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L'ecografia dell'apparato riproduttore femminile della coniglia

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Academic year: 2021

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U

niversità

di

P

isa

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Magistrale in Medicina Veterinaria

“L’ecografia dell’apparato riproduttore

femminile della coniglia”

Relatore: Prof.ssa Simonetta Citi Correlatore: Dott. Daniele Petrini Candidato: Eugenia Muzzi

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"A chi ha sopportato la mia testa dura:

mamma, babbo e i due Filippi"

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INDICE

ABSTRACT PARTE GENERALE 1. 3. 4. 5. 6. 2. 1.1 3.1 4.1 1.2 3.2 4.2 3.3 4.3 4.4 1.3 1.4 1.5

Anatomia dell’apparato riproduttore

Semeiotica ecografica fisiologica

Patologie dell’apparato riproduttore

Gravidanza

Semeiotica ecografica patologica

Cenni di fisiologia e attività riproduttiva Introduzione Ovaio Ovaio Ovaio Tube uterine Utero e cervice

Tube uterine e mesosalpinge Vagina

Utero Vagina Utero Vagina

Vestibolo della vagina

1 2 3 4 12 16 29 32 10 pag. PARTE SPERIMENTALE 38 7. 8. Materiali e metodi Risultati Introduzione 39 40 42

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10. Discussione e conclusioni 64 pag. BIBLIOGRAFIA RINGRAZIAMENTI 67 69 9. Casi clinici 54 9.1 9.2 9.3 9.4

Cisti ovariche e raccolta uterina Iperplasia endometriale cistica Neoplasia uterina

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ABSTRACT

Il coniglio, animale d’affezione ormai comune in Italia, presenta un’elevata incidenza delle patologie riprodutti-ve nelle soggette femmine non sterilizzate. Ovviamente la sterilizzazione costituisce il mezzo primario di preven-zione, ma qualora i proprietari non acconsentito a tale procedura, l’alternativa per il monitoraggio dell’appara-to riprodutdell’appara-tore risulta essere l’ecografia.

Gli articoli e le informazioni circa le caratteristiche eco-grafiche di tali organi sono notevolmente ridotti, per cui lo scopo dello studio è quello di fornire una descrizione dettagliata della sonoanatomia. Inoltre, sono presenta-ti casi clinici patologici (iperplasia endometriale cispresenta-tica, cisti ovariche e raccolta uterina, neoplasia uterina) per supportare il confronto fra le immagini ecografiche fisio-logiche e patofisio-logiche. Lo studio, condotto su 16 coniglie, ha evidenziato l’elevata sensibilità dell’ecografia nella valutazione dell’apparato riproduttore femminile fisiolo-gico e nella diagnosi delle forme patologiche in stadio precoce.

The rabbit, which is nowadays a common pet in Italy, has a high incidence of reproductive pathologies in un-sterilised female rabbits. Sterilisation is obviously the pri-mary means of prevention, yet if owners do not consent to this procedure, ultrasound scanning represents the al-ternative for monitoring the reproductive system. The number of papers and information about the ultrasound features of such organs is really minimal, therefore the aim of the study is to provide a detailed description of the sonoanatomy. In addition, pathological clinical cases (cystic endometrial hyperplasia, ovarian cysts and uteri-ne collection, uteriuteri-ne uteri-neoplasia) are presented to support the comparison between physiological and pathological ultrasound images. The study, which has been conducted on 16 female rabbits, shows the high sensitivity of ul-trasound in the evaluation of the physiological female reproductive system and in the diagnosis of pathological forms at an early stage.

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PARTE

GENERALE

1. 3. 4. 5. 6. 2.

Anatomia dell’apparato riproduttore

Semeiotica ecografica fisiologica Patologie dell’apparato riproduttore Gravidanza Semeiotica ecografica patologica Cenni di fisiologia e attività riproduttiva Introduzione

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Introduzione

La presenza di nuove tipologie di animali da compagnia in Italia è una realtà ormai molto frequente, non sempre compresa da chi non è un appassionato di animali non convenzionali. Infatti, mentre cane e gatto vengono visti come compagni di vita ideali, l’opinione pubblica riserva pareri differenti riguardo conigli, cavie peruviane, draghi barbuti o altre specie “non comuni”. In realtà, il medico veterinario esperto in animali “esotici” è il testimone principale del legame unico che si crea fra pet e proprietario a prescindere dalla specie. È per questo che la medicina veterinaria ha il compito di fornire le informazioni adeguate alla corretta gestione e cura di questi animali.

Nel corso degli anni il coniglio è entrato a far parte delle famiglie italiane come “nuovo” pet, dove purtroppo i retaggi della gestione scorretta degli allevamenti da carne sono ancora presenti: l’alimentazione e l’organizzazione dell’ambiente in cui vive il coniglio risultano essere gli errori principali dei proprietari meno esperti. Anche la sterilizzazione, come mezzo preventivo delle patologie riproduttive femminili, costituisce un’ulteriore problematica che il veterinario ha il dovere di affrontare. Purtroppo, non tutti i detentori sono disposti a sottoporre il proprio pet ad un intervento chirurgico di sterilizzazione, anche se le patologie riproduttive femminili nella specie cunicola presentano una notevole incidenza. Il veterinario, quindi, è costretto a trovare un compromesso proponendo delle visite ecografiche di controllo dell’apparato riproduttore, considerando l’elevata sensibilità di tale tecnica nella diagnosi delle patologie riproduttive. Nei capitoli seguenti è stata posta attenzione alla descrizione anatomica dell’apparato riproduttore della coniglia e la sua visualizzazione tramite ecografia in condizioni fisiologiche. Inoltre, sono state approfondite le patologie documentate riferibili alle vie genitali femminili e le rispettive immagini ecografiche, quando presenti in bibliografia. Il seguente scritto evidenzia l’utilità dell’ecografia nella valutazione delle vie genitali femminili e la necessità di tale approfondimento diagnostico per la caratterizzazione delle forme morbose.

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Capitolo 1: Anatomia dell’apparato riproduttore

1.1 Ovaio

Le gonadi femminili della coniglia sono localizzate a livello dello spazio peritoneale, caudalmente al rene ipsilaterale, all’altezza della V vertebra lombare. Rispetto ad altre specie di mammiferi da compagnia non convenzionali, nel coniglio le ovaie giacciono più caudalmente, in corrispondenza della fossa del fianco (Krautwald-Junghanns et al, 2009) (Fig. 1.1).

Fig. 1.1 Visione ventrale dell’apparato riproduttore femminile nella coniglia (da: Harcourt-Brown, 2017)

La forma è cilindrica: presentano, infatti, un appiattimento medio-laterale con una lunghezza nei soggetti adulti di circa 10-15 mm e una larghezza di 6-8 mm. Le dimensioni possono variare in base al peso del soggetto e allo stato fisiologico (Barone, 1983). Osservando la superficie gonadica riconosciamo l’epitelio superficiale di colore grigio-rosato a livello del quale avviene la deiscenza dei follicoli, che conferisce un aspetto bozzellato.

Similmente al cane e al gatto, nella coniglia il peritoneo non riveste la superficie ovarica e rimane limitato all’altezza del mesovario. La porzione prossimale di quest’ultimo risulta essere ampia e ugualmente ampio è il mesosalpinge; infatti,

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l’estensione della borsa ovarica è una peculiarità di specie. Le ovaie sono comunque facilmente esteriorizzabili grazie all’ampiezza elevata dell’apertura ventro-mediale della borsa ovarica. L’ovaio è costituito dallo stroma connettivale in cui sono distribuiti la porzione midollare e la porzione corticale della gonade. La coniglia presenta un ridotto sviluppo della zona midollare, ovvero della porzione gonadica in cui decorrono vasi sanguigni e linfatici, mentre la porzione interstiziale è notevolmente sviluppata, occupando i 4/5 dell’intero organo (Barone, 1983). La porzione corticale, detta anche parenchimatosa, presenta i follicoli che andando incontro a maturazione raggiungo un diametro di 2 mm. In assenza di accoppiamento il follicolo ricade in una involuzione emorragica, essendo la coniglia un animale ad ovulazione indotta. Invece in caso di accoppiamento si verifica l’ovulazione e quindi si formano i corpi lutei a circa 2-3 gg post-accoppiamento.

La vascolarizzazione arteriosa dell’ovaio deriva da alcune branche dell’arteria ovarica, le quali con un andamento curvilineo si diffondono nella porzione midollare penetrando nell’ilo. La vena ovarica origina dal plesso pampiniforme presente a livello dell’ilo e, drenando un affluente tubarico e uno uterino, si immette nella vena cava caudale.

