21 July 2021
AperTO - Archivio Istituzionale Open Access dell'Università di Torino
Original Citation:
Saints and Signs - A Semiotic Reading of Conversion in Early Modern Catholicism
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Walter de Gruyter
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Recensione a Saints and Signs di Massimo Leone
1Ugo Volli
Dobbiamo ammetterlo, innanzitutto noi che ne facciamo parte da sempre: la ricerca semiotica attraversa oggi un momento problematico. Lo testimoniano la passione per terminologie sempre più esoteriche e per problemi autoreferenziali di ridefinizione dei concetti semiotici, accanto a un’epistemologia che predica il distacco dagli oggetti socialmente riconosciuti per rifugiarsi in testi “costruiti” secondo le esigenze dei ricercatori. In realtà i testi indagati dalla semiotica, lungi dall’essere autonomamente costruiti, come vorrebbero queste ipotesi, sono diventati abbastanza stereotipi: spot pubblicitari, discorsi politici, quadri della tradizione figurativa e poco più.
Come uscire da questa impasse? Lavorando, innanzitutto, cercando nuovi oggetti e studiandoli a fondo, facendo interagire le analisi semiotiche con gli altri saperi storici e scientifici, evitando di usare il gergo semiotico come garanzia impropria e retorica di scientificità — senza con questo lasciar cadere la specificità dei concetti, dei metodi e soprattutto dello sguardo semiotico, della sua caratteristica capacità di interrogarsi sul senso degli oggetti e dei testi come fenomeni culturali.
Non fosse altro che per queste ragioni, il grande libro di Massimo Leone — grande per dimensioni, ma anche per il suo impegno di contenuti — andrebbe vivamente raccomandato alla lettura e alla meditazione di tutti i semiologi. Tutte le ragioni sopra elencate di un rinnovamento degli studi semiotici vi sono presenti. L’originalità e la buona definizione del suo oggetto, innanzitutto: un oggetto reale e concreto (le narrazioni biografiche e le rappresentazioni visive coetanee di quattro grandi santi cattolici elevati agli altari nel 1622 — Ignazio di Loyola, Filippo Neri, Francesco Saverio, Teresa d’Avila — studiati come “segni” diversi ma concordanti di una nuova costruzione postridentina della santità e in definitiva dell’identità cattolica). Oggetto reale, ma niente affatto casuale, tema accuratamente ritagliato per risultare al massimo significativo rispetto a un grande problema storico-teorico, quello dei modi della reazione cattolica alla Riforma protestante, ai prodromi della scienza moderna, insomma alla modernità incipiente: una reazione che fu essa stessa “Riforma cattolica” — terminologia adottata da una parte della storiografia cattolica che Leone preferisce alla tradizionale “Controriforma”, anche per la capacità di tale movimento di proporsi non solo come reazione alla concorrenza luterana ma anche aggressivamente come soggetto di evangelizzazione e conversione, sia all’interno che all’esterno dei territori tradizionalmente cristiani e come momento di modernizzazione e di dinamizzazione della vita della Chiesa.
L’analisi di Leone però non si sviluppa su un terreno così generale o generico come il dibattito sulla natura della reazione cattolica alla Riforma, e si propone invece, secondo un gesto autenticamente semiotico, di indagare invece un numero limitato ma significativo di episodi emblematici sul piano
2 comunicativo di tale reazione, quelli dei santi che, nella loro vita, ma ancor più dopo morti, diventarono “segni” o bandiere o esempi di questa rinnovata identità cattolica. Leone, dedicando a ciascuno dei santi un capitolo che ha le dimensioni di un saggio consistente se non proprio di un libro, ha il modo di ricostruire gli episodi salienti della loro effettiva attività, ma è interessato soprattutto al modo in cui la loro biografia venne progressivamente ri-costruita, vale a dire raccontata ai posteri dai primi biografi e ritratta in stampe, quadri e altri apparati iconici: una serie di agiografie che fissa delle identità ideali, dei modelli. Insomma il libro ricostruisce una serie di rappresentazioni prototipiche della santità seicentesca, che Leone dimostra essere nuove, in quanto vi sono articolati alcuni temi e figure caratteristiche del rinnovamento della religiosità cattolica.
