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Metodi di datazione
Il tempo è una ben strana grandezza, che tende a dilatarsi o ad accorciarsi in particolari situazioni ed è apparentemente capace di scorrere nelle due direzioni, cioè nel futuro e nel passato; ma così non è in quanto le equazioni del moto non tornano indietro (come in una film proiettato all’inverso) e misurare il tempo a ritroso è cosa ben diversa dall’uso di un orologio. L’idea, apparentemente geniale, di creare un sistema di datazione assoluto è molto più complessa di quello che a tutta prima era sembrato negli anni cinquanta dello scorso secolo, quando fu scoperto il metodo del radiocarbonio. Misurare il tempo è da sempre una delle attività cui gli uomini hanno dato maggiore importanza, per cui hanno continuamente escogitato sofisticati metodi, a partire da quelli che usano i fenomeni astronomici che, con la loro periodicità, sono probabilmente la causa prima della nostra sensazione (tutta psicologica) del passare del tempo. In genere l’idea è sempre la stessa: individuare un fenomeno periodico e contare quante volte esso si ripete durante l’intervallo di tempo che si desidera misurare. Tanto più grande sarà il periodo tanto meno sensibile è l’orologio, questa è la ragione per cui i moderni orologi usano “clock” con 32768 oscillazioni al secondo, raggiungendo sensibilità veramente notevoli. Se l’intervallo di tempo da misurare è lungo occorre utilizzare sistemi di misura particolari e fare uso di un calendario per pianificare le attività future, come viene fatto nei computer che hanno costantemente un orologio e un calendario disponibili.
Per misurare un tempo che è passato occorre una ben diversa strategia, si devono infatti usare metodi che si fondano sulla osservazione di fenomeni molto lenti, iniziati ben prima della data che si vuole stimare: di questo occorre essere certi. Caso emblematico è quello della crescita di un sedimento, o anche quella di un albero, che ha uno sviluppo progressivo con una periodicità che è determinata dalle stagioni, dipendendo anche dalle condizioni climatiche. Nel caso di un albero il conteggio degli anelli di accrescimento permette il calcolo del tempo che è passato da un momento fissato; sembrerebbe però errato supporre che l’individuazione di un fenomeno periodico che si è svolto nel passato permetta di fare una misura del tempo come facciamo con gli attuali orologi. Nella misura del tempo che sta passando ci si può avvalere dell’osservazione dell’evento di cui si desidera misurare la durata (ad esempio un atleta che supera il traguardo) ciò non è possibile per eventi che sono già avvenuti. Le datazioni infatti si riferiscono ad oggetti e non a eventi. E’ necessario quindi trovare un collegamento tra un evento e un oggetto che esisteva in quel momento, questa operazione non sarà mai diretta ma richiederà alcuni passaggi intermedi che faranno, spesso fortemente, aumentare l’incertezza della stima.
Gli uomini hanno continuamente sviluppato metodi per costruire cronologie (e quando possibile calendari)
che sono strumenti essenziali per ricostruire gli eventi accaduti per un lungo intervallo di tempo nel passato,
ma anche per comprendere ed organizzare meglio quelli a cavallo del presente. Una cronologia è una scala
cui si può fare riferimento nella collocazione nel tempo di eventi di interesse, essa è un importante strumento
per uno storico, ma anche per quegli scienziati che studiano eventi avvenuti nel passato, come la formazione
di strutture geologiche o eventi astronomici che sono di interesse per la storia della terra e degli uomini che
in essa sono vissuti. E’ ben noto che per fare una misura occorre avere una scala, risulta evidente, quindi,
come i metodi escogitati dagli storici sono, almeno nella loro logica di fondo, molto simili di quelli degli
scienziati. Anche per le datazioni è necessario, come vedremo, creare una scala di riferimento (che non
definiremo ‘calendario’ per non creare confusioni); è quindi interessante studiare le caratteristiche di una
scala che la rendono più o meno utile nell’effettuare una misura. Prendiamo ad esempio un righello: esso è
composto da tanti intervalli adiacenti che indicano valori crescenti di lunghezza. Come nella stratigrafia i
singoli strati corrispondono a intervalli temporali - qualche volta ben conosciuti altre volte meno - nel
righello è possibile prendere gli intervalli più piccoli, aumentando così la sensibilità. Non è comunque
possibile spingersi troppo in questo gioco in quanto sotto il millimetro l’occhio ha difficoltà a individuare
con esattezza il trattino cui far corrispondere la misura. Cose analoghe accadono anche per le cronologie (ma
anche per le stratigrafie) che sono caratterizzate da intervalli che non possono essere troppo piccoli in quanto
2 è spesso difficile disporre di una griglia dettagliata di eventi, soprattutto se si va troppo indietro nel tempo
1. Le scale hanno necessità di avere un valore minimo (in molti casi il valore nullo: ossia zero), un valore massimo e degli intervalli. Se gli intervalli sono tutti eguali si parla di una scala lineare. Questo accade anche per le cronologie che però potrebbero essere caratterizzate da intervalli di tempo non tutti eguali e da un punto di inizio arbitrario
2Un’ipotesi che accomuna scienziati e storici è quella che la scala del tempo sia lineare; può accadere però che gli intervalli non siano tutti esattamente eguali o , come accade in un righello che si dilata al crescere dalla temperatura, l’intervallo tra due trattini non è più un millimetro. Si introduce così un progressivo spostamento di tutti i risultati che è difficile da correggere, come è accaduto per i calendari che hanno preceduto quello attuale in cui erano stati accumulati nel tempo tanti piccoli errori per cui fu necessario nel 1582 riallineare le date cancellando dei giorni. E’ stato necessario correggere anche alcune cronologie antiche quando ci si è accorti che alcuni dei loro elementi erano stati omessi o erroneamente valutati.
. Un eventuale errore sulla posizione del valore iniziale introduce un errore sistematico nel calcolo di tutti i valori che fanno riferimento a quella cronologia, comunque tale errore viene eliminato quando si determina un intervallo di tempo tra due eventi che fanno riferimento alla stessa cronologia.
Il sistema delle cronologie ha sempre avuto necessità di verifiche esterne per migliorare il suo funzionamento e guadagnare la fiducia degli studiosi. Non è però facile entrare dall’esterno in una cronologia, assegnando una data che sia più credibile di quella calcolabile con la stessa cronologia. Occorre, infatti, usare un metodo che faccia riferimento ad una scala che sia in qualche misura più credibile di quella costruita con pazienza dagli studiosi: ciò è quello che si è pensato di fare negli ultimi sessant’anni con il radiocarbonio e con gli altri metodi di datazione. Da queste considerazioni scaturisce la distinzione che si fa in ambito archeologico tra datazione assoluta e relativa, attribuendo all’uso del radiocarbonio un valore assoluto che, come vedremo, non gli è proprio. E’ utile comunque sottolineare il fatto che tutte le date poste all’interno di una stessa cronologia abbiano un valore relativo, mentre quella prodotta con un metodo indipendente possa essere considerata assoluta.
