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Confronto tra metodi di datazione per ammassi stellari aperti giovani: la Lithium Depletion Boundary e le isocrone teoriche di Sequenza Principale e di Pre-sequenza

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione. ... 3

1. Cenni di evoluzione stellare. ... 5

1.1 Dalla Pre-sequenza Principale (PMS) fino alla Zero Age Main Sequence (ZAMS). ... 5

1.1.1 Evoluzione nel diagramma HR dalla Pre-sequenza fino alla ZAMS. ... 10

1.2 Evoluzione successiva dalla Sequenza Principale fino all’innesco della combustione dell’elio. ... 13

1.3 La combustione degli elementi leggeri. ... 17

1.3.1 Combustione dalla Pre-sequenza alla ZAMS. ... 18

1.3.2 Combustione in Sequenza Principale ed in fase di Sub-gigante. ... 23

1.3.3 Effetti della composizione chimica. ... 27

2. Metodi di datazione degli ammassi stellari aperti. ... 32

2.1 Diagramma HR (o CM) ed isocrone. ... 32

2.1.1 Stima dell’età di un ammasso tramite il metodo della Lithium Depletion Boundary. .. 34

2.1.2 Stima dell’età di un ammasso tramite la luminosità al Turn Off (o all’Overall Contraction). ... 37

2.1.3 Stima dell’età di un ammasso tramite le isocrone di Pre-sequenza Principale ... 39

2.2 Calcolo dell’incertezza sulla stima di età di un ammasso. ... 41

2.2.1 Incertezze sugli input fisici. ... 41

2.2.2 Incertezze sulla composizione chimica. ... 44

2.2.3 Incertezze osservative ... 45

2.3 Calcolo dell’incertezza sulla stima di età tramite il metodo della Lithium Depletion Boundary. ... 46

2.4 Calcolo dell’incertezza sulla stima di età di un ammasso tramite la luminosità al Turn Off o all’Overall contraction. ... 48

2.5 Calcolo dell’incertezza sulla stima di età di un ammasso tramite la contrazione delle stelle in fase di Pre-sequenza ... 51

3. Confronto tra i metodi di datazione. ... 56

3.1 Pleiadi ... 57 3.2 Alpha Persei ... 62 3.3 NGC 2547 ... 70 3.4 IC 2391 ... 78 3.5 Blanco 1 ... 84 3.6 IC 4665 ... 87 3.7 NGC 2169 ... 92

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2

3.8 NGC 1960 ... 96

3.9 IC 2602 ... 100

3.10 Riassunto dei risultati del confronto per i vari ammassi ... 105

3.10.1 Confronto tra età stimate con il metodo della LDB e della luminosità al TO/OC. ... 106

3.10.2 Confronto tra età stimate con il metodo della LDB e delle isocrone di PMS. ... 110

3.10.3 Confronto tra età stimate con il metodo della luminosità al TO/OC e delle isocrone di PMS. ... 110

Conclusioni ... 114

A. Equazioni dell’equilibrio stellare ... 117

B. Criterio di Schwarzschild ... 122

C. Nozioni di fotometria. ... 127

Ringraziamenti ... 130

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3

Introduzione.

Nel disco della nostra Galassia sono presenti raggruppamenti di stelle che prendono il nome di ammassi aperti: per le stelle che ne fanno parte si possono supporre con buona approssimazione stessa età, composizione chimica originale e distanza dalla Terra; l’unico parametro che le differenzia è la massa. Queste caratteristiche fanno sì che un ammasso sia un “laboratorio ideale” per lo studio dell’evoluzione stellare. Infatti, per stelle di una data composizione chimica i tempi evolutivi variano in funzione della massa (in particolare, stelle più massicce evolvono più velocemente): studiando gli ammassi è quindi possibile osservare le caratteristiche osservative di stelle della stessa età ed alla stessa distanza da noi in diverse fasi evolutive. Per le stelle appartenenti ad un ammasso aperto, il confronto tra tali osservabili e le predizioni dei modelli di evoluzione stellare serve sia per testare la bontà di suddetti modelli che per determinare altre caratteristiche dell’ammasso considerato. I tre principali metodi di datazione degli ammassi aperti si basano appunto su tale confronto e sono il metodo della Lithium Depletion Boundary (abbreviato LDB), quello della luminosità al Turn

Off/Overall Contraction (abbreviato TO/OC) e quello delle isocrone di Pre-sequenza. Mentre il

metodo della luminosità al TO/OC si basa sulle caratteristiche osservative delle stelle alla fine della fase di combustione centrale dell’idrogeno, detta Sequenza Principale, gli altri due sfruttano quelle della fase evolutiva immediatamente precedente ad essa, detta per tale motivo Pre-sequenza Principale.

Un problema ben noto in letteratura è la differenza tra le età ottenute per uno stesso ammasso tramite metodi di datazione diversi. In particolare, c’è stato un notevole interesse nel paragonare due metodi completamente diversi: quello del confronto teoria-osservazioni per la luminosità della fase di TO/OC e quello della LDB, che si basa invece sulle predizioni dell’abbondanza superficiale di

𝐿𝑖

7 per le stelle dell’ammasso e sulla misura di tali abbondanze. I primi studi effettuati tramite il

metodo della LDB davano età sistematicamente più alte rispetto a quello della luminosità al TO/OC, di un fattore pari a circa (1.2 ÷ 1.6). Ad esempio, verso la fine degli anni ’90 la datazione tramite la LDB attribuiva all’ammasso aperto delle Pleiadi un’età di circa 120 Myr (Basri et al., 1996; Stauffer et al., 1998), mentre l’età stimata tramite il TO/OC era circa 79 Myr (Patenaude 1978). Analogamente, per l’ammasso Alpha Persei le età stimate tramite la LDB e la luminosità al TO/OC erano rispettivamente circa 78 Myr (Basri & Martin, 1999; Stauffer et al., 1999) e circa 63 Myr (Patenaude 1978). Differenze analoghe sono state riscontrate da Oliveira et al. (2003) per quanto riguarda le stime di età ottenute tramite la LDB e le isocrone di PMS per due ammassi aperti, NGC 2547 e IC 2391: per NCG 2547 il primo metodo dava un’età compresa nell’intervallo (35÷54) Myr, mentre il secondo (20÷35) Myr; per IC 2391 le età ottenute con i due metodi sono rispettivamente (48÷50)±5 Myr e (25÷40) Myr.

Più recentemente singoli ammassi sono stati datati con vari metodi, ma in letteratura non è presente una revisione sistematica del problema delle discrepanze in età dovute all’utilizzo di metodi diversi. Lo scopo di questa tesi è colmare questa lacuna verificando se, confrontando i risultati più recenti disponibili in letteratura per i singoli ammassi, le differenze tra i risultati dei tre metodi continuano a persistere, oppure se negli anni le migliori tecniche osservative e la migliore precisione dei modelli stellari delle diverse fasi evolutive coinvolte hanno portato ad un maggior accordo tra i risultati ottenuti con metodi diversi.

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4 La tesi è quindi strutturata nel modo seguente. Nel primo capitolo descrivo le caratteristiche principali delle fasi evolutive di interesse per questa tesi, ovvero la Pre-sequenza Principale, la Sequenza Principale e la fase di Sub-gigante. Descrivo inoltre come variano nelle stelle le abbondanze superficiali del Litio e degli altri elementi leggeri per effetto della combustione e di altri meccanismi attivi durante le fasi evolutive precedentemente descritte. Comprendere tale evoluzione è necessario per capire la teoria alla base del metodo della Lithium Depletion Boundary.

Nel secondo capitolo descrivo nel dettaglio i metodi di datazione della Lithium Depletion Boundary, della luminosità al Turn Off/Overall Contraction e delle isocrone di Pre-sequenza e l’incertezza associata a ciascuno di essi.

Nel terzo capitolo, infine, confronto le età ottenute tramite i tre metodi di datazione per i nove ammassi aperti della nostra Galassia per cui si hanno stime di età tramite il metodo della LDB: Pleiadi, Alpha Persei, NGC 2547, Blanco 1, IC 2391, IC 4665, NGC 2169, NGC 1960 e IC 2602.

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1. Cenni di evoluzione stellare.

La quasi totalità del 𝐿𝑖7 e degli altri elementi leggeri presenti in una stella iniziano ad essere bruciati tramite reazioni nucleari ancor prima che questa raggiunga la fase di Sequenza Principale (in inglese

Main Sequence, MS), cioè quella fase in cui la fusione di idrogeno in elio avviene nel nucleo della

stella stessa e gli elementi secondari delle reazioni di fusione hanno raggiunto i rispettivi valori di equilibrio1.

In questo capitolo descriverò le caratteristiche principali della fase evolutiva che va dalla formazione della stella sino al suo ingresso in Sequenza Principale - che viene quindi detta Pre-sequenza Principale (Pre Main Sequence, PMS) - e della successiva evoluzione fino all’innesco della combustione dell’elio.