1.1 Tube uterine

Come in tutti gli animali domestici, le tube uterine sono contenute all’interno del mesosalpinge e sono composte da tre porzioni: infundibolo, ampolla ed istmo. Nella coniglia tali strutture risultano essere relativamente lunghe, raggiungendo circa 8-10 cm. L’infundibolo ha origine con una estremità addominale di forma slargata e caratterizzata dalla presenza di strutture fimbriche. Si localizza ventro-medialmente all’ovaio con l’ostio addominale rivolto verso l’estremità tubarica della gonade. L’ampolla costituisce la porzione più sviluppata delle tube uterine, presentando un diametro di 3 mm (Barone, 1983). Il suo andamento tortuoso procede prima in direzione craniale della borsa ovarica, a livello della parete ventrale, e successivamente si porta nella parete laterale. Le vie genitali femminili continuano nell’istmo, ultimo tratto dell’ovidutto, caratterizzato da una lunghezza e un diametro ridotto rispetto alla porzione precedente. L’istmo si immette nel corno uterino tramite la giunzione tubo-uterina ben delimitata.

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Il sangue arterioso giunge alle tube uterine tramite dei piccoli vasi che originano da una anastomosi formatasi fra arteria tubarica e le porzioni terminali dell’arteria uterina. Il drenaggio venoso è invece garantito da vene che presentano un decorso analogo ai vasi arteriosi, sboccando a livello delle vene uterine.

1.3 Utero

Uno degli organi distintivi di specie di tutto il tratto genitale della coniglia è sicuramente l’utero. Costituito da due corna, nessun corpo uterino, e quindi due cervici indipendenti, viene classificato come utero duplice (Fig.1.2).

Fig. 1.2 Utero duplice nella coniglia (da: Quesenberry et al, 2020)

Ogni corno uterino presenta una lunghezza di 10-12 cm e una larghezza di 4-6 mm che tende ad aumentare nel tratto più caudale, raggiungendo gli 8-9 mm (Barone, 1983). Gli emiuteri decorrono all’interno della cavità addominale tenuti sospesi dai legamenti larghi, e nel loro ultimo tratto si affiancano. Prendono rapporto con il digiuno e il duodeno e, nel tratto caudale, con il colon discendente. Infatti, le due corna uterine affiancate vanno a posizionarsi fra il colon discendete e la vescica. L'utero strutturalmente è costituito da tre strati: endometrio, miometrio e perimetrio. L'endometrio presenta delle pliche frastagliate da incisure, che modificano le proprie dimensioni nel corso del ciclo estrale. Una modificazione caratteristica si verifica a distanza di una settimana dall’ovulazione in cui abbiamo lo sviluppo del merletto endometriale che occupa la maggior parte del lume uterino. Il perimetrio avvolge contemporaneamente le due corna uterine nel tratto caudale, che comunque mantengono la propria indipendenza. Infatti, ciascuna è in comunicazione con una

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cervice strutturalmente separata dall’altra, di una lunghezza di 15-20 mm (Barone, 1983). I colli uterini presentano una mucosa ricca di robuste pliche longitudinali, le quali, sporgendo all’interno del lume vaginale con una disposizione radiale, formano il “fiore sbocciato”.

La vascolarizzazione presenta un andamento simile a quella dei carnivori domestici: un’arcata arteriosa dalla quale originano rami che si dispongono parallelamente alla parte delle corna uterine. La particolarità di specie risiede nella complessità dell’origine e dell’organizzazione di tutte le strutture arteriose. Infatti, il terzo craniale uterino è vascolarizzato da un ramo dell’arteria ovarica che si suddivide a sua volta in due porzioni. La più craniale si unisce ad un ramo tubarico dell’arteria ovarica, formando l’arcata tubo-uterina, mentre la più caudale anastomizza con il ramo craniale dell’arteria uterina, formando l’arcata principale. Quest’ultima è poi responsabile dell’irrorazione di tutta la restante porzione uterina fatta eccezione per la cervice che presenta un supporto trofico da parte del ramo caudale dell’arteria uterina. Il drenaggio venoso dell’organo è garantito da dei plessi venosi ben sviluppati a livello del perimetrio da cui nascono le radici della vena uterina. Il decorso di tali vene è satellite delle arterie omonime.

1.4 Vagina

La vagina della coniglia si presenta come un organo tubulare estremamente appiattito dorso-ventralmente e, in rapporto alle dimensioni corporee, di dimensioni elevate: lunghezza 4-6 cm e larghezza 10-12 mm (Barone, 1983) (Fig.1.3).

Fig.1.3 Decorso della vagina fra retto, vescica e uretra (da: Harcourt-Brown e Chitty, 2018)

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Essa ha origine nell’inserzione sulle cervici uterine, attorno alle quali costituisce un fornice ben sviluppato, e termina in continuità con il vestibolo vaginale tramite l’ostio della vagina. Decorre prendendo contatto dorsalmente con il retto e ventralmente con la vescica e l’uretra avvolta dal peritoneo soltanto nella sua estremità craniale.

Strutturalmente la vagina è costituita da tre strati: sierosa e avventizia, tonaca muscolare e tonaca mucosa. La tonaca mucosa appare rosea e caratterizzata da alcune pliche longitudinali il cui addossamento in alcune specie concorre a formare l’imene a livello dell’ostio vaginale. Nella coniglia tale struttura si presenta in forma rudimentale e in alcuni casi è assente.

L’arteria vaginale è responsabile della vascolarizzazione della vagina insieme ad un contributo di un ramo dall’arteria uterina. Nella coniglia l’arteria vaginale origina dall’arteria pudenda esterna e, decorrendo nel connettivo retroperitoneale, costituisce una fitta rete vascolare che si approfonda nei vari strati vaginali. La rete venosa è ampiamente sviluppata nella vagina ed è costituita da voluminose anastomosi che vengono poi drenate dalla vena vaginale.

1.5 Vestibolo della vagina

Il vestibolo vaginale è un condotto lungo 5-6 cm (Barone, 1983) che assume un aspetto appiattito latero-lateralmente nella porzione più caudale e cilindroide in prossimità della vagina. Nella coniglia tale organo decorre ventralmente al retto oltrepassando in tutto il suo decorso l’arcata ischiatica.

Le pareti vestibolari sono costituite da: mucosa vestibolare, ghiandole vestibolari, bulbo del vestibolo e muscolo costrittore del vestibolo. La mucosa priva di pliche si presenta rossastra con lo sviluppo di evidenti plessi venosi. Caudalmente all’ostio vaginale, posizionato nella parete ventrale, è presente l’ostio uretrale esterno che nella coniglia è sormontato da una sviluppata piega trasversale. A sinistra dell’ostio uretrale è possibile riconoscere il condotto di Gartner, ovvero la struttura residuale del condotto mesonefrico.

Le ghiandole vestibolari si dividono in ghiandole minori e ghiandole maggiori, le quali sono responsabili della produzione di un secreto utile alla lubrificazione delle vie genitali esterne. A 15 mm dalle labbra vulvari si aprono bilateralmente gli sbocchi

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della ghiandola maggiore mentre gli orifizi delle ghiandole minori si presentano distribuiti lungo tutta la parete. Invece, Il bulbo del vestibolo nella coniglia non è ben differenziato e potremmo descriverlo come sottile e mal delimitato.

Le arterie che forniscono il supporto vascolare al vestibolo vaginale sono: l’arteria vaginale con i suoi rami più caudali, l'arteria rettale media, l’arteria uretrale e infine l’arteria del bulbo. Il plesso venoso situato tra strato muscolare e strato mucoso comunica con il plesso della vagina cranialmente e caudalmente con le vene del bulbo e del perineo. Il decorso del drenaggio venoso è satellite a quello arterioso.

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Capitolo 2: cenni di fisiologia e attività riproduttiva

Trattando l’attività riproduttiva della specie cunicola non è possibile parlare di un vero e proprio ciclo estrale, poiché la coniglia è un animale ad ovulazione indotta. Infatti, il ciclo è composto da periodi di recettività sessuale, che durano circa 3-6 giorni, che si manifestano nella coniglia domestica ogni 4-6 giorni. L’ovulazione avviene a 10-13 ore post-coito, un tempo relativamente breve se messo a confronto con le 30 ore necessarie ad altre specie ad ovulazione indotta, come quella felina o nel furetto. La maturità sessuale del coniglio è maggiormente correlata allo sviluppo e peso corporeo più che all’età. Infatti, è stato verificato che razze a peso differente presentato tempistiche differenti di maturità: razze nane 4°-5° mese, razze di media taglia 4°-6° mese e razze di grossa taglia 5°-8° mese (Quesenberry et al, 2020).

