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La frontiera Messico-Stati Uniti Lo sviluppo della frontiera: cenni storici

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La frontiera Messico-Stati Uniti Lo sviluppo della frontiera: cenni storici

La frontiera tra Messico e Stati Uniti è una linea di demarcazione geopolitica che si estende da est a ovest per circa 3000 km. Fu istituita in seguito al Trattato di pace Guadalupe-Hidalgo, sottoscritto il 2 febbraio 1848, che segnò la fine della guerra messicano-statunitense e che prevedeva, in cambio di 15 milioni di dollari, la cessione da parte dello Stato messicano dei territori che corrispondono agli attuali Stati del Colorado, Arizona, Nuovo Messico e Wyoming oltre alla parte meridionale della California, Nevada e Utah.

Lo sviluppo urbano della frontiera del nord del Messico risale agli anni Venti e fu dovuto in gran parte all’attuazione della legge Volstead (Volstead Act) del 1919 promossa dal senatore americano Andrew Volstead, che stabiliva il divieto di fabbricazione, vendita e importazione di alcolici negli Stati Uniti. Questo periodo di proibizionismo, che durò fino al 1933, vide nelle città del lato messicano una possibile valvola di sfogo, in quanto in Messico niente era proibito. Per far fronte alla richiesta d'intrattenimento da parte dei vicini nordamericani, le città di confine diventarono sede di numerose infrastrutture e servizi quali hotel, liquorerie, cantinas, prostíbulos, casinò, cinodromi e ippodromi

1

, che inizialmente erano avviati e controllati da uomini d’affari statunitensi con lo scopo di saziare «la sed etílica de las afligidas víctimas de la prohibición»

2

dei loro connazionali. Fu in quel periodo che città come Tijuana, Mexicali e Matamoros divennero mete predilette del turismo di massa statunitense e di famosi artisti di Hollywood che si recavano in queste città per sfuggire alle stringenti leggi proibizioniste e per trascorrere i loro fine settimana all’insegna del divertimento e della trasgressione.

Anche durante la Seconda Guerra Mondiale, i marinai della base navale di San Diego si recavano a Tijuana per andare a “saziare la loro sete” al «“The Long

1

MATTEI, Davide (2004), La frontiera nord nella realtà messicana, in AA.VV., Letteratura del Messico, Quaderni del Premio Letterario Giuseppe Acerbi, Il Segno dei Gabrielli Editori, Verona, pp. 102-110.

2

GARCÍA, Gustavo (1982), El cine mudo mexicano, Martín Casillas/Cultura SEP, México, cit.

in BERUMEN, Humberto Félix (2011²), Tijuana la horrible. Entre la historia y el mito,

Colegio de la Frontera Norte, Tijuana, p. 62.

(2)

Bar”, la cantina más grande del mundo, con una barra de 170 m de longitud y 38 empleados distribuidos en tres turnos para atender a los “turistas” las 24 horas al día»

3

.

Humberto Félix Berumen

4

, uno dei principali critici della storia letteraria della Bassa California, nel suo saggio Tijuana la horrible afferma che «los constructores de Tijuana fueron en realidad los gángsters norteamericanos [que]

influyeron para crear la infraestructura y los servicios necesarios para atender la demanda de los turistas que hacían el viaje hasta Tijuana»

5

.

Senza considerare l’influenza del turismo statunitense nella storia socio- politica della frontiera sarebbe impossibile comprendere come Tijuana, una

«modesta ranchería del noroeste mexicano»6, possa essere diventata una metropoli cosmopolita e in che modo tali trasformazioni nell’assetto urbano e socioculturale abbiano influito sugli abitanti e sulla produzione letteraria e culturale degli anni a venire.