Va, infine, compreso che è cosa ben diversa datare un oggetto che non può essere posto in relazione con una cronologia (o uno strato nel caso di un reperto di uno scavo); in quest’ultimo caso il ricorso alla datazione può essere quasi una scelta obbligata. L’impiego di tecniche di datazione per l’autenticazione di manufatti sta divenendo pratica assai comune, anche se i rischi che si corrono non sono minori di quelli di utilizzare una cronologia senza fare verifiche indirette.
Il radiocarbonio
Il metodo del radiocarbonio è nato dall’idea di creare un metodo di datazione apparentemente assoluto dipendente dai meccanismi con cui i nuclei degli atomi stanno insieme, che non possono facilmente essere modificati. La parte più solida del metodo del radiocarbonio è quella legata al fatto che solo uno degli isotopi
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Attualmente viene utilizzato il calendario gregoriano di cui sono ben conosciute le relazioni con quelli che lo hanno preceduto nell’immediato. Vi sono anche calendari, utilizzati nel passato, costruiti spesso sulla base di conoscenze astronomiche, la cui esistenza risulta evidente dalle fonti (o da risultati di ricerche archeologiche), che possono essere posti in relazione a quelli più recenti solo in maniera approssimata.
del carbonio - il
14C – è radioattivo per cui la sua presenza può essere facilmente evidenziata
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Come accade per il calendario gregoriano, che noi utilizziamo per datare un evento, che ha come punto iniziale quella che, per convenzione, viene ritenuta la data di nascita di Cristo.
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Un isotopo è una delle possibili configurazioni del nucleo di un elemento. Siccome i nuclei sono composti di protoni e neutroni ed i primi sono in numero costante per un determinato elemento i vari isotopi differiscono tra loro solo per il numero di neutroni. Nel caso dei tre isotopi del carbonio essi hanno un neutrone in più passando dal
12C al
13C fino al
14
C che ha quindi due neutroni in più del
12C.
3 attraverso una misura di attività. In seguito alla disintegrazione, infatti, il
14C si trasforma in
14N (isotopo stabile dell’elemento con numero atomico superiore di un’unità) con l’emissione di una radiazione β
−. La radioattività o, più semplicemente, attività di una sorgente radioattiva è il numero di disintegrazioni che avvengono al suo interno nell’unità di tempo. L’unità di misura è il Bequerel, che corrisponde ad una disintegrazione per secondo (1 Bq). La disintegrazione di un nucleo radioattivo è un fatto casuale e quindi regolato da una ben precisa distribuzione di probabilità
4I motivi per cui un nucleo risulta instabile, e quindi decade, sono legati ai meccanismi - ben noti - che tengono insieme le particelle che compongono un nucleo, è logico quindi pensare che la probabilità che un determinato nucleo decada è fissa è costante e non cambia nel tempo. Da questa semplice considerazione, utilizzando un po’ di matematica, è facile arrivare a quella che viene chiamata legge del decadimento radioattivo, che, in ultima analisi, fissa la legge temporale con cui dei nuclei instabili di un determinato elemento decadono (vedi figura 1):
: di conseguenza non possiamo in nessun modo sapere quando, esattamente, un nucleo radioattivo si disintegrerà. Poiché si tratta di un fenomeno probabilistico, possiamo assumere che il numero di disintegrazioni per unità di tempo (e quindi l’attività) è proporzionale al numero di nuclei radioattivi presenti: è quindi più elevato se la massa della sorgente è maggiore. Risulterà perciò utile una grandezza che misuri l’attività per unità di massa: l’attività specifica (q/grammo o dpm/grammo). Tuttavia, anche in presenza di pochi milligrammi di sostanza e pur tenendo conto della rarità di alcuni radioisotopi, abbiamo sempre a che fare con milioni, se non miliardi di atomi, per cui possiamo sapere con buona precisione statistica quanti (anche se non quali) di essi si disintegreranno in un certo intervallo di tempo.
𝐴(𝑡) = 𝐴
0𝑒
−𝜏t(x.1)
dove A
0è l’attività dell’elemento radioattivo al tempo iniziale (fissato al valore zero) e τ è la vita media del nucleo che è legata, come detto sopra, alla probabilità che il nucleo decada in un certo intervallo di tempo.
Quello che è alla base della datazione con il
14C è la convinzione che gli elementi radioattivi decadono ora, come nel passato, con una ben determinata legge temporale. Purtroppo essa non è lineare in quanto essendo decrescente il numero di nuclei instabili, mentre la probabilità rimane costate, il numero di nuclei che decadono in un certo intervallo di tempo, poniamo ad esempio la vita media
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Una variabile casuale, come è in questo caso il numero di disintegrazione, è caratterizzata da una funzione, detta di distribuzione che fornisce per ogni possibile valore della variabile la probabilità che quest’ultimo accada.
, risulta sempre minore quanto più tempo passa. Questa, ben fondata, convinzione porta a supporre che, se si conoscesse l’attività iniziale di una sorgente e se ne misurasse quella attuale, sarebbe possibile fare una specie di percorso a ritroso che ci permette di stimare il tempo che è passato. Il calcolo è semplice:
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Risulta evidente che la vita media possa essere presa come unità di misura.
4 Figura 1 – Legge temporale del decadimento del
14C
𝑡 = 𝜏 log
𝐴(𝑡)𝐴0(x.2)
Il
14C ha una vita media di 8267 anni che corrisponde ad un tempo di dimezzamento di 5730 anni
6A questo punto il metodo del radiocarbonio si complica, divenendo però affascinate per le diverse soluzioni adottate per rimuovere i vari ostacoli. Willard Libby era un radiochimico che lavorava in un laboratorio fortemente coinvolto nello sviluppo delle armi nucleari, in un periodo storico in cui si cercava di scoprire quali rischi si correvano con l’uso delle bombe atomiche. In quegli anni si facevano ricerche sui meccanismi con cui radioisotopi presenti nell’atmosfera potessero finire sulla terra ed essere ingeriti dall’uomo.
