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(1)

Appendici

(2)
(3)

Approfondimenti sull’analisi

exergetica

Condizioni di validit`

a dell’analisi exergetica

quasi stazionaria

Consideriamo un sistema nel quale entra calore (Qin) ad un’unica

tem-peratura Tin ed esce Qout ad un’unica Tout, caratterizzato dal materiale

a di massa m e calore specifico cp,a. I flussi exergetici legati agli scambi

termici ed all’accumulo possono essere scritti come:

Exin(tk) = Qin(tk)  1 T0(tk) Tin(tk)  Exout(tk) = Qout(tk)  1 T0(tk) Tout(tk)  Exacc,a(tk) = macp,a  (Ta(tk)− Ta(tk−1))− T0(tk) ln Ta(tk) Ta(tk−1)  = 301

(4)

= Eacc,a(tk)  1 T0(tk) ln TTaa(t(tk) k−1) Ta(tk)− Ta(tk−1) 

Chiamiamo ΔTa(tk) = (Ta(tk)− Ta(tk−1)) e prendiamo come ipotesi

ΔTa(tk)

Ta(tk−1)  1 ∀ k

Dunque l’exergia accumulata nel sistema al tempo tk si pu`o esprimere

come Exacc,a(tk) = Eacc,a(tk)  1 T0(tk) ΔTa(tk) ln  1 + ΔTa(tk) Ta(tk−1)  ≈ Eacc,a(tk)  1 T0(tk) ΔTa(tk) ΔTa(tk) Ta(tk−1)  = = Eacc,a(tk)  1 T0(tk) Ta(tk−1) 

Facciamo anche l’ipotesi che l’approccio quasi stazionario sia valido dal punto di vista energetico, ovvero Eacc,a(tk)  Qin, Qout, ed assumiamo

che le temperature Tin, Toute Tasiano simili, tanto che i fattori exergetici

siano vicini:  1 T0(tk) Tin(tk)   1 T0(tk) Tout(tk)   1 T0(tk) Ta(tk) 

Quindi si pu`o concludere:

Exacc,a(tk) = Eacc,a(tk)  1 T0(tk) Ta(tk−1)   Exin(tk), Exout(tk)

ovvero che, sotto le ipotesi di energia accumulata trascurabile rispetto ad i flussi in ingresso ed in uscita dal sistema, anche l’exergia accumulata sar`a trascurabile, quindi si pu`o utilizzare l’approccio quasi stazionario ottenendo risultati in ottimo accordo con l’analisi exergetica dinamica.

(5)

Richiami di trasmissione del

calore

Quando un sistema si trova in disequilibrio, una grandezza estensiva si muove per cercare di ricrearlo, secondo modalit`a note come fenomeni di

trasporto.

La trasmissione di calore `e un movimento di energia, risultato della pre-senza di un gradiente di temperatura: se l’energia si trasferisce da sola si parla di trasporto diffusivo, se coinvolge anche il trasferimento di massa il trasporto diviene convettivo.

I meccanismi basilari di scambio sono conduzione ed irraggiamento, ma utilizziamo anche il concetto di convezione.

Conduzione

La conduzione `e il modo di propagazione del calore che avviene attra-verso gli urti diretti tra gli atomi (o le molecole) di due zone adiacen-ti dello stesso corpo o di due corpi a contatto, `e dunque un fenomeno diffusivo.

(6)

Postulato di Fourier

La relazione fondamentale per descrivere quantitativamente il trasporto conduttivo `e il postulato di Fourier:

q =−λ∇T (2.1)

Il flusso di calore q(energia per unit`a di tempo e superficie) risulta dun-que proporzionale al gradiente di temperatura in direzione normale alla superficie di scambio; il fattore di proporzionalit`a λ `e detto

conducibi-lit`a termica e determina le propriet`a di scambio del materiale.

In una certa direzione n quindi si avr`a il flusso qn, ottenuto semplicemente attraverso la

qn=−λ∇T · n (2.2)

Equazione di Fourier

Se prendiamo un volume solido indilatabile V, vi applichiamo l’equazione di bilancio energetico ed in essa sostituiamo al flusso termico il postulato di Fourier (e teniamo presente che per un solido du = cdT ), otteniamo quella che viene definita equazione di Fourier:

ρc∂T

∂t =∇ · (λ∇T ) + q

 (2.3)

e, nel caso in cui λ sia costante,

ρc∂T

∂t = λ∇

2T + q (2.4)

Se dividiamo tutto per il prodotto ρc e definiamo a = λ/ρc diffusivit`a termica (misurata in m2/s), si ha

∂T

∂t = a∇

2T + q

(7)

Scambio conduttivo tra superfici piane parellele

Di particolare interesse per i nostri scopi `e la quantit`a di calore trasferita nell’unit`a di tempo tra due superfici piane parallele di uno stesso corpo con conducibilit`a λ:

˙

Q = Aλ

LΔT (2.6)

dove L indica la dimensione trasversale. Il flusso di calore per unit`a di superficie si scrive:

˙q = ΔT

R (2.7)

in cui si `e indicato con R = Lλ la resistenza termica della superficie di contatto (vedi paragrafo B).

