, possiamo effettuare una prima scomposizione con lo scopo di uno studio più puntuale.

Secondo Philip Kotler, infatti, si definisce “prodotto” tutto ciò che può essere offerto sul mercato e dunque acquistato e consumato in quanto rispondente ad un bisogno o desiderio. Un prodotto può quindi essere un bene fisico, un servizio, un punto vendita, una persona, un ente, un luogo ed anche un’idea.

Kotler, proseguendo l’analisi, definisce a sua volta cinque diversi livelli in relazione ad un prodotto:

1. Livello di core benefit: rappresenta il fondamentale bisogno o desiderio che i consumatori soddisfano attraverso il prodotto/servizio.

2. Livello di generic product: riguarda la versione basilare del prodotto, comprensiva soltanto degli attributi (o caratteristiche) assolutamente necessari al suo funzionamento, ma non di quelli distintivi.

3. Livello di expected product: definisce una serie di attributi o caratteristiche che gli acquirenti normalmente si aspettano di ritrovare in un prodotto.

4. Livello di augmented product: comprende ulteriori attributi, benefici o servizi associati al prodotto che lo distinguono da quelli della concorrenza.

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5. Livello di potential product: include tutte le eventuali trasformazioni che il prodotto potrebbe subire successivamente, grazie agli sviluppi della tecnologia e dei bisogni dei consumatori.

Kotler nota come in molti mercati la concorrenza ormai si manifesti essenzialmente a livello di augmented product dato che quasi tutte le aziende sono in grado di costruire prodotti soddisfacenti a livello di expected product e che a sua volta i consumatori non accettino nulla al di sotto di tale livello.

Questa tesi è condivisa da un altro studioso di marketing, Ted Levitt, che sostiene che “la nuova concorrenza non riguarda ciò che le aziende producono negli stabilimenti, ma ciò che aggiungono ai prodotti attraverso il confezionamento, i servizi, la pubblicità, la consulenza ai clienti, il finanziamento, la consegna, l’immagazzinamento e altri fattori cui i consumatori attribuiscono valore”.3

Possiamo quindi affermare che “ciò che distingue i beni di marca dai beni di largo consumo senza marca sono soprattutto le percezioni e le sensazioni dei consumatori rispetto agli attuali attributi del prodotto e al loro funzionamento. Alla fine una marca risiede nella mente dei consumatori”.4

Un prodotto di marca ha dunque un valore aggiunto che lo differenzia da altri prodotti concepiti per soddisfare lo stesso bisogno. Questo valore può derivare da dimensioni tangibili e razionali o da dimensioni simboliche, emotive e intangibili – correlate a ciò che la marca rappresenta.

Per determinare il significato di una marca vengono comunemente utilizzati tre approcci di ricerca:

1. Associazioni di parole: si può chiedere alle persone quali parole vengono loro in mente quando sentono nominare la marca.

3 Levitt (1960)

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2. Personificazione della marca: si può chiedere alle persone di descrivere a quali tipi di persona o di animale pensano quando sentono nominare la marca. 3. Individuazione del livello dell’essenza della marca: l’essenza della marca fa riferimento agli obiettivi più profondi e astratti che i consumatori stanno cercando di soddisfare con la stessa.

L’operatore di marketing dovrà a sua volta decidere a quale livello o livelli associare l’identità della marca. Scott Davis, suggerisce di visualizzare una piramide della

marca nella costruzione dell’immagine di marca.

Al livello più basso si trovano gli attributi della marca, al livello successivo vi sono i benefici della marca, e al livello superiore le opinioni e i valori della marca.

L’attributo è il livello meno desiderabile: innanzitutto l’acquirente è più sensibile ai vantaggi; in secondo luogo, i concorrenti possono copiare con facilità gli attributi; in terzo luogo, gli attributi correnti possono anche diventare meno desiderabili.

Una marca può essere meglio posizionata associando il suo nome a un vantaggio desiderabile. Alcuni esempi di posizionamento di successo della marca sono quelli di Volvo (sicurezza), Harley-Davidson (avventura) e Lexus (qualità). Il posizionamento risulta più efficace quando è condiviso con passione da tutti i membri dell’organizzazione e quando il mercato obiettivo giudica che l’impresa sia la migliore fornitrice dei vantaggi presentati.

D’altra parte, può essere pericoloso promuovere una marca sulla base di un unico vantaggio. Se ad esempio Mercedes-Benz ritenesse che il suo principale vantaggio fosse costituito dalle “elevate prestazioni”, potrebbero anche emergere altre marche con prestazioni altrettanto elevate o superiori, oppure i clienti potrebbero attribuire una minore importanza alle elevate prestazioni rispetto ad altri benefici.

Le marche più forti, a sua volta, presentano un interesse non solo razionale; sono quindi dotate anche di una spinta emotiva. Esse riescono infatti a coinvolgere il

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cliente ad una maggiore profondità, toccando le emozioni universali e puntando maggiormente sulla creazione di sentimenti di sorpresa, passione ed eccitamento nei confronti della marca e meno sulla proiezione di attributi tangibili del prodotto.

Questa fase relativa al posizionamento però la analizzeremo più approfonditamente nei paragrafi successivi appositamente dedicati.

La marca è, dunque, un’attività intangibile di riconosciuto valore, che deve essere gestita con molta cura. Se la marca evoca un insieme notevole di opinioni e valori, l’impresa deve fare attenzione a non disperdere questo capitale.

2.1 Breve evoluzione storica dei brand

Probabilmente la marca esiste da quando esiste l’uomo o almeno l’uomo organizzato in comunità che, marchiando a fuoco il bestiame per segnarne la proprietà, realizzava un significativo passaggio, quello dalla natura alla proprietà.

In Mesopotamia, in epoca preistorica, i mattoni dei palazzi recavano un segno distintivo così come nelle tombe dei faraoni egizi. Al tempo dei greci e dei romani, con i loro sofisticati sistemi economici e commerciali, con i loro imperi particolarmente estesi, i primi marchi furono messi a punto per stabilire l’origine e la qualità dei beni di consumo, per individuarne la fonte o la paternità, per istituire un segno di fiducia che annullasse la distanza tra produttore e consumatore.

Nel Medioevo e nel Rinascimento contrassegni certificavano l’origine di svariati manufatti: dagli utensili ai gioielli alle armi. Firenze è tutta una straordinaria memoria storica di queste protomarche.

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La marca, quella che potremmo definire come moderna, è il marchio di fabbrica che nasce e si sviluppa parallelamente alla civiltà industriale, al consumo di massa, alla diffusione dei mass media e della pubblicità.

Sono in molti a sostenere che il finire del XIX secolo possa essere considerato a tutti gli effetti l’inizio della prima golden era della marca moderna. Alcuni fanno coincidere la nascita del modern brand mark con un preciso decennio: il 1890. In effetti, molte delle marche contemporanee più solide e potenti nascono giusto nell’ultima decade dell’Ottocento, alcune già nella seconda metà.

