• Non ci sono risultati.

LA TERRA DI FRONTIERA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "LA TERRA DI FRONTIERA "

Copied!
19
0
0

Testo completo

(1)

CAPITOLO I

LA TERRA DI FRONTIERA

Lo Xinjiang è l’estremo confine occidentale della PRC. Regione borderline, la sua identità è contesa tra la Cina e il nativo popolo degli uiguri. Per la prima è la “nuova frontiera”; del resto il termine Xinjiang in lingua cinese ha questo significato. Per i secondi si tratta del Uiguristan degli Sharqi Turkistan, parola che in lingua uigura significa “popolo del Turkestan orientale

1

. Quest’ultima è la dizione che trasversalmente accontenta tutti gli uiguri, sia quelli rimasti sia gli emigré della diaspora che dall’Europa e dalla vicina Asia hanno continuato a tenere viva la memoria di ciò che considerano e sentono come la propria “patria”. Lo Xinjiang non si è sempre chiamato così e la storia lo conferma. Pare che ad attribuire questo nome siano stati per la prima volta i Qing

2

ma già nel 1768. La denominazione geografica rivela l’identità di una terra travagliata che si presta a un gioco di letture e prospettive (uigura o cinese) sotto la lente della storia. La complessità non si declina solo nello spazio fisico che ne è il contenitore. L’uso del termine

“uiguri” è altrettanto insidioso. E’ pacifico per quanto riguarda i due grandi regni che sorsero tra l’VIII e il IX secolo, ma cadde già in disuso in epoca musulmana e lo fu fino al 1921 o al 1933

3

. Perciò nemmeno gli uiguri sono sempre stati gli uiguri ma Taranchi

4

, Sart

5

-kalmuk, Turpanliq,

1 Turkestan (in persiano Turkistā´n) è il nome della regione dell’Asia centrale in origine abitata da tribù nomadi turche, delle quali si ha traccia negli idiomi parlati. Geograficamente comprende un’area molto vasta che va dal mar Caspio, a ovest, al deserto del Gobi, a est. Le catene montuose del Pamir e del Tien Shan lo dividono in Turkestan orientale o Xinjiang (territorio cinese) e Turkestan occidentale (corrispondente agli attuali stati del Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan e attraversato da soli due fiumi: il Syr Darya, nella valle del Fergana tra Uzbekistan, Tajikistan e Kirghizistan, e l'Amu Darya che attraversa Afghanistan, Turkmenistan, Tagikistan e Uzbekistan; ovvero gli antichi fiumi Iassarte, confine più a nord dell’impero di Alessandro Magno, e Oxos, che sfociano nel lago d’Aral).

2 Qing è il nome che la dinastia Manchu adotta nel 1636. Tuttavia, è dal momento in cui invadono la Cina che vengono conosciuti con questo nome. Il loro regno data dal 1644 (anno in cui, appunto, assoggettano la Cina) al 1911 (anno della rivolta dei Boxers che ha segnato l’inizio della storia moderna cinese) e comprendeva gli attuali territori della Manciuria, loro terra d’origine, del Tibet, della Mongolia e dello Xinjiang, che ne fu la “capitale” amministrativa.

Nonostante il clima di autonomia diffuso attraverso una burocrazia formata dalle popolazioni locali e nota come

“classe” degli akhund o beg, tuttavia, i sovrani Qing furono spesso alle prese con problemi di insorgenza religiosa, soprattutto nello Xinjiang, dove per esempio nel 1820 Baha’ad Din lanciò uno dei primi jihad della storia cinese, per protesta contro la restrizione dei privilegi commerciali alla città di Kashghar. Furono i primi imperatori veramente cinesi, avendo esteso il loro impero fino alla Cina vera e propria, in M. Dillon, Xinjiang. China’s Muslim FarNorthwest, London, Routledge Curzon, 2004, pp. 17-19. Per un approfondimento sulla storia del millenario impero cinese si veda M. Sabattini, P. Santangelo, Storia della Cina, Bari, Laterza, 2015, pp. 22-661.

3 Nel 1921 di “uiguri” si parlò all’incontro che si svolse a Tashkent. Nel 1933 fu il signore della guerra Shicai a suggerirne l’uso in omaggio all’abitudine linguistica russa di chiamare così i popoli dell’Asia centrale. F. De Renzi, Il sogno del Turkestan orientale, in “Limes”, n. 4, 2005, pp. 189-190.

4 In turco significa “contadini” (del bacino del Tarim). Era uso fino all’Ottocento denominare gli uiguri a seconda della città di provenienza.

(2)

Turki; insomma, tante declinazioni di un popolo solo, che vive in un Paese ibrido per molti aspetti, geografici come pure culturali; un Paese che sta con il viso rivolto a Occidente e la schiena verso il millenario mondo d’Oriente

6

.

I.I Cuore dell’Eurasia

Il titolo scelto per il paragrafo si giustifica alla luce della configurazione anatomica dello Xinjiang, la quale assomiglia perfettamente a quella terra di frontiera che il termine cinese evoca. Infatti la

“fluidità” della sua morfologia fisica è la marca geografica che certamente lo caratterizza, con 5.500 km di confine condiviso con la Russia, l’Asia centrale, ovvero con tre delle ex repubbliche sovietiche

7

, con il subcontinente indiano

8

, tra cui il Pakistan e l’Afghanistan, con la Mongolia, il Tibet e con le province cinesi del Gansu e del Qinghai. A conferire al territorio l’asperità e la chiusura

9

che lo contraddistinguono sono il vasto deserto del Taklamakan

10

e la grande catena montuosa del Tianshan

11

che divide il Paese in due porzioni, diverse sia dal punto di vista etnico- geografico sia culturale. Il nord, corrispondente alla regione della Zhungaria, si presenta arido e stepposo e abitato in prevalenza da popolazioni nomadi dedite alla pastorizia; mentre il sud, contraddistinto dal bacino del Tarim, è più sviluppato e ospita, infatti, le città principali del Paese, note come le sei città o Altishahr, degne di rilevanza anche sotto il profilo storico. Paesaggio di rara bellezza in cui il deserto guarda le montagne fino ad arrivare al lago Tianchi

12

, patrimonio dell’UNESCO. Tutto questo è lo Xinjiang, tre volte più grande della Francia

13

, sedicesimo stato al mondo se fosse indipendente, con un terzo delle riserve energetiche che servono a Pechino

14

.

5 In persiano “mercante”.

6 Vedi cartina in fondo al testo.

7 Le repubbliche in questione sono Tajikistan, Kazakhstan e Kyrgyzstan

8Tra i due Paesi i rapporti sono molto tesi per via della regione dell’Aksai Chin che, insieme alla valle Shaksgam, è una delle due porzioni di Kashmir amministrate dalla Cina ma che l’India reclama in quanto appartenenti non solo al Kashmir stesso ma anche alla regione del Jammu. L’Aksai Chin è, inoltre, il punto nel quale Cina, India e Pakistan confinano.

9 Nel deserto Dzoosotoyn Elisen, a 320 km dalla capitale Urumqi, si trova il punto più distante dal mare (a 2648 km dalla costa più vicina). Noto ai geografi come Polo Eurasiatico dell’Inaccessibilità, è stato raggiunto solo recentemente (nel 1986) dall’esploratore inglese Crane.

10 Taklamakan significa “se ci vai, non ne esci più”. E’ situato nella parte sud del Paese, nel bacino del Tarim, attorno al quale sorgono le Altishahr, ovvero le “sei città” uigure più importanti. M. Dillon, op.cit, p. 4. E’ il secondo più grande al mondo (270.000 km²) e uno dei più insidiosi, con temperature che vanno dai -20°C ai 45°C, in http://viaggi.corriere.it/viaggi/vacanze/xinjiang-in-cina-lungo-la-via-della-seta/?refresh_ce-cp.

11 Tianshan in cinese significa “Montagne del Paradiso”. Per gli uiguri il significato non cambia; sono le “Montagne del Paradiso o di Dio” ma essi le chiamano Tengritagh, in Michael Dillon, op.cit., p.5.

12 Significa “lago del Cielo”. La leggenda narra che nacque dalle lacrime di una regina che, abbandonata, attese invano il ritorno di un amore che l’aveva dimenticata.

13 J. Millward, Violent Separatism in Xinjiang: A Critical Assessment, Washington, East- West Center, 2004.

14 D. Santoro, Fra Ankara e Pechino non mettere l’uiguro, in “Limes”, n. 2, 2016, p. 236.

(3)

I.II C’è qualcuno che abita la via della seta. Breve storia dello Xinjiang dalle origini ai giorni nostri

Il profilo genetico dello Xinjiang è molto complesso

15

. Tredici etnie ne compongono il mosaico etnico tra cui kirghizi, uzbeki, tagiki, kazaki (per citare alcune delle etnie cinesi) e le minoranze musulmane dei Dungans

16

, dei quali gli uiguri costituiscono l’etnia in assoluto più diffusa.

