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INTRODUZIONE

Lo studio svolto indaga le modificazioni ultrastrutturali corneali dopo un trattamento di cross-linking (CXL) corneale transepiteliale mediante iontoforesi in pazienti affetti da cheratocono.

Gli accertamenti clinici e strumentali effettuati nel post-operatorio, dimostrando la sicurezza del trattamento utilizzato, l'arresto della progressione della patologia e le modificazioni istologiche dei vari strati corneali.

La microscopia corneale confocale in vivo e la tomografia a coerenza ottica del segmento anteriore (OCT) hanno permesso inoltre di studiare, nel periodo post-operatorio, l'effettiva profondità di azione del trattamento di CXL, nel contesto corneale.

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RIASSUNTO

La cornea rappresenta il primo mezzo diottrico dell'occhio. Perfettamente trasparente e priva di vasi sanguigni è costituita da sei strati.

Il cheratocono è una patologia corneale, generalmente bilaterale ed asimmetrica, che causa uno sfiancamento corneale. La progressione si verifica in età puberale e si arresta intorno all'età di circa 30-40 anni. L'evoluzione di tale patologia condiziona il mancato raggiungimento di un visus ottimale, in quanto alle modificazioni degli assi corneali corrispondono astigmatismi anche di alto grado, non correggibili con lenti tempiali. Tale situazione provoca un grave disconfort visivo per i pazienti.

Il Cross-linking (CXL) è l'unica tecnica che permette di poter intervenire tempestivamente sulla progressione dell'ectasia corneale, evitando di ricorrere a tecniche chirugiche invasive, come il trapianto di cornea, con i rischi chirurgici connessi.

La tecnica del Cross-linking del collagene corneale, sfrutta le proprietà della riboflavina combinata all'azione dei raggi UVA. Il CXL agisce sugli importanti meccanismi fisiopatologici che stanno alla base del cheratonoco; numerosi studi della letteratura dimostrano l'incremento della resistenza corneale ed il miglioramento della stabilità biomeccanica della cornea dopo CXL.

La tecnica del Cross-linking transepiteliale mediante iontoforesi è un'avanzata metodica non invasiva, in cui la riboflavina penetra all'interno dello stroma corneale, senza l'esecuzione di una disepitelizzazione corneale, come nella tecnica tradizionale di CXL epi-off.

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In questo studio sono stati valutati sette pazienti (sette occhi) che hanno eseguito il Cross-linking transepiteliale mediante iontoforesi, presso la U.O. Clinica Oculistica di Pisa. Sono stati confrontati i parametri corneali pre e post trattamento.

I controlli sono stati a una settimana, un mese, tre mesi, sei mesi ed a un anno dal trattamento.

Sono stati effettuati: l'esame alla lampada a fessura, la topografia corneale, la pachimetria, la tomografia a coerenza ottica del segmento anteriore (OCT) e la microscopia confocale corneale.

Lo studio ha dato maggior rilievo all'analisi, attraverso la microscopia confocale corneale, degli effetti del Cross-linking transepiteliale mediante iontoforesi, sugli strati corneali. E' stato inoltre calcolato lo spessore corneale in cui si riscontrano le modificazioni legate all'azione del trattamento.

Il Cross-linking mediante iontoforesi permette una drastica riduzione dei tempi di imbibizione corneale con maggiore compliance del paziente, consentendo una concentrazione di riboflavina nello stroma più elevata rispetto all'imbibizione che si riscontra nella tecnica transepiteliale.

Si è dimostrata essere una tecnica sicura, di facile esecuzione con assenza di dolore post-operatorio per il paziente.

Il cheratocono non subisce a un anno dall'intervento un'evoluzione ma una stabilizzazione dei parametri osservati dimostrando un rinforzo della struttura corneale oltre ad un miglioramento dell'acuità visiva già dopo sei mesi dal trattamento.

Dopo un anno dalla procedura, nella cornea si riscontra un'irregolarità del decorso delle terminazioni nervose subepiteliali, una perdita di cheratociti ed una graduale stabilizzazione dell'ipereflettività della matrice extracellulare dello stroma anteriore, mentre lo stroma posteriore e l'endotelio risultano immodificati.

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La profondità del trattamento studiato attraverso la microscopia corneale confocale dimostra che la linea di demarcazione è apprezzabile a circa 120 micron. Indagando lo stesso paramento attraverso la tomografia a coerenza ottica del segmento anteriore con una scansione trasversale dell'intera superficie corneale, tale parametro centralmente si amplia fino a circa 220 micron, dimostrando non una linea di demarcazione netta, come osservato nel Cross-linking epi-off.

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CAPITOLO I

LA CORNEA

La cornea (fig. 1) rappresenta la parte anteriore della tunica fibrosa del bulbo oculare, della quale costituisce solo la sesta parte in quanto la porzione rimanente è formata dalla sclera. Le due strutture contigue sono intimamente connesse tra loro per una vera fusione di tessuti, ma la cornea possiede un raggio di curvatura inferiore per cui appare leggermente protrudente in avanti. Vista anteriormente ha una forma leggermente ellittica con il diametro maggiore orizzontale lungo 11,7 mm contro i 10,6 mm del diametro minore e un diametro variabile dal limbus dov'è più spessa (0,67 mm) alla porzione centrale e più anteriore, la più sottile (0,52 mm).

Fig.1 Cornea

La sua parte posteriore aderisce alla sclera con la giunzione sclerocorneale formando un solco detto limbus (fig. 2). La cornea è priva di vasi sanguigni ma le sostanze le vengono fornite tramite i vasi del limbus, i rami delle arterie ciliari anteriori e dall'umore acqueo che giunge a contatto con la sua faccia posteriore.

Gli spazi interstiziali, comunicanti tra loro, delimitati dalle lamelle corneali comunicano con i rispettivi spazi interstiziali della sclera e con i vasi linfatici della congiuntiva bulbare.

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STRUTTURA

La cornea è suddivisa in sei strati (fig. 3), dal più esterno al più interno sono: 1. Epitelio corneale

2. Lamina di Bowman

3. Stroma o parenchima corneale 4. Strato di Dua

5. Membrana di Descemet 6. Endotelio

Fig.3 Strati corneali

Lo strato più superficiale della cornea è l'epitelio corneale, spesso circa 50 μm, cioè circa un decimo dello spessore totale. E un epitelio pluristratificato (5-6 strati), con cellule piatte nei primi due strati, poliedriche nei successivi due o tre e allungate, quasi cilindriche, negli ultimi due. Le cellule sono unite tra loro da giunzioni serrate e quelle più superficiali presentano numerosi microvilli visibili solo al microscopio elettronico.

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Sotto l'epitelio corneale si trova lo strato di Bowman o membrana limitante anteriore.

E' spessa circa 12 μm e formata da fibre collagene immerse in una matrice di proteoglicani.