1.1 Dalla Pre-sequenza Principale (PMS) fino alla Zero Age Main Sequence (ZAMS).

Le stelle si formano a partire da nubi di mezzo interstellare, costituite per circa il 99 % da gas e per circa l’1 % da polveri interstellari. Della componente gassosa, circa il 70 ÷ 75 % in massa è sotto forma di idrogeno (sia atomico che molecolare), circa il 25 ÷ 28 % sotto forma di elio e la restante parte (dell’ordine dello 0,01 % fino a qualche %) è composta da elementi più pesanti (principalmente carbonio, azoto, ossigeno e ferro), che in astrofisica vengono detti metalli. La polvere interstellare è invece costituita da grani delle dimensioni tipiche di 1 ÷ 0,1 micron e dalla forma irregolare: i grani sono conglomerati solidi di molecole ed atomi, tipicamente composti da grafite, silicati, ferro, ghiaccio ed anidride carbonica congelata.

Le nubi molecolari possono avere masse fino a qualche milione di masse solari e, in prima approssimazione, sono in equilibrio tra la forza gravitazionale e quella di pressione della nube. La rottura di questo equilibrio, indicativamente quando l’energia gravitazionale delle particelle è maggiore della loro energia cinetica media, fa innescare la contrazione di una data regione della nube e questo dà origine alla formazione della stella (protostella).

In generale, le prime fasi di vita di una stella sono ancora poco conosciute: in tali fasi infatti la protostella è ancora nascosta dalla nube che la circonda. Ad ogni modo, è comunemente accettato che inizialmente l’energia liberata dalla contrazione gravitazionale viene completamente irraggiata all’esterno (principalmente nel lontano infrarosso e sub-millimetrico): questo perché la materia che compone la protostella è rarefatta e quasi totalmente neutra e quindi non interagisce con la radiazione uscente. Si ha quindi una fase di collasso isotermo che avviene su tempi scala meccanici. Una stima per questi tempi scala è data dal tempo di free-fall 𝑡𝑓𝑓 . Se consideriamo una stella di

raggio R e massa M, questo è il tempo che un elemento di massa infinitesima, posto sulla superficie della stella, impiegherebbe a cadere al centro della struttura sotto la sola azione della forza gravitazionale:

𝑡𝑓𝑓 = √

3𝜋 16𝐺𝜌̅

1 Si definiscono elementi secondari quelli che vengono contemporaneamente creati e distrutti in una stessa catena di reazioni. Per questo motivo, le abbondanze di tali elementi tendono verso una condizione di equilibrio.

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6 dove 𝜌̅ = 3𝑀/4𝜋𝑅3 è la densità media della stella. Tipicamente la densità numerica di particelle nella regione della nube da cui ha inizio la fase di collasso ha valori 𝑛𝐻2 = 104÷ 107 𝑐𝑚−3 (André,

et al., 1999) (dove per semplicità si è considerato solo l’idrogeno, cioè l’elemento più abbondante) a cui corrisponde una densità media pari a ~ (3 ⋅ 10−20÷ 3 ⋅ 10−17) 𝑔/𝑐𝑚3. Considerando il valore

medio nell’intervallo precedente ( 𝜌̅ ~ 1.5 ⋅ 10−19 𝑔/𝑐𝑚3 ) si ottiene un tempo di free-fall di ∼ 2.4 ⋅ 104 anni. Anche se questo valore è stato ottenuto tramite un modello semplificato ci può dare un’idea degli ordini di grandezza dei tempi scala meccanici in tale fase.

Man mano che la contrazione della protostella procede, la sua densità aumenta e con essa aumenta l’opacità radiativa1, ovvero la radiazione inizia ad interagire con il gas, facendone aumentare pressione e temperatura. Il collasso gravitazionale passa quindi ai più lunghi tempi scala termodinamici (dell’ordine di 105÷ 106 anni) e la struttura raggiunge una condizione di quasi equilibrio, in cui il nucleo centrale è in equilibrio idrostatico e continua ad accrescere materia dalla nube che la circonda. Col progressivo aumento dell’opacità del gas, il gradiente di temperatura radiativo cresce al punto da superare quello adiabatico e si innescano dei moti convettivi che interessano tutto il nucleo centrale2. Grazie ai mescolamenti della materia ad opera della convezione vengono cancellate le eventuali disomogeneità chimiche presenti nella nube dalla quale la stella si è formata, e quindi quest’ultima assume una composizione chimica omogenea.

In questa fase, la stella non è ancora visibile direttamente e l’unica emissione che si osserva è quella della radiazione infrarossa a cui la nube è trasparente. La fase di accrescimento continua finché il vento stellare non riesce a spazzare via la materia circostante: le stime per i tempi di dispersione della nube disponibili in letteratura variano da circa 106 anni (Wuchterl & Tscharnuter, 2003) a circa 107 anni (Huff & Stahler, 2007), a seconda della massa iniziale della nube (ma, come già detto,

queste prime fasi di vita delle stelle sono ancora poco conosciute).

Il momento in cui la stella disperde la nube è detto “birthline”: da qui in poi la stella diventa visibile e la quantità di materia che continua a cadere su di essa è comunque trascurabile. E’ qui che ha inizio la fase di Pre-sequenza, in cui la stella può essere considerata all’equilibrio idrostatico e termico ed evolve attraverso stati di quasi equilibrio, contraendo su tempi scala termodinamici.

Una stella in fase di Pre-sequenza costituisce quindi un sistema isolato di particelle autogravitanti per il quale vale il Teorema del Viriale3. Supponendo per semplicità che la stella sia costituita da gas perfetto monoatomico, si può esprimere il Teorema del Viriale nella seguente forma:

1 2 𝑑2𝐼 𝑑𝑡2= 2𝐾 + U . 1

L’opacità radiativa è legata a tutti i processi fisici di interazione tra fotoni e materia che determinano una diminuzione del flusso energetico uscente dalla stella (cioè scattering e assorbimento). Indicativamente, l’opacità radiativa è la probabilità di interazione radiazione-materia per unità di distanza percorsa del fotone attraverso la regione di densità unitaria. Per una definizione più dettagliata vedere l’Appendice A.

2

Tra il gradiente di temperatura radiativo e l’opacità radiativa c’è infatti una relazione di proporzionalità diretta. L’aumento dell’opacità porta quindi all’innesco della convezione poiché, secondo il Criterio di Schwarzschild, una regione è instabile per convezione quando il gradiente di temperatura radiativo supera quello adiabatico. Per i dettagli sulle equazioni dell’equilibrio stellare vedere l’Appendice A., mentre per la teoria della convezione ed il Criterio di Schwarzschild vedere l’Appendice B.

3

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7 Il termine 𝑑2𝐼 𝑑𝑡⁄ 2 indica variazioni globali del momento d’inerzia 𝐼 della stella (come ad esempio contrazioni o espansioni) 𝑈 e 𝐾 sono invece rispettivamente l’energia gravitazionale e l’energia cinetica traslazionale delle particelle che la costituiscono

𝐾 = ∑1 2𝑚𝑖𝑣𝑖 2 𝑖 =3 2𝑁𝑘𝑇

dove 𝑁 è il numero di particelle. Poiché in questa fase la stella contrae su tempi scala abbastanza lunghi (i già citati tempi scala termodinamici) abbiamo che 𝑑2𝐼 𝑑𝑡 2→ 0 ed il Teorema del Viriale

assume la forma 2𝐾 + U = 0. Dalla definizione di luminosità (energia irraggiata dal sistema nell’unità di tempo) si vede che questa corrisponde alla variazione dell’energia totale:

𝐿 = −𝑑𝐸𝑡𝑜𝑡 𝑑𝑡 = − 𝑑𝑈 𝑑𝑡 − 𝑑𝐾 𝑑𝑡 ,

dato che per un gas monoatomico la somma dell’energia cinetica e di quella gravitazionale corrisponde all’energia totale del sistema 𝐸𝑡𝑜𝑡= 𝑈 + 𝐾 . Dal Teorema del Viriale deriva che

𝑑𝐾 𝑑𝑡 = − 1 2 𝑑𝑈 𝑑𝑡 e quindi 𝐿 = −1 2 𝑑𝑈 𝑑𝑡 .

Queste ultime due relazioni ci dicono che in questa fase evolutiva metà dell’energia guadagnata tramite contrazione gravitazionale va ad aumentare l’energia cinetica e quindi la temperatura del gas, mentre la restante parte bilancia le perdite per irraggiamento1.

L’aumento della temperatura (come conseguenza della contrazione gravitazionale) porta all’innesco della fusione del deuterio attraverso la reazione 𝐷 (𝑝, 𝐻𝑒3 )𝛾 , che diventa efficiente quando si raggiungono temperature pari a circa 106 K. A seconda delle caratteristiche della stella, la fusione del deuterio può iniziare durante la fase di protostella, oppure dopo che la stella ha spazzato via la nube. In particolare, stelle con masse maggiori, per le quali l’energia liberata dalla contrazione gravitazionale ed il conseguente aumento in temperatura è maggiore, raggiungono l’innesco del deuterio già durante la fase di accrescimento.

