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I "prototipi" e la vocazione teatrale. Architetture per l'hinterland: teatri e pseudoteatri

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guido

canella

1931-2009

Nato a Bucarest nel 1931, e scomparso

a Milano nel 2009, Guido Canella

è stato uno dei protagonisti più importanti e originali dell’architettura italiana del dopoguerra.

Allievo di Ernesto Nathan Rogers

e di Giuseppe Samonà con i quali, a Venezia e a Milano, nei primi anni Sessanta comincia una quasi cinquantennale attività universitaria, Canella ha sempre affiancato alla pratica di progettista, autore

di capolavori riconosciuti degli ultimi decenni, la riflessione teorica, l’attività di organizzazione culturale, la ricerca e l’insegnamento universitari, scrivendo libri e saggi di profonda cultura,

curando collane editoriali, promuovendo e dirigendo riviste come «Hinterland» e «Zodiac».

Professore Emerito al Politecnico di Milano e presidente dell’Accademia Nazionale di San Luca nel biennio 2007-2008, il suo lavoro di docente e di architetto testimonia di atteggiamento rigoroso e intransigente, con la pubblicazione di studi e scritti che sono stati centrali nel dibattito architettonico italiano del dopoguerra, e con la realizzazione di opere la cui ostinata volontà di forma si fa veicolo delle implicazioni morali e civili della ricerca architettonica.

guido canella 1931-2009

a cura di

enrico Bordogna, gentucca canella, elvio Manganaro

1098.2.32

42,00 (U)

Il volume costituisce una riflessione approfondita, di architetti e di storici, sulla figura e l’opera di questo maestro della cultura italiana del progetto, al quale la Scuola di Architettura Civile

del Politecnico di Milano nel mese di gennaio 2012 ha voluto dedicare un convegno internazionale di studi, a riconoscimento del suo insostituibile contributo alla costruzione del proprio progetto culturale.

In un proficuo confronto di autori e punti di vista anche generazionalmente differenziati, nelle pagine del volume i saggi di alcuni dei principali protagonisti dell’attuale architettura italiana

si affiancano alle riflessioni originali e ravvicinate di colleghi del Politecnico di Milano e agli studi di giovani ricercatori che l’hanno avuto come docente

nelle aule delle facoltà e dei dottorati italiani, mentre gli scritti di importanti studiosi stranieri collocano il contributo di Canella nell’ambito dell’architettura internazionale. Un ricco apparato iconografico delle opere e dei progetti accompagna i testi scritti, facendo di questo volume uno strumento prezioso per approfondire criticamente la figura e l’opera di Guido Canella e tramandare anche alle generazioni più giovani la sua lezione e la sua originale visione dell’architettura.

Il volume prosegue la serie promossa dalla presidenza della Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano, inaugurata con quello dedicato a Ernesto Nathan Rogers in occasione del centenario della nascita.

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scritti di:

Michele Achilli, Cesare Ajroldi, Aldo Aymonino,

Lucio Valerio Barbera, Marco Biagi, Salvatore Bisogni,

Pellegrino Bonaretti, Ilario Boniello, Enrico Bordogna, Sergio Brenna,

Marco Canesi, Domenico Chizzoniti, Giorgio Ciucci, Jean-Louis Cohen,

Giancarlo Consonni, Aurelio Cortesi, Stefano Cusatelli, Claudio D’Amato,

Armando Dal Fabbro, Anna Del Monaco, Marco Dezzi Bardeschi,

Giuseppe Di Benedetto, Vincenzo Donato, Gianni Fabbri, Massimo Ferrari,

Gianluca Ferreri, Luisa Ferro, Lodovico Festa, Giorgio Fiorese, Elio Franzini,

Paola Galbiati, Jacques Gubler, Gino Malacarne, Elvio Manganaro,

Maurizio Meriggi, Antonio Migliacci, Antonio Monestiroli, Luca Monica,

Renato Nicolini, Costantino Patestos, Claudio Pavesi,

Federica Pocaterra, Ricardo Porro, Paolo Portoghesi, Enrico Prandi, Franco Purini,

Carlo Quintelli, Gundula Rakowitz, Bruno Reichlin, Luciano Semerani,

Gian Paolo Semino, Daniel Sherer, Angelo Torricelli,

Daniele Vitale, Paolo Zermani

GuIDo

CANELLA

1931-2009

a cura di E

nrico

B

ordogna

, g

Entucca

c

anElla

, E

lvio

M

anganaro

FRANCOANGELI

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Progetto grafico e impaginazione 46xy studio

Copyright © 2014 by FrancoAngeli s.r.l., Milano, Italy.

