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Guarda Lucky L’infrangersi dell’illusione dell’autosufficienza

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Academic year: 2021

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Modelli della Mente (ISSNe 2531-4556), 1/2019 81

C

INEMA E

M

ENTE

a cura di Pasquale Laselva

Lucky

L’infrangersi dell’illusione dell’autosufficienza

2017

Lucky è un film semplice, chiaro nella forma, ma carico di conte-nuti e di domande. Opera prima del regista John Carroll Lynch (nes-suna parentela con il più famoso David Lynch).

In questo film non ci sono giovani supereroi, c’è un vecchio ateo novantenne, Lucky, interpretato dal bravissimo Harry Dean Stanton, che vive da solo in una sperduta cittadina americana ai margini del deserto (Southwestern). Ambiente secco, caldo, silenzioso; dove si vive lentamente e si fanno chiacchiere davanti a una birra. Dove si va avanti guardando al passato più che al futuro.

Lucky compie ogni giorno gli stessi riti, gli stessi gesti. Ogni giorno dopo essersi alzato dal letto, ma prima di bere il suo caffè mattutino e di uscire dalla porta di casa, si trascina davanti allo spec-chio, si lava le ascelle, si pulisce i denti, si pettina, si porta al centro della stanza e comincia i suoi soliti esercizi fisici. Ha sempre vissuto seguendo le proprie regole, disinteressandosi del giudizio degli altri. Non si è mai sposato né ha avuto figli. Pur fumando un pacchetto di sigarette al giorno (di qui il nomignolo Lucky) e bevendo alcolici le sue analisi cliniche sono nella norma.

Una mattina, dopo una caduta improvvisa inizia a riflettere sulla sua fragilità e dunque sulla morte. Non essendo credente, sa che non andrà né in paradiso né all’inferno, ma solo sottoterra. Per la prima volta Lucky prenderà consapevolezza della paura di morire.

Potrebbe sembrare un film sulla morte ma come dice il regista «Lucky è un film sui valori della vita su quanto la vita è preziosa».

Un film pieno di spunti su cui riflettere.

Copyright © FrancoAngeli

This work is released under Creative Commons Attribution - Non-Commercial - NoDerivatives License. For terms and conditions of usage please see: http://creativecommons.org/.

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82 Modelli della Mente (ISSNe 2531-4556), 1/2019

Molti abitanti della cittadina vogliono bene a Lucky nonostante lui si mostri come una persona poco espansiva che non li considera più di tanto. In un certo senso, sembra che la città capisca Lucky meglio di quanto Lucky capisca se stesso. Pensa di cavarsela da solo, di non aver bisogno degli altri. Lui non si considera parte della comunità, ma in realtà ne fa parte da sempre. È l’illusione di autosufficienza, di autoreferenzialità di chi, probabilmente, non ha avuto la possibilità di entrare in una relazione interpersonale emotiva più a fondo per cono-scere l’amore.

Ma quell’illusione di narcisistica onnipotenza che lo ha tenuto in piedi fino a quel momento si infrangerà dopo quella caduta: la paura lo investirà di dubbi, la solitudine che tanto lo ha accompagnato co-mincerà a soffocarlo, domande esistenziali entreranno nei suoi pen-sieri cercando risposte.

L’altro elemento protagonista del film è anche la vecchiaia fisica prima che psicologica. Vi è un corpo, segnato dall’età, rughe che scavano la pelle flaccida; parti del corpo che lasciano comprendere la pesantezza senile. Una scena che potrebbe offrirsi come cronaca di una decadenza quotidiana e che invece, grazie all’abilità del regista, lascia spazio a un ritratto di singolare, estrema vitalità. I dettagli rav-vicinati, i gesti sicuri e decisi, l’ostentazione di una capigliatura com-posta e non ancora completamente innevata. Tutto volge alla rappre-sentazione fiera di una vecchiaia che affronta con sfrontatezza e co-raggio il suo inevitabile decadimento e sembra quasi fregarsene. Ec-co allora che energia e decadenza, vitalità e declino non sono in Ec- con-trasto, ma si completano e in modo discreto si mostrano armonica-mente insieme.

È chiaro, fa notare il regista, che non si può sfuggire al deteriora-mento e alla sua conseguenza estrema la morte, ma si può andare lo-ro incontlo-ro così come la fierezza di un cactus che anche nella natura più arida e ostile si erge maestoso nella sua altezza.

Altra metafora che il regista ci offre è la sequenza all’inizio e alla fine del film di una tartaruga “in fuga”: metafora dell’eternità, di un mondo che sopravvive al passaggio dell’uomo e alla fugacità di esi-stenze che si affannano a voler lasciare un segno.

Copyright © FrancoAngeli

This work is released under Creative Commons Attribution - Non-Commercial - NoDerivatives License. For terms and conditions of usage please see: http://creativecommons.org/.

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