L’energia liberata dalla fusione del deuterio (circa 5,49 MeV per ogni nucleo di D distrutto) va a sopperire in parte alle perdite per irraggiamento e questo rallenta (ma non arresta) la contrazione gravitazionale, tanto che si parla di “sequenza principale del deuterio”. La fusione del deuterio è

1

Questo è vero nel caso di gas perfetto monoatomico, in cui l’energia cinetica traslazionale coincide con l’energia interna del sistema. Nel caso generale di gas biatomico o poliatomico, 𝐸𝑡𝑜𝑡= 𝑈 + 𝐸𝑖𝑛𝑡 dove 𝐸𝑖𝑛𝑡 è

l’energia interna del sistema, data dalla somma delle energie cinetiche traslazionali, vibrazionali e rotazionali delle molecole. Per il teorema di equipartizione dell’energia, l’energia interna è proporzionale a 𝑁𝑘𝑇 2⁄ , quindi dalla relazione

−𝑑𝑈 𝑑𝑡 = 𝐿 +

𝑑𝐸𝑖𝑛𝑡

𝑑𝑡

deriva comunque che parte dell’energia gravitazionale liberata va ad aumentare la temperatura del gas, mentre la restante parte viene irraggiata.

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8 molto sensibile alla temperatura, cosicché tale reazione agisce come un “termostato”, mantenendo la temperatura centrale fissa sul valore di circa 106 K. In particolare, se la combustione inizia già durante la fase di accrescimento, man mano che la materia cade sulla stella e quindi viene aggiunto nuovo combustibile, l’efficienza della reazione aumenta. La maggiore energia liberata si traduce però in un’espansione delle regioni centrali, che quindi si portano nuovamente alla temperatura di circa 106 K.

Le fasi iniziali di combustione del deuterio avvengono in ogni caso quando la stella è totalmente convettiva e quindi inizialmente l’abbondanza di tale elemento diminuisce omogeneamente in tutta la struttura. Nelle stelle di massa sufficientemente grande (𝑀 ≳ 0.4 𝑀⨀, per stelle con composizione

chimica solare), man mano che la contrazione prosegue, la temperatura centrale aumenta portando alla ionizzazione completa della materia: l’opacità centrale diminuisce al punto che si forma un nucleo radiativo, in cui il deuterio presente viene esaurito completamente in breve tempo. In tali strutture, la convezione e la fusione del deuterio proseguono quindi nell’inviluppo esterno fino all’esaurimento di tale elemento in tutta la struttura stellare.

Oltre al deuterio, nella fase di Pre-sequenza le stelle bruciano gli elementi cosiddetti leggeri: litio, berillio e boro, di cui parlerò in dettaglio nel paragrafo 1.3. La loro abbondanza originale è però talmente bassa che la fusione di questi elementi è ininfluente sulla produzione di energia.

Una volta esaurito il deuterio, la contrazione della stella prosegue su tempi scala termici passando attraverso stati di quasi equilibrio. Trascurando i fattori numerici, si ha che 𝑈 ∝ 𝐺𝑀2⁄ ∝𝑅 𝑀5/3𝜌1/3 e 𝐾 ∝ 𝑁𝑘𝑇 ∝ 𝑀𝑇 . Dalla condizione di quasi equilibrio 2𝐾 + 𝑈 = 0 si ottiene quindi

𝑀 ∝ 𝑇3/2𝜌−1/2 dalla quale si vede che tanto più piccola è la massa di una stella e tanto più grande

è, a temperatura fissata, la densità che le regioni centrali raggiungono in condizioni di equilibrio. Per questo motivo, nelle strutture con massa troppo piccola (𝑀 ≲ 0.08 𝑀⨀)1 gli elettroni

degenerano prima che la temperatura centrale raggiunga quella di innesco della fusione di H in He (circa 6 ⋅ 106 K). La pressione di degenerazione degli elettroni determina l’equilibrio meccanico di tali strutture che, data l’assenza di ulteriori meccanismi di produzione di energia, sono destinate a raffreddarsi mantenendo un raggio più o meno costante. Tali stelle vengono definite nane brune. Nelle strutture con 𝑀 ≳ 0.08 𝑀⨀ la temperatura centrale continua ad aumentare sino all’innesco

della fusione dell’idrogeno: in tali stelle la contrazione gravitazionale prosegue (anche se più lentamente) finché l’energia prodotta dalle reazioni nucleari va a bilanciare completamente le perdite per irraggiamento. Quando le abbondanze degli elementi secondari presenti nelle reazioni di fusione hanno raggiunto i valori di equilibrio (con l’idrogeno ancora praticamente incombusto), la stella fa il suo ingresso in Sequenza Principale a partire dalla posizione di ZAMS (Zero Age Main

Sequence).

Stelle con la stessa composizione chimica e massa diversa si posizionano in una banda, detta Sequenza Principale, disposta in senso diagonale nel grafico che mette in relazione la luminosità e la temperatura effettiva delle stelle. Tale grafico è detto diagramma Hertzsprung-Russell (o diagramma HR). Una rappresentazione equivalente riporta la magnitudine assoluta e l’indice di colore delle

1

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9 stelle e viene detta diagramma colore-magnitudine (diagramma CM)1. In Figura 1.1 è riportato il diagramma CM per stelle in un raggio di 20 pc attorno al Sole, con composizione chimica simile a quella solare. E’ evidente la Sequenza principale: in alto a sinistra si trovano stelle con bassa magnitudine assoluta e basso indice di colore (elevate luminosità e temperatura efficace); viceversa, in basso a destra stelle con alta magnitudine assoluta e alto indice di colore (basse luminosità e temperatura efficace).

Figura 1.1Diagramma CM per stelle in un raggio di 20 parsec ( 1 pc = 3.09 x 1018 cm) attorno al Sole, la cui distanza è stata

misurata dal satellite Hipparcos. In ordinata è riportata la magnitudine visuale assoluta ed in ascissa l’indice di colore B-V nel sistema Johnson. La freccia indica la magnitudine assoluta del Sole (Mv=4.8). Oltre alla Sequenza Principale (MS) sono riportate anche altre fasi evolutive (RG, WD, SD) che non sono di interesse per gli argomenti trattati in questo paragrafo.

(Castellani, 1985).

Tutte le stelle che fanno parte della Sequenza Principale sono strutture in equilibrio, in cui la forza gravitazionale è contrastata dalla forza di pressione della materia che le compone e l’energia irraggiata è bilanciata da quella liberata dalle reazioni di fusione dell’idrogeno che avvengono nel loro nucleo2. La zona in alto a sinistra della sequenza è occupata dalle stelle di massa maggiore, essendo queste più calde e più luminose; al contrario quelle di massa più piccola si trovano nella zona in basso a destra.

1 Per i dettagli sulle definizioni di magnitudini ed indici di colore e le rispettive relazioni con luminosità e temperatura efficace di una stella riferirsi all’Appendice C.

2

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10 In particolare, per le stelle con composizione chimica solare e massa 𝟐 ≲ 𝑴 𝑴⁄ ⨀≲ 𝟐𝟎 vale la

seguente relazione tra massa e luminosità: 𝑳~𝑴𝟑.𝟔 (dove L ed M sono espresse in unità solari). Tale relazione varia leggermente sotto le 𝟐 𝑴⨀ (𝑳~𝑴𝟒.𝟓 per 𝟎. 𝟓 ≲ 𝑴 𝑴⁄ ⨀≲ 𝟐 e 𝑳~𝑴𝟐.𝟔 per

𝟎. 𝟐 ≲ 𝑴 𝑴⁄ ⨀ ≲ 𝟎. 𝟓) e più drasticamente sopra le 𝟐𝟎 𝑴⨀ (𝑳~𝑴)1.

La relazione massa - luminosità ha delle implicazioni sul tempo di permanenza di una stella in Sequenza Principale, cioè quanto tempo essa impiega a convertire tutto l’idrogeno del nucleo in elio. Questo intervallo di tempo 𝑡 è dato dal rapporto tra la quantità di combustibile a disposizione e la velocità con cui questo viene consumato. Supponendo che tutta la massa della stella sia composta di solo idrogeno e che questo venga tutto convertito in elio si ha 𝑡~𝑀/𝐿, ma poiché 𝐿~𝑀𝛼 (con 𝛼 ≥ 1) si vede che stelle di massa più grande evolvono più rapidamente delle altre. Nella realtà solo una parte dell’H presente viene bruciato in fase di MS, ma resta comunque vero che stelle più massicce esauriscono molto più rapidamente tale elemento nelle regioni centrali (anche se ne hanno a disposizione una quantità maggiore) ed abbandonano prima la Sequenza Principale.