(8)

Convezione

Il trasporto di calore per convezione `e il meccanismo di scambio ter-mico tra una superficie ed un fluido che la lambisce1: avviene attraverso il mescolamento di particelle fluide con differente energia termica, dun-que `e la combinazione del meccanismo di conduzione con il fenomeno del movimento (se la velocit`a del fluido `e nulla non c’`e convezione, ma solo conduzione), che pu`o avvenire con caratteristiche laminari oppure

turbolente.

Il flusso di calore convettivo per unit`a di superficie si pu`o valutare attra-verso l’espressione empirica:

˙q = h(Tsup− Trif) (2.8)

dove h [W/(m2K)] indica il coefficiente convettivo (o ‘conduttanza

convettiva’) e le temperature Tsup e Trif sono rispettivamente la

tempe-ratura della superficie in esame ed una opportuna tempetempe-ratura di riferi-mento2.

Il coefficiente h contiene non solo le propriet`a del fluido ma anche le carat-teristiche geometriche e del campo di velocit`a adiacente alla superficie: la sua determinazione analitica richiede la risoluzione contemporanea delle equazioni di Navier Stokes e del trasporto di energia, dunque si ricorre

1Possiamo distingure tra convezionenaturale e convezione forzata, se il moto relativo `e generato dalle forze di galleggiamento prodotte dalle variazioni di densit`a oppure indotto, e tra convezioneesterna ed interna, se il fluido lambisce la parete dall’esterno oppure scorre all’interno di un condotto.

2Nel caso di convezione esterna la temperatura di riferimento `e quella ad una distanza dalla superficie tale da non esser influenzata dalla sua presenza, mentre nel caso di convezione interna si assume pari alla temperatura di miscela.

(9)

solitamente a risoluzione tramite simulazioni o valutazioni sperimentali.

Valori tipici del coefficiente convettivo (in W/(m2K)) sono compresi nei

range:

– per convezione naturale:

∗ gas: 2-25 ∗ liquidi: 50-2000

– per convezione forzata:

∗ gas: 25-250 ∗ liquidi: 100-20000

Data una superficie di area A che scambia il flusso di calore ˙Q = hAΔT ,

si pu`o definire la resistenza termica convettiva come

Rconv = Tsup− Trif ˙ Q = 1 hA (2.9)

Parametri adimensionali e correlazioni di scambio

La determinazione del coefficiente di convezione `e, come suddetto, ar-duo per via analitica, dunque si ricorre a simulazioni o sperimentazioni e si scrivono i risultati sotto forma di correlazioni di scambio termico, espresse attraverso una serie di parametri adimensionali:

– Numero di Nusselt: caratterizza il processo di scambio termico al

bordo di contatto superficie-fluido (indica il rapporto tra i gradienti termici alla parete e medio). `E definito da:

N u = hL

k (2.10)

in cui h `e la conduttanza convettiva (ignota), L la lunghezza carat-teristica del sistema e k la conducibilit`a del fluido.

(10)

– Numero di Reynolds: `e proporzionale al rapporto tra le forze d’inerzia e le forze viscose e, in condizioni di convezione forzata, per-mette di valutare se siamo in presenza di moto laminare o turbolento. ` E definito da: Re = ρwL μ = wL ν (2.11)

dove si `e indicato con w la velocit`a del fluido di scorrimento e con μ e ν rispettivamente le viscosit`a dinamica e cinematica (ν = μ/ρ).

– Numero di Prandtl: `e il rapporto tra la diffusivit`a della quantit`a di moto e quella termica. Pu`o essere scritto come:

P r = ν a =

μcp

k (2.12)

in cui si `e indicato con cp il calore specifico a pressione costante.

– Numero di Grashof : rappresenta il rapporto tra la forza di

gal-leggiamento (intesa come variazione di peso di un volume cubi-co di fluido di lato L a causa di una differenza di temperatura ΔT = Tsuperf icie − Tf luido) e la forza di attrito viscoso. Pu`o essere

scritto come: Gr = Fgalleggiamento Fviscosa = gβV(Tsup− T ) ν2/L3 = gβVL3ΔT ν2 (2.13)

dove g `e l’accelerazione di gravit`a e βV `e il coefficiente di dilatazione

valutato alla temperatura media del fluido, ovvero

βV = 1 (Tsup+ Trif)/2 = 1 Tmedia [K−1] (2.14)

– Numero di Rayleigh: in condizioni di convezione naturale il tipo

di moto pu`o essere determinato non pi`u con Reynolds (il campo di velocit`a `e incognito) bens`ı in funzione del valore del prodotto di due numeri adimensionali, Grashof e Prandtl, che prende il nome di numero di Rayleigh. Si scrive come:

Ra = Gr· P r = gβVρ

2L3CpΔT

(11)

La transizione da condizione laminare a turbolenta nel caso di con-vezione naturale avviene per Rayleigh pari a 109 (al di sopra il moto `

e turbolento).

