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RATING DELLE PMI ITALIANE

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E

MANAGEMENT

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN

BANCA, FINANZA AZIENDALE E MERCATI FINANZIARI

TESI DI LAUREA

RATING DELLE PMI ITALIANE

Referente/Relatore:

Chiar.mo Prof. Emanuele Vannucci

Candidato:

Marco Fortinguerra

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Indice

Introduzione

1. Definizione di Rating e linee generali 1

1.1. Storia del Rating 3

1.1.1Differenti tipologie di Rating 9

1.2. Processo di Assegnazione del Rating 11

1.3. Mercato oligopolistico del Rating 16

1.3.1. Conflitto d’interesse 19

1.3.2. Responsabilità delle Agenzie di Rating verso gli imprenditori 23

2. Rating e PMI italiane 26

2.1. Legislatura vigente 31

2.2. Parametri di valutazione 35

2.3. Evidenza empirica 41

3. Processo di emissioni mini-bond nelle PMI 48

3.1. Correlazione Rating mini-bond 53

3.2. Criticità nella valutazione delle PMI e nel loro accesso al credito 56

3.3. Rating advisory 62

3.4. Rating e PMI concordato preventivo 66

Conclusioni 71

Bibliografia 73

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Introduzione

Alla base del mio elaborato ho voluto analizzare come le piccole e medie imprese, che riversano in un periodo storico di crisi economica-finanziaria, possono reperire capitale nel modo più semplice ad esse congeniato.

L’indicatore preso in esame per poter determinare ciò, è stato il rating, determinante per alcuni aspetti nella decisione da parte delle PMI nel decidere se scegliere il credito bancario o l’emissione di mini-bond.

Le motivazioni che mi hanno spinto a scegliere questo tema hanno una duplice natura. Innanzitutto, sono stato catturato dal modo in cui le agenzie di rating possano in qualche modo influenzare il mercato, in secondo luogo mi sono chiesto come le piccole e medie imprese italiane, che purtroppo hanno una condizione economica e finanziaria non troppo stabile potessero in qualche modo ristabilirsi. Al fine di determinare tale condizione, mi è stato molto utile uno studio svolto dalla CRIF Ratings (azienda specializzata in sistemi di informazioni creditizie e di business information, servizi di outsorcing e processing e soluzioni per il credito), uno studio eseguito sui comportamenti di circa 15˙000 PMI, che mi ha aiutato in qualche modo a capire quali fossero i vantaggi e gli svantaggi nell’utilizzare una modalità anziché un’altra nel reperire fondi, innanzitutto per portare avanti l’attività e in alcuni casi anche per poter uscire da condizioni fallimentari.

La tesi è articolata in tre capitoli: nel primo capitolo viene fornita un’introduzione riguardante come e dove nascono le agenzie di rating, quali sono le differenti tipologie di rating e, essendo un mercato tendenzialmente predisposto da poche società, quali responsabilità esse hanno nei confronti degli imprenditori. Il secondo capitolo invece, si sofferma essenzialmente sulla legislatura vigente, a quali informazioni deve far riferimento una società di rating per determinare questo indicatore, in modo tale da avere una giusta valutazione sia delle aziende che degli imprenditori a capo della società, evidenziando nel dettaglio quale sia la loro influenza nel mercato odierno. Terzo capitolo, è incentrato sulla correlazione che

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vi è tra il rating e l’emissione di mini-bond, pratica che è venuta a svilupparsi negli ultimi anni anche in Italia per poter, non tanto risollevarsi dalla crisi, ma piuttosto per avere, da parte delle piccole e medie imprese, una maggior stabilità economico finanziaria nel lungo periodo.

Grazie a questo lavoro di ricerca è stato possibile determinare le maggiori varianti che vanno ad incidere sulle decisioni prese dalle banche nel concedere finanziamenti alle PMI, e l’ipotesi dal canto loro di utilizzare soluzioni differenti per la detenzione di nuovi fondi.

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Capitolo 1

1. Definizione di Rating e linee generali

Rating (in italiano Valutazione/Stima) raffigura il grado di affidabilità e solidità finanziaria di una società o di uno Stato sovrano.

Esso rappresenta la valutazione riferita ad un dato orizzonte temporale, effettuato sulla base di tutte le informazioni esistenti (quantitative e qualitative) ed espressa mediante una classificazione su scala ordinale della capacità di un soggetto affidato o da affidare di onorare le obbligazioni contrattuali.

Ad ogni classe di rating è associata una probabilità di Default ovvero una misura della possibilità che l’impresa si trovi entro un dato orizzonte temporale in uno stato diverso da quello ordinario (c.d. Default). Tale misurazione viene effettuata da un soggetto esterno e indipendente -agenzia di Rating- che assegna ad ogni società o Stato sovrano un valore alfanumerico in base al proprio scoring. Tale giudizio è sottoposto a revisione periodica.

Le agenzie di Rating sono quindi società private che si occupano di fornire, di regola dietro pagamento di un corrispettivo, un servizio di valutazione del merito di credito di imprese, quotate e non, e dei titoli di debito da essi emessi.

Le principali agenzie di Rating operanti sul mercato globale, anche attraverso società controllate sono le americane Moody’s e Standard & Poor’s e la francese Fitch le quali «attraverso un processo analitico (…) raccolgono dati finanziari e non, li elaborano e pubblicano un’opinione neutrale sulla bontà creditizia dell’emittente o dell’emissione»1.

Le valutazioni effettuate dalle agenzie vengono denominate credit rating ed indicano il rischio relativo di insolvenza.

La scala di Rating è oggigiorno suddivisa in due sezioni investment grade, costituita da una elevata qualità creditizia sul quale possono indirizzare i propri

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capitali anche gli investitori istituzionali come le grandi banche d’affari, e speculative grade, caratterizzati da un rischio di credito più elevato.

Fonte: http://www.ilsole24ore.com

Il Rating non consente però di assegnare una misura assoluta di rischio di default, consente solo di confrontare il rischio relativo di una molteplicità di emittenti/emissioni.

Le agenzie utilizzano ognuna una propria metodologia per misurare la solidità dell’emittente o emissione e a loro volta utilizzano una propria scala di rating per identificare i propri giudizi.

A questi giudizi possono poi essere annessi determinati commenti contenenti: un credit-watch2 o un credit-outlook3, i criteri e le metodologie utilizzate nella

2 Indica un periodo di osservazione del rating da parte della agenzia, dovuto al verificarsi di specifici eventi che potrebbero comportare una variazione del rating, e che dovrebbe essere risolto entro 90 giorni.

3 Indica la potenziale direzione di un cambiamento del rating nel lungo periodo (da sei mesi a due anni); in questo caso il cambiamento può essere positivo, stabile, negativo o in fase di sviluppo.

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determinazione del giudizio di rating, le condizioni in base alle quali i rating possono o saranno cambiati, le descrizioni delle società valutate e le loro linee di business.

1.1. Storia del Rating

L’analisi sul “mercato del Rating” non può prescindere dallo studio dei profili che ne hanno caratterizzato l’evoluzione storica. Ne segue, dunque, che proprio l’individuazione dei fattori socio-economici, che hanno inciso sullo sviluppo del rating, permette di comprendere il perché abbia una così grande rilevanza all’interno dell’attuale sistema finanziario (Troisi, 2013)4.

Il rating ha una storia secolare, le prime volte in cui si è iniziato a parlare di rating è stato agli inizi del novecento in corrispondenza dello sviluppo del mercato finanziario e della diversificazione delle strategie di investimento.

Il primo rating fu pubblicato nel 1909 ad opera di John Moody, trecento anni dopo che gli olandesi avevano rivoluzionato la finanza nazionale ed internazionale inventando le azioni ordinarie e fondando nel 1609 la prima banca proto-centrale: la Banca di Amsterdam. Poco dopo nel 1688 gli inglesi approfittarono di tutto ciò che era stato stabilito dagli olandesi e buttarono le basi per la nascita del sistema finanziario moderno.

Questo stesso atteggiamento si diffuse nel 1700 negli Stati Uniti d’America grazie ad Alexander Hamilton che si ingegnò nel considerare un sistema finanziario ed economico anche oltre oceano.