Stelle con massa 0.08 𝑀⨀ ≲ 𝑀 ≲ 1.2 𝑀⨀2 fondono idrogeno in elio principalmente tramite la

catena protone-protone (catena pp) ed occupano quella zona del diagramma HR indicata come Sequenza Principale Inferiore (SPI). Oltre alla catena pp esiste anche un’altra catena di reazioni di fusione dell’idrogeno, detta biciclo CN-NO (o anche ciclo CNO). Si definisce efficienza di una reazione (𝜀) l’energia prodotta al secondo per grammo di materia. In generale, l’efficienza di una reazione nucleare dipende dalla densità e dalla temperatura; in particolare, per le reazioni di fusione dell’idrogeno abbiamo rispettivamente 𝜀𝑝𝑝 ~ 𝑇4 e 𝜀𝐶𝑁𝑂 ~ 𝑇15. Come si può vedere in Figura 1.2,

per temperature superiori a circa 1.7 ⋅ 107𝐾 l’efficienza del ciclo CNO inizia a prevalere su quella della catena protone-protone. Per questo motivo, le stelle di massa 𝑀 ≥ 1.2 𝑀⨀ , che hanno

temperature centrali > 1.7 ⋅ 107𝐾, fondono idrogeno in elio principalmente tramite il ciclo CNO3 , occupando quella zona del diagramma HR indicata come Sequenza Principale Superiore (SPS). 1.1.1 Evoluzione nel diagramma HR dalla Pre-sequenza fino alla ZAMS.

Vediamo come si muove una stella nel diagramma HR a partire dalla birthline fino alla ZAMS. Come esempio, in Figura 1.3 sono riportate le tracce evolutive per tre stelle di massa 0.8, 1 e 1.2 𝑀⨀. Tutti

gli altri input fisici utilizzati nel modello per le tre stelle sono uguali, in particolare esse hanno la stessa composizione chimica4.

La birthline è indicata nel punto “b”. Inizialmente la struttura è fredda ed espansa. Poiché per la radiazione emessa dalla stella vale l’approssimazione di corpo nero, risulta che

𝐿 = 4𝜋𝑅2𝜎𝑇𝑒𝑓𝑓4

1 Per maggiori dettagli vedere il paragrafo 5.7 del libro “Evolution of Stars and Stellar Populations” (Salaris & Cassisi, 2005).

2

L’esatto valore delle masse agli estremi dell’intervallo dipende dalla composizione chimica delle stelle. 3 In tali strutture la catena pp è comunque attiva, ma il CNO è la reazione dominante. Analogamente, nelle stelle di SPI con temperatura centrale ≥ 1.5 ⋅ 107𝐾 la combustione dell’idrogeno avviene in parte minore anche tramite ciclo CNO.

4 Si definiscono 𝑋 ≡𝑚𝑎𝑠𝑠𝑎 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑖𝑑𝑟𝑜𝑒𝑔𝑒𝑛𝑜 𝑚𝑎𝑠𝑠𝑎 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑔𝑎𝑠 𝑌 ≡ 𝑚𝑎𝑠𝑠𝑎 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑒𝑙𝑖𝑜 𝑚𝑎𝑠𝑠𝑎 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑔𝑎𝑠 𝑍 ≡ 𝑚𝑎𝑠𝑠𝑎 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑖 𝑚𝑒𝑡𝑎𝑙𝑙𝑖 𝑚𝑎𝑠𝑠𝑎 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑔𝑎𝑠 ,

dove per metalli si intendono tutti gli elementi più pesanti dell’elio. Dalle definizioni di cui sopra deriva che X+Y+Z=1.

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11 la stella occupa quindi la zona del diagramma HR ad alte luminosità e basse temperature efficaci. Man mano che la stella contrae, la temperatura centrale aumenta, mentre la temperatura efficace resta circa costante: la luminosità quindi diminuisce a causa della diminuzione del raggio.

Figura 1.2 Produzione di energia tramite catena pp e biciclo CN-NO al variare della temperatura per stelle con

composizione chimica e densità centrale pari a quella del Sole. 𝜺(𝒙) è l’efficienza di produzione di energia (energia prodotta al secondo per grammo di materia). “Evolution of Stars and Stellar Population” paragrafo 5.2.3. (Salaris &

Cassisi, 2005) .

Il progressivo aumento della temperatura centrale porta inizialmente all’innesco della combustione del deuterio (il punto “c” in figura indica la nascita del nucleo radiativo) ed in seguito della fusione dell’idrogeno (punto “d”): man mano che l’efficienza delle reazioni nucleari aumenta e che l’energia liberata inizia a contrastare il collasso, la stella si sposta verso le alte temperature efficaci. Il punto “e” indica quando l’energia liberata dalle reazioni nucleari bilancia completamente le perdite per irraggiamento. Il punto “f” invece indica la ZAMS.

Nel tratto tra “e” ed “f” le abbondanze degli elementi secondari delle reazioni di combustione dell’idrogeno si portano ai rispettivi valori di equilibrio. Le stelle di 0.8 e 1 𝑀⨀ fondono idrogeno in

elio principalmente tramite la catena protone-protone. Questa si sviluppa attraverso diversi rami, dei quali il più probabile per una stella di ∼ 1 𝑀⨀ in questa fase evolutiva è quello chiamato PPI:

(12)

12 {𝑝 + 𝑝 → 𝐷 + 𝑒 ++ 𝜈 𝑒 𝐷 + 𝑝 → 𝐻𝑒 + 𝛾3 (produzione di 𝐻𝑒 3 ) 𝐻𝑒 3 + 𝐻𝑒3 → 𝐻𝑒4 + 2 𝑝 (distruzione di 𝐻𝑒3 ).

Saranno quindi le reazioni descritte sopra a guidare principalmente l’equilibrio dei prodotti secondari, ovvero 𝐷 ed 3𝐻𝑒. Mentre il deuterio raggiunge l’abbondanza di equilibrio molto rapidamente, l’ 𝐻𝑒3 inizialmente viene solo prodotto ed accumulato. Infatti, alle minime temperature di innesco della catena pp sono attive solo le reazioni di produzione per tale elemento, che hanno una barriera coulombiana più bassa rispetto a quella di distruzione. Man mano che la stella contrae e la sua temperatura centrale aumenta, l’efficienza di tali reazioni di produzione aumenta fino a bilanciare completamente le perdite per irraggiamento: la struttura è quindi sorretta dalle reazioni nucleari di produzione dell’ 𝐻𝑒3 (punto “e”). Infine, quando nelle regioni centrali si è accumulata una quantità sufficiente di 𝐻𝑒3 , si innesca anche l’ultima reazione e si raggiunge l’equilibrio tra creazione e distruzione di tale elemento. La struttura risponde al conseguente aumento di produzione di energia facendo espandere un po’ la zona di fusione, in modo da far scendere la sua temperatura e quindi il rate delle reazioni. Per questo motivo la ZAMS si trova a luminosità e temperatura efficace inferiori rispetto al punto “e”.

Vediamo cosa succede invece per le stelle che fondono l’idrogeno principalmente tramite il biciclo CN-NO (rappresentate dalla stella di 1.2 𝑀⨀). Consideriamo ad esempio il ciclo CN (il primo che si

attiva a temperature pari a circa 1.5 ⋅ 107𝐾): 𝐶 12 + 𝑝 →13𝑁+ 𝛾 𝑁 13 13𝐶+ 𝑒++ 𝜈 𝑒 𝐶 13 + 𝑝 →14𝑁+ 𝛾 𝑁 14 + 𝑝 →15𝑂+ 𝛾 𝑂 15 15𝑁+ 𝑒++ 𝜈 𝑒 𝑁

15 + 𝑝 → ( 𝑂16 )12𝐶+ 𝐻𝑒4 (con probabilità circa 99 %)

𝑁

15 + 𝑝 → ( 𝑂16 )16𝑂+ 𝛾 (con probabilità circa 1 %)

Anche in questo caso si devono portare all’equilibrio le abbondanze degli elementi secondari, ovvero tutti gli elementi più pesanti dell’elio. Il ciclo è all’equilibrio quando tutte le reazioni hanno lo stesso rate, che deve essere quello della reazione più lenta, cioè 𝑁(𝑝,14 15𝑂)𝛾 . La stella quindi continua a contrarre per aumentare la temperatura centrale fino ad innescare in maniera efficiente tutte le reazioni e chiudere completamente il ciclo. Come si vede in Figura 1.3 , nel diagramma HR la ZAMS per queste stelle si trova ad una temperatura efficace maggiore rispetto al primo modello sorretto nuclearmente.

(13)

13 Figura 1.3 Evoluzione nel diagramma HR dalla PMS alla ZAMS per tre stelle con stessa composizione chimica ed età e massa

rispettivamente 0.8, 1 e 1.2 𝑴⨀. (Tognelli E., Tesi di Laurea Magistrale).

1.2 Evoluzione successiva dalla Sequenza Principale fino all’innesco della combustione dell’elio. In Figura 1.4 è rappresentata nel diagramma HR la ZAMS (situata dove è indicato il valore della massa evolvente in unità di masse solari) e parte dell’evoluzione successiva per stelle con una prefissata composizione chimica e masse nell’intervallo 0.8 𝑀⨀≤ 𝑀 ≤ 7.5 𝑀⨀. Come si può notare,

all’aumentare della massa delle stelle la ZAMS si sposta a luminosità e temperature efficaci maggiori. Vediamo le caratteristiche principali delle strutture in fase di combustione centrale di idrogeno. Le stelle di SPI bruciano idrogeno in elio principalmente tramite la catena pp. La bassa dipendenza dell’efficienza di questa reazione dalla temperatura (𝜀𝑝𝑝 ∝ 𝑇4) fa sì che la zona centrale dove

avviene la fusione sia piuttosto estesa, con flussi relativamente contenuti. L’opacità della materia del nucleo è inoltre bassa, quindi anche il gradiente radiativo di temperatura è basso, visto che (𝑑𝑇

𝑑𝑟)𝑟𝑎𝑑∝ 𝑘̅ Φ (dove 𝑘̅ è l’opacità media della materia e Φ è il flusso di energia)

1

. In particolare si ha che (𝑑𝑇𝑑𝑟)

𝑟𝑎𝑑< ( 𝑑𝑇

𝑑𝑟)𝑎𝑑 e quindi, per il criterio di Schwarzschild

2

, la zona è stabile per convezione. Inoltre, queste stelle hanno bassa temperatura efficace perciò nelle zone esterne al nucleo il gas è parzialmente ionizzato ed interagisce maggiormente con la radiazione: l’alta opacità porta quindi all’innesco della convezione nelle regioni esterne.