In natura l’attività sessuale è influenzata dalla temperatura e dal fotoperiodo: infatti è presente una maggiore recettività in primavera e ad inizio estate. Tale considerazione non è sempre possibile riferirla ai conigli pet che in alcuni casi, vivendo in casa a condizioni ambientali controllate, sono recettivi in egual modo tutto l’anno. Nelle fasi di recettività sessuale la coniglia diventa maggiormente aggressiva e territoriale, presenta la tendenza a correre in cerchio intorno ai proprietari o ad altri soggetti della stessa specie. Davanti al maschio solleva il bacino e mostra il perineo come segno di accettazione della monta (Fig 2.1)

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La gravidanza ha una durata di 30-33 giorni con variazioni riferite alla razza. Non sempre raggiunge il termine finale, ma è possibile che si verifichino aborti o più comunemente riassorbimenti con maggiore incidenza tra l’11° e il 15° giorno e il 21°. In natura, il riassorbimento embrionale risulta essere correlato alla dominanza della coniglia all’interno del gruppo sociale: infatti si verifica più frequentemente in soggette subordinate rispetto alle soggette dominanti. Un segno caratteristico della gravidanza è la perdita di pelo dall’addome, dai fianchi e dalla giogaia. Questo si verifica poiché la femmina si strappa il pelo per costruire il nido assieme ad altri materiali come paglia o ramoscelli. Tale comportamento è presente anche in corso di pseudogravidanza, una condizione comune nella coniglia che dura 16-17 giorni ed è indotta da accoppiamenti non fertili, stimolazione sessuale dovuta alla monta di un’altra femmina e stress (Meredith e Lord, 2014).

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Capitolo 3: semeiotica ecografica fisiologica

L’approccio ecografico al coniglio prevede particolari accortezze che l’ecografista dovrà tenere in considerazione al fine della qualità della prestazione e del benessere animale. Infatti, il coniglio è un animale che si stressa molto in condizioni di manipolazione e contenimento. La scelta di sedare o meno il paziente prevede una valutazione del carattere del pet e del grado di stress a cui è sottoposto. In genere, facendo ricorso a pazienza e delicatezza nella manipolazione, si preferisce evitare l’utilizzo di farmaci sedativi (Fig. 3.1). Per un contenimento ottimale è possibile utilizzare delle culle morbide all’interno delle quali il paziente viene adagiato sulla schiena il tempo sufficiente per eseguire l’ecografia.

Fig 3.1 Decubito dorsale del coniglio per effettuare ecografia addominale (da: Harcourt-Brown e Chitty, 2018)

Qualora l’animale tentasse di divincolarsi durante il contenimento è opportuno permettergli di riassumere la sua posizione naturale e fare una pausa. Obbligarlo a mantenere la posizione potrebbe causare lesioni e fratture. Infatti, la forza esplosiva liberata durante il divincolamento e lo scalciare degli arti posteriori tende a dissiparsi a

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livello vertebrale, ma la sua modesta flessibilità e la fragilità della componente ossea cunicola non sopporta tale energia. Si sviluppano così fratture o dislocazioni vertebrali maggiormente riferibili al tratto caudale a L5 (Harcourt-Brown e Chitty, 2018). Inoltre, è possibile che in tali condizioni si lesioni anche il midollo spinale, determinando, oltre al dolore e quindi riluttanza al movimento, una sintomatologia neurologica correlata alla gravità del danneggiamento spinale: atassia, assenza di propriocezione, paresi, paralisi ed incontinenza urinaria e fecale (Harcourt-Brown, 2002).

L’ecografia è effettuata impiegando sia sonde lineari che sonde microconvex, utilizzando una frequenza fra i 7,5 MHz, per i conigli di grosse dimensioni, e 10-12 MHz, per animali di taglia minore. La tosatura del pelo è essenziale per ottenere immagini ben definite. Si esegue a partire dal processo xifoideo dello sterno fino al pube e lateralmente dalla metà della larghezza della gabbia toracica alle creste iliache (Harcourt-Brown e Chitty, 2018). Di particolare importanza è l’attenzione che deve essere posta durante la tosatura, poiché la pelliccia del coniglio risulta essere spessa, con folto sottopelo, mentre la pelle molto delicata, soggetta a frequenti lesioni traumatiche da tosatrice. In seguito alla tricotomia è necessario utilizzare alcool in piccole quantità, per evitare un’eccessiva perdita di calore e quindi indurre ad uno stato di ipotermia, e gel ecografico, meglio se portato a temperatura del paziente.

3.1 Ovaio

Posizionato caudalmente al rene ipsilaterale, l’ovaio si evidenzia a livello della fossa del fianco in contatto con la parete addominale laterale. Le gonadi femminili si presentano come una struttura ovoidale, ipoecogena, a margini netti, con una lunghezza di 1 cm e un diametro di 4 mm per 6 mm (Krautwald-Junghanns et al, 2009). Segno caratteristico dell’organo è la presenza di una linea ecogenica centrale che decorre lungo l’ovaio (Fig 3.2). L’utilizzo del Doppler è utile per valutare il formarsi dei corpi lutei, tramite la visualizzazione di aree di aumentata vascolarizzazione nei 2 giorni post-ovulazione.

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Fig 3.2 Ovaio con linea ecogenica centrale (da: Krautwald-Junghanns et al, 2009)

3.2 Utero e cervice

Le corna uterine hanno origine caudalmente all’ovaio e decorrono fra vescica e retto nella loro porzione più caudale. Seguirle in tutto il loro decorso può risultare un’operazione abbastanza difficile a causa delle piccole dimensioni e per gli operatori meno esperti è possibile che tali organi siano confusi con delle anse intestinali. Appaiono come strutture tubulari, ipoecogene (Fig 3.3) di cui non è noto lo spessore fisiologico.

Fig 3.3 Confronto immagine necroscopica e immagine ecografica corno uterino (da: Banzato et al, 2014)

Seguendo caudalmente le corna uterine è possibile valutare le cervici (Fig 3.4). Visualizzandole con un piano trasversale appaiono come due strutture circolari a parete ecogenica e a contenuto anecogeno, posizionate lateralmente alla vescica (Banzato et al, 2014).

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Fig 3.4 Confronto immagine necroscopica e immagine ecografica cervici uterine (da: Banzato et al, 2014)

3.3 Vagina

È possibile visualizzare la vagina a partire dalla porzione caudale delle cervici, e seguirla nel suo decorso fra retto e vescica (Fig. 3.5). In piano trasversale appare di forma ovoidale appiattita, avente una parete a tre strati: strato interno iperecogeno, banda ipoecogena media e sottile linea iperecogena periferica (Krautwald-Junghanns et al, 2009).

Fig. 3.5 Ecografia vagina (2) compresa tra vescica (1) e retto (3) (da: Krautwald-Junghanns et al, 2009)

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Capitolo 4: Patologie dell’apparato riproduttore

4.1 Ovaio

Le lesioni riscontrabili nelle ovaie della coniglia sono classificabili come cistiche, neoplastiche ed ascessuali. Purtroppo, gli studi scientifici e la bibliografia a disposizione, per definire al meglio tali patologie, sono molto limitati. In generale è possibile affermare che i disordini ovarici sono meno comuni rispetto a quelli riferibili all’utero nella coniglia. Inoltre, in uno studio del 2018 di Bertam et al si sottolinea come le patologie ovariche si manifestino in concomitanza con quelle uterine: il 72,4% delle cisti ovariche riscontrate erano presenti contemporaneamente a patologie uterine non infiammatorie, e il 3,4% a patologie uterine infiammatorie.

Le cisti ovariche possono essere a loro volta differenziate a seconda della loro origine: cisti follicolari e cisti della rete ovarii. Prendendo in riferimento lo studio di Bertam et al del 2017, l’età media riscontrata nei soggetti con cisti follicolari è 61 mesi; tali lesioni si presentavano o unilaterlamente e singolarmente o bilaterlamente con lesioni multiple. Le cisti follicolari si sviluppano a partire da i follicoli di Graaf che non ovulando vanno incontro a dilatazione. Appaiono come lesioni follicolari, sferoidali, di pertinenza corticale, che sporgendo verso l’esterno sono responsabili della deformazione del profilo dell’ovaio. Invece, le cisti della rete ovarii, come suggerisce il nome, hanno origine dalla rete ovarii: struttura che si estende a partire dall’ilo all’interno della porzione midollare (Fig. 4.1).

