• Non ci sono risultati.

La tutela monocratica nel processo amministrativo: insoluto equilibrio fra garanzie ed utilità.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La tutela monocratica nel processo amministrativo: insoluto equilibrio fra garanzie ed utilità."

Copied!
125
0
0

Testo completo

(1)

1

Indice

Introduzione………6

Capitolo I

IL GIUSTO PROCESSO

1.1 Cenni introduttivi………..10

1.2 Il giusto processo amministrativo………..15

1.3 I principi strutturali………..16

1.3.1 I principi attinenti al giudice. Cenni e rinvio……16

1.3.2 I principi attinenti alle parti. Il contraddittorio e

la parità processuale………20

1.3.3 Ragionevole durata del processo………27

1.4 I principi funzionali………30

1.4.1 Il principio di effettività della tutela……….30

1.4.2 Il principio di effettività nel processo

amministrativo………33

(2)

2

Capitolo II

LA TUTELA CAUTELARE ANTE CAUSAM

2.1 Profilo storico……… 44

2.1.1 Il tentativo di introduzione in via pretorile della

tutela cautelare ante causam………46

2.1.2 L’alt della Corte Costituzionale all’introduzione

della tutela ante causam e il monito della Corte di

Giustizia………50

2.2 I presupposti di applicazione……….56

2.3 L’iter procedurale……….60

2.3.1 Brevi cenni sul rito abbreviato………..64

2.4. La tutela cautelare ante causam ed il principio del

contraddittorio………65

2.5 La tutela ante causam nel processo civile……….67

2.6 Riflessioni finali: molto rumore per nulla?...70

Capitolo III

LA TUTELA CAUTELARE INAUDITA ALTERA PARTE

3.1 Cenni introduttivi………..75

(3)

3

3.2 La misura presidenziale in causa prima del Codice:

l’Articolo 21 della Legge N.1034 del 1971………75

3.3

L’Articolo

56

del

Codice

del

Processo

Amministrativo………80

3.3.1 Il ruolo del contraddittorio………..86

3.3.2 …Ed il correttivo del Codice……….89

3.3.3 Il principio del contraddittorio nella tutela

cautelare civile……….92

3.3.4 Ulteriori profili procedurali: la cauzione, i termini

di efficacia e la liquidazione delle spese………..94

3.3.5 La misura monocratica in appello………..97

3.3.6 L’esecutività del decreto monocratico……….99

Capitolo IV

I DECRETI CAUTELARI MONOCRATICI NELLA

GIURISPRUDENZA DEL TAR TOSCANA

4.1 Introduzione………..101

4.2 La scarsa applicazione della tutela ante causam nella

giurisprudenza del Tar Toscana……….103

4.3 Spunti di riflessione in merito alla tutela monocratica ex

Articolo 56………105

(4)

4

Bibliografia……….109

Giurisprudenza……….118

Riferimenti normativi………123

(5)
(6)

6

Introduzione

Progressivamente, la tutela cautelare ha assunto un’importanza sempre più pregnante all’interno del processo amministrativo: difatti, l’originario Articolo 21 della Legge istitutiva dei Tar riconosceva ben limitati poteri in capo al giudice amministrativo, il quale poteva unicamente disporre la sospensione del provvedimento ritenuto viziato.

Attraverso le spinte della giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, nonché della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, l’intera materia è stata rivisitata in un’ottica di maggiore effettività, dapprima con l’intervento della Legge N.205 del 2000, la quale ha improntato la tutela cautelare amministrativa al principio di atipicità, consentendo al giudice di adottare le misure più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione di merito.

Dall’altro lato, si è inserita un’importante novità nel panorama legislativo, ossia la possibilità per il Presidente del Tar di adottare decreti cautelari inaudita altera parte, dietro istanza presentata dal ricorrente, nei casi di estrema gravità ed urgenza, derogando al principio di necessaria collegialità della decisione.

Ulteriori passi avanti sono stati poi compiuti dal Codice dei Contratti Pubblici, attraverso il quale si è introdotta la tutela

cautelare ante causam, sebbene limitatamente a tale settore. Essa

può essere concessa al soggetto legittimato a ricorrere, prima dell’instaurazione del giudizio di merito e, quindi, prima della notifica del ricorso introduttivo.

(7)

7

Successivamente, questa misura verrà estesa a tutta la giustizia amministrativa, grazie all’intervento del Codice del processo Amministrativo, il quale dedica l’intero Titolo II del Libro II proprio alla materia cautelare.

L’elaborato si propone di analizzare in prima istanza i principi del giusto processo canonizzati dall’Articolo 111 della Costituzione e calati all’interno del processo amministrativo, soprattutto grazie alle disposizioni introduttive del Codice ed – in particolare – all’Articolo 2 dello stesso, non a caso rubricato “Giusto processo”, ai sensi del quale “Il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti, del

contraddittorio e del giusto processo previsto dall'articolo 111, primo comma, della Costituzione”.

In particolar modo, verrà prestata attenzione a quei principi che più da vicino interessano la materia cautelare e che in qualche modo possono subire delle frizioni rispetto agli istituti che ci si propone di analizzare.

Per questo motivo, primaria rilevanza è assunta dal principio di effettività della tutela giurisdizionale - richiamato dall’Articolo 1 del Codice - di cui la materia cautelare è strumentale, ma anche dai principi del contraddittorio e della parità delle parti.

Successivamente, verranno affrontati i decreti monocratici, in

causa ed ante causam, che per le loro peculiarità e struttura

potrebbero risultare poco conformi ai canoni del giusto processo. In realtà, come si tenterà di dimostrare, i timori in merito all’effettivo rispetto del contraddittorio, nonché del diritto di difesa delle controparti – ed in particolare della Pubblica Amministrazione,

(8)

8

che si fa portatrice di un interesse a rilevanza pubblicistica – emersi sotto la vigenza della precedente disciplina, sono stati pressoché placati dal Codice, il quale, attraverso la necessaria notificazione alle controparti dell’istanza cautelare e dell’eventuale provvedimento di accoglimento, la revocabilità del decreto monocratico, gli stretti termini di efficacia che ne decretano la provvisorietà e interinalità e così via, ne è andato a colmare le rispettive fallacie.

Particolare attenzione sarà dedicata ai dubbi che continuano a circondare la tutela cautelare ante causam, soprattutto in merito alla sua effettiva utilità pratica.

Tali dubbi sono alimentati, altresì, dallo scarso utilizzo dell’istituto nella prassi dei Tribunali Amministrativi Regionali e forse questo potrebbe portare a pensare che, in ultima analisi, le parole della Corte Costituzionale nella celebre Ordinanza N.179 del 2002 non fossero poi così errate: secondo la Corte, infatti, nel processo amministrativo la tempestività e l’effettività della tutela cautelare sarebbero già pienamente assicurate dalla presenza di una serie di istituti ed, in particolare, dalla “emanabilità, in caso di estrema

gravità ed urgenza, di misure cautelari interinali con decreto del Presidente del Tar o della Sezione, con efficacia fino alla pronuncia collegiale”. La tutela monocratica in causa, quindi, sembrerebbe di

per sé sufficiente a realizzare le esigenze di effettività e celerità della tutela giurisdizionale.

In conclusione, utilizzando le parole di Roberto Leonardi, sembra che il legislatore si sia imposto un “falso problema” attraverso l’introduzione della tutela cautelare ante causam nel panorama amministrativo italiano, una mossa che è stata letta dalla dottrina

(9)

9

maggioritaria come una comunitarizzazione del processo amministrativo, ovvero una mera imposizione da parte della Comunità Europea, cui l’ordinamento italiano si è dovuto necessariamente adeguare, senza che ve ne fosse un effettivo bisogno.

