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Valutazione della ricerca scientifica e Open Access: nuove sfide per l'Università e l'Editoria

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Academic year: 2021

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INDICE

ABSTRACT ... 3

I CAPITOLO ... 5

COMUNICAZIONE SCIENTIFICA E VALUTAZIONE DELLA RICERCA ... 5

I.1CENNI STORICI: LA NASCITA DEL PEER REVIEW E DEGLI INDICI BIBLIOMETICI .. 7

I.2METODI DI VALUTAZIONE DELLA RICERCA SCIENTIFICA IN AMBITO ACCADEMICO NEL PANORAMA ATTUALE ... 15

I.3LA VALUTAZIONE DELLA RICERCA IN ITALIA:ANVUR E VQR2004-2010 .. 29

II CAPITOLO ... 39

OPEN ACCESS ... 39

II.1UNO SGUARDO D’INSIEME ... 39

II.2VALORE DELLA CONOSCENZA E DI INTERNET ... 44

II.2.1LA CONOSCENZA BENE COMUNE ... 44

II.2.2INTERNET BENE COMUNE ... 48

II.3LE ORIGINI DEL MOVIMENTO E LE DICHIARAZIONI INTERNAZIONALI:OAI, BBBDEFINITION E DICHIARAZIONE DI MESSINA ... 53

II.3.1OPEN ARCHIVES INITIATIVE (OAI): I PRIMI PASSI ... 53

II.3.2BUDAPEST OPEN ACCESS INITIATIVE (BOAI): L’ATTO DI NASCITA POLITICO ... 54

II.3.3BATHESDA STATEMENT ON OPEN ACCESS PUBLISHING ... 57

II.3.4BERLIN DECLARATION ON OPEN ACCESS TO KNOWLEDGE IN SCIENCES AND HUMANITIES: IL RUOLO DI INTERNET ... 60

II.3.5DICHIARAZIONE DI MESSINA: L’OPEN ACCESS ARRIVA FORMALMENTE IN ITALIA ... 63

II.4INIZIATIVE A SOSTEGNO DELL’OPEN ACCESS ... 65

II.4.1IL RUOLO DELLA CRUI ... 65

II.4.2IL RUOLO DELLE BIBLIOTECHE:IFLA E AIB ... 77

II.5LE DUE VIE DELL’OPEN ACCESS:GOLD ROAD E GREEN ROAD ... 79

II.5.1LA STRADA D’ORO... 80

II.5.2LA STRADA VERDE ... 86

(2)

III CAPITOLO ... 95

L’EDITORIA ACCADEMICA ... 95

III.1RADICI STORICHE: DALLE PRIME PUBBLICAZIONI ACCADEMICHE AL PANORAMA ATTUALE ... 97

III.2LE UNIVERSITY PRESS ... 107

III.2.1UNIVERSITY PRESS ANGLOSASSONI E ITALIANE ... 109

III.2.2PISA UNIVERSITY PRESS ... 116

III.3EDITORIA SCIENTIFICO-ACCADEMICA E TUTELA DEL DIRITTO D’AUTORE: CRITICITÀ ... 120

III.4CRUI ED EDITORIA ELETTRONICA: RACCOMANDAZIONI ... 132

CONSIDERAZIONI DI SINTESI ... 136

APPENDICE ... 143

SEZIONE 1 ... 143

L’OPEN ACCESS E LA VALUTAZIONE DEI PRODOTTI DELLA RICERCA SCIENTIFICA.RACCOMANDAZIONI ... 143

RIVISTE AD ACCESSO APERTO.LINEE GUIDA ... 149

LINEE GUIDA PER GLI ARCHIVI ISTITUZIONALI ... 155

SEZIONE 2 ... 164

INTERVISTA AL PROFESSOR SAULLE PANIZZA,DIRETTORE EDITORIALE DELLA CASA EDITRICE PISA UNIVERSITY PRESS... 164

RACCOMANDAZIONI PER LO SVILUPPO DELL’EDITORIA ELETTRONICA NEGLI ATENEI ITALIANI ... 167

(3)

ABSTRACT

This work aims at giving a general frame of scientific communication in the present day.

In particular, it focuses on three main topics: the evaluation of research activities and publications, the Open Access, and the role of academic publishers .

A historical synthesis was used to determine the methods of scientific evaluation, both traditional and innovative, thus highlighting the crucial role of new technologies and the Internet in particular.

New technologies have always played a fundamental role in the production and diffusion of scientific knowledge (computers today represent what the press was in the past), creating a new relationship between the academic and the publishing realities. Commercial publishers understood very early the potential of new media and had the ability to use them to leverage their position inside the market, thus acquiring the monopoly in the so-called academic publishing.

Universities further enhanced this situation: they were always dedicated to education and the production of scientific knowledge, leaving publishing and dissemination in the hands of commercial publishers.

Nowadays it seems that we are experiencing a change in the scientific and academic landscape. Universities, and the personnel made by authors, lecturers, librarians etc., are showing the intention

(4)

to regain control of all the phases of scientific communication, which means considering publishing as an integral part of research. As a consequence, we have seen the development of two alternatives to the existing publishing model: Open Access and University Press. The first one is based on the belief that knowledge is a common good that needs to be free and available to anyone, in particular by using the Internet for publishing, and aims at the equal consideration of open access and traditionally published works. The second one was born as an alternative to commercial publishers. It defends copyright but also aims at spreading knowledge and science, both on a national and international level, according to the goals of scientific communication and dissemination.

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I CAPITOLO

COMUNICAZIONE SCIENTIFICA E VALUTAZIONE

DELLA RICERCA

La comunicazione scientifica riguarda la costruzione del sapere e della conoscenza e, di conseguenza, la s divulgazione.

Università, centri di ricerca, CNR (Consiglio Nazionale della Ricerca) ed editori commerciali sono gli attori principalmente coinvolti.

Sacchi1nella sua tesi di laurea dal titolo Comunicazione scientifica e

open access. Problematiche sociali e tecnologiche

nell’applicazione in Italia ha proposto un ciclo di vita della comunicazione scientifica composto da quattro macro blocchi. Partendo dall’attività di ricerca, si passa alla validazione dei risultati, alla loro pubblicazione, fino a giungere alla fruizione dei risultati pubblicati su periodici scientifici. A questo punto però il quarto blocco si ricollega al primo, determinando così un ciclo “chiuso”. Chiuso perché per poter andare avanti e sviluppare nuova conoscenza ha bisogno di alimentarsi dal suo interno. Si determina

1Estremamente utile per l’individuazione del ciclo della comunicazione scientifica è stato il lavoro di S. Sacchi, Comunicazione scientifica e open access.

Problematiche sociali e tecnologiche nell’applicazione in Italia,Corso di Laurea in Conservazione dei Beni Archivistici e Librari, Università degli Studi di

Parma, a.a. 2003-2004

http://dspace-unipr.cilea.it/bitstream/1889/359/2/comunicazione_scientifica_e_open_access_sim one_sacchi.pdf

(6)

in questo modo una correlazione, o meglio una dipendenza, tra i passaggi fondamentali della comunicazione scientifica.

Si propone un grafico per evidenziare le fasi del ciclo di vita della comunicazione scientifica.

Ma per comprendere in maniera precisa cosa si intenda per comunicazione scientifica, per valutazione della ricerca e per individuare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie è necessario soffermarsi sulla nascita e lo sviluppo della stessa, iniziando con un’analisi breve ma precisa degli eventi storici che l’hanno determinata. validazione dei risultati pubblicazione dei risultati fruizione dei risultati attività di ricerca

(7)

I.1CENNI STORICI: LA NASCITA DEL PEER REVIEW E DEGLI INDICI BIBLIOMETICI

Tra la fine del diciassettesimo secolo e gli inizi del diciottesimo, in Europa iniziano a delinearsi le prime caratteristiche della comunicazione scientifica.

In particolare in Inghilterra. Lo sviluppo della stampa e le condizioni storica, politica e culturale hanno favorito, più che in altri paesi europei, il fiorire della cultura scientifica2.

Londra, a quei tempi, rappresentava il centro del mercato librario. Era, infatti, la sede della Stationers’Company3e della Royal Society4.

