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Alluminio brulicante. Biomimesi e tecniche avanzate di produzione seriale al servizio dell’architettura temporanea. Il Padiglione della Gran Bretagna all’EXPO 2015 di Milano

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Alluminio brulicante

Biomimesi e tecniche avanzate

di produzione seriale al servizio

dell’architettura temporanea.

Il Padiglione della Gran Bretagna

all’EXPO 2015 di Milano

A Swarm of Aluminium

Biomimetics and advanced series

production techniques applied to

temporary architecture

The UK pavilion at Expo 2015 in Milan

Alessandra Zanelli

L’architettura temporanea rappresentativa della Gran Breta-gna e dell’Irlanda del Nord all’EXPO 2015 di Milano è un espe-rimento multidisciplinare che ha portato ogni professionista coinvolto a travalicare i confini consolidati delle proprie ope-ratività e a mettersi in gioco di fronte a una forma espressiva nuova: una scultura fruibile, un’architettura sinestetica, un volume lieve e mono-materiale.

Il modo in cui il padiglione britannico è stato progettato, te-stato e installato rappresenta un osservatorio significativo sia sulla biomimesi applicata all’architettura, sia sulle più avanzate pratiche di costruzione offsite e di assemblaggio in cantiere. L’uso appropriato dell’acciaio Corten e dell’alluminio veicola scelte linguistiche di assoluta novità nel panorama architettonico contemporaneo.

The temporary architecture in the UK pavilion at Expo 2015 in Milan is an interdisciplinary experiment in which each profes-sional specialist involved was required to venture beyond the consolidated boundaries of his or her domain and explore a new form of expression to create a functional sculpture within a synaesthetic architecture, in the form of a lightweight, mo-no-material volume.

The way in which the UK pavilion was designed, tested and in-stalled offers a significant insight into biomimetics applied to architecture and the most advanced offsite construction and onsite assembly practices. The specific methods adopted in the use of Corten steel and aluminium have brought about some-thing totally new in contemporary architectural expression.

Il Padiglione UK all’EXPO 2015 di Milano è un’installazione davvero smontabile e removibile che, ispirandosi al lavoro delle api, da un lat1 o vuole essere celebrativa dell’operosità della Gran Bretagna nel mondo e, dall’altro, vuole stimolare nei visitatori una riflessione più profonda sul ruolo fondamentale che le api hanno nei cicli naturali e nelle catene alimentari, attivando il processo d’impollinazione dei fiori. L’idea architettonica e lo studio della percezione visiva sono stati af-fidati a un artista, uno scultore, Wolfgang Buttress di Nottingham. La funzionalità degli spazi e dei percorsi è stata curata da un team di esperti in architettura del paesaggio, lo studio BDP di Manchester. I 14 metri cubi di sottili pezzi di alluminio - percepibili talvolta come una sfera talaltra come una rarefatta materia vibrante - sono stati di-mensionati e verificati dall’ingegnere Tristan Simmonds. La produ-zione, l’impacchettamento e il montaggio dei 169.300 componenti costitutivi del padiglione sono stati affidati a professionisti esperti di installazioni temporanee, lo studio Stage One di York. Infine le verifiche di cantierabilità e smontabilità, così come la Direzione Lavori, sono state affidate a due studi milanesi: L22 per la direzione lavori generale

Fig. 1 - L’acciaio Corten per i percorsi introduttivi e l’alluminio per il padi-glione alveolare sono i materiali predominanti

Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito del Politecnico di Milano

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Fig. 2 - Vista prospettica al tramonto del padiglione e dei suoi spazi aperti antistanti

Fig. 3 - Dall’esterno il reticolo di celle esagonali irregolari in alluminio assume forme biomorfe e irregolari

e Atelier2 di Gallotti e Imperadori Associati, per la direzione lavori delle strutture.

IL CONCEPT: IL BRULICHIO

La filigrana di elementi in alluminio che ri-chiamano metaforicamente l’alveare appare complessa e intricata, da alcuni punti di vista, quando il visitatore si avvicina al padiglione; semplice, simmetrica e rassicurante, quando finalmente il visitatore arriva al di sotto e al centro del padiglione.

