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Stima di grandezze metriche nella scuola speciale

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Academic year: 2021

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LAVORO DI DIPLOMA DI

SAMI PERUCCHI

BACHELOR OF ARTS IN PRIMARY EDUCATION

ANNO ACCADEMICO 2010/2011

STIMA DI GRANDEZZE METRICHE NELLA

SCUOLA SPECIALE

DOCENTI DI RIFERIMENTO:

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Indice

1. Introduzione ... 2  

1.1 Motivazione della scelta ... 3  

2. Quadro teorico ... 4  

2.1 Stima ... 4  

2.2 Stima e senso del numero ... 5  

2.3 Misura ... 6  

2.3.1 Grandezza e misura ... 6  

2.3.2 La misura: il punto di vista delle scienze sperimentali ... 7  

2.4 Micro-, meso-, macrospazio ... 9  

3. Studio empirico ... 11  

3.1 Scopo della ricerca ... 11  

3.2 Interrogativi di ricerca ... 11  

3.3 Campione di riferimento ... 11  

3.4 Approccio metodologico ... 12  

3.5 Percorso didattico-riabilitativo ... 12  

4. Risultati ed interpretazione dei risultati ... 16  

4.1 Questionario iniziale ... 16  

4.2 Analisi ed interpretazione dei dati del questionario iniziale ... 17  

4.2.1 Commento alle risposte del questionario per la SSP1 ... 23  

4.3 Analisi e commenti alla ricerca azione ... 24  

4.4 Questionario finale ... 29  

4.5 Analisi ed interpretazione dei dati del questionario finale ... 29  

5. Conclusione ... 34  

5.1 Risultati della ricerca ... 34  

5.2 Limiti della ricerca ... 35  

5.3 Possibili sviluppi ... 35  

6. Bibliografia ... 36  

7. Allegati ... 39    

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1. Introduzione

La ricerca si focalizza sulla stima di grandezze metriche con ragazzi del terzo ciclo di scuola speciale.

Il metodo di ricerca educativa scelto per questo progetto è quello della ricerca azione (Trinchero, 2009, pp. 140-154), e lo scopo è di proporre un percorso che sviluppi la capacità di migliorare le competenze di stima nell’ambito metrico. La classe di scuola speciale in questione è composta unicamente da ragazzi con difficoltà scolastiche, ed il gruppo presenta una situazione cognitiva e di apprendimento molto eterogenea. Questa modalità di ricerca permette un’interazione attiva con il contesto, scindendo il distacco fra osservatore e realtà osservata, caratteristico delle ricerche quantitative. Date le caratteristiche insite della scuola speciale, ed il tema scelto, ritengo importante sviluppare una ricerca educativa che richiede coinvolgimento e partecipazione attiva.

Infatti “per ricerca azione si intende oggi una forma di ricerca partecipativa, […] al fine di risolvere una specifica difficoltà. Essa salda inscindibilmente il momento conoscitivo della

ricerca, finalizzato alla produzione di conoscenza su una data realtà educativa, con quello

attivo dell’azione, finalizzato alla messa in pratica di un adeguato piano di intervento.” (Trinchero, 2009, p.142).

Lo stimolo di elaborare una ricerca azione con ragazzi di scuola speciale è molto alto, malgrado vi sia un’indubbia incertezza ed una manifesta incognita dovute al fatto che mi muoverò in una tematica, a mia conoscenza, non molto esplorata: la stima di grandezze metriche.

Oltre ad un percorso di ricerca azione farò una raccolta quantitativa di dati sulla capacità di stima, confrontando classi di terza elementare, seconda media, una classe di scuola speciale del terzo ciclo composta da ragazzi di 12 anni e una classe di scuola speciale del terzo ciclo all’ultimo anno scolastico. Questo per verificare in entrata non solo il livello dei ragazzi di scuola speciale, ma soprattutto per avere un quadro generale delle capacità di stima di lunghezza nel micro- e mesospazio, e delle relative differenze fra le classi.

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1.1 Motivazione della scelta

L’idea di orientarmi verso questo soggetto di ricerca è maturata nel corso delle supplenze realizzate nella scuola speciale e si è concretizzata durante il colloquio avuto con la docente di riferimento Silvia Sbaragli.

Nelle diverse esperienze fatte in classi del terzo ciclo di scuola speciale ho appreso quanto sia importante costruire conoscenze che diventino mezzi da poter applicare nell’attività pratica. Si cerca quindi di essere molto concreti, di favorire un apprendimento attraverso la manipolazione, di costruire un sapere che non sia di carattere astratto bensì pragmatico, e che possibilmente abiliti a una certa capacità di transfer (sebbene sia una capacità cognitiva non semplice) in altre situazioni simili. La natura del percorso è di favorire ed allenare delle capacità di generalizzazione cognitive aumentando il ventaglio di esperienze pratiche, in altre parole rinforzare la trasformazione della conoscenza in competenza.

L’idea di partenza era quella di fare una ricerca sulla misura, giacché misurare è un’attività chiave nella pratica e nella vita quotidiana, ed “è senza dubbio una delle più importanti della vita umana; infatti anche se in modo più o meno consapevole siamo coinvolti molto spesso in attività di misurazione.” (Rossera-Tralamazza, 1997, p. 5)

Da qui è nato l’interrogativo della capacità di stima di grandezze metriche. Per noi adulti si presenta come un’attività certamente non semplice e che a volte crea grande imbarazzo, tuttavia è una capacità che risulta essere molto importante nella valutazione di determinati problemi. Ad esempio in ambito professionale molte decisioni, come l’ordinazione di materiali e la redazione di preventivi, sono basate sulla stima.

Sebbene la complessità dell’attività risulta evidente, e le difficoltà nell’ambito della scuola speciale conosciute, sono stimolato dal cercare un percorso didattico che riguardi l’abilità di stima, e che possa in un certo modo favorire lo sviluppo di tale capacità.

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2. Quadro teorico

2.1 Stima

Il termine “stimare” ha molti usi e campi d’applicazione, basta consultare un qualsiasi dizionario per accorgersene. E’ quindi opportuno cominciare specificando il concetto di stima in matematica, di cui questo lavoro è ispirato. Compiere una stima significa “individuare il valore del risultato di un’operazione numerica o della misura di una quantità, in funzione della situazione individuale di chi stima.” (Segovia, Castro, Rico & Castro, 1989, p.18)

Da questa definizione appaiono due tipi di capacità di stima:

• Stima computazionale: riferimento alle operazioni aritmetiche e alle stime che

possono essere fatte circa i loro risultati. Per esempio: la stima del risultato di 4 x 53 è 200.

• Stima di misura: in questo caso si riferisce al giudizio fatto sul valore di una

determinata quantità, o la valutazione del risultato che si può identificare facendo una misura.

Segovia, Castro, Rico & Castro (1989, p. 21) sviluppano il concetto di Reyes (1984) trovando le caratteristiche che definiscono il concetto di stima:

1. Dare un valore ad una quantità o al risultato di un’operazione;

2. Il soggetto che deve dare la valutazione ha informazioni, riferimenti o esperienze con la situazione da valutare;

3. La valutazione si fa generalmente in maniera mentale;

4. Si fa velocemente, utilizzando numeri i più semplici possibili;

5. Il valore assegnato non deve essere esatto, ma abbastanza vicino per poter prendere delle decisioni;

6. Il valore assegnato può variare leggermente a seconda della persona che effettua la valutazione.

Una definizione di stima, in quest’ottica, potrebbe essere “il risultato di un procedimento (conscio o inconscio) che tende a individuare il valore incognito di una quantità o di una grandezza” (Pellegrino, 1999, p. 145).