Fig. 4.1 Ovaio fissato con formalina con presenza di cisti rete ovarii multilobulata (da: Bertram et al, 2017)

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Il medesimo studio sopracitato indica come età media dei soggetti in cui è stata riscontrata tale lesione 87 mesi. Le cisti rete ovarii creano un rigonfiamento a livello dell’ilo ovarico e interessano la porzione midollare. Possono essere sia di aspetto multilobulato sia di aspetto singolo e unilaterale determinando un aumento delle dimensioni della gonade interessata. Le patologie tumorali ovariche vengono classificate come primarie o secondarie. Fra le patologie tumorali primarie è necessario effettuare un’ulteriore differenziazione che si base sull’origine cellulare neoplastica: tumori stromali, tumori delle cellule germinali, tumori epiteliali e tumori connettivali (Bertam et al, 2017) (Fig. 4.2).

Fig. 4.2 Luteoma ovarico rimosso mediante ovaristerectomia (da: Harcourt-Brown, 2017)

Inoltre, l’ovaio può costituire un sito di sviluppo di metastasi ed è comune che i

tumori secondari ovarici abbiano origine da adenocarcinomi uterini. Infatti, in corso di neoplasia uterina è consigliato eseguire una stadiazione della neoplasia andando anche a valutare l’ovaio per via ecografica. Le informazioni disponibili per la

categorizzazione dell’aggressività di tali neoplasie sono scarse, è però riportato in bibliografia un caso di adenocarcinoma ovarico con presenza di metastasi a livello della milza, dell’omento e del mesentere uterino (Bertram et al, 2018).

Un esempio di lesione ascessuale ovarica viene descritto all’interno del caso report di Johnson e Wolf del 1993, in cui la coniglia presa in esame manifestava contemporaneamente una infezione uterina causata dallo stesso agente eziologico delle

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lesioni ascessuali: Pasteruella multocida. Tale microrganismo è responsabile nel

coniglio di innumerevoli infezioni, come rinite o sinusite, ed a livello dell’apparato riproduttivo probabilmente la trasmissione avviene principalmente tramite l’accoppiamento con un maschio infetto. I sintomi clinici che si riscontrano in corso di ascesso ovarico costituiscono turbe dell’attività riproduttiva, mentre alla palpazione è possibile mettere in evidenzia un aumento delle dimensioni ovariche, a seconda del grado di sviluppo della lesione ascessuale. Essendo una patologia infiammatoria ed infettiva a decorso cronico, tramite l'esame emocromocitometrico è possibile riscontrare un’anemia normocitica normocromica ed uno stato di monocitosi. L’ecografia costituisce il mezzo diagnostico più sensibile per quanto riguarda la caratterizzazione della lesione ovarica, che non è possibile eseguire mediante una radiografia. Infatti, quest’ultima tecnica mi permette di mettere in evidenzia esclusivamente una massa a radiopacità dei tessuti molli-liquidi caudalmente al rene (Fig. 4.3). L’ovaio macroscopicamente si presenta con un aspetto chiazzato dal marrone al bianco, in cui riconosciamo la presenza di una o più cavità replete da materiale purulento, con parete connettivale di spessore variabile.

Fig. 4.3 Radiografia addominale LL, piometra ed ascessi ovarici (da: Johnson e Wolf, 1993)

Nelle prime fasi della patologia si può prendere in considerazione il trattamento medico mediante l’uso di antibiotici, che dovrà essere sospeso appena si riscontrerà un calo del peso del paziente, riduzione della produzione fecale o diarrea. La terapia

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medica è comunque lunga e non sempre è riscontrato un successo terapeutico, per cui è possibile consigliare al proprietario direttamente un trattamento di tipo chirurgico, ovvero la rimozione delle ovaie e dell’utero.

I sintomi clinici e il loro significato nelle patologie ovariche sono di difficile interpretazione, poiché la concomitanza con patologie uterine e la possibilità di ulteriori comorbilità è comune. Però possiamo affermare che il quadro sintomatologico suggestivo di una patologia ovarica comprende stati di infertilità, distensione addominale, perdita di peso e presenza di una massa addominale percepibile durante la palpazione (Meredith e Lord, 2014). L’approfondimento diagnostico prevede l’utilizzo della diagnostica per immagini, in particolar modo dell’ecografia utile ad evidenziare e definire la massa e a mediare un FNA per l’eventuale valutazione citologica. Inoltre, l’ecografia addominale completa insieme alla radiografia toracica sarà utile alla stadiazione in caso in cui sia confermata la presenza di una lesione neoplastica.

Il trattamento delle patologie descritte prevede un approccio chirurgico, ovvero l’ovaristerectomia. Tale intervento costituisce anche la principale forma di prevenzione, importante da consigliare ai proprietari poiché, a causa dei sintomi aspecifici, è possibile che la diagnosi venga effettuata tardivamente e in corso di metastasi la prognosi risulta essere infausta.

4.2 Tube uterine e mesosalpinge

Le condizioni patologiche riferibili alle tube di Falloppio nella coniglia sono state descritte all’interno dello studio di Bertram et al del 2018 e come mostra tale studio l’incidenza delle patologie delle tube uterine è ridotta, tanto che solo 12 soggetti su 1006 inclusi presentano lesioni tubariche. La patologia che è stata riscontrata più frequentemente è la cisti paraovarica che prende origine da residui del dotto paramesonefrico. Si localizza quindi a livello del mesosalpinge o del mesovario, con un aspetto cistico di dimensioni anche ampie, repleto da liquido trasparente e in alcuni casi con calcificazione distrofica della parete (Bertam et al, 2017). Sono riportati anche casi di presenza di metastasi di leiomiosarcoma intestinale a livello del mesosalpinge con formazione secondaria di idrosalpinge unilaterale.

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4.3 Utero

Le patologie uterine della coniglia presentano un’ampia eterogeneità e per semplificarne la descrizione andremo a dividerle in quattro gruppi: patologie neoplastiche, non-neoplastiche, congenite e riferibili alla gravidanza. L’età è considerata il fattore determinante per lo sviluppo delle metropatie, mentre l’attività riproduttiva non è correlata allo sviluppo di patologie neoplastiche (Ingall et al, 1964). In accordo con molti studi, i disordini uterini con un’incidenza più elevata sono l’adenocarcinoma e l’iperplasia endometriale (Walter et al, 2010) (Kunzel et al, 2015). Le lesioni neoplastiche possono avere diverse origini cellulare, infatti in bibliografia sono riportati casi di adenocarcinoma, adenoma, leiomiosarcoma, leiomioma, emangioma e carcinoma a cellule squamose. Sicuramente l’adenocarcinoma costituisce la patologia tumorale uterina più frequente, colpendo alcune razze (Tan, French silver, Havana e Olandese) con un’incidenza del 50-80% nei soggetti con età maggiore di 4 anni (Quesenberry et al, 2020).

L’adenocarcinoma nella coniglia (Fig. 4.4) presenta due diversi sviluppi: infatti possiamo riconoscere una forma papillare e una forma tubulare\solida. Nel primo caso la neoplasia si infiltra nel miometrio e ne determina un assottigliamento, mentre nel secondo abbiamo un’invasione precoce dello strato muscolare senza evidenziarne un assottigliamento. Inoltre, lo studio immunoistochimico delle due tipologie tumorali ha messo in evidenzia la presenza di recettori cellulari per il progesterone e per gli estrogeni soltanto nella forma tubulare\solida. Ne consegue che tale forma neoplastica è sottoposta a stimolazione degli ormoni sessuali. In generale l’adenocarcinoma presenta un’invasione della parete uterina che può anche andare ad interessare gli organi circostanti all’interno della cavità peritoneale. È anche riconosciuta una diffusione metastatica per via ematica con il raggiungimento di polmoni, fegato, SNC e ossa con una tempistica di 1-2 anni (Weisbroth et al, 1994).