Come una forma naturale, il padiglione è un oggetto sempre uguale e sempre diverso, di cui si distingue la matrice, forse anche la regola compositiva che sottende il tutto, ma del quale si riescono sempre ad apprezzare le differenze nei dettagli, tra un pezzo e quello limitrofo, tra un elemento soprastante e uno sottostante.

Solo al centro del padiglione, nel punto focale, la simmetria prevale. Innumerevoli elementi metallici descrivono nell’aria un volume concluso che, a quel punto, diventa riconoscibile. Una sorta di sfera immateriale si disvela all’occhio umano e, con la sua forza centripeta, lo spazio rarefatto del padiglio-ne avvolge il visitatore in una moltitudipadiglio-ne di stimoli sovrapposti: luci Led, musica, suoni evocanti il ronzio delle api e, di rimando, lo sciame di attività che la Gran Bretagna può offrire al mondo intero.

Per arrivare a focalizzare come queste sugge-stioni si possano materializzare in uno spazio fisico, Wolfgang Buttress ha collaborato con un esperto di apicultura, Martin Bencsik da un lato e con un ingegnere, Tristan Simmonds, specializzato in progetti speciali, come per esempio le installazioni artistiche pneuma-tiche di Anish Kapoor. Un ingegnere quin-di che può quin-dirsi già esperto nel governare materialità fluttuanti proprie delle strutture leggere, ossia strutture molto deformabili e che rifuggono dal principio della ridondanza, rispetto ai convenzionali sistemi trilitici.

IL PAESAGGIO E IL PERCORSO COGNITIVO

A proposito del progetto del padiglione bri-tannico il motto dello studio di architettura e

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damentale del processo di impollinazione e poi sul lavorio incessante delle api una volta raggiunta la meta.

Le prime stanze a cielo aperto del percorso di visita sono quindi dedicate a esperire il frutte-to e poi un prafrutte-to, mentre solo alla fine del per-corso i visitatori si trovano al di sotto dell’inu- suale alveare, il padiglione vero e proprio. Il reticolo multidimensionale di centinaia di migliaia di pezzi in alluminio che disegnano

Fig. 4 - Dall’area relax del piano terra si possono intravvedere i visitatori alla base della cupola e i regolari rapporti geometrici tra i suoi componenti me-tallici. Fig. 5 - Dettaglio dei paesaggio dei prati: in primo piano sono visibili i corpi illuminanti che si confondono tra i fiori

Fig. 6 - Vista dall’alto del paesaggio dei prati

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urbanismo BDP che ha collaborato fin dalle prime fasi con Wolfgang Buttress è stato il seguente: life+art+light+soul=place. In te-oria ogni spazio architettonico potrebbe scaturire da un simile incontro; ciò che è in-negabile è che in questo caso non si tratta di una giustapposizione, ma di una sapiente integrazione che nasce dalla matrice multi-disciplinare intrinseca al team di progetto, dove esperti di botanica, apicultura,

struttu-re leggestruttu-re e ingegneria ambientale hanno collaborato per restituire ai visitatori un per-corso di approfondimento centrato su ciò che fanno le api, sul loro sciamare di fiore in fiore, attraverso percorsi non-lineari e mosse però da un obiettivo preciso e condiviso da milioni di individui: quello di depositare il miele nelle arnie dell’alveare. Il percorso di conoscenza che i progettisti propongono ai visitatori si focalizza dunque sul ruolo

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fon-Fig. 7 - Schizzo di progetto di Wolfgang Buttress, rappresentativo dell’articolazione tra spazi aperti e spazi coperti sull’intero lotto

Fig. 8 A - In sezione verticale il Pantheon risulta circoscrivibile ad una sfera. Fig. 8 B - Vista intradossale della copertura del Pantheon e del suo oculo centrale. Fig. 8 C - Vista instradossale della copertura della chiesa di Sant’Andrea al Quirinale in Roma

8 A 8 C

8 B

nell’aria irregolari celle esagonali risulta so-praelevato di un piano rispetto alle differenti stanze-paesaggio che si incontrano via via dall’ingresso in poi. Tale differenza di quote consente ai visitatori in sosta presso l’area relax e ristoro del piano terra - di intravedere dal basso le geometrie della cupola cava del piano soprastante, aumentando l’aspettativa sullo strano oggetto luminoso e sonoro che li sovrasta. Al tempo stesso, il padiglione, vi-sto da lontano, conquista una posizione più significativa e riconoscibile nell’affastellato skyline dei lotti espositivi.