Ma la domanda che ci sorge spontanea a questo punto è: perché hanno tardato tanto a prendere forma le agenzie di Rating? E perché sono nate proprio in America?

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Nella prima metà del XIX secolo numerosi stati americani iniziarono ad emettere obbligazioni sia nei mercati nazionali che internazionali al fine di finanziare diversi progetti di infrastrutture, in particolar modo di ferrovie, ponti e strade.5

Fino a quel momento gli investitori non avevano avuto necessità di un rating perché le obbligazioni erogate erano “sovrane”, quindi garantite dallo stato. In seguito, dato che le obbligazioni diffuse erano concesse da privati e quindi i loro progetti di investimento non avevano certezza di solvibilità futura, i piccoli finanziatori volevano maggiori garanzie/informazioni per poter investire. Questo gap informativo fu soppiantato dalla nascita della prima credit rating reporting agency (Mercantile Agency), molto vicine alle odierne agenzie di rating.

Queste agenzie si specializzarono nella raccolta di informazioni relative alla situazione patrimoniale ed economica delle aziende, e nella vendita delle informazioni a chiunque fosse intenzionato ad entrare in affari con esse.

La prima credit rating reporting agency di cui abbiamo documenti che ne attestino la veridicità dell’esistenza venne fondata nel 1841 da Lewis Tappan che decise di specializzarsi nella raccolta e diffusione di informazioni commerciali. Questa agenzia nacque un po’ per caso dato che Tappan era già abituato a reperire informazioni che potessero essere utili nei suoi rapporti d’affari. Avendo acquisito informazioni per anni nel momento in cui gli furono richieste, lì ci fu l’intuizione di creare una agenzia che potesse vendere informazioni che avrebbero aiutato gli investitori ad operare in un mercato scarsamente trasparente. La suddetta agenzia riuscì ad ottenere notevoli guadagli dalla vendita delle informazioni patrimoniali e commerciali delle imprese.

Nel corso degli anni dopo tante trasformazioni e fusioni la Mercantile Agency prese il nome di Dun & Bradstreet: una agenzia di rating influente ed indipendente fino al 1962, anno in cui fu acquisita da Moody’s.

5 G. Ferri, P. Lacitignola, pagg.17 ss., i quali riportano che «le ferrovie e le infrastrutture costituivano i settori prediletti dagli investitori americani ed erano percepiti come mercati dinamici ed in continuo sviluppo».

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Facendo un passo indietro possiamo dire che nell’ anno 1909 Jhon Moody pubblicò i primi bond rating, imitato da Poor’s Publishing Company nel 1916, Standard Statics Company nel 1922 e Fitch Publishing Company nel 1924.

Se da un lato aumentava il bisogno di informazioni da parte degli investitori, reduci delle crisi nel 1907 e di quella che stava arrivando 1929 (primo periodo in cui le agenzie di rating avrebbero avuto la propria espansione) d’altro canto essendoci quasi solamente investimenti sani garantiti dallo stato l’espansione delle agenzie di rating tardava ad arrivare.

Dagli anni ’70 in poi fino ad oggi dato l’aumento della volatilità dei mercati e i possibili default, le agenzie di rating ebbero una fortissima espansione. Le motivazioni precise per tale incremento sono dovute a:

• Cambiamenti strutturali nei mercati finanziari. Il numero di investitori è aumentato ed inoltre le strategie che essi utilizzavano erano molto più complesse e diversificate.

• La “Disintermediazione” che ha traslato il credito dalle banche ad i nuovi mercati immobiliari e parabancari (dovuto specialmente all’inflazione galoppante avutasi negli anni ’70) e di qui la nascita anche delle Banche Universali.6

• I singoli paesi hanno cominciato a finanziarsi sempre più spesso mediante i mercati di credito.

• La globalizzazione.

• La regolamentazione basata sui rating è aumentata non solo negli USA ma, a partire dal 1990 anche in altri paesi, sviluppati ed in via di sviluppo. Oltre a questi cinque fattori appena elencati vi sono altre motivazioni che hanno portato all’aumento delle agenzie di rating, tra essi possiamo enunciare le frequenti asimmetrie informative, le dimensioni aumentate esponenzialmente del mercato e

6 La banca mista o banca universale è un modello di gestione bancario, nato verso la fine del XIX secolo. Oggi rappresenta il più diffuso modello di istituzione bancaria, impegnato nell'erogazione di molti servizi (tra cui raccolta di risparmio a breve e a lungo termine) e nella vendita di numerosi prodotti

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l’introduzione di nuovi prodotti finanziari soggetti al rating, come ad esempio gli strumenti di finanza strutturata. Ma il cambiamento più rilevante si è avuto con il passaggio da “investor pays” a “issuer pays” (cioè, non è più l’investitore a pagare ma è l’emittente stesso a pagare per essere valutato).

Questa variazione avutasi non è ravvisabile in modo facile, infatti le ipotesi sono molteplici, innanzitutto l’invenzione della fotocopiatrice che ha portato ad ottenere materiale completamente gratuito, da parte degli investitori, di dati da propri amici essi stessi investitori7, in secondo luogo la consapevolezza da parte delle agenzie

di rating del proprio potere (che avrebbe indotto gli emittenti a pagare per vedere alcune A sui propri titoli) così da creare un doppio mercato incentrato sul pagamento da parte di investitori ed emittenti per sapere per primi nel caso di investitori su quali titoli investire in modo sicuro, e nel caso degli emittenti ottenere rating alti così da poter vendere maggiormente i propri strumenti finanziari. È ovvio che questo tipo di attività possa in qualche modo portare ad un conflitto di interessi infatti gli emittenti saranno portati a pagare di più nel caso possano controllare le classificazioni da parte delle agenzie sui propri titoli e attività. Un altro caso specifico da analizzare è il così detto rating shopping (fenomeno in base al quale le società quotate o in procinto di essere quotate ricercano le agenzie di rating che gli garantisce il rating più performante al costo minore).

Le agenzie di rating tenderanno a giudicare le società a loro appoggiate con una severità e con un’indipendenza mitigate dalla tentazione di maggiori introiti e dalla paura di perdere i propri clienti. È comunque giusto analizzare questo aspetto anche da un altro punto di vista, meno sospettoso. Le agenzie di rating pur trovandosi in una posizione diciamo corruttibile non dovrebbero venire meno alle

7La rapida diffusione delle fotocopiatrici favorì la divulgazione dei rating tra gli operatori del mercato, in

quanto quest’ultimi si sottraevano all’onere del pagamento, cercando, comunque, di beneficiare dell’informazione, pagata da altri. Tutto questo ridusse sensibilmente i profitti delle agenzie. Si veda in proposito Fons J. S., 2008, White Paper on Rating Competition and Structured Finance, Moody’s Investors Service, 10 January 2008.

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proprie responsabilità poiché ne va della propria reputazione che rappresenta il loro punto di forza.

Di qui dobbiamo precisare che nel 1975 la SEC8 cristallizza l’oligopolio delle tre

sorelle (Standar and Poor’s, Fitch e Moody’s) nel NRSRO (National Recognized Statistical Rating Organization) creando di fatto una barriera all’entrata molto difficile da valicare per eventuali aspiranti entranti nel mercato (tale barriera va ad aggiungersi ad altre quali le economie di scala, esperienza e brand reputation). Qui di seguito riportiamo i profili storici delle tre agenzie globali:

•MOODY’S:9

Il padre fondatore dell’agenzia di rating “Moody’s” fù Jhon Moody, un giornalista economico che già nel 900 aveva esordito con il Moody’s Manual of Industrial and Miscellaneous Securities, un manuale che raccoglieva informazioni su azioni e obbligazioni governative, di società finanziarie, e del settore alimentare, manifatturiero, minerario e soprattutto ferroviario. L’attività di Jhon Moody & Company riscuote subito un enorme successo, per poi subire un duro colpo a seguito della crisi del 1907 e riprendersi verso il 1909 a seguito di due importanti innovazioni: la prima consisteva nell’utilizzare i pony per velocizzare il flusso di informazioni da una costa all’altra degli Stati Uniti, la seconda fu quella di dedicarsi all’analisi dei titoli (anziché alla mera raccolta di dati) e ad esprimere un giudizio su di essi apponendovi un simbolo alfanumerico. Già nel 1924 passa sotto la lente di Moody’s il 100% del mercato obbligazionario statunitense.