1 Per maggiori dettagli sulle equazioni dell’equilibrio stellare vedere l’Appendice A. 2

(14)

14 Figura 1.4 Rappresentazione nel diagramma HR della ZAMS (situata dov’è indicata la massa della stella in unità di massa

solare) per stelle con composizione chimica uguale a quella del Sole e masse nell’intervallo 𝟎. 𝟖 𝑴⨀≤ 𝑴 ≤ 𝟕. 𝟓 𝑴⨀ . Le

linee continue ed a puntini mostrano parte dell’evoluzione successiva per le masse indicate. (Marques, et al., 2008)

Le stelle di SPS, invece, bruciano idrogeno in elio tramite il ciclo CNO. In questo caso 𝜀𝐶𝑁𝑂 ~ 𝑇15 e

quindi la zona di combustione è poco estesa: l’effetto del grande flusso di energia prevale su quello dei bassi valori dell’opacità, così che il gradiente di temperatura nel nucleo è alto al punto da innescare la convezione. Le stelle di SPS hanno inoltre alti valori di temperatura efficace e quindi l’opacità negli inviluppi è bassa, così che il trasporto di energia in queste zone è puramente radiativo. Riassumendo, le stelle di SPI hanno nuclei radiativi ed inviluppi convettivi; viceversa, le stelle di SPS hanno nuclei convettivi ed inviluppi radiativi.

Descriviamo adesso brevemente l’evoluzione di Sequenza Principale. Man mano che l’idrogeno nel nucleo diminuisce, come si può vedere in Figura 1.4 , tutte le strutture si spostano dalle rispettive posizioni di ZAMS verso luminosità maggiori e questo perché rispondono alla progressiva diminuzione di combustibile aumentando densità e temperatura centrali.

(15)

15 Figura 1.5 Andamento schematico dell’abbondanza di idrogeno X in funzione del raggio della stella (Mr è la massa

contenuta nella sfera di raggio r) per una stella di SPI (pannello superiore) e di SPS (pannello inferiore). Viene analizzata in particolare l’evoluzione del nucleo durante la Sequenza Principale: i numeri indicano nell’ordine la sequenza temporale. Le linee tratteggiate nella figura superiore indicano il passaggio alla combustione tramite ciclo CNO. (Castellani, 1985)

In particolare, nel nucleo radiativo di una stella di SPI l’abbondanza di idrogeno ha un andamento crescente dal centro verso l’esterno (vedere il pannello superiore della Figura 1.5): infatti l’efficienza della reazione di fusione per tale elemento diminuisce, seguendo l’andamento decrescente della temperatura. Come si può vedere in figura, il valore massimo della curva si sposta progressivamente verso l’esterno cosicché, all’esaurimento del combustibile nella regione centrale, la fusione di idrogeno si sposta gradualmente in una shell contornante il nucleo di elio. Col progressivo aumento della temperatura durante l’evoluzione di MS, diventa sempre più efficiente il ciclo CNO, tanto che, al termine della combustione centrale di H, tutte le stelle producono elio in shell prevalentemente tramite questa catena di reazioni. A seguito dell’accensione della combustione di H in shell, aumenta il flusso di energia nell’inviluppo esterno, che quindi si espande e si raffredda, mentre la luminosità resta circa costante: questo fa innescare la convezione nell’inviluppo e fa spostare la struttura verso le minori temperature efficaci. Quindi il punto nel diagramma HR in cui la stella esaurisce il combustibile al centro è quello di massima temperatura efficace ed è detto Turn Off, visibile in Figura 1.4 per valori di massa < 1.2 𝑀⨀.

(16)

16 In una stella di SPS, invece, a causa dei continui mescolamenti ad opera della convezione, il contenuto di elio aumenta (a scapito di quello di idrogeno) in maniera omogenea in tutta la zona centrale. Poiché - a parità di condizioni fisiche - l’opacità dell’elio è minore di quella dell’idrogeno, col passare del tempo il gradiente di temperatura diminuisce ed il nucleo convettivo regredisce (vedere il pannello inferiore di Figura 1.5). In questo modo, al completo esaurimento dell’idrogeno nel nucleo, le prime regioni in cui si trova ancora tale elemento sono troppo esterne e non hanno le temperature sufficienti per bruciarlo. In questo caso è necessario che contragga tutta la regione centrale della stella per innalzare la temperatura al bordo del nucleo di elio ed innescare la combustione di H in shell. Questa fase di globale contrazione della stella viene detta Overall

Contraction: in Figura 1.4 è quella specie di “s” nelle tracce evolutive delle stelle di massa ≥ 1.2 𝑀⨀. Anche in questo caso, a seguito dell’accensione della combustione di H in shell, gli strati esterni alla shell si espandono diventando convettivi e la stella si sposta verso le minori temperature efficaci mantenendo la luminosità pressoché costante.

In generale, una stella dove le reazioni di fusione avvengono in una shell attorno al nucleo inerte di elio, mentre negli strati esterni molto rarefatti è attiva la convezione viene detta Gigante Rossa. Durante questa fase evolutiva, la massa del nucleo di elio della stella aumenta progressivamente per effetto della fusione di idrogeno in shell e, contemporaneamente, tale combustione si sposta sempre più verso l’esterno.

In particolare, nelle stelle con 𝑀 ≳ 2.3 𝑀⨀1 man mano che la shell accresce il nucleo, questo

contrae e si scalda finché non si innesca la combustione dell’elio (per temperature 𝑇~108𝐾). Questa viene comunemente detta reazione 3𝛼 , poiché produce un nucleo di 𝐶12 tramite la fusione, in due step successivi, di tre nuclei di 𝐻𝑒4 (anche dette particelle 𝛼)2. In generale, per le stelle di SPS la massa e la temperatura del nucleo di elio all’esaurimento dell’idrogeno aumentano all’aumentare della massa iniziale della stella, quindi strutture con massa più grande arriveranno prima all’innesco della 3𝛼. Addirittura, stelle con massa ≳ 15 𝑀⨀ innescano la 3𝛼 praticamente subito dopo

l’esaurimento dell’idrogeno nel nucleo.

Nelle stelle con 𝑀 ≲ 2.3 𝑀⨀ , invece, il nucleo di elio ha temperature e densità tali che la materia

che lo costituisce è elettronicamente degenere3 e questo ritarda l’innesco della 3𝛼. Man mano che la combustione in shell accresce la massa del nucleo, questo si riscalda progressivamente4 e, contemporaneamente, gli strati esterni alla shell continuano ad espandersi. L’evoluzione della stella

1

Tale massa limite, detta massa di “Red Giant Transition” dipende anche dalla composizione chimica iniziale della stella.

2

Per maggiori dettagli vedere il capitolo 7 del libro “Cauldrons in the Cosmos: Nuclear Astrophysics” (Rolfs & Rodney, 2005) .

3

Il grado di degenerazione aumenta col diminuire della massa iniziale della stella.

4 Per la materia stellare in condizioni normali, la pressione è proporzionale alla temperatura (nell’approssimazione di gas perfetto) e quindi ad un aumento della temperatura corrisponde un aumento della pressione: questo fa espandere il gas e fa diminuire nuovamente la sua temperatura. Nella materia degenere la pressione è indipendente dalla temperatura, quindi l’aumento di temperatura del nucleo degenere non è contro-reazionato e quest’ultimo continua riscaldarsi.

(17)

17 sul diagramma HR è il cosiddetto ramo delle Giganti Rosse, ovvero una curva quasi verticale posta alle basse temperature efficaci e a luminosità progressivamente crescenti1.

Con l’aumentare delle temperature e densità centrali diventa inoltre efficiente il cosiddetto meccanismo di produzione di neutrini da oscillazione del plasma: 𝛾 → 𝜈𝑒+ 𝜈̅ . Questa reazione, 𝑒

che nel vuoto è proibita dalla conservazione dell’energia e dell’impulso, è qui resa possibile dall’interazione dei fotoni con i modi di oscillazione del plasma. In pratica i neutrini vengono prodotti a spese del contenuto termico del plasma stellare ed il loro cammino libero medio è superiore al raggio della stella: essi abbandonano la stella senza interagire con la materia che la compone e sottraggono energia dal nucleo, raffreddandolo e ritardando ulteriormente l’innesco della combustione di elio. La struttura quindi perde energia dalla superficie (tramite la radiazione elettromagnetica) e dalle regioni centrali (tramite i neutrini). In una tale situazione la temperatura è massima in una zona leggermente spostata dal centro della stella: l’innesco della combustione di elio avviene quindi inizialmente nella regione attorno al massimo di temperatura, quando la massa del nucleo di elio ha superato il valore di circa 0.5 𝑀⨀ .