Ristampa Anno

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Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali (www.clearedi.org; e-mail autorizzazioni@clearedi.org).

Stampa: Geca Industrie Grafiche, via Monferrato 54, 20098 San Giuliano Milanese.

Il presente volume trae origine dal convegno internazionale dedicato nel gennaio 2012 alla figura e all’opera di Guido Canella dalla Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano, di cui negli apparati si ripor-tano programma e colophon.

Tutti gli interventi allora svolti sono stati rielaborati e ampliati dai rispettivi autori per la pubblicazione di questo volume.

I due inserti delle illustrazioni documentano rispettivamente le principali opere realizzate (figg. 1-41) e i principali progetti e concorsi (figg. 42-82).

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INDICE

9 11 13 16 23 38 43 51 62 69 74 79 123

2. GUIDO CANELLA NELL’ARCHITETTURA ITALIANA DEL SECONDO NOVECENTO

Guido Canella e Milano

Ada Lucia De Cesaris

Guido Canella al Politecnico

Giovanni Azzone

Guido Canella all’Accademia Nazionale di San Luca

Guido Strazza

Guido Canella e la Scuola di Architettura Civile

Angelo Torricelli

L’architettura civile di Guido Canella

Paolo Portoghesi

L’architettura del fuoriscala in Canella e Rossi

Giorgio Ciucci

Guido Canella e lo spazio teatrale

Gino Malacarne

Per un’architettura impura

Lucio Valerio Barbera

Concours international opéra de la Bastille

Aurelio Cortesi

Canella fuori da Milano

Aldo Aymonino

Architettura come narrazione epica

Gianni Fabbri

Monumenti alla periferia: ovvero l’archetipo nascosto (ma non troppo)

Marco Dezzi Bardeschi

Il sodalizio professionale

Michele Achilli

Nota sul sacrificio del classico

Paolo Zermani

Guido Canella, l’ultimo architetto nel Novecento

Franco Purini

L’espressione necessaria

Antonio Monestiroli

Scuole a confronto: filosofia e architettura a Milano

Elio Franzini

Guido Canella come l’ho conosciuto, di persona e attraverso le sue opere. un itinerario fra Terni, Roma e Milano

Claudio D’Amato

L’eretico permanente

Renato Nicolini

L’espressionismo di Guido Canella nella formazione della metropoli contemporanea

Salvatore Bisogni

Guido Canella e alcuni passaggi della politica culturale di Milano

Lodovico Festa

Canella e il rapporto con la storia

Cesare Ajroldi

Guido Canella. “Cercare di comprendere e cercare di farsi comprendere”

Luciano Semerani

Architetture per l’hinterland: Pieve Emanuele e Segrate

Domenico Chizzoniti Elvio Manganaro 126 131 139 146 152 157 163 167 173 181 190 197

3. CONSERVARE LA NOSTRA TRADIZIONE: IL LASCITO DI GUIDO CANELLA E LE GENERAZIONI PIù GIOVANI 1. GUIDO CANELLA. IL PENSIERO, L’OPERA,

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4. LA RICERCA, LA SCUOLA, LA PASSIONE EDITORIALE

5. GUIDO CANELLA NELL’ARCHITETTURA INTERNAZIONALE

APPARATI

Dal vissuto: esperienze di ricerca dall’attività universitaria ai progetti per concorsi

Vincenzo Donato

Funzione e espressione nell’architettura: progetto di città o costruzione di edifici?

Sergio Brenna

L’opera scritta di Guido Canella come progetto di architettura: un primissimo approccio

Costantino Patestos

un ricordo

Antonio Migliacci

Il presupposto strutturale nell’architettura di Guido Canella

Enrico Bordogna

Guido Canella. Architettura come allegoria

Daniele Vitale

Milano-Mosca: le attese di Guido Canella

Jean-Louis Cohen

Guido Canella, saggista della “Scuola di Milano”

Jacques Gubler

Guido Canella, l’architetto dell’hinterland

Bruno Reichlin

Progetto urbano e figurazione architettonica: Guido Canella, o.M. ungers, Colin Rowe

Daniel Sherer

Hommage à Guido Canella

Ricardo Porro

Biografia Bibliografia

Crediti opere realizzate Crediti progetti Referenze fotografiche Crediti convegno e mostra Indice dei nomi Architetture per l’hinterland:

