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I RIFIUTI: ASPETTI GENERALI E DEFINIZIONI

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Academic year: 2021

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I

Indice

Introduzione………p. IV

C

APITOLO

P

RIMO

I RIFIUTI: ASPETTI GENERALI E DEFINIZIONI

1. La disciplina dei rifiuti: regole in continua evoluzione………..p. 1 2. Il concetto di rifiuto: definizione e limiti alla luce del nuovo D.lgs.

205/2010………..p. 6 2.1. I sottoprodotti………p. 9 2.2. Le materie prime secondarie e il concetto di End of Waste…..…p. 13 3. Classificazione dei rifiuti………..…p. 18 3.1. Rifiuti urbani, speciali e assimilati. Definizioni e disciplina…….p. 19 3.2. (segue) Rifiuti pericolosi e non pericolosi………..p. 25

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II

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APITOLO

S

ECONDO

IL RECUPERO DEI RIFIUTI

1. Il ciclo di vita dei rifiuti……….p. 29 1.1. Le problematiche legate al trasporto: il concetto di tracciabilità e il SISTRI………..p. 34 2. Il criterio della gerarchia: l’importanza del recupero nell’ambito del Sistema Integrato……….p. 42 3. Specifiche modalità per il recupero dei rifiuti ………p. 48 3.1. Il compostaggio……….p. 50 3.2. Il riciclaggio………p. 56 3.3. Il recupero di energia………p. 60

C

APITOLO

T

ERZO

LO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI

1. Lo smaltimento dei rifiuti in Italia: disciplina giuridica di riferimento……….p. 71 2. Le modalità di smaltimento dei rifiuti nel rispetto della normativa europea in tema di BAT……….p. 78 3. L’ “impianto discarica”: autorizzazioni e disciplina……….p. 82 3.1. Lo strumento economico dell’Ecotassa……….p. 92

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III 3.2. La bonifica dei siti contaminati………p. 97

C

APITOLO

Q

UARTO

LA GESTIONE DEI SERVIZI DI SMALTIMENTO E RECUPERO

1. Il sistema delle competenze nella gestione dei rifiuti e il quadro costituzionale della tutela dell’ambiente………p. 104 2. La gestione dei rifiuti: organizzazione territoriale per l’affidamento del servizio……….. p. 114 3. Le modalità di affidamento del servizio: disciplina di settore….p. 123 3.1. Affidamento tramite gara……….p. 128 3.2. Affidamento in house………..p. 132 3.3. Affidamento tramite gara a doppio oggetto: le società miste nel contesto del Partenariato Pubblico Privato………..p.137 3.3.1. Lo strumento finanziario del Project Financing per i servizi di gestione dei rifiuti………p. 143

Conclusioni………..p. 165

Bibliografia……….p. 172

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IV

Introduzione

Con la Direttiva Europea 2008/98/CE, recepita dal D.lgs.

205/2010, la gestione dei rifiuti, già disciplinata a livello nazionale dal D.lgs. 152/2006, è stata inserita nel quadro di una politica che mira alla realizzazione di un generale abbattimento della produzione degli stessi, tramite la previsione di obiettivi stringenti da raggiungere, e l’individuazione di specifiche misure che consentano ai beni di trovare nuova vita, dopo il loro utilizzo.

Attraverso la configurazione di un vero e proprio Sistema Integrato, l’Europa nel corso degli anni è intervenuta a regolare l’intero ciclo di vita dei rifiuti imponendo agli Stati comportamenti virtuosi in ogni fase dello stesso: dalla produzione allo smaltimento.

Proprio a tale scopo la Direttiva ha definito la cosiddetta “gerarchia dei rifiuti”, una scala di priorità gestionali in cui si stabilisce che ad una preliminare prevenzione debbano seguire pratiche di riutilizzo, e di recupero (di materia e di energia), ricorrendo allo smaltimento solo in via residuale.

Per prevenire la produzione dei rifiuti occorre infondere

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nella società la giusta consapevolezza circa la problematicità della questione, incentivando i cittadini ad un abbandono della logica

“usa e getta” e ad un più marcato rispetto della raccolta differenziata. Proprio nell’ambito di tali politiche preventive è stata esemplare l’introduzione ad opera del D.lgs. 205/2010 dell’art. 178- bis all’interno del Testo Unico Ambientale. Con tale norma il legislatore nazionale sulla scia delle previsioni europee, è andato ad individuare la cosiddetta responsabilità estesa del produttore, intendendo per tale non colui che produce rifiuti, ma colui che produce beni, i quali, in virtù di tale disposizione, devono essere pensati, progettati e realizzati, tenendo conto di quello che potrà essere un loro più agevole recupero, una volta che saranno divenuti rifiuti.

Più virtuosa sarà la raccolta differenziata, più efficienti saranno i risultati in termini di recupero. La frazione organica potrà infatti essere trattata negli appositi impianti di compostaggio, attivando invece le specifiche filiere del riciclaggio per tutti gli altri materiali separatamente, quali carta, plastica, vetro, alluminio, etc.