L’energia liberata dalla reazione fa aumentare la temperatura e quindi il rate di fusione dell’elio. Poiché la materia degenere è un buon conduttore di calore, la temperatura sale rapidamente in una zona sempre più estesa, ma siccome la pressione di degenerazione dipende solo debolmente dalla temperatura, tale zona si riscalda senza espandersi e raffreddarsi. Si innesca quindi un processo a cascata in cui la temperatura del nucleo ed il rate della 3𝛼 aumentano progressivamente: in pochi secondi viene liberata un’energia circa 100 miliardi di volte superiore a quella tipicamente prodotta dalla stella. Questa energia viene utilizzata per rimuovere la degenerazione ed innescare la combustione quiescente di elio nel nucleo.

Questa fase viene detta “flash dell’elio” e viene raggiunta tanto più tardi quanto più piccola è la massa iniziale. In particolare, stelle di SPI con massa iniziale minore di circa 0.5 𝑀⨀ non arriveranno

mai al flash, ma si raffredderanno progressivamente come nane bianche di elio al termine della combustione di idrogeno in shell. Le stime dei tempi con cui queste stelle dovrebbero raggiungere la fase di nana bianca sono però più lunghe dell’età dell’Universo (circa 13.8 miliardi di anni) e quindi si pensa che le nane bianche di elio che sono state osservate siano in realtà il residuo di stelle più massicce che hanno perso grandi quantità di massa durante la fase di RGB a causa di forti venti stellari.

1.3 La combustione degli elementi leggeri.

Nei precedenti paragrafi ho descritto l’evoluzione delle stelle dalla fase di Pre-sequenza fino a quella di Sub-gigante come prevista dai modelli stellari di tipo standard. I modelli di questo tipo trascurano gli effetti della rotazione e del campo magnetico presenti in una stella, così come le eventuali perdite di massa a cui questa può essere soggetta. Dal confronto con i dati osservativi, emerge che tali modelli riescono a riprodurre bene le principali caratteristiche delle stelle, sebbene siano ancora presenti delle discrepanze tra le previsioni teoriche e le osservazioni. In particolare i modelli

1

Ricordiamo che per la luminosità di una stella vale l’approssimazione di corpo nero e quindi 𝐿 = 4𝜋𝑅2𝜎𝑇𝑒𝑓𝑓4 .

(18)

18 standard non riescono a riprodurre correttamente le abbondanze superficiali degli elementi leggeri (litio, berillio e boro)1.

Nel presente paragrafo descriverò come evolvono dalla PMS fino alla fase di subgigante queste abbondanze secondo i codici stellari di tipo standard2, accennando brevemente alle discrepanze emerse dal confronto con le osservazioni.

1.3.1 Combustione dalla Pre-sequenza alla ZAMS.

Come ho accennato nel paragrafo 1.1, durante la fase di Pre-sequenza, in cui la stella contrae e si riscalda passando attraverso stati di quasi equilibrio, si possono raggiungere, a seconda della massa della stella, le temperature comprese tra i 2 ed i 5 milioni di gradi Kelvin necessarie per l’innesco della combustione di Litio, Berillio e Boro. Questi elementi vengono bruciati principalmente tramite le seguenti reazioni: 𝐿𝑖 6 (𝑝, 𝐻𝑒3 ) 𝐻𝑒4 per temperature 𝑇~2 × 106𝐾 𝐿𝑖 7 (𝑝, 𝐻𝑒4 ) 𝐻𝑒4 per temperature 𝑇~2.5 × 106𝐾 𝐵𝑒

9 (𝑝, 𝐻𝑒4 ) 𝐿𝑖6 per temperature 𝑇~3.5 × 106𝐾, che concorre in rapporto ≈ 1.2 (Lamia, et

al., 2015) con la seguente 𝐵𝑒

9 (𝑝, 𝐵𝑒8 )𝐷 seguita da 𝐵𝑒8 (𝐷, 2 𝐻𝑒4 )𝐷 per temperature 𝑇~3.5 × 106𝐾

𝐵

10 (𝑝, 𝐻𝑒4 ) 𝐵𝑒7

𝐵

11 (𝑝, 3 𝐻𝑒4 ) per temperature 𝑇~5 × 106𝐾 .

Quando si innescano tali reazioni, la stella ha già esaurito il deuterio (la cui temperatura di fusione è circa 106𝐾 ) ed è completamente convettiva. Consideriamo per semplicità stelle con la stessa composizione chimica, ma massa diversa. A seconda della massa (e quindi della temperatura) della stella, se l’efficienza di combustione di un dato elemento è sufficiente, l’abbondanza di tale elemento inizia a diminuire omogeneamente in tutta la struttura, essendo questa completamente convettiva. In seguito, nelle stelle di massa sufficientemente grande (𝑀 ≳ 0.4 𝑀⨀ , per stelle con

composizione chimica solare), il progressivo aumento di temperatura causato dalla contrazione gravitazionale porta alla formazione di un nucleo radiativo. Col passare del tempo, tale nucleo diventa sempre più grande e l’inviluppo convettivo si limita man mano a regioni sempre più esterne e più fredde. Nelle strutture di questo tipo, le reazioni di fusione degli elementi leggeri nella zona convettiva esterna proseguono fintanto che alla base di quest’ultima si hanno le temperature sufficienti.

1

Per abbondanze superficiali si intendono le abbondanze degli elementi chimici presenti nell’atmosfera di una stella. Esse sono le sole che si possono osservare direttamente (tramite l’analisi dello spettro della stella) e che quindi si possono confrontare con i valori previsti dai modelli teorici.

2

In particolare, i modelli stellari utilizzati sono stati calcolati nella Tesi di Laurea Magistrale di E. Tognelli utilizzando il codice evolutivo FRANEC (Frascati RAphson Newton Evolutionary Code) (Degl'Innocenti, et al., 2008). Per maggiori dettagli sugli input fisici adottati nel suddetto codice vedere la Tesi di Laurea Magistrale di E. Tognelli.

(19)

19 In Figura 1.6 è riportato l’andamento temporale della percentuale in massa della zona convettiva (𝑀𝑐𝑧⁄𝑀𝑡𝑜𝑡= 1 corrisponde ad una struttura completamente convettiva) per tre stelle con la stessa

composizione chimica (𝑌 = 0.28, 𝑍 = 0.0166, 𝑋 = 1 − 𝑌 − 𝑍), stesso valore per il parametro della

mixing length1 (𝛼 = 1.97) e massa rispettivamente 0.8, 1 e 1.2 𝑀⨀. L’intervallo temporale

considerato copre tutta la PMS fino alla ZAMS, indicata col punto “f”: l’evoluzione nel diagramma HR delle rispettive tracce evolutive è mostrata in Figura 1.3 e discussa nel relativo paragrafo. I punti contrassegnati con la stessa lettera in ciascuna delle figure corrispondono allo stesso istante; in particolare, il punto “c” indica la nascita del nucleo radiativo.

Dalla Figura 1.7 alla Figura 1.9 è riportata l’evoluzione della temperatura alla base della zona convettiva per le tre stelle di cui sopra, sempre dalla PMS alla ZAMS. Sono riportate anche le temperature di soglia per la fusione di 𝐿𝑖7 (linea tratteggiata rosa), 𝐵𝑒9 (linea tratteggiata rossa) e

𝐵

11 (linea tratteggiata verde). Nelle figure viene mostrato che, a parità di composizione chimica,

stelle più massicce contraggono più rapidamente e giungono prima alla formazione del nucleo radiativo.

Figura 1.6 Evoluzione dalla PMS alla ZAMS della percentuale in massa della zona convettiva (𝑴𝒄𝒛⁄𝑴𝒕𝒐𝒕= 𝟏 corrisponde

ad una struttura completamente convettiva) per tre stelle con gli stessi input fisici (vedere testo) e massa rispettivamente 0.8, 1 e 1.2 𝑴⨀. (Tognelli E., comunicazione privata).

1

Il parametro 𝛼 è definito dalla seguente relazione 𝑙 = 𝛼 𝐻𝑃 , dove 𝑙 è la mixing lentgh (cioè il tratto medio

percorso dalla materia soggetta a moti convettivi) e 𝐻𝑃≡ − 𝑑𝑟 𝑑𝑙𝑛𝑃⁄ è l’altezza di scala della pressione. La mixing length definisce l’efficienza della convezione nelle regioni stellari a bassa densità. Per maggiori dettagli

(20)

20

Figura 1.7 Temperatura alla base della zona convettiva in funzione dell’età per una stella di massa 0.8 𝑴⨀ e con gli indicati

valori della composizione chimica e della mixing length. L’intervallo di tempo considerato copre tutta la PMS fino alla ZAMS. In figura sono riportate anche le temperature di soglia per la fusione di 𝑳𝒊𝟕 (linea tratteggiata rosa), 𝑩𝒆𝟗 (linea tratteggiata rossa) e 𝑩𝟏𝟏 (linea tratteggiata verde). (Tognelli E., Tesi di Laurea Magistrale).