Un esempio importantissimo è la figura della conversione, subita da alcuni santi come Sant’Ignazio in modo da staccarli da una primitiva vita mondana, ma soprattutto praticata attivamente da tutti questi uomini esemplari nei confronti di altri soggetti più o meno consenzienti o magari del tutto resistenti (è il caso di Filippo Neri nei confronti degli ebrei romani, la cui persecuzione da parte dei papi di questo periodo è ricostruita da Leone con molta e documentata partecipazione). Ancor più in generale, la nuova santità controriformista è messa in relazione alla categoria del cambiamento interiore, della mutazione di sé e degli altri. Il nuovo santo ricostruito da Leone è un soggetto di cambiamento. Da questo primato della conversione e del mutamento, insieme al bisogno di respingere le accuse di primitivismo e magia mosse dai protestanti rispetto ai “vecchi” miracoli, deriva anche un rinnovamento nella natura dell’oggetto dei prodigi richiesti per la proclamazione della santità, dall’ambito antico e medievale delle trasmutazioni visibili e talvolta meravigliose di oggetti materiali a quella della trasfigurazione invisibile delle anime. A questo tema è correlata anche una mutazione profonda nello stile del rapporto con il divino o il trascendente nell’intervento sul mondo, in cui il santo viene rappresentato come maggiormente attivo e autonomo rispetto al passato rispetto all’intervento di forze trascendenti. È lui ad agire per fede e per carità, solo assistito dalla presenza divina e non attraversato da essa. Ancora, vi è l’interessante rapporto con la dimensione territoriale della Chiesa, che Leone non esita a chiamare, con un neologismo molto fortunato negli ultimi anni, “glocal”.
Questi diversi temi o figure sono giocati in modo diverso nelle varie agiografie dei santi, permettendo a Leone di tracciarne una sorta di tipologia, e soprattutto risultano progressivamente precisate dalle narrazioni e illustrazioni successive delle loro biografie, che come mostra brillantemente l’autore, trascelgono con progressiva consapevolezza i temi forti che ne fanno dei modelli di spiritualità e degli esempi da imitare.
Non si può non restare impressionati dalla ricchezza della ricerca filologica, bibliografica e iconografica che l’autore utilizza e dalla finezza con cui questi materiali particolarmente abbondanti e complessi sono esaminati per interrogare gli effetti di senso che li motivano. Anche se la terminologia semiotica è assai parcamente impiegata e non si ostentano mai i tecnicismi della tecnica semiotica, lo sguardo dell’autore, i suoi obiettivi teorici, le domande che vengono poste ai testi esaminati sono tipicamente semiotici. E riguarda profondamente la teoria semiotica il rapporto complesso che viene proposto fra lavoro storiografico e indagine di semiotica della cultura, visti come complementari e chiamati a integrarsi e interagire. Che la semiotica non sia un fine a se stessa, che la sua applicazione del principio di pertinenza nell’esame dei testi debba essere coordinato con l’esigenza della rilevanza culturale esterna dei temi proposti, che in sostanza la semiotica si debba porre come una scienza sociale capace di decifrare non solo i propri oggetti costruiti ma posizioni enunciative e costruzioni ideologiche nell’ambito di progetti di conoscenza più generali, non è solo dichiarato all’inizio del testo, con invidiabile sobrietà e understatement, ma attivamente praticato in tutta la ricerca. Per questa ragione il lavoro di Leone non interesserà solamente i semiologi, ma anche gli storici della religione e della comunicazione, i sociologi della cultura, perfino gli studiosi della comunicazione politica e in generale tutti coloro che sono interessati a capire come una visione innovativa dei rapporti collettivi (e naturalmente soprattutto della vita religiosa) si possa comunicare e imporre per mezzo di narrazioni ed exempla.