Altrettanto complessa è senza dubbio la trama storica, soprattutto quella che ne racconta le origini, confusamente collegate ai turchi della Mongolia, sulla cui storia tuttora s’incontrano problemi di definizione

17

.

Gli eredi asiatici dei turchi. Chi sono gli uiguri?

Gli uiguri sono i discendenti delle tribù nomadi turche

18

che dal VI secolo d.C. abitavano le steppe a nord della Mongolia. Il popolo che corrisponde agli uiguri non usò questo nome se non all’inizio del XX secolo, impiego che fu diffuso dai nazionalisti di Chiang kai Shek.

19

Sulla storia dello Xinjiang la narrativa cinese racconta di una terra che costituisce parte dell’

“Impero di Mezzo” fin dai tempi di una delle dinastie più antiche dalle quali discende la maggioranza dei cinesi oggi, gli Han

20

. E’ su queste basi storiografiche che la storia ufficiale reclama i suoi diritti sulla regione. In realtà, però, pare che i cinesi abbiano assoggettato lo Xinjiang solo nel XVIII sec., quando a opera dei Qing, nel 1759, l’impero guadagnò molto in termini di estensione inglobando quello che essi chiamarono, da allora, la nuova frontiera o Xinjiang, appunto.

Tuttavia, fino ad allora la Cina governò continuativamente quella che oggi è una sua provincia autonoma per non più di un secolo. Che una storia uigura esista e abbia avuto il Turkestan come suo palcoscenico di esibizione, questo è innegabile e a darne conferma sono nientedimeno che cronache

15 Per il quadro etnico v. tabella in appendice.

16 Dungans (italianizzato Dungani) è il termine con il quale nelle ex repubbliche sovietiche si suole riferirsi ai popoli cinesi di fede musulmana. Principalmente usato per gli Hui, è impropriamente usato anche per indicare gli uiguri che, però, sono popoli di origine turca.

17 L’uso del termine “uiguro” concerne diverse tipologie socio-tribali: da quelle mongole progenitrici del popolo attuale, praticanti lo Sciamanesimo e il Manicheismo, a quelle sedentarie nate e sviluppatesi attorno all’oasi di Turfan e di fede buddista, manichea e nestoriana. Non più usato negli anni della dominazione islamica, fu riabilitato dal signore della guerra Shicai negli anni Trenta. V. nota 3 di questo capitolo.

18 Nelle fonti cinesi appaiono come Tujue o Tie-le, un nome che raggruppa più etnie tra le quali i Gok Turk (“celesti”) e gli Oghuz sconfitti dai rivali uiguri turchi nell’VIII sec. d.C. Dopo secoli di agguerrita resistenza, nel IX sec. si convertirono all’Islam. I primi regnanti turchi musulmani furono i Gasnavidi (X-XI sec d.C.). Per le cronache cinesi dello “Shi ji” v. A. Maisonneuve, Les mémoires historiques de Se-ma Tsien, Paris, Chavannes, 1967.

19 http://www.cronacheinternazionali.com/chi-sono-gli-uiguri-intervista-al-prof-rian-thum-9145.

20 Prima dinastia cinese a estendere il controllo sulle regioni occidentali, verso l’Asia centrale, sotto la guida di Ban Chao, costringendo le tribù turche a migrare verso ovest. I loro domini asiatici furono chiamati Xiyu e organizzati in colonie agricolo militari dette tuntian. M. Dillon, op. cit., p. 9. Cfr. anche M. Elvin, The Pattern of the Chinese Past, Redwood City, CA, Stanford University Press, 1973.

(4)

cinesi della dinastia Tang

21

. Sembra infatti che proprio in questi resoconti storici per la prima volta si faccia menzione di un regno uiguro sorto sulle rive del fiume Orkhun

22

con il quale i sovrani cinesi furono costretti ad allearsi per via delle rivolte che indebolivano il loro impero. Il regno uiguro

23

, nato nel 744 dopo la sconfitta dei rivali Kok (o GoK) Turk

24

dai quali ereditarono la scrittura runica

25

, durò fino all’840, estendendosi fino al lago Baikal, nel sud ovest dell’India. Fu il periodo di massimo splendore sotto il khagan

26

Bugu ma proprio nell’840 d.C., già indebolito dalle pressioni dei potenti imperi del Tibet e della Cina, il regno fu conquistato dai kirghizi che costrinsero gli uiguri in parte a emigrare in Asia centrale, dove fondarono il regno dei Qaraqanidi

27

, in parte nel Gansu

28

e nella zona dell’oasi di Turpan, dove fondarono due regni buddisti distinti. Dal Gansu discendono gli uiguri gialli o Sari, mentre da Qoco (o Gaochang

29

in cinese) proviene la

21 Dinastia regnante dal 618 al 907, precedendo il periodo delle Cinque dinastie e dei Dieci regni che fu caratterizzato da un clima di disordine e disunione. Fu sotto i Tang che la Cina raggiunse l’apogeo della sua potenza, con un impero che si estendeva dall’Asia centrale alla Corea. W. Bignham, The Founding of the T'ang Dynasty, New York, Octagon, 1970.

22 Conosciuto anche come Orkhon. Fiume della Mongolia centrale che ha dato il nome all’omonima valle, terra d’origine delle tribù delle steppe come i Gok Turk.

23 Nelle cronache cinesi si parla di Hui hu o Hui-he. L’impero era formato da nove tribù nomadi che si affermarono sotto la guida di Koli Beile. Dru Gladney cita la sconfitta del Secondo khanato turco ma anticipa la nascita del regno uiguro di due anni, al 744, D. Gladney, Islam in China: Accomodation or Separatism?, in “The China Quarterly”, n.

174, 2003, pp. 451-567. M. Dillon, invece, lega il nome degli uiguri anche agli Yuezhi che troviamo addirittura negli annali della dinastia Han, dunque già intorno al 221, in epoca precedente. Lo storico ricorda che gli Yuezhi corrispondono a quelli che gli storici greci definivano Tockharoi (ovvero coloro che parlano il tocarico), non sapendo attribuirne una identità precisa. Erodoto li definiva, infatti, genericamente Sciti e scriveva: «Non sono riuscito a sapere con certezza di quale consistenza sia la popolazione della Scizia. Sul numero degli Sciti ho sentito discorsi diversi: o che sono moltissimi, o che i veri Sciti sono pochi». V. Erodoto, Storie, 81, 2, (intr. di L. Rossetti, trad. di P. Sgroj), Roma, Newton Compton, 1997. Quanto al tocarico che abbiamo succitato, si tratta di un ramo dell’indoeuropeo del quale fanno parte lingue europee come il tedesco e il francese e lingue asiatiche come il sanscrito e l’hindustani indiani.

Le iscrizioni di Orkhon dell’VIII sec. ne sono una testimonianza che si riallaccia direttamente alle origini del popolo uiguro, in M. Dillon, op.cit., pp. 2-3 e 8.

24 552 al 745 d.C. Fu il primo certo antenato degli attuali turchi, nonché progenitore degli uiguri, come dimostra l’alfabeto Orkhon (dal nome del luogo su cui edificarono il loro impero) che caratterizza lo uiguro. Il loro impero si sfaldò dando vita a tribù distinte tra le quali quelle degli uiguri. Sotto gli Abassidi iraniani sono conosciuti come turchi Oghuz, inizialmente soldati ma dal X sec. governanti dei regni musulmani medievali sorti in Egitto e Siria. Furono i Gok Turk a dare un carattere di sedentarietà alle tribù turche, fino ad allora vissute come nomadi. Per approfondimenti sulla storia delle origini turche si veda http://www.mondimedievali.net/Barbar/Turchi.htm.

25 Anche detta fuþark" (dove þ ha la stessa pronuncia del th inglese) è un derivato dell’alfabeto etrusco formato da 24 segni chiamati rune e parlato sia dai popoli germanici sia da quelli turchi. Per quanto riguarda l’Italia, un dialetto simile è il comasco. Iscrizioni in runico, inoltre, si trovano nella grotta di San Michele Arcangelo in provincia di Foggia. Aldo L. Prosdocimi, Luogo, ambiente e nascita delle rune: una proposta, in V. D. Corazza, R. Gendre (eds.), VI seminario avanzato di Filologia Germanica, letture dell'Edda. Poesia e prosa, Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2006

26 Titolo che in turco e in mongolo serve a designare gli imperatori.

27 In turco significa governante nero (da kagan, o kha, cioè governante, e kara, ovvero nero. Governarono in particolare dall’840 al 1211 nella Transoxiana (attuali Uzbekistan e Kazakhistan).