Figura 1.8 Evoluzione della temperatura alla base della zona convettiva per una stella di massa pari a 1 𝑴⨀ con gli stessi

input fisici e nello stesso intervallo temporale della Figura 1.7 . Le linee tratteggiate indicano le temperature di soglia per la fusione di litio, berillio e boro . (Tognelli E., Tesi di Laurea Magistrale).

(21)

21

Figura 1.9 Analogo di Figura 1.7 e Figura 1.8 per una stella di 1.2 𝑴 . (Tognelli E., Tesi di Laurea Magistrale).

L’effetto complessivo sulle abbondanze superficiali di litio, berillio e boro1 in queste strutture viene descritto nelle figure successive.

Nella Figura 1.10 è rappresentata l’evoluzione dalla PMS fino alla ZAMS dell’abbondanza superficiale di 𝐿𝑖7 normalizzata al valore iniziale 𝑋𝐿𝑖70 , cioè quello generalmente stimato come valore originale per le stelle di disco come il Sole. Nell’intervallo di tempo considerato, la 0.8 𝑀⨀ brucia quasi

completamente il litio2, anche se la fase di combustione inizia più tardi rispetto alle altre due stelle (questo perché la stella di massa più piccola, contraendo più lentamente, impiega più tempo a raggiungere la temperatura di soglia per la fusione di tale elemento). Nelle altre masse, invece, la combustione è complessivamente meno efficiente, visto che la convezione recede molto rapidamente: all’ingresso in ZAMS il rapporto 𝑋𝐿𝑖7⁄𝑋𝐿𝑖70 è ∼ 0.22 per la 1 𝑀⨀ e ~0.7 per la 1.2

𝑀⨀.

1

L’abbondanza osservata di un dato elemento è definita dalla seguente relazione: 𝑋𝑖= log (𝑛𝑖) ≡ 12 + log (𝑁𝑖⁄𝑁𝐻)

dove 𝑁𝑖 e 𝑁𝐻 sono le abbondanze numeriche rispettivamente dell’elemento considerato e dell’idrogeno,

quest’ultima normalizzata a 1012.

2 Il 𝐿𝑖6 viene completamente bruciato durante la fase di PMS sia nella 0.8 𝑀

(22)

22

Figura 1.10 Evoluzione dalla PMS alla ZAMS dell’abbondanza superficiale di 𝑳𝒊𝟕 (normalizzata al valore iniziale) per stelle

di 0.8 , 1 e 1.2 𝑴⨀ e stessa composizione chimica. (Tognelli E., Tesi di Laurea Magistrale).

L’evoluzione dalla Pre-sequenza all’ingresso in MS delle abbondanze superficiali di berillio e boro (normalizzate ai rispettivi valori iniziali) è rappresentata rispettivamente nel pannello superiore ed inferiore della Figura 1.11. Come si può vedere, il 𝐵𝑒9 viene bruciato solo in minima parte nella 0.8 𝑀⨀ mentre nelle altre masse è praticamente incombusto. Per quanto riguarda il 𝐵11 , all’ingresso

in MS tutte e tre le masse considerate hanno preservato il contenuto originale. Questo perché la temperatura alla base della zona convettiva scende rapidamente sotto le rispettive temperature di fusione di tali elementi. Visto che la combustione nella zona convettiva è meno efficiente, iniziano a manifestarsi gli effetti di un altro meccanismo di deplezione, la diffusione microscopica. La diffusione degli elementi all’interno di una stella avviene principalmente tramite la sedimentazione gravitazionale1: per effetto della forza peso, gli elementi più pesanti dell’idrogeno vengono spinti dalle regioni esterne a quelle più interne; l’idrogeno invece è sottoposto ad una spinta nella direzione opposta (per la conservazione della massa, il flusso radiale netto di materia deve essere nullo). Questo meccanismo agisce su tempi scala più lunghi rispetto a quelli della convezione (ecco perché inizia ad essere importante quando la convezione è meno efficiente) e la sua efficienza aumenta col crescere della massa della stella, visto che da questa dipende la spinta gravitazionale. In

1

Altri processi che contribuiscono in parte minore sono la diffusione chimica e la diffusione termica: il primo tende ad azzerare eventuali gradienti chimici presenti nella stella, il secondo tende a portare gli elementi carichi e pesanti nelle zone a temperatura maggiore. Un meccanismo diffusivo che si oppone alla sedimentazione gravitazionale è la levitazione radiativa, in cui i fotoni della radiazione uscente, lungo il tragitto dal nucleo alla fotosfera, vengono assorbiti da atomi parzialmente ionizzati. L’assorbimento di uno o più fotoni trasmette a questi atomi un impulso che li porta lentamente verso l’esterno. Le zone in cui la levitazione radiativa ha una maggiore efficienza sono ovviamente quelle più esterne delle stelle più calde, in cui la ionizzazione della materia è parziale.

(23)

23 questo caso, gli effetti della diffusione sono più evidenti nella 1.2 𝑀⨀ dopo circa 3 ⋅ 107 anni,

quando la stella si avvicina alla ZAMS (tra i punti “e” ed “f” in entrambi i grafici).

Dal confronto con i dati osservativi, è emerso che i modelli standard riescono a riprodurre abbastanza bene l’evoluzione delle abbondanze superficiali degli elementi leggeri durante la fase di PMS, come evidenziato ad esempio in (Jeffries, 2000). L’unico problema riscontrato dai modelli in questa fase evolutiva è che questi prevedono una forte dipendenza della deplezione in funzione della metallicità della stella, che invece non è stata osservata (come discuterò più dettagliatamente nel paragrafo 1.3.3).

1.3.2 Combustione in Sequenza Principale ed in fase di Sub-gigante.

Durante la Sequenza Principale, una frazione degli elementi leggeri che non sono stati bruciati in PMS viene portata lentamente nelle zone più interne per effetto della diffusione, fino eventualmente a raggiungere le zone dove la temperatura è sufficiente per la combustione di tali elementi. Questo fa sì che le abbondanze di litio, berillio e boro all’interno della stella crescano progressivamente verso l’interno1 fino a raggiungere il massimo in una zona intermedia (detta zona di accumulo) per poi decrescere ulteriormente proseguendo verso il centro (per via della combustione). Poiché i tre elementi hanno temperature di fusione diverse, le loro zone di accumulo all’interno di una stella sono in generale a profondità diverse.

Dopo aver bruciato tutto l’idrogeno nel nucleo e prima dell’innesco della combustione centrale di elio, le stelle attraversano la fase Gigante Rossa (vedere paragrafo 1.2). In questa fase, il nucleo di elio formatosi in Sequenza Principale è inerte e l’unica fonte di energia nucleare è il ciclo CNO nella shell circostante. Negli strati sopra alla shell si attiva la convezione, che affonda dalle zone esterne ricche di idrogeno fino a raggiungere quelle interne ricche di elio ed elementi più pesanti2. Questo è il cosiddetto “primo dredge-up” ed il suo effetto globale è quello di azzerare le precedenti disomogeneità chimiche degli strati esterni. In particolare, il primo dredge-up raggiunge anche le eventuali zone di accumulo di litio, berillio e boro.

Vediamo l’azione complessiva della diffusione e del primo dredge-up sulle abbondanze degli elementi leggeri.

Nella Figura 1.12 è rappresentata l’evoluzione in Sequenza Principale ed in fase di Sub-gigante dell’abbondanza superficiale di 𝐿𝑖7 normalizzata al valore iniziale per le stelle di 0.8 , 1 e 1.2 𝑀⨀

discusse nel paragrafo precedente.

1

Nelle stelle di SPI, che hanno inviluppi convettivi, le abbondanze sono costanti in tutta la zona convettiva e poi iniziano a decrescere al di sotto di questa.

2 Sia quelli che sono stati prodotti nella precedente combustione di idrogeno, che quelli che si sono “depositati” per effetto della diffusione.

(24)

24

Figura 1.11 Evoluzione dalla PMS alla ZAMS dell’abbondanza superficiale di 𝑩𝒆𝟗 (pannello superiore) e 𝟏𝟏𝑩 (pannello

inferiore) per stelle di 0.8 , 1 e 1.2 𝑴⨀ e stessa composizione chimica. Entrambe le abbondanze sono normalizzate ai

(25)

25 Nel caso della 0.8 𝑀⨀ la combustione del poco litio rimasto dalla Presequenza prosegue durante

tutta la MS, visto che la temperatura alla base dell’inviluppo convettivo è superiore a quella di fusione. Nelle altre due masse, invece, in fase di MS l’inviluppo convettivo non raggiunge le zone a temperatura sufficiente per la combustione e l’unico meccanismo che determina una diminuzione dell’abbondanza superficiale di litio è la diffusione, particolarmente evidente nella curva relativa alla 1.2 𝑀⨀ (andamento decrescente dopo circa 109 anni). L’andamento successivo in questa stessa

curva è invece un effetto del primo dredge-up. Quando la convezione affonda, inizialmente raggiunge la zona di accumulo del litio e quindi l’abbondanza superficiale aumenta. Successivamente, la convezione oltrepassa la zona di accumulo e raggiunge le temperature sufficienti per la combustione del litio (rapida diminuzione della curva).