I primi controllavano il mezzo stampa, che rappresentava lo strumento principale attraverso cui si sviluppava e diffondeva il pensiero e la comunicazione. Gli Stationers condizionavano la fruizione da parte del pubblico, dal momento che ogni materiale

2

A Londra nasce la prima rivista scientifica, The Philosophical Transactions, per mano di Oldenburg e della Royal Society.

3

La Stationer’s Company è la corporazione degli stampatori e dei librai riconosciuta legalmente dalla regina Mary nel 1557. Esistevano altre corporazioni che però non erano riconosciute ufficialmente.

Con il termine Stationer si intendono tutti coloro che si adoperavano per la pubblicazione di riviste, libri, giornali. Quindi i librai, gli editori, gli scrittori, i curatori, i grossisti.

4

La Royal Society fu fondata nel 1660. Gli scienziati che parteciparono costituirono una «università per la promozione della cultura fisico-matematica e dell’approccio sperimentale». È considerata, ancora oggi, l’accademia nazionale inglese delle scienze. Presso l’accademia nacque la prima rivista scientifica. Fonte Wikipedia

(8)

stampato dipendeva direttamente dalla loro volontà. Detenevano quindi il cosiddetto privilegio5sulle pubblicazioni.

Gli autori che desideravano pubblicare le proprie opere dovevano, infatti, passare al vaglio della Company. Ma, come ricorda Francesca Di Donato6 per un autore era molto difficile convincere uno Stationer a stampare la sua opera. Normalmente gli autori avevano necessità di ricorrere ad ingenti finanziamenti per riuscire a pubblicare. Nel caso specifico della letteratura scientifica quindi era ancora più rischioso intraprendere questa attività editoriale. Bisogna tenere presente che questo tipo di opere era, infatti, molto costoso da pubblicare. Spesso gli autori dovevano ricorrere all’autofinanziamento o alla sottoscrizione di abbonamenti per i lettori.

Un altro elemento da non sottovalutare riguarda l’aspetto della fruizione. Questa era dedicata solo ai professionisti del settore, e i testi scientifici erano un genere caro, dal punto di vista economico, sia da comprare che da produrre.

Nel diciassettesimo secolo (precisamente nel 1695) la Camera dei Comuni inglese aveva sottratto il monopolio sulle pubblicazioni alla Stationers’ Company, permettendo ad altri editori di entrare a far parte del mercato librario.

5

Con questo termine si intende il diritto di un singolo soggetto di avere il monopolio sulle opere stampate. Quindi all’interno di un territorio nessun altro poteva stampare opere letterarie. Questo diritto veniva affidato dal monarca. 6

F. Di Donato, La scienza e la rete. L’uso pubblico della ragione nell’età del Web, Firenze University Press, 2009

(9)

Ma già nel 1662 la Corona aveva affidato il privilegio esclusivo alla Royal Society7di

«licenziare i testi per la stampa. Il regime del privilegio si intrecciava a quello delle licenze: i licenziatari erano autorità a cui la Corona attribuiva il compito di vagliare il contenuto dei testi che potevano essere stampati, compito che fino al 1643 era assegnato in prevalenza ad ecclesiastici, e che a partire da quella data venne attribuito ad una nuova categoria di esperti tra cui, nel 1662, rientrò la Royal Society. Si osservi che il ruolo di licenziatario era più importante di quello di autore, soprattutto in termini di responsabilità nei confronti dei contenuti di un testo; a prova di ciò sia considerato il fatto che, dal 1677, il nome del concessionario della licenza doveva comparire nelle voci dei testi incluse nel registro della compagnia degli Stationers, mentre il nome dell’autore spesso veniva omesso»8

.

Un ulteriore passo avanti per lo sviluppo della cultura è rappresentato dall’emanazione da parte della regina dello Statute of Annie nel 1710. Si ricorderà infatti che fino a questo momento gli unici ad ottenere benefici dalla pubblicazione erano gli editori, mentre il ruolo dell’autore scompariva letteralmente al momento della cessione dell’opera per la stampa. Questo passaggio segnò il cambiamento verso l’importante e attuale sistema del copyright9 che, in breve, trasferiva i diritti dell’opera dal licenziatario

7Privilegio ufficializzato con un atto formale, Press Act. 8

Cfr. F.D. Donato, La scienza e la rete. L’uso pubblico della ragione nell’età del

Web, Firenze University Press, 2009

9A proposito dell’origine del copyright e del diritto d’autore si confrontino:

Izzo U., Alle origini del diritto d’autore. Tecnologia, interessi e cambiamento

giuridico, Carocci ,2010

Ercolani S., Il diritto d’autore e i diritti connessi, Giappichelli Editore, Torino, 2004

Zencovich Z.- Sica S., Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, Cedam, Padova, 2007

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all’autore, che acquisiva per la prima volta il diritto di autorizzare preventivamente la stampa della propria opera.

Riguardo alla Royal Society, i membri ebbero la possibilità di scegliere autonomamente i propri librai e stampatori e in particolare ottennero il privilegio di stampare opere scientifiche.

In questo ambito, nel 1665, nasce il primo periodico scientifico, The Philosophical Transactions a cura di Henry Oldenburg10. L’idea originale è quella di costituire un registro pubblico dei contributi scientifici originali. Oldenburg, infatti, aveva individuato la necessità di creare un organo (diverso dalla stessa comunità di autori) che certificasse, validasse e pubblicasse i risultati della ricerca scientifica11. Ma per poter arrivare a costruire la «conoscenza scientifica» si sarebbero dovute registrare in modo permanente le scoperte scientifiche e quindi renderle accessibili al pubblico.

Per questo nasce il peer review12. Come garanzia per assicurare valore, dare credito al sapere scientifico e, conseguentemente, riuscire a stabilire un rapporto di fiducia col pubblico. Questa attività potrebbe essere considerata una forma di censura, uno

10

Henry Oldenburg (1618-1677), fu un letterato ed ambasciatore tedesco. Anche primo segretario della Royal Society. Decisiva è stata la sua determinazione per la pubblicazione della rivista filosofica The Philosophical transactions, di cui fu il direttore.

11

Fino a quel momento era la stessa comunità scientifica di autori ad autodefinirsi attraverso criteri di eccellenza legati al numero e al valore delle scoperte scientifiche.

12

Si intende con questo termine il giudizio dei pari e viene ancora oggi utilizzato per la valutazione qualitativa della ricerca scientifica. per un’analisi più approfondita si veda l’intero capitolo del presente lavoro.

(11)

«strumento prudenziale» e tradizionalista. Un controllo assoluto da parte del potere politico sui materiali affidati alla stampa.

Di fatti era molto difficile che opere innovative superassero positivamente il giudizio dei pari e venissero pubblicate13.

Le prime attività di revisione per mano dei pari si costituivano in pochi punti: presentazione14e “lettura attenta15”, a cui seguiva una registrazione16 simile a quella praticata dagli Stationers. Dopo che l’opera veniva giudicata dai valutatori (i cosiddetti pari), il giudizio veniva riferito all’autore, anche senza bisogno che i referees comunicassero espressamente le motivazioni che li avevano indotti a determinate scelte. Queste attività, oltre a cercare di costruire credibilità e fiducia, erano svolte per evitare che venisse abolito il privilegio offerto alla Royal dalla Corona.

Per questo motivo era quanto mai improbabile la pubblicazione di testi originali, le opere venivano modificate dallo stesso Oldenburg. La sua idea, secondo la Di Donato, era di «estendere il valore dell’accademia inglese al di fuori della Società stessa, e il ruolo di

13

Vedremo che per molti autori e studiosi contemporanei questa pratica risulta essersi consolidata nel tempo e ancora largamente utilizzata ai giorni nostri.

14

La presentazione consisteva in un atto pubblico secondo cui ogni membro che pubblicava un’opera ne doveva cedere una copia alla Royal Society.

15

La “lettura attenta” riguardava un’analisi approfondita del testo, praticata da specialisti della stessa accademia.

16

La registrazione avveniva su un registro delle copie, scritto a mano e custodito dal dotto della compagnia. Si riteneva che la registrazione venisse fatta per tutelare e difendere gli autori dalle usurpazioni e per stabilire la priorità della propria persona sulle scoperte scientifiche. Questa pratica divenne la prassi. Cfr. F. D. Donato, La scienza e la rete. L’uso pubblico della ragione nell’età del Web, Firenze University Press, 2009, cit. p.17.