Altra forma di recupero prevista dall’Unione Europea è quella

energetica, prevista per tutti quei rifiuti indifferenziati, non

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altrimenti recuperabili. Si stima che 100 kg di rifiuti abbiano un potere energetico equivalente a quello di 22 kg di petrolio. Viene quindi in esame la disciplina dei termovalorizzatori, che a differenza dei precedenti inceneritori, non sono progettati solo per bruciare rifiuti, ma per sfruttare tale combustione, ricavandone energia.

Ecco perché il decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 (convertito in l. 11 novembre 2014 n. 164), recante “misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrologico e per la ripresa delle attività produttive”, il cosiddetto DL “Sblocca Italia”, contiene importanti novità riguardanti il sistema nazionale di recupero di energia dai rifiuti urbani. In particolare l’articolo 35 inserisce gli impianti di incenerimento e di recupero energetico tra le “infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale” .

La disciplina dei termovalorizzatori è stata al centro della

politica europea, la quale sta attualmente elaborando, grazie ad un

gruppo di esperti riunitosi a Siviglia, il nuovo Bref in materia di

Waste Incinerition, documento che probabilmente sarà pronto al

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VII

termine del 2015, e che andrà a sostituire il precedente Bref del 2006. Scopo di tale regolamentazione consiste nell’individuazione di quelle che sono le migliori tecnologie disponibili (cosiddette BAT) da adottare in fase di progettazione e realizzazione di tali impianti, affinché sia possibile ridurre gli impatti ambientali che gli stessi generano sull’ambiente, salvaguardando così la salute umana e la salubrità dell’ecosistema.

Nel 2012, in Europa, di 244 milioni di tonnellate di rifiuti prodotti, circa 57 milioni sono stati inviati ad impianti di termovalorizzazione. Tuttavia, la situazione impiantistica sul territorio appare molto disomogenea, e se la termovalorizzazione costituisce la soluzione privilegiata per Paesi come la Danimarca, e la Svezia, che vi ricorrono per smaltire più del 50% dei rifiuti prodotti, essa è rispettivamente allo 0% in molti altri Stati, quali Bulgaria, Romania, Grecia, Croazia, Lituania, Malta, Cipro e Lettonia.

L’Italia si pone tra il 15% e il 20%, risultando nel nostro Paese

ancora preponderante, per i rifiuti indifferenziati non altrimenti

recuperabili, il ricorso alle discariche. Discariche che, nella

gerarchia poc’anzi citata, sono collocate dall’Unione Europea

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all’ultimo gradino, essendo considerate una soluzione meramente residuale, in quanto inefficiente, e poco virtuosa.

Come ribadito infatti dalla Commissione Europea nella Comunicazione del 25.09.2014, lo scopo della politica europea in tema di gestione rifiuti, consiste nella volontà di sviluppare un’economia circolare che sfrutti al massimo, e il più a lungo possibile, il valore residuale di ogni tipo di risorsa disponibile; e i rifiuti sono questo: una risorsa, che non può, e non deve, essere sprecata nelle discariche.

Nella seconda e ultima parte di questo elaborato vengono affrontati i temi centrali della questione, ossia quelli relativi alla gestione del servizio dei rifiuti sul territorio, alle sue specifiche modalità di affidamento e ai costi connessi.

Da questo punto di vista, la differenziazione territoriale è marcata, presentando caratteristiche e performance anche profondamente diverse tra una Regione e l’altra, sia in termini di produzione e trattamento, sia per struttura imprenditoriale, sia infine in riferimento alle scelte di governance effettuate.

Rimanendo a livello di macro aree, si può tracciare un sintetico

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profilo che vede il Nord Est caratterizzato dalla presenza di multiutility, da un basso conferimento in discarica e da livelli marcati di raccolta differenziata; il Nord Ovest e il Centro, con alcune eccezioni (Lazio e Liguria su tutte), contraddistinti da una significativa presenza di impianti di trattamento e percentuali di smaltimento in discarica più basse della media europea. Infine il Sud caratterizzato dalla diffusione di piccole imprese, spesso concentrate solo nella fase della raccolta, con una bassa capacità di investimento, determinata da una domanda di gestione non qualificata e molto frammentata. Inoltre, pur in presenza di percentuali poco rilevanti di raccolta differenziata, a eccezione di alcune realtà comunali virtuose, il Mezzogiorno registra costi del servizio significativamente più alti della media.

Raggiungere gli obiettivi che l’Unione Europea stabilisce non è affar semplice per le Autorità locali, e spingersi solo verso la raccolta differenziata comunque non basta. Per poter garantire la completa chiusura del ciclo, è necessario dotarsi di strutture impiantistiche adeguate, efficienti, e opportunamente dimensionate.