Il terzo strato è lo stroma corneale, di 500 μm, forma il 75-90% dello spessore totale della cornea. Questo strato è costituito da circa 200 lamelle spesse appena 2 μm e larghe da poche decine a qualche centinaio di micrometri, formate da fibre collagene di tipo I parallele tra loro. Tra una lamella e l'altra sono presenti dei caratteristici fibroblasti dalla forma dendritica, i cheratociti, che formano una sorta di rete e maglie larghe tra uno strato lamellare e il successivo. Lo spessore delle fibre collagene tende ad aumentare dalla zona centrale dirigendosi verso il limbo e l'età contribuisce all'ispessimento della cornea. Gli strati lamellari permettono il passaggio della luce perche le loro fibrille sono più piccole della lunghezza d'onda della radiazione elettromagnetica che le attraversa, inoltre sono precisamente distanziate tra loro e la dispersione è ridotta al minimo dato che le fibrille collagene determinano interferenza distruttiva in tutte le direzioni, tranne in quella anteriore.

Lo strato di Dua ha uno spessore di appena 15 μm e si trova tra lo stroma e la membrana di Descemet.Il nuovo strato scoperto nel 2013 soprannominato Strato del Dua, dal professore Harminder Dua, suo scopritore.

L'infiltrazione di microbolle di aria tra i vari strati corneali ha evidenziato la presenza di questo strato che potrebbe avere un ruolo rilevante nella patologenesi di malattie che coinvolgono il segmento posteriore della cornea stessa.

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Il quinto strato è la membrana del Descemet o membrana limitante posteriore, con uno spessore variabile di 4-12 μm, tende a ispessirsi proporzionalmente all'età. E' dotata di elevata elasticità, anche se non presenta fibre elastiche. Sia la sua superficie anteriore che quella posteriore sono scarsamente aderenti rispettivamente allo stroma e all'endotelio.

L' endotelio corneale è il sesto e più profondo strato della cornea. Si tratta di un singolo strato di cellule piatte e dalla forma esagonale, con nuclei allungati orizzontalmente.

Le sue cellule sono strettamente adese tra loro grazie a interdigitazioni che si dipartono dalle porzioni laterali delle loro membrane plasmatiche, coadiuvate da giunzioni serrate e giunzioni comunicanti.

Il suo compito è essenzialmente quello di fungere da filtro posteriore per gli strati superiori della cornea, è inoltre il principale responsabile della sua idratazione. Con la sua funzione di pompa attiva garantisce la trasparenza della cornea.

La cornea è innervata da piccoli rami mielinizzati del nervo oftalmico che in parte formano un plesso profondo sopra l'endotelio, in parte attraversano

l'endotelio corneale e si proiettano perpendicolarmente nello stroma per poi

formare un plesso al di sotto dell'epitelio corneale. Un ultimo plesso sottobasale è costituito da quei piccoli nervi che attraversano la membrana limitante anteriore e si proiettano come terminazioni nervose libere tra le cellule epiteliali; tali assoni presentano caratteristiche espansioni tondeggianti. I nervi della cornea sono responsabili dei riflessi dell'ammiccamento e della lacrimazione.

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RUOLO DELLA CORNEA

La cornea è paragonabile a una lente convessa concava di potere elevato. Tale funzione ottica viene esercitata grazie alla sua perfetta trasparenza ed alla regolarità della superficie di contatto con l'aria. Infatti il film lacrimale che ricopre l'epitelio, rugoso per la presenza nello strato di un intreccio di micropliche, lo rende liscio, uniforme e di elevate qualità ottiche (fig. 4). La trasparenza è la proprietà fondamentale della cornea stessa ed è resa possibile dall' assenza di vasi, dalle caratteristiche strutturali dello stroma e da alcuni meccanismi fisiologici che ne assicurano il ricambio idrico e ne impediscono l'imbibizione.

La cornea ha inoltre la capacità di imprimere alle radiazioni luminose che raggiungono l’occhio la convergenza necessaria ad essere deviate sul cristallino e messe a fuoco successivamente sulla retina.

Svolge anche un'importante funzione protettiva da parte di abrasioni e patogeni nei confronti delle strutture poste più in profondità. L’occhio infatti è esposto a traumi ed infezioni e la cornea funge da barriera fisica per proteggerlo da agenti esterni e filtra i raggi ultravioletti della luce solare più dannosi, che altrimenti danneggerebbero il cristallino e la retina.

La sua funzione protettiva su abrasioni e agenti patogeni preserva le strutture poste più in profondità.

L’occhio infatti è esposto a traumi ed infezioni e la cornea funge da barriera fisica per proteggerlo da agenti esterni e filtra i raggi ultravioletti della luce solare più dannosi, che altrimenti danneggerebbero il cristallino e la retina.

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CAPITOLO II

IL CHERATOCONO

I pazienti presi in esame presentano tutti una diagnosi di cheratocono ed erano seguiti nel tempo con visite oculistiche ed esami diagnostici che ne verificassero l'evoluzione.

Fig.5 Curvatura corneale

La cheratectasia progressiva è il risultato di una malattia corneale progressiva o una sequela di chirurgia refrattiva. Il cheratocono è la condizione patologica dove più frequentemente si riscontra un progressivo sfiancamento corneale,

più tipicamente inferiore rispetto al centro della cornea, con possibile

assottigliamento corneale, miopia indotta e astigmatismo regolare o irregolare (fig. 5).

L'eziopatogenesi del cheratocono è ancora in fase di ricerca e può essere la manifestazione finale di diversi processi patologici. Con una migliore

comprensione della malattia, nuove modalità di imaging nonche l'avvento

della chirurgia refrattiva, che nei suoi esami preliminari analizza le curvature corneali, viene diagnosticata molto più spesso e molto prima rispetto al passato.

La prevalenza del cheratocono varia ampiamente a seconda della posizione geografica, i criteri diagnostici utilizzati, e la coorte di pazienti selezionati. La prevalenza dei vari studi può variare da 0,3 per 100.000 in Russia [1] a 2300 per 100.000 in India centrale [2] (0,0003%-2,3%). Il primo studio basato

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sulla popolazione fu eseguito da Hofstetter [3] utilizzando un disco Placido e riportò un'incidenza di 600 per 100.000.

La prevalenza più citata è 0,054% in Minnesota, USA dal Kennedy et al. [4], dove è stata utilizzata la cheratometria per la diagnosi.

I fattori ambientali possono contribuire alla ampia variazione della prevalenza. Posizioni geografiche con tanto sole e caldo come l'India [2] e il

Medio Oriente [5-6] hanno maggiore prevalenza di località rispetto a climi

più freschi e meno sole, come la Finlandia, [7] La Danimarca, [8] Minnesota, [4] Giappone, [9] e la Russia. [1]

La luce ultravioletta e lo stress ossidativo indotto, che le cornee con cheratocono non sono in grado di gestire in maniera ottimale, possono avere un ruolo determinante nella presentazione della patologia.

Il Cheratocono è una malattia generalmente bilaterale con coinvolgimento spesso asimmetrico, segni e sintomi sono molto variabili e dipendono principalmente dalla severità della malattia e dalla localizzazione dell'apice del cono (fig. 6).

Fig.6 Forma anteriore della cornea

Rarissima la forma congenita, è raro nell’infanzia, il cheratocono ha classicamente il suo esordio alla pubertà (tra i 12 e i 20 anni di età) con tendenza alla progressione fino al terzo quarto decennio di vita, quando di solito si arresta.

I sintomi che vengono descritti dal paziente sono generalmente legati a una visione non nitida per una distorsione delle immagini alla ricerca di un “fuoco migliore” socchiudendo gli occhi.