Curiosamente tali ricerche, promosse per ragioni legate alla guerra, permisero di mettere a punto il metodo del radiocarbonio. Infatti l’ideatore del metodo è Libby, che per questo guadagnò il premio Nobel nel 1960.
. E’
necessario sottolineare il fatto che viene prodotto nell’alta atmosfera da una particolare reazione che vede coinvolti atomi di azoto e neutroni (
14N(n,p) →
14C) prodotti da particelle nucleari di alta energia che provengono dagli spazi cosmici (i raggi cosmici). Il
14C infatti non è - come la maggioranza degli isotopi - prodotto in reazioni nucleari (per lo più avvenute in un remoto passato) o nel decadimento di nuclei che fanno parte delle famiglie che costituiscono la radioattività naturale: il
14C è cosmogenico, cioè continuamente prodotto come conseguenza della presenza dei raggi cosmici . Questo fatto ha conseguenze molteplici e non tutte positive. Il fatto però che sia continuamente prodotto è positivo perché permette di ipotizzare che la sua concentrazione nell’alta atmosfera sia più o meno costante, anche se è un elemento radioattivo. Se avviene quindi una sua segregazione in un compartimento, che non sia aperto a nuovi apporti di
14C dall’esterno, la sua attività comincerà a diminuire con la legge che abbiamo descritto in precedenza.
Occorre quindi stabilire quale sia l’attività iniziale (A
0) e come possa avvenire questa cattura di
14C da parte di un sistema che poi non entri più in contatto con carbonio che proviene dall’atmosfera.
Gli esseri viventi sono una vera e propria pompa di carbonio in quanto tale elemento è per loro necessario per produrre molte delle strutture molecolari di cui sono composti. A titolo di esempio possiamo dire che il carbonio è praticamente inesistente sulla terra solida (minerali e rocce) mentre è una frazione molto significativa dei sistemi biologici ( ≈ 21%), è facile, quindi, supporre che se del carbonio arriva a contatto con la superficie della terra esso verrà, in buona parte, catturato selettivamente dagli organismi viventi. Il cammino che porta il carbonio dai limiti superiori dell’atmosfera agli organismi viventi è ovviamente molto più complesso di quanto uno possa supporre da questo semplice considerazione. Il primo passo è quello che mette in contatto l’alta atmosfera con la superficie della terra. La presenza di un continuo rimescolamento dei gas che compongono l’atmosfera è dovuto in massima parte alla evaporazione dalla superficie dei mari (che occupano il 71% dell’intera superficie) che fa si che l’anidride carbonica (CO
2) presente nell’atmosfera si rimescoli continuamente con quella dei mari. In questo meccanismo hanno un ruolo significativo le piogge che trasferiscono continuamente acqua dall’atmosfera verso i mari. Che sia la CO
2il principale veicolo del trasporto del carbono verso la superficie della terra è facilmente giustificato dal fatto che praticamente tutto il carbone che si forma nell’alta atmosfera si trasforma rapidamente in CO
2- attraverso la reazione C + O
2→ CO
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6
Le date convenzionali sono comunque calcolate utilizzando il valore determinato da Libby che è di 5568 ± 30 anni . - per cui negli scambi sulla superficie del mare sia proprio questa a portare il
14C nell’idrosfera (ossia nel grande serbatoio rappresentato dall’acqua dei mari e degli oceani che immagazzinano circa il 95% del
14
C, vedi figura 2). Potrebbe sembrare fantascienza se non vi fossero moltissimi risultati sperimentali che dimostrano che atmosfera, che contiene una concentrazione di 0.03% in volume di CO
2, e idrosfera sono veramente in equilibrio e che lo sono stati dal momento che l’atmosfera si è formata nella sua composizione attuale circa tre milioni di anni orsono. Disciolta nell’acqua la CO
2entra in equilibrio con gli ioni bicarbonici
7
Nella formazione di CO
2intervengono i tre isotopi del carbonio, ciascuno in base alla propria abbondanza che è del
98,9% per il
12C e dell’ 1.1% per
13C. Quella del
14C è, come visto in precedenza, variabile.
5 (HCO
3-
) e carbonici (CO
32-
) che possono veicolare carbone verso la fauna e la flora del mare. Come vedremo questo sarà un problema nella datazione di materiali di origine acquatica (conchiglie, pesci, ecc.) e potranno influenzare anche la datazione di esseri viventi che li hanno ingeriti. Come sempre accade nella scienza quello che rappresenta un problema, quando viene risolto con una completa chiarificazione dei meccanismi, diventa successivamente una possibilità di fare nuovi studi ed aprire nuovi campi: in questo caso per l’antropologia.
La CO
2presente nell’atmosfera entra in un meccanismo fondamentale per gli esseri viventi: la fotosintesi.
Attraverso questo canale entra nei sistemi viventi (che sono parte della biosfera, vedi figura 2) la gran parte del carbonio: la fotosintesi può quindi essere considerata la vera pompa del
14C verso gli esseri viventi.
Figura 2 – Schema dei meccanismi di scambio del carbonio tra i compartimenti in cui può logicamente essere suddivisa la terra. Per ciascun compartimento viene indicato anche quanto carbonio è in esso contenuto
8Nel caso degli animali ciò avviene solo indirettamente:
attraverso l’alimentazione con vegetali. Per chiarificare meglio tutti questi passaggi è necessario utilizzare uno schema (figura 3) che evidenzi tutti gli scambi che avvengono e come si possa con certezza affermare che la frazione di
14C presente in un animale è conosciuta.
Ognuno di questi passaggi solleva problemi che vanno risolti, come ad esempio se gli scambi di carbone tra l’aria e le piante permettono di creare un sostanziale equilibrio tra la frazione di
14C presente nell’atmosfera e nei vegetali. Si può dimostrare che, pur essendo dell’ordine del centesimo la massa di carbonio scambiata giornalmente, per tempi lunghi (quelli tipici delle piante), le concentrazioni di
14C nelle piante e nell’aria sono fermamente legate tra loro.
8
La grande quantità di carbonio presente nella litosfera è immagazzinato in serbatoi che non sono immediatamente disponibili per scambi con l’atmosfera e la biosfera. Come vedremo essi rappresentano un problema per le datazioni con radiocarbonio in quanto contengono grandi quantità di carbone praticamente privo di
14C, detto ‘carbone spento’ in quanto il
14C in esso contenuto è completamente decaduto.