(12)

editor delle PhilosophicalTransactions e di guardiano (gatekeeper) del registro si intersecarono costantemente»17.

Il controllo delle pubblicazioni avveniva in maniera differente a seconda che si trattasse di riviste estere o nazionali. Le prime, infatti, venivano sempre modificate attraverso parafrasi o report anonimi (per la maggior parte per mano dello stesso Oldenburg18), mentre per le seconde (dette domestiche) si applicava il metodo del peer review.

La necessità di avere un riscontro aggiornato dell’informazione e delle scoperte scientifiche non riguardava solo l’Inghilterra e l’Europa occidentale (centri della formazione del sapere scientifico), che dovevano comunque garantire l’accesso alla conoscenza accademica anche a studiosi lontani dai centri culturali e scientifici.

La nascita del nuovo genere di pubblicazioni non poteva non portare cambiamenti all’interno del mercato editoriale e della stessa comunicazione scientifica.

Per circa un secolo il costo delle pubblicazioni continuava ad essere sostenuto dagli istituti di ricerca o da società scientifiche, ma spesso anche da aristocratici che finanziavano personalmente la ricerca19. Le riviste scientifiche aumentarono di numero20, senza però uscire dai confini dall’ambito accademico.

17

Cfr. nota 4

18Da qui l’idea di F. Di Donato di attribuire a Oldenburg il ruolo di gatekeeper e di editor.

19

Più per un piacere personale che non per il desiderio di migliorare la condizione culturale della propria società.

(13)

Solo dal XIX secolo con il “trionfo dell’editoria”, la diffusione della formazione universitaria e la necessità di soddisfare nuovi bisogni informativi si ebbe uno straordinario boom delle pubblicazioni scientifiche. Si iniziarono a definire più ambiti disciplinari specifici per rispondere alla domanda di un pubblico sempre più specializzato.

Gli editori commerciali iniziarono così a manifestare il proprio interesse anche per questo tipo di letteratura. Quindi acquisirono credito tra gli autori perché rappresentavano per loro un’opportunità. Affidandosi a loro, si svincolavano dalle società scientifiche che avevano sempre imposto le proprie scuole di pensiero.

Un altro elemento caratterizzante in questo periodo per la diffusione della comunicazione scientifica e l’interlocuzione tra scienziati e ricercatori era rappresentato dalle biblioteche universitarie. Garantivano l’accesso all’informazione scientifica perché acquistavano le riviste scientifiche, in più lingue, riguardanti diversi settori disciplinari21.

Ma questa situazione positiva durò fino agli anni Trenta del Novecento. Le condizioni di accesso alla letteratura scientifica subirono gravi danni a causa di fattori apparentemente non collegati tra loro.

20

Nel 1800 se ne contavano un centinaio, mentre già nella prima metà dell’Ottocento si arrivò a circa un migliaio. Per i dati si confronti Vilma- Alberani e Paola de Castro, Il ruolo dell’ente scientifico come editore: il futuro nel riflesso

del passato in Infrastrutture informative per la medicina, Roma, AIB: 1998.

21

(14)

Lo scoppio delle guerre mondiali e la crisi economica del ’29 portarono alla riduzione del budget delle biblioteche. Inoltre è da considerare l’aumento esponenziale del numero delle pubblicazioni scientifiche22 accompagnato dalla crescita del prezzo dei periodici, a cui si collega la crescente consapevolezza degli editori commerciali delle grandi potenzialità che la letteratura scientifica poteva rappresentare per loro. In questo contesto le biblioteche furono costrette ad individuare un modo per riuscire a soddisfare il bisogno di fonti informative, ma contemporaneamente di ridurre il più possibile le spese.

La soluzione: utilizzare degli strumenti che permettevano loro di effettuare una selezione accurata delle fonti informative, riuscendo comunque a soddisfare le esigenze del pubblico sempre più preparato e specializzato. Si creano così indici bibliometrici utili per la valutazione e la comparazione dell’informazione scientifica, capace di individuare con precisione i periodici più consultati, e di conseguenza, acquistarli.23

Ma qual è la situazione attuale? Quali sono le pratiche di valutazione e di misurazione della ricerca scientifica e accademica?

22

Nel 1850 il numero delle pubblicazione arrivava a circa un migliaio, mentre nel corso del Novecento si arriva a quota 200.000 testate.

23

(15)

I.2METODI DI VALUTAZIONE DELLA RICERCA SCIENTIFICA IN AMBITO ACCADEMICO NEL PANORAMA ATTUALE

A livello internazionale si possono individuare diversi metodi di valutazione, che dipendono dall’utilizzo (in termini generali) di strumenti qualitativi o quantitativi. Principalmente si farà riferimento a tre particolari metodi su cui sono stati svolti diversi studi e di cui si sono potuti rilevare sia elementi positivi che limiti. Già da ora si può affermare, sulla base degli studi effettuati da diversi autori24, che per riuscire ad ottenere una valutazione attenta, veritiera ed efficace della comunicazione scientifica è necessario l’incontro e lo sfruttamento di entrambi i metodi. Le ragioni verranno spiegate in modo più approfondito nelle pagine seguenti. Per ora l’attenzione verrà concentrata principalmente su tre metodi utilizzati dalla comunità accademica e scientifica in generale: l’analisi bibliometrica (quantitativa), la peer review (qualitativa) e il panel (modello qualitativo anglosassone).

Il panel consiste nelle valutazioni effettuate, tramite visite e incontri, tra i referees panels (cioè gruppi di valutatori delle

24

Si prendano come riferimento gli studi effettuati da

J.C. Guédon, La lunga ombra di Oldenburg: i bibliotecari, i ricercatori, gli editori

e il controllo dell’editoria scientifica

Francesca Di Donato,Come si valuta la qualità nella repubblica della scienza?

Una riflessione sul concetto di peer review, in http://archiviomarini.sp.unipi.it/175/1/peerreviewfdd_it.pdf

Antonella De Robbio,Analisi citazionale e indicatori bibliometrici nel modello

Open Access, in

http://eprints.rclis.org/bitstream/10760/10686/1/valutazione-23gennaio2008.pdf

Brunella Casalini,La valutazione della ricerca e la costruzione della “nobiltà del

sapere” nell’era digitale 1, in http://archiviomarini.sp.unipi.it/342/1/valu.pdf

Alessandro Figà-Talamanca, L’Impact Factor nella valutazione della ricerca e

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istituzioni) e gruppi di ricerca, studenti e personale tecnico. È un metodo utilizzato prevalentemente dalle università britanniche, svolto in corrispondenza alle caratteristiche e alle esigenze singole e locali di una particolare università. Infatti ogni Ateneo organizza le proprie tipologie di panels.

L’analisi bibliometrica si basa sull’idea che il lavoro di un ricercatore acquisti valore solo nel momento in cui viene giudicato da pari, intendendo per lavoro di un ricercatore qualunque «unità scientifica» sotto forma di articolo, o capitolo di volume e altro documento di ricerca, e con i termini «giudicato da pari» l’attività di valutazione svolta da accademici che giudicano altri accademici. Per poter pubblicare un articolo è infatti fondamentale che questo venga giudicato da referees (giudici). Nel caso di valutazione positiva il lavoro viene pubblicato. La divulgazione permette al lavoro di essere citato in altri articoli. L’analisi bibliometrica misura principalmente il numero delle citazioni di un lavoro in particolare, a cui ne consegue riconoscimento e prestigio per il contributo offerto non solo per il lavoro, ma anche per l’Università di appartenenza.

Si possono dividere gli indici bibliometrici in due famiglie: analisi citazionale e analisi di contenuto.

La prima, citazionale, è la più conosciuta e utilizzata. Si applica attraverso la citazione nelle produzioni scientifiche per poter stabilire relazioni con altri lavori e ricercatori. Dunque analizza la frequenza e il modello di citazioni negli articoli e nei lavori di ricerca scientifica in generale.