Inoltre, nel 1942, con l’inaugurazione del Programa de braceros che regolava la contrattazione di lavori temporanei negli Stati Uniti, le città di frontiera assistettero a un vero e proprio boom demografico. In quel decennio, solo a Tijuana, il flusso migratorio rappresentò il 70% della crescita demografica

7

. Continue ondate di migranti provenienti da tutta l’America Latina oltre che dal

3

BERUMEN, Humberto Félix (2011²), Tijuana la horrible. Entre la historia y el mito, Colegio de la Frontera Norte, Tijuana, p. 158, [“The Long Bar”, la cantina più grande del mondo con un bancone di 170 m di lunghezza e 38 dipendenti distribuiti in tre turni per servire i “turisti” 24 ore al giorno].

4

Humberto Félix Berumen è nato a La Estancia, nello stato dello Zacatecas, nel 1956. Si è laureato in Lingue e Letterature Ispanoamericane presso la Escuela de Humanidades (UABC), ottenendo la specializzazione in Letteratura presso la facoltà di Studi Umanistici dell’Instituto Tecnológico y de Estudios Superiores di Monterrey. È autore di Tijuana la horrible. Entre la historia y el mito (2011), dei volumi di critica letteraria De cierto modo. Literatura de Baja California (1997), Texturas. Ensayos y artículos sobre literatura de Baja California (2001), La frontera en el centro. Ensayos sobre literatura (2005). Ha curato, inoltre, diverse antologie tra cui El cuento contemporáneo en Baja California (1996) e Narradores bajacalifornianos del siglo XX (2001). Nel 2006 ha ricevuto il premio nazionale dall’Instituto de Cultura de Baja California (ICBC) per il libro Nuestra ciudad mía. Modelo para armar y desarmar (2008).

Attualmente è coordinatore della biblioteca Jorge A. Bustamante del Colegio de la Frontera Norte e professore di Teoria della letteratura presso la Escuela de Humanidades dell’Universidad Autónoma de Baja California.

5

BERUMEN, Humberto Félix 2011², p. 80, [In realtà, i fondatori di Tijuana furono i gangster nordamericani... influirono per creare le infrastrutture e i servizi necessari per soddisfare i bisogni dei turisti che si recavano a Tijuana].

6

Id. p. 60.

7

MATTEI, Davide 2004, p. 105.

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Messico si dirigevano verso gli Stati Uniti alla ricerca di lavoro e di condizioni di vita migliori.

Nel 1965, fu promosso il Programa de Industrialización Fronteriza che diede vita all’industria maquiladora de exportación e che determinò tassi di impiego esorbitanti in quelle zone: molte multinazionali estere approfittarono del basso costo della manodopera messicana e delle agevolazioni fiscali sulla produzione per trasferire le loro succursali nelle zone libere da imposte lungo la frontiera nord del Messico; qui avveniva la fase di trasformazione e assemblaggio dei prodotti che una volta finiti venivano riesportati. Queste misure a livello fiscale permisero la crescita di questo tipo di industria di cui le precarie e malsane condizioni di lavoro determinano ancora oggi costi altissimi in termini di vite umane.

A seguire, il 17 dicembre 1992, l'allora presidente messicano Carlos Salinas de Gortari, per far fronte alla crisi economica in cui si trovava il paese ormai da vent'anni, sottoscrisse l'Accordo Nordamericano di Libero Scambio, noto con l'acronimo NAFTA (North American Free Trade Agreement)8 modellato sul già esistente accordo tra Canada e Stati Uniti, a sua volta ispirato al modello europeo.

L'accordo stabiliva l'eliminazione di tutte le barriere tariffarie esistenti tra i tre paesi che aderivano all'accordo (Canada, Stati Uniti e Messico) e favorire lo scambio di beni e servizi, promuovere le condizioni di leale concorrenza e incrementare le opportunità di investimento nell'area di libero scambio. Il Trattato entrò in vigore a partire dal 1° gennaio 1994. Ogni parte era spinta da interessi e motivazioni diverse: per quanto riguarda il Messico, tali accordi avrebbero favorito una maggiore esportazione dei propri prodotti e ulteriori entrate grazie agli investimenti stranieri, che avrebbero comportato però altrettanta dipendenza.