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Circa le abilità necessarie, Pellegrino (1999, pp. 146-147) ne elenca molte; a suo avviso, un buon estimatore deve:

- essere dotato di buone capacità mentali e matematiche, anche se intuitive e spontanee; - saper scegliere a intuito qual è la strada migliore per effettuare la stima;

- saper accettare la presenza di un errore nella sua stima, rispetto al valore esatto;

- saper trasformare dati numerici astratti o astrusi in qualche cosa di familiare o di interpretabile;

- saper usare e coordinare tra loro varie strategie di calcolo mentale.

Come si vede, in questo identikit del “buon estimatore” si mescolano fattori psicologici, metacognitivi, affettivi e competenze matematiche.

2.2 Stima e senso del numero

Una possibile definizione di senso del numero è “una comprensione intuitiva dei numeri, della loro grandezza, delle loro relazioni e di come sono influenzati dalle operazioni”1.

La stima si esprime in una determinazione di una quantità o di grandezza, ed è quindi strettamente legata al senso del numero e per N.C.T.M. (1989) lo sviluppo del senso del numero implica:

- una buona comprensione del significato dei numeri; - aver sviluppato relazioni multiple tra i numeri; - riconoscere la grandezza relativa di numeri;

- comprendere gli effetti relativi delle operazioni con i numeri; - sviluppo di oggetti di riferimento per le misurazioni.

Queste capacità sono essenziali per una buona capacità di stima, da un lato favoriscono la possibilità di trovare delle strategie e dall’altro, come nel caso di questo progetto di ricerca, sono determinanti per riuscire a relazionare le unità di misura.

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2.3 Misura

2.3.1 Grandezza e misura

“La misura è intrinsecamente connessa con la vita quotidiana: si quantifica il tempo e il suo scorrere, il valore delle cose, il peso, la quantità di spazio, … […] Ma l’enorme frequenza d’uso non è sinonimo di facilità nel definire il significato del termine misura e […] nell’identificare ciò che può essere misurato. […] Quello che si può affermare in generale è che la misura quantifica, attraverso convenzioni fissate dall’uomo, qualità degli enti e degli oggetti denominate grandezze. Il concetto di misura rimanda, quindi, al concetto di grandezza.”(Bozzolo et al., vol. 6, 2005, p.27)

Per quantificare la qualità di un oggetto (= misurare) è necessario distinguere tre diversi insiemi di enti. All’inizio c’è l’insieme degli oggetti (segmenti, corpi, figure, …), poi si costruisce l’insieme delle grandezze associate a tali oggetti (lunghezze, pesi, aree,…) e infine queste grandezze sono poste in corrispondenza biunivoca con l’insieme dei numeri reali positivi, letti come misura rispetto a una fissata unità di misura (Bozzolo et al., vol. 6, 2005, p.43).

In altre parole, non si misura mai “l’oggetto”, ma una sua grandezza, una sua qualità.

La realtà di un oggetto, la sua esistenza, rimane dibattito metafisico o filosofico. Noi possiamo conoscerne solo alcune sue grandezze o qualità, dette “misurabili”.

Niente di nuovo, visto che già Protagora (490-410 ca. a. C.) affermava che “l’uomo è misura di tutte le cose” intendendo dire che non esiste una realtà immutabile che si possa esprimere in proposizioni di valore universale. Secondo il sofista, la materia contiene molteplici possibilità di manifestazione e noi siamo “misura” perché decidiamo la prospettiva, il punto di vista in relazione al quale le cose vengono alla presenza” (AAVV, 1997, vol.1, p.188.).

“Tuttavia, per ovviare ai molteplici punti di vista e poter costruire dei modelli scientifici universalmente condivisi, la matematica definisce ciò che è misurabile, ossia le grandezze, con cinque assiomi, cinque ipotesi non dimostrabili ma accettate come vere” (Bozzolo et al., vol. 5, 2005, pp. 28-30).

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In particolare, il secondo assioma sancisce che: dato un insieme G i cui elementi sono detti grandezze omogenee, in G esiste la possibilità di addizionare due elementi. La grandezza che si ottiene deve mantenere le proprietà garantite dall’addizione tra numeri naturali (commutatività, associatività e esistenza dell’elemento neutro).

La conseguenza più diretta di questo modello è quella di dover considerare alcune qualità (la temperatura, l’ampiezza degli angoli, …) come “pseudo grandezze”. Infatti, per queste due qualità (empiricamente misurabili) l’addizione non ha senso perché non mantiene tutte le proprietà dovute (per esempio, se si mescola acqua a due temperature differenti non si otterrà una temperatura equivalente alla somma dei due liquidi mischiati).

Il matematico, difensore e creatore del punto di vista astratto e mentale, definisce la misura a partire dal concetto di grandezza2. Secondo questa teoria, misurare equivale a

scegliere una determinata grandezza (l’unità di misura) e confrontarla con la grandezza che ci interessa. La misura di una grandezza è il numero reale (razionale o irrazionale) che esprime questo confronto (rapporto grandezza / unità di misura).

La scelta dell’unità di misura è arbitraria o, nel migliore dei casi, frutto di convenzioni. Dal 1960, Il Sistema Internazionale di Unità (SI) fissa e definisce le grandezze fondamentali e le relative unità di misura con dei simboli.

2.3.2 La misura: il punto di vista delle scienze sperimentali

Le scienze sperimentali (fisica, chimica, …) cercano di conoscere la realtà applicando essenzialmente tre “procedimenti” tecnici:

- la misurazione diretta con l’unità di misura (per esempio la misurazione di una lunghezza con il metro campione);

- la misurazione con uno strumento provvisto di scala graduata opportunamente tarata (per esempio la misurazione di un peso con una bilancia a molla);

- la misurazione indiretta, dedotta mediante operazioni aritmetiche tra le misure già note (per esempio la misura di una velocità è data dal rapporto tra la misura di una

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lunghezza e la misura dell’intervallo di tempo impiegato per percorrerla). (Bozzolo et al.,vol. 6, 2005, p.34)

Qualunque sia il procedimento utilizzato, una misura determinata in maniera empirica è sempre soggetta a un errore e questo fa sì che la misura reale di una grandezza non sia un numero, ma un intervallo all’interno del quale si trova la misura vera della grandezza.

L’uomo è misura di tutte le cose (errori banali (Sbaragli, 2011)) e, in ambito scientifico, è limitato anche dalla sensibilità3, dalla portata4 e dalla precisione5 degli strumenti che utilizza (errori sistematici).

La scelta dello strumento è un momento essenziale perché quando si esprime una misura ricavata da un procedimento di misurazione è necessario includere tutte le cifre del numero fino a quella che esprime la sensibilità dello strumento utilizzato. Dal punto di vista fisico, dunque, affermare che una lunghezza è 9 cm significa che è compresa tra gli 8 cm e i 10 cm poiché effettuata con uno strumento dalla sensibilità ai centimetri. Analogamente, affermare che una lunghezza è 9,0 cm significa che è compresa tra gli 8,9 cm e i 9,1 cm poiché rilevata con uno strumento dalla sensibilità ai millimetri. “Teoricamente non c’è fine!” Mentre esiste una fine per la misura degli insiemi di oggetti isolabili, non esiste invece per la misura delle lunghezze.” (Vergnaud, 1994, p.111)

Nella scuola speciale spesso gli allievi non possiedono ancora i numeri decimali ma ciò non deve impedire di esprimere la sensibilità degli strumenti utilizzati. Questa corretta abitudine è più facile da acquisire con le unità di misura non convenzionali. Ad esempio si potrà portare i ragazzi a dire che una lunghezza misura “tra 5 e 6 gomme” così che in futuro non risulti incoerente esprimere un’altra lunghezza indicando la misura “ tra 5 e 6 centimetri”. La ricerca degli strumenti adeguati per fornire delle precise informazioni sulle qualità degli oggetti ha permesso alle scienze sperimentali di dividere le qualità misurabili degli oggetti in “estensive” o “intensive”.

3 Sensibilità: la più piccola variazione di grandezza che può essere misurata dallo strumento.

4 Portata: il massimo valore della grandezza che può essere misurato dallo strumento senza che questo subisca danneggiamenti.