La produzione di massa, con la sua standardizzazione e automazione, trasforma il prodotto artigianale in merce industriale e rende gli scambi sempre più anonimi. Un sempre maggior numero di individui accede a pratiche di consumo che vanno al di là del semplice sostentamento. La domanda quindi subisce delle trasformazioni: adesso contiene una precisa domanda sociale di differenziazione e distinzione. La marca diventa un potente segno distintivo da aggiungere ai prodotti e strumento essenziale della competizione commerciale.

L’inizio del ventesimo secolo porta con sé uno straordinario sviluppo economico, una crescita delle attività pubblicitarie e un fiorire di nuove marche. I primi trent’anni del Novecento sanciscono la definitiva affermazione della marca moderna, il consumo di massa la rende necessaria: uno strumento di identificazione, di garanzia, di orientamento e di differenziazione.5

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2.2 Rilevanza di una marca

Per meglio capire l’importanza dei brand o cosa li renda così preziosi si può effettuare un’analisi attraverso due diverse prospettive: quella del consumatore e quella dell’azienda.

Table 1 – Rilevanza della marca

Analizzando inizialmente la prospettiva riguardante il consumatore, i brand svolgono diverse funzioni importanti: identificano la fonte o il creatore del prodotto, consentendo di attribuirne la responsabilità a un determinato produttore o distributore, e soprattutto, assumono un significato speciale agli occhi dei consumatori, che attraverso l’esperienza dei prodotti imparano a conoscere le marche e scoprono quali sono in grado di soddisfare le loro esigenze. Di conseguenza, i brand accelerano e semplificano le decisioni di acquisto.6

6 Jacoby, Olson e Haddock (1971); Jacoby, Syzbillo e Busato Sehach (1977)

Identificazione della fonte del prodotto Attribuzione di responsabilità al produttore Riduzione del rischio

Riduzione dei costi di ricerca

Promessa, vincolo o patto con il produttore Risorsa con valore simbolico

Segnale di qualità

Strumento di identificazione per una gestione più semplice Strumento di tutela giuridica delle caratteristiche uniche Segnale del livello di qualità per i clienti soddisfatti Risorsa per attribuire ai prodotti associazioni uniche Fonte di vantaggio competitivo

Fonte di guadagni finanziari

CONSUMATORI

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Se i consumatori riconoscono una marca verso cui hanno sviluppato fiducia, non si impegneranno molto nella ricerca di ulteriori informazioni né mediteranno particolarmente le loro decisioni di acquisto.

Il significato insito nel brand può essere piuttosto profondo e la relazione fra il consumatore e la marca può essere considerata come una sorta di vincolo o patto: il primo offre la propria fiducia e lealtà aspettandosi che il secondo gli garantirà valore attraverso una performance del prodotto conforme alle attese. Se acquistando la marca, i consumatori ne capiscono i vantaggi e successivamente li conseguono nella misura attesa, probabilmente continueranno ad acquistarla.

Questi vantaggi potrebbero non essere di natura esclusivamente funzionale. I brand possono offrire anche benefici di natura simbolica, mediante i quali il consumatore può proiettare l’immagine di sé stesso: consumare i prodotti di una determinata marca è un modo per dire agli altri - o perfino a sé stessi - che tipo di persona si è o si vorrebbe essere.

Come accennato in precedenza, le marche possono anche ridurre sensibilmente il rischio insito nelle decisioni d’acquisto. I consumatori possono percepire infatti diversi tipi di rischi nell’acquisto o nel consumo di un prodotto:

- Rischio funzionale: la resa del prodotto è inferiore alle aspettative.

- Rischio fisico: il prodotto costituisce una minaccia al benessere fisico o alla salute dell’utilizzatore o di altri soggetti.

- Rischio finanziario: il valore del prodotto è inferiore al prezzo pagato.

- Rischio sociale: il prodotto potrebbe creare situazioni imbarazzanti nel rapporto con gli altri.

- Rischio temporale: l’inadeguatezza del prodotto comporta la necessità di trovare un sostituto soddisfacente.

L’acquisto di un prodotto di marca conosciuto è quindi una soluzione che spesso viene adottata dai consumatori per riuscire a gestire tali rischi. I brand possono

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dunque essere visti anche come degli strumenti di gestione del rischio dalla prospettiva dei consumatori.

Analizzando la rilevanza dei brand dal punto di vista delle aziende, le funzioni che questi svolgono sono altrettanto importanti. Fondamentalmente, i brand svolgono una funzione identificativa, semplificando la gestione del prodotto e al tempo stesso costituendo per l’azienda una tutela giuridica delle caratteristiche di unicità del prodotto.

Le marche inoltre possono dotare il prodotto di associazioni e significati unici, che lo differenziano dagli altri. Esse possono segnalare un certo livello di qualità, cosicché gli acquirenti soddisfatti probabilmente sceglieranno di acquistarlo nuovamente. La fedeltà alla marca assicura a sua volta la prevedibilità e la certezza della domanda e crea barriere all’ingresso. Se è possibile duplicare prodotti e processi produttivi, non è altrettanto facile riprodurre le immagini durature impresse nella mente degli individui dalle strategie di marketing e dalle esperienze d’uso del prodotto. 7

2.3 Le difficoltà e le opportunità del branding

Ogni brand, per quanto possa essere forte in un certo momento, è però sempre

vulnerabile. La gestione della marca è oggi più che mai difficile ed ai brand manager vengono poste nuove e difficili sfide da affrontare.

Tra queste possiamo annoverarne alcune in particolare:

 Consumatori smaliziati: consumatori e imprese son divenuti più esperti e preparati circa il marketing e i suoi meccanismi. I consumatori sono

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maggiormente informati; opinione comune è che, rispetto al passato, oggi sia divenuto più difficile convincerli con le tradizionali tecniche di

marketing.

 Proliferazione delle marche: altro importante cambiamento delle condizioni in cui opera il brand management è la proliferazione di nuovi brand e prodotti, in parte alimentata da estensioni di linea e di categoria. Di conseguenza, un brand può oggi essere identificato con una serie di prodotti diversi, accomunati da vari gradi di similitudine. Ormai sono rari i casi di brand “monoprodotto” il che ovviamente complica le decisioni di marketing.

 Frammentazione dei media: altro importante mutamento è quello della crescente frammentazione dei mezzi di comunicazione pubblicitaria, con la progressiva inefficacia di quelli tradizionali e l’emergere di media e forme di comunicazione alternative e interattive.

 Maggiore concorrenza: una delle motivazioni per cui si ricorre sempre più spesso a forme promozionali di prezzo è la maggiore intensità competitiva, cui hanno contribuito diversi fattori sia dal lato della domanda che

dell’offerta. Nel primo caso, il consumo di molti prodotti e servizi ha cessato di crescere, facendo entrare questi ultimi nella fase di maturità, se non di declino del proprio ciclo di vita e ciò significa che un aumento delle vendite del relativo brand può avvenire solo sottraendo quote di mercato agli altri competitor. Dal lato dell’offerta a sua volta, sono emersi nuovi concorrenti per diversi motivi:

- Brand extension

- Deregolamentazione in alcuni settori - Globalizzazione

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- Concorrenza a basso prezzo (grande penetrazione del fenomeno delle private label)

 Aumento dei costi per lanciare nuovi prodotti o sostenere quelli esistenti

 Orientamento al breve periodo a causa delle pressioni dei mercati finanziari e delle richieste del top management

2.4 Il valore della marca (brand equity)

Il branding consiste nel dare a prodotti e servizi il valore della marca, dunque il valore del brand fa riferimento al fatto che i risultati del marketing di un prodotto o servizio di marca siano diversi da quelli che si otterrebbero se lo stesso prodotto o servizio non fosse associato a quella marca. Il branding consiste dunque in ultima istanza nel creare differenze.