28 Provincia cinese con capitale Lanzhou, è il confine occidentale della Grande Muraglia cinese voluta dagli imperatori Qin, i quali iniziarono a edificarla nel 215 a. C. (i lavori finirono solo nel XIV sec.). E’ una delle Sette Meraviglie del mondo.

29 Città dello Xinjiang nel deserto del Taklamakan risalente al I sec. a.C.

(5)

prima testimonianza di tribù turco-mongole stanziali delle quali si abbia una tradizione scritta

30

. Nel 960 d.C. gli uiguri si convertirono all’Islam, anche se per la completa islamizzazione dello Xinjiang bisognò attendere la metà del XIV sec. I regni di Turpan e del Gansu resistettero fino all’avvento del grande impero mongolo nel XIII sec. Fu allora che per non cadere nelle mani dei Qarakitai

31

essi preferirono sottomettersi volontariamente a Gengis Khan

32

nel 1218, prendendo il nome di khanato di Chahatai

33

che fu diviso negli stati di Gulja, Yarkand e Turpan

34

.

Alla luce di quanto è stato esposto, è evidente l’origine turca degli uiguri, anche se la loro storia, come sempre accade, fu il prodotto dell’incontro-scontro con popoli e culture vicine, prime tra tutti i cinesi. Pertanto, se la storia la si vuole leggere in cinese, allora essa è la successione di almeno quattro imperatori

35

. Se invece la si legge in uiguro, è la storia che origina dal nord della Mongolia

36

e che ha dunque una eterogenesi non cinese.

Tralasciando per ora l’aspetto religioso del quale parleremo nel capitolo sull’Islam nel Turkestan orientale, veniamo alla storia più recente, la quale iniziò con i Qing

37

, sotto il cui regno furono frequenti le rivolte dei Khojas

38

asiatici. E’ a questo punto, sotto questa nuova dinastia regnante, che la storia della Cina cominciò a intrecciarsi con quella della resistenza uigura, della quale in questa sede si vuole provare a dare contezza, senza presunzione di esaustività.

Lo Xinjiang in epoca moderna: dai Qing-Manchu alla rivolta dei Boxers (1911)

La storia degli uiguri è sempre stata segnata dalla rivolta; che si trattasse delle rivali tribù turche o dell’Islam o dei cinesi. Una delle prime testimonianze alla fine dell’Ottocento è costituita dalla rivolta della tribù degli Jungar contro i Qing allora regnanti, nel tentativo di salvare lo Xinjiang dall’occupazione e dall’inglobamento nell’impero cinese, che si estendeva dalla parte occidentale

30M. Dillon, Xinjiang-China’s…cit., p. 10

31 M. Bellonci (a cura di), Marco Polo, Il Milione, Milano, Mondadori, 1992.

32 Egli ne apprezzò a tal punto il gesto da considerare il re uiguro il suo quinto figlio.

33 Dal nome del secondo figlio di Gengis khan che ne fu il governatore. L’impero mongolo fu il più vasto della storia.

La sua fine avvenne per opera dei successori Ming con la rivolta del loro primo imperatore Zhu Yuanzhang, noto negli annali storici come Ming Taizu. Quanto agli imperatori Ming, essi diedero spazio alle autonomie, compreso lo Xinjiang, e il clima di tolleranza e mitezza ne contraddistinse il regno.

34 M. Dillon, op.cit., cap. 2.

35 Han (206 a.C.-220 d.C.); Tang (618-907); Yuan (1271-1368); Qing (1616-1911).

36 Tribù turche che comprendono dai turchi Xiongnu fino alle dinastie medievali dei Kharaqanidi (XI sec.), dei Khothanesi iranici e dei Mongoli di Gengis Khan.

37.Cfr. nota 2 di questo capitolo.

38 Khwaja o Khvājeh (persiano) era il titolo riservato ai capi politico-religiosi. Per un approfondimento si rimanda a https://www.britannica.com/topic/Khoja.

(6)

della Mongolia fino al Tibet

39

. Fu la prima di una serie di rivolte che caratterizzarono la regione infondendole quel carattere di instabilità che oggi preoccupa oltre modo la Cina. In realtà fino al 1828 non ci furono preoccupanti fenomeni di ebollizione riottosa da contenere, fatta eccezione per due brevi e fallimentari episodi di insofferenza. Il primo, nel 1765, interessò alcuni dipendenti pubblici uiguri e mancesi dello stato cinese a Uch Turfan; il secondo, ugualmente senza successo, fu legato a un certo Jahangir Baha’ad Din

40

che nel 1820 insorse con l’appoggio del vicino khanato musulmano di Khokand

41

. Nonostante l’insuccesso, tuttavia, soprattutto da quest’ultimo fatto iniziò un altalenante gioco di “rivoluzioni e controrivoluzioni” tra lo stato e i clan locali, con vittorie e sconfitte ora dell’una ora dell’altra parte. Tra le più note e descritte come antecedente e modello dell’ondata nazionalistica uigura che esplose negli anni Novanta del Novecento figura con ogni probabilità la sollevazione guidata dai khokandi. Questi, sconfitte le truppe governative dopo sei lunghi estenuanti anni di resistenza, riuscirono finalmente ad averne ragione sei anni dopo, sebbene si trattò di una vittoria momentanea. Infatti, già nel 1827, i Qing ebbero gioco facile nel riprendere il controllo della regione turkestana e impedirono ogni contatto tra le Altishahr

42

e i vicini correligionari islamici

43

. Le relazioni ripresero solo nel 1835, quando un accordo di pace con i khokandi consentì la rappresentanza di un ambasciatore a Kashghar e lo spostamento di agenti commerciali nella zona delle Altishahr. Altrettanto conosciuto e narrato è il tumulto di Tungan (o Dungan) (1862-1878)

44

che calcò le scene dapprima sui teatri hui

45

del Gansu, Shaanxi e Ningxia

46

, poi si diffuse a macchia d’olio non risparmiando il vicino Xinjiang. La storia dei khanati in lotta per l’indipendenza, sotto la guida dei khokandi Buzurg Khan e Yakub Beg

47

, tuttora simboli di libertà per il popolo uiguro che anela all’indipendenza, si chiuse nel 1878. Beg fu sconfitto dal generale Ming, Zuo Zongtang, anche noto nelle fonti come generale Tso, e lo Xinjiang divenne una

39 J. Fletcher, The Heyday of the Ch’ing Order in Mongolia, Sinkiang and Tibet, in D. Twitchett e J. K. Fairbanc (eds.), The Cambridge History of China. Volume 10: Late Ch’ing, 1800-1911, Cambridge, Cambridge University Press, 1978, p. 374.

40 Cfr. nota 2 di questo capitolo.

41 Città dell’Uzbekistan tra Tashkent e Ferghana, M. Dillon, op.cit., p. 172.

42Cfr. nota 10 nel capitolo.

43 Lo storico Millward fa riferimento a una rivolta del 1828 attribuita al clan sufi dei Khojas, il quale invase il sudovest dello Xinjiang con il sostegno del khanato kirghizo dei Khokand fino al 1850, anno nel quale gli imperatori Qing ristabilirono il loro controllo. Cfr. J. Millward, op. cit.

44 Chu,Wen-djang The Moslem Rebellion in North-West China 1862-1878: a Study of Government Minority Policy, Berlin, Walter de Gruyter, 1966, pp. 163-196.

45 Gli Hui, detti anche Dungani, costituiscono la minoranza cinese più numerosa. Diffusi nelle province dello Shaanxi, Gansu e Ningxia costituiscono un gruppo etnico misto tra han cinesi (la maggioranza) e turco persiani e sono i principali assertori dell’Islam politico. Cfr. F. De Renzi, op. cit., p. 189.

46 Provincia e regione autonoma sulla Via della Seta, http://italian.cri.cn/1881/2015/04/13/123s242483.htm.

47 Il suo nome è legato a quello del khanato di Khokand, nel deserto di Taklamakan, fondato tra il 1867 e il 1877, con estensione nel sud della regione, fino a Turpan.

Per i fatti storici v. J. Millward, op.cit., p. 3.