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Tale condizione si può associare a una fotofobia accentuata rispetto alla norma e una visione notturna condizionata da aloni attorno alle luci risultando oblunghe e distorte creando problemi soprattutto alla guida (fig. 7). Nella condizione descritta il paziente spesso prova cambiando gli occhiali a migliorare la propria qualità visiva condizionata invece dai disturbi legati al cheratocono e dall'evoluzione della patologia stessa.

Fig.7 Sinistra: visione normale; Centro: visione con cheratono iniziale; Destra: visione con cheratocono avanzato

La storia naturale della malattia è variabile. Il grading di gravità della malattia al momento in cui si blocca la sua progressione (fig. 8), può variare dalla presenza di un astigmatismo irregolare molto lieve ad alterazioni importanti come una grave ectasia e cicatrici che possono richiedere la cheratoplastica. [10]

Prevedere la progressione e l'evoluzione di tale patologia rimane tuttora uno dei limiti della tecnologia attualmente a disposizione, spesso la progressione è lenta e trova un assestamento intorno ai 40-50 anni; in alcuni casi lo sfiancamento può essere talmente precoce e rapido da richiedere una terapia chirurgica prima della maggiore d'età.

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Dal punto di vista strutturale corneale l'esame patologico di campioni di cheratocono mostra l'epitelio irregolare, rotture nello strato di Bowman e presenza all'interno delle rotture di materiale fibroso che si estende al di sotto dell'epitelio.

Con l'edema si notano le rotture dello strato della membrana di Descemet, con arricciamento della stessa verso l'interno, che è altrimenti normale.

Attraverso l'esame con la lampada a fessura nel cheratocono avanzato sono patognomici l'assottigliamento corneale e le linee di Vogt (fig. 9).

L'assottigliamento è visualizzato con un'area di differente spessore corneale tra la porzione centrale e quella periferica dove è localizzato il cono.

Le linee di Vogt sono linee oblique o verticali dello stroma corneale e della Descemet corrispondenti alla parte profonda sottostante l'apice del cono, seguono il meridiano a curvatura più elevata.

Fig.9 Segni alla lampada a fessura di cheratocono avanzato

La microscopia elettronica mostra un diminuito spessore della cornea con meno lamelle. Le fibrille collagene nelle lamelle sono ispessite al centro ed è maggiore lo spazio tra le fibrille [11].

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CAPITOLO III

IL CROSS-LINKING: STORIA E MECCANISMI DI AZIONE

L a storia del cross-linking (X Linking), generalmente inteso come induzione di “cross-links” (legami chimici crociati) trova le sue radici negli effetti del tannino per la trasformazione delle pelli fresche in materiali invecchiati di alta durata. L'impiego del tannino è la prima forma di cross-linking utilizzata dall'uomo, questo infatti combinandosi con le proteine formava legami chimici altamente resistenti ed in grado di ritardare il deterioramento dei materiali nel tempo.

Il primo utilizzo del cross-linking di impiego clinico in Medicina e Chirurgia fu nel campo della odontoiatria e nella cardiochirurgia negli anni '70. Il principio dell' X-linking mediante raggi UVA veniva usato per la fotopolimerizzazione e l'indurimento istantaneo di resine e polimeri per la ricostruzione dentale e per ridurre la calcificazione dei lembi valvolari nella valvuloplastica cardiaca.

Nel cross-linking foto-ossidativo il principio base è quello della fotopolimerizzazione: l'irradiazione UV-A ad una determinata lunghezza d'onda emessa su di una sostanza fotosensibile determina il rilascio di specie reattive dell'ossigeno in grado di indurre la formazione di legami covalenti crociati (cross-links) con un meccanismo di tipo essudativo.

Di cross-linking se ne conoscono vari tipi: Enzimatico (lisil-ossidasi), Chimico (aldeidi, zuccheri, alcol, etc), Fisico (raggi UV, radiazioni ionizzanti), Fotochimico (Raggi UVA e B e sostanze chimiche).

A quest'ultima tipologia appartiene il cross-linking fotossidativo risultato di una ricerca che ha inizio nel 1990 destinato a identificare i legami biologici che potevano rafforzare il collagene corneale.

Alcuni ricercatori presso l'Università di Dresda osservando dei pazienti diabetici notarono che raramente questi sviluppano il cheratocono, perchè

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grazie a una glicosilazione cross-linking mediata si ha un rafforzamento del tessuto stromale corneale.

Il loro obiettivo di ricerca fu quello di indurre un simile effetto di reticolazione in cornee dei non diabetici utilizzando la luce ultravioletta. Il risultato finale è stato una procedura che utilizza riboflavina e un'irradiazione di 370 nm UVA per indurre un cross-linking (CXL) tra le fibrille del collagene, a livello dello stroma corneale.

Il trattamento CXL per il cheratocono progressivo con riboflavina e UVA è stato introdotto con successo da Wollensak et al. in Germania nel 2003 ed è attualmente diventato lo standard [12]. La Riboflavina grazie alla sua struttura (Fig. 10) funge da fotosensibilizzante ed aumenta l'assorbimento UVA aumentando l'efficacia del processo di reticolazione ma fornendo anche una schermatura maggiore alle strutture oculari profonde da un eccessivo apporto di UVA [13].

La Riboflavina viene stimolata dalla luce UVA di 370 nm che corrisponde ad uno dei picchi di assorbimento della riboflavina stessa. La riboflavina eccitata in stato di tripletta a questa lunghezza d'onda e rilascia particelle di ossigeno altamente reattive. Queste particelle reagiscono con le molecole circostanti e, tra le diverse interazioni non specifiche, portano alla formazione di legami crociati che consistono in legami covalenti intra e interfibrillari (fig. 10).

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La cornea con il film di riboflavina possono essere considerati un sistema a due compartimenti, in cui la soluzione di riboflavina rappresenta la parte integrante della procedura di reticolazione (fig. 11) [14-15].

Fig.11 Irraggiamento con UVA della Riboflavina ed effetti sul collagene

Rispetto alle altre metodiche mini-invasive quali gli anelli intrastromali (INTACS), la chirurgia con laser ad eccimeri, che non sono in grado di bloccare la cheratectasia rivolgendosi esclusivamente alla cura degli effetti rifrattivi del cheratocono, il CXL del collagene si rivolge alla prevenzione ed alla cura di alcuni tra i più importanti meccanismi fisiopatologici alla base del cheratocono. Infatti sono stati dimostrati numerosi effetti: un effetto di incremento sulla resistenza e sulla stabilità biomeccanica della cornea, un effetto di aumento del diametro fibrillare del collagene, un effetto anticollagenasico, un effetto apoptotico di bonifica dei cheratociti degenerati dello stroma anteriore ed intermedio seguito da un ripopolamento cellulare che parte dagli strati corneali profondi (cellularmente integri).

Il meccanismo ripopolativo è alla base della durata nel tempo del fenomeno di cross-linking studiato dall'equipe di ricercatori di Dresda, ben superiore al tempo di rinnovamento del collagene corneale che si completa in 24-36 mesi.

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Questa durata nel tempo potrebbe essere la chiave di volta del trattamento: nuove cellule cheratocitarie “sane” condizionano la formazione di collagene non patologicamente privo di legami intrafibrillari (quindi normali) che nel lungo periodo rimpiazzano il collagene cross-linkato (fig. 12).