Non appena i visitatori fanno ingresso nell’a-rea del padiglione della Gran Bretagna si tro-vano immersi in un innovativo concetto di frutteto multimediale, realizzato mediante una serie di muri di acciaio Corten. L’intenzio-ne dei progettisti è di ricreare artificialmente una piacevole e fresca atmosfera campestre, che si protrae anche nella zona successiva, il prato, dove i visitatori possono scegliere liberamente quale percorso seguire e dove sostare. La materialità rossa dell’acciaio Cor-ten anche in questo secondo paesaggio è presente come superficie di ordinamento degli spazi e di delimitazione delle zone fru-ibili. Le grandi zolle di acciaio Corten e prato verde contengono anche un delicato insieme di corpi illuminanti che di giorno spariscono nei fiori e di notte aiutano i visitatori a rag-giungere la meta, l’alveare, la sfera cava di alluminio e luce.

L’ARCHITETTURA DELLA SFERA E LA STRUTTURA ALVEOLARE

Wolfgang Buttress nel suo diario di progetto disponibile on line denuncia apertamente i riferimenti architettonici che sono stati fonda-mentali per lo sviluppo dell’idea. Da un lato, il volume del padiglione ripropone delle forme esagonali irregolari di ispirazione berniniana, come altrettanto irregolari e perfettamente compattate le une a fianco alle altre sono le celle di un’arnia.

Come Michele Emmer spiega sapientemente nel libro Bolle di Sapone: tra arte e matema-tica (2009), se in natura la sfera è di per sé una forma ottimizzata ed efficiente, perché

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racchiude il massimo volume con la minima superficie di sviluppo, nel processo di impac-camento di più sfere limitrofe le une alle altre, la natura scopre che la forma ottimizzata è di fatto la cella esagonale. Accostando infatti più celle esagonali tra loro non resta sprecato alcuno spazio residuo che risulterebbe inve-ce inutilizzato dall’accostamento di più sfere tra loro. Questo principio pare sia ben chiaro alle api! Il messaggio forte che deriva dai pro-gettisti Buttress e Simmonds è il seguente: la forma architettonica quando è anche forma strutturale, non ammette sprechi, né di spazio né tanto più di materia. Il padiglione britanni-co risponde dunque ai criteri di ottimizzazio-ne strutturale delle forme naturali.

Un’altra significativa fonte di ispirazione di Wolfgang Buttress è lo spazio cavo, puro, cir-coscrivibile intorno ad una ipotetica sfera di 49 metri di diametro, che è il Pantheon. Qui le assonanze con il riferimento progettuale anti-co si percepisanti-cono a distanza, di giorno anti-come di notte, quando la sfera cava del padiglione si palesa attraverso la massa delle aste e dei nodi del reticolo in alluminio oppure quando le luci posizionate nei punti di connessione ne sottolineano la geometria.

I DETTAGLI, LA COSTRUZIONE OFFSITE E IL CANTIERE

La struttura reticolare spaziale di nuova concezione che richiama metaforicamente la dimora delle api è composta essenzial-mente da tre tipi di componenti: i piatti con andamento a zig-zag, gli snodi semisferici e le barre distanziatrici. Il volume percepibile all’intradosso come una sfera è creato da 32 piani orizzontali composti da elementi piatti di alluminio morfologicamente tutti molto simili dalla forma a zig-zag, ma differenti tra loro. Tali elementi piatti possono essere con-siderati i corsi orizzontali delle celle esagonali; man mano che si sale verso l’alto, essi modu-lano cerchi concentrici sempre più piccoli, fino a delimitare l’oculo in sommità. I 32 layer orizzontali sono tra loro distanziati e contro-ventati da barre tubolari cave di alluminio di lunghezze fino a un metro. Barre e piatti sono tenuti insieme dagli snodi di forma