(7)

provincia dell’impero cinese nel 1884

48

, periodo in cui la Gran Bretagna e la Russia giocavano al loro Great Game

49

in Asia centrale, accelerando la crisi dell’Impero giallo. Simbolo di cattiva gestione e di corruzione, l’Impero dovette fare i conti con queste e altre spinte centrifughe che ne minacciavano l’integrità e la sopravvivenza. Oltre alla minoranza musulmana, già nel 1774 era esploso lo Shandong e a catena erano insorti l’organizzazione Nuova Dottrina del Gansu, Taiwan, lo Hubei e il Sichuan, sotto la direzione delle società segrete della Triade (o Società del Cielo e della Terra) nel sud, del Loto Bianco nel nord. L’ondata di malcontento sembrò inarrestabile e difatti continuò a travolgere l’ormai debole regno mancese. Negli anni Sessanta dell’Ottocento l’Impero usciva stremato da una delle rivolte più impegnative che fino ad allora avevano messo alla prova la sua resistenza, la rivolta dei Taiping

50

, che si trascinò dietro le pesanti imposizioni fiscali delle potenze straniere, aumentate in conseguenza delle Guerre dell’Oppio

51

. Approfittando della sua fragilità non solo Yaqub Bek aveva potuto creare un vero e proprio emirato nel sud dello Xinjiang ma anche un nuovo attore esterno aveva potuto affacciarsi alle porte della Cina, sfidando il centenario ma ormai scolorito impero Qing sul finire dell’Ottocento. Astro in continua affermazione nel direttorio delle potenze internazionali, la Russia, che era stata tagliata fuori dai privilegi che le potenze occidentali si erano concesse dopo le due Guerre dell’Oppio, decise di ritagliarsi un proprio

48 Per approfondimenti sulle rivolte dei musulmani nell’Ottocento V. K. Hedong, Holy War in China: The Muslim Rebellion and State in Chinese Central Asia,1864-1877, Redwood City, CA, Stanford University Press, 2004.

49 Con l’espressione si allude alla rivalità tra Russia, Gran Bretagna e Cina per il controllo dell’Asia. D. Gladney, Islam in China..., cit., p. 456. Sulla competizione nello Xinjiang cfr. C. P. Skrine, P. Nightingale, Macartney at Kashghar.

New Light on British, Chinese, and Russian Activities in Sinkiang, 1890-1918, Hong Kong, Oxford University Press (OUP), 1987.

50 A differenza delle altre menzionate nel testo e che la precedettero, fu una vera e propria rivoluzione, dal momento che portò alla nascita di un nuovo Stato con una sua capitale, Nanchino. Sotto la guida dei kejia, un gruppo emigrato dal nord nel IV secolo, tra i fatti principali che la caratterizzarono vi fu la riforma della terra ispirata al sistema dello jingtian, ovvero alla sua redistribuzione tenendo conto dei membri di ciascuna famiglia, donne comprese; l’abolizione del commercio privato; la rivoluzione sociale basata su gruppi di venticinque ku (o negozi) intesi come unità produttive, politiche e religiose; l’apertura a modelli occidentali e al ruolo delle donne che furono anche arruolate nell’esercito. Il movimento fu sconfitto grazie all’appoggio di francesi e inglesi nel 1860 con la presa di Hangzhou e Nanchino. Per approfondimenti sulla fine dell’Impero Qing si veda M. Sabattini, P. Santangelo, op.cit.

51 Furono due e provocarono una svalutazione tanto pesante del rame usato per coniare monete correnti da aggravare la condizione economica delle campagne e portare allo scoppio delle rivolte popolari, tra cui quella dei Taiping, che contribuirono a indebolire l’impero cinese nella seconda metà dell’Ottocento. La prima (1839-1842) iniziò con l’occupazione inglese di Canton e altre città costiere cinesi in seguito all’invio del commissario Lin Zexu a Canton, principale centro di smistamento dell’oppio, con l’obiettivo di bloccarne il commercio. Si concluse con il trattato di Nanchino, il primo dei “trattati ineguali” che le potenze occidentali imposero alla Cina beneficiando della clausola della nazione più favorita. Tra i privilegi c’erano il passaggio di Hong Kong alla Gran Bretagna, l’apertura dei porti cinesi con l’applicazione del principio dell’extraterritorialità e un’indennità a favore delle potenze occidentali. Tutto ciò costituì un precedente per le cosiddette Concessioni stabilite fra il 1854-1864, ovvero città che godevano di una propria organizzazione amministrativa dipendente dalle potenze straniere.

Per quanto riguarda la seconda (1856-1860), il casus belli fu offerto dalla confisca di una nave contrabbandiera da parte cinese e dalla morte di un missionario francese. In realtà dietro c’era la volontà della Francia e della G.B. di rivedere le clausole di Nanchino. Si concluse con i trattati di Tianjin e di Pechino che inasprirono il regime imposto alla fine della prima Guerra dell’Oppio. Per approfondimenti si veda M. Sabattini, P. Santangelo, op.cit., pp. 531-545.

(8)

“posto al sole” in Cina. A questo scopo fondò colonie sul fiume Heilongjiang, occupò la zona fra l’Ussuri e il mare, parte del lago Issyk-Kul e la fertile valle dell’Yili nel nord dello Xinjiang, sotto la buona stella delle rivolte (non solo islamiche) che stavano turbando il tranquillo sonno dell’Impero cinese

52

. Non sola ad esibirsi sull’arena internazionale e costantemente pressata dagli altri concorrenti, fu però presto costretta a restituire i territori illegittimamente occupati al suo

“legittimo” proprietario. Nonostante la perdita territoriale ingente, tuttavia, con il trattato di San Pietroburgo del 1881 la Russia aveva guadagnato la sua vittoria: 500.000 km

2

di territorio cinese, compresa parte dello stesso Xinjiang. La Cina invece aveva dovuto piegare la testa; sul suo millenario impero cadeva anche il disonore di un popolo, gli uiguri, che in maggioranza avevano preferito emigrare in territorio russo, piuttosto che tornare sotto i Qing. Il fenomeno migratorio costituì un forte sintomo del malessere degli uiguri e preconizzò la nascita di un agguerrito sentimento anticinese sul finire del XXI secolo. Pugnacità che la repressione della Cina non è ancora oggi capace di temperare o estinguere e che continua a caratterizzare lo spirito politico di questo popolo che va alla ricerca della libertà.

Gli anni della prima repubblica cinese (1912-1949): il Turkestan tra signori della guerra e sogni d’indipendenza (1933;1944).

Durante la Prima repubblica

53

cinese lo Xinjiang fu nelle mani dei cosiddetti signori della guerra

54

. Il primo fu un Han, Yang Zengxin, governatore dal 1911 al 1928. La sua fu una politica molto ambigua; se da un lato puntava a tenere lontani dallo Xinjiang gli occhi dei poteri forti esterni, dall’altro si muoveva con abilità tra la G.B. e la Russia. Nel 1928 Yang fu assassinato dai nazionalisti che, proprio in quell’anno, sotto la guida di Chiang Kai-shek, diedero inizio al corso nazionalistico del Guomindang

55

a Nanchino.

Jil Shuren, succeduto a Yang, fu il primo a essere ufficialmente nominato dal governo repubblicano centrale. Egli, però, non fu capace di mettere a tacere le rivendicazioni uigure, portate avanti nel

52 La Russia temeva che la G.B. potesse espandere il suo impero partendo dall’India e cercava terre per la coltivazione del cotone in Asia Centrale, da quando la guerra civile americana ne aveva interrotto il commercio diretto all’Europa, M. Sabattini, P. Santangelo, ivi, p. 543.

53 1912-1949. Cfr. J. Bastid, M.-Bergère, M. C.-Chesneaux, La Cina, II: dalla guerra franco-cinese alla fondazione del Partito comunista cinese 1885-1921, Torino, Einaudi, 1974.

54 A. D. W. Forbes, Warlords and Muslims in Chinese Central Asia: a political History of Republican Sinkiang 1911- 1949, Cambridge, Cambridge University Press, 1986.

55 Scritto anche Kuomintang (KMT o GMD). Era il movimento nazionalistico-indipendentista fondato da Sun Yat-sen nel 1912 in chiave antimperialistica. Ereditato negli anni Venti da Chiang Kai-shek, si trasformò in un movimento della destra conservatrice. Per un resoconto più dettagliato si veda S. Adler, Dal Kuomintang alle Comuni del popolo, Roma, Editori Riuniti, 1959.

(9)

frattempo dal wang

56

di Hami, Shah Makhsud. La rivolta di Hami, negli anni Trenta del Novecento, fu il frutto della capacità organizzativa di una società segreta di unire sotto la stessa bandiera le città di Khotan, Turpan e Kucha contro Urumqi, la capitale turkestana simbolo del potere dei signori della guerra. La morte del khan Mahksud fu un duro colpo per il movimento indipendentista, che tuttavia non ne risultò imbolsito. Potendo ancora fare affidamento su un ascendente vigoroso portò avanti il progetto repubblicano costringendo Pechino a sostituire Shuren con un altro, più influente signore della guerra, Sheng Shicai

57

.