Figura 3 – Schema logico degli scambi che
permettono agli esseri viventi di assimilare
14C
6 Gli ostacoli non sono finiti, vi è infatti un problema nell’assimilazione del carbonio da parte delle piante legato al fatto che il
12C, l’isotopo di gran lunga più abbondante, tende ad essere favorito nelle varie reazioni della fotosintesi per cui le piante contengono una frazione di
12C maggiore rispetto all’atmosfera. Questo fenomeno non è legato ai soli scambi derivanti dalla fotosintesi ma, in maniera diversa, accade per tutti gli scambi di carbone anche quelli con l’idrosfera. Fortunatamente è possibile dimostrare che la frazione di
13C, il terzo isotopo del carbonio, presente anch’esso in natura in quantità molto inferiori a quelle del
12C, ha un comportamento simile per cui è possibile correggere questo sistematico spostamento.
Se esistesse questa condizione di equilibrio dinamico del
14C nei vari comparti (come delineato dalla figura 2) si potrebbe, anche ora, misurare l’attività iniziale utilizzando un opportuno standard e calcolarsi dall’attività misurata la data che corrisponde alla morte dell’essere vivente o alla perdita di contatti con l’esterno del sistema che contiene
14C. Questo è appunto quello che viene fatto utilizzando il Modern Reference Standard (MRS) che è un campione di acido ossalico ricavato, dal National Bureau of Standard di Washington, da una partita di barbabietole da zucchero prodotte in una certa regione in un determinato anno.
Così è possibile calcolarsi la data convenzionale utilizzando un scala cronologica che parte dal momento in cui il metodo del radiocarbonio è stato introdotto, ossia il 1950. La data convenzionale è però il risultato di correzioni come quella dovuta al frazionamento isotopico di cui parleremo in seguito. Come si vede il radiocarbonio non è un orologio di semplice lettura, nel seguito cercheremo di illustrare i diversi aspetti del metodo a partire dalla descrizione di come esso, nel concreto, viene applicato.
Come viene fatta una datazione con il radiocarbonio
La fase preliminare alla misura ha una importanza fondamentale nella qualità dei risultati che possono essere ottenuti con questo metodo. E’ innanzitutto molto importante l’individuazione del campione da datare in quanto esso deve essere rappresentativo dell’insieme che si vuole datare, sia esso uno strato (o un contesto) o un manufatto di cui si vuole determinare l’età. Ad esempio nel datare uno strato ci si deve accertare che il campione estratto appartenga con certezza allo strato. Nel caso di un oggetto il campione prescelto deve essere rappresentativo dei materiali che costituiscono tutto l’oggetto (cosa non sempre facile). Vi è sempre in agguato il problema della contaminazione che può alterare anche notevolmente i risultati di una datazione.
Ad esempio se l’1% del carbonio estratto dal campione da datare ha un’origine diversa, supponiamo che provenga da un serbatoio, come quello geologico
9che contiene ‘carbonio spento’, la data calcolata risulterà inferiore di circa 80 anni essendo la vita media del
14C di 8033 anni
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I resti organici contenuti in giacimenti o inclusi in minerali che sono stati per lunghissimo tempo fuori dal contatto con l’atmosfera non contengono più
14C in quanto si è tutto trasformato nel processo radioattivo, il carbonio estratto da questi resti viene detto “spento”
. Se venisse invece erroneamente addizionato del carbonio proveniente da resti organici recenti l’errore sarebbe decisamente inferiore al precedente, ma tanto maggiore quanto più il campione da datare è antico; per fare un esempio per un campione di età tardo repubblicana, poniamo 78 BC, l’errore, per una contaminazione dell’1% di carbone recente, sarebbe di soli 6 anni. Da questi esempi scaturisce la considerazione che le contaminazioni più pericolose sono quelle con materiali provenienti dalla geosfera. L’interesse per un risultato e le condizioni in cui si è costretti ad operare spingono qualche volta a correre dei rischi, spesso, però, vengono in soccorso metodi di trattamento del campione che assicurano che il carbonio estratto è parte di quello originario e non contiene carbonio che si è aggiunto successivamente. Dal campione prelevato, con le dovute cautele, e portato in laboratorio, viene estratto il carbone in esso presente con tecniche, dette di pretrattamento, sviluppate notevolmente negli ultimi decenni, facendo spesso tesoro di precedenti errori, e utilizzando conoscenze sui materiali e i processi di crescita dei sistemi viventi, che sono fortemente aumentati con lo sviluppo della moderna scienza dei materiali e della biologia. Il pretrattamento del campione è la fase che
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E’ possibile dimostrare che se α è l’errore sul rapporto A
0/A(t) (vedi l’equazione x.2) l’errore sulla data sarà α τ ,
dove τ è ovviamente la vita media del
14C.
7 richiede più fatica per cui ha spesso costi notevoli. Le tecniche da impiegare dipendono sia dalla natura del campione prescelto che dalla successiva tecnica sperimentale che si è deciso di applicare. Ad esempio nella datazione delle ossa occorre saper estrarre il collagene che contiene il carbonio utile alla datazione, non ci si può infatti fidare del carbonio rimanente che potrebbe provenire dalla diagenesi. Esistono naturalmente tecniche di trattamento che sono ben collaudate che permettono di guidare la scelta del campione. Nel seguito vengono indicate le quantità necessarie per datare i vari materiali mediate l’AMS che è la tecnica attualmente maggiormente impiegata:
Carbone 50-100 g
Torba 50 g
Fossili e sedimenti lacustri 100-1000 g Conchiglie, carbonati 20-50 g
Fibre tessili 7 mg
Semi vegetali 0.15 mg
Resti alimentari 1.2 g Resti di pire funerarie 1.2 mg Carbone da fornaci 0.4 mg
Come si vede si tende in genere a datare materiali non di pregio, forse di scarto, comunque reperibili in strati individuati nell’indagine archeologica.