Nell’ultimo capitolo, questo profilo verrà evidenziato attraverso uno sguardo ai decreti cautelari monocratici emessi dalla Presidenza del Tar Toscana, con sede a Firenze, laddove è palese la scarsa eco pratica assunta dalla tutela cautelare ante causam rispetto al decreto monocratico in causa.

(10)

10

CAPITOLO 1:

IL GIUSTO PROCESSO

1.1 Cenni introduttivi.

Il principio del giusto processo impone che ogni procedura giurisdizionale davanti ad un organo giudiziario sia giusta, ossia “garantisca per legge le posizioni giuridiche soggettive riconosciute ai

consociati in modo pieno ed effettivo, consentendo che il processo si svolga nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice imparziale e terzo e per una durata ragionevole1”.

La nozione nasce negli ordinamenti di Common Law2, in

particolare in Nord America e nel Regno Unito, sotto la veste del due

process of law clause. A differenza dell’impronta che verrà data a tale

principio a seguito della modifica costituzionale del 1999, in tali ordinamenti esso presenta una duplice accezione: da un lato, infatti, emerge un profilo sostanziale, inteso come effettività della tutela

1MORBIDELLI, G. Codice della Giustizia Amministrativa, Milano, 2015.

2Un primo riferimento si rinviene già all’interno del Capitolo 39 della Magna Carta

Libertatum, laddove si afferma che “No free man is to be arrested, or imprisoned, or disseised, or outlawed, or exiled, or in any other way ruined, nor will we go against him or send against him, except by the lawful judgment of his peers or by the law of the land”. Per maggiori approfondimenti in merito all’esegesi storica del

principio del giusto processo, si veda TROCKER, N. Il nuovo Articolo 111 della Costituzione e il “giusto processo” in materia civile: profili generali, in Rivista

(11)

11

giurisdizionale; dall’altro lato, invece, un profilo formale o strutturale, relativo, cioè, alle regole di funzionamento del giudizio3.

Nella sua formulazione originaria, la Costituzione italiana non prevedeva alcun riferimento al giusto processo: è con la Legge Costituzionale N.2 del 1999, non a caso rubricata “Inserimento dei

principi del giusto processo nell’Articolo 111 della Costituzione”, che il

principio in esame viene formalmente consacrato all’interno del I comma della disposizione, laddove si afferma che “La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge”. Dal tenore della norma e, in particolare, dal II Comma, si evince l’accoglimento di una concezione procedurale del giusto processo, richiamando il principio del contraddittorio, la parità delle parti, la terzietà e imparzialità del giudice, nonché la ragionevole durata del processo e, quindi, profili che attengono, nel loro insieme, alle regole di funzionamento del giudizio.

In verità, anteriormente alla riforma, parte della dottrina aveva già tentato di elaborare un principio generale di carattere costituzionale, in grado di condizionare la legittimità della disciplina di ogni processo4, attraverso una lettura combinata di altre

disposizioni costituzionali, tra cui l’Articolo 24, che sancisce il diritto di ogni individuo ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti soggettivi e interessi legittimi5, oppure l’Articolo 113, che ammette

3RAMAJOLI, M. Giusto processo e giudizio amministrativo, in Diritto Processuale Amministrativo, N.1, 2013, P.1 ss.

4 CECCHETTI, M. Voce Giusto Processo, in Enciclopedia del Diritto, V Appendice,

2001, P.595 ss.

5A titolo di esempio, CAPPELLETTI, M. Diritto di azione e di difesa e funzione

concretizzatrice della giurisprudenza costituzionale (Articolo 24 Costituzione e “due process of law clause”), in Giurisprudenza Costituzionale, 1961, p.1286. L’autore, commentando la Sentenza N.70 del 1961 della Corte Costituzionale, afferma che “il

(12)

12

sempre ed in ogni caso la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della Pubblica Amministrazione. A questo profilo, si era aggiunta l’opera della Corte Costituzionale, che in più pronunce si era appellata al concetto di giusto processo, qualificandolo come vero e proprio principio di carattere costituzionale6.

Facendo leva sulle letture fornite dalla Corte e dalla dottrina, in merito alle già vigenti disposizioni costituzionali, nonché sul riferimento alle fonti sovranazionali ed in particolare l’Articolo 6 della Convezione Europea dei Diritti dell’Uomo, dal cui “equo processo” l’Articolo 111 sembra aver tratto ispirazione, parte della dottrina ha tentato di sminuire la portata del nuovo principio7. All’estremo

merito della Corte, nella specie, è quello di essere andata sviluppando qualcosa che con evidenza sempre crescente può avvicinarsi alla clausola, fondamentale nella Costituzione e vorrei dire anche nella storia nordamericana, che passa sotto la formula del due process of law. Non basta che tutti i cittadini, anzi tutti i soggetti anche non cittadini, possano agire e possano difendersi in giudizio. E’ anche necessario che il giudizio si svolga con tutte quelle garanzie processuali (…) senza le quali il processo non è quel due process of law”.

Si veda anche CALAMANDREI, P. Processo e giustizia, in Rivista Diritto Processuale, II, 1950, P. 283 ss. Secondo l’autore, lo scopo del processo è la giustizia, per cui lo stesso deve essere strutturato in modo tale che questa possa essere raggiunta, deve essere quindi un processo giusto. Calamandrei, infatti, afferma che “Se a scopo del

processo si pone, non qualsiasi risoluzione autoritaria del litigio, ma la decisione di esso secondo verità e secondo giustizia, allora anche i congegni processuali devono adeguarsi a queste indagini assai più delicate e profonde, e l’interesse del processo si concentra nei metodi di queste ricerche, e si addentra, senza più contentarsi delle forme esterne”.

6A titolo di esempio, si veda la Sentenza N.432 del 1995, laddove la Corte qualifica

espressamente il diritto di difesa come componente essenziale del giusto processo. Si veda, inoltre, la Sentenza N.177 del 1996, ove il principio in esame viene collegato alla necessaria imparzialità del giudice, sotto il profilo della formazione del rispettivo convincimento. Ulteriori riferimenti giurisprudenziali possono essere ricavati da MORBIDELLI, G. Codice della Giustizia Amministrativa, Op. Cit., P.37 ss.

7In questo senso, si veda CHIARLONI, S. Il nuovo Art.111 e il processo civile, in Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il giusto processo civile, a cura di Civinini e

Verardi, Milano, 2001; COMOGLIO, L.P. La riforma del processo amministrativo e le garanzie del “giusto processo”, in Rivista di diritto processuale, Volume II, 2001.

(13)

13

opposto, si è esaltato il carattere innovativo della disposizione, arrivando a prefigurare un nuovo modello processuale, diverso e lontano rispetto alle garanzie precedentemente riconosciute8.

Ambedue le posizioni, però, a parere di chi scrive, sono da ritenere inesatte: se dal punto di vista contenutistico, infatti, le garanzie richiamate dalla novella costituzionale non presentano particolari novità, è sotto il profilo funzionale che l’Articolo 111 e il richiamo al giusto processo devono essere analizzati: essi, infatti, forniscono una chiave di lettura delle garanzie processuali eterogenee e diverse fra di loro, che emergono da altre disposizioni costituzionali, nonché dalle fonti sovranazionali9, in un’ottica di maggiore

sistematicità, interdipendenza e, soprattutto, effettività della tutela giurisdizionale10.

8COSTANTINO, G. Il giusto processo di fallimento, in La tutela dei crediti nel giusto processo di fallimento, a cura di Didone e Filippi, Milano, 2002, ove l’autore arriva

al punto di qualificare i precedenti modelli processuali come “ingiusti” alla luce del nuovo disposto costituzionale.