Che il movimento non aveva perso in compattezza fu subito chiaro tra gli anni Trenta e Quaranta.

Gli uiguri scrissero importanti pagine della loro storia che, oltre a rimanere le più belle, sono anche le più celebrate da quanti non hanno mai deposto le armi della causa libertaria. Si trattò delle due repubbliche indipendenti del Turkestan orientale (ETR, East Turkistan Republic); la prima con capitale Kashgar, la seconda con capitale Ghulja.

La prima Repubblica turkestana nacque nell’autunno del 1933, sotto l’illuminata guida di Muhammad Amin Bughra

58

e fu una repubblica islamica basata sull’applicazione della shari’a, seppur aperta alle riforme sociali ed economiche

59

. Si trattò, tuttavia, di un esperimento breve. Nel febbraio del 1934 il musulmano hui Ma Zhongying, signore della guerra del Gansu e rivale di Sheng Shicai, assediò Kashghar grazie all’appoggio dell’esercito nazionalista cinese, con il sostegno della Russia. La sua, com’è chiaro, fu soprattutto una personale guerra contro il rivale Shicai. Questi, uscitone vittorioso, mantenne indiscusso il controllo su tutto lo Xinjiang, con la sola eccezione delle città di Yarkand e Khotan, rimaste invece fedeli a Ma

60

.

Il secondo esperimento repubblicano uiguro di indipendenza, diretto contro Shicai, emblema della sudditanza alla Cina, fu messo alla prova dei fatti nel 1937. Fu una repubblica più vasta della precedente, interpretando anche i sentimenti anticinesi dei kazaki, e un tentativo solo in parte più riuscito (restò in piedi dal 1944 al 1949), poiché restò ugualmente fallimentare. La repubblica originò da un clima di tensione che attraversò la Cina dal 1944. I distretti di Yili, Tacheng e Ashan (o Altai)

61

insorsero, dando inizio a quelle che nella storia cinese sono conosciute come le “tre

56In cinese significa “capo”.

57 Pupillo dei sovietici, nemico numero uno di quel Ma Zhongying che inizialmente aveva sostenuto la causa uigura per poi voltare loro le spalle e allearsi con i cinesi, fu un osso duro per gli uiguri. Ciò nonostante, non poté frenare lo slancio indipendentista uiguro che portò -proprio negli anni in cui aveva il mandato di governatore dello Xinjiang- alla nascita della prima delle due Repubbliche del Turkestan indipendente, vedi M. Dillon, op.cit., p. 21.

58 Bughra faceva parte di uno dei clan più importanti del Turkestan orientale, gli Amirs di Khotan.

59 Batté una propria moneta ed ebbe una propria bandiera rappresentata da una stella bianca su uno sfondo blu, M.

Dillon, op. cit., p. 21.

60 Per una storia più dettagliata sullo Xinjiang di questo periodo si veda A. D. W. Forbes, op. cit.

61 Sono città nel nord-ovest dello Xinjiang.

(10)

rivoluzioni distrettuali”. Ciò che spinse le città a ribellarsi fu la decisione di Shicai, presa nel 1943, di requisire 10.000 cavalli da destinare all’esercito; chi non poteva, avrebbe pagato una penalità superiore al prezzo di mercato dei cavalli stessi. La miccia del malcontento ormai era stata innescata. Nel giugno 1944, nella città di Puli, un esercito di liberazione guidato da Ishaq Beg sfidò l’esercito del Guomindang (GMD). Poi fu la volta della città di Nilka

62

e ancora esplose l’ira della città di Ghulja, dove il 15 novembre dello stesso anno i ribelli celebrarono la nascita della seconda Repubblica del Turkestan orientale o Uiguristan, come qualcuno propose di chiamare il nuovo stato

63

. L’anno seguente, al termine della Seconda guerra mondiale, il GMD decise di trattare incontrando la disponibilità dei turkestani, sollecitati intanto dall’URSS. Il 14 agosto del 1945 la ETR e il GMD firmarono un Trattato di alleanza e amicizia sullo Xinjiang. Vi si stabiliva che l’emissario nazionalista Zhizhong governasse la provincia cinese ma gli uiguri non furono disposti a fare nessuna altra concessione sui tre distretti “rivoluzionari”

64

. Nonostante i buoni auspici e la disponibilità di entrambi di arrivare a un compromesso sulla regione, tuttavia il trattato restò fermo alla fase delle trattative. Nel frattempo il GMD era stato assorbito dalla guerra civile contro il Partito comunista (CPP)

65

. La Repubblica Popolare che ne nacque estese il suo controllo sulle province di confine attraverso l’Esercito Popolare di Liberazione (PLA). A nulla valse il coraggio dei kazaki, guidati da Osman Batur, per impedirne l’occupazione. Negli annali cinesi nessuna parola fa pensare che si sia trattato di una conquista; per la Cina quel che accadde nel 1949 fu un benevolo atto di “liberazione pacifica”(una heping jiefang). Che ragione di esistere aveva il Turkestan orientale, se non leagato alla PRC?. La vicenda degli otto rappresentanti della Repubblica uigura che, andati a trattare con Pechino sul destino dello Xinjiang, erano morti in un incidente aereo, resta ancora oggi un mistero mai chiarito. Tutto fu archiviato come un semplice incidente. Su Pechino continua a pesare la colpa di non aver fatto chiarezza. Però, se un responsabile c’era, allora questi non poteva essere che Stalin

66

.

62 Detta Gongliu in cinese. Fu teatro di una rivolta di agricoltori.

63 Sulla questione del nome da dare al nuovo stato turkestano si veda il gruppo dei cosiddetti revisionisti giapponesi per i quali non si trattò affatto di uno stato islamico nel senso stretto dell’applicazione della legge coranica. In particolare,J.

A. Millward, Eurasian Crossroads. A History of Xinjiang, Columbia University Press, 2007, consiglia la lettura di S.

Yasushi, The 1931-34 Muslim Rebellion in Xinjiang and secret organizations, in “Shigaku Zasshi”, n. 12, 1990, pp. 1- 42.

64 M. Dillon , op. cit., cap. 4. J. A. Millward,Violent Separatism…, cit., p. 5.

65 GMD e CCP erano stati alleati negli anni del conflitto mondiale. La guerra civile, che li vide rivali, fu determinante per la vittoria dei comunisti che il 1° ottobre 1949 proclamarono la nascita della Repubblica Popolare Cinese (PRC). S.

Pepper, Civil War in China: The Political Struggle 1945-1949, Berkley, Rowman & Littlefield Publishers, 1978 (nuova ed. 2013).

66 E’ il contenuto di un’intervista che M. Dillon, professore di Storia cinese moderna all’università di Durham, realizzò ad Almaty nel 1999.

(11)

Nel 1955 nasceva la regione uigura autonoma dello Xinjiang cinese ma le belle promesse che aprirono gli anni Cinquanta rimasero solo parole. Infatti altro non sarebbe sopravvissuto di quella libertà che i sogni e le speranze che la Cina aveva alimentato, confermando nel popolo uiguro la consapevolezza di essere solo un utile popolo di confine.

Il grande Giallo maoista (1949-1980)

I primi anni di vita della Repubblica popolare cinese passarono all’insegna della tolleranza e portarono con sé la speranza che un nuovo corso, più dialogante rispetto al periodo nazionalista, potesse essere inaugurato con riguardo alle minoranze. Nutrirono le speranze i vari congressi del PCC che con una certa frequenza movimentarono la vita politica cinese. Nel settembre 1949 sull’agenda dei comunisti la questione Xinjiang e periferia sembrò avere una certa urgenza. Si decise di sistemare le minoranze attraverso un progetto di self government la cui realizzazione pratica avrebbe comportato una gestione a più livelli, sotto l’occhio attento del Grande Fratello han.

Nel dettaglio il minzu quyu zizhi (o semplicemente zizhi)

67

, ovvero questo sistema di autogoverno, si articolava per cerchi concentrici tutti ruotanti attorno al PCC che ne sorvegliava gli indirizzi e ne conteneva gli eccessi. Perciò le regioni avevano la loro propria autonomia (zizhi qu) e così pure le prefetture (zizhi zhou) e le contee (zizhi xian o qi). Nello Xinjiang i lavori per la ristrutturazione del sistema amministrativo furono aperti quattro anni dopo il congresso che li aveva discussi e approvati e nell’ottobre 1955 l’area divenne lo XUAR (Xinjiang Weiwuer zizhiqu, la Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang) con Saypidin Azizi

68

come vice presidente e presidente sia del Consiglio popolare sia del Comitato delle nazionalità dello Xinjiang e Wang Enmao

69

come governatore di fatto. L’approccio gestionale-organizzativo alla provincia del Turkestan fu erede dei multietnici imperi sovietico e Qing, ma secondo Millward sarebbe del tutto fuorviante parlare di federalismo poiché l’autonomia non fu mai slegata dal controllo del PCC

70

. Per gestire “la terra di confine” il partito comunista definì una strategia di autonomia (che prese la forma che abbiamo appena visto), di riforma delle campagne e di flussi migratori programmati di Han.