Prosegue la sua attività nonostante la Grande Depressione del ’29 e negli anni ’70 estende la propria attività nel business della carta commerciale e al mercato dei depositi bancari. Ad oggi eguaglia la quota di mercato di S&P, infatti secondo L.J. White detengono ciascuna una quota del 40% del mercato totale, mentre Fitch il 14%.

8 La Securities and Exchange Commission è l’autorità di vigilanza della borsa valori statunitense. 9 Informazioni raccolte su www.moodys.com

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•S&P’s:10

Standard & Poor’s nacque e nel 1941 a seguito della fusione tra Poor’s Publishing e Standard Statistics. La prima era l’agenzia di rating fondata nel 1916 da Henry Varnum Poor, un avvocato statunitense autore di History of Railroads and Canals in the United States.

La seconda, il cui nome completo è Standard Statistics Bureau, era un’altra agenzia di rating focalizzata sul mercato dei titoli ferroviari, fondata da Luther Lee Blake, un ex manager della Laidlaw & Co. Nel 1966 venne acquisita dal colosso editoriale McGraw-Hill, del quale fa tutt’oggi parte. Inoltre, S&P a differenza delle altre agenzie di rating ha realizzato diversi indici azionari tra i quali spicca lo S&P 500 (relativo alle 500 società a maggiore capitalizzazione quotate al NYSE, all’ AMEX e al NASDAQ).

•FITCH:11

La Fitch Publishing Company venne fondata dall’editore Jhon Knowles Fitch nel 1913, e si specializza nell’analisi dei dati finanziari delle società quotate alla borsa di New York. Nel 1924 introduce la scala di rating che va da AAA a D. Tramite questo metodo rende più facile e immediata la lettura dei giudizi sul merito di credito. La crescita della quota di mercato di Fitch cresce costantemente fino agli anni ’90, dove poi espande la propria operatività in svariati settori, compreso quello della finanza strutturata. Nel 1997 si fonde con IBCA Limited (un’agenzia di rating londinese) entrando a far parte della holding anglo-francese FIMILAC. Grazie a questa fusione Fitch è riuscita a penetrare nelle piazze estere, e nel corso degli anni 2000 avrebbe continuato ad espandersi tramite M&A: nel 2000 acquisisce la statunitense Duff & Phelps Rating Co e la canadese BankWatch. Nel 2005 acquisisce la canadese Algorithmics creando così Fitch Group. Alcune di queste agenzie (quali Thomson BankWatch, Duff & Phelps, ma anche altre come

10 Informazioni raccolte su www.standardandpoors.com 11 Informazioni raccolte su www.fitch.com

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McCarthy e Crisanti & Maffei) facevano parte del NRSRO, ma fusioni tra queste e Fitch avrebbe riportato il numero delle agenzie riconosciute a tre.

1.1.1 Differenti tipologie di Rating

I differenti tipi di rating che possiamo ritrovare e che sono analizzabili si racchiudono in cinque tipologie:

➢ Rating delle emissioni.

È un giudizio schematico, riferito a uno specifico strumento finanziario appartenente a una determinata emissione, e che va ad esprimere la possibilità da parte dell’emittente di adempiere agli obblighi assunti, nei tempi e nei modi stabiliti. Nell’esprimere questo giudizio si tiene in considerazione il grado di solvibilità e il tasso di perdita atteso in caso di default. Ciò non toglie che si debba comunque valutare anche le garanzie prestate dall’emittente e il grado di subordinazione, in sede di rimborso, rispetto agli altri debiti contratti dallo stesso.

➢ Rating dell’emittente.

Esso viene definito in base al merito creditizio dell’intera impresa esaminata ed esprime la sua capacità di risanare i propri obblighi finanziari non garantiti da strumenti collaterali. Esso è un indicatore che determina la capacità stessa della società di rimborsare i clienti riferita a contatti finanziari, swap, forward, opzioni e lettere di credito.

➢ Rating Sovrano.

Tale giudizio riguarda la capacità di uno stato sovrano di onorare il proprio deficit in maniera integrale in un tempo prestabilito. Esso può essere considerato da due punti di vista (valuta estera e valuta locale) e in base a ciò determinare come sempre la capacità di far fronte ai propri obblighi

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finanziari. Però vi sono alcune differenze da prendere in considerazione, infatti, il rating in valuta locale è generalmente più alto perché tiene conto della possibilità di disporre di strumenti che consentano di fronteggiare l’adempimento dei propri obblighi.

Chiaro è che se un determinato stato abbia garanzie esterne dovute a rapporti internazionali si possa determinare un rating che vada al di là del rating sovrano.

Il rating sovrano condiziona il rating delle imprese localizzate nel territorio dello stato: il rating assegnato alle banche e alle imprese è in genere non superiore a quello assegnato allo stato sovrano (country ceiling effect).12

➢ Rating delle Banche e delle compagnie assicuratrici.

Le agenzie di rating mondiali, utilizzando parametri quantitativi e qualitativi come vedremo nello specifico in seguito, calcolano ed emettono una serie speciale di rating che si basa essenzialmente sulla solidità finanziaria “stand alone” della banca (bank financial strenght rating). Secondo una delle più importanti agenzie (Moody’s) è un’opinione “sulla sicurezza intrinseca e sulla solidità” di una banca.

Questo specifico rating ipotizza la possibilità che la stessa banca possa trovarsi in situazioni tali da richiedere sostegno a soggetti terzi, quali proprietari, gruppo industriale di appartenenza o addirittura autorità governative (come accaduto in Italia pochi anni fa).

Secondo un discorso logico è intuibile che nei Paesi con una forte presenza istituzionale istituita a salvaguardia degli investitori i rating sulla solidità finanziaria delle banche dovrebbero essere più elevati.

Differenza ravvisabile inoltre con la scala tradizionale è la composizione della scala stessa individuabile in nove-notch (A, B+, B, C+, C, D+, D, E+, E).

Differente è invece il rating che riguarda le compagnie assicuratrici (claim paying ability rating).

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Oltre ad essere emessi dalle solite ed ormai conosciute come le tre sorelle (Moody’s, S&P’s, Fitch) per questo specifico rating vi è un’altra impresa specializzata in tale ambito AM Best.

Questo specifico rating viene calcolato sulla capacità delle compagnie assicuratrici di pagare puntualmente i risarcimenti spettanti agli assicuratori.

➢ Rating relativi a prestiti bancari.

Tale rating si focalizza sui benefici legati alle garanzie prestate. In molti casi si verifica che il rating del prestito bancario è superiore al rating del debitore.

Per determinare il rating dei prestiti bancari si adopera la stessa metodologia che si usa per determinare i rating sulle emissioni, anche se modificato sotto alcuni aspetti, infatti in questo caso si deve tener conto del contesto giuridico di riferimento e dei tassi di recupero osservati nel mercato locale considerato.

1.2 Processo di Assegnazione Rating

Analizzando il profilo tecnico, il rating secondo le direttive comunitarie imposte dal regolatore viene definito come il “potere relativo del merito creditizio di un’entità, di un’obbligazione di debito o finanziario, di titoli di debito, di azioni privilegiate o di altri strumenti finanziari, o di un’emittente di debito, di un’obbligazione di debito o finanziario, di titoli di debito, di azioni privilegiate o altri strumenti finanziari”.13

Tout court come già detto in precedenza, capacità di uno specifico debitore (impresa (PMI), stato, ente pubblico o un intermediario finanziario) di onorare, a scadenza, i propri impegni finanziari.

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La procedura di costituzione del Rating si sostanzia in aspetti e momenti caratterizzanti la stessa, le fasi in cui essa si districa riguarda essenzialmente otto fasi ben collegate fra di loro, che andremo a delineare brevemente di seguito:

1. Richiesta dell’emittente.

Questa fase intitolata “Richiesta dell’emittente” rende chiaro che in moltissimi casi l’attribuzione del solicited rating avviene tramite richiesta delle eventuali imprese, enti pubblici… che, tramite il proprio Managing Director competente per il settore d’attività, conferisce all’agenzia di rating il compito di procedere alla propria valutazione e alla valutazione di una o più emissioni.