Fig.12 Legami del collagene

Studi di follow-up a lungo termine sulla CXL riguardanti la tecnica standard che comporta disepitelizzazione (epi-on) per consentire una maggiore penetrazione della riboflavina nello stroma [16], hanno evidenziato un rischio più elevato di infezione della cornea [17] così come un dolore postoperatorio e il possibile calo del visus per i primi mesi dopo il trattamento [18].

Un passo avanti nella terapia del CXL, per evitare queste possibili complicanze postoperatorie, è stato fatto con l'introduzione di una tecnica innovativa, il cross-linking transepiteliale (TE-CXL).

Prima di approdare alla tecnica del TE-CXL è stata testata l'efficacia della riboflavina senza rimozione epiteliale trattando occhi in preoperatorio con benzalconio cloruro e acido etilendiamminotetraacetico per 3 ore (Leccisotti e Islam 2010) [19]. Kanellopoulos ha suggerito di creare a 100 micron una profonda tasca intrastromale per iniettare la soluzione di riboflavina nella tasca combinata con una maggiore irraggiamento UVA di 7 mW/cm² per 15 min e i primi risultati erano stati promettenti [20].

Ma la metodica standard nel protocollo del CXL-transepiteliale attualmente utilizzato impiega una soluzione di riboflavina appositamente formulata (RICROLIN TE; SOOFT, Montegiorgio, Italia) in cui due stimolatori (cioè, trometalolo e sodio dell'acido etilendiamminotetraacetico) vengono aggiunti per aiutare alla riboflavina la penetrazione nello stroma corneale.

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L'approccio transepiteliale può ridurre il dolore postoperatorio e il rischio di infezione [21]. Tuttavia, i risultati di TE-CXL sono limitati in quanto non hanno raggiunto la stessa efficacia del CXL standard, spesso a causa di inadeguata penetrazione della riboflavina [22]. Inoltre questa metodica viene attuata in cornee sottili (sotto 400 micron).

Ma l'uso di esaltatori non può essere l'unico modo per aumentare la penetrazione della riboflavina attraverso l'epitelio.

In dermatologia viene utilizzata la iontoforesi, per migliorare la penetrazione del farmaco ionizzato (fig.13), usando una piccola carica di corrente elettrica. I risultati preclinici avevano dimostrato che sfruttando tale metodica si riesce ad aumentare la penetrazione di riboflavina nello stroma corneale rispetto al cross-linking transepiteliale [23] dimostrandone i cambiamenti istologicamente [24].

La Riboflavina è solubile in acqua, ha carica negativa, è una molecola molto piccola con un peso molecolare 376.40 g/mol, che la rende una molecola adatta per il crosslinking tramite iontoforesi (I-CXL).

Fig.13 Principio iontoforesi

Inoltre, il tempo totale di somministrazione mediante iontoforesi è di 10 min, che riduce significativamente la durata del procedimento rispetto agli altri metodi transepiteliali [19].

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CONTROINDICAZIONI AL CROSS-LINKING

Il trattamento di CXL tradizionale richiede uno spessore corneale minimo di 400 nm, pazienti con cornee più sottili di tale spessore non dovrebbero essere sottoposti a causa di possibili alterazioni delle cellule endoteliali.

Il CXL non può essere esteso a pazienti con precedente intervento di chirurgia refrattiva incisionale (cheratotomia radiale). Altre controindicazioni includono tutte le opacità corneali centrali, occhi con pregressa storia di cheratite erpetica. Sono da escludere dal trattamento inoltre soggetti con marcate strie di Vogt a distribuzione o pattern reticolare o intrecciate evidenti all'esame della cornea mediante microscopia confocale per il potenziale sviluppo di haze corneale post-operatorio.

Fig.14 Dark strie reticolari

Altre controindicazioni sono le pazienti in gravidanza, allattamento ed i pazienti con malattie autoimmuni.

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CAPITOLO IV

SCOPO DELLO STUDIO

Lo studio ha analizzato l'effettiva riproducibilità e sicurezza della tecnica del cross-linking corneale tramite iontoforesi, procedura che consente una sensibile riduzione dei tempi rispetto alla tecnica standard di cross-linking transepiteliale.

Lo scopo dello studio è poter verificare ad un anno dal trattamento di CXL, l'effettivo arresto della progressione del cheratocono, con analisi del visus e dei parametri corneali degli occhi dei pazienti trattati.

Grazie alla microscopia corneale confocale è stato possibile stabilire la capacità del trattamento di penetrazione all'interno dello stroma corneale. E' stato inoltre valutato se i risultati ottenuti dalla microscopia confocale e dall'Oct del segmento anteriore sono sovrapponibili per la valutazione di quest'ultimo parametro.

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CAPITOLO V

MATERIALI E METODI

Hanno preso parte allo studio sette pazienti (7 occhi) 5 maschi e 2 femmine di età compresa tra i 15 e i 30 anni. I criteri di inclusione erano una diagnosi di cheratocono progressivo dimostrato e uno spessore corneale maggiore o uguale a 400 µm.

Tutti i pazienti hanno firmato il consenso informato alla procedura chirurgica e sono stati sottoposti a I-CXL presso la U.O. Oculistica Universitaria dell' Az. Osp. di Cisanello (Pisa, Italia).

I parametri che indicano la progressione del cheratocono sono stati sempre dimostrati con topografie corneali a distanza di almeno 3 mesi.

Per attestare un'effettiva progressione della malattia si è verificato una differenza di almeno 0,5 D nei sim-K corneali studiati attraverso topografia corneale e riduzione del visus di almeno una riga Snellen.

I criteri di esclusione sono stati una storia di cheratite erpetica, occhio secco, grave infezione corneale e oculare concomitante o malattia autoimmune sistemica, la gravidanza o l'allattamento, la presenza di opacità centrali o paracentrali, una storia di scarsa compliance e l'uso di lenti a contatto rigide per più di 4 settimane prima della valutazione di base.

Ad ogni follow-up è stata valutata la distanza di acuità visiva corretta (CDVA), eseguita refrattometria, topografia corneale, pachimetria e conta delle cellule endoteliali, microscopia confocale (Confoscan 4 Nidek), Oct del segmento anteriore (Topcon 3D 1000) oltre che un esame con lampada a fessura.

I seguenti parametri morfologici sono stati valutati tramite microscopia confocale: epitelio, plesso nervoso subepiteliale, apoptosi dei cheratociti, cambiamenti stromali anteriori, valutazione dello stroma posteriore e dell'endotelio.

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PROCEDURA CROSS-LINKING

Il raggio interno dell'applicatore usato nella iontoforesi corneale (Iontofox-CXL) è di 0,4 cm, l'intensità della corrente (CI) impiegata è di 1mA, pertanto l'area di superficie misura 0,5 cm². Da questi dati risulta che la densità di corrente è 2 mA/cm². La soglia di tollerabilità della cornea, come documentato in letteratura, risulta compresa tra 5-20 mA/cm², pertanto il sistema iontofor CXL risulta ampiamente al di sotto dei livelli di sicurezza della metodica.

L'intervento di cross-linking tramite iontoforesi è stato condotto in anestesia topica con due applicazioni di 4% di lidocaina gocce ogni 5 minuti, nei 15 minuti precedenti l'intervento.