I primi segni clinici suggestivi di adenocarcinoma sono la presenza di ematuria o di scolo vaginale sieroemorragico, anche se in bibliografia non è remota la possibilità che le soggette non presentito tali sintomi: il 17% nello studio di Walter et al del 2010. Se siamo di fronte ad una coniglia impiegata nella riproduzione allora possono rendersi evidenti segni clinici come: diminuzione della fertilità, riduzione delle dimensioni della cucciolata, aumento dei casi di aborto e riassorbimento embrionale. Nelle fasi finali della malattia, quando avremo già lo sviluppo di metastasi polmonari, la coniglia può

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presentare depressione, anoressia, ascite e dispnea. La visita clinica mette in evidenzia la presenza di masse addominali per cui è necessario un approfondimento diagnostico mediante l’utilizzo della diagnostica per immagini. La radiografia addominale può mostrare una dilatazione dell’utero senza però riuscire a classificarla, mentre l’ecografia addominale permette di distinguere la presenza di masse uterine, andandone a valutare le dimensioni, l’aspetto e la localizzazione. L’esecuzione di un FNA ecoguidato, e quindi un’analisi istologica, permette di avere una diagnosi definitiva. È quindi essenziale eseguire una stadiazione neoplastica completa del paziente tramite una ecografia addominale, una radiografia toracica o un TC toracica, ultimamente sempre più utilizzata per l’elevata sensibilità nel rilievo di metastasi polmonari.

Fig. 4.4 Adenocarcinoma uterino (da: Quesenberry et al, 2020)

L’ovaristerectomia è la terapia chirurgica per l’adenocarcinoma uterino, tale tecnica, se eseguita negli stadi iniziali della patologia, presenta un tempo medio di sopravvivenza post-chirurgico di 22 mesi (Walter et al del 2010). Il follow-up dei pazienti è necessario per uno o due anni dopo l’intervento ad intervalli di 3 o 6 mesi, poiché la presenza di metastasi di piccole dimensioni può non essere rilevata nelle prime stadiazioni pre-chirurgiche. Purtroppo, non è riportata con successo nessuna chemioterapia per il trattamento di conigli aventi già metastasi polmonari (Meredith e

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Lord, 2014). Tenendo in considerazione l’elevata incidenza della patologia e la sua aggressività, è opportuno consigliare ai proprietari la sterilizzazione dei loro pet come tecnica preventiva.

Tra le più comuni patologie uterine non neoplastiche è presente l’iperplasia endometriale, condizione frequente negli animali con un’età maggiore di 4 anni (Saito et al., 2002). La possibilità che tale condizione sia un preludio allo sviluppo dell’adenocarcinoma uterino è ancora sotto esame. Sicuramente, come dimostrato nello studio di Walter et al del 2010, l’adenocarcinoma si può sviluppare indipendentemente dalla presenza o meno dell’iperplasia endometriale, ma non è possibile escludere una progressione maligna dell’iperplasia. L’iperplasia endometriale consiste nell’aumento dello spessore dell’endometrio in cui le ghiandole mucosali assumono una forma cistica, replete di muco, così come il lume uterino (Fig. 4.5)

Fig. 4.5 Iperplasia endometriale cistica

I sintomi clinici in corso di tale patologia sono aspecifici (ematuria, anemia, letargia ed anoressia) e possono mimare la presenza di un adenocarcinoma. E' opportuno però ricordare che nella maggior parte dei casi tale patologia non sviluppa segni clinici, per cui viene diagnosticata direttamente durante la sterilizzazione (Harcourt-Brown, 2017). Alla palpazione addominale è possibile sottolineare la presenza di un utero aumentato di dimensioni e dal profilo irregolare, e l’utilizzo dell’ecografia addominale mette in

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evidenza le alterazioni della parete uterina. In concomitanza all’iperplasia endometriale si può riscontrare la presenza di cisti mammarie ed ovariche (Meredith e Lord, 2014). Anche in questo caso l’ovaristerectomia è la terapia di elezione.

Da ricordare, fra le patologie uterine non-neoplastiche, sono l’idrometra e mucometra. Esse consistono nell’accumulo di liquido (Fig. 4.6) o di muco all’interno delle corna uterine; tale accumulo provoca un aumento della pressione addominale e di conseguenza anche una difficoltà respiratoria.

I segni clinici riferibili sono quindi un aumento della frequenza respiratoria, dilatazione e dolore addominale, perdita di peso e anoressia. Come sottolinea lo studio di Saito et al del 2002, le perdite sieroemorragiche vaginali e l’ematuria non sono sintomi che si presentano in corso di idrometra, al contrario dell’adenocarcinoma e dell’iperplasia, dove costituiscono i sintomi più frequenti.

Fig. 4.6 Idrometra (da: Quesenberry et al, 2020)

Alla palpazione addominale è possibile percepire l’organo repleto di liquido che alla percussione risponde con rumori di fluttuazione nel caso dell’idrometra. L’ecografia invece mostra il contenuto fluido o maggiormente denso, mucoide, all’interno dell’utero e per via ecoguidata è possibile effettuare una centesi per analizzare il liquido. Nel caso dell’idrometra, esso sarà un fluido trasparente, con un peso specifico

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basso, una conta cellulare ridotta ed un contenuto proteico moderato (Quesenberry et al, 2020). La terapia indicata per la risoluzione dell’idrometra e la mucometra è l’ovaristerectomia, ma è opportuno chiarire al proprietario che la mortalità è molto elevata per quanto riguarda l’idrometra. Infatti, sempre nello studio di Saito et al, le coniglie operate con idrometra hanno presentato un tasso di mortalità del 50%, e la presenza di alcuni sintomi, anoressia, emaciazione, disidratazione ed anemia grave, era maggiormente legata ad una prognosi negativa.

All’interno delle patologie non neoplastiche rientrano anche i prolassi uterini. Essi costituiscono una patologia post-partum della coniglia distinguibile dal prolasso vaginale tramite l’identificazione a livello del perineo di una o entrambe le cervici prolassate (Di Girolamo et al, 2019). Inoltre, il prolasso può essere classificato come parziale o completo a seconda della sola visualizzazione delle cervici o anche delle corna uterine. Lo studio di Di Girolamo del 2019 sottolinea come il rapido intervento sulla coniglia, entro le 24h dalla presentazione, sia positivamente associato all’outcome della paziente e descrive il trattamento della patologia. La porzione di organo prolassato viene sottoposta a un lavaggio con soluzione iodata diluita e successivamente lubrificata, per facilitare il riposizionamento. Contemporaneamente ad una delicata pressione esterna, tramite l’utilizzo di cotton fioc, è necessario eseguire una laparotomia per esercitare una trazione interna dell’organo (Fig. 4.7), permettendo così il riposizionamento e successivamente l’intervento di sterilizzazione.

Fig. 4.7 Trattamento prolasso uterino: pressione esterna contemporanea a trazione interna dell’organo (da: Di Girolamo et al, 2019)

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Le infezioni uterine, di cui fanno parte piometra e ascessi uterini, sono dovute ad una contaminazione batterica dell’organo. L’accoppiamento è una via di trasmissione dei batteri responsabili dell’infezione, ma essi possono giungere nell’utero anche per via ematogena o per via ascendete, a partire da una vaginite. Infatti, l’endometrite è una patologia che si riscontra non solo nelle coniglie in riproduzione, ma anche nelle nullipare. I batteri più comunemente isolati nelle infezioni uterine sono Pasteurella multocida e Staphylococcus aureus, mentre sono meno comuni Chlamydophila spp., Listeria monocytogenes, Moraxella bovis, Brucella melitensis, Salmonella spp. e Actinomyces pyogenes (Meredith e Lord, 2014).

I sintomi riscontrati nelle coniglie con infezioni uterine sono perdite vaginali mucopurulente, anoressia, letargia e dilatazione addominale. È comunque possibile che coniglie con infezioni uterine croniche non mostrino nessun sintomo evidente. Nei casi di coniglie utilizzate per la riproduzione, sicuramente la storia riproduttiva del pet è utile: sono comuni casi di difficoltà nella riproduzione, fenomeni di pseudociesi e parti recenti. Alla palpazione addominale l’utero manifesta una consistenza pastosa e tale procedura è da svolgere con estrema delicatezza dato che, nel caso ci sia una dilatazione grave dell’utero, le pareti sono ridotte nello spessore e molto fragili, a rischio rottura. La radiografia addominale, come abbiamo già visto in corso di altre patologie uterine, può mostrare l’utero aumentato di dimensioni con radiopacità dei tessuti molli-liquidi. Le diagnosi differenziali sono quindi innumerevoli ed è per questo che è necessario eseguire un’ecografia per caratterizzare la patologia. Inoltre, l’analisi ecografica permette di evidenziare ulteriori patologie concomitanti come masse, polipi o cisti che si manifestano frequentemente in associazione a condizioni infettive. Ulteriori approfondimenti diagnostici validi sono la citologia dello scolo vaginale e le analisi del sangue, che possono mettere in evidenzia uno stato di leucocitosi e insufficienza renale dovuta a deposito di amiloide nei conigli con infezioni croniche (Hofmann e Hixson, 1986). In corso di endometriti moderate è possibile intervenire con un’appropriata fluidoterapia, antiinfiammatori e antibiotici, possibilmente selezionati dopo aver eseguito un antibiogramma sulla coltura dello scolo vaginale. Invece, in corso di piometra, è necessario intervenire chirurgicamente (Fig. 4.8) poiché la consistenza del materiale purulento è molto densa e non è possibile tentare di “svuotare” l’utero con terapie mediche come avviene per il cane.