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Le grandezze estensive sono quelle che possono essere pensate nella dimensione dello spazio, per cui la loro quantificazione corrisponde alla numerosità di parti più semplici. Per esempio la lunghezza di un’automobile è una grandezza estensiva perché la sua misura avviene cercando di scoprire quante volte posso “farci stare dentro” un’altra lunghezza più semplice (il metro, il centimetro, il millimetro, ….).

In altre parole, per misurare una grandezza estensiva, le scienze sperimentali hanno trovato degli strumenti omogenei alla grandezza stessa. Sono quindi estensivi il peso, la lunghezza, la durata, l’area, …

La misura di una grandezza intensiva, invece, deve venir espressa tramite una scala di intensità perché è legata alla maggiore o minore somiglianza rispetto a una grandezza di natura diversa assunta come riferimento. In questo senso sono qualità dette “intensive” la durezza di una pietra, la temperatura, le coordinate temporali o la datazione.

Infine, le autrici (Bozzolo et al.,vol. 5, p. 49 e p. 100) segnalano che nel linguaggio naturale esiste una totale confusione tra unità di misura, campione e strumento. Esempio tipico è il termine metro che designa:

- l’unità di misura della lunghezza, per cui è esso stesso una lunghezza, una proprietà astratta di un oggetto;

- il campione del metro, ossia l’oggetto concreto, conservato al Museo dei Pesi e delle Misure di Sèvres presso Parigi, la cui lunghezza è unita di misura;

- lo strumento che può essere a nastro, pieghevole, di carta, …

In un’ottica di precisione matematica è consigliato distinguere bene i singoli termini e non usarli come sinonimi.

2.4 Micro-, meso-, macrospazio

Brousseau e Galvez (1983, 1985) propongono una classificazione che permette di costruire tre grandi classi di situazioni didattiche: il micro-, il meso- e il macrospazio. In funzione della dimensione dello spazio il soggetto attualizza strategie spaziali specifiche.

Una prima importante distinzione è quella tra macrospazio e microspazio. Nel senso letterale questi termini sembrano fare riferimento a spazi di grandi o di piccole dimensioni. In realtà la distinzione non è così marcata e “fa riferimento all’attività cognitiva del soggetto nel

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In modo molto schematico si possono evidenziare le differenze dei diversi spazi come segue:

- inclusione: il soggetto è incluso nel macrospazio, mentre è esterno al microspazio; - modalità di esplorazione: il soggetto ha necessità di muoversi nel macrospazio, mentre

può esplorare il microspazio con la vista e la manipolazione;

- percezione: la percezione attraverso la vista, nel macrospazio, non è globale e quindi impone l’assunzione di punti di vista diversi. Nel microspazio si ha invece la

possibilità di una visione relativamente globale da un solo punto di vista.

Il mesospazio presenta alcune caratteristiche del microspazio (possibilità di una visione relativamente globale da un solo punto di vista), pur circondando il soggetto e rendendo possibile una significativa attività di esplorazione con il movimento. Il mesospazio è dunque lo spazio degli spostamenti del soggetto in un campo controllato dalla vista, gli oggetti sono fissi e misurano da 0,5 a 50 volte la grandezza del soggetto.

La scelta del mesospazio quale elemento delle attività metriche, in particolare l’aula di classe, permette un’esplorazione sia con la vista sia con il movimento. Avere a disposizione entrambe le modalità di esplorazione (micro- e mesospazio) mi permette di poter avere un approccio concreto (fisico) alle differenti attività, che considero di fondamentale importanza.

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3. Studio empirico

3.1 Scopo della ricerca

Sulla base di una ricerca azione e partendo dal profilo di una classe speciale, lo scopo della ricerca è proporre un percorso didattico atto ad ampliare le abilità di stima di lunghezze nel micro- e nel mesospazio. Desidero inoltre verificare l’efficacia di tale sviluppo sia sull’apprendimento del singolo allievo sia a livello di classe.

3.2 Interrogativi di ricerca

Gli interrogativi di ricerca sono riassumibili come segue:

- Che senso della stima hanno gli allievi in attività di metrica?

- Quanto sono abili i ragazzi a stimare lunghezze, nel micro- e nel mesospazio? - Quali strategie mettono in atto i ragazzi per stimare?

- Quali sono le cause di eventuali difficoltà? Per es: socio-affettive, percettivo-motorie, percezione del numero, metacognitive,…

3.3 Campione di riferimento

Il progetto di ricerca si svolgerà in una classe del terzo ciclo di scuola speciale.

Nella scuola speciale sono presenti molte figure professionali che ruotano attorno all’insegnamento quali docenti titolari, logopedisti, servizio medico psicologico, ed altri terapeuti e specialisti.

La classe dove concretizzerò il lavoro di ricerca, è formata da ragazzi fra i 12 e i 13 anni con difficoltà di apprendimento differenti ed un ritardo mentale medio leggero. Le differenze cognitive sono abbastanza ampie: c’è chi presenta grosse difficoltà con numeri e operazioni fino al 20 e chi utilizza con discreto successo il materiale DIMAT per 3a / 4a. Per quanto riguarda le conoscenze geometriche i ragazzi presentano una quasi totale incapacità di gestione dello spazio euclideo, dovute prevalentemente ad una scarsa memorizzazione (rappresentazione dei termini geometrici), a difficoltà percettivo - motorie e grafico - motorie.

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3.4 Approccio metodologico

Alla classe di riferimento sottoporrò un questionario iniziale sulla stima di lunghezze nel micro- e mesospazio; lo stesso sarà presentato a classi di seconda media e terza elementare per un confronto quantitativo. Al gruppo sperimentale presenterò un percorso didattico di due interventi settimanali sull’arco di quattro settimane. Alla fine del percorso sarà proposto un questionario in uscita, simile nei contenuti a quello iniziale, per testarne nuovamente le competenze di stima.

3.5 Percorso didattico-riabilitativo

Come premessa al percorso didattico-riabilitativo riprendo le fasi essenziali della ricerca azione esplicitate da Trinchero (2009):

I momenti del percorso potrebbero essere suddivisi in: identificare una situazione-problema,

sviluppare il gruppo di ricerca, pianificare un intervento in risposta alla situazione-problema,

basandolo su obiettivi realistici e raggiungibili, definiti nel modo più preciso possibile, agire per metterlo in atto, rilevare gli effetti dell’intervento stesso e riflettere su di essi per capire se l’intervento ha sortito gli effetti sperati oppure no, quali sono stati gli effetti indesiderati, e come utilizzare questa conoscenza per pianificare un nuovo intervento.

La pianificazione dell’intervento in risposta alla situazione problema viene fatta dopo analisi dei dati del questionario iniziale (vedi capitolo 5.2). Ecco di seguito alcune considerazioni che riflettono sia sulle difficoltà riscontrate sia in prospettiva di un miglioramento individuale, in ottica del percorso didattico-riabilitativo da svolgere con il gruppo classe della scuola speciale nella quale insegno.

I ragazzi hanno già affrontato il tema delle misure di lunghezza nella scuola elementare, ed hanno avuto modo di esercitarlo e ripeterlo utilizzando il materiale DIMAT durante l’ultimo anno e mezzo di scuola speciale. Come già esposto presentano però difficoltà differenti gli uni dagli altri, rendendo la classe molto eterogenea sia nell’apprendimento sia nelle capacità cognitive.

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Date queste circostanze il percorso didattico è pensato in un’ottica riabilitativa, in modo da evitare il ripetere dall’inizio l’approccio alle misure, bensì caratterizzato da fasi di recupero e consolidamento sulla stima di lunghezze. Tutte le attività avranno momenti di valutazione seguiti da periodi di validazione. Gli allievi saranno così chiamati ad attivarsi nel processo di apprendimento, e ornati da una certa ripetitività del compito, prevedo stimolati in processi metariflessivi.