Risulta evidente che il valore della marca costituisce un bene prezioso per l’impresa. Si definisce innanzitutto “valore della marca” l’effetto differenziale positivo che il nome della marca ha sulla risposta dei clienti nei confronti del prodotto o del servizio. Grazie al valore della marca i consumatori manifestano una preferenza per un prodotto rispetto a un altro sostanzialmente identico. La misura con cui i clienti sarebbero disposti a pagare di più per una determinata marca misura il valore della marca.

Il valore della marca non deve essere confuso con la “valutazione della marca” che consiste nello stimare il valore finanziario totale della marca. La stima si basa in

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parte sul sovrapprezzo determinato dalla marca moltiplicato per il volume aggiuntivo di vendite rispetto ad una marca media.8

La marca ha quindi valore quando interiorizza e trasmette forti valori, ma la vera conditio sine qua non perché possa esprimere il suo grande potenziale, trasformarsi in uno straordinario moltiplicatore di valore è che si giustapponga ad un buon prodotto o servizio. Infatti, quando una marca – anche se ha costruito attorno a sé un grande patrimonio simbolico – diviene inadempiente sotto il profilo della qualità, la sua attrattività perde rapidamente di richiamo. A fronte di un consumatore più competente ed esigente, il rispetto e l’acritica reverenza di un tempo nei confronti della marca non trovano più spazi o ragion d’essere.9

Come ben sappiamo, le marche variano quanto a valore e potere che detengono sul mercato. Ci sono ad un’estremità le marche per lo più sconosciute alla maggior parte del mercato. Seguono quelle che godono di un grado piuttosto elevato di consapevolezza di marca presso i consumatori. Successivamente le marche che ottengono una preferenza, nel senso che i consumatori le acquistano selettivamente rispetto a tutte le altre presenti sul mercato e da ultimo, alcune marche che godono di un elevato livello di fedeltà.10

David Aaker ha classificato cinque diversi livelli di atteggiamento del cliente nei confronti di una marca:

1. Il consumatore non ha alcun problema a cambiare marca, specialmente per motivi di prezzo. Assenza completa di fedeltà alla marca

2. Il consumatore è soddisfatto. Non ha alcun motivo per cambiare marca. 3. Il consumatore è soddisfatto e dovrebbe affrontare dei costi per cambiare

marca.

8

Aaker, Building strong brands

9 G. Fabris, L. Minestroni, Valore e valori della marca

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4. Il consumatore attribuisce un valore alla marca e la considera con favore. 5. Il consumatore è decisamente fedele alla marca.

Il valore della marca è strettamente legato al numero di consumatori che si trovano nelle classi 3, 4 o 5. Secondo l’autore è anche legato al grado di riconoscimento del nome della marca, alla quantità percepita della marca, all’esistenza di solide associazioni mentali ed emotive e ad ulteriori elementi quali i brevetti, i marchi registrati e le relazioni di canale.

I clienti sono disposti a pagare una somma nettamente superiore per una marca forte. Uno studio ha dimostrato che il 72% dei consumatori ha dichiarato che sarebbe disposto a pagare un sovrapprezzo del 20% rispetto alla marca concorrente per acquistare la propria marca preferita; il 50% pagherebbe un sovrapprezzo del 25% ed il 40% pagherebbe un sovrapprezzo entro il 30%.11

Un elevato valore della marca presenta numerosi vantaggi competitivi:

 L’impresa avrà maggiore potere di contrattazione con i distributori e i rivenditori, poiché i clienti si aspettano che trattino questa marca.

 L’impresa può applicare un prezzo più elevato rispetto ai concorrenti, poiché la marca determina una qualità percepita più elevata.

 L’impresa può con maggiore facilità introdurre delle estensioni, poiché al nome della marca è associata la sua credibilità.

 La marca rappresenta anche una forma di difesa per l’impresa contro la competizione a livello di prezzo.

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Cos’è quindi che rende forte un brand? Come costruirlo?

Molto utile, per dare una risposta a queste due domande, è il modello della CBBE (Customer-based brand equity) che fornisce un punto di vista unico sul valore del brand e sulle modalità con cui costruirlo, misurarlo e gestirlo nel tempo.

Il modello si basa sul presupposto che il potere di una marca risieda in quello che i consumatori hanno appreso in merito alla marca stessa, attraverso esperienze dirette ed indirette. Il potere di un brand risiede quindi nella mente dei consumatori.

La CBBE si definisce formalmente come l’effetto differenziale che la conoscenza della marca (branding knowledge) esercita sulla risposta del consumatore alle azioni di marketing della marca stessa. L’effetto è positivo se i consumatori reagiscono in maniera più favorevole ad un prodotto quando ne identificano il brand rispetto a quando non lo conoscono. In questo caso i consumatori potrebbero essere più propensi ad accettare un’innovazione introdotta dal brand, meno sensibili ad un aumento del prezzo, o più inclini a cercare quella marca in un nuovo canale distributivo.

Viceversa, l’effetto è negativo se l’attività di marketing di un brand determina nei consumatori una reazione meno favorevole rispetto a quella del medesimo prodotto anonimo o con un nome fittizio.

Secondo il modello CBBE, dunque, la forza del brand è rappresentata da tutto ciò che i clienti hanno appreso o sperimentato nel tempo in merito a quel brand. Questa idea ha profonde implicazioni per l’attività dei marketing manager, per i quali la brand equity costituisce un ponte di fondamentale importanza strategica fra passato e futuro.

La conoscenza del brand, sedimentatasi nel tempo grazie agli investimenti di marketing, definisce quale direzione è opportuno seguire in futuro e quali strategie sono invece inappropriate. In base alle proprie opinioni sul brand, i consumatori

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matureranno determinate aspettative circa la traiettoria evolutiva della marca e daranno o meno il loro consenso al programma di marketing

Table 2 - Brand values 2013 – 2000 12

12 Interbrand

2013

2000

Brand

Value

Brand

Value

Apple

98,316 $m

Coca-Cola

72,537 $m

Google

93,291 $m

Microsoft

70,196 $m

Coca-Cola

79,213 $m

IBM

53,183 $m

IBM

78,808 $m

Intel

39,048 $m

Microsoft

59,546 $m

Nokia

38,528 $m

GE

46,947 $m

GE

38,127 $m

McDonald's

41,992 $m

Ford

36,368 $m

Samsung

39,610 $m

Disney

33,553$m

Intel

37,257 $m

McDonald's

27,859 $m

Toyota

35,346 $m

At&t

25,548 $m

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Figure 1 -Best Global Brands 2013 13

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2.5 Il posizionamento competitivo

Il posizionamento rappresenta il cuore di una strategia di marketing. Come suggerisce il termine stesso, posizionare una marca significa trovarle una “collocazione” adeguata nelle mente dei consumatori al fine di massimizzare i potenziali vantaggi per l’impresa. Un corretto posizionamento aiuta quindi ad indirizzare la strategia di marketing chiarendo il significato del brand, l’unicità e le analogie con i concorrenti, le ragioni per acquistarlo.