9Oltre al già menzionato Articolo 6 CEDU, i corollari del giusto processo sono

richiamati anche dall’Articolo 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, rubricato “Diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale”; dall’Articolo 10 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo; infine, dall’Articolo 14 del Patto Internazionale sui Diritti civili e politici del 1966.

10Questa sembra essere la posizione accolta dalla dottrina maggioritaria. Per

ulteriori riferimenti, si veda VIGNERA, G. Il “giusto processo” nell’Art.111, Comma I, Cost.: nozione e funzione , in Informazione Previdenziale, 2003, il quale definisce il riferimento al giusto processo come una “norma di apertura del sistema delle

garanzie costituzionali della giurisdizione, in forza della quale (norma) è destinato a trovare ingresso all’interno di quel sistema qualsiasi principio o potere processuale ritenuto (secondo l’esperienza e la coscienza collettiva) necessario per un’effettiva e completa tutela delle ragioni delle parti”; si veda, inoltre, MENGOZZI, M. La

riforma dell’Art.111 Cost. e il processo amministrativo, in Giurisprudenza

Costituzionale, 2003, la quale preferisce parlare di “un’interpretazione autentica offerta dal legislatore costituzionale di alcune delle norme già presenti in Costituzione, volta a vincolare l’interprete ad una lettura rigorosa delle garanzie processuali in questione”. Dello stesso avviso è CECCHETTI, M. Voce Giusto

Processo, Op. Cit. P.607 ss: l’autore attribuisce alla nozione un carattere aperto: l’Articolo 111, infatti, non è esaustivo in merito a tutti i corollari del giusto processo,

(14)

14

A seguito di questa breve premessa, è necessario verificare come tale principio sia declinato all’interno della giustizia amministrativa, tenendo conto delle peculiarità che questa presenta rispetto agli altri modelli processuali.

A fronte di quella parte di dottrina11 che ritiene che il modello

di giusto processo delineato dall’Articolo 111 della Costituzione sia unico per tutti i processi, senza la possibilità di operare distinzioni, la Corte Costituzionale12 è, invece, intervenuta a più riprese ribadendo

come l’applicazione del suddetto principio debba essere adattata alle specificità di ciascun modello processuale, arrivando a salvare quelle disposizioni proprie del processo amministrativo che entrerebbero, altrimenti, in conflitto con la necessaria imparzialità del giudice13.

La conferma di questo orientamento arriva anche a livello sovranazionale: difatti, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha precisato che il principio della parità delle parti vale come regola sia nel processo penale che civile, ma ciò non implica che gli imperativi che ne derivano siano gli stessi, bensì devono essere adattati al modello processuale di riferimento14.

limitandosi ad individuare quelli che sono gli elementi essenziali; la dimostrazione risiede soprattutto nella mancata previsione di taluni principi che, invece, figurano a livello sovranazionale, come la pubblicità dell’udienza e del procedimento.

11 CECCHETTI, M. Voce Giusto Processo, Op. Cit. P.595; dello stesso parere è SCOCA,

F.G Giustizia amministrativa, Torino, 2011, P.162.

12 Si veda, a titolo di esempio, l’Ordinanza N.497 del 2002, laddove la Corte rileva

come il principio di imparzialità e terzietà del giudice abbia pieno valore costituzionale, ma che non si possano applicare al processo civile, amministrativo e tributario i principi elaborati per il processo penale, in virtù delle peculiarità che caratterizzano quest’ultimo modello e che non sono riscontrabili nelle altre tipologie.

13 FOLLIERI, E. Per l’indipendenza del Consiglio di Stato, in Diritto Processuale Amministrativo, 2016, P.8.

(15)

15

1.2 Il giusto processo amministrativo

Premessa l’applicabilità al processo amministrativo dei soli principi enunciati nei primi due commi dell’Articolo 111 della Costituzione (i restanti commi sono, infatti, riferiti esclusivamente al processo penale), nonché dei principi sovranazionali, è con l’avvento del Decreto Legislativo N.104 del 2010 che si ha la consacrazione formale nel nuovo Codice del Processo Amministrativo dei principi del giusto processo. L’Articolo 2, infatti, attraverso una formulazione discutibile15, dichiara che “Il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e del giusto processo previsto dall’Articolo 111, primo comma, della Costituzione”.

Accogliendo la suddivisione di matrice dottrinaria, utile a fini sistematici, possiamo distinguere, da un lato, i principi strutturali, attinenti, cioè, al processo in quanto tale e volti ad assicurare i presupposti utili per una corretta soluzione della vertenza, ove rientrano la terzietà e l’imparzialità del giudice, il principio del contraddittorio, la parità delle parti e la ragionevole durata del processo; dall’altro lato i principi funzionali, riguardanti il processo come strumento di tutela piena ed effettiva16.

15La disposizione, infatti, menziona prima del giusto processo altri due principi che

ne rappresentano il corollario.

16La classificazione è ripresa da SCOCA, F.G Giustizia amministrativa, Torino, 2011,

P.160. Si veda anche TARULLO, S. Giusto Processo (diritto processuale amministrativo), in Enciclopedia del Diritto Annali II-I, 2008.

(16)

16

1.3 I principi strutturali

1.3.1 I principi attinenti al giudice. Cenni e rinvio.

Non essendo possibile, ai fini dell’elaborato, una completa trattazione dei principi concernenti il giudice, consacrati nel II Comma dell’Articolo 111 della Carta Costituzionale, è sufficiente limitarsi a talune considerazioni essenziali.

Rimanendo applicabili anche al processo amministrativo i principi sparsi nella Carta Costituzionale relativi alla giurisdizione, tra cui, ad esempio, quello del giudice naturale precostituito per legge, enunciato dall’Articolo 25 della stessa, è necessario preliminarmente comprendere il significato di questi due corollari del giusto processo: da un lato, l’imparzialità investe i “doveri di neutralità e indifferenza

che caratterizzano la posizione istituzionale del giudice, rispetto ai diritti ed agli interessi sostanziali controversi17”, mentre, dall’altro

lato, la terzietà concerne “la posizione istituzionale di equidistanza e

di alterità, che lo stesso giudice deve avere, nei confronti delle figure e delle posizioni individuali delle parti18.

In realtà, nel 1997, la Corte Costituzionale aveva già inserito all’interno del giusto processo i principi in esame, precisando la centralità dell’imparzialità-neutralità del giudice in ogni processo, “in

17COMOGLIO, L.P. La riforma del processo amministrativo e le garanzie del “giusto

processo”, in Rivista Diritto Processuale, II, 2001, P.653.

(17)

17

carenza della quale tutte le altre regole e garanzie processuali perderebbero di concreto significato19”.

E’ doveroso sottolineare, però, che, a differenza degli altri modelli processuali, qua il confine fra i principi in esame ed il principio di indipendenza – ossia “l’assenza di vincoli e di rapporti di soggezione

formale o sostanziale nei confronti di altri organi, poteri o soggetti20

e richiamata dall’Articolo 101 della Costituzione, che prescrive l’esclusiva soggezione dei giudici alla legge - è sfumato21: essendo la

Pubblica Amministrazione parte necessaria del giudizio, inevitabilmente i legami con il potere esecutivo finiscono per assumere rilevanza sia in merito all’indipendenza, che in merito all’imparzialità e terzietà del giudice stesso22.

Questa vicinanza tra il giudice amministrativo ed il potere esecutivo emerge in tutta la sua evidenza dalle stesse disposizioni costituzionali ed, in particolare, dagli Articoli 100 e 103, che declinano in capo al Consiglio di Stato le funzioni giurisdizionali, nonché di consulenza verso l’Amministrazione stessa23. Questa connotazione

dell’organo provoca indubbiamente una contaminazione della sua imparzialità e quindi un momento di rottura non solo con riguardo al

19 Corte Costituzionale, Sentenza N.306 del 1997, relativa all’inammissibilità della

questione di legittimità costituzionale dell’Articolo 34 II Comma del Codice di Procedura Penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio per l’applicazione di una misura di prevenzione personale il giudice che si sia pronunciato sull’applicazione di una misura cautelare personale.