Per la determinazione del
14C nel campione da datare si possono seguire due diverse strade che conducono ambedue a risultati analoghi. La più tradizionale fa uso di una misura di attività specifica del carbonio estratto utilizzando tecniche di misura molto raffinate, con l’impiego di particolari contatori proporzionali a gas o di scintillatori in fase liquida. Il numero di disintegrazioni in una sorgente è tanto maggiore quanto più elevata è la sua massa, è quindi necessario effettuare una normalizzazione per poter utilizzare correttamente la legge del decadimento. Per impiegare il metodo radiometrico occorre quindi conoscere la massa della sorgente, che rappresenta una ulteriore piccola complicazioni. Un campione ha un’attività tanto minore quanto più è antico, in pratica nell’effettuare una misura con il metodo radiometrico ci si potrebbe trovare nella condizioni di contare meno di un conteggio al secondo (poniamo 0,01 Bq) per cui occorrerebbe aspettare un tempo di 10
6s (11 giorni e mezzo) per ottenere una precisione dell’1%, che corrisponde a 10
4conteggi rivelati. La misura della radioattività ha infatti un incertezza inerente nel fatto che, anche prescindendo dagli altri errori di misura, vi è un limite statistico determinato dal fatto che i conteggi rivelati sono eventi casuali caratterizzati da una distribuzione di probabilità
11Si potrebbe pensare che la tecnica del radiocarbonio non ha limiti in quanto è possibile andare a ritroso nel tempo quanto si vuole è solo un problema di raggiungere una precisione statistica sufficiente. Invece le cose stanno diversamente in quanto esiste sempre la possibilità, seppur remota, che la radiazione di fondo (in gran parte dovuta alla presenza dei raggi cosmici, sempre loro!!), non eliminabile completamente con schermature dei contatori, possa produrre dei conteggi spuri nel contatore. Questo fatto ci permette anche di fissare un altro limite sperimentale delle datazioni con radiocarbonio che è il limite superiore (cioè a ritroso nel tempo) che è possibile raggiungere. Partiamo dalla semplice considerazione che, dopo che sono passate quattro vite medie – pari a 32132 anni - l’attività stimata di un grammo di carbonio è di 0.0016 Bq, ossia di circa un conteggio ogni minuto. Per essere sicuri che un rateo
che ha una deviazione standard pari alla radice quadrata dei conteggi misurati. L’incertezza relativa è
√𝑁𝑁
per cui una precisione dell’1%
corrisponde a 10000 conteggi: ne conseguono tempi molto lunghi di conteggio. Quando si dispone di molto materiale questo può non essere un problema, anche se trattare grandi quantità di materiale non è ne agevole ne economico.
12
11
Distribuzione di Poisson
di conteggi cosi basso derivi veramente dal
14C il
12
Il rateo è il numero di conteggi per unità di tempo
8 fondo deve essere significativamente più basso, ad esempio 2-3 conteggi ogni sedici minuti. Questo porta ad un limite superiore di 30000 anni che può essere superato agevolmente disponendo di maggiori quantità di materiali o di sistemi molto ben schermati che hanno un numero di conteggi di fondo ancora più bassi. In estrema sintesi può essere impiegata la seguente relazione in cui viene impiegato il criterio detto del 2 σ che riduce al 13,5% la probabilità di un risultato casuale, cioè spurio, e σ
fè la deviazione standard del fondo t
max= τ ln �
2 σfA0� con 𝜎
𝑓= �
Nt misfin cui t
misè il tempo di misura.
La frazione di un isotopo, in particolare del
14C rispetto al
12C, è un grandezza molto utile che può essere utilizzata per caratterizzare i materiali in quanto è una sorta di impronta digitale nascosta che in molti casi permette di individuare quali siano stati i materiali di origine di un manufatto. Essa è il rapporto tra le masse di due isotopi di un certo elemento che può essere determinato mediante uno spettrometro di massa.
Utilizzando uno spettrometro di massa con acceleratore (AMS) è possibile misurare direttamente le frazioni isotopiche in un campione di carbonio: è quindi possibile utilizzare tale misura per individuare la concentrazione di nuclei di
14C in un campione e quindi datarlo. L’impiego dell’acceleratore è necessario per avere le sensibilità che sono necessarie per determinare le piccole frazioni di
14C che sono presenti nei campioni da datare, l’acceleratore permette infatti di rivelare un numero estremamente piccolo di atomi di
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C e di misurare direttamente la frazione isotopica
14C/
12C
13�𝐶14 𝐶12�
�𝐶14 𝐶12�
0
=
(𝐶𝐶1414)0
(x.3)
in maniera da poterla confrontare direttamente con quella dello standard moderno ed ottenere così la data convenzionale. In questo caso occorre notare che, essendo la frazione di atomi di
12C in un campione moderno ed antico eguale, in quanto tale isotopo è stabile, risulterà che:
essendo quindi l’attività specifica proporzionale al numero di atomi di
14C l’equazione x.2 può essere così riscritta:\
𝑡 = 𝜏 log
�𝐶𝐶1414�0(x.4)
Quindi attraverso la misura con lo spettrometro di massa delle frazioni isotopiche di
14C presenti nel campione da datare e nello standard moderno è possibile calcolare la data convenzionale.
Il frazionamento isotopico
Tale problema è ben noto e studiato, tanto da essere divenuto con il tempo una risorsa per lo studio dei comportamenti alimentari di singoli individui e popolazioni, ma anche per altri studi archeologici ed antropologici. Il lieve impoverimento dei due isotopi del carbonio presenti con frazioni isotopiche basse può essere ben quantificato tramite il δ
13C facendo riferimento ad uno standard geologico costituito da calcite derivata da un fossile marino, la Belemnitella americana della formazione Pee Dee del South Carolina (PBD) che presenta una frazione C
13/C
12di 0.011237:
𝛿
13𝐶 = �
�𝐶13 𝐶12�
𝑐𝑎𝑚𝑝− �𝐶13 𝐶12�
𝑃𝐷𝐵
�𝐶13 𝐶12� 𝑃𝐷𝐵
� × 1000 (x.4)
I valori di δ
13C sono calcolati in per mille a partire dal valore per i carbonati marini (lo standard ha infatti tale origine). I valori sono in genere negativi, anche la CO
2dell’atmosfera presenta una frazione di C
13lievemente (−8‰) più bassa. Come accennato in precedenza, la correzione sulla frazione di
14C può essere
13
In questo caso
14C ed 12C sono il numero di atomi dei due isotopi presenti nel campione.9 calcolata in quanto δ
14C = 2 × δ
13C, cioè i valori di δ per i due isotopi sono esattamente l’uno di doppio dell’altro. Questo potrebbe sembrare strano se non si considerasse che il diverso comportamento degli isotopi è legato unicamente al loro peso atomico, per cui essendo i tre isotopi del carbonio differenti tra loro per un’unità di peso atomico (un neutrone in più) l’incremento per il
14C deve essere il doppio di quello del
13C che è dovuto, a sua volta, ad una variazione di una unità di peso atomico rispetto al
12C.