Prima della procedura, è stato somministrata pilocarpina gocce al 2%, 1 goccia ogni 5 minuti nei 20 minuti che precedono l'intervento, per ridurre la quantità di luce ultravioletta che potesse raggiungere la retina. E' stato applicato il coperchio speculum oculare, il dispositivo iontoforesi per l'applicazione dulla cornea utilizzando un anello di aspirazione (fig.15).

Fig.15 Posizionamento anello di suzione

La soluzione di riboflavina utilizzata è stata specificamente progettata per I-CXL, composta da 0,1% riboflavina addizionata da due esaltatori: etilendiamminotetraacetico e trometamolo (RICROLIN + ; SOOFT).

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L'elettrodo iontoforesi corneale è stato riempito con circa 0,5 ml di riboflavina soluzione dal lato prossimale aperto fino a quando non è stato coperto.

Fig.16 Procudura crosslinking tramite iontoforesi

Il dispositivo è stato poi collegato ad un generatore di corrente costante (I-ON XL) fissato a 1 mA (la dose totale di 5 mA/5 minuti è monitorato dal generatore) (fig.16 e fig.17). Successivamente, la cornea è stata irradiata ad una distanza di lavoro 45 mm con una lampada ultravioletta di 10 mW (UV-X 2000; IROC Innocross AG, Zug, Svizzera) per 9 minuti.

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Entrambi anestetici topici sono stati aggiunti, se necessario durante l'irraggiamento. Durante l'irradiazione UV-A quando la cornea presentava la tendenza ad asciugarsi è stato utilizzato BSS per mantenerla idratata.

Durante la procedura, non vi è alcuna pressione sul bulbo oculare, l'occhio è a diretto contatto con la soluzione riboflavina.

La procedura è completamente confortevole per il paziente e facile da eseguire per il medico. Immediatamente dopo il trattamento è stato applicato antibiotico collirio monodose, soluzione oftalmica lubrificante con aminoacidi e riboflavina ed applicata una lente a contatto terapeutica per 1 giorno.

Nella terapia post-trattamento sono stati prescritti aminoacidi per os, ofloxacina collirio monodose (1-2 gocce per 4 volte al di per 7 giorni) e soluzione oftalmica lubrificante con aminoacidi e riboflavina (1-2 gocce per 4 volte al di per almeno 6 mesi).

Le visite nel follow up post-operatorio a un giorno, una settimana, un mese, tre mesi, sei mesi e un anno sono stati eseguiti per lo studio della migliore acuità visiva corretta, della rilevazione e confronto dei parametri corneali (sim K, avg e cyl), dello spessore corneale e dell'individuazione della linea di demarcazione del trattamento; servendosi della lampada a fessura, del pachimetro, del topografo corneale, del microscopio confocale e dell' OCT del segmento anteriore.

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LAMPADA A FESSURA

La lampada a fessura (fig. 18) è composta da un microscopio a basso potere accoppiato a una sorgente luminosa ad alta intensità, tale sorgente può essere sfruttata variandone il calibro per illuminare tutte le zone esaminate.

Tale strumento permette di esaminare con precisione congiuntiva, palpebre, iride, cristallino, slera e cornea.

La cornea valutata attentamente nello studio condotto, attraverso una colorazione con fluorescina è possibile evidenziare possibili irregolarità nella sua faccia esterna e aumentando l'ingrandimento del microscopio si può meglio visualizzare una zona o osservare in retroilluminazione la porzione posteriore della stessa.

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PACHIMETRIA

Il pachimetro (fig. 19) rileva lo spessore corneale che normalmente nella sua porzione centrale è tra i 520 e i 550 µm. La pachimetria può essere determinata tramite vari tipi di stumento: pachimetro ad ultrasuoni; pachimetro laser; pachimetro ottico. Per le nostre misurazioni è stato usato un pachimetro ottico che ci ha permesso di poter valutare lo spessore iniziale per soddisfare uno dei parametri per l'arruolamento dei pazienti ovvero lo spessore corneale minimo di 400 µm e per la possibilità di variazione dello spessore corneale dopo l'intervento.

Fig.19 Pachimetro

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TOMOGRAFIA A COERENZA OTTICA DEL SEGMENTO

ANTERIORE

La tomografia a coerenza ottica (Optical Coherence tomography, OCT) è una tecnica diagnostica per immagini utilizzata nella clinica dal 1995 ma sviluppata sin a partire dal 1992.

Questo strumento riuscendo a misurare l'eco e l'intensità della luce diffusa o riflessa dalle strutture analizzate fornisce delle immagini ad alta risoluzione sotto forma di sezione trasversale o tomografica. Il principio utilizzato è paragonabile alla ultrasonografia ma sfruttando la luce invece degli ultrasuoni.

Il vantaggio dell'OCT rispetto all'ecografia dipende dalle dimensioni delle onde utilizzate per svolgere l'esame, infatti per le onde luminose la lunghezza d'onda è variabile tra 820 e 870 µm rispetto alle onde acustiche dell'ecografia consentendo di rilevare risoluzione di immagini fino a 4 µm.

Le profondità di imaging non sono così profonde come nell’ecografia ma la risoluzione di OCT è maggiore fino a 100 volte rispetto a quella dell’ecografia clinica standard e l'ingrandimento risulta essere paragonabile a un microscopio ottico a basso ingrandimento.

E' una tecnica non operatore dipendente che visualizza in tempo reale, in situ,

le microstrutture tissutali potendo misurare l'immagine ottenuta con 3-5μm di

risoluzione assiale e 20 μm per la risoluzione trasversale.

Trova la sua applicazione in oculistica nel poter esaminare in sezione trasversa la retina e il segmento anteriore dell'occhio.

L'OCT riesce a rilevare l’intensità degli echi luminosi retrodiffusi utilizzando un interferometro. A partire da una sorgente luminosa a banda larga viene prodotto un raggio che viene separato in due da uno specchio semiriflettente. Un fascio si dirige verso il tessuto, mentre l’altra va verso uno specchio di

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riferimento a lunghezza nota. I fasci luminosi provenienti dal braccio di riferimento e dal braccio di esplorazione, ricombinandosi generano un nuovo fascio luminoso, con caratteristiche diverse a seconda del grado di "coerenza" della luce proveniente dai due specchi; da questo deriva la "C" nell'acronimo che identifica l' OCT.

I tessuti del campione esaminato producono echi luminosi retrodiffusi che si combinano con il fascio luminoso di riferimento e l’intensità del segnale in uscita viene rilevata da un fotorivelatore.

Questo è il tipico funzionamento di un TD OCT (Time Domain OCT).

In questo tipo di strumento la lunghezza del braccio di riferimento veniva variata, per verificare se, alla corrispondente profondità, nel braccio di esplorazione c'erano tessuti riflettenti che potevano generare un'interferenza costruttiva.

Questi strumenti richiedevano parti meccaniche in movimento durante l'esame, e le scansioni erano piuttosto lente, sgranate, ed influenzate dai movimenti oculari.

Nei più moderni strumenti OCT (Fourier Domain OCT, o Spectral Domain OCT) utilizzati dal 2006 sono state eliminate le parti meccaniche in movimento durante l'esame, o variando la lunghezza d'onda della sorgente luminosa, oppure utilizzando uno spettrometro che analizza le differenze di

lunghezza d'onda nel braccio di riferimento ed in quello di esplorazione (fig.