Bollate, Pioltello, Peschiera Borromeo

Marco Biagi Maurizio Meriggi

Architetture per l’hinterland: teatri e pseudoteatri

Paola Galbiati Luca Monica

Architetture per l’hinterland: edifici per la scuola

Gianluca Ferreri Enrico Prandi

Architetture per l’hinterland: edifici per il culto

Luisa Ferro Federica Pocaterra

Architetture extra moenia: Parma, Ancona, Pescara

Stefano Cusatelli Claudio Pavesi

Architetture extra moenia: concorsi veneziani

Ilario Boniello Massimo Ferrari

Architetture extra moenia: progetti per Bari

Giuseppe Di Benedetto

Architetture extra moenia: un’opera romana

Anna Del Monaco

Guido Canella al Dottorato di Venezia

Armando Dal Fabbro Gundula Rakowitz

Le ricerche fondative degli anni ’60. La lotta con l’angelo di un lombardo in rivolta

Giancarlo Consonni

Due concorsi: università della Calabria e Uffici Regionali di Trieste

Giorgio Fiorese

Dopo la sospensione ministeriale (1971-74): la ricontestualizzazione su Milano, tra periferia storica e hinterland

Gian Paolo Semino

Progetti per il Sud, tra città di fondazione e nuova area del Mediterraneo

Marco Canesi

L’altra Milano di Guido Canella: funzioni culturali centrali e direttrice nordovest

Pellegrino Bonaretti

Guido Canella e la fondazione della Facoltà di architettura di Parma

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Luca Monica

Architetture per l’hinterland: teatri e pseudoteatri

I “prototipi” e la vocazione

teatrale

Luca Monica

Nel lavoro di Guido Canella il tema dell’architettura teatrale si ri-trova in molte forme e vorremmo poterne ancora parlare ora con lui, ascoltando il suo punto di vista, su alcune nostre sollecitazioni che in particolare riguardano l’origine, l’inizio di certi suoi disegni e studi, cercando di capire come si è costruito un paradigma figurati-vo e teorico, nella sua concezione di tipologia, proiettato verso una autentica originalità di tutta la sua opera, dove non sono disgiunti l’operare attraverso il disegno del progetto e la sua realizzazione, la ricerca e l’insegnamento.

La fase di inizio dell’opera di Canella ci appare oggi molto inte-ressante poiché nella sua costruzione teorica e didattica sottintende l’autentica ricerca di una poetica e di un linguaggio formale perso-nale che riconosciamo evidente fin da un primo sguardo. Questa sua sintesi iniziale, che è un carattere comune a molti della sua genera-zione e che li inserisce da subito nella grande corrente dell’architet-tura di sempre, è forse la lezione più importante da poter ripercorre-re oggi, producendo nuovi studi e un concripercorre-reto avanzamento rispetto al suo lavoro. E se oggi dobbiamo continuare a insegnare architet-tura, ritengo personalmente sia molto utile farlo a partire da questi principi, senza nostalgia.

In questo senso i primi teatri disegnati da Guido Canella per Il

sistema teatrale a Milano, il libro pubblicato nel 1966 (riferito alle

esperienze didattiche del corso di progettazione tenuto con Ernesto Nathan Rogers nel biennio dal 1964 al 1966 sul tema del teatro), sono i celebri prototipi didattici, nei quali Canella fissava due punti di vi-sta: quello del «teatro palese» e quello del «cripto-teatro», quest’ulti-mo un concetto che poi si evolverà nel termine di «pseudoteatro»1.

Si legge ne Il sistema teatrale: «Si è ritenuto necessario osser-vare il sistema teatrale da due punti di vista: quello del “teatro pa-lese” e quello del “cripto-teatro”. Ove per teatro palese sono intese le forme tradizionali dello spettacolo e per cripto-teatro quelle for-me latenti di teatro indotte da altre funzioni, secondo quel processo di integrazione funzionale, e quindi fisica, in atto nell’attuale fase tecnologica»2.

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Il ragionamento proseguiva poi con altri due termini, quelli di «consolidamento» e «integrazione», dove il primo termine era rife-rito all’interno del problema del teatro moderno, sulla drammatur-gia, sulla possibilità di far rivivere il teatro in forme nuove, a partire dalla celebre frase di Mejerchol’d: «Se il teatro di oggi non muore, significa che contiene ancora succhi vitali. Uccidilo, se è un caso disperato, ma rafforzalo se non è privo di vitalità»3.