Questa fase impone che tra agenzia e cliente si venga a creare un contratto in cui si specifichi gli obblighi delle controparti. Le agenzie per questa tipologia di servizio richiedono una tassa “fee”, in misura variabile. Tassa che varia fra i 25˙000 e i 125˙000 dollari (S&P’s); essa è pari allo 0,0325% del valore nominale del prestito e costituisce circa il 95% delle entrate dei raters (ex. caso specifico di credit rating).

Oltre alla tassa appena identificata, le agenzie di rating richiedono anche una collaborazione al soggetto da valutare che è pertinente alla richiesta di informazioni che andranno a determinare il rating.

Vi è anche un singolare caso di unsolicited rating in cui è essa stessa (agenzia di rating) a proporsi spontaneamente al soggetto che può accettare o no di sottoscrivere il contratto. In questo caso l’agenzia procederà comunque all’identificazione del rating, impostandolo su informazioni pubblicamente diffuse dal ‘cliente’ in primo luogo i bilanci.

Ciò determina un potere molto forte in capo alle agenzie di rating che possono attribuire anche rating pessimistici, di qui nella quasi totalità dei casi impone l’intervento delle società che per evitare che vi siano apposti rating negativi collaborano con le agenzie pagando le fee.

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2. Preparazione delle riunioni.

Prima che si vada ad emettere il rating definitivo vi è una fase preliminare in cui il richiedente viene assistito dal cosiddetto analytical team, che ha il compito di svolgere attività di ricerca ed analisi. Questa fase che si sostanzia a livello temporale in un periodo di due-quatto settimane permette alla stessa agenzia di osservare e studiare, così da permettere una prima delineazione del rating, documenti presentati dall’impresa, come bilanci degli ultimi cinque anni e ogni altro documento pubblicamente disponibile e si va ad elaborare uno schema di analisi con l’indicazione dei principali temi d’approfondimento, e l’elenco di eventuali altre documentazioni. Questo schema d’analisi viene esposto all’impresa richiedente che dovrà, se ritiene giusto, predisporre il materiale da fornire agli analisti dell’agenzia. Il team in sintesi incontra il management dell’emittente così da poter in tandem valutare i piani operativi e finanziari e le strategie dell’alta direzione e allo stesso tempo permettono agli analisti di vivere a contatto con la realtà operativa dell’azienda, così da visionare dall’interno la cultura, il clima aziendale, il valore del management… Le informazioni della società sono di due tipi, quantitativo (performance economica, condizione finanziaria, dimensioni) e qualitativo (caratteristiche dell’industria, posizione dell’impresa nel settore, struttura proprietaria, qualità del management, qualità del sistema contabile e informativo) e includono sia dati storici che dati prospettici; esse vengono acquisite sia da documenti pubblici, sia da materiale privato fornito dal management. La collaborazione tra agenzia e richiedente è di fondamentale importanza per la determinazione, tenuto conto della qualità e completezza delle informazioni, del rating.

3. Management meeting.

L’incontro avviene presso la sede dell’impresa richiedente, nel corso di una giornata al massimo.

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Vi partecipano l’analitycal team dell’agenzia in questione e il management dell’impresa (personale da essa identificato). Dato che le questioni riguardanti l’incontro vedono tipicamente l’approfondimento dei temi finanziari comporta inevitabilmente il diretto coinvolgimento della direzione finanziaria e amministrativa. Per una analisi più ampia delle strategie e del posizionamento nel mercato partecipano figure dei vertici aziendali e i responsabili d’area.

4. Analisi.

Una volta completati gli incontri, gli analisti eseguono uno studio approfondito dell’azienda, che come abbiamo appreso tiene conto di tutti gli elementi necessari all’assegnazione del rating. Quest’analisi si conclude in un periodo racchiuso generalmente di un mese, in cui gli analisti presentano un rapporto interno per i membri del Comitato di rating.

5. Riunione del Comitato.

Il Comitato si compone di cinque-otto analisti, alcuni dei quali specializzati nel settore specifico in cui è insediata l’impresa. Durante la riunione del Comitato, il rating proposto dall’analista principale viene discusso e infine determinato sulla base del consenso espresso dalla maggioranza.

6. Possibilità di Ricorso.

Avvolte può accadere che il richiedente possa essere in disaccordo con il rating concessogli dal Comitato. In tal caso vi è la possibilità di ricorso, che prevede, nel momento in cui vi siano concessi nuovi dati/informazioni al Comitato la possibilità di un riesame che prevede una seconda delibera da parte dello stesso, in cui si discuterà delle varie obiezioni e delle nuove informazioni emesse dall’azienda.

7. Pubblicazione del Rating.

Il rating che viene attribuito dal Comitato e poi esplicitato all’impresa richiedente è corredato dalle ragioni che hanno condotto a tale valutazione.

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L’impresa dal canto suo può decidere due azioni, o di pubblicare il rating o di mantenerlo confidenziale, manifestando esplicitamente le proprie intenzioni.

Nel primo caso, viene predisposto il comunicato stampa con l’indicazione del rating e delle motivazioni sottostanti. In caso contrario come già detto rimarrà strettamente confidenziale tra richiedente ed agenzia. In tutti e due i casi i dati concessi dall’azienda all’agenzia, in maggior modo i dati non pubblicamente evidenziabili, non dovranno mai essere divulgati a terzi (previsto generalmente nel contratto di rating).

8. Monitoraggio.

Ultima fase, ma non meno importante, dell’iter procedimentale, caratterizzata dalla possibilità di modifica del giudizio, risulta comunque una fase semplificata rispetto alla prima assegnazione, dato che i rapporti tra impresa ed agenzia si sono già consolidati. La frequenza e l’intensità del monitoraggio dipendono dalle caratteristiche intrinseche dell’emittente, dell’emissione e del settore in cui l’emittente si va a posizionare. Questa attività in base alla regolamentazione europea deve essere svolta almeno una volta l’anno. Il monitoring comporta un grosso impegno da parte delle agenzie di rating, le quali predispongono all’interno delle strutture di riferimento, apposite sezioni specializzate (di creditwatch se inferiore a novanta giorni oppure di outlook se compreso tra sei mesi e due anni). Quindi viene apposto un giudizio al fianco del rating di solito predisposto che può essere di tre tipologie:

• Negativo se vi può essere la possibilità che il rating si abbassi; • Positivo se il rating in prospettiva può migliorare.

• Developing, se la situazione non è chiara.

La modifica è inevitabile che possa incidere positivamente o negativamente sul titolo o sulla reputazione dell’emittente. Perciò questa fase viene considerata importante al pari della prima assegnazione del rating.

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1.3 Mercato oligopolistico del Rating

Ciò che rende complicato l’assegnazione di rating accurati è la particolare struttura che questo settore di mercato presenta. È un settore pressoché oligopolistico essendo dominato da tre grandi agenzie e la determinante che più incide sulla fornitura dei rating è che a pagare per ricevere un rating sono le stesse imprese richiedenti.

È chiaro che le agenzie rispettino dei criteri di assegnazione per poter comunque aver una reputazione che garantisca l’attività stessa delle agenzie dai potenziali conflitti di interesse insiti nel business del rating. Criteri che si esplicano sulle competenze tecniche, trasparenza, obiettività e imparzialità.

Il mercato del rating è stato per lungo periodo dominato da poche aziende riconosciute dalla SEC come NRSRO. Nel 2003 data la preoccupazione, che un mercato oligopolistico possa influire sull’assegnazione accurata del rating, la SEC ha inserito altre sette agenzie nella lista delle NRSRO, anche se tale azione non ha cambiato di tanto la realtà, dato che le tre principali agenzie detengono all’incirca tutto il mercato. Richiesta dell'emittente Preparazione delle Riunioni Management meeting Analisi Riunione del comitato Possibilità di Ricorso Pubblicazione del Rating Monitoraggio

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La bassa concorrenza quindi non incentiva l’accuratezza nella creazione del rating. Un articolo dell’Economist afferma: “se c’è insufficiente concorrenza, la SEC è la maggior responsabile”.14

Non c’è dubbio che le barriere all’ingresso imposte dai criteri NRSRO hanno inciso sulla eventuale concorrenza.