semicir-colare. Il design di questi elementi di connes-sione fondamentali per la statica dell’insieme è stato particolarmente accurato, e, anche in questo caso, è il frutto di un lavoro multidi-sciplinare. Infatti gli snodi tengono insieme non solo le parti strutturali ma anche i corpi illuminanti a luci LED e i sensori che emet-tono suoni rappresentativi del ronzio delle api nell’alveare. L’effetto finale è che la falsa

cupola risplende e pulsa come una struttura biomorfa: tramite un accelerometro, gli snodi di alluminio trasmettono ai visitatori proprio quella frenetica attività realmente svolta da sciami di api che vivono a centinaia di chilo-metri da Milano, precisamente a Nottingham. Quasi un nuovo Fuller, Buttress reinterpreta la geode, la struttura reticolare spaziale, che, in questo caso, è figlia non più della

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Fig. 10 - Fasi della produzione dei pezzi in alluminio costituenti l’alveare: a) I nodi semisferici b) I perni di connessione; c) Le barre a zig-zag costituenti i cerchi concentrici orizzontali di sviluppo della cupola; d) Le barre cave a sezione tubolare di circa un metro di lunghezza

Fig. 11 - Verifiche di pre-installazione durante il processo di produzione: a) Pre-assemblaggio delle barre a zig-zag al fine di verificare il corretto disegno dei cerchi concentrici nella cupola; b) Mock-up di una porzione della cupola

Fig. 12 a, b, c - Viste delle fasi di installazione e montaggio di tutti i pezzi in alluminio in cantiere e connessione della cupola alla struttura primaria di pilastri e travi di bordo; travi in acciaio verniciate di bianco. Il montaggio dei primi dei 32 layer di cui è composta la cupola avviene a terra

4 10 a

11 a 11 b

10 b 10 c 10 d

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dizzazione ma delle tecniche di manifattura avanzata che consentono una diversificazio-ne dei pezzi e delle misure a costi seriali. Queste nuove possibilità di processo sempre più sofisticate che oggi approdano all’archi-tettura, già sperimentate in settori industriali all’avanguardia, paradossalmente fanno sì che l’insieme costruito ci appaia più naturale, affatto seriale.

Si pensi quanto promettente possa essere questo nuovo e profondo legame che oggi si può instaurare tra i processi di prefabbrica-zione di una costruprefabbrica-zione e la progettaprefabbrica-zione di spazi abitabili e vivibili. In passato, proprio la ripetitività delle forme ha rappresentato un limite alla accettazione da parte dell’utente finale di molta parte degli esiti architettonici e costruttivi derivanti dalle tecniche di pre-fabbricazione degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, quando il rispetto delle regole dello standard sembravano più un diktat insormontabile che una opportunità. Il padiglione è emblematico anche da questo punto di vista: esso può considerarsi uno dei più innovativi risultati di applicazione delle tecniche di offsite manufacturing e offsite

con-struction. Stage One ha prodotto, installato sperimentalmente, numerato e impacchetta-to nei propri stabilimenti di manifattura avan-zata a York tutti i 169.300 pezzi dell’alveare. Poi ha coordinato l’installazione in situ a Milano. È significativo sapere che Stage One è stato l’unico partner del progetto che il commit-tente ha ingaggiato già nella fase di selezione dei concept architettonici. UKTI ha dato mol-ta impormol-tanza al requisito della smonmol-tabilità del padiglione una volta conclusa l’esposizio-ne mondiale. Ciò rappresenta a mio parere un segnale di coerenza tra il messaggio veicolato ai visitatori attraverso le scelte architettoni-che e di comunicazione visiva e le strategie adottate dai responsabili dell’intero processo di produzione e costruzione. Non di tutti i pa-diglioni costruiti all’EXPO si può affermare che siano facilmente smontabili e siano dunque annoverabili nel ristretto gruppo delle archi-tetture temporanee, ma che siamo piuttosto de-costruibili a suon di processi demolitivi ben più onerosi.