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Le complicazioni che possono verificarsi in corso di ovaristerectomia con piometra sono contaminazione batterica del sito chirurgico, emorragia dovuta alla rottura dei vasi uterini che possono essere prominenti e dilatati e presenza di aderenze con gli organi circostanti. La terapia medica coadiuvante alla chirurgia consiste sempre in una fluidoterapia intravenosa, trattamento antibiotico subito prima della chirurgia per ridurre il rischio di contaminazione e gestione del dolore.

Fig. 4.8 Ovaristerectomia in corso di Piometra (da: von Degerfeld et al, 2020)

La possibilità che più patologie uterine si manifestino contemporaneamente non è remota, come abbiamo già sottolineato nel caso di adenocarcinoma e iperplasia o piometra e masse tumorali. Ad esempio, la torsione uterina è una condizione che si verifica quando è presente un aumento del peso dell’organo come in corso di stati patologici (idrometra o endometrite) o gravidanza. La torsione uterina è una patologia infrequente nelle coniglie che porta ad uno stato di shock circolatorio distributivo. I sintomi riscontrati sono dilatazione addominale, cachessia e scolo vaginale se associato a endometrite o idrometra. La prognosi è grave e la terapia elettiva è quella chirurgica coadiuvata da quella medica: ovaristerectomia con fluidoterapia e gestione del dolore. Le patologie congenite riferibili all’utero della coniglia sono condizioni rare e molte volte costituiscono un reperto di tipo occasionale. Infatti, esse vengono di solito individuate direttamente in sala operatoria, durante la sterilizzazione, poiché non presentano una sintomatologia associata. Nella coniglia sono riportati casi di utero unicorne, atresia uterina e aplasia segmentale uterina (Thode e Johnston, 2009) (Sladakovic et al, 2015). Anche gli aneurismi venosi endometriali sono considerati di eziologia congenita e vengono descritti come: varici multiple, ricolme di sangue, la cui

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parete sottile può rompersi e determinare ematuria o un’emorragia anche fatale (Harcourt-Brown, 2017) (Fig. 4.9).

Fig.4.9 Visualizzazione della mucosa uterina con presenza di aneurismi venosi endometriali (da: Harcourt-Brown, 2017)

È una condizione più comune nelle coniglie giovani e di grosse dimensioni, in cui il segno clinico suggestivo di rottura dell’aneurisma consiste nella presenza di coaguli di forma cilindrica formati all’interno dell’utero e poi espulsi (Quesenberry et al, 2020). Altri segni clinici rilevati sono: imbrattamento di sangue del perineo e degli arti posteriori, aumento delle dimensioni dell’utero percepibile alla palpazione e vulva edematosa (Reimnitz et al, 2017). L’indagine ecografica ci permette di evidenziare la raccolta sanguigna e i coaguli all’interno dell’utero, mentre tramite l’emocromo e il biochimico valutiamo le condizioni di anemia e stress del paziente per poi stabilizzarlo prima di effettuare la chirurgia. Infatti, è l’ovaristerectomia la terapia di elezione.

4.4 Vagina

Le patologie vaginali possono essere classificate come neoplastiche, non-neoplastiche e congenite.

Il carcinoma vaginale costituisce una condizione neoplastica non molto comune nella coniglia e, nei pochi casi in cui è stato descritto, risultava essere associato all’adenocarcinoma uterino (Harris et al, 1947). L’associazione fra le due forme tumorali è stata attribuita alla comune stimolazione estrogenica e quindi alla patogenesi simile. Inoltre, in concomitanza è stata riportata la presenza di lesioni mammarie da cistiche, papillomatose e tumorali. Il carcinoma vaginale si sviluppa a livello della

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giunzione squamo-colonnare vaginale e, oltre ad essere testimoniata una invasività locale a livello dell’uretra e vescica, è stata evidenziata la potenzialità metastatica. Fegato, polmoni, omento, pericardio e diaframma, sono riportati come siti di diffusione metastatica. Per questo è essenziale, in seguito alla diagnosi di carcinoma,

eseguire una corretta stadiazione neoplastica come è stato descritto

nell’adenocarcinoma uterino. Anche se non esistono studi per quanto riguarda la terapia in corso di carcinoma, essendo la vagina della coniglia lunga è possibile tentare un approccio chirurgico mediante l’ovaristervaginectomia.

Fanno parte della categoria patologie non-neoplastiche le vaginiti le quali possono presentare aspetti differenti. All’interno dello studio di Bertram et al del 2018 sono segnalati sei casi di vaginite in cui si differenziano le vaginiti purulente e le vaginiti necrotizzanti. Come è già stato sottolineato, le vaginiti possono costituire la fonte di contaminazione batterica dell’utero per via ascendente.

Infine, le patologie congenite vaginali descritte in bibliografia sono Aplasie complete, che possono essere associate ad un accumulo di fluidi a livello dell’utero determinando quindi una idrometra, o atresie segmentali. Se non siamo di fronte ad una coniglia che fa parte di un programma di riproduzione, probabilmente tale condizione passa inosservata poiché non sono presenti sintomi riferibili. Infatti, sarà soltanto tramite una ecografia addominale o direttamente in sala operatoria durante una comune sterilizzazione che è possibile diagnosticare atresia e aplasia vaginale. Anche gli aneurismi della parete vaginale sono considerati patologie di origine congenita, e sono stati riscontrati per la prima volta in una coniglia, in associazione con gli aneurismi endometriali, nello studio di Bertram et al del 2018. Essi presentano la stessa sintomatologia e terapia riferibile alla patologia uterina.

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Capitolo 5: Gravidanza

L’utilizzo dell’ecografia permette di effettuare una diagnosi di gravidanza più precocemente e con maggiore sensibilità rispetto alla palpazione addominale. Infatti, la palpazione può essere eseguita dal 10° al 14° giorno di gravidanza con la possibilità di confondere le vescicole embrionali con pellet fecali (Sandford, 1996). Mentre tramite l’indagine ecografica è possibile evidenziare già al 7° giorno le blastocisti embrionali e all’8° le vescicole embrionali che si manifestano come aree anecogene di forma rotonda (Harcourt-Brown e Chitty, 2018). Attraverso l’utilizzo del doppler è possibile identificare il battito cardiaco dei feti dal 9° giorno, mentre sarà riconoscibile tramite B-mode a partire dal 12° giorno. L’ecografia risulta essere non solo utile nella diagnosi della gravidanza, ma anche per valutarne il decorso e la vitalità dei feti (Fig. 5.1) attraverso il rilievo dei battiti cardiaci.

Fig. 5.1 Ecografia feto 21° giorno (da: Krautwald-Junghanns et al, 2009)

In corso di gravidanza i controlli ecografici e radiografici sono essenziali per valutare il corretto svolgimento della gestazione. Prima del ventunesimo giorno di gravidanza possiamo parlare di riassorbimento embrionale, condizione già citata in precedenza, che si verifica anche fisiologicamente in base all’ordine gerarchico di cui fanno parte le coniglie. È opportuno però ricordare che il riassorbimento embrionale si può verificare anche in situazioni di stress e di non sufficiente apporto vascolare uterino. In

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seguito al ventunesimo giorno invece possiamo parlare di aborto, il quale ha un’eziologia ampia: infezioni, traumi, stress, predisposizione genetica, reazioni avverse a farmaci e stati carenziali nutrizionali come ipovitaminosi A, E e deficit proteico (Quesenberry et al, 2020). I batteri responsabili di aborto nella coniglia sono: Chlamydia, spp. Escherichia coli, Leptospira interrogans, myxomatosi, Mycoplasma spp., Staphylococcus aureus, Pasteurella multocida, Salmonella spp. e Listeria monocytogenes. Coniglie non gravide risultano essere resistenti alle infezioni da parte di Listeria, mentre nelle coniglie in gravidanza, negli ultimi stadi, tale batterio presenta un’affinità nei confronti dell’utero gravidico (Harcourt-Brown, 2017). Altri agenti eziologici responsabili di aborto possono essere Herpes virus e Toxoplasma gondii. Sicuramente è opportuno campionare feto e placenta in corso di aborto per effettuare analisi istopatologiche e definire la causa al fine di migliorare la gestione riproduttiva all’interno di allevamenti pet.