Moody’s e S&P’s concorrono ancora oggi l’una contro l’altra, mentre Fitch compete cercando di specializzarsi nella nicchia della finanza strutturata, facendo concorrenza sul prezzo e dando rating potenzialmente migliori; arma a doppio taglio dato che nel lungo periodo la reputazione è uno dei cardini delle agenzie di rating. La reputazione che le agenzie acquisiscono nel tempo, è essa stessa una barriera all’entrata infatti le nuove agenzie che si vogliono affermare in questo settore purtroppo essendo “nuove” non godono di una reputazione tale che li introduca in questo mercato.

Questa situazione ha indotto i Prof. Cantor e Packer ad affermare che: “sebbene abbandonare la designazione NRSRO potrebbe essere una misura radicale, potrebbe incoraggiare i regolatori a rivedere il loro uso corrente del rating e ad aggiustare le differenze di rating nel tempo e tra agenzie”15.

La regolamentazione per migliorare la qualità del rating dovrebbe tendere a favorire l’ingresso di un maggior numero di imprese nell’industria del rating. D’altro canto, vi sono anche teorie contrapposte a quest’ultima, Becker e Milbourn (2010) analizzano il cambiamento della qualità dei rating all’aumentare della concorrenza. In pratica il loro studio si concentra nell’evidenziare come cambi il rating emesso da Moody’s e S&P’s all’aumentare della quota di mercato detenuta da Fitch.

La loro teoria ha fatto luce su alcuni punti:

• I giudizi emessi da S&P’s e Moody’s tendono verso classi di rating migliori.

14 C.A. Hill, “Regulating the Rating agencies”, Business, Economics and Regulatory Policy, Working Paper N° 452022, Georgetown University Low Center.

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• Il contenuto informativo si riduce in quanto la correlazione si abbassa tra il rating e il rendimento dei titoli.

• La capacità del rating di predire la probabilità di default risulta ridotta.

Grafico 1: La differente distribuzione del rating nei casi di alta e bassa competizione.

Fonte: B. BECKER, T. T. MILBOURN, “How Did Increased Competition Affect Credit Ratings?”, Harvard Business School Finance, settembre 2010, p. 37.

Questa teoria consegue anche alla possibilità che quindi le agenzie di rating emettano rating inflazionati. Ciò incide anche sulla reputazione che quindi non si ritiene più come carattere essenziale per avere rating accurati. Essenzialmente l’aumento della concorrenza potrebbe causare un fallimento del rating, in quanto quest’ultimo non riesce a concedere più stime imparziali sulla possibilità di default. Maggior concorrenza avrà quindi la conseguenza di una minor rendita che a sua volta porterà ad una minor accuratezza.

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In conclusione, se da un lato la letteratura, ritiene che l’incremento della concorrenza può risultare benefica, vi è un altro rovescio della medaglia che si concentra nel dire che essa può causare effetti distorsivi.

Studi empirici, ad oggi, confermano il prevalere della prima teoria; Anche lo stesso Fondo Monetario Internazionale enfatizza gli effetti positivi che si avrebbero da una maggior concorrenza16.

Se da un lato è vero inciderebbe sulla reputazione, è anche vero che vi possono essere più informazioni che determinerebbero rating più dettagliati.

Un aumento della concorrenza inevitabilmente causerà l’aumentare del rating shopping che dovrà essere chiaramente contrastato dal regolatore, e anche l’aumento del fenomeno degli unsolicited rating.

Questo come vedremo nel prossimo capitolo è una problematica ancora esistente che piano piano si cercherà di risolvere con nuove leggi che attenuino/eliminino queste problematiche.

1.3.1 Conflitto d’interesse

Il lavoro svolto dalle agenzie di rating consiste principalmente nel dare un giudizio soggettivo ad una determinata società o titoli di una società; è considerata oltretutto un soggetto terzo indipendente che non si assume il rischio di una errata valutazione, quindi l’unica garanzia sta nel fatto che un’errata corrige inciderebbe in modo notevole sulla reputazione stessa dell’agenzia così da portare minori introiti nel lungo periodo.

A tal proposito possiamo elencare le maggiori problematiche che si riscontrano nel lavoro eseguito dalle agenzie:

16 IMF, 2010, “the uses snd abuses of sovereign credit ratings”, IMF Global Financial Stability Report, ottobre 2010.

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• “power without accountability”: il ruolo delle agenzie è del tutto passivo e influenza in modo predominante il mercato finanziario, senza assumersi responsabilità;

• “conformity bias”: generalmente le agenzie assegnano giudizi conformi agli stessi debitori, e un’eccessiva conformità comporta, nel caso l’agenzia privata abbia assegnato un rating simile, che non vi sia nessun aggiornamento da parte delle altre agenzie;

• “procyclical bias”: esempio lampante si è avuto negli anni 1997-1998 e nella recente crisi mondiale, in cui le agenzie hanno dato segnali di turbolenza solo dopo che le crisi sono iniziate;

Oltre a questi tre casi in cui la problematica maggiore affrontata è la determinazione di un rating non corretto, vi sono altri due casi che porterebbero ad avere comportamenti sbagliati nei confronti degli emittenti:

• “socialcultural bias”: è diffuso il sospetto che coloro che non seguono gli ideali anglo-americani siano discriminati da coloro i quali utilizzano ideali anglo-americani;

• “punishment of disobedient firms”: il fenomeno dell’unsolicited rating, hanno portato molte volte a discriminare coloro che non abbiano in passato pagato per ricevere l’assegnazione di un rating;

Queste problematiche e in maggior modo il “pocyclical bias” identificano i maggiori problemi del mercato del rating, che spesso portano a vere e proprie crisi economiche specialmente se collegate al rischio sistemico.

Il Prof. Crhistoph Kunher ha studiato il ruolo delle agenzie di rating, incentrato sulla loro affidabilità durante una crisi sistemica, cioè una situazione in cui “gli investitori non sono in grado di distinguere debitori fondamentalmente inaffidabili ed in cui gli investitori tendono cumulativamente a ritirare i loro fondi”17 in modo

17 V. Kunher C., 2001, “Financial rating agencies: are they credible?”, Schnalenbach Business School, Vol. 53, gennaio 2001, pagg. 2-26.

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tale che né i debitori inaffidabili né gli altri siano in grado di sopravvivere all’abbandono da parte dei creditori.

Inoltre, il Prof. Kunher spiega che ciò è dovuto ad un’asimmetria informativa che riguarda la solvibilità degli attori nel mercato finanziario. Le agenzie di rating in tal senso giocano un ruolo fondamentale nell’indurre gli investitori a lasciare i loro fondi sul mercato infatti “i loro creditori ritirano i loro fondi in risposta ad assegnamenti di rating bassi, scatenando così l’insolvenza in modo quasi deterministico”.18

Da ciò si arriva alla conclusione che: “non possiamo aspettarci che in un ambiente ad alto rischio sistemico, gli intermediari dell’informazione, come le agenzie di rating, agiscono come istituzioni di stabilità, fornendo un avvertimento iniziale credibile o informazioni di ultima istanza”.

Un altro problema di cui ancora non abbiamo discusso a fondo e che è molto incisivo all’interno del mercato del rating è senza dubbio il conflitto d’interessi. Un esempio a cui si può far riferimento, e che ci dia l’idea di ciò che può causare il conflitto d’interessi, ci viene dato dalla testimonianza di un ex manager di Standard & Poor’s, Frank Raiter, specializzato nella valutazione dei titoli basati sui mutui, il quale ha affermato che nel 2001 un suo superiore è andato da lui a chiedergli di controfirmare una valutazione che lui non aveva mai fatto, allo scopo di facilitare l’acquisizione di nuovi contratti. Raiter rifiutò di firmare ma alla fine il rating fu comunque emesso.