20 Corte Costituzionale, Sentenza N.92 del 1962.

21PROTTO, M. Le garanzie di indipendenza e imparzialità del giudice amministrativo,

in G. PIPERATA-A. SANDULLI (a cura di), Le garanzie delle giurisdizioni: indipedenza

e imparzialità dei giudici, Napoli, 2012, P.99.

22La problematica è efficacemente richiamata da MENGOZZI, M. La riforma

dell’Art.111 e il processo amministrativo, Op. Cit. P.2506.

23MENGOZZI, M. La riforma dell’Articolo 111 e il processo amministrativo, Op. Cit.

(18)

18

II Comma dell’Articolo 111 della Carta Costituzionale, ma anche con riferimento all’indipendent and impartial tribunal, richiamato dall’Articolo 6 della Convenzione Europea24 e dall’Articolo 47 della

Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. In merito, è intervenuto lo stesso Consiglio, precisando la sua qualifica di “organo

ausiliario del Governo in una particolare posizione di autonomia, indipendenza e terzietà, mediante la quale la funzione consultiva concorre insieme a quella giurisdizionale a realizzare la giustizia amministrativa”25.

Ulteriore peculiarità del Consiglio di Stato, che contribuisce ad alimentare le perplessità in merito ad un’effettiva imparzialità e terzietà del giudice amministrativo, risiede nella nomina governativa di un quarto dei suoi membri, ai sensi dell’Articolo 19 della Legge N.186 del 1982. Sulla precedente disciplina, era già intervenuta la Corte Costituzionale, che, con la Sentenza N.177 del 1973, aveva escluso che l’indipendenza del giudice potesse risultare lesa da questo potere riconosciuto all’Esecutivo, in virtù della valutazione della necessaria idoneità dei soggetti scelti26.

24In realtà, la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha elaborato

un orientamento volto a circoscrivere la portata della disposizione, ritenendola violata solo nel momento in cui vi sia una coincidenza fra le persone fisiche cui è affidata la decisione sull’atto. Questo è evidente in numerose sentenze, tra cui il Caso Kleyn and others v. the Netherlands.

25 Consiglio di Stato, Parere N.576 del 2000.

26La Corte era stata chiamata a pronunciarsi circa la questione di illegittimità

costituzionale relativamente alle disposizioni del Regio Decreto N.1054 del 1924 e della Legge N.1034 del 1971 che disciplinavano la nomina governativa dei membri del Consiglio di Stato. In questa sede, si afferma che le disposizioni in esame non vanno a contrastare con il principio di indipendenza della magistratura, purché sia valutata l’idoneità dei soggetti di nomina governativa e sia assicurato equilibrio fra i consiglieri di nomina governativa e quelli assunti attraverso concorso. In dottrina, la problematica era già stata affrontata da MORTATI, C. La nomina dei consiglieri di

(19)

19

Strettamente connessa con il profilo appena accennato, è la disciplina degli incarichi extragiudiziali: in prima battuta, è necessario rilevare l’impossibilità di assimilare gli incarichi esterni della magistratura ordinaria, rispetto a quelli della magistratura amministrativa, posto che quest’ultima è giudice degli atti amministrativi del Governo stesso27. Secondariamente, il vulnus in

merito all’indipendenza del magistrato amministrativo emerge nel momento in cui il soggetto cui è affidato l’incarico viene scelto in base alla conoscenza e al rapporto di fiducia con chi riveste una carica nel Governo28. Con la Legge N.190 del 2012 si è tentato di riorganizzare

le numerose fonti normative in materia, introducendo dei correttivi volti a limitare le ripercussioni dell’istituto sull’indipendenza, inserendo, ad esempio, un termine decennale di durata massima dell’incarico, evitando un allontanamento eccessivo dalle funzioni giurisdizionali29.

In conclusione, infine, per quanto riguarda i rimedi nel caso di un’amministrazione della giustizia parziale e non terza da parte del giudice amministrativo, la scelta del Codice del Processo, ai sensi degli Articoli 17 e 18, è andata nel senso di operare un rinvio alle disposizioni del Codice di Procedura Civile, che disciplinano le ipotesi di ricusazione e incompatibilità. Tale scelta, in realtà, è stata criticata da parte della dottrina, la quale ha ritenuto tali disposizioni come non

stato secondo la Corte Costituzionale, in Giurisprudenza Costituzionale, II, 1973, P. 2626 ss.

27 FOLLIERI, E. Per l’indipendenza del Consiglio di Stato, Op. Cit. P. 27 ss. 28 FOLLIERI, E. Per l’indipendenza del Consiglio di Stato, Op. Cit. P. 30.

29 Per un’esegesi degli interventi susseguitisi in materia, IANDOLA, F. La terzietà dei

giudici amministrativi e gli incarichi extraistituzionali. Origini, stratificazione normativa e D.L. n. 90/2014 convertito con legge 11.08.2014, n. 114. Il testo è reperibile sul sito www.amministrativamente.com.

(20)

20

idonee a garantire l’indipendenza ed imparzialità del giudice, posto che sono state pensate per un contesto – quello civilistico – in cui non è ravvisabile una parte necessaria e costante, rispetto alla quale il giudice manifesta un legame in grado di incrinare i principi in esame30.

1.3.2 I principi attinenti alle parti. Il contraddittorio e

la parità processuale.

Il principio del contraddittorio, richiamato espressamente, come visto, dal II Comma dell’Articolo 111 della Carta Costituzionale e dall’Articolo 2 del C.p.A., viene desunto, altresì, da una lettura combinata dell’Articolo 3 e del II Comma dell’Articolo 24 della Carta stessa, ossia dal principio di eguaglianza delle parti processuali e dal diritto di difesa riconosciuto a ciascun soggetto, come conseguenza della tutela paritaria assicurata sia a chi promuove l’azione, che a chi la subisce31.

L’importanza del contraddittorio non si esaurisce a livello nazionale: esso, infatti, viene ricavato implicitamente dal testo

30 PROTTO, M. Le garanzie di indipendenza e imparzialità del giudice amministrativo,

Op. Cit. P.106.

31Si veda LUISO V.F.P. Il principio del contraddittorio e l’istruttoria nel processo

amministrativo, in Diritto Processuale Amministrativo, II, 2000, P.328. Si veda, altresì, MERUSI, F./ SANVITI, G. L’ingiustizia amministrativa in Italia, Bologna, 1986, P.50. L’orientamento sembra essere accolto anche dalla Corte Costituzionale: tra i tanti provvedimenti, si richiama la Sentenza N.441 del 2005, laddove, nell’esaminare la questione di legittimità costituzionale dell’Articolo 91 del Regio Decreto N.642 del 1907, sollevata dal Tar della Sicilia, la Corte arriva a collegare il principio del contraddittorio non solo all’Articolo 111 della Costituzione, ma anche al II Comma dell’Articolo 24.

(21)

21

dell’Articolo 6 della CEDU - in particolare dalla versione inglese, che fa riferimento ad un “fair and public hearing” (il termine può essere tradotto sia come “udienza”, sia come “diritto di essere sentito) - ed arricchito dall’attività della Corte di Strasburgo32. Inoltre, attraverso

una lettura combinata dell’Articolo 52 III Comma33 e dell’Articolo 47

della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, il principio risulta pienamente affermato anche nel diritto comunitario e nella giurisprudenza della Corte di Giustizia europea34.