Secondo il modello CBBE, per effettuare le scelte di posizionamento occorre identificare con chiarezza alcuni elementi:

- i consumatori target - i principali competitor

- gli elementi di comunanza con le altre marche concorrenti

- gli elementi di differenziazione alla base del vantaggio competitivo del brand

Stabilito il quadro di riferimento competitivo per il posizionamento del brand, attraverso l’individuazione del mercato target e della natura della concorrenza, per conseguire un posizionamento appropriato è necessario inoltre stabilire le giuste associazioni con gli elementi di differenziazione e di parità.

 Associazione relative agli elementi di differenziazione.

Gli elementi di differenziazione (points of difference, POD) sono associazioni forti, favorevoli e uniche per un determinato brand, che possono essere basate su qualunque tipo di attributo o beneficio connesso alla marca. I POD sono dunque attributi o benefici che i consumatori associano fortemente al brand, valutano positivamente e credono di non poter trovare nella stessa misura in altre marche.

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E’ possibile suddividere le moltissime tipologie di associazioni in grado di costruire validi POD in due classi:

1. Funzionali e connesse alla performance 2. Astratte e connesse all’immagine

 Associazioni relative agli elementi di parità.

Gli elementi di parità (points of parity, POP) sono invece costituiti da associazioni al brand che non sono necessariamente uniche, ma possono essere condivise con altre marche. Queste associazioni possono assumere due forme diverse: di categoria e competitive.

1. I POP di categoria sono associazioni che i consumatori percepiscono come necessarie a legittimare e rendere credibile l’offerta nell’ambito di una determinata categoria di prodotti o servizi. In altre parole, rappresentano condizioni necessarie – ma non sufficienti – per la scelta del brand.

I POP di categoria possono variare nel tempo in seguito a modificazioni tecnologiche, legislative o nei consumi, ma attributi e benefici che fungono da POP di categoria si possono considerare come il “biglietto di ingresso” per partecipare al gioco competitivo.

2. I POP competitivi sono associazioni concepite per negare gli elementi di differenziazione dei concorrenti. In altre parole, se agli occhi dei consumatori l’associazione al brand pensata dalla concorrenza come elemento di differenziazione è tanto forte per il brand target tanto per quelli dei competitor e il brand target riesce a stabilire un’altra associazione altrettanto forte, favorevole e unica come parte dei propri

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elementi di differenziazione, quest’ultimo dovrebbe godere di una superiorità competitiva.

In sintesi, se una marca riesce a “pareggiare” nelle aree in cui i concorrenti cercano un vantaggio e nel contempo riesce a stabilire un vantaggio i altre aree, dovrebbe trovarsi in una posizione competitiva forte, se non imbattibile.

Per creare un elemento di parità rispetto a un determinato attributo o beneficio è necessario che un numero sufficiente di consumatori creda che il brand è “abbastanza soddisfacente” da quel punto di vista. Esiste una “zona” o “intervallo di tolleranza o accettazione” per i POP. Non occorre che la performance della marca relativamente a quell’attributo o beneficio sia considerata letteralmente uguale a quella delle concorrenti: è sufficiente che essa non sia percepita come negativa e risulti all’altezza delle aspettative. Creare elementi di parità è dunque più facile che stabilire elementi di differenziazione, con riferimento ai quali il brand deve dimostrare chiaramente la propria superiorità.

2.6 L’architettura della marca

Con “architetture della marca” si intende il modo in cui le marche che costituiscono il portafoglio di impresa sono legate e diversificate tra di loro.

L’architettura dovrebbe specificare i ruoli delle marche e le relazioni che intercorrono tra le stesse. Aaker e Joachimsthaller, identificano tre possibili strategie per creare il nome di una marca:

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1. Strategia della marca aziendale.

Molte aziende scelgono di usare lo stesso nome (il nome dell’azienda o del prodotto capofila) per tutte le loro attività e tutti le conoscono per quel nome. Aziende come Nivea, Sony, Mercedes-Benz hanno scelto di adottare tale strategia.

Un sistema del genere permette di minimizzare i costi di comunicazione e di promozione, dato che tutti i prodotti possono beneficiare della fama e dell’immagina della marca capofila, che viene utilizzata come marca

ombrello. Se un solo nome viene utilizzato per tanto tempo e per prodotti

diversi, ricordarlo diventa tanto più semplice.

Se però i prodotti sono troppo diversi o hanno livelli di performance non omogenei, si rischia di incorrere nell’effetto di diluizione della marca.

2. Strategia della famiglia di marche.

All’estremo opposto della strategia della marca aziendale si colloca questa strategia, adottata da aziende come Procter & Gamble o Unilever, basata su un massiccio impiego di sottomarche individuali. Si pensi che Unilever è arrivata ad avere circa 1400 marche quasi per nulla collegate l’una all’altra. L’adozione di una strategia del genere consente di coprire uno stesso mercato con marche diverse o di rivolgersi a segmenti specifici con la marca adatta. Ogni marca gode della propria indipendenza e non ha alcun rapporto con la casa madre. Se dovesse infatti insorgere un problema di qualità con una marca, non ne risentirebbero né gli altri prodotti, né la reputazione dell’azienda.

Altro vantaggio è dato dalla mancanza di effetti associativi che potrebbero danneggiare un certo tipo di offerta.

Si tratta chiaramente di una strategia molto costosa dato che la promozione delle marche deve essere effettuata al livello individuale.

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3. Strategia della marca garantita.

Le marche, in questo caso, pur rimanendo indipendenti, sono sostenute dalla marca aziendale o dal nome dell’impresa. Tra i tanti esempi possiamo citare Polo da Ralph Lauren, o Kit Kat garantita da Nestlé.

Un altro tipo di garanzia prevede l’utilizzo di un nome in qualche modo legato a quello della capofila: Nestea e Nesquik della Nestlé esemplificano bene il concetto. Usando nomi di questo tipo si riesce a dare nomi diversi senza però partire da zero. Un altro tipo di sostegno, meno potente, è l’utilizzo di un logo o di un marchio di garanzia, che può sostenere marche non ancora ben posizionate garantendone la credibilità.

Esiste infine una forma di “sostegno ombra” in cui la marca non è connessa visibilmente, sebbene il legame tra le due sia noto a molti consumatori. Esempio tipico è il caso Lexus - Toyota.

2.6.1 Estensione della marca e strategie di allargamento

Utilizzare una strategia di estensione della marca significa utilizzare il nome di una marca già ben posizionata all’interno di un segmento per poter penetrare un altro segmento dello stesso mercato.

Al contrario, utilizzare una strategia di allargamento significa trasferire il nome di una marca che ha avuto successo in mercati totalmente diversi.

Negli ultimi anni le aziende hanno fatto largo uso delle strategie di estensione e di allargamento della marca con l’obiettivo di sfruttare la notorietà e l’immagine di una marca già forte, utilizzando lo stesso nome per lanciare prodotti nuovi in categorie diverse. Questa idea è stata applicata innanzitutto dalle aziende produttrici di articoli di lusso per poi estendersi progressivamente in diversi settori produttivi.