La realtà dei fatti conferma che la valutazione non era stata inventata ma ripresa da alcuni concorrenti, resta il fatto che S&P’s non fece nessuna valutazione. Se questo tipo di manovre vengono fatte da tutte le agenzie è chiaro che vi possa essere un effetto disastroso nel lungo periodo sull’economia internazionale. Il conflitto d’interessi può essere preso in considerazione anche nel campo degli investimenti finanziari strutturati, in quanto l’agenzia può dare consigli

18 V. Kunher C., 2001, “Financial rating agencies: are they credible?”, Schnalenbach Business School, Vol. 53, gennaio 2001, pp. 2-26.

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all’emittente su come costruire un titolo in considerazione del rating del titolo stesso e poi pubblicarlo garantendosi due onorari. Questa pratica negli anni è sempre più diffusa tra le agenzie tant’è che il 44% dei guadagni nel 2006 di Moody’s è arrivata dalla finanza strutturata.

Il conflitto d’interessi delle agenzie di rating è un problema che ricade anche su altre tipologie di manovre che l’agenzia stessa potrebbe fare: 1) L’unsolicited rating e 2) Servizi ancillari.

1. Questo metodo secondo molti studiosi è un modo strategico di conquistare il mercato con la minaccia implicita di dare un rating basso se l’emettitore valutato non garantisce il pagamento.

A tal proposito possiamo citare il pensiero di uno studioso della materia, Partnoy, che ci dice: “nessun revisore dei conti sosterrebbe il costo di una contabilità “gratuita” solo per aumentare il proprio prestigio e sperare di ottenere maggiori clienti”.19

2. Il secondo metodo si basa sull’influenzare il richiedente rating in base all’accettazione o meno da parte loro di servizi accessori offerti dalle agenzie di rating.

Dice Partnoy “assomiglia ai servizi di contabilità offerti dalle agenzie commercialiste. (…) Gli emettitori potrebbero temere che se non acquistassero altri servizi dall’agenzia, tale decisione avrebbe un impatto negativo sul loro rating. Allo stesso modo gli emettitori potrebbero credere che se acquistassero servizi ancillari, il loro rating migliorerebbe, (…) e che l’agenzia sia soggetta alla pressione di dare quel rating”.

Questa teoria viene condivisa anche da altri studiosi noti, tra essi il Prof. Claie A. Hill che sostiene che le compagnie possono minacciare le

19 F. Partnoy, “How and Why credit agencies are not like other Gatekeeper”, Legal studies research paper series, research paper n° 07-46, May 2006, School of law University of San Diego.

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agenzie di affidare loro meno servizi ancillari a meno che si riceva il rating voluto.

Quest’ultimo problema ci fa sorgere una domanda spontanea, nonostante le compagnie possano influenzare le agenzie, esse valutano in modo onesto? A cosa danno più peso, agli affari o alla propria reputazione?

Molti studiosi ritengono che al di là delle influenze che le agenzie possono avere ed hanno, perché esse sono evidenti, all’interno del mercato del rating, la reputazione è comunque un carattere imprescindibile che deve essere conservato, infatti, “se i mercati pensano che una compagnia possa ottenere un alto rating solo pagando per esso, il rating non avrebbe valore”.20

1.3.2 Responsabilità delle agenzie di Rating verso gli

imprenditori

Per poter introdurre tale argomento dovremo innanzitutto iniziare col dire che l’alta aleatorietà dei mercati finanziari, tra l’altro condizionati da prodotti e strumenti sempre più complessi, induce gli investitori (istituzionali e non), a porre maggiore attenzione a tutti gli indicatori che possano rendere elementi di valutazione inerenti l’affidabilità e la solvibilità di un determinato soggetto o prodotto.

Come avviene per ogni campo, che siano i mercati finanziari, bancario o assicurativo… la responsabilità di taluni soggetti si evidenzia nel momento in cui viene a delinearsi qualche patologia. Infatti, a fronte di avvenimenti negativi che hanno caratterizzato il mondo finanziario negli ultimi anni (uno tra tutti il fallimento della Lehman Brathers), sono state avviate iniziative giudiziarie, nei confronti delle cosiddette agenzie di rating, in diverso modo ritenute coinvolte.

20 C.A. Hill, “Regulating the Ratings Agencies”, Business, Economics and Regulatory Policy, Working Paper, n° 452022, Georgetown Law Center.

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Il problema che è nato, sin dalle prime decisioni giurisprudenziali, è quello della qualificazione giuridica dell’eventuale responsabilità delle agenzie di rating nei confronti dell’investitore. A tal proposito si possono evidenziare due modelli di responsabilità: contrattuale (contratto sociale) e per informazione inesatta.

Per quanto riguarda le informazioni inesatte, si fa riferimento a terzi soggetti destinatari dei giudizi, che non sono legati alle agenzie con rapporti contrattuali ma che possono essere lesi indirettamente (è il caso tipico di un giudizio di rating che si mantenga positivo o non sia prontamente modificato nonostante l’emittente diventi insolvente).

Le agenzie di rating per molti anni si sono accomodate sul primo emendamento della Costituzione americana per rivendicare una sostanziale immunità per i propri giudizi, che venivano considerati semplici “opinioni”, così da non provocare nessuna responsabilità per eventuali danni arrecati indirettamente a terzi.

Le cose sono cambiate negli ultimi anni, in cui nel quadro regolatorio emerso ci si muove nella dimensione di assolvimento di una funzione pubblica di controllo e di disciplina. Ciò si evince dal Dodd Frank Act in cui c’è una vera e propria regolamentazione che paragona in tutto o in parte le agenzie di rating agli altri intermediari (ex. Società di revisione), nel presupposto che esse forniscono “evalutive and analytical services on behalf of clients” (SEC 931, Findings, 3). Il regolamento europeo, invece, continua a definire il rating quale opinione che nell’edizione italiana viene tradotto come “parere relativo al merito creditizio” di titoli o emittenti titoli. Quindi non viene vista come una vera e propria Certificazione, pur essendo una valutazione professionale, condotta sulla base di criteri tecnici ed idonea a generare fiducia nei terzi.21

Ciò non toglie che le valutazioni non debbano essere eseguite in modo tale da rispettare alcuni requisiti qualitativi e quantitativi.

21 Salve e Dallocchio, “Le Modifiche del rating influenzano il comportamento degli investitori?”, In Economia e Management, 2006, pag. 79 e ss.

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In più, l’intermediario che deve agire con diligenza e correttezza, è tenuto ad informare il cliente dei rischi connessi alle specifiche operazioni di investimento segnalando l’aleatorietà dell’investimento che deriva dalla valutazione effettuata con l’emanazione del rating.

Volendo inquadrare invece la responsabilità delle agenzie come contratto sociale, bisogna necessariamente, analizzare le caratteristiche dei destinatari/investitori. Essendo il rating fruibile potenzialmente da tutta la collettività mondiale, non vi è possibilità di una loro specifica identificazione. Quindi chiunque può instaurare un contatto sociale con le agenzie di rating.

Ciò fa sì che in linea di massima la responsabilità di date informazioni inesatte esporrebbero le agenzie al continuo rischio di risarcimento con conseguenze potenzialmente letali per la sopravvivenza delle agenzie stesse.

In conclusione, tutte le tipologie di lesione riconducibile all’operato delle agenzie possono essere ricondotte a responsabilità civile e quindi si dovrebbe trovare una specifica tutela risarcitoria.

Sul piano pratico, la prova del dolo e soprattutto della negligenza può essere in concreto molto difficile da dimostrare.

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Capitolo 2

2. Rating e PMI italiane

Le condizioni economiche dell’Europa, appena uscita da una forte crisi, vanno ad impattare certamente sulle attività delle piccole-medie imprese (PMI) italiane. Esse sono costituite da una struttura organizzativa non molto stabile e sono caratterizzate da elevati livelli di indebitamento e bassi livelli di redditività deducibile dal rapporto fonti-impieghi.

Tale scenario appena descritto fa sì che sia vitale per le PMI italiane avere un accesso al credito.

La problematica maggiore, che fa sì, che le banche non possano finanziare le piccole imprese deriva proprio dalla regolamentazione imposta con Basilea, le banche infatti sono obbligate ad avere un patrimonio di vigilanza che è rapportato direttamente al rischio che la banca si assume. Per questo i finanziamenti nel tempo sono diventati sempre più complicati.