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La seconda, di contenuto o testuale, viene prevalentemente utilizzata nelle scienze sociali, in particolar modo viene applicata nello studio del contenuto della comunicazione. Con questo metodo i ricercatori riescono ad ottenere un gran numero di informazioni e al tempo stesso riescono ad identificarne le proprietà e le caratteristiche perché oltre al contenuto delle informazioni viene data importanza al contesto. Analizza la frequenza delle parole chiave più utilizzate (per esempio attraverso il KWIC, KeyWord In Context). «Tali aggregazioni di informazioni testuali dovrebbero poi essere categorizzate in accordo a framework teorici di riferimento, i quali informano i sistemi di data analysis fornendo alla fine una lettura con significato logico del contenuto analizzato»25. In altre parole, i data analysis permettono la trasformazione di un dato per poterne estrarre informazioni utili per riuscire ad arrivare a conclusioni di significato logico.

In generale gli indicatori bibliometrici vengono utilizzati con sempre maggiore frequenza dai comitati e dalle agenzie di valutazione della ricerca scientifica in modo da poter valutare la qualità e la produttività delle istituzioni e anche per orientare i finanziamenti pubblici26.

Tralasciando per un momento il più conosciuto Impact Factor su cui ci sarà modo di soffermarsi più avanti, è utile dare uno sguardo

25

A. De Robbio, Analisi citazione e indicatori bibliometrici nel modello Open

Access, in http://eprints.rclis.org/bitstream/10760/10686/1/valutazione-23gennaio2008.pdf

26

Si pensi a quanto detto precedentemente sull’aumento della credibilità di un autore o un’istituzione.

(18)

sommario ad altri indici esistenti in modo da avere una panoramica più ampia sull’argomento:

Immediacy Index, misura in media la frequenza e la velocità con cui un articolo viene citato nell’anno di pubblicazione insieme alla frequenza delle citazioni degli articoli della rivista in cui viene pubblicato il lavoro nello stesso anno;

CitedHalf Life, misura la validità e la durata degli articoli citati nel tempo;

Rate of Cites Index, misura la qualità di un singolo lavoro, si basa sull’idea secondo cui un lavoro tanto più è citato da altri ricercatori, tanto più è rilevante il suo valore scientifico;

CitationImpact, si calcola sul rapporto tra il numero di citazioni ricevute e il numero di articoli pubblicati di un soggetto in particolare, un autore, un’istituzione o un paese. Maggiore sarà il numero delle citazioni, maggiore sarà l’impatto della pubblicazione nel mondo scientifico. Si può individuare in questo modo quanto un particolare articolo viene utilizzato per i successivi lavori scientifici.

Per analizzare l’indice bibliometrico più conosciuto a livello internazionale, l’Impact Factor, è necessario fare un breve riferimento ad alcuni elementi storici che hanno favorito la sua creazione.

La crisi del prezzo dei periodici, contemporanea alla grande crisi del ‘29, la nascita di nuove testate e il ridimensionamento del budget delle biblioteche, portò alla necessità di selezionare un

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numero limitato di riviste. Eugene Garfield27nel 1955 pensò ad un indice che contenesse le riviste selezionate, capaci di rappresentare un’informazione di qualità e attuale. Si sarebbe dovuto inventare un modo che permettesse di individuare quali riviste e periodici scegliere all’interno del vasto mercato editoriale scientifico in continuo sviluppo.

Garfield creò lo SCI, Science Citation Index28. Un indice in cui si potevano trovare una serie di riviste scientifiche selezionate, il pacchetto dei cosiddetti core journals29.

Garfield comprese, al tempo, l’importanza e la forza delle citazioni. Attraverso il loro calcolo si poteva stabilire l’impatto che un particolare articolo poteva avere sulle pubblicazioni scientifiche successive. Per questo l’ISI, Institute of Scientific Information30

, creò un nuovo parametro di misurazione universale: l’Impact Factor, anche detto fattore di impatto o IF. È un indice bibliometrico. Oggi viene calcolato sui dati raccolti dalla Thomson-ISI (Institute of Scientific Information), quindi non da un istituto pubblico di ricerca, ma da un’azienda privata, che, in quanto tale,

27Garfield Eugene è stato biblioteconomista dell’università della Pennsylvania, anche editore e scienziato.

28

Un data base in cui si può trovare un elenco di riviste selezionate tra tutte quelle esistenti, nato per rispondere all’esigenza di individuare un numero limitato di riviste a cui fare riferimento per la comunicazione scientifica dopo la crisi del prezzo dei periodici.

29

Riviste fondamentali. 30

L’ISI viene fondata nel 1960 da E. Garfield. Acquistata negli anni Novanta dal colosso editoriale Thomson Scientific& Healthcare viene conosciuta con il titolo Thomson-ISI. Oltre al già accennato database SCI, la Thomson-ISI si occupa anche di altri database, come l’SSCI (Social Science Citation Index) e l’AHCI (Arts and

HumanitiesCitation Index). Pubblica anche una rivista, Journal Citation Reports, in

cui vengono indicati tutti i fattori di impatto calcolati sulle riviste trattate dall’istituto, circa 14000 riviste.

(20)

ha interessi economici diversi rispetto agli interessi che potrebbero riguardare un ente pubblico legato alla ricerca e alla circolazione pubblica del sapere. Basti pensare che la Thomson-ISI non è tenuta a dover giustificare o spiegare i propri criteri di selezione e di scelta, a cui si aggiunge un altro elemento non trascurabile, cioè la caratteristica di non appartenere alla realtà accademica e scientifica. In altre parole si pone come soggetto capace di selezionare il sapere accademico e scientifico, senza però farne direttamente parte in quanto azienda privata.

Il fattore di impatto è uno strumento esclusivamente quantitativo, cioè permette il calcolo oggettivo dei risultati. Non può indicare la qualità del contenuto, o meglio se le citazioni riscontrate riguardino giudizi positivi o negativi di un particolare articolo, ma viene considerato esclusivamente il quantitativo numerico delle citazioni ottenute.

L’aspetto appena considerato viene molto criticato da diversi autori contemporanei. Secondo Antonella De Robbio31 il suo carattere quantitativo rappresenta sia il merito che il limite dell’analisi bibliometrica.

Per esempio uno degli elementi positivi individuati dalla studiosa riguarda la possibilità che il calcolo venga effettuato da soggetti non esperti del settore valutato. Questi non hanno bisogno di conoscere la disciplina. La seconda opportunità è rappresentata dalla

31

Antonella De Robbio, Analisi citazionale e indicatori bibliometrici nel modello

Open Access, in

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possibilità, per comunità non capaci di autovalutarsi obiettivamente, di ottenere un calcolo efficace e comunque oggettivo.

Per quanto riguarda i limiti invece, si possono individuare nelle differenze esistenti tra le diverse discipline. Si pensi a come riviste di ambito specifico avranno un fattore di impatto minore rispetto a riviste che abbracciano un campo più ampio e generico di studio, o come per esempio sia influente il tempo, o meglio che, logicamente e matematicamente, una rivista di recente formazione riceverà meno citazioni (e di conseguenza un fattore di impatto minore) di riviste più vecchie e già appartenenti al mondo accademico di riferimento.

Anche l’utilizzo dei risultati dell’impatto come parametri per ottenere finanziamenti o per l’avanzamento di carriera sono considerati un limite da vari autori. Dopo tutto il fattore di impatto viene calcolato sull’intera rivista e non può, per questo motivo, rappresentare un elemento di caratterizzazione di un singolo individuo per ricevere finanziamenti o di crescita in ambito accademico32. Altro aspetto interessante riguarda il suo utilizzo. In particolare, infatti, viene adoperato nel campo delle scienze “dure”. Si prendono in considerazione solo le citazioni presenti nelle riviste dell’indice, lasciando nell’ombra le citazioni presenti in libri, monografie, relazioni di congressi, tesi e altri tipi di documenti diversi dalle riviste contenute nello SCI.

Ma come si calcola concretamente l’Impact Factor?

32

Per i punti di vista critici nei confronti dell’IF come metodo di valutazione per finanziamenti diretti ai singoli individui, si rimanda ai lavori di F. Di Donato, J.-C.Guédon, B. Casalini, A. De Robbio, A. Figà-Talamanca citati nelle note precedenti.

