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ADT- Lightroom

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Academic year: 2021

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Testo completo

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LA FINE DEL MUSEO

titolo: ADT_Lightroom

1

Mi avvolgi tra le tue mani

e lentamente mi assapori.

IL silenzio accartoccia la mia anima

incapace di parlare

Levato l’urlo squarcia gole in abissi di melodia

senza fine

La luce del silenzio e l’immensità dell’anima

Masterplan 1:500

N

SCHEMI DI PROGETTO

(2)

LA FINE DEL MUSEO

titolo: ADT_Lightroom

2

Pianta Piano Terra 1:100 +690.70 m

N 1

Legenda

1_Ingresso Principale 2_Patio Scoperto 3_Foyer 4_Hall 5_Servizi 6_Desk Informazioni 7_Sala Espositiva 8_Biblioteca 9_Servizi 10_Seconda Hall 11_Terrazza 2 3 5 4 7

Pianta Piano Primo 1:100 +694.20 m

6 7 8 10 A A 6 8 9 10 11 A A

(3)

LA FINE DEL MUSEO

titolo: ADT_Lightroom

3

Prospetto Sud 1:100

Sezione A-A 1:100

22 21 20 19 18 17 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 16 16 16 120 100 10 10

L’intervento proposto, situato ad Arquata del Tronto (AP), non vuole andare a creare il classico museo che tutti siamo abituati a vedere, ma vuole essere un contenito-re emozionale dentro alla quale il fruitocontenito-re dell’oggetto architettonico, è guidato in un viaggio che appositamente porta ad estraniare dalla realtà chi ha il coraggio di intra-prendere questo cammino. L’architettura proposta vuole guidare lo spettatore dentro ad un gioco fatto di luci, di ombre, di squarci verso l’esterno, dove le opere di Diego L’oggetto architettonico, non vuole essere un’opera for-male che va a negare il contesto dentro la quale è posto. “scultoreo”. Oggetto che a prima vista non crea legami, se non con se stesso, ma che ad una lettura più attenta è una “scultura” che invece cerca anche forzatamente, il dialogo.

Questo dialogo è fatto di luce, di ombre, di emozioni. E' la logica conseguenza della totale permeabilità e tra-sparenza dell’architettura.

Permeabilità necessaria e doverosa, visto il bellissimo contesto dentro alla quale si è operato.

La forma è la logica conseguenza del dialogo che si vole-va andare a creare tra paesaggio, architettura ed arte.

-ta, per quest’opera teatrale che vuole straniare e straziare, chi ha ha il coraggio di intraprendere questo cammino che

emozionale, orchestra l’esaltazione dell’ombra attraverso la negazione ritmica della luce.

Formalmente di stampo Olgiattiano, il manufatto ripren-de l’equilbrio svizzero andando, dopo un’attento studio a lavorare per contrasto, abbandonando il “padre formale” verso una consistenza materica che riprende la poetica Barraganiana.

Nella ripresa del maestro, l’architettura proposta però non segue di paro passo le emozioni che Barragan imprimeva tra i muri delle sue architetture, vuole invece essere un manufatto indipendente da ogni catalogazione formale o

potesse esaltare tutta la potenza espressiva insita dentro ogni pennellata, verso o scultura del maestro Pierpaoli.

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L’intervento proposto, situato ad Arquata del Tronto (AP),

non vuole andare a creare il classico museo che tutti siamo abituati a vedere, ma vuole essere un

contenitore emozionale dentro alla quale il fruitore dell’oggetto architettonico, è guidato in un

viaggio che appositamente porta ad estraniare dalla realtà chi ha il coraggio di intraprendere

que-sto cammino. L’architettura proposta vuole guidare lo spettatore dentro ad un gioco fatto di luci,

viaggio.

L’oggetto architettonico, non vuole essere un’opera formale che va a negare in contesto dentro la

prima vista non crea legami, se non con se stesso, ma che ad una lettura più attenta è una

“scul-tura” che invece cerca anche forzatamente, il dialogo.

Questo dialogo è fatto di luce, di ombre, di emozioni.

E' la logica conseguenza della totale permeabilità e trasparenza dell’architettura.

Permeabilità necessaria e doverosa, visto il bellissimo contesto dentro alla quale si è operato.

La forma è la logica conseguenza del dialogo che si voleva andare a creare tra paesaggio,

archi-tettura ed arte.

straniare e straziare, chi ha ha il coraggio di intraprendere questo cammino che oscilla a metà tra

dell’ombra attraverso la negazione ritmica della luce.

Formalmente di stampo Olgiattiano, il manufatto riprende l’equilbrio svizzero andado, dopo

un’at-tento studio, a lavorare per contrasto, abbandonando il “padre formale” verso una consistenza

materica che riprende la poetica Barraganiana.

Nella ripresa del maestro, l’architettura proposta però non segue di paro passo le emozioni che

Barragan imprimeva tra i muri delle sue architetture, vuole invece essere un manufatto

indipen-espressiva insita dentro ogni sua pennellata, parola o scultura.

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