Per poter uscire da questa vera e propria trappola, le imprese dovrebbero concentrare la propria attenzione sulla creazione di nuova redditività in modo tale da aumentare il proprio rating e così poter richiedere senza problemi nuovi finanziamenti per accrescere la produttività.

Ciò è molto più facile a dirsi che a farsi dato che specialmente le imprese italiane sono improntate sul concetto di impresa “improvvisata”.

Una soluzione anche se pur minima per alleviare questa situazione potrebbe essere un rapporto incentrato sul relationship lending, cioè basato su un continuo scambio di informazioni tra banca e impresa. Ciò potrebbe portare la banca ad allargare i propri orizzonti finanziari, perché conoscere a fondo l’impresa potrebbe aprire spiragli per la concessione di credito.

Esso comporterà inevitabilmente un accrescimento del rating stesso, quindi il circolo vizioso che verrà a crearsi si incentrerà solamente sull’apportare benefici all’impresa in questione.

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27

In sintesi, sono due i rapporti da prendere in considerazione:

1. Capitale di vigilanza (banca) e rischio di credito (impresa);

Un miglior rischio di credito fa sì che vi sia una miglior condizione finanziaria e così la banca dovrà detenere minor patrimoni di vigilanza per la cessione di finanziamenti.

2. Rating (impresa) e concessioni di crediti (banca);

Minor rischio di credito migliora il rating e da più possibilità di accedere ai finanziamenti.

I sistemi di rating interni sono “complessi meccanismi in grado di attribuire alle posizioni già finanziate e da finanziare una misura di sintesi del rischio (rating) incorso dalla banca erogante, espresso secondo una scala di giudizio numerica o alfanumerica. Più precisamente il rating rappresenta la valutazione riferita ad un dato arco temporale, effettuata sulla base di tutte le informazioni esistenti ed espressa mediante una classificazione su scala ordinale della capacità di un soggetto affidato o da affidare di onorare le obbligazioni contrattuali”22.

Essenzialmente la banca dovrà provvedere a:

• Stabilire le classi di merito creditizio (rating di controparte). • Assegnare a ciascuna posizione creditizia uno scoring di rating. • Collegare ad ognuno delle classi di rating, la probabilità di default.

Perciò la probabilità di default dell’impresa (probabilità che l’impresa non ottemperi alle sue obbligazioni) è associata ad una classe di rating.

Al concetto di default vi sono collegate varie tipologie di perdita, tra esse:

• Sofferenza: è lo stato di insolvenza di un soggetto che può o meno aver concesso garanzie alla banca.

22 Gai Lorenzo, “Il rating delle PMI: un approccio metodologico per banche, confidi e intermediari finanziari”, Franco Angeli editore 2008, pagg. 16-18.

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• Incaglio: si riferisce ad una situazione di temporanea difficoltà del prenditore, il quale può aver concesso garanzie a tutela del credito ricevuto in caso di sua inadempienza.

• Credito ristrutturato: consente all’impresa di ottenere dalla banca una ristrutturazione del debito a tassi inferiori, nell’eventualità, una moratoria nel pagamento del debito residuo.

• Sconfinamento: stato di insolvenza che perdura per più di sei mesi.

Inoltre, è importante tener conto nella procedura di affidamento, di tre aspetti fondamentali:

1. Redditività del rapporto con la stessa banca e l’entità del rischio di credito legato alla stessa posizione;

2. Portafoglio crediti e composizione;

3. Eventuali concessioni di garanzia dell’impresa e in caso di insolvenza, i costi per attivare il recupero dei crediti.

Il rischio di credito analizzandolo nello specifico, va visto anche in base all’arco temporale del prestito. Infatti, per le concessioni a breve termine, l’emittente svolgerà una valutazione globale sul prenditore di capitale, più specifica sarà la valutazione per i finanziamenti a medio-lungo termine, incentrata sull’analisi del progetto di investimento per il quale è stato richiesto il credito.23

Molte volte, come spesso capita nelle piccole e medie imprese italiane, il credito viene offerto allo scoperto (o fido). Perché ciò avvenga la banca apre un’istruttoria di fido con l’obiettivo di decidere in base alla qualità del rating se concedere o no il credito.

L’istruttoria si concentra su più fasi:

• La banca analizza i documenti del richiedente credito. • La banca analizza i dati sia consuntivi che previsionali.

23 Malinconico Antonella, “il credit risk management del portafoglio prestiti: da Basilea 1 a Basilea 3”, Franco Angeli, 2012, pag. 135.

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• La banca analizza la procedura di fido.

Il rapporto come abbiamo precisato precedentemente deve essere molto elastico, da permettere alla banca di analizzare tutti i dati quantitativi e qualitativi, sia storici, per comprendere come il richiedente credito si sia comportato con altri intermediari precedentemente, sia prospettici.

È chiaro che miglior sarà il rating e minore sarà il tasso di interesse richiesto dalla banca. Il tasso d’interesse racchiude in sé l’effetto addizionale dei costi (di raccolta, operativi, per il calcolo della probabilità di default e del patrimonio di vigilanza), oltre a tener conto del margine di contrattazione (ricarico aggiunto dalla banca).24

Ultima fase da prendere in considerazione e di cui la banca, obbligatoriamente, e l’impresa, per un maggior controllo, devono tener in considerazione è il monitoraggio. In questa fase si svolge un controllo sulla posizione creditizia e sulle diverse patologie su cui essa può incappare.

La Commissione Europea ha stabilito delle regole-guida per le PMI, al fine di gestire una miglior relazione di credito con la banca:25

✓ “Prima regola”: le imprese, se non sono già dotate, dovrebbero attivarsi nel chiedere informazioni sulla procedura e sul rating da conseguire per la stessa. Capire come la banca concede il giudizio di credito, aiuta le piccole-medie imprese “a concentrarsi su quei fattori che incidono maggiormente sul proprio rating (…). Può essere utile comprendere come la banca valuti il mercato in cui l’impresa opera”;

✓ “Seconda regola”: è essenziale che l’impresa doti la banca dei documenti necessari, che debbano essere aggiornati e veritieri, “perché il referente della banca esplicita il ruolo più importante nell’istruttoria, e di norma il

24 Commissione Europea, “come interagire con la nuova cultura del rating: guida pratica al finanziamento bancario per le PMI”, 2007, pagg. 12-15.

25 Commissione Europea, “come interagire con la nuova cultura del rating: guida pratica al finanziamento bancario per le PMI”, 2007, pagg. 19-32.

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suo giudizio ha un certo peso nel procedimento del rating, occorre consegnargli la documentazione in un formato chiaro e di agevole lettura”. ✓ “Terza regola”: come detto sono direttamente proporzionali il rating e il prezzo del finanziamento, invece, le garanzie svolgono un ruolo periferico sulle condizioni contrattuali.

“Va sottolineato che nello stimare la consistenza delle garanzie, le banche sono molto prudenti, perché è difficile calcolarne l’effettivo valore di recupero in caso di inadempienza”. All’interno dei contratti ritroviamo anche alcune limitazioni definite con il nome di covenants, sono delle vere e proprie clausole che incidono sul potere della banca a risolvere anticipatamente il contratto, livello massimo di indebitamento, soglia minima di redditività…

✓ “Quarta regola”: l’impresa non può non tener conto in modo specifico degli aspetti quantitativi e qualitativi che andranno ad incidere sulla determinazione del rating.

✓ “Quinta regola”: le piccole e medie imprese devono “assicurarsi di riuscire a mantenere il prestito, considerare il rating come un processo in corso, accertarsi delle condizioni di estinzione del prestito, controllare la puntualità dei propri pagamenti evitando inutili scoperti, accertarsi della puntuale comunicazione delle informazioni di bilancio, osservare l’andamento del settore di mercato”.

✓ “Sesta regola”: le imprese di cui stiamo parlando possono richiedere anche soluzioni diversificate di finanziamenti, tra esse troviamo il prestito mezzanino (forma mista di prestito composto da partecipazioni (equity kicker) e prestito (senior debt)), prestiti pubblici agevolati, leasing e factoring.