Imposterò il percorso proponendo situazioni di stima usando un’unità di misura arbitraria, passando poi al Sistema Internazionale di Unità di Misura (d’ora in avanti SI). I primi esercizi saranno caratterizzati dall’uso di un’unità di misura arbitraria, per iniziare ad allenare la capacità di stima, per ampliarla di esperienze, per favorirla nel trovare strategie e per svilupparla con oggetti di riferimento. In seguito il passaggio al sistema SI avverrà “quando si presenta la necessità di descrivere con una certa precisione “l’intensità” di un fenomeno o la grandezza di un oggetto.” (Sbargli 2011). Prevedo che le difficoltà aumenteranno con l’introduzione dell’unità di misura convenzionale nella stima. Riuscire a scegliere l’unità di misura più adatta (nel micro- e mesospazio sostanzialmente fra “centimetri” e “metri”) ed eseguire le relative trasformazioni non sarà del tutto evidente, come anche riuscire a quantificare concretamente le unità di misura da usare (difficoltà nelle immagini mentali).

In sostegno a quanto detto circa il percorso, Sbaragli (2011) inquadra molto chiaramente l’approccio didattico al tema:

Lavorare tramite la stima implica necessariamente partire da situazioni provenienti dalla realtà, prendendo dati reali e verosimili che permettono all’allievo di acquisire l’ordine di grandezza, con i quali confrontare il risultato delle stime. La determinazione da parte dell’allievo dell’ordine di grandezza degli oggetti reali, può essere conseguita solo attraverso l’esperienza che egli ha acquisito tramite le misurazioni realizzate in maniera effettiva.

Nell’effettuare il controllo della misura per verificare chi si è avvicinato di più con la propria ipotesi, occorre ricordare che in qualsiasi operazione di misura è insensato cercare la precisione assoluta, dato che essa non esiste. Occorre invece sapere qual è il margine di incertezza che possiamo tollerare in base all’uso che faremo di quella misura e scegliere gli strumenti e le tecniche che ci consentono di effettuare la misura con l’accuratezza richiesta.

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chiederci qual è il margine di incertezza che possiamo tollerare senza pregiudicare le nostre analisi;

valutare il problema reale e stimare se possiamo descrivere l’oggetto in questione come se fosse un ente definito e semplice, rimanendo nei limiti del margine di incertezza fissata;

scegliere uno strumento di misura che ci consenta di misurare le caratteristiche volute dell’oggetto considerato e di farlo con una certa precisione sufficiente ai nostri scopi.

In generale, occorre essere critici nei confronti delle diverse alternative possibili, allo scopo di orientare la scelta verso lo strumento più semplice come uso, che richiede meno tempo di esecuzione, meno calcoli, meno rischio di errori.

Esperienze di stima accostate a misurazioni effettive, e ricerca di strategie applicabili alla stima sono quindi due obiettivi dichiarati dell’itinerario didattico riabilitativo.

Elenco ora il percorso svolto; rimando agli allegati una visione più approfondita del materiale e delle schede utilizzate. Nel capitolo 5.3 sono commentati i diversi interventi e le scelte fatte a riguardo dell’intervento successivo.

1. Questionario iniziale (Allegato 1, pp. 40-42)

Come introduzione al questionario è data una definizione di stima e discussa in collettivo: “Stimare vuol dire fornire dei valori approssimati, non devi quindi trovare risultati esatti: per fare ciò affidati alle tue strategie e al tuo intuito.”

2. Primo intervento (Allegato 2, pp. 43-45) - Foglio di registrazione “spanne” - Foglio di registrazione “passi”

- Foglio con domande relativa a capacità di stima e strategie usate 3. Secondo intervento (Allegato 3, pp. 46-47)

- Foglio di registrazione “pollici” - Conversione di unità

4. Terzo intervento (Allegato 4, p. 48)

- Mettiamoci alla prova: “Chi stima meglio?” 5. Quarto intervento (Allegato 5, p. 49)

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- Verifica sulla capacità di stima con unità di misura non convenzionale 6. Quinto intervento (Allegato 6, p. 50)

- Creazione di un decimetro personale - Foglio registrazione “centimetri” 7. Sesto intervento (Allegato 7, pp. 51-52)

- Foglio di registrazione “metri”, utilizzando un metro personale - Conversione di unità

8. Settimo intervento (Allegato 4, p. 48)

- Mettiamoci alla prova: “Chi stima meglio?” 9. Questionario finale (Allegato 8, pp. 53-54)

La verifica finale si presenta simile al questionario iniziale ma con la differenza che la classe è spostata in un’aula differente (variabile mesospazio).

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4. Risultati ed interpretazione dei risultati

4.1 Questionario iniziale

Il questionario iniziale è stato suddiviso in due parti: la prima costituita da domande riguardanti la stima di grandezze metriche, la seconda formata da interrogativi inerenti le strategie utilizzate per stimare e sulla conoscenza del valore del Sistema Internazionale di Unità di Misura.

Nella prima parte del questionario sono inserite, in ordine sparso, stime di lunghezze per micro- e mesospazio. Le stime di lunghezza sono volutamente state suddivise in orizzontali (chiamate comunemente lunghezza o larghezza) e verticali (altezza). La seconda parte, prettamente scritta, è stata concepita per la verifica di stime con ordine di errore elevato. Nel caso quindi dovessi confrontarmi con stime incoerenti potrei, oltre ad intervistare l’allievo, attingere alle risposte scritte per un introduttivo quadro delle difficoltà nella stima.

Il questionario è stato sottoposto a due classi di 3a elementare, due di 2a media, una di scuola speciale (allievi di 12 anni) che chiamerò SSP1 ed una classe di scuola speciale rappresentata da allievi all’ultimo anno (15 anni), in seguito SSP2. Il gruppo scelto per il questionario iniziale è suddiviso su un numero di circa 40 allievi di terza elementare e seconda media, e 10 allievi per classe di scuola speciale. La scelta di porre il questionario a tali classi come gruppo di controllo, è stata fatta partendo dalla classe nella quale insegno, e che fungerà da riferimento per il progetto di ricerca (classe di riferimento).

La decisione di inserire una terza elementare è stata presa in quanto, solitamente, gli allievi della classe di scuola speciale in questione sono comparati al suddetto livello. Questo confronto è comunque da considerarsi con la dovuta precauzione, date le difficoltà cognitive e metacognitive in ambiti diversi, presenti nei ragazzi di scuola speciale, e l’eterogeneità del gruppo classe (differenti casistiche raggruppate).

I ragazzi di seconda media sono invece stati inseriti nel gruppo di controllo in quanto hanno la medesima età dei ragazzi di scuola speciale di riferimento (SSP1), ovverosia nati nel 1998.

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4.2 Analisi ed interpretazione dei dati del questionario iniziale

Stima di

misurazione microspazio % errore mesospazio % errore % errore totale

3a elementare 35 33 34

2a media 20 19 20

SSP 1 (12 anni) 66 564 266

SSP 2 (15 anni) 162 97 136

Tabella 4.1: Media aritmetica del valore assoluto

Da una prima lettura dei valori rappresentati nella Tabella 4.1. si può notare la grande differenza nella capacità di stima fra i ragazzi di scuola speciale, rispetto ai bambini di terza elementare e ai ragazzi di seconda media. Dalla terza elementare alla seconda media vi è un miglioramento, ciò significa che l’adempimento di maggiori cicli scolastici e la conseguente maturazione dovuta al passare degli anni favoriscono una migliore competenza nella stima; d’altro canto non si può quasi distinguere una diversità di abilità di stima nel micro- e nel mesospazio, e infatti le percentuali confermano quanto detto, risultando pressoché invariate.