Nell’architettura moderna, dunque, la sopravvivenza del teatro attraverso nuove necessarie forme, sarebbe stata pertanto condi-zionata da una “integrazione” con funzioni anche esterne al teatro, prima di tutto pubbliche (scuole, scuole dell’obbligo, università), ma anche private (servizi alla mobilità, commerciali, eccetera).

A partire da questi assunti, i quattro progetti di prototipi per il sistema teatrale declinano in diverse articolazioni sia la funzio-ne specifica del teatro, disegnata a partire dal proprio interno (per esempio nella sala che appare in trasparenza nel prototipo n. 2), sia le funzioni esterne che di volta in volta vengono aggregate (istituto superiore di studi umanistici, facoltà di lettere, scuole superiori, dell’obbligo, centro commerciale, eccetera).

In un altro passo viene richiamato questo rapporto tra interno ed esterno.

«L’ipotesi tipologica tende ad esprimere la continuità della “te-atralità” dallo stato interno ai vari cicli (mimesi, gioco drammatico, dizione, eccetera) ad uno “spazio teatrale” esterno, costituito da un grande invaso ad anfiteatro. Esso è, da un lato, luogo di tangenza o addirittura, d’incontro dei percorsi principali dell’interscambio, al-timetricamente variato, su cui si affacciano i bar, le vetrine di alcuni negozi; dall’altro è il campo scolastico su cui prospettano il secondo e il terzo ciclo, l’aula magna e dove si svolgono le attività all’aperto, i saggi sportivi, eccetera [...]. Il grande invaso è sostenuto (anche dal punto di vista fisico, come contrafforte) dalle funzioni e viene dalle stesse, per così dire, generato»4.

Una ulteriore questione riguarda lo scopo didattico di questi studi. Canella afferma che sono disegni predisposti con rapidità, concentrati sulla composizione tipologica dei congegni e dei di-spositivi, considerando il grado di trasmissibilità, nella scuola e nell’insegnamento.

«Ma il termine “didattico” sta forse a significare, inconsciamen-te, anche una riserva autocritica che concerne il grado di schemati-cità, o se si vuole, di approssimazione dell’espressione architettoni-ca. Dire, però, che di ciò si sia convinti non è esatto. Si ritiene, cioè, che pur nei lineamenti rapidi, le ipotesi presentate contengano il sigillo dell’idea architettonica»5.

È questo particolare termine: «sigillo», che ci attrae e che senz’altro preannuncia una possibilità, incorporata in questi dise-gni, di prefigurazioni architettoniche autentiche di Canella e che ritroveremo in tutto il suo operare futuro. In pratica ne introduce

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Luca Monica

una futura propria necessaria poetica. Infatti, oltre alla serie di di-segni al tratto pubblicati sul libro, esiste anche una ulteriore serie di cinque tavole colorate, dalle quali appaiono anche le forti passio-ni espressive di Canella, sia per i topassio-ni del cromatismo della pittura lombarda che per le astrazioni delle avanguardie suprematiste.

Nel progetto realizzato per il Centro servizi di Pieve Emanuele, iniziato nel 1968, due soli anni dopo i prototipi del sistema teatrale, possiamo osservare, riscritto e costruito, il paradigma tipologico appena descritto, ritrovando aperto, dunque, il “sigillo” della sua idea architettonica. In questo complesso di edifici si contano alme-no quattro “pseudoteatri”.

Il primo è senz’altro formato dalla piazza al centro quadrilate-ra e gquadrilate-radonata formata dagli affacci dei diversi edifici; il secondo è la scuola, che contiene all’interno una palestra con tribuna-teatro all’intradosso del segmento gradonato della piazza; il terzo è la scuola materna a pianta rotonda, che pur piccola contiene una vera e propria cavea semicircolare; il quarto è infine l’aula religiosa del complesso parrocchiale, alla quale si accede come in una cripta, dal basso, accentuando il percorso di decontestualizzazione dell’aula teatrale, ricostruendo il passaggio processionale verso i “luoghi de-putati” di un rituale teatrale tardoantico.

Qui il cemento armato che Canella utilizza appare (come nella sintesi corbuseriana) il materiale da costruzione più arcaico e mo-derno, appropriato e adeguato a trasferire dalla concezione classica del teatro alla concezione moderna dell’architettura le volumetrie, i chiaroscuri, i piani costruttivi, con le travature sempre estradossa-te. Il cemento armato come l’unica materia di sempre nella cultura moderna, così come la pietra formava le architetture antiche.