Tali cambiamenti richiamarono immigrati provenienti da tutta l'America Latina che trovavano al confine del Messico possibilità di lavoro o di passaggio per inseguire il “sogno americano”. L’incontenibile pressione del movimento migratorio verso nord spinse sempre più i confini verso l’interno del territorio nordamericano, causando una reazione repulsiva da parte delle popolazioni angloamericane che percepivano questa irruzione come una vera e propria invasione straniera (da parte di aliens) considerata da alcuni una vera e propria

8

Nei paesi di lingua spagnola è conosciuto con l'acronimo TLCAN (Tratado de Libre Comercio

de América del Norte) o semplicemente come TLC.

(4)

«reconquista latina»

9

. È per questo che le misure di contenimento della migrazione si sono inasprite fino a creare nel 1994 il muro che divide e difende i confini meridionali del paese.

Per frenare l’incessante ondata migratoria di illegali verso gli Stati Uniti, infatti, il governo nordamericano istituì l’Operation Gatekeeper, una misura di controllo presa al fine di ristabilire ordine e sicurezza lungo le zone di frontiera più trafficate. A tale scopo fu elevato un muro di metallo nella zona più a ovest della frontiera, a partire dall’Oceano Pacifico fino a San Ysidro, e fu intensificato il numero degli agenti della Border Patrol (la migra per i messicani) in servizio fino a trasformare la zona di passaggio tra Messico e Stati Uniti in una zona altamente militarizzata.

La crisi economica in cui versava il Messico e che si portraeva dagli anni '70, con un picco negli anni '80 e in parte coperta negli anni '90, fu uno dei fattori determinanti del cambiamento della vita socio-politica del paese: aumentarono i contrasti e le divergenze tra le varie zone del paese e si imposero con più forza le reti del narcotraffico, con un crescere di violenza estrema, di sequestri e omicidi, che trovavano via libera a causa di un sistema infetto dalla corruzione e dall'impunità.

Nel 2006, l’allora presidente Felipe Calderón dichiarò guerra al narcotraffico scatenando così un’ondata di violenza che colpì soprattutto le zone della frontiera nord dove il contrabbando e il traffico di droga e di stupefacenti diretti negli Stati Uniti erano, e tuttora sono, sotto il controllo dei potenti cartelli della droga di Sinaloa e del Golfo.

La frontiera nord del Messico è diventata così oggetto d'attenzione mediatica a livello internazionale. La violenza generata dalla guerra tra i vari cartelli della droga e contro l'esercito messicano è un argomento sempre più diffuso dai media e punto di partenza di numerose speculazioni da parte di autori messicani.

Il concetto di frontiera: diversi punti di vista

9

GIMÉNEZ, Gilberto (2007), La Frontera Norte como representación y referente cultural en

México, «Cultura y representaciones sociales», 2, n. 3, p. 28.

(5)

In Messico si discute ormai da decenni sul concetto di frontiera, specialmente nell’ambito degli studi interculturali che analizzano i fenomeni che si sviluppano all’interno della cosiddetta franja fronteriza

10

.

Da un punto di vista antropologico, e non solo, la frontiera è una realtà in continua trasformazione ed eterogenea nella quale coesistono molteplici processi di scambio, di integrazione, di scontro tra le popolazioni di entrambi i lati, ma anche all'interno dei gruppi sociali delle rispettive comunità.

Ibridismo e multiculturalità sono due parole chiavi per quanto riguarda lo studio antropologico e culturale della frontiera nord del Messico e delle frange territoriali adiacenti.

Durante casi dos siglos, mexicanos y norteamericanos se han entremezclado a lo largo de la frontera y han producido una cultura híbrida y flotante que, parafraseando a Homi Bahbha [...], no es ni mexicana ni americana, sino más bien mexicana y americana al mismo tiempo.

11

La complessità di questa regione è giustificata da un'interdipendenza economica e culturale tra i due paesi confinanti, ma anche dall'intenso fenomeno migratorio che l'ha vista per più di un secolo come crocevia, zona di passaggio verso condizioni di vita migliori, e che nel tempo ne ha definito la cartografia politica e ha alimentato sempre nuove rappresentazioni collettive

12

.