(22)

Per spiegarlo si prenda ad esempio la definizione, estremamente chiara, proposta da Brunella Casalini

«l’IF di una rivista è un indice numerico risultante dal rapporto tra: a) il numero di citazioni ottenute nell’anno in corso dagli articoli che la rivista ha pubblicato nei due anni precedenti; b) il numero di articoli pubblicati nei medesimi due anni. Quindi, per calcolare l’IF di una rivista, ad esempio, nel 1999, si deve disporre dei seguenti dati: a) il numero di citazioni ottenute, sul corpus di riviste che fanno parte del data base (ovvero lo Science Citation

Index), dagli articoli pubblicati in quella rivista negli anni 1997 e 1998; il

numero di articoli “citabili” pubblicati nei due medesimi anni. Poiché l’IF è il rapporto tra il numero delle citazioni e quello delle pubblicazioni, quanto più l’IF è elevato, tanto più prestigiosa è la rivista»33

.

Viene attuato ex post, cioè dopo la pubblicazione (e quindi dopo il giudizio dei pari).

È costituito da riviste principalmente in lingua inglese.

Un’accusa molto pesante rivolta all’utilizzo di questo indice viene portata avanti da molti autori, i quali ritengono che porti al consolidamento di linee di ricerca già esistenti, privando la comunità scientifica di lavori innovativi e pionieristici, dato che questi ultimi (per logica) risulteranno essere meno citati rispetto ai primi.

Sono interessanti due considerazioni, proposte dalla studiosa Brunella Casalini, per illustrare come l’Impact Factor venga erroneamente utilizzato sia per valutare il lavoro di un singolo ricercatore con lo scopo di potergli assegnare fondi, sia per la sua possibile progressione di carriera. Il primo riporta l’idea dell’autore

33

Cfr. Brunella Casalini, La valutazione della ricerca e la costruzione della

“nobiltà del sapere” nell’era digitale 1, 2009, in http://archiviomarini.sp.unipi.it/342/1/valu.pdf

(23)

Jean Claude Guédon, secondo cui «valutare le pubblicazioni di un accademico sulla base dell’IF ha altrettanto poco senso che usare la misura di una limousine per misurare il valore dei suoi passeggeri»; il secondo del professor Steven Harnad: «sarebbe come selezionare giovani diplomati non in base al voto che ciascuno singolarmente ha ottenuto alla maturità, ma in base alla media dei voti riportati dai diplomati nella scuola dalla quale ogni ragazzo proviene!»34.

Passando ora all’analisi qualitativa, si fa riferimento alla pratica del peer review. Come si è provato a spiegare nella prima parte del capitolo, nasce grazie allo sviluppo della stampa a caratteri mobili e al nuovo genere letterario quale è la pubblicazione scientifica. Nel secondo dopoguerra diviene la prassi che permette agli autori l’accesso alle pubblicazioni scientifiche35

.

La pratica del peer review, in generale, dovrebbe riguardare il giudizio dei pari, ovvero la valutazione alla quale viene sottoposto il lavoro di un ricercatore, o studioso in genere, con la possibilità di vederlo pubblicato su riviste o periodici scientifici. Dovrebbe essere compiuto da referees anonimi e viene definita “dei pari” perché viene svolta da accademici che giudicano altri accademici.

Qualifica il sapere e ne assicura la veridicità e il credito all’interno della comunità scientifica. Permette l’accesso a finanziamenti per la ricerca. Può essere infatti definito un “filtro” attraverso il quale si sceglie quali studi e scoperte scientifiche pubblicare, condizionando

34

Ibidem. 35

Ne deriva la possibilità per studiosi e ricercatori di servirsi delle pubblicazioni scientifiche, grazie a cui si crea un circolo del sapere e diffusione delle scoperte.

(24)

in questo modo anche la carriera dei ricercatori e degli accademici in generale.

È lo strumento che permette l’accreditamento del sapere scientifico nella sua totalità, il principio attraverso cui, grazie all’attività di pubblicazione, tutti siano comparabili con tutti. Tuttavia nella realtà accademica esistono differenze sul piano pratico, riconducibili principalmente all’esistenza di due macro aree scientifiche: le Scienze matematiche fisiche e naturali, Mediche e Tecnologiche (STM) e le Scienze Umane e Sociali (SSH). Nelle prime, STM, tutte le pubblicazioni vengono sottoposte a peer review ma non è questo lo strumento che garantisce loro la circolazione nella comunità scientifica di riferimento, piuttosto ne garantisce semplicemente la pubblicazione e la possibilità della conseguente diffusione36.

In questo settore disciplinare vengono trovati molti limiti alla pratica del peer review (per cui probabilmente si preferisce la valutazione tramite la misurazione degli indici bibliometrici). Si individuano, tra gli altri, la poca obiettività ed efficacia, il costo elevato e la parzialità dei giudici a cui si collegano le pratiche di abuso attuate dai valutatori per danneggiare i concorrenti, il valore scientifico considerato scarso e poco rilevante e la dilatazione dei tempi della valutazione che porta ad un rallentamento della diffusione della comunicazione scientifica.

36

Le STM infatti vengono misurate principalmente attraverso il calcolo degli indicatori bibliometrici, attraverso cui si calcola in particolar modo il fattore di impatto, di cui si tratterà più avanti nel presente lavoro.

(25)

Nelle altre, SSH, la pratica del peer review in senso stretto non esiste. Viene infatti attuata sulle riviste, mentre per le scienze umane e sociali le pubblicazioni riguardano specialmente libri e monografie (solo in minima parte, infatti, si pubblica su riviste). La valutazione avviene a livello circoscritto nelle singole comunità dei settori disciplinari di appartenenza, in cui esistono i comitati scientifici che controllano la qualità del lavoro che andrà pubblicato nella collana editoriale37.Secondo Francesca Di Donato e altri studiosi, la valutazione di ambito umanistico e sociale avviene ex post, specialmente tramite la recensione di libri.

Negli anni un ruolo importante nella diffusione del sapere scientifico è stato giocato dallo sviluppo delle tecnologie. Come si è visto inizialmente il rapporto tra scienza e tecnologia è sempre stato determinato e influenzato dalle possibilità offerte dai meccanismi di diffusione della conoscenza, dallo sviluppo e la diffusione della stampa a caratteri mobili, fino ad arrivare al contesto contemporaneo con le nuove frontiere aperte da Internet e dal Web. Sempre continuando sulla scia dell’analisi quantitativa, possono essere presi come esempio indici di recente sviluppo.

Uno di questi è l’Indice di Hirsch, anche detto h-index, esistente dal 2005, che può essere calcolato con metodo veloce e semplice attraverso i database di Internet. Prende il nome dall’ideatore Jorge E.Hirsch della University of California di San Diego. Si basa sul

37

Può essere utile a questo proposito confrontare il III capitolo del presente lavoro, in cui si affronta il tema dell’editoria accademica..

(26)

numero di pubblicazioni di un autore e sul numero di citazioni ricevute.

Viene ideato e ha funzionalità diverse rispetto all’Impact Factor. Rende possibile la verifica dell’impatto reale che uno scienziato ha sulla comunità scientifica, oltre alla verifica della produzione del singolo autore. Quindi, rispetto al fattore di impatto permette di individuare anche la qualità del lavoro dello scienziato.

Antonella De Robbio spiega in termini chiari, attraverso tre punti fondamentali, come può essere calcolato. Si applicano una volta individuato un autore o un gruppo di autori appartenenti ad un gruppo di ricerca:

«1. Si definisce un certo arco temporale, ad esempio dal 2001 ad oggi.

2. Si ordinano le pubblicazioni in senso decrescente di citazioni, mettendo in testa il lavoro di quell’autore che ha ricevuto un maggior numero di citazioni. 3. L’indice H è identificato dal numero sequenziale della pubblicazione che precede quella ove il numero di citazioni risulta inferiore al numero sequenziale della pubblicazione»38.

Un altro indice che utilizza i data base nel Web è l’Eigenfactor (EI). Nasce come progetto di ricerca accademica non commerciale dalla Bergstrom lab al Department of Biology dell’Università di Washington. L’idea è di riuscire a creare una mappatura della struttura della ricerca accademica, attraverso una valutazione dell’impatto dei periodici accademico-scientifici diverso dagli altri strumenti bibliometrici. Un modello matematico che calcola l’impatto delle riviste scientifiche accademiche, ma tiene conto

38

A. De Robbio, Analisi citazionale e indicatori bibliometrici nel modello Open

Access, in http://eprints.rclis.org/bitstream/10760/10686/1/valutazione-23gennaio2008.pdf

(27)

delle differenze esistenti tra gli standard citazionali dei diversi ambiti disciplinari.