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L’estensione della marca si è sviluppata così rapidamente perché i costi necessari a introdurre nuove marche sul mercato e a sostenerle dal punto di vista pubblicitario sono elevatissimi. La questione fondamentale è però capire quanto ci si possa spingere nel dilatare un brand senza correre rischi. Il rischio principale infatti consiste nel diluire l’immagine della marca capofila; il secondo quello di ridurre le possibilità di successo del nuovo prodotto.

La scelta tra un’estensione di marca e l’utilizzo di marche individuali deve essere guidata da somiglianze nei vantaggi competitivi e nel segmento del mercato target: se le marche mirano allo stesso segmento target e hanno lo stesso vantaggio competitivo, è sicuro e coerente scegliere una strategia di estensione pura della marca. Se il vantaggio competitivo è lo stesso, ma i mercati target sono diversi, la marca può essere estesa ma va qualificata, in modo da inviare un segnale al mercato target. Nel caso l’azienda abbia vantaggi competitivi diversi ma si rivolga allo stesso segmento, può usare sia il nome dell’azienda sia quello della marca. Infine, se tanto il vantaggio competitivo quanto il target sono diversi, la strategia più appropriata è quella di usare nomi unici.

2.6.2 Strategie di co-branding

Un fenomeno crescente è lo sviluppo del co-branding (chiamato anche dual-branding) per mezzo del quale due o più marche note vengono combinate in un unico prodotto o promozione.

Il primo valore aggiunto di questa strategia è la possibilità data a ciascuno dei componenti della coppia di beneficiare anche della fama dell’altro, allargando il proprio target di consumatori a quelli della marca partner. In certi casi si apre poi la possibilità di accedere a mercati diversi usando la rete di distribuzione dell’altra marca. Quando ad essere partner sono due leader, la fedeltà cresce, perché entrambe

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le marche godono di alto credito tra i consumatori. Infine, riduce i costi per lo sviluppo di iniziative nuove dato che queste vengono suddivise tra le due aziende.

Chiaramente un’operazione del genere presenta delle limitazioni: spesso i tempi per arrivare ad una conclusione degli accordi sono lunghi e il rischio che il nuovo prodotto cannibalizzi uno di quelli già esistenti è presente.

Il co-branding può essere di due tipi: strategico o tattico.14

1. Co-branding strategico: rappresenta associazioni a lungo termine e investimenti consistenti da parte di entrambi i partner (Swatch e Mercedes per il progetto Smart).

2. Co-branding tattico: rappresenta alleanze a breve termine che in genere riguardano lanci promozionali e comportano investimenti relativamente bassi da parte dei partecipanti.

Può inoltre assumere varie forme: vi è un co-branding di componenti, come nel caso di Volvo che pubblicizza l’uso di pneumatici Michelin, co-branding nella stessa impresa ed il co-branding di joint venture. Vi sono anche le strategie di co-branding multi sponsor, come nel casi di Taligent, un’alleanza tecnologica tra Apple, Ibm e Motorola.15

14 J.J. Lambin, Market driven management, Cap. 12 La gestione della marca

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2.6.3 Strumenti per la costruzione della marca

Un’errata opinione spinge a ritenere che le marche vengano fondamentalmente costruite tramite la pubblicità. Anche se è vero che in passato la pubblicità televisiva era particolarmente efficace quale strumento di realizzazione della marca, ai giorni nostri i mezzi con i quali far crescere e rafforzare un brand si sono moltiplicati. Ecco alcuni dei più importanti16:

- Relazioni pubbliche e comunicati stampa: le marche possono ottenere una grande attenzione tramite articoli ben posizionati su giornali e riviste, se non addirittura apparizioni nei film.

- Sponsorizzazioni: molto spesso le marche vengono promosse in eventi sportivi.

- Club e associazioni di consumatori: le marche possono diventare il centro di un’associazione di consumatori, come nel caso dei possessori di una motocicletta Harley-Davidson.

- Visite in fabbrica: Cadbury’s ad esempio ha realizzato nei propri stabilimenti dei parchi a tema dove invitano i visitatori a trascorrere una giornata.

- Fiere: queste rappresentano delle ottime opportunità per costruire la consapevolezza, la conoscenza e l’interesse su una marca.

- Marketing di eventi: molti produttori di automobili trasformano la nascita di nuovi modelli in una sorte di evento.

- Realizzazione di strutture in luoghi pubblici

- Sostegno di cause sociali: le marche possono ottenere un seguito donando denaro a cause sociali.

- Personalità del fondatore o di una celebrità

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2.7 Il rafforzamento della marca

Come rafforzare il valore della marca nel tempo?

Come assicurarsi che nei consumatori si sviluppino le strutture cognitive

necessarie a preservarlo?

In linea generale, il brand equity è sostenuto da azioni di marketing che comunichino un significato coerente in termini di consapevolezza e immagini.

Occorre porsi due importanti domande:

1. Quale prodotto rappresenta il brand, quale vantaggio offre, quali necessità soddisfa?

2. In che modo il brand rende superiori tali prodotti? Quali associazioni forti, favorevoli e uniche hanno maturato i consumatori?

Entrambe le questioni dipendono dall’approccio generale dell’impresa allo sviluppo del prodotto e alle strategie di branding.

Analizziamo alcuni importanti fattori di rafforzamento del brand.

 Preservare la coerenza del brand.

Senza dubbio, l’aspetto centrale del consolidamento del brand è rappresentato dalla coerenza delle attività di marketing che lo sostengono. La coerenza è essenziale per non scalfire la forza e la positività delle associazioni alla marca. Un brand privato di un sostegno adeguato di ricerca, sviluppo e comunicazione rischia di diventare, se non obsoleto, tecnologicamente svantaggiato, datato e irrilevante, e di essere quasi dimenticato.

Essere coerente non significa astenersi da qualunque cambiamento del programma di marketing. Al contrario, una gestione coerente della brand

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equity può imporre numerosi spostamenti tattici volti a mantenere la direzione strategica stabilita. Come sappiamo la consapevolezza e l’immagine del brand possono essere create e alimentate in molti modi: la tattica più efficace per una certa marca può essere diversa a seconda del momento. Di conseguenza, sarà possibile, nel corso del tempo, variare i prezzi, introdurre o eliminare determinate caratteristiche del prodotto, ricorrere a campagne pubblicitarie, approcci creativi e slogan differenti, lanciare o ritirare eventuali estensioni del brand.

Un atteggiamento flessibile non ha impedito a molte marche leader di mantenere negli anni un posizionamento strategico assolutamente coerente. La chiave del successo risiede nella continuità del significato del brand e nella stabilità degli elementi principali del programma di marketing, pur nel dinamismo tattico.

 Proteggere le fonti del valore della marca.

A meno di variazioni nel contesto del consumo, della concorrenza o dell’azienda che indeboliscano il posizionamento strategico del brand (per esempio, cambiamenti che rendano gli elementi di differenziazione o di parità meno desiderabili o realizzabili), la necessità di deviare da un posizionamento di successo è piuttosto improbabile. Sebbene debba essere costante, la ricerca di nuove fonti di valore non deve pregiudicare quelle già esistenti.