Oltre ad aborti e riassorbimenti embrionali, un particolare stato patologico riferibile alla gestazione è la gravidanza addominale. Essa consiste nello sviluppo fetale e la successiva mummificazione (Fig.5.2) che si verifica non più all’interno delle vie genitali, ma a livello della cavità peritoneale.

Fig.5.2 Massa addominale (freccia bianca) in una coniglia riferibile a feto mummificato in seguito a gravidanza addominale (da: Hughes, 2019)

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Tale condizione si può verificare primariamente o in seguito ad un trauma. Nella gravidanza addominale primaria non è presente una soluzione di continuo della parete uterina, ma l’embrione nei primi stadi di vita subisce un moto retrogrado all’interno delle tube uterine e, passando attraverso le fimbrie, si impianta a livello del peritoneo. Nel secondo caso invece si verificano dei traumi, anche in corso del parto, in cui l’utero si rompe e quindi abbiamo un’espulsione del feto nella cavità addominale. Non sono presenti segni clinici specifici correlati a tale condizione, infatti soltanto durante la palpazione addominale è possibile percepire il feto mummificato, ma è tramite la radiografia e l’ecografia che è possibile differenziarlo da masse di altra origine. La terapia prevede un approccio chirurgica, attraverso la rimozione delle aderenze create fra il feto e l’omento e il pacchetto intestinale.

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Capitolo 6: Semeiotica ecografica patologica

Nel capitolo precedente, nella maggioranza delle patologie descritte, l’ecografia viene riportata come mezzo diagnostico per eccellenza. Infatti, essa risulta essere una tecnica diagnostica che permette di caratterizzare le lesioni presenti a livello dell’apparato riproduttore, al contrario della radiografia che nella maggior parte dei casi mostra esclusivamente un ingrandimento di utero o di ovaie, dislocanti gli altri organi addominali. In più, al contrario di ulteriori mezzi diagnostici come TC o MRI, l’ecografia è una tecnica economia, non invasiva, in cui, come abbiamo già descritto, non è necessaria la sedazione nella maggior parte dei casi. Purtroppo, in bibliografia le descrizioni ecografiche delle patologie riproduttive nella coniglia sono limitate e quindi le informazioni a riguardo molto scarse. Il seguente capitolo si propone di raccogliere tali informazioni tramite un resoconto di casi report e articoli al fine di ottenere una visione generale sulla caratterizzazione ecografica delle patologie dell’apparato riproduttore nella coniglia.

Come è stato detto nel capitolo precedente, l’iperplasia endometriale e l’adenocarcinoma sono le patologie più comuni riferibili all’apparato riproduttore della coniglia. L’ecografia permette di identificare le lesioni parietali uterine, ma purtroppo non sono ancora stati individuati parametri ecografici che ci permettono di distinguere l’iperplasia endometriale dall’adenocarcinoma (Krautwald-Junghanns et al, 2009).

Le figure 6.1 A e B mostrano dei casi di iperplasia endometriale in cui la parete uterina appare aumentata di spessore e caratterizzata dalla presenta di lesioni rotondeggianti multifocali cistiche, a parete sottile, alcune con presenza di setti iperecogeni, replete da contenuto anecogeno. I due casi soprariportati si differenziano in base alla dimensione delle lesioni cistiche.

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Fig 6.1 Ecografia iperplasia endometriale con presenza di microcisti (A) e cisti di grandi dimensioni (B) (da: Krautwald-Junghanns et al, 2009)

L’aspetto ecografico dell’adenocarcinoma non permette di differenziarlo

dall’iperplasia endometriale in modo significativo. L’immagine 6.2 mostra un caso di adenocarcinoma uterino della coniglia dove effettivamente le caratteristiche ecografiche sono molto simili rispetto ai casi di iperplasia endometriale cistica: aumento dello spessore parietale con ecogenicità eterogenea. Generalmente però possiamo dire che le lesioni neoplastiche presentato una forma maggiormente rotondeggiante, di maggiori dimensioni e di aspetto più solido, ecogenico (Krautwald-Junghanns et al, 2009) (Fig.6.2).

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Fig 6.2 Ecografia Adenocarcinoma uterino (da: Krautwald-Junghanns et al, 2009)

La Piometra nella coniglia viene descritta ecograficamente all’interno di un caso report di von Degerfeld et al del 2020. Il caso preso in esame sottolinea come la diagnostica per immagini sia di primaria importanza per la diagnosi della patologia uterina: infatti l’ecografia permette di mettere in evidenzia segni ecografici diretti e indiretti. L’utero appare notevolmente aumentato di dimensioni, occupante la maggior parte dell’addome medio-caudale, responsabile della dislocazione craniale delle anse del piccolo intestino e del fegato. Le pareti uterine risultano essere ispessite e il contenuto luminale viene descritto come fluido ecogenico con presenza di spot iperecogeni, descrizione ecografica compatibile con la presenza di materiale purulento. Interessante è il confronto con l’utilizzo della tecnica radiografica nello stesso paziente: infatti prima dell’esame ecografico sono state eseguite delle radiografie Total Body VD e LL. Al contrario dell’ecografia, i rilievi radiografici mostrano esclusivamente un’effusione peritoneale e un’organomegalia, occupante l’addome mediocaudale, dislocante il cieco e il piccolo intestino cranio-ventralmente. La radiografia, quindi, non permette la craterizzazione delle patologie dell’apparato riproduttore, come è invece è possibile mediante l’ecografia, ma ci offre un’immagine del quadro generale delle condizioni addominali della coniglia. Tali considerazioni ci permettono di capire l’iter diagnostico

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corretto da eseguire in una coniglia con distensione addominale, con analisi radiografica iniziale e successiva ecografia addominale.

Un’ulteriore condizione patologica uterina identificabile con l’ecografia è l’idrometra. Il report di Hristov et al del 2017 descrive il caso clinico di una coniglia inizialmente trattata per stasi gastrointestinale e successivamente valutata ecograficamente, con l’identificazione di una idrometra. Le immagini ecografiche riportate nell’articolo (Fig.6.3) mostrano l’utero in sezione trasversale che presenta un diametro notevolmente aumentato di dimensioni (44,8 mm) e risulta essere repleto da liquido completamente anecogeno.

Fig 6.3 Ecografia idrometra (da: Hristov et al, 2017)

Oltre all’idrometra precedentemente diagnosticata, la successiva chirurgia mette in evidenzia a livello della biforcazione delle corna uterine la presenza di una massa neoplastica, che viene classificata come adenocarcinoma tramite esame istologico. Dunque, questo caso clinico permette di riflettere riguardo l’importanza di un esame ecografico completo, lungo tutto il decorso delle corna uterine, al fine di poter individuare più condizioni patologiche concomitanti essendo oltretutto frequenti nella coniglia.

Lo studio di Reimnitz et al del 2017 descrive e riporta le immagini ecografiche riferibili ad aneurisma venoso endometriale in una coniglia in cui inizialmente tali lesioni erano state identificate come Adenocarcinoma. I rilievi ecografici riferibili ad

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Aneurisma endometriale comprendono: corna uterine moderatamente distese con diametro aumentato, pareti uterine aumentate nello spessore e presenza di fluido ecogenico all’interno del lume (Fig.6.4).

Fig 6.4 Ecografia aneurisma venoso endometriale (da: Reimnitz et al, 2017)

A livello della parete è possibile evidenziare lesioni cistiche a contenuto ad ecogenicità eterogenea riferibile ad un trombo. Tale immagine potrebbe essere confusa con una

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massa parietale, ad esempio riferibile a adenocarcinoma o iperplasia endometriale, ma l’utilizzo dell’Eco Doppler, come ci insegna la medicina umana, potrebbe essere utile per differenziare un aneurisma andando ad evidenziare la presenza di un flusso pulsatile venoso. Inoltre, è utile effettuare delle ecografie sequenziali che mostrano la progressione della patologia nel tempo, con la formazione dei coaguli di sangue all’interno del lume e la variazione del pattern parietale. Quindi, le immagini riprese dallo studio sopracitato indicano con la lettera U le corna uterine distese e replete da fluido ecogenico, mentre l’asterisco sottolinea la presenza di una massa ecogenica all’inizio interpretata come una lesione neoplastica. La seguente analisi istologica dimostra che tale lesione è riferibile ad aneurisma venoso, mettendo in evidenzia la presenza di vasi venosi dilatati repleti da sangue coagulato.