67 Letteralmente significa “autonomia regionale per le minoranze etniche”. http://www.gov.cn/english/official/2005- 07/28/content_18127.htm. Cfr. R. Gunaratna, A. Acharya, W. Pengxin, Ethnic Identity and National Conflict in China, New York, Palgrave Macmillan US, 2010.

68 Conosciuto anche come Saif al-Din ‘Aziz o Saifudin, fu membro della delegazione della ETR che andò a Pechino a trattare con il governo cinese dopo l’incidente aereo nel quale rimasero coinvolti i delegati scelti inizialmente per rappresentare la Repubblica turkestana nella capitale cinese.

69 Uno dei protagonisti della Lunga Marcia contro i nazionalisti, subentrò a Wang Zhen nel comando delle forze militari di stanza nello Xinjiang.

70 J. A. Millward, Eurasian Crossroads…, cit., p. 242. Cfr. anche J. Millward, N. Tursin, Political History and Strategies of Control, 1884-1978, in S. F. Starr (a cura di), Xinjiang. China’s Muslim Borderland, Armonk-London, M.

E. Sharpe, 2004, p. 91.

(12)

Con riguardo alla riforma della terra, essa sarebbe stata avviata per gradi che avrebbero portato al raggiungimento dello scopo primario per il quale essa fu varata, ovvero la collettivizzazione. Nella fase di sperimentazione della riforma sarebbero comparse cooperative di mutuo soccorso; poi a poco a poco ciascuno di questi gruppi avrebbe costituito cooperative più grandi che, a loro volta, avrebbero dato vita alle “comuni popolari”. Per convincere i contadini si promise loro l’espropriazione delle terre ai proprietari

71

e la riduzione dei canoni di affitto. Lo Xinjiang, tuttavia, non era un Paese omogeneo, nemmeno sotto il profilo economico; e il gap nord-sud risultò presto un problema per il PCC. Infatti, mentre nel sud già nel 1955 il 60% dei contadini era inserito nelle squadre di mutuo soccorso, nel nord solo 1/3 era inquadrato nei team comunisti del lavoro. La difficoltà che il partito incontrò nell’ammansire il nord si spiega sia con il temperamento più ribelle dei kazaki, l’etnia più diffusa in questa parte dello Xinjiang

72

, sia con la prevalenza di una struttura nomadica dell’economia. Ciò nonostante, anche nel nord nacquero alla fine delle cooperative di lavoro tra Han, Xibo e Uiguri

73

e nel picco del Grande Balzo in avanti del 1957 ben il 72% risultava reclutato nelle strutture comuniste

74

.

Accontentati gli umori politici, l’altra mossa da fare era soddisfare i desideri economici. Tuttavia, al terzo congresso del PCC del 1952 Mao Zhedong aveva spento già i riflettori sulla periferia e quando parlava di sviluppo promettendo ai cinesi che sarebbe stato completato entro la fine dell’anno, in realtà mentiva, e non solo mentiva al suo popolo ma scontentava anche le numerose minoranze che il piano economico non prendeva affatto in considerazione, perché le periferie, disse,

“necessitavano di riforme più graduali e di un attento percorso di educazione al socialismo in ragione delle loro numerose specificità”. Come a dire, esistono due Cine e quella che ha potenzialità di sviluppo è solo la Cina han. A onor del vero, del primo piano quinquennale lanciato nel 1953 lo Xinjiang, che è qui la regione che interessa prendere in considerazione, fu un tassello di punta per il quale furono addirittura predisposti veri e propri programmi di aiuto

75

. Si sa però che la politica usa spesso l’arma della retorica per “uccidere dolcemente” i suoi nemici; e in quest’ottica certamente più realistica, lo Xinjiang figurava nell’elenco delle priorità che il partito si era prefissato in un’ottica puramente strumentale. Quale altro ruolo ci si poteva immaginare di assegnare allo

71 Nello Xinjiang esisteva una vera e propria aristocrazia islamica della terra, la quale veniva donata alle istituzioni religiose attraverso il sistema della donazione (waqf).

72 I kazaki si erano già opposti alla collettivizzazione sovietica e anche in Cina rappresentano una delle minoranze più ribelli, contrarie alla “sinizzazione” dell’Islam e all’occupazione dello Xinjiang da parte del PLA.

73 Etnie più diffuse al nord del Paese.

74J. Millward, Eurasian Crossroads, cit., pp. 240ss. Cfr. M. Selden, The Political Economy of Chinese Socialism, New York, Routledge, 1988.

75 R. Gunaratna, A. Acharya, W. Pengxin, op.cit., cap. 2.

(13)

Xinjiang se non quello di alimentatore energetico della Cina? Perciò quello sarebbe stato solo il trampolino di lancio dell’audace progetto maoista di collettivizzare la terra e varare un piano infrastrutturale per sfruttarne il petrolio; allungando la mano anche sul Ningxia

76

, la Cina si assicurava per il futuro la copertura del suo fabbisogno energetico

77

.

Per venire all’ultima tattica, il piano di reinsediamento della provincia uigura cinese fu opera di Liu Shaoqi. Il politico riproponeva alla Cina un vecchio modo di governare le periferie che era stato degli Han, dei Tang e dei Qing; soprattutto quest’ultima dinastia aveva creato il sistema del tuntian che Shaoqi rimodulò adattandolo alla realtà dello Xinjiang. Tra il 1952 e il 1954 più di centomila soldati vennero reimpiegati in miniere, industria e agricoltura attraverso l’inquadramento nei Corpi militari di costruzione e produzione (o Bingtuan)

78

. Si trattava di fattorie di stato legate al PLA e strutturate secondo la gerarchia militare; presto furono capillarmente diffusi in tutta la provincia e funzionarono anche da campi di rieducazione per i critici del regime maoista

79

.

L’anno 1956 fu l’inizio di un disastro. Il fallimento della campagna Cento Fiori

80

, l’insostenibilità del sistema cooperativistico

81

, il Grande Balzo in avanti

82

che non c’era stato, tutto questo avrebbe costretto la Cina a tirare il freno a mano. Senza contare poi che ai problemi interni se ne andava aggiungendo uno ancora più grande che toglieva al PCC l’ancora che aveva fatto stare ferma la sua nave: la Russia, passata nel giro di poco tempo dall’essere partner privilegiata nella sollecitazione alla modernizzazione cinese all’essere il nemico numero uno a una puntata di naso fuori da

76 Il Ningxia è un’altra delle regioni “periferiche” cinesi abitate da una numerosa comunità musulmana.

77 Da solo lo Xinjiang copre la metà del fabbisogno cinese.

78 Il loro motto era: “Una mano sulla pistola, l’altra sul piccone”.

79 Anche l’uso di esiliare nel lontano ovest i carcerati era mutuato dai Qing. Mc Millen e Seymour hanno condotto uno studio approfondito sul sistema dei Bingtuan, studiandone ad esempio l’aumento di popolazione tra il 1954 e il 1967 e l’andamento medio annuo che rimase piuttosto costante. Pertanto si vedano al riguardo J. D. Seymour, Xinjiang’s Production and Construction Corps, and the Sinification of Eastern Turkestan, in “Inner Asia”, 2, n. 2, 2000, pp. 171- 193; H. D. McMillen, Chinese Communist Power and Policy in Xinjiang, 1949-1977, Boulder, CO, Westview Press, 1979.

80“Che fioriscano cento fiori, che contendano cento scuole” (băihuà qífàng, băijiā zhēngmíng) fu il nome della campagna di educazione al socialismo che Mao Zhedong inaugurò nel 1956. Il risvolto non previsto fu che intellettuali e studenti ne trassero spunto per contestare i quadri del PCC. Ne seguì un giro di vite repressivo, passato alla storia come Campagna contro la destra (Fanyou douzheng) che destinò ai campi di lavoro i critici del partito. Per approfondimenti, M. Sabattini, P. Santangelo, op. cit., p. 615; G. Samarani, La Cina del Novecento. Dalla fine dell’Impero a oggi, Torino, Einaudi, 2008.