Una diminuzione considerevole delle capacità di stima ed un aumento della differenza fra micro- e mesospazio viene espressa dalle percentuali di errore della classe di scuola speciale. Per la SSP1 si potrebbero analizzare i dati nell’ottica di una maggiore bravura nella stima a livello di microspazio, ma tale considerazione è molto delicata da affermare. Un errore medio di ca. 150% nel microspazio può essere esemplificato con una risposta di 25 cm su una misura di 10 cm, mentre un errore medio di ca. 560% nel mesospazio con una risposta di 33 metri su una misura di 5 metri. Le medie percentuali degli errori sono tuttavia molto ampie rispetto ad una 3a elementare ed una 2a media, e si potrebbe perciò concludere che: sia la capacità di stima nel microspazio come nel mesospazio, sebbene presentino un notevole intervallo nella media dell’errore, siano entrambe molto difficoltose e ben al di sopra di una “normale scolarità”.

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Le medie aritmetiche degli errori percentuali non permettono però una completa analisi dei risultati, ed inoltre non esprimono la totale veridicità dell’errore, giacché una stima totalmente sbagliata risulta influire in maniera molto pesante sulla media.

Quindi oltre alle medie aritmetiche degli errori percentuali in valore assoluto, rispetto al valore esatto (visualizzati nella tabella soprastante) è stato necessario elaborare alcuni grafici per raffigurare una ripartizione della densità rispetto alla percentuale di errore. La soluzione è stata quella di esplicitare i risultati con una rappresentazione a istogramma. Questo tipo di raffigurazione grafica permette un approccio visivo molto chiaro riguardo la situazione; i grafici sono inoltre stati completati con l’equivalente funzione di densità di probabilità di tipo T-Student (Grafico 4.2) che, rispetto alla più comunemente utilizzata distribuzione di tipo “normale” (o di Gauss), si adatta meglio ad un insieme ridotto di dati ed è meno sensibile ai valori estremi (o estremamente distanti dalla media). La distribuzione T-Student raffigura dunque i valori più significativi. Questa campana si adatta inoltre adeguatamente alla rappresentazione della piccola massa critica di questo progetto di ricerca, considerato che un’altra sua caratteristica è quella di approssimare pochi dati come se fossero molti. E’ comunque importante rimarcare che questa riproduzione rimane un’approssimazione.

Se riprendiamo i valori della stima nel micro- e mesospazio per la classe di scuola speciale di 12 anni (Grafico 4.1.1 e Grafico 4.1.2) vediamo che, sebbene vi sia un’enorme differenza fra le percentuali aritmetiche, i due grafici non sono così contrastanti, entrambi mostrano come gli errori siano distribuiti eterogeneamente. Vi è da sottolineare che in questo grafico sono stati appositamente tolti i valori oltre il 100%.

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Grafico 4.1.1: Distribuzione dell’errore percentuale nel microspazio (SSP1)

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Grafico 4.2: Panoramica delle 4 classi in una distribuzione T-Student

Dalla lettura del Grafico 4.2 si possono fare alcune considerazioni che dalla tabella rappresentante le medie percentuali dell’errore assoluto non sono desumibili.

Si può infatti notare come tutte le classi abbiano un’attitudine alla sottostima: terza elementare, seconda media e classe di scuola speciale dell’ultimo anno del terzo ciclo (SSP2) sono raggruppate con una massima densità di sottostima entro il 10 %. Inoltre fra le tre classi la seconda media è quella che presenta un errore minore, con una sottostima di ca. 5%. Gli allievi della classe speciale di 12 anni (SSP1) si avvicinano ad un errore del -40% ostentando non solo una grave sottostima ma anche un’importante lontananza dai valori reali degli oggetti / spazi stimati.

Una curva appuntita evidenzia che, la maggior parte delle risposte si avvicinano ad un valore di errore, ossia che vi è maggiore omogeneità nelle risposte, una curva allargata rileva invece il contrario. Dal Grafico 4.2 si può leggere come le classi di 3a elementare e 2a media

ï ï ï ï ï          Error (%) Density 3a  elementare 2a  media SSP  1 SSP  2

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abbiano una sostanziale uniformità nelle risposte mentre non si può dire così per quelle di scuola speciale.

La tesi da me esposta è però visualizzabile in maniera più definita con un grafico ad istogramma, prendendo il valore assoluto dell’errore percentuale.

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Grafico 4.3.3: Distribuzione dell’errore (SSP1)

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Come si evince da queste quattro rappresentazioni grafiche, le classi di scuola speciale presentano meno omogeneità nelle risposte. Si può osservare come la 3a elementare ed in particolare la 2a media, più si avvicinano al valore reale dell’oggetto/spazio stimato, e più vi è densità.

Questo evidenzia come nella scuola speciale convivano livelli di apprendimento e di capacità molto differenti. Questa eterogeneità esplicita la concreta difficoltà che hanno i ragazzi nel controllare le operazioni cognitive, ossia faticano a porre dei filtri rispetto a ciò che dicono. Il problema è probabilmente creato da un deficit in metacognizione, cioè da una scarsa capacità di riflessione dei propri processi cognitivi. D’altronde l’esistenza di un rapporto tra il livello metacognitivo generale e il livello di riuscita in matematica è risaputo da tempo (Doudin, 2001, p.313).

4.2.1 Commento alle risposte del questionario per la SSP1

La risoluzione del quesito nel quale si chiedeva di rapportare la lunghezza della matita alla lunghezza del banco e stimare in seguito con essa la misura di quest’ultimo non ha riscontrato grossi problemi. Si può comunque notare che su 10 allievi, 7 hanno dato una risposta riferita ad numero intero, 3 hanno dato una risposta contenente un decimale (però solo un mezzo) e 1 ha risposto dicendo: ”7 e un po’”. A questo punto possiamo considerare che alcuni allievi padroneggiano e riescono ad utilizzare la frazione ½, mentre la maggior parte non ha considerato l’eventualità di poter “dividere la matita” in due.

Alla seconda domanda hanno tutti correttamente risposto “metri” sostenendo grossomodo “perché è più grande degli altri” o “perché faccio più in fretta”.

Le risposte alle domande 3 e 4 hanno valenza alternata. Fare un esempio di un oggetto che misura un centimetro, data anche l’effettiva difficoltà, ha riscontrato molte indecisioni. Non è stato semplice per i ragazzi trovare l’oggetto “possibile” ed è stato anche esplicitato mentre eseguivano il questionario. Le risposte scaturite dalla sopraccitata domanda sono: “una formica”, “una gomma”, “un cubetto piccolo”, “la punta della matita”, “una cartuccia”,… Si nota come abbiano un’idea di “piccolo” ma faticano a quantificarlo correttamente. Inoltre l’oggetto prendeva valenza assoluta di misura e non veniva esplicitata la grandezza in questione, … Cosa guardo della formica?

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Alla successiva domanda hanno invece risposto quasi tutti correttamente dicendo “la riga della lavagna” o “la parte che si apre della lavagna”, mostrando una miglior chiarezza nell’individuare la qualità in questione (lunghezza). Nelle risposte vi sono pochi accostamenti scriteriati, quelli più significativi sono per esempio per un metro “la lunghezza dell’aula” o “l’altezza dell’armadio” e per un centimetro “la matita”.

Sostanzialmente si può considerare che gli allievi hanno una discreta padronanza dell’unità di misura centimetro e metro; riescono inoltre a rapportare abbastanza correttamente un campione nella misura di un oggetto. Se si correlano queste risposte con le stime effettuate nella prima parte del questionario si nota quanto già espresso precedentemente: ossia che i ragazzi presentano delle difficoltà nel controllare e validare le risposte. Presumo inoltre che la difficoltà che comporta il dover effettuare un’astrazione per realizzare una stima di lunghezza sia un limite cognitivo e concreto per alcuni ragazzi.

4.3 Analisi e commenti alla ricerca azione

In questo scritto ogni intervento presenta una parte di analisi dell’azione stessa ed una parte di pianificazione dell’intervento successivo in relazione alle osservazioni effettuate e al quadro teorico.