Le patologie riferibili all’ovaio nella coniglia sono infrequenti, ed è forse per questo che le descrizioni ecografiche a riguardo sono scarse. Nel 1993 Johnson e Wolf descrissero un caso di piometra, in cui venne riscontrata contemporaneamente la presenza di lesioni ascessuali ovariche. Tale patologia fu possibile evidenziarla utilizzando l’ecografia: infatti le ovaie analizzate presentavano un aspetto multilobulato ed erano caratterizzate dalla presenza di lesioni cistiche, a parete ben definita, replete da materiale ad ecogenicità variabile.

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PARTE

SPERIMENTALE

7. 9. 10. 8. Materiali e metodi Casi clinici Discussione e conclusioni Risultati Introduzione 38

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Introduzione

Nel corso della storia, le tipologie di animali da compagnia hanno subito notevoli variazioni e il coniglio è passato da essere visto esclusivamente come animale da reddito, a vivere nelle case come pet. Infatti, ad oggi il coniglio costituisce il quarto animale da compagnia più diffuso in Italia e sono sempre più presenti allevamenti di conigli da compagnia, selezionati per bellezza e carattere e non per produttività. Pertanto, visto il crescente interesse nei proprietari a garantire a tali animali una vita sana e longeva è opportuno che la medicina veterinaria accolga queste richieste e che formi una figura specializzata nella cura del coniglio. La specie cunicola presenta numerose peculiarità per quanto riguarda l’anatomia e la fisiologia, ed è per questo che molteplici patologie, e di conseguenza le cure necessarie correlate, sono specifiche del coniglio. Fra le patologie più comuni che interessano le coniglie rientrano le forme morbose riferibili all’apparato riproduttore femminile, in modo particolare all’utero. Ovviamente la sterilizzazione costituisce il mezzo primario di prevenzione, ma non sempre i proprietari sono favorevoli a tale pratica chirurgica ed è per questo che dobbiamo essere in grado di fornire delle alternative. Il frequente monitoraggio dell’apparato riproduttore della coniglia costituisce ad oggi l’unica alternativa per diagnosticare precocemente forme patologiche. La diagnostica per immagini, e quindi l’ecografia, presenta una importanza primaria per quanto riguarda il controllo dell’apparato riproduttore, poiché è una tecnica non invasiva, economica ed altamente sensibile, in grado di rilevare lesioni prima ancora che il paziente manifesti una sintomatologia. E’ però da tenere in considerazione, circa l’ecografia nel coniglio, la scarsissima quantità di informazioni che la bibliografia fino ad ora ci fornisce. Infatti, al contrario di quanto riguarda il cane o il gatto, i libri o gli articoli pubblicati sono di numero notevolmente ridotto ed alcune volte le informazioni riportate sono sommarie e poco specifiche (Banzato et al, 2014) (Harcourt-Brown e Chitty, 2018) (Krautwald-Junghanns et al, 2009).Lo scopo del lavoro seguente consiste nel fornire una descrizione completa e dettagliata dell’apparato riproduttivo della coniglia mediante l’ecografia, al fine di disporre delle informazioni necessarie per distinguere un aspetto ecografico fisiologico da uno patologico. In più sono presentati alcuni casi patologici per evidenziare le alterazioni ecografiche riferibili a particolari stati morbosi e quindi sottolineare le conseguenti differenze con le immagini fisiologiche.

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Capitolo 7: Materiali e metodi

Lo studio prospettico è stato condotto all’interno dell’Ospedale Didattico Veterinario Mario Modenato, in un arco di tempo compreso fra settembre e dicembre 2020. Sono state incluse nello studio 15 conigli femmina, non sterilizzate, con un’età fra i 2 mesi e i 9 anni, di razze differenti: 5 ariete nani, 1 angora, 2 testa di leone e 7 conigli nani. Tutte le coniglie presentano un proprietario che ha sottoposto su base volontaria il proprio pet alla visita ecografica e sono state incluse esclusivamente le coniglie sane, sulla base dell’anamnesi riportata e della visita clinica.

Nessun paziente è stato sedato per l’esecuzione dell’ecografia e in tutti casi è stato possibile eseguire il controllo agevolmente con il solo contenimento manuale: afferrando il torace del coniglio con una mano e ponendo l’altra a supporto delle vertebre lombari, posizionando così il coniglio in decubito dorsale sul tavolo ecografico e facendo quindi scorrere la seconda mano dalla schiena agli arti posteriori. In ogni caso è stata eseguita la tricotomia a partire dal processo xifoideo dello sterno fino al pube e lateralmente dalla metà della larghezza della gabbia toracica alle creste iliache. Sono stati utilizzati alcol, in piccole quantità, e gel acustico e l’animale è stato posizionato in decubito dorsale.

L’esame ecografico è stato eseguito mediante l’utilizzo dell’ecografo Canon Aplio a CUS-AA000 e della sonda lineare PLT-1204BT con una frequenza di 12 MHz. Le ovaie sono state visualizzate sia in sezione longitudinale che in sezione trasversale e i parametri mediante i quali sono state valutate sono: altezza, lunghezza, larghezza, ecogenicità ed ecostruttura. Tramite una sezione longitudinale sono state visualizzate le corna uterine, sia destra che sinistra, e di tali strutture è stato misurato lo spessore dell’organo e valutate le pareti e il contenuto luminale. Le cervici sono state identificate mediante il piano di sezione trasversale ed è stato possibile misurarne la larghezza e valutarne parete e contenuto luminale. L’ultimo organo esaminato è la vagina, visualizzata in sezione longitudinale in cui è stato possibile misurarne lo spessore e valutarne parete e contenuto luminale.

Per quanto riguarda lo studio clinico dei casi patologici sono state selezionate quattro coniglie sottoposte ad un controllo ecografico presso l’ospedale didattico veterinario Mario Modenato, nel periodo fra ottobre e dicembre 2020. La visita ecografica è stata condotta con le stesse modalità descritte precedentemente nello studio delle pazienti

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fisiologiche. In tutti i casi la visita ecografica ha permesso di effettuare diagnosi di patologie riferibili all’apparato riproduttore femminile: iperplasia endometriale cistica, cisti ovariche e raccolta uterina e neoplasia uterina.

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Capitolo 8: Risultati

Delle 15 coniglie valutate ecograficamente, in 2 pazienti, rispettivamente di 2 e 4 mesi, non è stato possibile visualizzare l’apparato riproduttore. Nelle restanti 13 coniglie l’esame ecografico si è svolto in un tempo di 10-15 minuti, in cui le soggette non hanno mostrato nessun segno di intolleranza al contenimento manuale e l’ecografia si è svolta agevolmente. Nelle 13 coniglie sono stati valutati ovaio destro e sinistro, corno uterino destro e sinistro e cervice uterina. In nessun soggetto è stato possibile identificare ecograficamente le tube uterine e soltanto in 5 coniglie è stata visualizzata la vagina. Durante l’esame ecografico, 3 delle 13 pazienti hanno mostrato segni ecografici inequivocabilmente riferibili a condizioni patologiche e quindi sono state escluse dal gruppo delle restanti 10 pazienti che presentavano un apparato riproduttore di aspetto fisiologico. Le pazienti patologiche avevano un’età di 5, 6 e 9 anni.

La procedura tecnica impiegata per l’analisi dell’apparato riproduttore prevede come punto di partenza l’individuazione del rene da cui poi, spostandosi caudo-lateralmente, è possibile evidenziare l’ovaio. Posizionando la sonda in longitudinale e dirigendosi caudo-medialmente è possibile analizzare tutto il decorso delle corna uterine, seguendole fino alle cervici posizionate dorsalmente alla vescica e ventralmente al retto. Continuando il percorso in senso caudale è poi possibile individuare la vagina posizionata fra vescica e retto.

Tutte le ovaie erano posizionate caudalmente al polo caudale del rene ipsilaterale e presentavano una forma ovale a margini netti. I risultati relativi ai parametri ecografici delle 20 ovaie, riferibili alle 10 soggette sane, sono riportati all’interno della Tabella 1 e 2. Per quanto riguarda le dimensioni, l’ovaio sinistro presentava come media di lunghezza 9.03 mm ± 1.19, di altezza 3.38 mm ± 0.7 e di spessore 4.98 mm ± 0.9. Mentre ovaio destro riscontrava una media della lunghezza pari a 10.28 mm ± 1.7, dell’altezza 3.49 mm ± 0.5 e dello spessore 5.15 mm ± 0.6.

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