Le fonti chiave della brand equity sono, idealmente, caratterizzate da un valore persistente. Le associazioni su cui esse si basano dovrebbero pertanto essere protette e alimentate con attenzione, mentre si rischia di trascurarle concentrandosi sull’ampliamento del significato del brand e sulla creazione di nuove associazioni product – e non – product related.

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33  Rafforzare o sfruttare la brand equity.

Nella gestione del valore della marca, è importante riconoscere il trade-off fra le attività di marketing volte a rafforzarlo e ad accrescerlo e quelle mirate a sfruttarlo per ricavarne benefici finanziari.

Il vantaggio di una marca con un elevato livello di consapevolezza e un’immagine positiva consiste nell’opportunità di ridurre i costi e di incrementare i ricavi. Programmi di marketing opportunamente elaborati consentono di cogliere e persino massimizzare tali benefici – per esempio tagliando le spese pubblicitarie, perseguendo premi di prezzo sempre maggiori, o introducendo numerose estensioni del brand.

Lo sfruttamento tuttavia dei vantaggi della brand equity può comportare un impoverimento delle sue stesse fonti. In altre parole, le azioni di marketing che fanno leva sul valore della marca potrebbero indurre a trascurarne altre, indebolendo così la brand awareness e la brand image. Privata di tali fonti di valore, la marca stessa potrebbe non essere più in grado di offrire i benefici alla base del suo successo.

2.8 La rivitalizzazione della marca

L’evoluzione dei gusti e delle preferenze dei consumatori, l’emergere di nuovi concorrenti o di nuove tecnologie, o eventuali sviluppi nel contesto del marketing possono incidere sulle sorti di un brand.

Ogni categoria di prodotti offre esempi di marche un tempo note e apprezzate che hanno attraversato tempi difficili o, in qualche caso, sono addirittura scomparse. Non poche, tuttavia, sono state negli ultimi anni restituite a nuova vita attraverso operazioni di marketing meritevoli di citazione.

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Alcuni casi evidenziano l’importanza di un ritorno alle origini per ritrovare le fonti della brand equity. In altri casi, invece, è stato necessario un cambiamento fondamentale del significato della marca.

Il riposizionamento di un brand esistente porta con sé una sfida unica che i brand nuovi o emergenti non devono affrontare. Mentre i nuovi brand hanno come obiettivo quello di lasciare un segno distintivo, i brand esistenti non possono avere nuovamente una chance per lasciare una prima impressione.

I brand esistenti devono conoscere chiaramente le percezioni che i consumatori hanno del brand per poter valutare dei cambiamenti cercando di attirare una nuova audience chiaramente non perdendo quella attuale.

La base di tutto ciò sta nel disegnare e definire un processo con obiettivi chiari prima ancora di apportare eventuali cambiamenti.

Un brand in difficoltà, insomma, può essere risollevato sia attraverso la creazione di nuove fonti di valore sia, al contrario, attraverso il recupero di quelle perdute.

La prima risorsa a cui attingere è spesso costituita dalle fonti iniziali del valore della marca. Come ha osservato Norman Berry17 di Ogilvy & Mather.

“I brand che presentano maggiori probabilità di risposta positiva agli sforzi di rivitalizzazione sono quelli dotati di valori chiari e rilevanti, che siano stati a lungo ignorati, recentemente comunicati in modo efficace o contraddetti da problemi nei prodotti, da riduzioni nei costi, ecc. Laddove siano evidenti l’esistenza di tali valori chiari e rilevanti e il loro contributo al magnetismo del brand nei suoi giorni felici, le chance di successo sono buone. Qualora invece si constati l’assenza di valori forti, è possibile che la marca abbia goduto in passato del favore dei consumatori semplicemente per la performance o il prezzo del prodotto, ma che non sia mai diventata, secondo la nostra definizione,

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una vera marca. Far rivivere un brand simile è un po’ come cominciare da zero. Non si può parlare davvero di rivitalizzazione”.

Occorre dunque decidere se mantenere il posizionamento precedente o adottarne uno diverso e, in questo caso, quale scegliere. In alcuni casi il posizionamento risulta ancora appropriato e la radice del problema è l’inefficacia del programma di marketing. Può allora essere ragionevole una strategia di “ritorno alle fondamenta”. In altre circostanze, per contro, il tradizionale posizionamento non è più percorribile e bisogna ricorrere ad una strategia di “reinvenzione”.

Ritorno alle fondamenta e reinvenzione non sono, naturalmente, che i due estremi di una vasta gamma di approcci, molti dei quali combinano elementi di entrambe le strategie.

La creazione di nuove fonti di valore e/o la riattivazione di quelle tradizionali possono avvenire mediante due approcci:

1. Aumentare la consapevolezza del brand 2. Migliorare l’immagine del brand

1. Aumentare la consapevolezza del brand.

Il problema di una marca sofferente è raramente relativo alla profondità della brand awareness; i consumatori continuano infatti a riconoscere o ricordare la marca in determinate circostanze. Più spesso, l’anello debole è rappresentato dall’ampiezza della brand awareness: i consumatori tendono a pensare alla marca in modo limitativo.

Un potente strumento di creazione di valore consiste pertanto, nello sviluppo di tale dimensione, facendo in modo che i consumatori considerino l’acquisto o l’utilizzo del brand in tutte le situazioni in cui può rispondere ai loro bisogni e desideri.

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E’ possibile accrescere l’utilizzo della marca aumentando sia il livello sia la frequenza del consumo. In generale è più facile innalzare il numero di occasioni d’impiego che non la quantità usata in ciascuna di esse.

Per elevare la frequenza d’uso, un’opzione particolarmente interessante per i brand con ampie quote di mercato sta nell’individuare ulteriori opportunità d’uso del prodotto nell’ambito della modalità di impiego consolidata o modalità d’impiego completamente diverse.

2. Migliorare l’immagine del brand.

Migliorare la consapevolezza del brand è probabilmente lo strumento più agevole per la creazione di nuove fonti di valore. Spesso, tuttavia, occorre intervenire alle fondamenta, con un nuovo programma di marketing che accresca la forza, la positività e l’unicità delle associazioni che concorrono a formare l’immagine della marca. Nell’ambito di un simile riposizionamento, o dell’impegno a proseguire con maggior determinazione il posizionamento attuale, potrebbe essere necessario rinvigorire associazioni positive che appaiono offuscate e crearne di nuove, oltre che neutralizzare quelle negative eventualmente sorte nel corso del tempo.

 Riposizionare il brand.

In alcuni casi, riposizionare il brand significa stabilire elementi di differenziazione più convincenti. Ciò potrebbe significare ribadire ai consumatori l’esistenza di particolare benefici che hanno cominciato a dare per scontati.

In alcuni casi, un elemento di differenziazione centrale potrebbe risiedere nella nostalgia per il passato piuttosto che in un attributo del prodotto mentre un’esigenza comune a molte marche mature e consolidate è quella di una personalità più contemporanea e consona al profilo dell’utente moderno. I brand storici potrebbero apparire affidabili ma anche noiosi, poco

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interessanti e non così piacevoli. Per aggiornarli può essere opportuna una combinazione di nuovi prodotti, pubblicità, promozioni, confezioni, ecc.