Da un semplice punto di vista geografico, la frontiera può essere definita come una «linea di separazione e di contatto tra due o più Stati»

13

. Si presuppone, quindi, che ci sia una discontinuità o una rottura tra due o più spazi o sistemi. Tale discontinuità può essere intesa anche come diversità a livello economico, linguistico, culturale e persino religioso

14

.

Nel 1848 con la perdita di quasi metà del territorio messicano e con l’istituzione dei nuovi confini fra Messico e Stati Uniti, iniziano a profilarsi nuove

10

Cfr. GIMÉNEZ, Gilberto 2007, p. 20.

11

GIMÉNEZ, Gilberto 2007, p. 26.

12

Cfr. VALENZUELA ARCE, José Manuel (2003), Por las fronteras del Norte. Una aproximación cultural a la frontera México-Estados Unidos, Consejo Nacional para la Cultura y las Artes, Fondo de Cultura Económica, México, p. 24.

13

GIMÉNEZ, Gilberto 2007, p. 19.

14

Ibidem.

(6)

immagini legate alla frontiera: rottura, mutilazione territoriale, ferita aperta, frattura. Insieme all’immagine della rottura si sviluppa anche quello della perdita, non solo dei territori ceduti, ma anche delle proprietà abbandonate da chi decideva di tornare a sud della frontiera; e delle separazioni familiari o perdita della nazione per chi invece decideva di rimanere in territorio nordamericano15.

[…] se conformó entonces el imaginario de esa patria doliente que representaba la condición del país después de la derrota frente a los Estados Unidos. […] la patria se convirtió en metáfora dolorosa que no lograba resarcir las heridas

16

.

Durante i primi decenni subito dopo la guerra il sentimento da parte dei messicani nei confronti della popolazione rimasta al nord della frontiera era di vicinanza e solidarietà; era la famiglia assente, el otro México. Si instaurò così un rapporto di sostegno reciproco tra il Messico e queste popolazioni che appoggiavano movimenti di resistenza messicana e fornivano armi e risorse economiche durante l'intervento francese17, oltre a sostenere gruppi politici durante la Rivoluzione messicana e ad accogliere esiliati politici come i fratelli Flores Magón18.

Per molto tempo la ferita si mantenne aperta riconoscendo il vincolo familiare con le popolazioni del otro lado, che prima della guerra erano state parte anch'esse del Messico.

Il nuovo contesto socioculturale in cui si ritrovarono i messicani rimasti a nord della frontiera diede vita a nuove forme culturali che furono viste da molti come espressioni di cedimento culturale, di apochamiento o addirittura di perdita

15

VALENZUELA ARCE, José Manuel 2003, pp. 33-34.

16

Id., p. 35.

17

L'intervento francese fa riferimento all'invasione del Messico nel 1862 da parte delle armate francesi di Napoleone III appoggiate da Inghilterra e Spagna. La causa scatenante fu il rifiuto dell'allora presidente Benito Juárez di continuare a pagare i debiti esteri. Nel 1864 Massimiliano d'Asburgo accettò la corona e divenne imperatore del Messico, favorendo la nascita di una monarchia costituzionale. La rimonta dei repubblicani appoggiati dagli USA che avevano schierato le loro truppe lungo il Rio Grande e minacciato un intervento diretto, condusse alla ritirata dei francesi nel 1967. Massimiliano fu giustiziato insieme ai suoi generali sul Cerro de las Campanas a Santiago de Querétaro.

18

Considerati i precursori della Rivoluzione messicana contro la dittatura di Porfirio Díaz, i

fratelli Flores Magón, compresero che Díaz non avrebbe mai lasciato la presidenza attraverso

una sconfitta elettorale; osservando come la dittatura fosse sostenuta dalle forze armate, si

convinsero che poteva essere abbattuta solo con la forza. Per questo motivo, una volta usciti

dalla prigione nel 1904 si autoesiliarono negli Stati Uniti.