L’attività misurata va quindi corretta per tener conto del frazionamento isotopico, che fa riferimento al valore di δ
13C del legno cui è assegnato per convenzione il valore di − 25‰. L’espressione con cui si applica tale correzione ha un forma alquanto involuta in quanto i valori di δ
13C sono espressi in per mille e la correzione non può che essere è un fattore moltiplicativo vicino all’unità. In pratica è più utile osservare quanto può incidere tale correzione
∆t = τ ln ��1 − 2
�25+δ13C�1000�
−1� ≈ 2
1000𝜏�25 + δ
13C� = 2 × 8,033 × �25 + δ
13C� (x.5
Nella tabella I sono riportati i valori di δ
13C e le corrispondenti correzioni delle date (∆t) per alcuni tipici materiali utilizzati per le datazioni, le incertezze indicate in tabella si applicano solo nel caso delle misure con il metodo radiometrico in quanto nel caso delle misure AMS il δ
13C viene determinato sperimentalmente ed avrà un’incertezza associata alla misura.
Tabella I - Valori di δ
13C e correzione in anni per campioni estratti da alcuni materiali
Materiale δ
13C ∆t
Carbonati marini e PBD 1‰ 429 ± 50
Idrossiapatite delle ossa 0‰ 412 ± 70
conchiglie d’acqua dolce -6‰ 311 ± 50
Collagene dell’osso -7‰ 295 ± 50
CO
2dell’atmosfera -8‰ 278 ± 35
Cereali (mais, sorgo, ecc.) -10‰ 245 ± 50
Piante marine -12 ‰ 212 ± 70
Paglia e lino -14‰ 179 ± 70
Piante d’acqua dolce -16‰ 145 ± 130
Collagene dell’osso, cellulosa -19‰ 97 ± 35 Frumento, avena, riso, ecc. -23‰ 32 ± 70
Legno e carbone di legna -25‰ 0 ± 70
Fogliame, paglia, torba e humus -27‰ 32 ± 95
Questa è la ragione per cui nel calcolo della data convenzionale viene applicata la correzione per l’effetto di frazionamento isotopico, mentre non vengono le calibrazioni per le variazioni di
14C in atmosfera (∆
14C) di cui parleremo in seguito.
Errori nella misura della data convenzionale
Le varie relazioni con cui viene calcolata la data convenzionale sono tutte esponenziali, per cui l’incertezza sulla data è proporzionale all’errore relativo sulla misura dell’attività (A) del campione o, nel caso dell’AMS, sulla determinazione della frazione isotopica
14C/
12C:
∆t = τ ∆A/A = τ σ
A/A. (x.6)
Quindi con un po’ di pazienza è possibile contenere l’errore statistico e quindi ridurre l’incertezza sulla data
convenzionale, basta pensare che un errore dell’1% porta ad una incertezza nella data convenzionale di circa
80 anni. E’ però evidente che quando l’attività di
14C diminuisce, e di conseguenza è minore la sua frazione
10 isotopica, risulta più difficile mantenere eguali i livelli di incertezza, tenendo anche presente che l’errore statistico di misura (σ
stat) si somma quadraticamente con quello sulla misura (σ
mis) e dello strumento (σ
srum):
𝜎
𝑚𝑖𝑠= �𝜎
𝑠𝑡𝑎𝑡.2+ 𝜎
𝑚𝑖𝑠2+ 𝜎
𝑠𝑡𝑟𝑢𝑚2x.7
e che, mentre l’errore statistico può essere ridotto contando per tempi più lunghi, questo non avviene per gli altri errori. L’incertezza sulle date più antiche, di conseguenza, tende a crescere anche se non è possibile dare un valore numerico di questo incremento in quanto dipende fortemente dalle condizioni di misura.
Dalla data convenzionale a quella calibrata
Per passare dalla data convenzionale a quella calibrata occorre utilizzare alcuni metodi di calibrazione che sono spesso assi sofisticati e di non semplice comprensione. E’ bene sottolineare subito che nel fornire il risultato di una misura deve essere sempre riportata la data convenzionale con il suo intervallo di incertezza in modo da permettere di ricalcolare le correzioni di calibrazione, utilizzando metodi giudicati più appropriati. In ogni caso è utile sottolineare che le calibrazioni servono a migliorare l’accuratezza dei risultati, permettono quindi di fare una stima più vicina a quella effettiva, cioè più probabile in base alle misure effettuate e alle nostra conoscenza degli errori sistematici. Le calibrazioni sono anche’esse caratterizzate da intervalli di incertezza che determinano un incremento complessivo dell’errore da assegnare alla data, in particolare gli errori di misura (σ
mis) si sommano quadraticamente a quelli introdotti con le calibrazioni (σ
cal).
Calibrazione della concentrazione iniziale di
14C
Il metodo del radiocarbonio ha come fondamento il fatto che la concentrazione di atomi di
14C nell’atmosfera sia rimastra costante nel tempo. Una sua eventuale variazione porta ad errori che sono facilmente quantificabili. Se ad esempio A
0è variata dell’1% ciò produrrà un sistematico spostamento di tutte le date stimate verso valori maggiori che percentualmente saranno dell’1%, quindi in valore assoluto cresceranno linearmente andando indietro nel tempo. Ad esempio la data misurata sarà di cinque anni superiore nel 1450 BP e di dieci anni nel 950 BP, quindi siamo di fronte ad un errore sistematico non trascurabile.
Già nel 1958 De Vries mise in evidenza che la concentrazione di radiocarbonio nel 1700 e nel 1500 era stata di circa il 2% più alta di quella del XIX secolo, attribuendo tali variazioni a variazioni climatiche. Le successive ricerche portarono alla scoperta che le datazioni di reperti provenienti dall’Egitto del terzo millennio a.C. risultavano spostate in avanti nel tempo di alcune centinaia di anni. Successive ricerche per verificare se tali errori si ripetessero anche per altre epoche, e quale ne fosse l’origine, fecero maturare l’idea di ricostruire l’andamento della concentrazione del
14C nell’atmosfera utilizzando sistemi biologici che conservassero traccia di tali variazioni. Quasi immediatamente vennero individuati gli anelli degli alberi che hanno la straordinaria caratteristica di formarsi e morire nel giro di un anno rimanendo poi intrappolati all’interno del fusto senza più entrare in contatto con l’atmosfera: una vera fortuna. Di tutto ciò vi sono numerose prove che i fisiologi vegetali potrebbero spiegare nel dettaglio, del resto l’impiego della dendrocronologia per datare le piante è una pratica ben stabilita da tempo che è andata evolvendo negli ultimi decenni con lo sviluppo di metodi che permettono datazioni relative di grande qualità.