 Modificare gli elementi del brand.

Spesso occorre modificare uno o più elementi del brand per comunicare nuove informazioni o segnalare nuovi significati in seguito al mutamento del prodotto o del programma di marketing.

Il nome, l’elemento più importante della marca, è spesso il più difficile da cambiare. E’ comunque possibile eliminarlo o integrarlo in una sigla per facilitarne il ricordo e la pronuncia o per rispecchiare un diverso orientamento della strategia di marketing (Kentucky Fried Chicken è stato abbreviato in KFC, Federal Express ha deciso di adottare, insieme ad un nuovo luogo, il più snello FedEx, che si era già affermato tra i consumatori).

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2.9 Il caso Ducati

Un ottimo esempio di strategia di rivitalizzazione del brand possiamo trovarlo nel caso Ducati.

Per tutti gli appassionati delle moto, Ducati rappresenta un mito che non ha mai smesso di brillare, ma il vero slancio lo ha ritrovato a partire dal 1996 grazie all’arrivo di un management lungimirante.

L’azienda venne fondata nel 1926 dalla famiglia Ducati e da altri soci bolognesi producendo componenti per l’industria delle trasmissioni radio e nel 1935 venne avviata la costruzione dello stabilimento di Borgo Panigale con l’obiettivo di realizzare un polo industriale e tecnologico a Bologna.

La costruzione delle prime moto arriverà non prima però degli anni ’50 grazie all’arrivo dell’ingegner Taglioni che realizza motori dalle caratteristiche originali e dalle prestazioni sbalorditive, battezzati nelle gare di granfondo come la Milano –Taranto.

Nel 1983 l’azienda viene acquistata dalla famiglia Castiglioni e Ducati entra così a far parte del Gruppo Cagiva. Con la nuova gestione la Ducati decide di entrare in nuovi segmenti del mercato motociclistico, introducendo nuovi modelli e allargando l’offerta nelle cilindrate più grandi, senza abbandonare il suo impegno nel settore delle moto sportive.

Nel 1995 Ducati si trova però a dover affrontare una profonda crisi finanziaria causata da iniziative sfortunate di altre compagnie del Gruppo Cagiva e, nel 1996, il controllo della casa motociclistica bolognese passa al TPG (Texas Pacific Group), un fondo d’investimento americano, che porta liquidità e un management internazionale.

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Prima del 1996 Ducati era costituita prevalentemente da ingegneri concentrati sulle attività agonistiche, ma poco attenti agli stimoli provenienti dal mercato. Il brand aveva un’immagine impoverita e il portafoglio prodotti era scarso. A partire dal 1996 si ha una vera e propria rivitalizzazione del brand basata sul design italiano, il caratteristico suono Ducati e la sportività della gamma.

Le linee di prodotto da 3 nel 1995 crescono fino a 5 nel 2003 grazie all’aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo che, dopo essere stato pari quasi a zero, hanno assorbito circa l’8% dei ricavi del 2002. Le unità prodotte sono passate da 12.000 a 40.000 ed in termini di pricing è stato applicato un premium price del 30% rispetto alle moto giapponesi e si pongono allo stesso livello delle Harley Davidson.

La filosofia dell’azienda viene ripensata, il filo conduttore diventa “l’amore per la Ducati” coinvolgendo dipendenti, clienti ed appassionati. Ai clienti è stata offerta la possibilità di entrare in contatto con Ducati: ogni anno 20.000 “ducatisti” visitano la fabbrica di Borgo Panigale che è diventata anch’essa uno strumento di marketing: un teatro dove viene celebrata la costruzione di un mito.

La rete organizzativa è stata anch’essa rimodellata, passando da 165 dealer a 65 ben selezionati, e al fianco di questi nascono anche i Ducati Store, in grado di generare vendite superiori a quelle dei concessionari tradizionali.

Anche la comunicazione è stata profondamente rivista e, oltre al museo storico, è stata creata una community su Ducati.com che si è subito caratterizzata per una forte vivacità. Attraverso il web, Ducati sceglie inoltre di offrire servizi ai partecipanti: raduni, feste e relazioni dirette. Tra gli eventi principali si può ricordare il World Ducati Week: un grande raduno con base a Misano Adriatico che nel 2000 ha raccolto ben 23000 partecipanti.

L’organizzazione di eventi e la concessione di licenze d’uso ad aziende quali la Mattel e la Electronic Arts ha permesso a Ducati di diffondere il brand tra un pubblico sempre più numeroso.

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Si potrebbe dire che Ducati si è trasformata da azienda metalmeccanica ad azienda “entertainment” e la bontà delle scelte effettuate è evidenziata dai risultati raggiunti. Nel 2006 Texas Pacific Group ha ceduto la propria quota di partecipazione ad Investindustrial Holding della famiglia Bonomi e nel 2012 Audi, controllata da Volkswagen, ha acquistato la marca bolognese per un prezzo di circa 860 milioni di euro.18

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2.10 La marca tra persistenza ed evoluzione

Il termine inglese fine tuning ha ormai acquisito un uso stabile nel mondo della marca, tanto da essere considerato, oggi, come una delle più importanti leve competitive sui mercati.

Il significato di tale espressione può essere riassunto nel concetto di sintonia con il consumatore. Procedere a correzioni millimetriche ma costanti, per mantenere la giusta lunghezza d’onda. Tutto ciò perché il consumatore, talvolta impercettibilmente, talvolta con improvvise accelerazioni, è in costante evoluzione. Seguire attentamente tale evoluzione, adattare in tempo reale il modo di rapportarsi con il consumatore non rappresenta più un’opzione bensì, una regola di sopravvivenza per le marche.

Molti studiosi, soprattutto nel passato, parlavano di ciclo di vita della marca, paragonando quest’ultima alla vita degli uomini e dunque caratterizzandole da un inevitabile declino ed una certa scomparsa. Al Ries e Laura Ries, ad esempio, sostengono che “No brand will live forever. Eutanasia is often the best solution”.19

In realtà vi sono continue evidenze di marche che hanno saputo mantenere inalterata un’indiscussa leadership (talvolta per più di un secolo) e continuano a manifestare, ancora oggi, capacità di dialogo anche con i segmenti più innovativi (es. Coca-Cola, Levi’s).

Una marca deve essere gestita attentamente affinché non diminuisca il suo valore. Ciò prevede il mantenimento o lo sviluppo del livello di consapevolezza, della qualità e funzionalità percepita e dalle associazioni positive. Tutto questo richiede continui investimenti in ricerca e sviluppo, un’efficace attività pubblicitaria e un eccellente servizio di assistenza alla distribuzione o ai consumatori. Procter&Gamble ad esempio, ritiene che, se ben gestite le marche non siano

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soggette a un ciclo di vita ed in effetti, molte marche leader settant’anni fa lo sono tuttora, basti pensare ad esempi quali Coca-Cola, Gillette, Heinz.

Alcuni analisti hanno notato che le marche sono i beni più durevoli di un’impresa, più degli specifici prodotti e degli impianti produttivi.