81 Ci si riferisce alle comuni popolari di agricoltori avviate dal PCC nel 1953.

82 E’ il nome con il quale è conosciuta la misura maoista di politica economico-sociale tra il 1958 e il 1960 tesa all’obiettivo di far compiere al Paese un “grande salto in avanti” da realtà agricola a realtà industrializzata, partendo dalla ristrutturazione dei rapporti sociali, secondo il principio del “camminare su due gambe”, quella agricola e quella industriale, appunto. M. Sabattini, P. Santangelo, op. cit., p. 616. Per approfondimenti su questo aspetto specifico della storia cinese cfr. R. MacFarquhar, The Origins of the Cultural Revolution, Vol. 2: The Great Leap Forward, 1958-1960, New York, Columbia University Press, 1983.

(14)

casa

83

.Come fa notare Millward, il deterioramento dei rapporti sino-sovietici retroagì pesantemente sullo Xinjiang del quale l’URSS era il principale mercato di sbocco per i prodotti di manifattura e di tecnologia. Almeno altre due conseguenze dovette pagare la provincia cinese: la prima, il sillogismo nazionalismo-revisionismo, ovvero tutti i nazionalisti cominciarono a essere considerati filosovietici; la seconda fu la sostituzione del cirillico, fino a quel momento usato come alfabeto di riferimento per la scrittura della lingua uigura, e perciò la sostituzione di tutti i testi in cirillico con opere scritte in cinese

84

. Questo turbamento alle porte cinesi generò una miscela letale di delusione e di risentimento che scagliò il suo potenziale distruttivo proprio su quelle minoranze che in un primo momento il regime maoista aveva sembrato voler tutelare, almeno dal punto di vista politico;

per esempio attraverso la Costituzione del 1954

85

. A questo punto è stato certo però che sempre uno era stato il canovaccio di fondo sul quale il PCC aveva impostato la sua recita, ovvero la cosiddetta politica del fronte unito, basata sull’idea che per “combattere il nemico numero uno, bisogna allearsi con il nemico numero due”; del resto, era stata proprio questa la strategia che il partito aveva adottato anche con il Kuomintang, del quale in origine era stato alleato

86

. La vita politica cinese fu paragonabile a un format da serial mandato in onda a puntate con il quale il leader comunista dava il benvenuto a una nuova fase nei rapporti con le “opposizioni”, minoranze etniche comprese, certamente molto pericolosa. Nella prima puntata fu mandata in onda la Rivoluzione culturale. Tra i funzionari dello stato colpiti dagli strali maoisti ci furono anche molti musulmani e Mao non poté certo digerire che questi, con l’aggravante della loro specificità culturale, avessero rialzato il capo chiedendo anche più diritti, più autonomia, addirittura più indipendenza. Infatti, tra le nuvole nere della repressione politica proprio in quegli anni era apparso uno spiraglio di luce nel cielo del Turkestan. Dal 1968 cominciò a operarvi il Partito Popolare Rivoluzionario del Turkestan

83 Già deteriorati per via di Taiwan che la Cina voleva riannettere al proprio territorio, i rapporti sino-sovietici peggiorarono per una serie di cause. La prima fu un Protocollo che nel 1950 spezzò la validità del Trattato di amicizia che aveva legato Stalin e Mao Zedong e che consentiva all’URSS di sfruttare il petrolio e le riserve metallifere della regione turkestana della Zungaria per altri trenta anni. La seconda provenne dalla condanna allo stalinismo cui Kruscev si era lasciato andare al XX congresso del PCUS sovietico nel 1956, bollando i seguaci di Stalin come “revisionisti controrivoluzionari”, in J. Millward, Eurasian Crossroads…, cit., p. 255.

84 Altre conseguenze furono il richiamo degli ambasciatori e dei tecnici sovietici inviati per lavorare alla modernizzazione dell’industria cinese, le migrazioni di uiguri nel territorio dell’URSS e numerosi incidenti alla frontiera russo-cinese.

85 web.jus.unipi.it/wp-content/uploads/2014/05/Diritto_cinese.pdf. Per ulteriori approfondimenti si veda First National People’s Congress, Constitution of the People’s Republic of China, 1954, n. 9, articolo IV.

86 P. Lyman Van Slyke, Enemies and Friends, the United Front in Chinese Communist History, California, Stanford University Press, 1967.

(15)

orientale il quale progettava una nuova ETR sulla scorta delle glorie delle due passate

87

. L’episodio fu accompagnato da molteplici fenomeni di irredentismo. A Yining, per esempio, dove molti uiguri si ribellarono con l’appoggio dell’Urss

88

; o al confine con lo Yunnan

89

. Così anche per le minoranze, come del resto per gli oppositori di ogni sorta, iniziò un ciclo di “ripulitura generale”.

Una delle pieghe di questa ristrutturazione culturale fu la politica di libertà religiosa praticata negli anni Cinquanta. In realtà di libertà non ce ne fu traccia alcuna e fu piuttosto un modo per attrarre la

“periferia” verso il centro; del resto Mao era assolutamente convinto che con le maniere forti si sarebbero ottenuti risultati indesiderati e il discorso era ancora più vero se si trattava della questione

“religione”. Dando l’impressione che ciascuno fosse libero di credere o non credere, a poco a poco chi credeva si sarebbe convinto da solo a passare dalla parte dei non credenti

90

. Anche in questo caso la “politica del killing softly” fu l’arma migliore che il partito riuscì a sfoderare per combattere la sua personale guerra per la costruzione di uno stato omogeneo che annientasse ogni differenza.

Per quanto concerne i musulmani cinesi, nel giro di due anni furono chiusi l’Associazione musulmana e l’Istituto musulmano di letteratura e diritto operanti nel Paese. Furono censurati i giornali che osavano interessarsi ai problemi delle minoranze, come il

National Research

; furono sgombrate le moschee, incoraggiato l’allevamento di maiali. Metodi necessari per indebolire il difang minzu zhuyi e creare una minzu tuanjie

91

. Cinque furono i passaggi fondamentali di questa campagna. Il primo interessò l’accusa pubblica di “antirivoluzionario” in incontri pubblici fissati appositamente dal PCC contro i nemici del regime

92

. Seguirono programmi di rieducazione nel quale vennero inseriti gli oppositori ritenuti non particolarmente minacciosi per la stabilità del governo e del partito

93

e l’istituzione di associazioni patriottico-religiose pilotate dal governo con l’intento di controllare le attività e i movimenti d’impostazione religiosa e prevenirne eventuali

87 Z. Yuxi, Anti Separatism Struggle and its Historical Lessons since the Liberation of Xinjiang, 2003, su www.taklamakan.org/erkin/Chinese/transl.htr in traduzione inglese fornita dall’Associazione uigura americana. Le notizie del testo sono state tratte da J. A. Millward, Violent Separatism…, cit., p. 7.

88 H. D. MacMillen, op. cit.

89 D. Gladney, Muslim Chinese: Ethnic Nationalism in the People’s Republic, Cambridge, MA e London, Harvard University Asia Center, (nuova ed.), 1996, pp. 117-169.

90 Su questo bizzarro modo di Mao di trattare le questioni religiose c’informa Li Weihan, uno dei suoi più convinti assertori, in B. Leung, China’s Religious Freedom Policy: The Art of Managing Religious Activity, in “The China Quarterly”, n. 184, 2005, pp. 894-913.

91 Difang minzu zhuyi si può rendere in italiano con l’espressione “settarismo”, mentre minzu tuanjie significa “unità nazionale”.

92 Per esempio, furono intrappolati in questo vortice di condanne pubbliche vari vescovi cattolici, come Deng Yiming ma anche protestanti e leader dei buddisti cinesi del sud come Xuyun.

93 F. Schumann, Ideology and Organization in Communist China, in “Berkeley Journal of Sociology”,Vol. 12, 1967, pp.

55-72, URL: http://www.jstor.org/stable/41035117.

(16)

sbocchi insurrezionali

94

. Inoltre ogni pubblicazione di testi religiosi nei quali si poteva intuire una reinterpretazione della dottrina fu posta sotto vigilanza. Da ultimo, ma non meno grave, fu l’apertura di campi di lavoro (i laogai) destinati alla rieducazione dei disubbidienti. Negli anni Sessanta praticamente la vita religiosa era stata spazzata via; i luoghi di culto erano stati confiscati, gli istituti religiosi nazionalizzati, i non conformisti arrestati o mandati nei campi di concentramento. Si era passati così da un approccio soft a un altro militarizzato con le Guardie Rosse che bruciavano libri religiosi, dissacravano i simboli della fede, ricoprivano i credenti di ingiurie pubbliche

95

.