Utilizza le strutture del Web per calcolare l’importanza di ciascun periodico (andando quindi oltre le citazioni localizzate). Offre indicazioni sul prezzo dei periodici e sul valore dei periodici scientifici esistenti. Considera non solo riviste e periodici, ma anche tesi di dottorato (comprese quelle delle scienze sociali). Individua diverse scale temporali legate alle differenti modalità di citazione derivanti dall’applicazione nei diversi ambiti disciplinari, dando possibilità di comparare le citazioni ottenute. È completamente libero e ricercabile e usa dati sulle citazioni su base quinquennale, non biennale perché per alcune discipline questo arco di tempo non sarebbe sufficiente per la misurazione.

Grazie ai motori di ricerca, come per esempio Google’s PageRank39, si è sviluppata un’altra disciplina, detta Webometrica o web metrics. Nel 2004 viene definita da Björneborn e Ingwersen come «lo studio delle funzioni quantitative della costruzione e dell’uso delle risorse informative, delle strutture e tecnologie nel e del Web disegnato sugli approcci bibliometrici e informatici»40. L’idea è di riuscire a misurare il World Wide Web per ottenere

39

Secondo la definizione fornita da Wikipedia, PageRank è un algoritmo di analisi che assegna un peso numerico ad ogni elemento di un collegamento ipertestuale di un insieme di documenti, come ad esempio il World Wide Web, con lo scopo di quantificare la sua importanza relativa all'interno della serie. L'algoritmo può essere applicato a tutti gli insiemi di oggetti collegati da citazioni e riferimenti reciproci.

40

Cfr. il lavoro di Antonella De Robbio riguardante la metrica del Web e il Web Impact Factor (WIF), in Analisi citazionale e indicatori bibliometrici nel modello

Open Access, in

(28)

conoscenze sul numero e sulle connessioni ipertestuali che si sviluppano al suo interno, quindi anche come si struttura il Web e i modelli che permettono di utilizzare le sue risorse. Il PageRank è un termine entrato nel lessico quotidiano dei fruitori di servizi offerti dai motori di ricerca. Indica le pagine e i siti più utilizzati, e quindi di maggiore rilevanza in base ai termini ricercati, per questo viene paragonato alle relazioni umane che intercorrono nella società. Si attua una sorta di controllo incrociato, grazie all’utilizzo di algoritmi legati al materiale indicizzato raccolto da Google e dai collegamenti presenti all’interno delle pagine analizzate. Si controlla così non solo il contenuto della singola pagina, ma anche il numero delle pagine a questa collegate. Viene data dunque validità ai risultati ottenuti dalla ricerca. Il calcolo è effettuato sui link, e il grado di popolarità di un sito sarà tanto più elevato quanto più numerosi saranno i link a disposizione.

Le opportunità offerte dalle nuove tecnologie sono state intuite anche dai due colossi editoriali Elsevier41e Thomson-ISI.

Elsevier con il lancio nel 2004 del nuovo database Scopus, permette un’indagine bibliografica multidisciplinare e rappresenta la più completa selezione di pubblicazioni scientifiche presenti oggi nel mercato editoriale, in particolar modo come rappresentante del mondo medico e scientifico. Utilizza l’indice h al posto dell’Impact Factor. Comprende anche riviste che utilizzano una lingua diversa dall’inglese, riviste open access. La Thomson-Isi ha intuito la

41

Elsevier è una società olandese. I primi stampatori di questa famiglia si fanno risalire al 1580, ma la casa editrice è stata fondata nel 1880 a Rotterdam. Oggi la società è del gruppo Reed-Elsevier. Si rimanda al III capitolo del presente lavoro per un’analisi storica più approfondita.

(29)

necessità di sfruttare le opportunità offerte dal Web. I dati prima presenti solo sul tradizionale Science Citation Index (SCI), ora possono essere ritrovati anche sul web, grazie alla creazione del database Web of Science (WoS).

I.3LA VALUTAZIONE DELLA RICERCA IN ITALIA:ANVUR E VQR

2004-2010

La valutazione della ricerca scientifica è attualmente al centro di un acceso dibattito. Si cercano, da una parte, nuove procedure di valutazione, più chiare e trasparenti di cui sia possibile verificare i risultati, dall’altra si chiede di poter applicare i tradizionali metodi di valutazione considerando i casi specifici di applicazione, con possibilità di integrazione tra metodi quantitativi e qualitativi. I metodi di valutazione infatti dipendono direttamente, o meglio dovrebbero dipendere, non solo dal come si effettua la valutazione ma anche dal cosa viene valutato.

In Italia viene istituita l’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR)42.

42

L’ANVUR fu istituita dopo numerose proposte, con atto firmato dal Presidente della Repubblica il 21 febbraio 2008, con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 9 aprile 2008.

Negli anni Novanta la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) aveva individuato la necessità che in Italia fosse attuato l’accesso alle banche dati dell’ISI, in legame con l’importanza della valutazione della ricerca. Oggi tutte le banche dati delle università italiane dispongono dell’accesso a questa banca dati. Per una storia della formazione dell’ANVUR, per l’esempio inglese, dove è nato il primo organo per la valutazione della ricerca, si confronti il sito ANVUR alla pagina http://www.anvur.org/?=vqr-presentazione

(30)

La prima valutazione compiuta dall’ANVUR riguarda il periodo di tempo che va dal 2004 al 2010 (definito VQR 2004-2010).

Hanno potuto partecipare (non come soggetti valutati43) professori ordinari e associati, ricercatori universitari e assistenti universitari, ricercatori e tecnologi degli enti di ricerca vigilati dal MIUR44. I prodotti oggetto di valutazione sono sia articoli su riviste, libri, o capitoli di libri purché dotati di ISBN, ma anche traduzioni, commenti scientifici, edizioni critiche (anche queste se dotate di ISBN). Rientrano nei prodotti da valutare anche i brevetti depositati, composizioni, disegni, design, mostre ed esposizioni organizzate, banche dati e software, carte tematiche solo se accompagnati da pubblicazioni che ne permettevano una valutazione adeguata.

La valutazione è importante perché viene utilizzata, tra le altre cose, per assegnare fondi di finanziamento.

Ma come avviene la valutazione delle Strutture?

Sono state create delle Aree di valutazione, per esattezza 14 Aree45. Per ciascuna di queste esiste un Gruppo di Esperti della Valutazione

43

Con i termini soggetti valutati non ci si riferisce ai singoli individui (ricercatori, professori, ecc), ma ci si riferisce alle aree, ai dipartimenti, alle strutture. Fonte www.anvur.org

44

Il MIUR è il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. 45

Le 14 Aree di valutazione sono: 1. Scienze matematiche ed informatiche, 2. Scienze fisiche, 3. Scienze chimiche, 4. Scienze della Terra, 5. Scienze biologiche, 6. Scienze mediche, 7. Scienze agrarie e veterinarie, 8. Ingegneria civile e architettura, 9. Ingegneria industriale e dell’informazione, 10. Scienze dell’antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche, 11. Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche, 12. Scienze giuridiche, 13. Scienze economiche e statistiche, 14. Scienze politiche e sociali.

Fonte : http://www.anvur.org/?q=content/composizione-dei-gruppi-di-esperti-della-valutazione

(31)

(GEV). Ogni GEV è composto da studiosi di altamente qualificati, tra cui anche stranieri, nominati dal Consiglio Direttivo dell’ANVUR.

La fase di valutazione è ancora in corso. Ha avuto inizio il 1 maggio 2012 e finirà solo il 30 novembre dello stesso anno.

Quali strutture rientrano nella valutazione? Università statali e non statali, Enti di ricerca vigilati dal MIUR, Enti di ricerca che hanno chiesto spontaneamente di essere sottoposti alla valutazione.

I GEV utilizzano come metodologie di valutazione, singolarmente o in combinazione, sia l’analisi bibliometrica (utilizzando le banche dati concordate tra l’ANVUR e Elsevier e Thomson Reuters, cioè le banche dati ISI Web of Science, WoS, e Scopus), che la “peer-review” (viene affidata ad esperti esterni, scelti dal collegio del GEV che dovranno esprimersi in modo anonimo sulla qualità delle pubblicazioni selezionate).