(7)

dell'identità nazionale. La decisione da parte dei chicanos e dei messicani di emigrare pa'l Norte in cerca di migliori condizioni di vita era concepito da molti messicani come un tradimento. Questi pregiudizi trovarono perfetto riscontro nella figura del pocho

19

, un'immagine stigmatizzata di una popolazione che aveva perso la propria nazionalità, che era stata contaminata dalla cultura americana, che si era agringada

20

, soccombendo (entreguismo cultural) ai conquistatori.

L'apochamiento raggiunse anche i residenti della frontiera nord del Messico, la cui vicinanza e le intense relazioni quotidiane con el otro lado li convertivano in potenziali entreguistas, allo stesso livello dei chicanos.

Un'altra metafora utilizzata per riferirisi alla frontiera è stata quella della cicatrice, legata all'immagine della rottura, della ferita e della mutilazione del territorio nazionale provocata dalla guerra. Anche Carlos Fuentes, nell'ultimo capitolo del suo libro El espejo enterrado (1992) la utilizza per riflettere sulle possibilità future della frontiera: «Pero esta frontera, dicen muchos entre quienes cruzan, en realidad no es una frontera sino una cicatriz. ¿Se habrá cerrado para siempre?, ¿o volverá a sangrar un día?

21

».

Fu la produzione critico-letteraria chicana che diede il via alla serie di studi sulla nozione di frontiera. Si stima che le prime discussioni sul concetto di frontiera all'interno della letteratura chicana siano nate nel 1987 con la pubblicazione del libro Borderlands / La Frontera di Gloria Anzaldúa

22

.

In questo romanzo emerge l'intenzione decolonizzatrice della frontiera. Nella frontiera di Gloria Anzaldúa non vi sono confini, in essa confluiscono sia la descrizione della zona geopolitica intesa come spazio di frontiera, sia i discorsi di appartenenza etnica, di classe, di genere e preferenze sessuali, così come la presenza di un testo che attraversa le possibili frontiere del genere letterario. La frontiera è per la scrittrice una “ferita aperta” e un luogo di ricerca delle proprie radici. Il libro è una critica nei confronti dell'autoritarismo nordamericano e

19

Pocho è un regionalismo del Sonora proveniente dalla lingua opata; significa corto, basso e il suo derivato potzico significa tagliare l'erba, strappare l'erba con anche le radici. Da pocho deriva anche il termine apochamiento.

20

Aveva assunto gli usi e i costumi dei gringos, gli americani.

21

FUENTES, Carlos (1992), El espejo enterrado, Fondo de Cultura Económica, México, p. 380.

22

ANZALDÚA, Gloria (1999²), Borderlands / La Frontera. The New Mestiza, Aunt Lute Books,

San Francisco.

(8)

dell'egemonia del discorso monolitico dell'American Literature

23

. L'autrice dà voce alla minoranza chicana e messicana (nosotros), vittima di discriminazioni razziali e violenze; presenta i bianchi nordamericani come ellos, creando una sorta di opposizione tra la cultura dominante e quella dominata.

L'estetica contemporanea della frontiera segnala la necessità di stare a contatto con el Otro, e secondo il ricercatore accademico chicano Rolando Romero «only those people who are in the position to cross the line and take chances in the understanding of alterity […] will triumph at the end

24

». Nel suo saggio Border of Fear, Border of Desire elabora un discorso teorico sulle metafore coniate a partire da questa dicotomia: premette che la frontiera è una costruzione retorica, uno spazio di paure e di desideri dove il contatto con l'Altro è utile per delineare le frontiere ed definire la propria essenza

25

.

Questa posizione rispecchia quella di Derrida e della sua concezione decostruttivista della frontiera:

L'idea della frontiera richiama il tema dell'altro da sé. Non appena si traccia una frontiera per isolarsi, proteggersi, delimitare il proprio territorio, si istituisce contemporaneamente l'esistenza dell'altro, con cui poi si possono avere diversi tipi di rapporto: la guerra, la pace, l'amicizia, lo scambio, la discussione, ecc. La frontiera però, per quanto tenue e lineare, ha sempre due bordi: ogni frontiera è divisibile, questa divisibilità è l'elemento che la rende permeabile. Una frontiera che non consenta il passaggio e il rapporto con l'altro non è più una frontiera. A questo proposito va ricordato che l'identità culturale, nazionale o linguistica è possibile solo se è capace di accogliere l'altro, dato che ogni processo d'identificazione implica la presa in considerazione dell'altro nel cuore stesso dell'identità

26

.