Il contraddittorio realizza il principio audiatur et altera pars, in base al quale un provvedimento giurisdizionale non può assumere carattere definitivo, senza che la parte che ne subisce gli effetti sia stata messa nella condizione di far valere le proprie ragioni35. In

questo senso, deve essere riconosciuta la possibilità di replicare agli interventi e domande della controparte36, nonché alle attività poste

in essere dal giudice, contribuendo, al contempo, all’interesse

32La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in più pronunce ricollega il principio del

contraddittorio all’Articolo 6 della Convenzione. Tra le tante, si richiama il Caso

Jokela c. Finlandia, laddove la Corte afferma che “Cette disposition – in riferimento

all’Articolo 6 della Convenzione - fait obligation au tribunal interne d'examiner de

manière effective les moyens, arguments et offres de preuve des parties, indépendamment du point de savoir s'ils sont pertinents pour la décision à rendre”. 33 La disposizione afferma che “Laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell’Unione conceda una protezione più estesa”.

34 A riguardo, è emblematica la Sentenza della Corte di Giustizia, V Sezione, 3 luglio

2014, cause riunite C-129/13 e C-130/13, Caso Kamino International Logistics BV

and Datema Hellmann Worldwide Logistics BV vs Staatssecretaris van Financiën,

laddove la Corte afferma che “The right to be heard in all proceedings is now affirmed not only in Articles 47 and 48 of the Charter of Fundamental Rights of the European Union, which ensure respect for both the rights of the defence and the right to fair legal process in all judicial proceedings, but also in Article 41 of the Charter, which guarantees the right to good administration”.

35CECCHETTI, C. Voce Giusto Processo, Op. Cit., P.608.

(22)

22

pubblico di ricerca della verità processuale, mediante la partecipazione dialettica di tutte le parti ad ogni questione rilevante per la vertenza37.

E’ proprio sotto questo profilo che il principio del contraddittorio calato all’interno della giustizia amministrativa sembra presentare lacune: l’Articolo 27 del Codice del Processo Amministrativo38, rubricato, non a caso, “contraddittorio”, pone come

requisito sufficiente per la sua integrazione la notifica dell’atto introduttivo all’Amministrazione resistente e agli eventuali controinteressati. L’eco dell’Articolo 101 I Comma del Codice del Processo Civile39 è di tutta evidenza e finisce per relegare tale

principio alla sua dimensione statica40, ossia all’instaurazione del

giudizio.

37In questo senso, COMOGLIO, L.P. Voce Contraddittorio, in Digesto Civile, 1989, P.1. 38ARTICOLO 27 C.p.A: “Il contraddittorio è integralmente costituito quando l’atto introduttivo è notificato all’Amministrazione resistente e, ove esistenti, ai controinteressati”.

39ARTICOLO 101 C.p.C: “Il giudice, salvo che la legge non disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda, se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa”.

40Sul punto COMOGLIO, L.P. Voce Contraddittorio, Op. Cit.; CARINGELLA, Manuale

di Diritto Processuale Amministrativo, Roma, 2012, P.173 ss: l’autore si sofferma sull’anomalia presentata dall’Articolo 27 rispetto all’Articolo 33 del progetto di codice elaborato dalla Commissione di studio istituita presso il Consiglio di Stato: quest’ultimo, infatti, proclamava che “Per agire o contraddire in giudizio è

necessario avere un interesse concreto, diretto ed attuale”. Secondo Caringella, la

funzione primaria di strumento di tutela da riconoscere al processo amministrativo deve trovare “declinazione necessaria anche nella prospettiva delle parti avverse

che, facendo valere interessi contrari e opposti rispetto a quelli del soggetto agente, devono parimenti essere messe nelle condizioni di poter difendere le situazioni giuridiche di loro titolarità che la proposta azione processuale potrebbe pregiudicare. Tale ratio non è più esibita dall’attuale Articolo 27, che appare decontestualizzato”.

(23)

23

Questa lacuna può essere colmata attraverso una lettura costituzionalmente orientata della disposizione41 e individuando

come fulcro del contraddittorio unicamente l’Articolo 2 del Codice - anziché l’Articolo 27 che, nonostante la rubricazione, si limita a disciplinare la corretta instaurazione del giudizio42 - accogliendo la

dimensione dinamica, continua del principio stesso43, che deve essere

garantito durante tutto l’iter processuale e non relegato al solo momento iniziale.

In questa stessa direzione, il Codice ha avuto, poi, il merito di risolvere l’annoso problema delle questioni rilevabili di ufficio, rispetto alle quali si riscontrava un vulnus nel rispetto del contraddittorio, dato dal rinvio all’Articolo 183 del C.p.C.: infatti, come dimostrato dalla giurisprudenza amministrativa anteriore44, la

possibilità per le parti di contraddire veniva direttamente inibita

41E’ doveroso ricordare, infatti, come l’Articolo 111 IV Comma estenda il principio

del contraddittorio anche alla fase di assunzione delle prove, sebbene il comma sia specificatamente dedicato al processo penale.

42MORBIDELLI, Codice della Giustizia Amministrativa, Milano, 2015, P.367.

43A dimostrazione di quanto asserito, si vedano le varie disposizioni sparse

all’interno del Codice che manifestano l’esigenza di rispetto del contraddittorio in ogni fase processuale. A titolo di esempio, in materia cautelare, si richiama l’Articolo 55 III Comma, che richiede la notificazione della domanda cautelare a prescindere che sia congiunta o disgiunta dal ricorso di merito; l’Articolo 56, relativo agli obblighi di notifica e verifica dell’integrità del contraddittorio nel caso di domanda di misura cautelare monocratica; infine, l’Articolo 61, in merito alla notifica dell’istanza di concessione di una misura cautelare ante causam con le forme prescritte per la notificazione del ricorso.

44 Si veda, a titolo di esempio, la Sentenza della VI Sezione del Consiglio di Stato

N.4041 del 24 giugno 2006, laddove si afferma che “Quanto al richiamo all’art. 183, comma 3, del C.p.C. - secondo cui “il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti

allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione” - a prescindere da ogni questione sull’applicabilità della norma al giudizio amministrativo che appare quanto meno dubbia, la disposizione non prevede un obbligo del giudice ma gli attribuisce pur sempre una valutazione discrezionale. Allo stesso, infatti, è consentito non indicare alle parti le questioni rilevabili d’ufficio qualora non ne ritenga opportuna la trattazione”.

(24)

24

oppure relegata ad una valutazione discrezionale del giudice. Ad oggi, con l’Articolo 73, Comma III, si esclude che il giudice possa decidere in base a questioni rilevate d’ufficio che non siano state preventivamente sottoposte alle parti.

Nonostante questo, però, residuano all’interno del Codice delle ipotesi rispetto alle quali non è richiesta l’integrazione del contraddittorio, come nel caso in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile, improcedibile, inammissibile o infondato nel merito, ai sensi dell’Articolo 49 II Comma. A ciò si aggiunge, a differenza del processo civile, la mancata previsione di ipotesi di litisconsorzio necessario, al punto che, per la corretta introduzione del ricorso, è sufficiente la notifica ad almeno uno dei controinteressati45,

con una evidente lesione del contraddittorio. Questo ha portato all’estensione al processo amministrativo dell’istituto dell’opposizione di terzo, cui può ricorrere il controinteressato pretermesso, e che oggi trova la propria disciplina all’interno dell’Articolo 108 del Codice del Processo Amministrativo46.

Il principio del contraddittorio viene ulteriormente completato dal connesso principio della parità47, che comporta che ogni parte

disponga degli stessi strumenti processuali - inteso quale parità delle armi – in modo da porsi nelle condizioni di difendersi efficacemente. La stessa Corte Europea dei Diritti dell’uomo, in ossequio al “fair trial”

45 L’assunto si ricava attraverso una lettura combinata degli Articoli 27 e 49 del

Codice. La seconda disposizione, infatti, rubricata notificazione del ricorso e suoi

destinatari, dispone che “Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge”.