Come accennato nella terza regola le garanzie possono e molto spesso fanno parte dei contratti di finanziamento, vi sono due tipi di garanzie (reali, personali), reali quando si tratta di beni su cui rifarsi in caso di inadempienza da parte del debitore, personali vi è una vera e propria sostituzione di debitore, ciò vuol dire che vi sarà

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un garante che nel caso il debito non venga estinto si sostituirà al debitore per divenire esso stesso debitore principale.

Tra le tante forme di mitigazione del rischio rientra anche la cartolarizzazione che “consistono nella cessione di crediti pro soluto a una nuova società (Special Purpose Vehicle o SPV), che a sua volta si finanzia tramite emissioni di Tranches di obbligazioni dotate di diversa seniority (grado di priorità nel rimborso). La banca in questo modo può spostare alcuni assets fuori bilancio per poi eventualmente reinvestire nelle obbligazioni create in sede di cartolarizzazione”.26

Nel prossimo capitolo andremo ad analizzare nello specifico qual è la legislatura vigente che va a regolamentare tutte queste forme di mitigazione e quali sono le leggi che devono essere prese in considerazione per una giusta e legale definizione di rating.

2.1 Legislatura vigente

International Convergence of Capital Measurement and Capital Standards (Accordo sui Requisiti minimi di capitale) noto anche come Basilea II è l’accordo Internazionale di vigilanza prudenziale convenzionale definito dalle banche dei Paesi aderenti per effetto del quale queste devono accantonare quote di capitale proporzionate al rischio assunto da determinare di volta in volta tramite uno strumento di “rating”. L’accordo è strutturato in tre “pilastri”: 1) Requisiti patrimoniali; 2) Controllo delle Autorità di Vigilanza; 3) Disciplina di mercato e trasparenza.27

Basilea II mostra le metodologie che le banche devono adottare per calcolare i propri requisiti patrimoniali minimi in relazione ai rischi inerenti alla loro attività. Ogni qual volta una banca concede un prestito, infatti, deve accantonare una certa

26 Gai Lorenzo, “Lineamenti di gestione bancaria”, Franco Angeli Editore, 2011, pag. 283. 27 Informazioni prese da www.welex.it.

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parte del proprio patrimonio, per far fronte alla possibilità che il prestito non venga rimborsato (è il cosiddetto rischio di credito).

Basilea II (in vigore dal 2007), è nata per garantire maggior solidità ed efficienza al sistema bancario a livello internazionale. In generale, la differenza sostanziale che vi è con Basilea I (1998) che prevedeva requisiti patrimoniali uguali per qualunque prestito, Basilea II fa sì che la banca possa valutare più approfonditamente il rischio di ogni singolo prestito, e quindi poter differenziare gli accantonamenti patrimoniali in funzione della “rischiosità”: ciò vuol dire che per un’impresa che abbia una rischiosità non elevata la banca dovrà accantonare di meno che per un’altra impresa con rischiosità più elevata.

Per tal motivo le banche possono scegliere tra due metodi alternativi nel costruire il proprio sistema di valutazione: 1) metodo Standard; o il 2) metodo basato sui rating interni (IRB- Internal Rating Based).

1) Il metodo standard, prevede l’utilizzo dei rating esterni (ossia giudizi sulla capacità dell’impresa di rimborsare il capitale prestato) frutto di indagini e giudizi rilasciati a queste imprese da alcune agenzie specializzate (in Italia le agenzie riconosciute dalla Banca d’Italia sono Standard & Poor’s, Moody’s, Fitch Ratings e Lince).

2) Il metodo interno, che si contrappone al primo perché sprovviste di rating esterno (in Italia la grande maggioranza), è simile a quello utilizzato con Basilea I ma differenziando il patrimonio da accantonare in funzione della tipologia di impresa: corporate o retail. Con questo metodo è la banca che attribuisce, tramite modelli che vengono approvati dalla Banca di Italia, un rating all’impresa.

Ecco spigato, come accennato nel precedente paragrafo, il motivo per cui il dialogo dell’impresa con la banca deve essere trasparente, serio e costruttivo per agevolare l’accesso al credito. Basilea II riguarda le banche in modo diretto e immediato ma coinvolge indirettamente anche le imprese (incluse le ditte individuali, gli artigiani, le imprese familiari, le cooperative, ecc.) perché i nuovi meccanismi di accantonamento del patrimonio sono direttamente correlati

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all’affidabilità delle imprese stesse. Lo scopo di Basilea II è quello di creare un circolo vizioso: da un lato le banche saranno incentivate a classificare e valutare le imprese clienti in modo più rigoroso, dall’altro le imprese più meritevoli saranno favorite attraverso migliori condizioni di accesso al credito.28

Nel dicembre 2010 e quindi successivamente a l’ultima crisi che ha coinvolto tutte le banche europee (anche quelle italiane) si è giunti alla terza formulazione di questo corpus di norme: Basilea III. Ciò che queste norme sono andate a cambiare maggiormente è la limitata liquidità che si è riscontrata durante la crisi coinvolgendo molte banche internazionali. Basilea III ha proposto l’introduzione di nuovi vincoli di vigilanza prudenziale, strumenti e processi per misurare e governare il rischio di liquidità.29

Queste nuove regole, che sono state oggetto di un’ampia consultazione con l’industria bancaria godono nella loro applicazione di un periodo transitorio e saranno efficaci dal 1° gennaio 2019 così da favorire un graduale adeguamento delle strategie operative delle banche ed evitare ricadute sulla ripresa economica. Per far sì che la crisi del 2008 non venga di nuovo a galla, Basilea III chiede maggiori garanzie sul capitale e sulla liquidità imponendo soglie minime di capitale. Il common equity, ossia le azioni ordinarie più le riserve (dunque la componente di massima qualità del patrimonio di una banca), dovrà essere pari ad almeno il 4,5% degli attivi ponderati per il rischio (prestiti effettuati per un coefficiente che cambia a seconda della loro rischiosità). In linea di massima potremmo dire che un prestito concesso ad una impresa è sicuramente più rischioso di un prestito concesso ad uno Stato o una famiglia. In pratica questa regola imposta da Basilea III fa sì che se un prestito non venga restituito, e che quindi la controparte è insolvente, la banca riesca a far fronte a questo ammanco con il capitale predisposto alla salvaguardia di queste stesse perdite. Alla quota del 4,5%

28 www.abi.it, documento dal titolo “Conoscere il rating”, Associazione Bancaria Italiana.

29 www.analisibanka.it, Lara Vitale e Francesca Tufino, “Basilea 3. Le banche dal 2013 si adeguano al nuovo regime di vigilanza”.

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si aggiunge anche un’ulteriore quota pari al 2,5% il cosiddetto cuscinetto di protezione (conservation buffer).30

Tout court, lo spirito normativo di Basilea III consiste, che ad ogni operazione bancaria (o di intermediario finanziario) comporta dei rischi e, per effetto delle possibili perdite essa dovrà accantonare tanto più capitale quanto più aumenta il rischio, questo capitale che la banca andrà ad accantonare non potrà essere utilizzato in nessun modo. È un principio elementare che porterà sempre più la banca a percepire l’esatto rischio collegato alla richiesta di finanziamento per l’impresa e che nella pratica si concretizzerà con la necessità di creare, a vario titolo, riserve finanziarie proporzionali al credito erogato e di conseguenza ad applicare parametri di valutazione sempre più rigidi per l’accesso al credito, rigidità che l’impresa potrà superare solo se la sua gestione è sana e la sua richiesta alla banca sarà trasparente e ragionata su numeri e dati credibili.

Basilea III dovrà esser recepito da tutte le banche dell’eurosistema (e non) ormai indissolubilmente legate tra di loro in un sistema dove le aziende di credito (a prescindere dalla territorialità e dai legami con le comunità locali e nazionali di appartenenza da cui non possono inevitabilmente prescindere) è ormai globalizzato e interconnesso al di là di quelli che sono i confini nazionali ed europei e che deve rispondere alle esigenze (e di conseguenza prevedere i rischi) che possano derivare dal fatto che individui e imprese chiedono credito per offrire e acquistare beni e servizi da, e per, tutto il mondo.

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