Il risultato complessivo è che, nelle tre masse considerate, l’abbondanza superficiale di litio al termine della fase di Sub-gigante è circa nulla.

Figura 1.12 Evoluzione in MS ed in fase di Sub-gigante dell’abbondanza superficiale di 𝑳𝒊𝟕 (normalizzata al valore iniziale)

per stelle di 0.8 , 1 e 1.2 𝑴⨀ e stessa composizione chimica. (Tognelli E., Tesi di Laurea Magistrale).

L’evoluzione dalla MS fino al primo dredge-up dell’abbondanza superficiale di berillio è rappresentata in Figura 1.13. Nelle tre masse considerate, l’andamento è simile, dato che nessuna di esse brucia il 𝐵𝑒9 durante la fase di MS; l’unica differenza è che nella massa più grande è più evidente il contributo della diffusione prima del dredge-up (discesa anticipata e più pronunciata della curva). Come nel caso del litio, la risalita e la brusca discesa successive sono dovute al

dredge-up. Al termine della fase di Sub-gigante, l’abbondanza superficiale residua nelle tre masse è circa

(26)

26

Figura 1.13Evoluzione in MS ed in fase di Sub-gigante dell’abbondanza superficiale di 𝑩𝒆𝟗 per stelle di 0.8 , 1 e 1.2 𝑴⨀ e

stessa composizione chimica. L’abbondanza è normalizzata ai rispettivi valori originari della mistura del gas. (Tognelli E.,

Tesi di Laurea Magistrale).

Per il boro, l’andamento è riportato in Figura 1.14 ed è del tutto analogo a quello del berillio. L’unica differenza è nella maggiore estensione della zona di accumulo (visto che la temperatura di fusione è più alta). Questo fa sì che al primo dredge-up venga portata in superficie una maggiore quantità di boro (rispetto al berillio) e solo una parte di questo viene poi bruciata quando la convezione affonda ulteriormente. Il risultato complessivo è che al termine della fase di Sub-gigante nelle tre masse considerate il boro residuo è circa 30 %.

Come si è visto, secondo i modelli standard i soli meccanismi che possono far variare le abbondanze superficiali di litio, berillio e boro durante le fasi di Sequenza Principale e Sub-gigante sono la convezione superficiale, la diffusione ed il primo dredge-up. Tuttavia, come evidenziato in molti lavori presenti in letteratura (Deliyannis, et al., 2000) (Talon & Charbonnel, 2010) (Delgado Mena, et al., 2012), esiste un disaccordo tra le abbondanze superficiali degli elementi leggeri previste dai modelli standard e quelle osservate per le stelle situate nel disco galattico con età superiori a circa 200 milioni di anni. In particolare, le osservazioni indicano che nelle fasi successive alla PMS le abbondanze superficiali di litio, berillio e boro diminuiscono progressivamente con l’età della stella e tale diminuzione non è spiegabile tramite i soli meccanismi di diffusione e dredge-up. Per questo motivo, alcuni autori suggeriscono di includere nei modelli evolutivi dei meccanismi di deplezione aggiuntiva che, per poter riprodurre le abbondanze osservate, devono agire su tempi scala abbastanza lunghi da renderli trascurabili nella fase di Pre-sequenza - così da mantenere l’accordo già presente tra modelli standard ed osservazioni – e renderli importanti invece nelle successive fasi evolutive. Tra i meccanismi proposti come responsabili di questa deplezione aggiuntiva c’è ad esempio il mescolamento non standard tra la zona convettiva esterna e gli strati sottostanti: grazie a

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27 questo meccanismo gli elementi leggeri presenti in superficie raggiungono le zone dove possono essere bruciati oppure vengono mescolati con materiale dove invece sono assenti e quindi “diluiti”. Si è visto che includendo nei modelli stellari dei mescolamenti non standard come ad esempio quelli indotti da rotazione o dalle onde di gravità, si riescono a riprodurre correttamente i profili delle abbondanze osservati per il 𝐿𝑖7 e per il 𝐵𝑒9 (Deliyannis, et al., 2000) (Talon & Charbonnel, 2010).

Figura 1.14 Analogo di Figura 1.12 e Figura 1.13 per l’abbondanza superficiale di 𝟏𝟏𝑩. (Tognelli E., Tesi di Laurea

Magistrale).

Un altro punto di disaccordo tra previsioni teoriche ed osservazioni riguarda la cosiddetta “dispersione” delle abbondanze osservate: nel caso del 𝐿𝑖7 si è visto infatti che stelle con stessa età, composizione chimica e temperatura efficace mostrano valori di abbondanze superficiali che possono variare molto (in contraddizione con le previsioni dei modelli standard) e che l’intervallo di variabilità aumenta con l’aumentare dell’età considerata. Come il problema della deplezione extra, anche il fenomeno della dispersione ha effetti evidenti nelle fasi successive alla Pre-sequenza e sembra essere riprodotto correttamente tramite modelli che includono mescolamenti non standard (Talon & Charbonnel, 2010). Comunque questo problema esula dagli scopi di questa tesi e quindi non lo analizzerò ulteriormente.

1.3.3 Effetti della composizione chimica.

I risultati precedenti sono stati ottenuti per una fissata composizione chimica, ma è anche interessante discutere come l’evoluzione dell’abbondanza superficiale degli elementi leggeri dipenda dalla composizione chimica originale.

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28 Vediamo quali effetti ha una variazione di Y, cioè dell’abbondanza frazionale in massa di elio. In generale, un aumento del contenuto totale di elio fa aumentare la temperatura globale della stella. Questo si può capire con il ragionamento seguente. L’equazione di stato della materia stellare è in buona approssimazione quella di un gas perfetto

𝑃 = 𝑛𝑘𝑇 = 𝜌 𝜇𝑚𝑝

𝑘𝑇

dove 𝑛 è il numero totale di particelle per unità di volume, 𝜌 e 𝜇 sono rispettivamente la densità ed il peso molecolare medio del gas1, 𝑚𝑝 è la massa dell’atomo di idrogeno. Dalle definizioni di X, Y e Z

deriva che 𝑛 = 𝑛𝑒+ 𝑛𝑖 = 𝑛𝑒+ 𝑛𝐻+ 𝑛𝐻𝑒+ ∑ 𝑛𝑍𝑖 𝑖 = 𝑛𝑒+ 𝜌 𝑚𝑝 (𝑋 +𝑌 4+ ∑ 𝑋𝑖 𝐴𝑖 𝑖 ) .

𝑛𝑒 e 𝑛𝑖 sono rispettivamente la densità numerica di elettroni e di ioni; quest’ultima è stata poi

suddivisa nei contributi di idrogeno, elio ed elementi più pesanti (𝐴𝑖 è il peso atomico della specie

con abbondanza 𝑋𝑖.). Nel caso di gas completamente ionizzato, si può far vedere che

𝑛 ≅ 𝜌 𝑚𝑝 (2𝑋 +3𝑌 4 + 𝑍 2) e quindi 𝜇 ≅ 1 (2𝑋 +3𝑌 4 + 𝑍 2) ⁄ .

Da cui si vede che, in prima approssimazione, il contributo maggiore al numero totale di particelle (o equivalentemente al peso molecolare medio) è dato dall’idrogeno ( 𝑋~0.70 ÷ 0.75 ) e solo in parte dall’elio (𝑌~0.25 ÷ 0.28), mentre quello dei metalli è trascurabile (Z è dell’ordine di 1% o minore). Aumentando il contenuto di elio diminuisce quello di idrogeno (𝑋 + 𝑌 ≅ 1) e con esso il numero totale di particelle (o equivalentemente aumenta il peso molecolare medio). Ad uno stesso valore della pressione 𝑃 del gas deve quindi corrispondere una temperatura 𝑇 maggiore.

Per quanto riguarda la combustione del litio, un aumento di temperatura, a parità di massa della stella, fa sì che

 Durante la PMS si raggiungano prima le temperature di fusione degli elementi leggeri

 Dopo la nascita del nucleo radiativo, si formano inviluppi convettivi meno estesi e quindi la combustione in tale fase è meno efficiente

 Durante la MS aumenta l’efficienza della sedimentazione gravitazionale, sempre come conseguenza della minore estensione degli inviluppi convettivi.

Per il berillio ed il boro, invece, l’aumento di temperatura non è sufficiente da far aumentare la combustione in fase di PMS e l’unico effetto è quello di aumentare l’efficienza della diffusione durante la MS.

1

Per un gas composto da atomi o molecole diversi con massa media 𝑚̅ si definisce il peso molecolare medio 𝜇 ≡ 𝑚̅ 𝑚⁄ 𝑝 . Il peso molecolare medio dipende dalla composizione e dal grado di ionizzazione del gas (gli

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