Primo intervento

Il primo intervento chiede ai ragazzi di stimare ed effettuare una misurazione diretta con un’unità di misura non convenzionale, e registrare il tutto su una scheda. Usare un’unità non convenzionale ha lo scopo di concretizzare al massimo l’operazione di stima e misura, inoltre sono stati scelti come campioni le parti del corpo: spanne e passi. Il limite di questa scelta è che il campione spanna e passo sono di interpretazione soggettiva, e non solo per il fatto che sono differenti per gli uni e per gli altri in ordine di fisicità personale, ma bensì nella grandezza: quanto è un passo? Per questo primo intervento è dunque essenziale chiarire ai ragazzi che il campione spanna e passo che ognuno adotta è da tenersi possibilmente invariato per tutta la registrazione.

Dalle schede di registrazione e dalle osservazioni espresse dai ragazzi si nota un sensibile miglioramento della stima con il passare degli esperimenti. Questa è un’importante considerazione esplicitata anche nella citazione di Sbaragli (2011) nel capitolo 3.5 dove si

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verificarlo concretamente solo alla fine del percorso. Come osservato nel questionario anche in questo esercizio meno della metà dei ragazzi utilizzano la frazione ½ , e la maggior parte preferisce approssimare al numero intero, mentre nessuno quantifica la misura di lunghezza con un intervallo.

In generale i ragazzi si sono comportati bene nella stima, e le risposte non presentano grandi differenze con gli oggetti/spazi misurati. In due ragazzi è però difficile notare una progressione, o continuità, nella stima, giacché i valori sono altalenanti in tutte e dieci le misurazioni. Ciò che ho altresì notato in alcuni ragazzi, e palesemente in uno, è che adattano il campione di misura in funzione alla stima effettuata: per esempio ha stimato la lunghezza di tre banchi (3,9 m) in tre passi, e nel controllo della misura si è esibito in tre passi da “gigante”. In questo caso potrebbe evincere l’insicurezza di sbagliare, e presentare al maestro un foglio con risultati strampalati. Se però si analizza a fondo l’operazione, il ragazzo esplicita difficoltà nell’accettare l’errore, e al posto di fare quattro passi e riconoscere una stima sbagliata, adatta come detto poc’anzi, il campione. La conseguenza di questa azione e però quella di non considerare l’errore come stimolo di miglioramento, e quest’attitudine potrebbe essere da ostacolo all’elaborazione di strategie atte a migliorare la stima.

Gli errori più grandi di stima si sono verificati quando le grandezze dei numeri erano maggiori di 15. Chiaramente è difficile dover stimare “quante spanne misura la lunghezza della lavagna aperta”, anche solo per un fattore percettivo. E’ però desumibile che vi sia una scelta errata del campione.

La parte metacognitiva dell’intervento, dove è stato chiesto ai ragazzi se hanno usato o trovato dei “trucchi” ha dato sostanzialmente una risposta comune: “che si deve osservare bene il campione e l’oggetto/spazio che si vuole stimare”. Solo un ragazzo ha fatto un intervento che riprende quanto espresso nella parte teorica su stima e senso del numero da N.C.T.M. (1989) ossia che ha diviso percettivamente l’oggetto in due, essendo più semplice da stimare la sua metà, per poi raddoppiarla.

Il secondo intervento è pianificato inserendo in fase introduttiva un momento metacognitivo, ovverosia ponendo alla classe domande mirate saranno discusse le principali osservazioni emerse poc’anzi. Giacché siamo in piena fase sperimentale è opportuno continuare ad insistere sulle esperienze di stima e validazione, come esplicitato nel capitolo relativo allo studio empirico, e questa volta lo faremo inserendo un campione “piccolo”: il

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misura impiegandolo non nella sua lunghezza bensì nella sua larghezza, onde evitare indubbie confusioni. Alla fine della fase applicata chiederò ai ragazzi quanti pollici ci stanno in una spanna e quante spanne ci stanno in un passo, questo per avanzare una relazione fra le unità (multipli e sottomultipli, e scelta dell’unità più adatta alla situazione di stima).

Secondo intervento

La situazione si presenta simile al primo intervento, con poche differenze di fondo. E’ da notare che sono spesso usciti dal microspazio con il campione pollice, misurando elementi del mesospazio. Qui effettivamente le stime sono diventate meno precise e gli errori più ampi e concretamente l’uso inappropriato dell’unità di misura è stata la chiave degli errori. Questa considerazione è stata già trattata nell’analisi del primo intervento, tuttavia scelgo di attendere nell’esplicitarla ai ragazzi, è più formativo farli rendere conto di tale differenza con un esercizio ben preciso.

Misurare con i pollici ha creato non pochi problemi e mentre erano coinvolti nell’esercizio ho chiesto ad alcuni ragazzi quale fosse la loro strategia di misurazione: c’è chi si aiutava con un segno della matita, chi “segnava” con un dito dell’altra mano, e chi (efficacemente) utilizzava i due pollici affiancando l’uno all’altro rivolto di 180°. Discutendo delle differenti strategie con il gruppo classe, e della precisione o meno di alcune, si è giunti alla conclusione che valutare se una stima è pertinente o meno è possibile solo se la sua effettiva misura è corretta.

Prendo quindi spunto da questo intervento sulla limitazione che pone la variabilità del campione, per proporre una “battaglia” di stima come prossimo intervento. Per coerenza con quanto detto non lascerò libertà nel formare le coppie ma le sceglierò appositamente, accomunando ragazzi e ragazze di statura e corporatura simile. Lo scopo dell’esercizio è anche quello di stimolare i ragazzi ad una maggior precisione nella stima, incitandoli ad un’osservazione più attenta. Inoltre avranno sempre un controllo incrociato sulla validazione della stima, non avendo più la totale libertà di “adattare” il campione scelto in funzione della stima esplicitata.

Terzo intervento

Dalla valutazione del foglio di registrazione si nota come in particolare un ragazzo, abbia effettuato delle stime poco precise. Non sarebbe stato caso di commento se non fosse che negli interventi precedenti aveva una discreta precisione nel compito. Si deduce che la

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variabilità del campione ha permesso una manipolazione dei dati, non più possibile nell’esercizio a coppie, dato il continuo confronto di stima e validazione con un compagno. Il gruppo ha comunque reagito molto bene a questo intervento, e la sfida ha portato i ragazzi a valutare attentamente le stime prima di esplicitarle, stando attenti al processo di valutazione.

Per verificare la capacità di stima con una coscienza di causa propongo nel prossimo intervento una scheda con oggetti/spazi definiti, dove gli allievi sono tenuti a scegliere, prima di stimare, il campione adatto (pollici, spanne o passi). Inoltre per stringere ancor più il campo della variabilità tutti i dati della classe saranno messi in comune, e trascrivendoli alla lavagna saranno fonte di analisi. Potremmo così verificare se vi saranno incongruenze nella scelta delle unità, se le stime saranno più o meno precise e ragionare sullo scarto tollerabile dell’errore: quando una stima è accettabile e quando non più? Questo intervento avrà di conseguenza due momenti metacognitivi, il primo è l’esercizio stesso ed il secondo la discussione collettiva.

Quarto intervento

Questo momento è stato molto interessante e denso di ipotesi e ragionamenti. Ho trascritto alla lavagna tutti i risultati e da qui abbiamo fatto alcune pertinenti analisi che qui commento.

Alcuni oggetti / spazi sono stati stimati con unità di misura differenti: i ragazzi hanno subito individuato la differenza e commentato che la precisione era maggiore qualora il campione era “più” grande. Questo perché il numero aveva una grandezza minore: per esempio è più facile visualizzare ordini entro il 5-6 che entro il 15. Da qui hanno desunto l’importanza di scegliere l’unità di misura adatta alla stima/misura che si vuole effettuare. E’ da notare come però nessuno abbia effettuato delle stime in senso inverso, ossia per esempio “misura mezza spanna”, e questo per comprensibili difficoltà del concetto di frazione.