La ricostruzione sistematica dell’archivio delle concentrazioni di
14C nel passato ha richiesto un lavoro di
circa trent’anni, con il coinvolgimento di numerosi gruppi di ricerca che hanno potuto verificare con misure
incrociate l’esattezza dei risultati così ottenuti. Grazie alla presenza di alberi estremamente longevi, come ad
esempio il Pinus Aristata, la Sequoia Gigantea e le querce, è stato possibile determinare una serie ininterrotta
di concentrazioni che arriva fino a 12.000 anni fa. Il quadro che ne deriva è piuttosto complesso in quanto,
come si può vedere dalla figura 4, vi sono stati sia cambiamenti lenti, che sembrano delineare un andamento
11 periodico, e fluttuazioni in periodi brevi, anche molto significative. E’ evidente che le variazioni di lungo periodo possono essere spiegate con grandi cambiamenti avvenuti nel passato sulla Terra (come ad esempio le variazioni del suo campo magnetico, che in un remoto passato si è anche invertito) mentre le fluttuazioni a tempi brevi sono da attribuirsi a variazioni dell’attività di stelle (tra cui principalmente quelle del Sole) che sono sicuramente accadute anche in un recente passato. In figura 4 il ∆
14C, che esprime tali variazioni in per mille, e così definito:
∆
14C =
C0 C−C0∗0∗
× 1000. x.8
dove C
0è le concentrazioni misurate tramite gli anelli degli alberi e C
0*è quella misurata nel Modern Reference Standard, di cui abbiamo già parlato.
Figura 4 - ∆
14C vedi equazione x.8) nell’atmosfera della terra negli ultimi novemila anni.
Una prima considerazione – rassicurante - è che negli ultimi 4000 anni le fluttuazioni sono state tutte inferiori al 3% per cui gli errori sono contenuti. La seconda è che la presenza delle fluttuazioni crea una forte ambiguità nella ricerca della data da attribuire ad un campione in quanto la stessa data convenzionale, se si considera l’incertezza dovuta agli errori di misura e di calibrazione, può corrispondere a più date calendariali.
Utilizzando determinazioni cronologiche assolute su anelli di alberi provenienti dagli USA e
dall’Europa è stato possibile estendere le calibrazioni fino all’8329 a.C., con un buon grado di
accuratezza. Successive ricerche, utilizzando la cronologia dei coralli, datati con il metodo Uranio-
Torio, hanno permesso di estendere la calibrazione fino al 13.635 a.C. ed infine mediante la
cronologia fluttuante di sedimenti laminati (varve marine) provenienti dal bacino Cariaco è stato
possibile arrivare fino a 24.000 BP. Tali calibrazione si applicano, ovviamente, ai soli esseri viventi
12 che sono stati per un lungo periodo di tempo in contatto con l’aria atmosferica, ma non può essere applicata ad esseri viventi marini. Accurate ricerche utilizzando conchiglie, coralli ed altre specie marine hanno permesso di confermare che l’ipotesi che vi sia stato anche nel passato un equilibrio dinamico tra il più grande serbatoio di
14C, ossia i mari, e l’atmosfera è pienamente confermata, come anche il dato che la concentrazione nei mari sia leggermente inferiore (circa 5% in meno).
Questa conferma indiretta dei risultati ottenuti con la dendrocronologia (figura 5) rafforza notevolmente la fiducia nella tecnica del radiocarbonio.
Fig.5 - Δ
14C nel mare confrontato con quello nell’atmosfera per dimostrare come siano fortemente legati (correlati) tra loro.
La conoscenza della serie dei ∆
14C ci permette di calcolare le date radiocarboniche calibrate, cioè corrette per la concentrazione di
14C nel periodo in cui il campione ha accumulato il carbonio. La data calibrata differisce da quella convenzionale (corretta anche per l’effettivo valore della vita media) della quantità Δt
cal= τ ln(1+Δ
14C/1000) ≈ τ Δ
14C/1000 .
In figura 6 è riportata la curva di calibrazione costruita con i più recenti dati reperibili in letteratura
14Variazioni recenti della concentrazione del
14C in atmosfera
, ad essa è stata sovrapposto la curva dei Δ
14C in atmosfera per permettere di evidenziare meglio come le calibrazioni risultano più critiche in corrispondenza di brusche variazioni delle concentrazioni di
14C.
In qualche misura, come in un ‘thriller’, alla scoperta del metodo di datazione con radiocarbonio è corrisposto un brusco cambiamento della situazione che rende più difficile l’applicazione del metodo per date recenti e per l’impiego di esso in un prossimo futuro. Per fare ordine occorre partire dalla parte finale della curva di calibrazione di figura 6. In una finestra inserita nella figura è mostrato l’andamento della calibrazione negli ultimi 400 anni, si può notare come questo tratto di curva sembra tutto tranne che una
14
PJ Reimer, MGL Baillie, E Bard, A Bayliss, JW Beck, C Bertrand, PG Blackwell, CE Buck, G Burr, KB Cutler, PE
Damon, RL Edwards, RG Fairbanks, M Friedrich, TP Guilderson, KA Hughen, B Kromer, FG McCormac, S Manning,
C Bronk Ramsey, RW Reimer, S Remmele, JR Southon, M Stuiver, S Talamo, FW Taylor, J van der Plicht, and CE
Weyhenmeyer (2004), Radiocarbon 46:1029-1058.
13 calibrazione lineare, infatti si sono variazioni continue che creano ambiguità di non semplice soluzione. In particolare, vi è una raccomandazione di non usare il metodo del radiocarbonio per gli ultimi tre secoli;
sembrerebbe una drastica limitazione se non si tenesse conto che esso sarebbe più usato per autentiche o altri impieghi non propriamente scientifici, in quanto le datazioni sono tanto più utili quanto più le fonti storiche si impoveriscono.
Fig.6 Curva di calibrazione delle età radiocarboniche negli ultimi settemila anni. Sovrapposta (con riferimento all’asse verticale destro) la Δ
14C nell’atmosfera, per evidenziare come le variazioni di quest’ultima influenzino la calibrazione.
