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Didattica della lingua italiana. Prof. Annarita Miglietta Lezione 12 marzo 2020

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Didattica della lingua italiana

Prof. Annarita Miglietta Lezione 12 marzo 2020

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Il lessico

• L’importanza di conoscere il lessico di una lingua è ormai noto a tutti e nella nostra era digitale è diventata quasi un’emergenza. Solo alcuni pensano ancora che il lessico non s’insegni e si apprenda spontaneamente, fuori dalla scuola. Ma, per esempio, le Indicazioni Nazionali (2012) puntano l’attenzione proprio su percorsi didattici che dovrebbero mirare a sollecitare l’acquisizione del lessico:

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Indicazioni Nazionali - I ciclo

• Sempre nelle Indicazioni Nazionali del I ciclo, s’insiste sull’importanza dell’ampliamento del lessico:

• Ed ancora più avanti:

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Lessico ricettivo e produttivo

• Soffermiamoci sulla terminologia, spiegando che indichiamo come ricettivo il lessico che comprendiamo (in un testo, o ascoltando), mentre come produttivo quello che usiamo.

• Spesso ci chiediamo: ma quante parole dovremmo conoscere?

In L’alfabetizzazione lessicale, (2005) Silvana Ferreri riferisce che secondo alcune ricerche sull’italiano gli studenti universitari, conoscerebbero (o dovrebbero conoscere) circa 60.000 parole (fino anche ad 80.000), mentre chi ha una scarsa cultura conosce circa un migliaio di parole.

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Il Vocabolario di base

• Un dato è ormai condiviso da più parti: ognuno di noi dovrebbe conoscere le parole del Vocabolario di base, ossia circa 7.000 parole, quelle individuate da Tullio De Mauro e pubblicate in appendice al volume T. De Mauro, Guida all’uso delle parole, n.3 dei “Libri di base”, 1ª edizione, Editori Riuniti, Roma 1980, pagine 149-183.1

1. Il vocabolario di base comprende parole che sono classificate in tre fasce:

2. Vocabolario fondamentale: circa 2000 lemmi, i più frequenti in assoluto della nostra lingua (giorno, dire, fare). Sono comprese le parole vuote, cioè preposizioni, congiunzione, articoli, pronomi, e costituiscono il

90% delle parole che usiamo nei nostri testi;

3. Vocabolario di alto uso: circa 2.500 lemmi molto frequenti, anche se molto meno di quelli del vocabolario fondamentale. Fanno parte per esempio di questo gruppo, parole come veneziano, zappa, palo.

4. Vocabolario di alta disponibilità: circa 2.337 lemmi che conosciamo, ma potremmo non usare mai. Per esempio, alluce, zampogna.

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Oltre il Vocabolario di base

• Accanto a queste parole, cioè a quelle del Vocabolario di base, dovremmo conoscere anche le parole:

1. dell’uso comune, cioè vocaboli che chi ha un’istruzione medio-alta dovrebbe usare e comprendere indipendentemente dalla professione o dalla provenienza;

2. tecnico-specialistiche, ossia vocaboli usati in determinate discipline come la medicina, la matematica, la fisica, ecc.

1) Oggi il Vocabolario di base della lingua italiana è pubblicato on-line e si può scaricare il pdf da:

https://www.internazionale.it/opinione/tullio-de-mauro/2016/12/23/il-nuovo-vocabolario-di-base-della-lingua-italiana

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Quanto, come e quale lessico bisogna apprendere

• Si pensa spesso che il lessico si acquisisca in modo spontaneo, o con attività didattiche incentrate sulla memorizzazione di liste di parole avulse dal contesto. Invece, è necessario che non si punti su una quantità di lessico appreso per caso, ma si rivolga l’attenzione su un apprendimento di qualità.

Come sostiene Ferreri (2005: 88) «si dovrebbe apprendere anche sistematicamente, per potenziare le conoscenze lessicali, per raggiungere una migliore definizione dei significati di un vocabolo, per esplorare porzioni di lessico e sviluppare espansioni mirati a settori specifici»

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• La conoscenza del lessico non si limita quindi non deve limitarsi alla conoscenza superficiale di una singola parola, ma deve prevedere la conoscenza dei rapporti morfologici, sintattici, semantici, fonetici che essa intrattiene con altre parole.

Mario Cardona (2008: 13) rappresenta così in un grafico la rete di connessione delle parole:

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Da: Mario Cardona, L’ABILITÀ DI LETTURA E LO SVILUPPO DELLA COMPETENZA LESSICALE, in «Studi di Glottodidattica» 2008, 2, 10-36.

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• Quindi di una parola è necessario conoscere (partendo dal primo cerchio, in alto, nel grafico, procedendo in senso orario):

1. La forma scritta/orale, ossia la forma fonica, cioè per l’oralità, i suoni che la costituiscono e per la scrittura i segni grafici, la forma ortografica;

2. I significati connotativi, significati aggiunti, utilizzati in senso figurato: per esempio: in «mi è venuto un infarto nel vederlo», «infarto» è utilizzato non per indicare «una necrosi miocardica dovuta a un'ostruzione acuta di un'arteria coronaria», che è il suo significato primario, originario, (in linguistica si chiamato denotativi) ma per enfatizzare uno stato d’animo.

1. Collocazioni: unità lessicali complesse in cui co-occorrono due o tre parole insieme che si condizionano a vicenda: nitrire e cavallo, emanare e legge, gatto e miagolare, ecc.

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4. Posizione e funzione: relazioni all’interno della frase a livello sintattico. Per esempio, la posizione che ogni parola, in base al ruolo grammaticale o sintattico, ha all’interno della frase.

5. significato/i: ad esempio, una parola può avere più significati. Rosa può indicare sia un colore che un fiore.

6. registro: in italiano non esistono sinonimi, ma quasi sinonimi. Così

mamma e papà non sono sinonimi di madre e padre, ma sinonimi

contestuali, cioè mentre i primi due vocaboli sono usati in situazioni

colloquiali, familiari, gli altri (madre e padre) in situazioni formali. Lo

stesso vale per micio e gatto.

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7. Uso figurato: i significati, oltre che connotativi e denotativi, possono essere anche figurati: per esempio, somaro oltre ad asino (significato denotativo, proprio, originario) , può indicare una persona ignorante.

8. Frequenza: le parole non hanno tutte lo stesso indice di occorrenza

nei testi che produciamo e se comprendiamo questo possiamo anche

essere avvantaggiati nella lettura e alla comprensione del testo.

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