In linea generale, ai prodotti viene attribuita una classe di merito, a cui si associa un peso (da 1 a -2). L’attribuzione della classe finale di merito è responsabilità del GEV.

Entrando nello specifico: per la classe di merito Eccellente, il peso è pari a 1; per la classe di merito Buono, il peso è pari a 0,8; per quella Accettabile, il peso è pari a 0,5; per quella Limitato, il peso è pari a 0. Esistono anche classi di merito considerate come Non valutabile per quelle pubblicazioni che non rientrano nelle tipologie indicate dalla VQR 2004-2010, o perché sono state pubblicate in anni precedenti o successivi al periodo di riferimento. Queste pubblicazioni avranno peso -1.

(32)

Per quanto riguarda l’analisi qualitativa (quindi la peer review), riguarda il 50% +1 dei prodotti. Viene effettuata dal GEV e il giudizio di qualità viene stilato in base a tre caratteristiche: rilevanza, originalità/innovazione, internazionalizzazione/potenziale competitivo internazionale del prodotto giudicato.

È effettuata da esperti esterni e da 2 membri del GEV. Viene utilizzata una scheda revisore, che prevede la risposta a tre domande a risposta multipla, accompagnate da un campo libero in cui è possibile inserire le motivazioni delle risposte.

Quali prodotti, nello specifico, vengono valutati con peer review? Gli articoli che non sono presenti nelle banche dati ISI WoS e Scopus; gli articoli presenti in Scopus e ISI WoS che richiedono la peer review in base all’algoritmo bibliometrico; gli articoli indicizzati in Scopus e ISI WoS di cui l’autore o la struttura richiede la peer review, oppure di cui è ritenuta necessaria dal GEV; gli articoli presenti nelle banche dati, ma che vengono misurati sia tramite indici bibliometrici, sia tramite peer review, con lo scopo di studiare la correlazione tra i due metodi di misurazione. Oltre agli articoli, la peer review viene utilizzata per gli altri prodotti specificati sopra.

Per quanto riguarda l’analisi bibliometrica praticata dal GEV, viene applicata agli articoli pubblicati su riviste indicizzate nelle banche dati ISI Web of Science (ISI WoS) e Scopus.

(33)

Non si applica su tutti i 14 GEV, ma in particolar modo l’analisi bibliometrica è utilizzata dai GEV 1-7, parte del GEV8 e GEV946. Anche nella valutazione bibliometrica obiettiva si individuano delle classi di merito, che vengono misurate in base al posto che la rivista o il prodotto valutato occupa nella classifica di qualità condivisa dalla comunità scientifica internazionale. Ci sono 4 posizioni:

Eccellente: se l’articolo considerato riesce ad occupare la zona definita top 20%. Questo articolo avrà un peso pari a 1 (peso 1); Buono: se l’articolo si trova nel segmento 60-80%, avrà peso pari a 0,8;

Accettabile: se si situa nel segmento 50-60%, avendo così un peso pari a 0,5;

Limitato: se l’articolo occupa il 50 % inferiore della classifica di qualità condivisa dalla comunità scientifica internazionale, avendo un peso pari a 0.

Nel documento ANVUR47viene specificato che l’utilizzo di un unico indicatore bibliometrico per la classificazione degli articoli potrebbe portare ad atteggiamenti impropri dei ricercatori, e potrebbe portare alla manipolazione dell’indicatore bibliometrico, e di conseguenza all’alterazione dei risultati.

Vediamo quali sono gli indicatori scelti dai diversi GEV per il VQR 2004-2010.

Sono stati scelti due indicatori. Il primo utilizza come indicatore la misura dell’impatto della rivista che ha pubblicato l’articolo, fornendo perciò una informazione indiretta sulla qualità

46

Per i campi di applicazione dei rispettivi 14 GEV confrontare la nota 45. 47

(34)

dell’articolo derivata da procedure di referaggio ex-ante, il tasso di accettazione degli articoli sottomessi, la diffusione e la reputazione. Il secondo indicatore utilizzato è il numero di citazioni che l’articolo ha ricevuto dalla data di pubblicazione al 31 dicembre 2011.

Entrambi vengono calcolati tramite un algoritmo48.

Una parte del documento è dedicata esclusivamente alla valutazione delle Scienze umane e sociali. Sarebbe interessante soffermarsi su questa parte perché rappresenta la presa di coscienza da parte dell’Istituzione della necessità di una diversità di trattamento a seconda dei diversi ambiti disciplinari.

Riporto testualmente due argomentazioni proposte dal documento di presentazione ANVUR che rappresentano le tesi proposte dai sostenitori della superiorità del metodo qualitativo su quello quantitativo per le Scienze umane e sociali:

«la qualità di un articolo o di una monografia è un attributo elusivo, difficilmente misurabile con metodi quantitativi, come la bellezza di un essere umano o di un’opera dell’ingegno.

Si può forse valutare la bellezza della Gioconda dal numero di biglietti venduti al botteghino del Louvre, oppure dal tempo medio trascorso dai visitatori di fronte al quadro?»49.

Nel documento viene comunque specificata l’importanza di ricordare che la valutazione bibliometrica ex-post include, anche se

48

Per l’algoritmo confrontare la pagina web ANVUR in cui vengono spiegati i calcoli legati alla misurazione dell’impatto che una rivista e un articolo hanno sulla comunità scientifica, www.anvur.org/sites/anvur-miur/files/presentazione_vqr.pdf 49

(35)

in maniera implicita, la revisione “peer” effettuata ex-ante per l’accettazione del lavoro per la successiva pubblicazione. Anzi, si sostiene che il metodo di valutazione perfetto può essere ottenuto da una «combinazione intelligente» di peer review e tecniche bibliometriche.

Nel documento si esplicitano alcuni elementi, condivisi da molti, sulla differenza tra le discipline umanistiche e sociali e le cosiddette Scienze “dure”, o meglio della minore incidenza(su vari aspetti) che le prime hanno sulla produzione complessiva. Infatti è vero che esistono riviste di ambito umanistico e sociale, ma hanno un minore impatto nella valutazione. Infatti il peso attribuito alle monografie50è minore rispetto al peso degli articoli scientifici. Si vedano di seguito le principali motivazioni.

Le pubblicazioni SSH presentano elementi di discontinuità tra i numeri delle riviste e di conseguenza hanno una frequenza minore nelle pubblicazioni scientifiche. Anche il ritmo delle pubblicazioni nelle SSH è minore rispetto alle STM (proprio per la scelta di pubblicare principalmente monografie). L’utilizzo della lingua nazionale è superiore rispetto all’utilizzo della lingua inglese (utilizzata invece per il settore delle STM).

Tutti gli elementi appena descritti provocano quindi un minore impatto delle pubblicazioni SSH rispetto a quelle STM. Questo accade perché le tecniche bibliometriche si basano sulla indicizzazione delle riviste scientifiche internazionali, prevalentemente in lingua inglese, e sulla estrazione di indici

50

Le monografie rappresentano lo strumento di pubblicazione prevalente nel settore delle Scienze Umane e Sociali.

(36)

citazionali (che non possono essere applicati anche alle Scienze Umane e Sociali).

A favore delle tecniche bibliometriche, si individua invece la loro caratteristica di internazionalizzazione e la capacità di produrre una valutazione critica, sia precedente che successiva alla pubblicazione degli articoli.

È necessario a questo punto spiegare cosa si intende con i termini “pubblicazioni internazionali”. Nel documento si trova una parte dedicata a questo aspetto. I termini dipendono da tre ordini di fattori: la lingua veicolare nella comunità di riferimento, la sua diffusione, la lingua madre dell’autore51

. Questi elementi portano ad una considerazione differente dei termini: se la lingua veicolare è molto diffusa (come nel caso della lingua inglese) sono da considerare internazionali solo le pubblicazioni in quella lingua. Se, invece, la lingua utilizzata nelle pubblicazioni è poco diffusa, è necessario fare delle distinzioni a seconda della nazionalità, delle riviste e dei congressi dei ricercatori. Quindi: se le riviste considerate più importanti pubblicano interventi nella sola lingua veicolare, queste pubblicazioni sono considerate internazionali in quanto esiste una sorta di obbligo da parte del ricercatore di imparare la lingua. Se invece esistono riviste più importanti che pubblicano in un’altra lingua (anche questa più diffusa), saranno da considerare internazionali le pubblicazioni in questa lingua, a causa della diffusione maggiore e quindi della loro leggibilità.