Dopo aver discusso sull’unità di misura più adatta alla situazione ho chiesto ai ragazzi quali stime, secondo loro, erano considerabili come corrette e quali no. Sebbene non sia stato facile dare una risposta oggettiva, perché d’altronde non vi è, più facile è stato commentare i valori visualizzati sulla lavagna. Gli allievi si sono accorti piuttosto intuitivamente che più il valore è piccolo e meno vi è tolleranza, e viceversa. Se seguiamo quanto dice Clayton (1988) che “le stime hanno un errore del 20% per quantitativi inferiori al 100” è validata l’impressione dei ragazzi. Si può esemplificare come abbia lo stesso tasso di errore la stima di

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L’intervento successivo è pianificato per introdurre l’unità SI negli esercizi di stima. Per non allontanarmi troppo da quanto fatto e favorire dei transfer cognitivi propongo la costruzione di un personale “decimetro” con il quale gli allievi saranno invitati a fare degli esercizi di stima e misurazione.

Quinto e sesto intervento

Questi due interventi sono accomunati dalla costruzione di un righello da 10 cm e di un metro personale, utilizzando dei cartoncini colorati. Spanne e passi, utilizzati come campione negli interventi precedenti, sono quindi stati confrontati e misurati con uno strumento di misura convenzionale e questo per allenare un’immagine mentale della misura dello strumento. Ho così chiesto ai ragazzi quale immagine avrebbero potuto accomunare al decimetro costruito e le risposte sono state: “è circa come la metà di una spanna”, “è più o meno così” mostrando un certa distanza fra pollice e indice. Per il metro è stato ancora più semplice e tutti hanno esplicitato un passo; prendendo spunto da questa osservazione ho fatto posizionare lo strumento per terra e ho invitato tutti a compiere il relativo passo. Questo per interiorizzare ed aiutare la costruzione mentale del campione in questione.

In generale le stime sono state abbastanza precise. E’ molto interessante notare come la maggior parte dei ragazzi abbiano usato multipli del campione utilizzato, in altre parole quando misuravano con il righello da 10 cm le stime erano 10, 20, 30, 40…, e quando utilizzavano il metro le stime erano 1, 2, 3, … Questo probabilmente è indice di una generalizzazione cognitiva, e il fatto di rapportare il campione nella misura di un oggetto/spazio ricorda quanto sperimentato negli esercizi con unità di misura non convenzionali. Sebbene questo sia molto positivo, pone però alcuni limiti: da un lato la difficoltà di interiorizzare e far proprio la rappresentazione dell’unità di misura SI, e dall’altra la complessità di usare i decimali, com’anche le frazioni. Il rischio è che i ragazzi usino il campione decimetro ed il campione metro come misure non convenzionali e non come unità SI, e questo potrebbe ostacolare l’uso delle trasformazioni. In sostegno di quanto detto riprendo un esempio emerso durante l’esercizio sulla stima usando i “metri”: un allieva ha stimato la larghezza della porta dicendo 1 m, e dopo averla misurata ha scritto 80 cm. Ho quindi chiesto alla classe se vi era un’altra possibilità di scrivere questa misura, visto che stavamo misurando con i metri e non i centimetri. A mia sorpresa nessuno è riuscito a darmi la soluzione, ho così fatto ragionare la classe chiedendo se la larghezza della porta era più o

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tabella di conversione dell’unità di lunghezza. Questo mostra in maniera evidente le difficoltà dei ragazzi di scuola speciale e le lacune che presentano nell’ambito della misura. Hanno tutti già eseguito esercizi di conversione di unità di misura ma evidentemente il concetto è rimasto completamente astratto, e andando ancora più a fondo, è manifesto come non abbiano nemmeno considerato che potesse essere applicato a questo tipo di esercizio. Da questo nasce un interrogativo forte nel percorso intrapreso, e cioè se non sia il caso di deviare su un percorso riabilitativo sulla misura.

Per il senso di questo lavoro proporrò ancora un’attività (il gioco di “battaglia”) al fine di permettere il confronto delle capacità di stima fra compagni. Prendo atto delle difficoltà nel campo delle misure ma sostengo che gli allievi possano comunque, date le conoscenze acquisite, avere un miglioramento nella capacità di stima. Inoltre, queste ultime possono poi fungere da struttura cognitiva per un recupero delle competenze sulla misura, in particolare nella scelta dell’unità di misura appropriata.

4.4 Questionario finale

Il questionario finale, come quello iniziale, è stato suddiviso in due parti: la prima costituita da domande riguardanti la stima di grandezze metriche, la seconda formata da interrogativi concernenti il rapporto fra una determinata lunghezza ed il campione proposto. Con questo questionario si vuole verificare sia la capacità di stima di lunghezze utilizzando l’unità di misura SI, sia la capacità di stimare il rapporto di un campione rispetto ad un oggetto/spazio. Quest’ultima domanda è inserita qualora dovessero presentarsi problematiche riguardanti la rappresentazione della terminologia per le misure di lunghezza, e verificarne se incide o meno nella capacità di stima di lunghezze. Il questionario finale, per ovvie ragioni, è stato sottoposto unicamente alla classe di riferimento.

4.5 Analisi ed interpretazione dei dati del questionario finale

Al fine di tutelare i ragazzi, ed ai sensi della privacy, nelle successive tabelle ometto i reali nomi degli allievi, inserendoli fittizi.

Nelle tabelle inoltre “Q.I.” è indicato come “questionario iniziale” e “Q.F.” come “questionario finale”

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Stima di misurazione Moni ca T iz ia na S te fa no M auro M irc o G iova nni P aol o A ndre a T ot al e % errore totale Q.I. 9 99 34 1940 107 32 42 16 266 Q.F. 10 32 22 368 77 33 30 13 66 % miglioramento -11 68 36 81 28 -3 28 19 75

Tabella 4.5.1: Media aritmetica del valore assoluto

La colonna raffigurante le medie totali degli errori percentuali della Tabella 4.5.1 è da prendersi con la dovuta precauzione dato che le stime oltre il 100% incidono in maniera importante sul valore, per questo preferisco analizzare i singoli casi.

Dalla tabella si può notare come generalmente vi sia stato un discreto miglioramento nella capacità di stima. Come prima analisi si può dunque affermare che il percorso ha ottenuto un riscontro positivo sull’apprendimento, ma per meglio capire la situazione si necessita di una lettura più approfondita.

Solo due casi, Monica e Giovanni, presentano un peggioramento, ma osservando più nello specifico si può commentare come entrambi siano fermi agli indici del questionario iniziale. Sebbene Monica presenti un peggioramento dell’11% è anche vero che è l’allieva che stima di gran lunga meglio di tutti, ed un errore medio del 10 % sull’insieme del questionario, la posiziona come una buona estimatrice, anche nei confronti dei ragazzi di seconda media.

Mauro è stato l’allievo con il maggiore miglioramento, tuttavia dobbiamo considerare come si assesti ancora con un margine d’errore ben al di sopra di una percentuale accettabile; innanzitutto, da una lettura più approfondita del questionario, si ricava una totale confusione dell’unità di misura. Sebbene negli ultimi interventi abbiamo lavorato con le unità “m” e “cm”, nelle risposte del questionario sono diventate “me” e “ce” ed assegnate a numeri illogici. L’altezza del banco è 4,5 ce e l’altezza della porta 19 me, misure incomprensibili, che

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mi fanno riflettere, anche soprattutto riosservando il comportamento degli ultimi esercizi, non così catastrofici. Si deduce un profilo complesso, le cui difficoltà potrebbero essere molte, ma probabilmente percettivo-motorie (nella risposta scritta ha indicato come un bastone di 1 metro, in una lunghezza di 5 metri, è riportato 10 volte), e metacognitive, ossia incapacità di riflettere sull’operato in rapporto a quanto fatto nel percorso.