In alternativa, di fronte ad un sistema impiantistico non in

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grado di soddisfare a pieno le esigenze locali, potrebbe risultare necessario esportare i rifiuti all’estero, perdendo così la possibilità di sfruttare sul territorio nazionale la risorsa “rifiuto”.

Purtroppo, tale fenomeno per l’Italia non si configura come una mera ipotesi, ma come una soluzione effettivamente adottata, e in forte crescita.

Data l’inadeguatezza e la frammentarietà del sistema impiantistico italiano, infatti, la movimentazione transfrontaliera dei rifiuti è in continuo aumento: le esportazioni italiane di rifiuti speciali sono passate da circa 2 milioni di tonnellate nel 2007 a 4,9 milioni di tonnellate nel 2010, con una crescita pari approssimativamente, in termini assoluti, al 150%. Tali rifiuti sono destinati principalmente ai Paesi del Nord Europa, Germania in primis, dove gli impianti eccessivamente dimensionati, presentano una curva di domanda elevatissima.

Le politiche dell’Unione Europea impongono quindi agli

Stati di dotarsi di infrastrutture idonee alla gestione di processi di

trasformazione complessi. In mancanza di tali requisiti i Paesi dotati

di un sistema impiantistico più adeguato avranno un notevole

vantaggio competitivo nei confronti degli altri.

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Tuttavia, realizzare un apparato impiantistico adeguato ha dei costi elevati, che molto spesso gli enti pubblici non riescono a sostenere.

Basti pensare, a mero titolo esemplificativo, al nuovo impianto di termovalorizzazione di Torino, costato ben 260 milioni di euro; risulta evidente quanto possa essere difficile per le casse pubbliche, affrontare determinate spese in modo autonomo.

A tale proposito si è analizzato, negli ultimi paragrafi di questa tesi, il ruolo svolto in questo contesto dai soggetti privati, e le possibili forme di collaborazione tra gli stessi e la Pubblica Amministrazione.

È stata quindi considerata più da vicino la disciplina del Partenariato Pubblico Privato, in cui i modelli delle società miste, e del Project Financing, costituiscono una valida alternativa e una soluzione economicamente vantaggiosa, a fronte dei problematici deficit di bilancio dei nostri enti territoriali.

Da questo punto di vista, il ricorso al Project Financing

rappresenta uno strumento importante, attraverso cui l’ente, per la

messa in opera di determinati impianti, può ricorrere al capitale di

soggetti privati, i quali si vedranno remunerati degli investimenti

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XII

effettuati, attraverso i flussi di cassa legati alla gestione del servizio, gravando sul capitale di rischio da essi conferito la responsabilità e l’andamento della gestione stessa.

L’utilizzo del Project Financing presenta vantaggi e criticità.

Un aspetto particolarmente importante, circa i rischi di gestione assunti dalla società progetto, è legato all’eventuale cambiamento delle politiche sul territorio, tali da poter incidere, in modo imprevisto, sui flussi di rifiuti. Per comprendere adeguatamente il fenomeno può essere utile prendere come esempio il caso dei termovalorizzatori. Realizzare un impianto di questo tipo significa al tempo stesso prevedere determinate quantità di rifiuti che saranno destinate ad esservi immesse. Considerando che un impianto simile, con adeguate opere di manutenzione, può avere un periodo di vita superiore ai 40 anni, è evidente che politiche spinte, incentivanti della raccolta differenziata, potrebbero nel corso degli anni alterare le quantità di rifiuti indifferenziati disponibili per la combustione.

Come si conciliano allora i due aspetti? Il cambiamento

dei flussi di rifiuti circolanti, potrebbe infatti avere gravi

ripercussioni sulla gestione di un termovalorizzatore, il quale, da

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questo punto di vista, potrebbe rischiare di trovarsi ad essere sovradimensionato.

Per fornire una risposta al quesito, bisogna considerare un elemento importante. Il ricorso al Project Financing non si rivolge solo agli impianti di termovalorizzazione, ma a tutti gli impianti del ciclo integrato.

Da questo punto di vista, l’utilizzo di tale strumento economico appare estremamente vantaggioso, in quanto potrebbe essere possibile includere in uno stesso progetto la realizzazione di più impianti, realizzando così, all’interno di una determinata area, un sistema impiantistico di recupero e smaltimento integrato ed efficiente. Ciò inciderebbe significativamente sul rischio legato ad eventuali variazioni nella produzione di rifiuti all’interno del bacino d’utenza, costituendo, a tale proposito, un elemento di valutazione incentivante, per gli investitori economici privati.

Questo ed altri aspetti saranno specificatamente oggetto di

riflessione nel proseguo di tale elaborato, allo scopo di sottolineare

quanto la gestione dei rifiuti si configuri come una

problematica sempre più attuale e complessa, in cui le esigenze di

tutela ambientale si scontrano con interessi economici pubblici e

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privati, rischiando talvolta di lasciare nell’ombra il perseguimento

degli standard europei.

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