20).

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Il tomografo utilizzato in questo lavoro è l’OCT Topcon 3D 1000 (fig. 21) , un OCT Spectral Domain, che grazie al software per il segmento anteriore è in grado di eseguire una analisi dettagliata della cornea e delle strutture circostanti.

Per eseguire l’OCT i pazienti sono stati posizionati davanti all’ottica dello strumento con il mento e la fronte appoggiati negli appositi spazi in modo da limitare i movimenti.

Grazie all'apposito software per il segmento anteriore è stato possibile scansionare la cornea ed individuare lo spessore del trattamento all' interno del tessuto corneale, misurabile dall'operatore tramite calliper.

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TOPOGRAFIA CORNEALE

La topografia cornale è l'esame di elezione per la diagnosi anche precoce e per riuscire a documentare la progressione del cheratocono.

L'apparecchiatura sfrutta la proiezione degli anelli a diametri differenti del disco di Placido, che il paziente fissa seduto davanti allo stesso, e tramite i dati ricavati dalla riflessione sulla cornea degli anelli e trasducendo i dati da appositi software e algoritmi si ottengono mappe topografiche corneali in grado di analizzare la forma, asimmetria e irregolarità dell'astigmatismo, alterazioni corneali di diverso tipo (cheratocono, degenerazione marginale pellucida, cheratoglobo, warpage da lenti a contatto, cicatrici e lesioni corneali).

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MICROSCOPIA CONFOCALE

La microscopia confocale risulta essere una tecnica ottica principalmente utilizzata per lo studio tridimensionale di strutture biologiche isolate o in situ. La microscopia confocale corneale è un esame diagnostico di ultima generazione che non procurando eccessivo fastidio al paziente consente di visualizzare immagini di tutti gli strati corneali ingrandite di 1000 volte.

Tramite questo è possibile studiare in vivo sia gli strati corneali che il limbus sclerocorneale. Le indicazioni più frequenti per l'esecuzione dell'esame riguardano il cheratocono, le distrofie corneali, le cheratiti, le ulcere corneali, lo scompenso corneale e il trapianto di cornea.

Il microscopio confocale, i cui principi e basi teoriche risalgono al 1957 a Marvin Minsky, è un microscopio ottico che si basa su una tecnologia volta ad aumentare la risoluzione spaziale del campione studiato eliminando gli aloni dovuti alla luce diffusa dai piani fuori fuoco.

Lo strumento è composto da un normale microscopio a trasmissione a cui viene sovrapposto un apparato che si occupa di illuminare e rilevare l'immagine di un campione illuminato con una scansione punto a punto.

Il termine confocale descrive la caratteristica di questo microscopio, in cui il punto d’osservazione e la fonte d’illuminazione convergono su un unico punto “common focal point”.

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PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO

Il sezionamento ottico di un sistema biologico consiste nella raccolta di una serie di immagini di piani paralleli, spostando il fuoco dell’obiettivo lungo un asse che generalmente coincide con l’asse di propagazione della luce.

Per ottenere una perfetta rappresentazione di un singolo piano del campione, si dovrebbe idealmente raccogliere soltanto la luce proveniente da quel particolare piano; poiche tuttavia, anche i piani sovrastanti e sottostanti emettono luce, vi è una perdita di nitidezza dell’immagine.

Il metodo che permette la formazione dell’immagine in un microscopio confocale si diversifica infatti da quello di un microscopio convenzionale perchè mentre nel convenzionale il fascio di illuminazione investe l’intero campione e forma istantaneamente l’immagine, nel primo la luce proveniente dalla sorgente illumina l’oggetto in un solo punto per volta ed è necessaria una scansione per formare l’immagine finale.

L’uso di questa tecnica permette di raggiungere risoluzioni assiali molto ridotte. Per tale motivo un’immagine così ottenuta viene comunemente chiamata “sezione ottica”, in riferimento al fatto che è possibile indagare il

campione nelle tre dimensioni spaziali con un metodo non invasivo.

La chiave del successo della tecnica confocale consiste nella rimozione delle interferenze provenienti dai piani adiacenti a quello ove si è focalizzati, mediante l’uso del cosiddetto pinhole.

La microscopia confocale usa, per eccitare le molecole, una sorgente luminosa molto intensa, il laser. La luce emessa dai fluorocromi eccitati dal laser viene catturata dalle lenti dell’obiettivo, attraversa lo specchio dicroico e raggiunge il fotomoltiplicatore, che trasforma l’intensità luminosa in un segnale elettrico di intensità proporzionale.

Tra lo specchio dicroico ed il fotomoltiplicatore, il fascio luminoso attraversa un diaframma, o pinhole, che impedisce alla luce proveniente dalle zone fuori

(34)

fuoco di raggiungere il fotomoltiplicatore.

In questo modo solo il segnale luminoso relativo al piano di fuoco viene registrato e utilizzato nella formazione dell’immagine finale. Il risultato è un immagine poco disturbata dalla diffusione della luce delle zone non a fuoco.

Fig.23 Principio funzionamento microscopia confocale

Di fatto, oltre al pinhole per la luce emessa, viene utilizzato anche un pinhole per la luce di eccitamento, in modo da illuminare solo una porzione microscopica del campione, aumentando il contrasto.

Per ottenere la rappresentazione non di una porzione microscopica del campione ma di un intero piano, si muove il fascio di luce lungo il campione di punto in punto, in modo che tutto il piano situato alla profondità voluta venga illuminata dal fascio di luce secondo una precisa sequenza. Questo processo viene detto scansione (fig. 24).

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MICROSCOPIA CONFOCALE CORNEALE

I primi microscopi confocali corneali furono progettati con tecnologia CLSM-Confocal Laser Scanning Microscope, costruiti in Inghilterra all’inizio degli anni novanta. I pazienti dello studio sono stati sottoposti a Microscopia Confocale a luce bianca (White Light Source) con Confoscan 4 Nidek (fig. 25).

Fig.25 Confoscan 4 Nidek

L’esame di microscopia confocale corneale è semplice e veloce, lo strumento utilizzato permette, tramite una sonda sulla cui estremità viene applicato un gel (fig. 26) che si interfaccia tra la sonda stessa e la cornea, uno studio completo della stessa in circa 15 sec.

Fig.26 Sonda microscopio confocale

La lente dello strumento viene fatta avanzare dall’ operatore tramite un joystick fintanto che viene visualizzato lo strato più esterno della cornea, l’acquisizione dell’immagine ha inizio quando l’obiettivo della lente è posizionato sulla parte apicale della cornea (fig. 27).

Il fascio di luce va a colpire la cornea attraversando solo metà lente e la maggior parte della luce è convogliata nel punto focale della stessa.

Al fine di minimizzare la dispersione della luce, viene illuminata unicamente una piccola parte della cornea tramite un pinhole (una piccola fessura).