46 L’articolo 108 dispone, infatti, che “Un terzo può fare opposizione contro una

sentenza del tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato pronunciata tra altri soggetti, ancorchè passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritti o interessi legittimi”.

(25)

25

di cui al già menzionato Articolo 6 della Convenzione, ha avuto modo di precisare che “equality of arms required each party to be afforded

an opportunity to present his case under conditions that guaranteed a balance between the parties to the cause48”.

In merito, è doveroso precisare una peculiarità propria del processo amministrativo, ossia la disparità, quantomeno sul piano sostanziale, fra ricorrente e Pubblica Amministrazione, la quale tradizionalmente si è sempre posta in una posizione di supremazia, al punto che, almeno inizialmente, il ricorrente poteva chiedere solamente l’annullamento dell’atto ritenuto lesivo49. Questa

disparità, in virtù del principio richiamato dal II Coma dell’Articolo 111 della Costituzione e dall’Articolo 2 del Codice del Processo Amministrativo, non ha motivo per sussistere sul piano processuale50.

Tale disequilibrio si era manifestato soprattutto a livello istruttorio: prima della Legge N.205 del 200051, infatti, vi era uno

48 CEDU 6 Giugno 2000, Caso Morel c. Francia.

49 DOMENICHELLI, V. La parità delle parti nel processo amministrativo, in Diritto Processuale Amministrativo, II, 2001, P.863.

50A riguardo, si veda MERUSI, F, Il contraddittorio nel processo amministrativo, in Diritto Processuale Amministrativo, 1985 P.18: l’autore riconosce che “le parti nel processo amministrativo non sono, per definizione, in posizione di eguaglianza: il processo amministrativo è un processo di resistenza, nel quale una parte ha già esercitato un potere e l’altra contesta la legittimità dell’esercizio del potere. Ciò non significa, peraltro, che le parti “diseguali” non possano, e ora, in base alla costituzionalizzazione del principio del contraddittorio, non debbano, essere eguali nella dialettica che segue all’instaurazione del giudizio”. Si veda anche

DOMENICHELLI, V. La parità delle parti nel processo amministrativo, in Diritto

Processuale Amministrativo, Op. Cit., P.861. Per ulteriori correttivi sul piano

processuale, si veda DE NICTOLIS, R. Processo Amministrativo: formulario commentato, Assago, 2013, P.24.

51La situazione è delineata da PICOZZA, E. Il “giusto” processo amministrativo, in Consiglio di Stato, II, 2000, P. 1076 ss. Si veda anche CALABRO’, C. Il giusto processo

e la scommessa del nuovo diritto amministrativo, in Consiglio di Stato, II, 2000, P. 2349.

(26)

26

sbilanciamento in favore della Pubblica Amministrazione52,

alimentato dal ridotto potere di sindacato del giudice e dalla sola possibilità di richiedere chiarimenti oppure verifiche, le quali venivano portate avanti, ancora una volta, dall’Amministrazione stessa. Si rende, allora, necessario un temperamento del principio dispositivo in materia probatoria, il quale viene corretto in senso acquisitivo53 grazie alla suddetta legge, che introduce l’istituto della

consulenza tecnica d’ufficio, ad oggi disciplinato dall’Articolo 67 del Codice. La ratio dell’intervento è, quindi, da riscontrare nella necessità di “assicurare che l’asimmetria, ormai inattuale e

costituzionalmente inaccettabile, non riemerga dietro lo schermo di una parità delle parti solo formale54”.

Parte della dottrina55, infine, ha correttamente sottolineato

come la mancanza di termini perentori che scandiscano l’attività della Pubblica Amministrazione rappresenti una violazione ulteriore del principio della parità delle parti: infatti, a fronte dei pregnanti termini decadenziali posti in capo al ricorrente per la presentazione del ricorso introduttivo, l’Amministrazione, invece, può presentare documenti e difese fino al momento dell’udienza di merito, ai sensi

52In tal senso, si veda anche MENGOZZI, M. La riforma dell’Art.111 Cost. e il

processo amministrativo, in Giurisprudenza Costituzionale, IV, 2003, P.2518. Il problema è esaminato altresì da MERUSI, F./SANVITO, G. L’ingiustizia amministrativa in Italia, Op. Cit. P.52.

53PROTTO, M. Le garanzie di indipendenza e imparzialità del giudice amministrativo,

Op. Cit. P.113.

54 TORCHIA, L. Il nuovo codice del processo amministrativo. I principi generali, in Giornale di Diritto Amministrativo, XI, 2010, P.1117.

55 In questo senso, PROTTO, M. Le garanzie di indipendenza e imparzialità del

giudice amministrativo, Op. Cit. P.117. Si veda anche PICOZZA, E. Il “giusto” processo amministrativo, Op. Cit., P.1074 ss.

(27)

27

dell’Articolo 73 del Codice56. In questo modo, il ricorrente viene a

conoscenza della strategia difensiva della parte resistente 10 giorni prima dell’udienza, vedendo preclusa ogni possibilità di replica57.

1.3.3 Ragionevole durata del processo.

La garanzia della ragionevole durata del processo rappresenta una novità nel panorama costituzionale e si impone, ai sensi del II Comma dell’Articolo 111, quale condizione minima ed essenziale affinché si possa parlare di un processo “giusto”58.

A differenza del testo costituzionale, ove si prefigura una vera e propria garanzia oggettiva che vincola il legislatore, il principio è affermato, altresì, nel dettato dell’Articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, sebbene in qualità di diritto soggettivo del ricorrente59. Sullo stesso è intervenuta a più riprese la Corte di

Strasburgo, riconoscendone l’importanza in ciascun procedimento affinché “la justice ne soit pas rendue avec des retards propres à en

compromettre l’efficacité et la crédibilité60”, purché in un’ottica di

56ARTICOLO 73: “Le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell'udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell’udienza, fino a venti giorni liberi”.

57 In merito, si segnalano le note critiche di URBANO G., La costituzione tardiva

delle parti intimate, in margine alla Sentenza dell’Adunanza Plenaria N.5 del 25 Febbraio 2013, in Diritto Processuale Amministrativo, I, 2014, P.185.

58 COMOGLIO, La riforma del processo amministrativo, Op. Cit.

59 Il testo della disposizione, infatti, afferma che “everyone is entitled to a fair and public hearing within a reasonable time by an independent and impartial tribunal established by law”.

(28)

28

bilanciamento con gli altri valori declinati dalla disposizione della Convenzione, quale il contraddittorio, il diritto di difesa e così via.

Alla luce di quanto premesso e anteriormente alla Legge Costituzionale N.2 del 1999, l’ordinamento italiano si era reso destinatario di una serie di condanne da parte della Corte EDU, soprattutto in virtù dell’orientamento della Corte Costituzionale, che non riteneva che la garanzia della ragionevole durata rientrasse tra i corollari del giusto processo61. E’ solamente con la Sentenza N.338 del

1999 che la Corte riconosce, come garanzia del diritto di azione, la ragionevole durata del processo, affinché “la decisione giurisdizionale

alla quale è preordinata l’azione, promossa a tutela del diritto, assicuri l’efficace protezione di questo e la realizzazione della giustizia”.