Chi è riuscito a migliorare qualitativamente con una percentuale importante è Tiziana, ponendola ad un 32% di errore complessivo rispetto ad un 99% iniziale, e ciò vuol dire che è in una vigorosa fase di apprendimento; esemplificando la percentuale possiamo dire come la lunghezza di 1 m viene stimata 1,32 m.

In conclusione dalla Tabella 4.5.2 possiamo estrarre tre livelli abbastanza distinti: un primo di tre ragazzi che presentano con una media di errore attorno al 10 - 20%, un secondo di tre ragazzi con un errore medio fra il 30 - 33%, ed un ultimo di due ragazzi con errori oltre il 70%. Da questa ripartizione è molto interessante estrapolare come il primo livello sia vicino ai ragazzi di seconda media ed il secondo vicino ai ragazzi di terza elementare, e così osservando abbiamo una posizione meglio definita per i ragazzi della scuola speciale.

Stima di misurazione Moni ca T iz ia na S te fa no M auro M irc o G iova nni P aol o A ndre a T ot al e % errore microspazio Q.I. 10 86 37 266 80 38 22 15 66 Q.F. 14 28 16 260 61 28 29 18 57 % errore mesospazio Q.I. 8 120 31 4451 147 23 71 18 564 Q.F. 7 35 28 476 93 37 31 9 89

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Leggendo la tabella che rappresenta il comportamento della stima nel micro- e mesospazio si può notare come vi siano alcuni che presentano un miglioramento in entrambi gli spazi mentre altri hanno avuto condotte inverse. Paolo, per esempio, ha avuto un forte miglioramento nel mesospazio ed un leggero peggioramento nel microspazio, ottenendo però un miglioramento complessivo di un 28%. Togliendo da questa tabella i dati estremi, si può concludere che non vi sia una grossa differenza delle abilità nel micro e mesospazio, considerando tuttavia che il microspazio risulta leggermente più semplice per eseguire delle stime di lunghezza. La percezione che hanno i ragazzi nel mesospazio è quindi positiva, dato che presentano la stessa attitudine all’errore che nel microspazio.

Grafico 4.5.1: Panoramica delle 4 classi in una distribuzione T-Student

ï ï ï ï ï               Density Error (%) 3a  elementare 2a  media SSP  1  Q.I. SSP  1  Q.F. SSP  2

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Osservando la distribuzione T-Student (Grafico 4.5.1) si può notare come la classe di riferimento si sia spostata verso lo 0, malgrado si tratti sempre di sottostima. La campana è leggermente più appuntita e questo significa più densità attorno all’errore medio, eppure possiamo visivamente constatare come, nonostante un miglioramento, a livello di classe siano ancora lontani dal gruppo di controllo.

La deduzione che si può tuttavia fare da quest’analisi, è come la classe di scuola speciale sia caratterizzata da un’indiscussa eterogeneità. I ritmi di apprendimento si presentano differenti gli uni dagli altri in maniera tangibile, e ci può essere chi, per determinate circostanze, regredirà e chi, per altre condizioni, si situerà in una stadio con limitata progressione cognitiva. Queste estremità sono d’altra parte la ricchezza della scuola speciale.

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5. Conclusione

5.1 Risultati della ricerca

Lo studio intende verificare la seguente ipotesi: interventi di attività sperimentale si riflettono positivamente sull’apprendimento del singolo allievo e dell’intera classe.

Il percorso didattico riabilitativo proposto ha effettivamente avuto un riscontro positivo sia a livello individuale sia a livello collettivo. Come osservato e commentato nell’analisi del questionario finale vi sono solo due casi che non hanno sviluppato un miglioramento, rimanendo allo stesso livello iniziale, di cui uno presenta però una capacità elevata di stima. Altri due ragazzi hanno avuto buoni miglioramenti ma rimangono ancora al di sopra di stime accettabili, in ogni caso vi è da considerare positivamente il fatto che qualcosa si sia mosso. Si può ipotizzare come queste difficoltà siano legate a “stima e senso del numero”; lacune nelle conoscenze di relazioni multiple tra i numeri, e nello sviluppo di oggetti di riferimento per le misurazioni, ne sono due esempi. Un’altra importante difficoltà che hanno riscontrato i ragazzi nell’attività di stima è la capacità fare delle valutazioni mentali (Segovia, Castro, Rico & Castro, 1989, p.21), ed una volta inserito l’unità SI queste sono diventate ancora più evidenti.

Un esempio chiave è emerso durante il questionario finale quando, vedendo una stima sbagliata, ho chiesto al ragazzo di farmi vedere quanto secondo lui rappresentasse la lunghezza di un centimetro; mi ha mostrato un intervallo fra indice e pollice e decisamente più grande di un centimetro. La lacuna può essere di diversa natura, di conoscenza delle misure, di rappresentazione dell’unità SI o di difficoltà di memorizzazione, ma certamente pone degli interrogativi sullo sviluppo dell’apprendimento, visto che nell’esercizio precedente, quando chiedevo di stimare in centimetri, i valori da lui espressi non erano così distanti.

Questo indica come la ricerca azione, sebbene abbia portato dei discreti risultati, nella scuola speciale non possa fermarsi ad una decina di interventi. I ragazzi impiegano molto più tempo e soprattutto necessitano più ripetitività negli eserciti per permettere che la conoscenza diventi competenza. Si potrebbe addirittura pensare di inserire esercizi di stima sull’arco del

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quadriennio, per un fattore già esplicitato nel quadro teorico, e ossia quello di allenare osservazione e valutazione, favorendo così uno sviluppo della metacognizione.

Per quanto concerne il miglioramento della capacità di stima nella classe in questione, sarebbe ora interessante inserire un percorso di recupero sulle misure, ed in particolare quelle di lunghezza. Così facendo, si potrebbe verificare quanto incide questo argomento nel miglioramento delle stime.

5.2 Limiti della ricerca

I limiti riguardano l’esiguo campione preso in esame che non permette una generalizzazione a una popolazione più ampia.

In scuola speciale si lavora sempre in due docenti, per una maggiore attenzione ai singoli ed una maggiore possibilità di differenziazione. Questo progetto, essendo svolto da solo, spesso mi ha costretto a ad occuparmi prevalentemente della gestione dell’intera classe a scapito di interviste individuali.

5.3 Possibili sviluppi

Uno sviluppo interessante, in ottica di una valutazione quantitativa, è di proporre il medesimo questionario per es. ad adulti, o persone con curriculum professionali diversi, e confrontare i risultati con gli allievi in scolarità obbligatoria.

D’altra parte, come abbiamo visto in questo percorso, la capacità di stima è un’abilità che allena importanti attività cognitive, e la misura di lunghezza è un punto di partenza. Si potrebbero inserire percorsi simili sulla stima di area e volume ed allenare tali capacità.

Oltre a ciò una verifica interessante riguardante il percorso di ricerca azione effettuato con i ragazzi, potrebbe essere invece quella di portarli ad effettuare delle stime di lunghezza nel macrospazio ed osservare capacità e difficoltà in relazione al micro- e mesospazio.

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Trinchero, R. (2009). I metodi della ricerca evolutiva. Roma: Ed. Laterza.

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6.2 Software di visualizzazione grafica

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Questa pubblicazione, STIMA DI GRANDEZZE METRICHE NELLA SCUOLA SPECIALE, scritta da SAMI PERUCCHI, è rilasciata sotto Creative Commons Attribuzione – Non commerciale 3.0 Unported License.

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7. Allegati

  Allegato 1 ... 40   Allegato 2 ... 43   Allegato 3 ... 46   Allegato 4 ... 48   Allegato 5 ... 49   Allegato 6 ... 50   Allegato 7 ... 51   Allegato 8 ... 53  

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Allegato 1 (Questionario iniziale)

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