(36)

Fig.27 Posizione della sonda nella microscopia confocale corneale durante l'esame

La bassa percentuale di luce riflessa, che è comunque presente, attraversa la seconda metà della lente ed un secondo pinhole, con le stesse dimensioni del setup ottico della prima. L’immagine che se ne ottiene viene proiettata in una

telecamera ad alta sensibilità e visualizzata sul monitor. Attraverso questa

soluzione ottica tutta la luce che risulta provenire da zone fuori fuoco viene eliminata attraverso la seconda fessura: solo ciò che viene colpito direttamente viene visualizzato. Al fine di poter esaminare una vasta area i pinhole sono in movimento e possono così scannerizzare tutta la cornea. Il microscopio confocale registra una sequenza di immagini della cornea del paziente partendo dalla camera anteriore e muovendosi a ritroso attraversando tutti gli strati della cornea. Tale movimento di avanzamento e retrocessione consente di visionare l‘intera cornea. Le immagini che vengono acquisite hanno lo spessore di pochi μm e dimensioni di circa 460 x 350 μm.

Ad ogni immagine è associata una posizione nello spazio. La distanza tra le acquisizioni varia a seconda dei parametri dell’esame, varia tra i 2 e gli 8 μm. Un aspetto molto importante della microscopia è la sua profondità di campo, mantenendola piccola (pochi μm) si rende lo strumento particolarmente adatto agli studi anatomici della cornea. Una modesta profondità di campo consente una migliore qualità dell’ immagine ed un miglior posizionamento di tutte le strutture.

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Per aumentare la stabilità dell’immagine e per avere una collocazione più precisa le immagini possono essere acquisite sfruttando lo “Z-Ring System”, un sensore di posizione che è a diretto contatto con l’occhio.

Il microscopio confocale può mostrare i diversi strati delle trasparenti strutture organiche ed i tessuti della cornea con elevato ingrandimento. In media l’esame dura circa 2 minuti, con un paziente collaborante, ed il tempo di acquisizione delle immagini dai 30 ai 60 secondi.

La scansione in vivo permette una scansione dei vari strati corneali indagandone le possibili alterazioni a che strato corneale corrispondono con la possibilità di studiarne, attraverso un'alta qualità delle immagini la struttura cellulare e selezionando la zona voluta di misurarne la densità cellulare e la conta delle cellule endoteliali. Permette un ingrandimento di 800-1000X, su un’area d’immagine di 300 400 micron di lato con lenti 40X.

Fig.28 Strati corneali visualizzati con microscopia confocale: prime quattro immagini in alto: epitelio corneale, in basso da sinistra: plesso nervoso subepiteliale, stroma superficiale, stroma profondo, mosaico endoteliale.

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CAPITOLO VI

RISULTATI

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a visita oculistica e a topografia corneale almeno tre volte nei due anni precedenti all'esecuzione del cross-linking tramite iontoforesi e valutati successivamente allo stesso, con visite a 1 settimana, 1 mese, 3 mesi, 6 mesi e 1 anno.

Tutti i pazienti presi in esame hanno completato l'iter previsto dei controlli postoperatori.

Il cheratocono era classificato in base alle modificazioni date dalla topografia corneale basandosi sugli indici di stadio I-II secondo la classificazione di Krumeich (fig.29).

STADIO 1

Miopia e/o astigmatismo < 5 D

K reading max <48 D Pachimetria > 500 micron

STADIO 2

Miopia e/o astigmatismo >5 D Miopia e/o astigmatismo <8 D K reading max < 53 D No cicatrici corneali Pachimetria > 400 micron STADIO 3

Miopia e/o astigmatismo indotto > 8 D < 10 D K reading max > 53 D No cicatrici corneali Pachimetria 200-400 micron STADIO 4

Refrazione non misurabile K reading max > 55 D Cicatrici centrali

Spessore corneale inferiore a 200micron

Fig.29 Classificazione cheratocono di Krumeich

Quando l'analisi parametrica era possibile è stato utilizzato il t-test di student per dati appaiati, data la dimensione del campione il potere statistico è stato limitato.

I pazienti sono stati sottoposti sia nella settimana che ha preceduto il cross-linking, che nei controlli di follow up, a visita oculistica per individuazione della correct distance visual acuity (CDVA), topografia corneale, OCT del segmento anteriore, microscopia confocale corneale, pachimetria.

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L'analisi comparativa dei dati mostra come la correct distance visual acuity (CDVA) non abbia subito un miglioramento significativo nei controlli postoperatori a un mese e a tre mesi.

Alla valutazione a sei mesi dall'intevento il CDVA è significativamente migliorato, rimanendo stabile fino a un anno.

Lo studio con la topografia corneale si basa sullo studio dei parametri corneali sim K, avg e cyl (-) che hanno dimostrato un decremento nel follow up postchirurgico comunque non statisticamente significativo nei primi tre mesi. A sei mesi dall'intevento l'astigmatismo è diminuito da 3,44 ± 0,48 D a 2,95 ± 0,23 D restando stabile al controllo dopo un anno non dando variazioni significative.

I sim K a sei mesi dall'intervento presentavano una diminuzione di 0.27 D (p<0.04), l'AK passa da 57.84 D a 56.18 D (P<0.05), i valori di K1 passano da -45.54 ± 3.55 D a -44.51 ± 3.67 D (P<.001), K2 da -48.99 ± 5.41 D a -47.71 ± 4.66 D (P<.001) a sei mesi dall'intervento e rimangono stabili nei sei mesi successivi.

I paramentri corneali dimostrano una stabilità dopo 12 mesi, nessuno dei parametri della topografia mostra dei cambiamenti in peggioramento durante tutto il periodo di follow up, indicando che si è verificato una stabilizzazione del cheratocono stesso.

La pachimetria e la conta delle cellule endoteliali (2764 ± 22.18 cell/mm²) misurate tramite pachimetro ottico non mostrano variazioni statisticamente significative (p >0.05).

La linea di demarcazione del trattamento è stata studiata con microscopia confocale e OCT del segmento anteriore.

Lo studio si concentrava nel poter apprezzare fino a che profondità il trattamento agisse all'interno dello spessore corneale, misurando la linea di demarcazione, e tramite microscopia confocale analizzare le modificazioni subite dagli strati corneali.

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La linea di demarcazione stromale altro non è che la linea ipereflettente che rappresenta la zona di transizione tra lo stroma anteriore cross-linkato e lo stroma posteriore non trattato, rappresentando l'efficacia del trattamento di cross-linking [25].

All'esame del segmento anteriore tramite OCT è visualizzabile, soprattutto centralmente, come una ipereflettività non uniforme soprattutto nei settori centrali corneali ma comunque delimitabile per studiarne la profondità all'interno della cornea stessa (fig.30).

Fig. 30 Immagini OCT del segmento anteriore della linea di demarcazione (dall' alto) a: 1 mese, 3 mesi, 6 mesi e 1 anno dall'intervento

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I risultati delle scansioni con OCT del segmento anteriore mostrano che il trattamento agisce centralmente per valori 210 ± 17 µm ed in periferia la linea di demarcazione è delimitabile per valori tra 110 ± 15 µm (fig. 31).

Fig. 31 Esame OCT del segmento anteriore di un paziente sottoposto a crosslinking mediante iontoforesi con misurazione della linea di demarcazione

L'analisi degli strati corneali tramite microscopia confocale corneale mostra a una settimana e ad un mese dal trattamento la presenza di rigenerazione delle cellule intermedie, nuclei picnotici con lieve aumento della reflettività cistoplasmatica delle cellule basali e un'irregolarità dei margini cellulari. Le fibre nervose subepiteliali e stromali anteriori presenti hanno un aumento della reflettività, con maggiore tortuosità ed anomalie delle terminazioni. Lo stroma anteriore si presenta con una disposizione a nido d'ape e un'aumento della reflettività della matrice extracellulare. L'apoptosi dei cheratociti è presente fino a 120 µm (fig. 32).