L’assimilazione delle minoranze non passava solo per la sistemazione dell’affare religioso; sarebbe certamente stata facilitata da una studiata riforma linguistica e questa non risparmiò la già tante volte modificata lingua uigura

96

. Perciò nel 1960 la scrittura cirillica fu sostituita da un nuovo alfabeto, ortograficamente simile a quello latino, ma foneticamente vicino al cinese, dal momento che conteneva un gruppo di caratteri speciali letti secondo la pronuncia dell’Hanyu pinyin

97

.

E’ in questi anni, nei sentimenti rubati, che va rintracciato il senso di rivincita che negli anni Novanta portò il popolo uiguro a riprendersi un posto nella storia. Nel frattempo, la grave crisi economica che si era abbattuta sulla Cina in conseguenza degli scriteriati piani quinquennali aveva spinto molti uiguri a cercare altrove una vita che nella loro terra gli veniva negata. Molti furono quelli che emigrarono nelle vicine repubbliche sovietiche ma non senza l’interferenza delle autorità cinesi. Perché gli uiguri non potevano essere liberi nemmeno di scegliere dove andare

98

.

94 Ne erano otto: l’Associazione Taoista cinese, i tre Movimenti Patriottici delle Chiese Protestanti Cinesi, la Conferenza Nazionale dei Cristiani di Cina, l’Associazione dei Patrioti Cattolici Cinesi, la Commissione amministrativa della Chiesa Cattolica cinese, l’Associazione dei buddisti cinesi, l’Associazione Islamica di Cina, il Collegio dei vescovi cattolici cinesi. Per approfondimenti si vedano D. H. Bays., A New History of Christianity in China, New Jersey, Wiley-Blackwell, 2011. Cfr. anche A conversation with the head of the Protestant Three-Self Patriotic Movement in www.christianitytoday.com/ct/2004/november/30.68.html?start=1.

95 Una delle vittime di questa efferatezza fu il vescovo Yiming, in carcere per 22 anni, in B. Leung, op. cit, p. 79.

96Lo uiguro (o Turki) è stato oggetto di almeno sei riforme linguistiche. Si è passati dalla iniziale scrittura verticale di derivazione sogdiana e aramaica usata dai Mongoli e dai Manciù, a una scrittura simile all’Urdu e al Farsi introdotta con la dominazione islamica, usata come lingua ufficiale della letteratura turco-persiana. Nel 1937 e nel 1954 oltre alla modifica della scrittura araba, i sovietici imposero che le lingue turche parlate negli Stati satelliti fossero scritte in cirillico. Seguirono le riforme degli anni Sessanta (infra) e Ottanta. Attualmente l’Università dello Xinjiang sta portando avanti una campagna per la “digitalizzazione” della lingua uigura, affinché sui computer venga predisposto un sistema di scrittura dello uiguro che ricalchi quello di latinizzazione già in uso per l’uzbeko. Cfr. F. R. Hahn, Spoken Uyghur, Seattle, University of Washington Press, 1991, (versione aggiornata). W. Dirks, in “Wiener Zeitschrift für die Kunde des Morgenlandes”, Vol. 83, 1993, pp. 349-352, URL: http://www.jstor.org/stable/23865750.

97 Consiste in una “latinizzazione” del cinese usata come metodo standard per la sua lettura a livello internazionale mediante l’associazione lettera-suono. Lo stesso procedimento si fa con le lingue turche ma i maoisti si guardarono bene dal creare corrispondenze troppo strette tra lingua uigura e lingua turca. Millward cita il seguente esempio: la lettera x, che è presente nello uiguro, nel turco e nel cinese, secondo la lettura latina del turco andrebbe letta k mentre in pinyin si legge sh, suono per l’appunto applicato allo uiguro. J. Millward, Eurasian Crossroads..., cit., p. 236.

98 L’episodio di Yi-Ta ne fu la dimostrazione, in R. Gunaratna, A. Acharya, W. Pengxin, op. cit., p. 42.

(17)

Rispolverando un vecchio copione dei Qing, i quali avevano consentito agli Han di occupare le terre abbandonate nel sud dello Xinjiang, la Cina maoista aveva già trasmesso anche la seconda tragica puntata del suo monologo repressivo, un trend migratorio ancora in voga che nel giro di qualche anno cambiò la struttura etnografica della “terra di frontiera”. Lo Xinjiang fu la periferia più colpita

99

. Questo pacchetto di misure repressive fu il colpo di coda di quel processo di assimilazione che metteva Han contro musulmani ma anche cinesi contro cinesi

100

; e fu il background nel quale sbocciò più agguerrito il nazionalismo uiguro degli anni Novanta. La religione apparve l’unica traccia rimasta di un’identità che veniva a poco a poco cancellata, punto di partenza per rivendicare la propria indipendenza, il proprio diritto a essere liberi. Agli anni Ottanta che bussavano alla porta la Cina avrebbe risposto con il viso ridente di chi accoglie una novità ma con l’atteggiamento vecchio di chi non sa proprio cambiare le proprie abitudini; e l’abitudine più viziosa dell’Impero di mezzo restò lo “scontro di civiltà”, nonostante il vento di modernità preannunciato da Deng Xiaoping.

Deng Xiaoping. “Porta aperta” sullo Xinjiang

Passato l’uragano del terrore maoista, lo Xinjiang e le province di frontiera tornarono a respirare in un clima di serenità e rilassamento. Andato al potere, Deng

101

apparve la linea di rottura con la politica assimilazionista condotta nei trenta anni che lo avevano preceduto. Infatti, una serie di misure derogatorie di ciò che in epoca maoista era stato, accreditarono la serietà delle sue intenzioni. Il ripristino del Dipartimento sulle Nazionalità (1978) e dell’Associazione Islamica dello Xinjiang (1980) fecero da apripista al programma di riforma che egli aveva pensato per aprire la Cina al mercato globale e all’avventura nei principali organismi internazionali. In questi anni si poté assistere a una rielaborazione della politica del Fronte Unito la quale, rimasta immutata quanto all’obiettivo di un esercizio di controllo da parte del partito, tuttavia ne modificava la strategia, secondo la convinzione che “concedere” avrebbe portato all’effetto sperato. In quest’ottica tornò di gran moda parlare di autonomia e di riforme economiche per le terre cinesi di frontiera; due passi necessari da fare se si volevano davvero tenere le stesse sotto controllo. «Il diritto all’autogoverno non è il diritto concesso a una regione (diqu) ma a un popolo, che è il popolo nazionale (minzu

99 Si consultino i dati statistici in appendice per vedere come è cambiato il quadro etnico.

100 Il riferimento è alla Rivoluzione culturale che creò un generalizzato clima da guerra civile. Anche lo Xinjiang fu travolto nella spirale repressiva e destò molta preoccupazione nel PCC la marcia dei lavoratori bingtuan su Urumqi per il controllo sul sito di Lop Nor; qui la Cina stava portando avanti i suoi test nucleari.

101 Deng era stato uno dei martiri politici della Rivoluzione culturale del 1957.Prese il potere nel 1978 nel corso della sessione dell’XI Comitato centrale del Politburo del PCC, succedendo non direttamente a Mao, morto due anni prima, ma alla cosiddetta Banda dei quattro guidata dalla moglie del leader comunista e da Hua Guofeng.

Riferimenti

Documenti correlati

Die Mitarbeiter arbeiten über der Leistungsgrenze. Wir müssen etwas unternehmen.. Wir haben Glück und wir haben auch eine soziale Verantwortung.. Wir haben das technische Know-How.

Dank Digitalisierung gelingt es, Daten in Echtzeit zu monitorieren - Das wiederum führt zu einem besseren Verständnis der Auswirkungen von Entscheidungen... Measure

…bis heute: Eröffnung Produktionshalle, Lobis CaféBar, (10 Eigenmarken, German Design Award 2018 &. 2020, Innovationspreis 2017 & 2019, BigSEE

Kontinuierliche Kommunikation und strukturiertes Feedback gegenüber Mitarbeitern und anderen Abteilungen. Was bedeutet Smart Working für

„1+1 Fertigung“ muss beibehalten werden und zugliech die Effizienz gesteigert werden.. Die digitalen Technologien helfen

“Stets teile ein Mensch sein Geld in drei Teile: ein Drittel in Grundbesitz, ein Drittel in Waren und ein Drittel in seiner Hand.”!. Wie sollte somit ein langfrister

IL PRATO HA VINTO 3-0 CONTRO IL

Nel mese di aprile la nuova produzione di polizze vita individuali raccolta in Italia dalle imprese italiane e dalle rappresentanze di imprese extra-U.E., comprensiva dei premi