MARCA

ANNO DI NASCITA

Colgate

1806

Clarks

1825

Buitoni

1827

Cadbury’s

1842

American Express

1850

Bonduelle

1853

Louis Vuitton

1854

Burberry’s

1856

Borsalino

1857

Heineken

1864

BASF

1865

Mitsubishi

1870

Barilla

1877

Coca-Cola

1886

Del Monte

1886

Dunlop

1888

Pirelli

1890

Ford

1896

Bayer

1899

Fiat

1899

Table 3 -Brand storici 20

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Ma come può una marca – per cui si teorizza la necessità di conservare una

personalità forte ed inalterata nel tempo – maturare costantemente senza

perdere la propria fisionomia?

Anche se si tratta di un interrogativo molto ampio al quale è difficile dare una risposta univoca, possiamo tentare di elencare alcune possibili azioni concrete per cercare di risolverlo.

Innanzitutto, un primo livello da non dimenticare è quello tecnologico: bisogna mantenere alta la tensione all’innovazione. Detto questo però, l’area prevalente d’intervento è comunque legata alla comunicazione.

Se infatti i significati della marca – i suoi core values – devono restare sostanzialmente invariati, pena la perdita della propria identità, debbono mutare però i suoi significanti. Può/deve mutare il sistema di codici e di linguaggi con cui la marca si esprime – coerentemente ai nuovi valori del consumo – ma anche i media ed i canali che veicolano la sua comunicazione, sperimentando con intelligenza i new media e tutte le nuove opportunità che si presentano.

Come osserva Semprini “la continuità rinforza l’identità di una marca, ma l’evoluzione ne assicura la modernità”.21

La marca può basarsi infine sul fine tuning per mantenere salvi i suoi valori di fondo. Mantenendo inalterati, quasi in una dimensione atemporale i suoi valori basici – che devono preservare l’identità – ed intervenendo invece su quelli periferici. Questi ultimi possono mutare creare una sintonia con i consumatori che cambiano.

Tutto ciò salvaguardando la stabilità e la continuità della marca: quest’ultima non può stravolgere radicalmente il senso del proprio discorso dato che andrebbe ad intaccare la sua credibilità ed autorevolezza. D’altro canto la marca ha il dovere

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all’evoluzione: la rigidità e la cristallizzazione potrebbero ucciderla velocemente: restare ferma è, per la marca contemporanea, il modo più rapido di andare indietro.

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3. Ricerche di marketing nel gruppo Fiat

L’area di Market Research & Analysis, inserita all’interno dell’area di Product Planning & Institutional Relations, ha un ruolo centrale in ottica di supporto alla presa di decisioni di prodotto e non solo.

Obiettivo dell’area è quello di effettuare ricerche di tipo quantitativo e qualitativo, focalizzate su consumatori e dealer, ma è anche spesso chiamata a sviluppare veri e propri progetti ad hoc.

Analizzando con maggior dettaglio le ricerche svolte in ottica di analisi dei consumatori, queste possono essere suddivise in tre grandi macro aree:

1. Ricerche di prodotto 2. Ricerche sul servizio

3. Ricerche relative all’advertising, l’immagine ed al posizionamento di marketing

Queste ricerche a loro volta possono essere di due tipi: ricerche ad hoc o “syndicated surveys” (multi-client survey). Le prime vengono sviluppate totalmente all’interno dell’azienda mentre le seconde, almeno in una fase iniziale, vengono portate avanti da più costruttori consorziati tra di loro.

Quest’ultima tipologia di ricerche risulta essere indispensabile per svariati motivi: - i dati ottenuti sono comparabili tra i diversi costruttori (uso della medesima

metodologia)

- permettono di ottenere un benchmark

- evitano il ripetersi dei contatti ai cliente e la possibilità di infastidirlo - si ottengono dati di riferimento per sviluppare ulteriori ricerche - si hanno a disposizione dati storici

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3.1 Ricerche di prodotto

Le ricerche relative al prodotto vengono svolte in tre diversi momenti chiave: pre-launch, commercializzazione e post-launch. Questi tre diversi momenti si racchiudono in un lasso temporale che può andare da 48/36 mesi prima del lancio del prodotto ad un periodo di 24 mesi di possesso del prodotto da parte del cliente.

Analizziamo in maggior dettaglio le diverse fasi:

3.1.1

Fase pre-launch:

questa è la fase cruciale per lo sviluppo del prodotto e l’apporto allo sviluppo del prodotto da parte dell’area delle ricerche di mercato si concretizza attraverso tre diversi tipi di studio.

o

Customer Car Profile

(48/36 mesi prima del lancio).

Questa tipologia di ricerca si pone come obiettivo quello di valutare item specifici del segmento di riferimento, sia statici che dinamici e le valutazioni ottenute sono essenziali per fissare i target di prodotto.

La metodologia applicata per questo tipo di ricerca è quella delle interviste individuali in profondità supportate da un intervistatore: è fondamentale infatti che ciascun consumatore valuti tutti i veicoli testati.

Come detto precedentemente, tutte le interviste includono sia una valutazione statica che dinamica di ciascuna macchina ed il campione solitamente è composto da 60 soggetti, possessori di veicoli appartenenti ad un basket. La selezione inoltre avviene anche in base al genere, l’età ed altre caratteristiche ritenute rilevanti per il segmento di riferimento.

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o

Clinic Test di Sviluppo

(36/24 mesi prima del lancio)

L’obiettivo dei clinic test di sviluppo è quello di raccogliere informazioni rilevanti per lo sviluppo del modello e deve essere svolto circa un paio di anni prima del possibile lancio commerciale.

In questo caso il prodotto viene esposto in grandi sale insieme ai veicoli della concorrenza e la ricerca è condotta attraverso la raccolta della “voce” del cliente. Si caratterizza inoltre per essere formata da una fase quantitativa e da una qualitativa.

La fase quantitativa è caratterizzata da interviste face-to-face (circa 300/400 per singolo mercato) mentre quella qualitativa si articola solitamente in focus group e/o anche attraverso interviste approfondite. Chiaramente il campione scelto è rappresentativo dei potenziali clienti del modello o più in generale del segmento (dati basati NCBS).

I clinic test di sviluppo sono dunque essenziali per verificare con un pubblico di possibili acquirenti il potenziale del modello approfondendo questioni relative a:

- appeal del design, degli esterni e degli interni della vettura: si cerca di ottenere il maggior numero possibile di informazioni a supporto di miglioramenti in termini di design o delle ergonomie

- interesse su caratteristiche specifiche del prodotto (es. terza fila di sedili)

- profilo d’immagine/personalità del modello: elementi essenziali per supportare il posizionamento del modello

- share of preference: propensione all’acquisto considerando design, contenuti, prezzi

L’ottenimento di informazioni rilevanti attraverso questa tipologia di ricerca è molto importante dato che in questa fase è ancora possibile intervenire sullo stile della vettura in quelle che sono le sue componenti “hard” (lamiere, proporzioni, pianale).

Figura

Table 1 – Rilevanza della marca
Figure 2 – Fiat marketing research
Table 6 - Mercato italiano in cifre
Table 7 – Mercato SUV EU
+7

Riferimenti