Sul lotto della Gran Bretagna le fondazioni sono state realizzate medianti gabbioni me-tallici riempiti di pietre; oltre a costituire le

zavorre di sostegno di tutte le strutture deli-mitanti il lotto di progetto, i gabbioni hanno rappresentato anche il sostegno ideale delle pareti espositive in acciaio Corten che conno-tano i vari spazi del percorso all’aperto. Tutto ciò che è stato consegnato sul lotto di progetto è stato assemblato a secco, con il supporto di libretti di montaggio molto par-ticolareggiati. Tale filosofia progettuale pre-vede che la complessità del progetto in fase esecutiva venga controllata completamente da tecnici esperti; prevede in altri termini che l’opera d’arte si materializzi in poco tempo e agilmente – senza margini di cambiamento e senza intoppi a piè d’opera - sotto la guida di poche figure di coordinamento, riducendo così al minimo la manodopera specializzata. Come un’automobile di cui tutti i pezzi pro-dotti da differenti aziende vengono assem-blati nel luogo del marchio di fabbrica, il can-tiere della architettura prodotta e verificata altrove, offsite appunto, arriva pronta per es-sere semplicemente montata. La fase del can-tiere assume i tempi corti e l’operatività pulita senza acqua, guidata da libretto di istruzioni, tipica dei pezzi di un’auto o di un kit di

mo-Fig. 13 - Viste delle ultime fasi di installazione, ossia al 32esimo layer orizzontale dove il reticolo disegna l’oculo centrale della falsa cupola. mo-Fig. 14 - Viste delle ultime fasi di installazione: verifiche di serraggio corretto di tutti i componenti

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DATI DEL PROGETTO

Committente: UKTI - UK Trade & Investment

Concept design: Wolfgang Buttress Studio with Slow Food UK,

Martin Dewey, Dr Martin Bencsik (Physicist and bee expert); Clear Consultants, Professor Rudi Klein and Fleet River Music

Progetto di architettura, paesaggio e ingegneria ambientale:

BDP

Progetto strutturale: Tristan Simmonds, Simmonds Studio

BIBLIOGRAFIA

Emmer M., “Bolle di Sapone: tra arte e matematica”, Bollati Borin-ghieri, 2009.

Produzione delle strutture e coordinamento offsite: Stage One

Creative Services Ltd

Project management: AECOM, UK

Construction management: RISE Management Consulting Direzione Lavori generale: Roberto Cereda, L22, Milano Direzione Lavori delle strutture in acciaio: Marco Imperadori,

Atelier2, Milano

Kieran S. Timberlake J., “Refabricating Architecture”, McGraw-Hill Professional, 2003.

Beukers A. “Lightness: the inevitable renaissance of minimum energy structures”, Ed Van Hinte, 2010.

bili. In un processo così semplificato e con tempistiche sempre più compresse, in una fase di cantiere che arriva dunque a materia-lizzarsi proprio all’ultimo istante utile prima dell’uso, la regia deve essere perfettamente coordinata e dialogante con chi ha gestito le fasi di produzione industriale, che, di fatto, rappresentano la rinnovata fase esecutiva del

progetto. È evidente che tutto ciò è avvenuto in questa architettura temporanea che parla del futuro prossimo delle costruzioni.

Ringraziamenti

Si ringraziano Atelier2 di Gallotti e Impedori Associati e Stage One per la documentazione e le informazioni fornite.

Le immagini sono riprodotte per cortesia di: Wolfgang Buttress Studio (fig. 7) UKTI – Crown (figg. 1-6, 9, 13-15); Stage One (figg.10,11 a,12 a); Atelier2 (figg. 11 b, 12 b, 12 c).

Fig. 15 - L’alveare in alluminio, i suoi pilastri di sostegno in acciaio e le differenti materialità dei muri perimetrali del lotto del padiglione della Gran Bretagna: a) da un lato, un filtro in acciaio; b) dall’altro, i muri di Corten

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