Romero concepisce la frontiera come un luogo di traduzione, di costruzione di

23

TABUENCA CÓRDOBA, Maria Socorro (1997), Aproximaciones críticas sobre las literaturas de las fronteras, «Frontera Norte», 9, n. 18, p. 89.

24

Id., p. 62.

25

ROMERO, Rolando (1993), Border of Fear, Border of Desire, «Borderlines. Studies in American Culture», 1, n. 1, pp. 36-70.

26

GAMBARO, Fabio, Le frontiere di Derrida, «La Repubblica», 8 luglio 1992, dal sito http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/07/08/le-frontiere-di-

derrida.html (ultima consultazione in data 04/04/2014).

(9)

ponti verso l'alterità; uno spazio che non consiste solo nei 3000 km di frontiera geopolitica, bensì uno spazio di sinergia in cui due culture si incontrano e scontrano, si combinano creando una terza cultura, quella chicana.

La frontiera di Romero è una frontiera metaforica, «a Chicano Eden

27

», che però trascende l'opposizione binaria nos/otros di Gloria Anzaldúa. Non vi sono conflitti solo tra chicanos, messicani e americani, ma sono presenti conflitti interetnici anche tra persone che occupano diverse posizioni di potere all'interno delle rispettive comunità.

Un altro studio importante per comprendere il concetto di frontiera è quello di Juan Bruce-Navoa, The US-Mexican Border in Chicano Testimonial Writing: A Topological Approach to Four Hundred and Fifty Years of Writing the Border, nel quale lo studioso ha affrontato esempi specifici di scrittura della frontiera, che evocano la frontiera in termini di spazio geografico o come esperienza liminale.

Bruce-Navoa si allontana dal concetto di frontiera come utopia: per molti la frontiera può essere la terra promessa; per altri il paradiso perduto e per altri può trasformarsi addirittura in un inferno. Lo studioso cerca di vedere la frontiera da entrambi i lati, assumendo diversi punti di vista, e non più esclusivamente in chiave metaforica

28

.

Romero e Bruce-Navoa concepiscono la frontiera come uno spazio dinamico

«sin necesidad de ser “ni una cosa”, “ni la otra” -ni edén, ni infierno, ni únicamente tropo, ni sólo geografía»

29

.

Come si è osservato, la frontiera percepita dal punto di vista di studiosi/e americani/e è una frontiera testuale, teorica, piuttosto che geografica. La maggior parte degli scrittori chicanos vede la frontiera come una “terra promessa”, una rievocazione delle tradizioni messicane o latinoamericane, la sede della loro identità perduta. È un luogo in cui si recano generalmente attraverso i loro ricordi, attraverso la lettura o la scrittura. Raramente si recano o si stabiliscono fisicamente alla frontiera.

Questa è una delle differenze essenziali tra la visione chicana e la visione

27

Cit. in TABUENCA CÓRDOBA, Maria Socorro 1997, p. 91.

28

Cfr. BRUCE-NAVOA, Juan (1995-1996), The US-Mexican Border in Chicano Testimonial Writing: A Topological Approach to Four Hundred and Fifty Years of Writing the Border,

«Theoretical Studies in Media and Culture», 18, n. 1-2, p. 32-53.

29

TABUENCA CÓRDOBA, Maria Socorro 1997, p. 92.

(10)

fronteriza della frontiera:

para quienes estudiamos, cruzamos y vivimos la frontera geográfica tanto en los discursos como en la cotidianidad resulta problemático verla como metáfora o como utopía

30

.

30

Ibidem.

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4 TABUENCA CÓRDOBA, María Socorro (1997), Aproximaciones críticas sobre las literaturas de las fronteras, «Frontera Norte», 9, n.. La letteratura chicana si distingue