Il Municipio di Pieve Emanuele, del 1971, segue un procedimen-to diverso e ha al suo interno un nodo spazialmente complesso che unisce differenti teatri. L’idea di teatro di Canella compie in questo edificio un ulteriore passo avanti nel senso di un approfondimento con l’aggiunta e l’inclusione di alcuni aspetti figurativi e visivi della drammaturgia moderna.

Il nodo centrale dell’edificio comprende in alto, sospesa, l’aula consiliare che diventa teatro con balconata e cabina di proiezione e che si affaccia sulla piazza soprelevata con un grande architrave-timpano cubisticamente scomposto (alla Maillart) in lastre strut-turali in cemento armato. La piazza è la copertura della palestra sottostante, rilevata con gradinate laterali per consentirne l’uso come piccolo palazzetto dello sport, con una testata interna a loggia tra le torri-scala organizzate come una scena fissa aperta sul retro e condivisa con i passaggi di distribuzione degli uffici comunali.

Questo nodo spaziale-funzionale, percepibile per frammenti, risulta molto chiaro dai disegni di sezione e dalla simultaneità delle riprese fotografiche, o, anche, da alcune foto di cantiere sempre ri-maste inedite per volere di Canella stesso.

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Una bella fotografia in bianco e nero di Carla De Benedetti dell’edificio appena completato riprende invece centralmente la scena fissa interna alla palestra, con gli attrezzi ginnici e l’illumi-nazione naturale in controluce. Il quadro è esplicitamente una sce-na teatrale che, come acutamente aveva osservato tempo fa Enrico Bordogna, è rivelatrice di un riferimento molto diretto alle matrici figurative del teatro dell’Espressionismo tedesco.

«Ignoro se si tratti di un riferimento esplicito o se sia semplice-mente una mia suggestione, ma ho sempre associato l’affaccio delle balconate di attesa degli uffici municipali di Pieve sul vuoto della palestra a certe immagini della scena controluce a più piani di Oplà,

noi viviamo! di Ernst Toller, allestito da Piscator nel suo teatro di

Berlino del 1927»6.

Il riferimento è senz’altro per gli aspetti visivi e formali, ma anche per una questione caratteristica del teatro dell’Espressioni-smo, cioè la capacità di riportare in modo molto diretto e con una forte carica di realismo le diverse componenti e classi della società, con la drammaticità dei loro conflitti e dissidi.

La questione della cifra espressionista dell’opera di Canella è stata richiamata da molti e con giusta proprietà, osservando la sua adesione ma anche le differenze. L’Espressionismo aveva in sé

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Luca Monica

specchio di una società disperata descritta con un realismo molto costruito nel macchinario dei dettagli, come nel dramma racconta-to da Ernst Toller, già molracconta-to noracconta-to fin da subiracconta-to e tra i più significativi di questa grande stagione drammaturgica. Ma al di là di questo esi-to narrativo tragico, va ribadiesi-to che nell’opera di Canella il richia-mo espressionistico assume un risvolto positivo, di riscatto di vita individuale nella società, di fiducia e di riforma anche attraverso l’architettura.

Nel 1951 a Milano, al Piccolo Teatro, Giorgio Strehler riporta in scena quest’opera con un’immagine che riprende quella del-la scenografia piscatoriana, anche se acerba visivamente rispet-to a quelle raffinatissime del periodo più maturo e anche se priva del controluce originario. Viene ripresa cioè la struttura a telaio e scale per una scena a più piani in un’immagine che, senz’altro non casualmente, ritorna tra le diapositive che Canella raccoglie in una pubblicazione didattica per il corso prima citato del 1966 dedicato al teatro. Questa era una raccolta antologica, Montaggio didattico:

Architettura, città e teatro moderno, organizzata come una

sceneg-giatura a più voci, realmente messa in scena e proiettata alla Facol-tà di architettura in quell’anno con attori e docenti, dove le ragioni dell’architettura e della drammaturgia dialogavano tra loro.

È forse probabile ritenere che Guido Canella avesse dunque vi-sto quevi-sto allestimento dell’opera di Toller a Milano, e comunque è vero che la cultura drammaturgica a cui attinge il Piccolo Teatro di Milano, diretto da Paolo Grassi e Giorgio Strehler, a partire da quegli anni inizia da una rilettura dei testi fondamentali del teatro dell’Espressionismo tedesco, proprio perché attraverso lo sguardo di questa cultura anche visiva e di nuovo realismo politico, di tra-dizione e modernità dammaturgica, si sono potuti leggere meglio quelli che sono stati i dissidi della società di allora. Nell’azione in-tellettuale del Piccolo Teatro troviamo reimmesse queste conce-zioni in una cultura contemporanea, di riscatto e di nuovo progres-so in un’idea democratica e moderna della città di Milano, coltivata anche attraverso una nuova espressione figurativa.