Fig.32 Immagini microscopia confocale: strato epiteliale (a sinistra), fibre nervose (al centro), stroma anteriore (a destra) a un mese dal trattamento

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Dopo tre mesi le cellule epiteliali basali presentano segni di pleomorfismo e polimegatismo con bordi cellulari leggermente irregolari e un incremento della reflettività. La densità delle cellule basali e superficiali dell'epitelio mostrano un ripopolamento parziale.

Le fibre nervose sottoepiteliali sono interrotte in alcuni casi e mostrano un aumento della reflettività con alcune anomalie.

Lo stroma anteriore mostra perdita di cheratociti, distibuzione ad alveare e una maggiore reflettività della matrice extracellulare (fig. 32).

Fig. 32 Da sinistra: cellule epiteliali basali, fibre nervose e stroma anteriore dopo tre mesi dall'intervento

Dopo sei mesi dall'intervento i bordi delle cellule basali epiteliali si presentano regolari con rari fenomeni di pleomorfismo e polimegatismo. Le fibre nervose subepiteliali hanno ancora un decorso irregolare con una perdita di densità rispetto ai valori normali. Nello stroma anteriore si evidenzia uno schema a nido d'ape con una maggiore reflettività della matrice extracellulare dove è ancora presente una perdita dei cheratociti (fig. 33).

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A un anno dal trattamento le cellule epiteliali basali, alari e superficiali sono morfologicamente normali cosi come i margini cellulari. Le terminazioni nervose subepiteliali presentano ancora una irregolarità del decorso.

Lo stroma anteriore evidenzia una perdita di cheratociti e la matrice extracellulare risulta ancora iperiflettente (fig. 34).

Fig. 34 Da sinistra: stroma anteriore, decorso fibre nervose subepiteliali a un anno dall'intervento

Lo stroma posteriore come l'endotelio risultano nei limiti della norma durante tutto il follow up postoperatorio (fig. 35).

Fig. 35 Endotelio corneale a un anno dall'intervento

Nessun paziente ha sviluppato infezioni o Haze corneale dopo il trattamento di cross-linking tramite iontoforesi.

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CAPITOLO VII

DISCUSSIONE

Lo studio concentrava la sua attenzione sull'individuazione della linea di demarcazione e sullo studio delle modificazioni morfologiche corneali grazie alla microscopia confocale corneale dopo cross-linking transepiteliale mediante iontoforesi, cercando inoltre un riscontro sulla profondità del trattamento utilizzando anche l' OCT del segmento anteriore.

La linea di demarcazione stromale corneale appare evidente dopo un mese dal trattamento di cross-linking [28] e può essere visualizzata usando sia la microscopia confocale che OCT del segmento anteriore [26]. Questa rappresenta una zona di transizione ipereflettente tra una zona edematosa con poca densità cellulare e una zona più profonda con meno edema e una popolazione di cheratociti normale [27].

Tale linea analizzata per il cross-linking standard da Kymionis et al [29] confrontando i risultati ottenuti dai due strumenti utilizzati anche in questo studio, apprezzò differenze non statisticamente significative per l'individuazione della profondità del trattamento.

Nel cross-linking medianto iontoforesi, invece, in cui la linea di demarcazione non è netta come nella metodica standard, osservandosi all'OCT del segmento anteriore come una ipereflettività sfumata e più profonda centralmente la profondità del trattamento presenta delle discrepanze tra i risultati dei due strumenti.

L'OCT del segmento anteriore, esame meno invasivo e di più facile reperibilità, riesce a visualizzare la linea di demarcazione, anche se non ben delimitabile centralmente, e mostra che il trattamento agisce centralmente al

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massimo fino a 240 µm e perifericamente l'ipereflettività è presente fino a 110 ± 15 µm.

La microscopia confocale corneale nelle sezioni studiate, oltre a dimostrare una sicurezza per l'endotelio corneale, descrive un effetto apoptotico dei cheratociti con una linea di demarcazione di 120 ± 15 µm; tramite OCT del segmento anteriore centralmente di 210 ± 17 µm di profondità contro i 270-3 0 0 µm nel cross-linking standard (Seiler Hafezi 199270-3; Wollensak 2006; Mencucci et al 2010) [30-31-32] e 140 µm nel crosslinking-TE (Caporossi 2012) [32].

Dal nostro studio quindi anche se analizzando un campione ridotto si può dedurre che entrambi gli strumenti sono utilizzabili per l'individuazione della linea di demarcazione ma nello studio della cornea bisogna porre attenzione se con la microscopia confocale si stia analizzando la porzione centrale corneale o quella periferica in quanto i valori di profondità del trattamento differiscono.

Dall' analisi delle modificazioni ultrastrutturali mediante microscopia confocale a un anno dal trattamento si rilevano ancora presenti a livello dello strato epiteliale corneale basale una perdita delle giunzioni cellulari; nello stroma una perdita di cheratociti con un honeycoomb edema ed un aumento di reflettività della matrice; le fibre nervose subepiteliali si presentano ancora interrotte, tortuose e iperiflettenti.

Durante tutto il follow up post-operatorio l'endotelio e lo stroma posteriore si presentano nella norma garantendo un'integrità della cornea trattata.

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Da questa analisi si può dedurre come a differenza del trattamento standard di cross-linking dove si ha la rigenerazione completa del plesso nervoso sub-basale e un ripopolamento dei cheratociti dopo 12 mesi dall'intervento [33] nel cross-linking tramite iontoforesi dopo un anno siano ancora presenti modificazioni sia a livello del plesso nervoso subepiteliale che una perdita di cheratociti nello stroma anteriore.

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CAPITOLO VIII

CONCLUSIONI

Il I-CXL corneale si è dimostrato un metodo efficace per fermare la progressione del cheratocono, con un miglioramento dell'acuità visiva e dei parametri topografici dopo sei mesi e stabilizzazione degli stessi nel follow up a un anno.

L'analisi con la tomografia a coerenza ottica del segmento anteriore e la microscopia confocale corneale dimostrano che l'azione del cross-linking mediante iontoforesi riesce a penetrare e svolgere la sua azione a livello dello stroma corneale seppur con differenze nell'analisi della profondità tra i due strumenti a secondo se si consideri la porzione corneale centrale o periferica, non essendoci per tale trattamento una linea di demarcazione netta come per gli altri tipi di cross-linking transepiteliale.

Il trattamento si è dimostrato utile nel ridurre notevolmente il tempo della procedura, riducendo i tempi di imbibizione, risultando molto confortevole per i pazienti per il ridotto dolore postoperatorio.

L'esiguità del campione analizzato non permette di poter confrontare in maniera ottimale i risultati ottenuti con le precedenti tecniche di cross-linking dando comunque delle indicazioni importanti sull'analisi del follow up post-operatorio del trattamento stesso.

L'efficacia relativa di questa tecnica rispetto alle tecniche epitelio-off standard restano oggetto di studio prendendo in esame campioni numericamente più rilevanti.

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