51

(37)

Nell’ultima parte del documento stilato dall’ANVUR, l’Agenzia si propone di migliorare la condizione delle discipline umanistiche e sociali in modo da poterne permettere una valutazione appropriata. Come?

Supportando: la candidatura di riviste in lingua italiana, che soddisfino i requisiti editoriali richiesti in ambito internazionale, per poterle inserire nelle banche dati di ISI Web of Science (ISI WoS) e Scopus; la classificazione di riviste non indicizzate (con particolare attenzione per le riviste in lingua italiana), considerando analoghe esperienze già valutate positivamente in ambito internazionale (come Commissione Europea, Spagna, Francia); la sperimentazione di differenti indicatori bibliometrici non citazionali; la «pubblicazione di informazioni affidabili sulle procedure editoriali e di selezione dei manoscritti da parte di collane ed editori nazionali». In modo particolare per le monografie, l’ANVUR ha deciso di considerare la valutazione qualitativa, ma anche le recensioni su riviste (specialmente se internazionali o di classe A), le caratteristiche delle collane editoriali in cui il lavoro è stato pubblicato (considerando di fondamentale importanza l’esistenza di un comitato editoriale, come sinonimo di qualità e garanzia), le procedure chiare e limpide di revisione che portano alla pubblicazione del lavoro, diffusione nazionale e internazionale dei prodotti dell’editore, e qualsiasi altro elemento capace di fornire indicazioni sulla qualità e sull’impatto dell’opera.

Per concludere, la peer review applicata alle aree disciplinare umanistiche e sociali riguarda concretamente le Aree: 08. Ingegneria Civile e Architettura (in parte), 10. Scienze

(38)

dell’Antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche, 11. Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche, 12. Scienze giuridiche e 14. Scienze politiche e sociali.

(39)

II CAPITOLO

OPEN ACCESS

II.1UNO SGUARDO D’INSIEME

Open Access vuol dire accesso aperto e gratuito on-line.

L’analisi del materiale a disposizione, degli articoli, libri, atti di convegni e conferenze ha portato alla conclusione di come sia difficile riuscire a dare una definizione univoca dell’Open Access. Per questo motivo, per provare a rappresentare un quadro eterogeneo, vengono presi in considerazione vari punti di vista di autori, studiosi tra i più autorevoli sull’argomento, filosofi, ricercatori ed esperti di biblioteconomia.

Peter Suber52 analizza il movimento attraverso le sue diverse «sfumature»53. Oltre a considerarlo un movimento nel quale crede fermamente, definisce la letteratura ad accesso aperto54digitale, online, gratuita e libera da restrizioni legate ai diritti di sfruttamento commerciale ed economico. Viene specificato come i documenti ottenibili grazie all’accesso aperto siano paragonabili ai documenti

52

Peter Sauber è una delle figure più attive del movimento Open Access. Partecipa nel 2003 alla Budapest Open Access Initiative (BOAI), scrive in uno dei blog ritenuti più autorevoli sul movimento: Open Access News e SPARC Open Access Newsletter. Si dedica al movimento dell’accesso aperto indagando anche sulla problematica relativa al ritardo delle scienze umane nel movimento.

53

Cfr. P. Suber, Promuovere l’open access nelle scienze umane. Trad. Francesca Di Donato, 2005http://www.aepic.it/docs/OA/brief-italian.htm

54

In questo punto si faccia attenzione che si definisce la letteratura e non il movimento ad accesso aperto.

(40)

cartacei ottenuti dietro pagamento, in quanto chi utilizza i documenti offerti dall’accesso aperto deve usufruire di una connessione Internet, che è possibile avere esclusivamente grazie alla stipula di un contratto e, in altre parole, di un pagamento55. Un secondo punto su cui insiste Suber si riferisce alla necessità di eliminare le barriere del prezzo rendendo gratuiti i testi. Queste barriere rappresentano l’ostacolo più comune tra le persone. Altri tipi di barriere sono quelle all’accesso e all’uso, legate al diritto d’autore e alle licenze ottenibili dopo l’autorizzazione dell’autore. Considerando il punto di vista della coordinatrice della biblioteca dell’Università di Torino, Maria Cassella56

, l’Open Access viene rappresentato come un movimento di idee che nasce con l’intento di promuovere un nuovo tipo di comunicazione scientifica, in cui è necessario fare attenzione alle differenti ottiche da cui viene analizzato, siano queste di autori, editori, lettori, bibliotecari, istituzioni, enti finanziatori, centri di ricerca, governi e cittadini comuni. Ritiene doveroso soffermare l’attenzione sull’importanza fondamentale di Internet come mezzo di diffusione e della conoscenza come bene comune, senza le quali è difficile proporre una rappresentazione completa del movimento e spiegarne le cause

55

Potrebbe in questa sede nascere una critica, secondo cui un utente potrebbe utilizzare la connessione Internet per accedere ai documenti Open Access attraverso reti apparentemente pubbliche, come quelle del Comune o dell’Università. In realtà anche queste, a bene vedere, vengono utilizzate liberamente tramite le tasse pagate allo Stato. È utile sottolineare questo punto in quanto, nelle pagine seguenti, si affronterà il tema della conoscenza come bene comune a cui questo tema è collegato. 56

Cfr. M. Cassella, Open Access e comunicazione scientifica, Editrice Bibliografica, Milano, 2012.

Maria Cassella è autrice di numerosi articoli sul tema dell’Open Access, si pensi al testo appena citato di recente uscita, ma anche ad articoli come L’Open Access nelle

(41)

scatenanti, che vanno al di là dei fattori economici e politici (al quale sono comunque legati).

Francesca Di Donato57parla dell’Open Access come un nuovo paradigma della comunicazione scientifica58, un movimento che ha come obiettivo la condivisione dell’informazione e della conoscenza. Rafforza la sua idea di rendere la conoscenza un bene comune e libero da restrizioni economico-politiche prendendo in esame le idee di vecchi filosofi come Platone, ma anche alcuni elementi del diritto romano secondo cui possono essere oggetto di proprietà esclusivamente le cose tangibili, escludendo da queste i bene immateriali e quindi le idee.

Sulla stessa linea, Luciano Paccagnella definisce l’«open access la via aperta alla gestione e alla diffusione della conoscenza scientifica»59.

Mauro Guerrini60in un articolo sui problemi attuali dell’editoria universitaria61, riflette sulle motivazioni che hanno portato alla

57

Francesca Di Donato è redattrice del Bollettino telematico di filosofia politica. È tra i fondatori del progetto HyperJournal (software open source per la pubblicazione di periodici scientifici), di cui presiede l’omonima associazione. È editor dell’archivio Giuliano Marini, nonché tra i fondatori del progetto Linkedopencamera.it e dell’Associazione Linked Open Data Italia. Curatrice del volume di J.C. Guédon,

Open Access. Contro gli oligopoli del sapere, ETS, Pisa, 2009; ha partecipato alla

traduzione di un altro volume di J.C. Guédon, Per la pubblicità del sapere. I

bibliotecari, i ricercatori, gli editori e il controllo dell’editoria scientifica, Plus, 2004.

Pubblica nel 2009 con la FUP di Firenze La scienza e la rete. L’uso pubblico della

ragione nell’età del Web.

58

Cfr. F. Di Donato, Le sfide dell’Open Access al sistema di comunicazione della

scienza alla pagina www.sifp.it/pdf/fdd-art-SIFP.pdf 8

59

Cfr. L. Paccagnella, Open access. Conoscenza aperta e società dell’informazione, il Mulino, 2010, Bologna.

60

Mauro Guerrini è professore ordinario di Biblioteconomia all’Università di Firenze e presidente dell’AIB (Associazione Italiana Biblioteche). Nel 2010 è tra i fondatori e curatori della rivista e-journal JLis.it (cfr. http://leo.cilea.it/index.php/jlis/about),

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