Canella ripeteva spesso che la visione della periferia della città da un piano rialzato rispetto alla campagna dava un senso di distac-co epidistac-co che ne poteva suggestionare una propria poetica, anche figurativa. Così la piazza rialzata del Municipio di Pieve Emanuele, come la visione di alcuni tra i migliori episodi del neorealismo cine-matografico introducono a un ulteriore aspetto della drammaturgia presente nell’architettura di Guido Canella.

Tra le immagini di frequente riportate da Canella, appaiono quelle relative alla visione cinematografica del neorealismo italiano e soprattutto la sua successiva trasfigurazione epica, di Rossellini e Pasolini, più degli altri, dove realismo ed espressionismo si fondo-no nella ricerca di un riscatto sociale e democratico, nella fotografia che cattura lo sguardo vivo dei gesti di sempre di una comunità,

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da-vanti uno sfondo di città antiche, solari e bianche, o periferie viste da sguardi inattesi e di inaspettata bellezza quotidiana: «Trovo as-sai interessanti l’uso metaforico che il “primo” Pasolini e il Buñuel dei film “poveri” fanno dell’archeologia del comportamento e la riduzione essenzialmente storica dell’“ultimo” Rossellini, spesso ritenuta didascalica e, perciò, lontana dal “film d’arte”»7.

Completando l’itinerario dall’interno e dalla drammaturgia, verso l’esterno e l’architettura e la città, concorrono altre immagini alla sua concezione della forma dei “teatri” e degli “pseudoteatri”. I disegni di Adolphe Appia per le scene di Spazi ritmici, del 1909, che Canella ben conosceva e amava, rappresentano essi stessi ar-chitetture di teatri, memori della tradizione arcaica, dal Palazzo di Cnosso al teatro di Dioniso ad Atene – quest’ultimo un vero e proprio “architeatro”, secondo la definizione dell’archeologo Carlo Anti – definiti attraverso la grandezza dello spazio prima ancora che attraverso la drammaturgia.

Sperimentalmente, attraverso modelli ricostruttivi esegui-ti recentemente con gli allievi, i protoesegui-tipi didatesegui-tici per il sistema teatrale a Milano, ricordati all’inizio, possono essere riguardati mettendo in luce da altri angoli visivi la loro ricchezza spaziale e di dispositivo tipologico. E così facendo viene anche messa in luce la prefigurazione di successive architetture, cercando di aprire il “sigillo” dell’architettura futura di Guido Canella attraverso la sua “vocazione teatrale”.

Note

1 Tra i diversi scritti di Guido Canella sul tema della tipologia teatrale, si ricordano quelli che hanno sviluppato questo duplice risvolto: Il sistema teatrale a Milano, in par-ticolare il capitolo Un’ipotesi sul futuro del sistema teatrale a Milano, Dedalo libri, Bari 1966, dove viene introdotta la distinzione tra “teatro palese” e “cripto-teatro”; Teatri e pseudoteatri, in «Zodiac», n. 2, 2° semestre 1989, pp. 70-93, in cui viene introdotto il termine di “pseudoteatro”; Un teatro di tradizione per Taranto, in «Zodiac», n. 2, cit., p. 136 e ss.; Il teatro nell’architettura, in AA.VV., La città del teatro, a cura di C. Quintelli, Abitare Segesta, Milano 1995, pp. 200-205.

2 G. Canella, Il sistema teatrale a Milano, cit., p. 165.

3 V.E. Mejerchol’d, Teatro passato, presente e futuro, 1908, ora in Idem, La rivoluzio-ne teatrale, Editori Riuniti, Roma 2001, p. 114. La citaziorivoluzio-ne è riportata da Carivoluzio-nella in Montaggio didattico n. 1: Architettura, città e teatro moderno, Milano 1965.

4 G. Canella, Il sistema teatrale a Milano, cit., p. 176. 5 Ibidem, p. 165.

6 E. Bordogna, Guido Canella. Architetture 1957-1987, Electa, Milano 1987, p. 43 (ora in Idem, Guido Canella. Opere e progetti, Electa, Milano 2001, p. 53).

7 G. Canella, Cinque ipotesi di progettazione nella Sibaritide, in G. Canella, L.S. d’An-giolini, Università. Ragione, contesto, tipo, Dedalo libri, Bari 1975, p. 254.

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