Sempre osservando la figura 6, ma sarebbe possibile farlo anche dalla figura 5 che riporta la medesima
curva, si può osservare che il Δ
14C dall’inizio del XX secolo diminuisce repentinamente; ciò potrebbe essere
causato dall’incremento di carbone ‘spento’ nell’atmosfera, dovuto al massiccio aumento della combustione
di carbone fossile e di idrocarburi avvenuto in quel periodo. Il fatto si fa notare perché subito dopo accade un
fatto clamoroso che cambia drammaticamente la situazione: iniziano gli esperimenti nucleari che durano per
circa vent’anni. In figura 7 è mostrato l’andamento del Δ
14C fino al 2001: si può notare come la
concentrazione di
14C nell’atmosfera cresce repentinamente arrivando a valori mai visti in passato. Appare
subito evidente che l’arrivo del
14C nell’atmosfera avviene con ritardo di qualche anno: infatti solo dopo il
1955 il Δ
14C inizia rapidamente a crescere, quando alcune bombe erano già esplose da tempo. Comunque
dopo il 1968 la concentrazione comincia a decrescere con un andamento esponenziale che dovrebbe far
prevedere che nel giro di pochi decenni le variazioni di carbonio saranno, come al solito, quelle dovute alla
produzione da raggi cosmici e non quelle indotte dall’uomo. La curva appare frastagliata in quanto negli
ultimi decenni si sono fatte determinazioni assai frequenti di concentrazione di
14C in atmosfera, anche
mensili, per cui sono evidenti anche piccole variazioni, forse anche dovute alle fluttuazioni statistiche.
14 Gli scienziati è gente operosa, come i contadini della quercia caduta, non si sono dilungati troppo in lamenti per il grande disastro dell’era nucleare, anzi hanno cercato nuovi metodi per sfruttare la nuova situazione che si era creata. In particolare la forte pendenza della curva per circa un decennio dopo gli anni cinquanta permette di individuare con elevata precisione l’anno di produzione di generi di pregio (annate dei vini, partite di whisky, ecc.) attraverso la determinazione diretta della concentrazione di
14C che è caratteristica, in quegli anni, di un particolare anno. Sia la curva di salita che quella di discesa hanno permesso di perfezionare la conoscenza delle dinamiche di equilibrio tra i grandi serbatoi di
14C, ad esempio tra atmosfera e idrosfera (dove sta finendo gran parte del
14C prodotto durante le esplosioni nucleari, a spiegazione della sua progressiva scomparsa dall’atmosfera (fig.7).
Fig. 7 – Variazione del Δ
14C dovuto alle esplosioni nucleari in atmosfera (effetto bomba).
Come si determina la data di calendario
La scelta di introdurre una nuova scala di valori, quelli BP, può sembrare inopportuna se non si considerassero una serie di circostanze che avrebbero creato confusione se si fosse deciso di assegnare fin dall’inizio un valore di calendario alla data radiocarbonica. Occorre notare che le date convenzionali, frutto di una misura, sono spesso molto diverse da quelle ottenute dopo la calibrazione, come si può desumere dalla figura 6 confrontando le date convenzionali (dette anche età radiocarboniche) con i corrispondenti valori, calibrati, posti sull’asse orizzontale superiore. Proprio per questo nel sito web del laboratorio dell’Università di Oxford
1515
– che è una vera autorità nel settore della ricerca archeometrica - si afferma con puntiglio che la data prodotta con il metodo del radiocarbonio non è una data di calendario. Sempre osservando la figura 6 è possibile invece notare che vi è un metodo semplice ed univoco per passare dalle date calibrate a quelle di calendario in quanto è sufficiente sottrarre a 1950 le date calibrate espresse in anni BP. Si ottiene così la data di calendario ponendo ai numeri negativi (presi in valore assoluto) il suffisso a.C. (o BC nella letteratura internazionale) mentre agli altri il suffisso d.C. (o A.D., più usato a livello internazionale).
http://C14.arch.ox.ac.uk/calibration.html
15 Come detto in precedenza la data convenzionale è caratterizzata da un errore, indicato dal segno ±, che permette di calcolare l’intervallo in cui ricade il risultato con un determinato livello di confidenza
16. In qualche misura questo è un segno che marca la differenza tra una data di calendario ed il risultato dell’applicazione di un metodo di datazione
17La calibrazione, quindi, premette di individuare la corrispondenza tra risultato della misura con radiocarbonio e probabile data di calendario. Facendo un passo indietro vediamo come vengono presentati i dati per le calibrazioni: così capiremo meglio come si deve procedere.
. In particolare viene assunto che l’incertezza sulla misura di una età radiocarbonica ha una distribuzione di probabilità normale (o gaussiana). Tale assunzione è giustificata dal fatto che vi sono diversi fattori che contribuiscono a tale incertezza, non solo quello intrinseco dovuto alla distribuzione (del resto non normale ma di Poisson) dei decadimenti.
Tabella II – Dati per la calibrazione per il valore della concentrazione iniziale.
Data calibrata (BP)
Età
14C (BP)
σ (BP)
Data di calendario
…. …. …. ….
1975 2019 13 -25
1970 2014 14 -20
1965 2006 12 -15
1960 2014 13 -10
1955 2025 12 -5
1950 2012 12 0
1945 1992 12 5
1940 1991 13 10
1935 1994 13 15
1930 1988 14 20
1925 1977 13 25
…. …. …. ….
Nella prima colonna è mostrata la data calibrata (corretta cioè per la variazione di concentrazione di
14C in atmosfera), nella seconda è riportata la data convenzionale (o età radiocarbonica) e nella terza la deviazione standard che misura l’incertezza sulla calibrazione. Nell’ultima colonna è riportata, per completezza, la corrispondente data di calendario che corrisponde alla data calibrata.
Questi dati sono facilmente reperibili in rete in diversi siti, quelli della tabella sono presi dal già citato articolo, Reimer et al. 2009. Per rimanere sempre aggiornati sui dati di calibrazione è utile collegarsi ad uno dei diversi siti che fanno in linea la calibrazione dei dati, ad esempio quello del laboratorio dell’Università di Oxford che ha sviluppato un programma per la calibrazione delle date convenzionali: OxCal 4.1. In figura 8 è mostrata il menù di interfaccia del programma, che si presenta con tre finestre che è necessario riempire:
nella prima occorre fornire un nome per il file in cui archiviare i dati della calibrazione, nella seconda – in una finestra in cui c’è scritto ‘DATE’ - va inserito il valore misurato di età radiocarbonica, nella terza (indicata dal segno ±) va, infine, inserito l’errore di misura (attraverso la deviazione standard). Vi è poi la possibilità, selezionandoli nella finestra denominata ‘curve’, di utilizzare altri dati di calibrazione invece dei
16
Se α è somma delle probabilità (detta anche probabilità cumulativa) che il valore osservato cada in un determinato intervallo, allora l’intervallo di confidenza (ad esempio corrispondente a due deviazioni standard intorno al valor medio) è quello all’interno del quale vi è una probabilità cumulativa 1-α di trovare il risultato di successive misure, fatte in condizioni identiche. Supponiamo che α sia 0.046 (che può essere considerata una quantificazione del rischio che si considera accettabile) allora la confidenza è del 95,4%.
17