Tale principio viene avvertito in maniera pregnante nella giustizia amministrativa: da un lato, infatti, è funzionale all’effettiva tutela della parte ricorrente, mentre dall’altro lato è funzionale all’efficacia dell’azione amministrativa e all’interesse pubblico da essa perseguito62. In questa direzione, con la Legge N.205 del 2000 si è

tentato di dare attuazione a questo principio, inserendo il rito abbreviato per talune materie, nonché la possibilità di decidere in forma semplificata. Inoltre, con la Legge N.89 del 2001, altrimenti

61 Corte Costituzionale Sentenza N.202 del 1985, laddove si afferma che “non si può non mettere in rilievo – come, ancora di recente ha puntualizzato un’autorevole dottrina – che la problematica dei “tempi processuali”, recepita all’interno della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo quale aspetto del “giusto processo”, non trova eco nella Carta Costituzionale, se si eccettua la particolare previsione dell’art.13, quinto comma, il quale impone alla legge di stabilire “i limiti massimi di carcerazione preventiva”, senza affatto preoccuparsi dei tempi processuali allorchè l’imputato si trovi comunque a piede libero".

62 IEVA, L. Riflessioni sul principio costituzionale del “giusto processo” applicato al

(29)

29

conosciuta come “Legge Pinto”, si è previsto il diritto al risarcimento del danno in capo al soggetto che abbia subito un pregiudizio derivante dal mancato rispetto di una ragionevole durata del processo.

Con l’avvento del Codice del Processo Amministrativo, il principio è stato cristallizzato all’interno del II Comma dell’Articolo 2, ai sensi del quale “Il giudice amministrativo e le parti cooperano per

la realizzazione della ragionevole durata del processo”. Dal tenore

della norma emerge un’impronta di lealtà, collaborazione e solidarietà nella realizzazione del principio in esame63, al punto che

se ne ritrovano numerose applicazioni nelle successive disposizioni, volte a responsabilizzare le parti ed il giudice affinché non aggravino i tempi del processo64.

63 RAMAJOLI, M. Giusto processo e giudizio amministrativo, Op. Cit. P.138.

64 MORBIDELLI, G. Codice della Giustizia Amministrativa, Op. Cit. P.47 ss. L’autore

riporta, a titolo di esempio, numerose disposizioni, come l’Articolo 26, che punisce le cosiddette liti temerarie comminando una sanzione pecuniaria; l’Articolo 82, che prevede la perenzione dei giudizi pendenti da più di 5 anni in relazione ai quali non è stata chiesta dalla parte la fissazione dell’udienza.

(30)

30

1.4 I principi funzionali.

1.4.1 Il principio di effettività della tutela.

Come ha affermato autorevolmente Noberto Bobbio65, “altro è parlare di diritti dell’uomo, di diritti sempre nuovi e sempre più estesi, e giustificarli con argomenti persuasivi, altro è assicurare loro una protezione effettiva”. Quindi, non è sufficiente affermare l’esistenza

di una situazione giuridica soggettiva in capo ad un individuo, se, nel momento in cui viene lesa, non segue una protezione effettiva della stessa66. Non è, altresì, sufficiente limitarsi al rispetto delle garanzie

strutturali che si è tentato brevemente di trattare, rischiando di cadere in una concezione procedurale della giustizia, secondo la quale “il processo è giusto se ed in quanto è corretto il procedimento in cui

si articola67”. Infatti, il processo deve perseguire una decisione giusta,

non solo sotto il profilo formale, ma anche sostanziale, consentendo al privato di ottenere il bene della vita o l’utilitas alla base del ricorso68.

Il principio di effettività della tutela giurisdizionale non trova menzione espressa all’interno della Costituzione, ma viene ricavato

65 BOBBIO, N. L’età dei diritti, Torino, 1990, P.63.

66 GUZZI, F.F. Effettività della tutela e processo amministrativo, Milano, 2013, P.26. 67 TARUFFO, M. La semplice verità: il giudice e la costruzione dei fatti, Roma, 2009,

P.117.

68In questo senso, CARINGELLA, F. Manuale di Diritto Processuale Amministrativo,

Roma, 2012, P.100. Si veda anche RAMAJOLI, M. Giusto processo e processo amministrativo, Op. Cit. P.104; SICA, M. Effettività della tutela giurisdizionale e provvedimenti di urgenza, Milano, 1991, P.6.

(31)

31

implicitamente dal dettato dell’Articolo 24, che dispone che “Tutti

possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi”69. Attraverso questa disposizione, il costituente ha inteso

conferire pari dignità ad ambedue le situazioni giuridiche soggettive: ciò non significa che la protezione debba coincidere, bensì può essere diversificata alla luce delle peculiarità dell’una o dell’altra situazione “dovendosi se mai considerare che, quanto a garanzia di tutela

giurisdizionale, diritti e interessi sono stati posti dal costituente sullo stesso piano, anche se in concreto affidati, almeno normalmente, a giudici diversi70”. Nello stesso senso, l’Articolo 113 della Carta

Costituzionale dispone che “contro gli atti della Pubblica

Amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria e amministrativa”, nonché l’Articolo 103, che, in un’ottica

di maggiore effettività della tutela, dispone che “Il Consiglio di Stato

e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi

69 La conferma arriva dalla Corte Costituzionale, la quale, con la Sentenza N.18 del

1982, annovera il diritto alla tutela giurisdizionale tra i diritti inviolabili dell’uomo di cui all’Articolo 2 della Carta Costituzionale, ma anche fra “principi supremi del

nostro ordinamento costituzionale, in cui è intimamente connesso con lo stesso principio di democrazia l'assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio”.

70 BACHELET, V. La giustizia amministrativa nella Costituzione italiana, Milano, 1996,

P.21. Si veda anche PAJNO, A. I principi, in Diritto Processuale Amministrativo, a cura di Sandulli, Milano, 2007: l’autore riconosce che “Sotto il profilo processuale, la

diversa consistenza tra diritto soggettivo ed interesse legittimo non giustifica più, come avveniva in passato, una tutela giurisdizionale differenziata costruita sulla diversità del modello processuale (risarcitorio/restitutorio a tutela dei diritti soggettivi e impugnatorio/cassatorio a tutela degli interessi legittimi), quanto nella diversa graduazione ed intensità della tutela, in seno ad un sistema di giustizia ormai improntato, sia in riferimento ai diritti soggettivi che agli interessi legittimi, alla pienezza della tutela giurisdizionale”.

(32)

32

legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi

”.

Come si è già avuto modo di affermare71, l’Articolo 111 non va

a rappresentare la disposizione fondante il principio di effettività, ma è ad esso strumentale: si tratta di una scelta – quella di separare i profili strutturali e funzionali del giusto processo - che insinua una profonda differenza rispetto al due process law clause72, tipico degli

ordinamenti di Common Law. Questa peculiarità si riscontra anche a livello sovranazionale: in particolare, mentre l’Articolo 6 della CEDU va ad enucleare i profili del “fair trial”, l’Articolo 13 – non a caso rubricato “Right to an effective remedy” - va a racchiudere il principio di effettività della tutela giurisdizionale, proclamando che “Everyone

whose rights and freedoms as set forth in this Convention are violated shall have an effective remedy before a national authority notwithstanding that the violation has been committed by persons acting in an official capacity”. Stessa cosa può dirsi della Carta dei

Diritti Fondamentali dell’Unione Europea: l’Articolo 47, infatti, dispone al I Comma in merito al “right to an effective remedy before

a tribunal”, mentre il II Comma enuncia le garanzie proprie del giusto

processo.

71 Vedi supra Paragrafo I.

(33)

33

1.4.2 Il principio di effettività nel processo

amministrativo.

Alle disposizioni appena richiamate, sia nazionali che sovranazionali, fa espresso rinvio l’Articolo 1 del Codice del Processo Amministrativo, rubricato “Effettività”, laddove si afferma che “La

giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo”.

