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Riferendoci all’amministrazione della spesa pubblica la definizione non è così semplicistica

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Academic year: 2021

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Introduzione

Nel linguaggio comune la parola “amministrare” indica un’attività diretta alla gestione di un patrimonio, di un bene o complesso, generalmente altrui o nell’interesse del titolare, allo scopo di conservarli nello stato e valore attuali impedendone il deterioramento, e di mantenere o incrementare la capacità produttiva.

A seconda del raggiungimento di tale risultato si potrà avere una buona o cattiva amministrazione. Riferendoci all’amministrazione della spesa pubblica la definizione non è così semplicistica. La spesa pubblica consiste nell’erogazione di risorse effettuata dallo Stato e da altri enti pubblici per produrre beni o servizi necessari al soddisfacimento dei bisogni pubblici e al raggiungimento delle finalità stabilite dalla legge. Perciò l’amministrazione della spesa pubblica è un’attività molto complessa, che comporta delle decisioni di spesa influenzate da scelte di ordine non solo economico, ma anche politico e sociale.

Tra l’assetto istituzionale e il governo della spesa esiste un intreccio indissolubile e le nostre istituzioni sono risultate progressivamente incapaci di fronteggiare in modo efficace le sfide derivanti dal profondo processo di evoluzione del contesto economico.

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Tali istituzioni sono state delineate in una fase storica molto diversa da quella attuale e perciò oggi si rivelano un potente fattore di freno e di blocco delle politiche di governo della finanza pubblica e di contenimento della spesa pubblica. Inoltre il sistema istituzionale si è dovuto misurare con elementi di cambiamento e di novità, quali, a livello interno, il nuovo governo multilivello che ha ridisegnato i rapporti tra le amministrazioni centrali e quelle locali, a livello europeo, l’ordinamento interno si è dovuto adeguare alla governance economica europea e alle nuove e stringenti regole di bilancio.

La mancata realizzazione di un processo compiuto di riforme istituzionali ha indotto il sistema a rispondere in modo anomalo e ha manifestato in modo palese i limiti di un circuito decisionale della finanza pubblica che nonostante la previsione di stringenti vincoli incrociati di natura contenutistica e procedimentale, non è ancora riuscito a garantire né un’adeguata trasparenza dell’indirizzo politico finanziario sotteso alle manovre di bilancio, né un elevato grado di ordine e coerenza al complessivo processo di definizione delle priorità e di allocazione delle risorse finanziarie pubbliche. Si è inoltre dimostrato incapace di aggredire in modo incisivo le dinamiche espansive della spesa pubblica e di operare una riqualificazione della stessa, anche se in tal senso un’importante novità è rappresentata dalla

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spending review che dovrebbe comportare un miglioramento ed è

considerata al momento come l’unica strada percorribile per uscire dalla crisi.

In un conteso del genere, i controlli sulla spesa pubblica sembrano essere l’unica soluzione al problema e costituiscono un aspetto centrale e di notevole importanza.

I controlli sono connaturati all’essenza stessa della società, in quanto in uno Stato è indispensabile che il complesso delle funzioni da svolgersi nell’interesse della collettività, siano disciplinate da puntuali leggi e regole, e siano divise all’interno della società. Ma le regole molte volte non bastano. In un contesto in cui interessi egoistici tendono generalmente a prevalere rispetto a quelli collettivi, è necessario predisporre un sistema di controlli, affinché la paura di essere “punito” imponga di agire correttamente.

La funzione di controllo sulla spesa pubblica è presente in Costituzione. Essa è disciplinata dagli articoli 81 e 100 della Cost. ed è svolta dal Parlamento e dalla Corte dei conti.

A secondi dei casi il controllo può assumere varie vesti. Il controllo svolto dal Parlamento può essere considerato un controllo sull’indirizzo politico. Le decisioni di spesa vengono assunte

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principalmente attraverso la legge di bilancio. L’art. 81 della Costituzione prevede che il disegno di legge di bilancio sia di proposta governativa ma che debba essere approvato dalle Camere. Solo dopo l’approvazione parlamentare la legge di bilancio diviene valida e autorizza gli impegni di spesa.

Il controllo svolto dalla Corte dei conti è un controllo di natura diversa. L’art. 100 della Costituzione prevede che essa svolga un controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, successivo sulla gestione del bilancio dello Stato e un controllo di gestione finanziaria sugli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Tali controlli possono in alcuni casi condizionare l’efficacia dell’atto che senza il perfezionamento a seguito del controllo è improduttivo di effetti, oppure in altri rilevare incongruità e comportamenti illegali perciò l’insorgere di responsabilità.

A questi controlli di tipo “esterno” se ne aggiungono poi altri definiti “interni”, prevalentemente di gestione, che vengono svolti da organi presenti nell’amministrazione stessa per misurare e orientare l’attività in termini di efficacia, efficienza ed economicità.

I controlli, nel loro insieme, non costituiscono un sistema organico ma nel complesso dovrebbero essere in grado di rispondere a

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degli interrogativi, soprattutto quelli rivolti dai cittadini sul “dove” e

“come” vengono impiegate le risorse provenienti dal loro lavoro.

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