Questa disposizione rappresenta il punto di arrivo di un percorso travagliato, influenzato dalla nascita del processo nell’alveo del contenzioso amministrativo: quando nel 1889 viene istituita la IV Sezione del Consiglio di Stato, essa non nasce con natura giurisdizionale e lo stesso processo viene concepito quale “prosecuzione di un previo procedimento amministrativo, più che

come fase di controllo giurisdizionale sugli esiti di quel procedimento73”. Questo incideva anche sui rimedi ottenibili

attraverso il processo, al punto che l’Articolo 26 della Legge N. 1034 del 1971 ed il Regio Decreto N.1054 del 1924 prevedevano unicamente l’azione di annullamento, volta ad eliminare l’atto ritenuto viziato74.

Nel momento in cui il provvedimento illegittimo ha comportato dei danni irreversibili per il privato, il semplice annullamento dell’atto – viziato sotto il profilo della legittimità, ossia per violazione di legge,

73 NIGRO, M. Giustizia Amministrativa, Bologna, 2002.

(34)

34

incompetenza o eccesso di potere – non è più satisfattivo della pretesa del ricorrente75.

Questo deficit dal punto di vista dell’effettività e pienezza della tutela amministrativa è stato via via attenuato con una serie di interventi76: il primo tassello, infatti, si è avuto con l’introduzione

della tutela risarcitoria degli interessi legittimi pretensivi lesi, sulla base dell’Articolo 2043 del Codice Civile77, sebbene limitata alla sola

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. E’ con la Legge N.205 del 2000 che si è data la possibilità al giudice di conoscere tutte le questioni attinenti alla risarcibilità del danno, anche nella giurisdizione di legittimità78.

Inoltre, si è intervenuti sulla tutela cautelare, andando al di là della mera sospensiva del provvedimento amministrativo ritenuto illegittimo e improntando la misura cautelare, prima con la Legge N.205 del 2000 e, poi, con il Codice, ai canoni dell’atipicità, in un’ottica di maggiore effettività della tutela, consentendo al ricorrente di accedere allo strumento più funzionale al

75 LUCIANI, F. Funzione amministrativa, situazioni soggettive e tecniche

giurisdizionali di tutela, in Diritto Processuale Amministrativo, IV, 2009, P.992 ss.

76 Sul punto, si veda CERULLI IRELLI, V. Trasformazioni del sistema di tutela

giurisdizionale delle controversie di diritto pubblico per effetto della giurisprudenza europea, in Rivista Italiana Diritto Pubblico Comunitario, II, 2008, P.434.

77 Celebre è la Sentenza della Corte di Cassazione N.500 del 22 luglio 1999, laddove

la Corte afferma che “La lesione dell’interesse legittimo è condizione necessaria ma

non sufficiente per accedere alla tutela risarcitoria ex Art.2043 c.c. poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima (e colpevole) della P.A. l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla, e che il detto interesse sia meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo”.

78 L’Articolo 7, Comma IV, infatti, andava a modificare il III Comma dell’Articolo 7

della Legge 1034 del 1971 disponendo che “Il tribunale amministrativo regionale,

nell'ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali”.

(35)

35

soddisfacimento della propria pretesa, in un momento anteriore ed in un’ottica di salvaguardia degli effetti finali della sentenza79.

Pienamente in linea con questo percorso giurisprudenziale e legislativo, è il disposto dell’Articolo 44 della Legge Delega N.69 del 2009 di riassetto della disciplina del processo amministrativo80,

laddove, fra i criteri e i principi guida, si richiede di “assicurare la

snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, al fine di garantire la ragionevole durata del processo”. Tale proposito appare affermato,

come si è visto, nel dettato dell’Articolo 1 del Codice del Processo Amministrativo, che si impone, quindi, come norma di apertura e come chiave di lettura con la quale dovranno essere lette le successive disposizioni81.

Innanzitutto, è evidente il rinvio espresso alle disposizioni del diritto europeo, che sembra inquadrare il principio in un sistema multilivello, che vede l’integrazione delle garanzie sia nazionali che sovranazionali82: in merito, si assiste ad un processo di

comunitarizzazione dei sistemi processuali interni, in un’ottica di maggiore uniformità delle discipline, attraverso la predisposizione di uno standard di tutela minimo, rispetto al quale la disciplina interna non si deve mostrare come meno favorevole83. E’ doveroso precisare,

79 GUZZI, F.F. Effettività della tutela e processo amministrativo, Op. Cit. P. 117. 80 Come è noto, attraverso l’Articolo 44 si delegava il governo ad adottare, entro un

anno dall’entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi di riassetto del processo amministrativo. Tale delega sarà soddisfatta con l’emanazione del Decreto Legislativo N.104 del 2010, ossia con il Codice del Processo Amministrativo.

81 TORCHIA, L. Introduzione. I principi generali nel Codice del Processo

Amministrativo, reperibile sul sito www.unirc.it.

82 MORBIDELLI, G. Codice della giustizia amministrativa, Op. Cit., P.75.

83 In questo senso, si veda CHITI, M.P. L’effettività della tutela giurisdizionale tra

riforme nazionali e diritto comunitario, in Diritto processuale amministrativo, III, 1998; CERULLI IRELLI, V. Trasformazioni del sistema di tutela giurisdizionale delle

(36)

36

altresì, che l’ordinamento europeo tende a lasciare ampia autonomia agli stati membri nell’emanazione delle disposizioni processuali84,

purché non sia reso “praticamente impossibile o eccessivamente

difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività)85. Gli stati membri sono, quindi,

liberi di scegliere le caratteristiche che il rispettivo modello processuale dovrà assumere – i termini, le azioni esperibili, i mezzi di gravame e così via – purché “tali modalità non siano meno favorevoli

di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza)86”.

In ultima analisi, quindi, l’Unione Europea demanda la tutela dei diritti riconosciuti e protetti dalle fonti comunitarie agli stati membri e alla giurisdizione interna87, a condizione che siano rispettati i

principi di effettività ed equivalenza e a prescindere dalla tecnica adottata, che potrà variare da stato a stato88.

Oggetto di rinvio è, innanzitutto, l’Articolo 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che si è già avuto modo di richiamare. E’ pacifico, inoltre, che il rinvio interessi anche gli Articoli 6 e 13 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei diritti

controversie di diritto pubblico per effetto della giurisprudenza europea, Op. Cit., P.435.

84Sul punto, si veda TARULLO, S. Giusto Processo (Diritto Processuale

Amministrativo), Op. Cit.

85CORTE DI GIUSTIZIA, 12 Febbraio 2008, C-2/06, Caso Kempter. Si vedano, altresì,

le considerazioni affrontate da TARULLO, S. Giusto Processo (Diritto processuale amministrativo), in Enciclopedia del Diritto, Annali II-I, 2008.

86 CORTE DI GIUSTIZIA, 16 Marzo 2006, C-234/04, Caso Kampfer.

87 In conformità al dettato di cui all’Articolo 19 del Trattato sull’Unione Europea, il

quale dispone che “Gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari

per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione”.

Riferimenti

Documenti correlati

Premessa alla trattazione delle intossicazioni acute da piante velenose è che la valutazione del grado di tossicità di una specie è estremamente difficile, sia perché il

PERONI DARIO CARLO 4 Non Ammesso PESCIMORO MATTIA Assente Non Ammesso PODESTÀ SIMONE Assente Non Ammesso PONI GABRIELE Assente Non Ammesso PRANDINI FRANCESCO Assente Non

Non- alcoholic fatty liver disease is associated with hepatic and skeletal muscle insulin resistance in overweight adolescents.. Am J Clin Nutr 2008;

 La  figura  femminile  in  copertina  risulta  segnata   da  una  serie  di  contrapposizioni:  nella  metà  inferiore  indossa  la  gonna   e  in  quella

per le persone fisiche ha alimentato dubbi di compatibilità della stessa con alcuni diritti sanciti sia a livello costituzionale (artt. 6 CEDU, 14 Patto internazionale diritti civili