Convezione naturale tra lastre piane

Sperimentalmente si trova che per lastre piane con un angolo di inclina-zione β fino a 75◦la relazione tra il numero di Nusselt e quello di Rayleigh `

e ben descritta dalla seguente equazione (Hollands et al., 1976):

N u = 1+1.44  1 1708(sin 1.8β) 1.6 Ra cosβ   1 1708 Ra cosβ + +  Ra cosβ 5830 1/3 − 1 + (2.16) nella quale l’esponente + significa semplicemente che il termine deve es-sere considerato nella somma se e solo se positivo. Una volta calcolato il numero di Rayleigh tramite l’eq.2.16 e facendo uso dei parametri fisici specifici del problema, possiamo ricavare il numero di Nusselt e quindi, utilizzando l’eq.(2.10), trovare il coefficiente di scambio termico convet-tivo.

´

E utile notare che, sebbene l’eq.(2.16) non descriva adeguatamente la re-lazione tra Nusselt e Rayleigh quando β ∈ [75, 90]◦, i fenomeni convettivi per pareti verticali possono essere descritti facendo uso delle precedenti equazioni utilizzando un’inclinazione β = 75◦.

Coefficiente convettivo del vento

`

E utile valutare le perdite termiche di una lastra piana sotto l’azione di flusso d’aria esterno, visto che tale modello riproduce bene quanto acca-de al ricoprimento esterno di un collettore solare piano esposto all’azione del vento. Molti studi sono stati fatti in galleria del vento.

(12)

Flussi laminari

Si trova che, nel range di Re compresi tra 2· 104 e 9· 104, il numero di Nusselt pu`o essere calcolato (secondo Sparrow) come:

N u = 0.86Re1/2P r1/3 (2.17)

dove si prende per lunghezza caratteristica del collettore il rapporto tra quattro volte la sua superficie e il perimetro. Per Reynolds superiori, ma comunque entro 106 (regime laminare) il coefficiente varia in 0.94, secondo lo studio di Pohlhausen.

Flussi turbolenti

Per Reynolds maggiori (come spesso accade per i collettori standard e in condizioni medie di vento) il coefficiente di scambio convettivo si trova utilizzando la seguente equazione3:

hw = 5.7 + 3.8V (2.19)

dove si `e indicata con V la velocit`a del vento in m/s.

Assenza di vento

In caso di vento molto debole prevale la convezione naturale. Si distingue in questo caso tra piastre orizzontali e verticali (non ci sono correlazioni disponibili per le piastre inclinate):

– lastre piane orizzontali:

N u = 0.76 Ra1/4 per 104 < Ra < 107 (2.20)

3Alcuni autori hanno suggerito che tale equazione consideri simultaneamente gli effetti convettivi e radiativi. Per questo `e stata proposta la seguente modifica dovuta a Watmuff

at all (1977):

hw= 2.8 + 3.0V (2.18) L’accordo di tale formula con i dati sperimentali `e buono fino a una lunghezza caratteristica

(13)

N u = 0.15 Ra1/3 per 107 < Ra < 3· 1010 (2.21) Si usa sempre L = 4A/P .

– lastre piane verticali:

N u = 0.59 Ra1/4 per 104 < Ra < 109 (2.22)

N u = 0.13 Ra1/3 per 109 < Ra < 1012 (2.23) Si utilizza come lunghezza caratteristica l’altezza del collettore.

Scambio termico per convezione naturale tra

ci-lindri concentrici orizzontali

Possiamo assumere, nel caso di cilindri concentrici orizzontali, un coefficiente conduttivo equivalente kef f che tenga conto del fenomeno

convettivo, tramite la correlazione di Raithby e Hollands:

kef f k = max  1, 0.386  P r· Ra 0.861 + P r 1 4 (2.24) nella quale4 Ra = [ln(Do/Di)] 4 L3(Di−3/5+ D−3/5o )5 RaL (2.25)

con i numeri di Prandtl P r e di Rayleigh RaL definiti dalle relazioni

2.12 e 2.15; si considera come lunghezza caratteristica L la distan-za tra cilindro interno e cilindro esterno. Per Ra inferiore a 100 si ottiene kef f = k, ovvero la trasmissione del calore avviene per

conduzione.

4Il campo di validit`a della relazione `e entroRa

(14)

Scambio termico per flussi interni

Consideriamo il caso di flusso laminare: nella situazione di comple-to sviluppo termico, il numero di Nusselt si riduce ad una costante:

∗ Nu = 3.7 nel caso di temperatura di parete costante ∗ Nu = 4.4 nel caso di flusso termico costante

Il caso dei collettori solari vede una resistenza costante tra il flusso del fluido e l’ambiente (assumendo come ipotesi una T ambiente costante), dunque se la resistenza `e grande siamo vicini al caso di flusso termico costante, se invece la resistenza `e piccola siamo in condizioni approssimabili a temperatura costante. Questo significa che il numero di Nusselt effettivo sar`a nell’intervallo 3.7-4.4: a fini cautelativi possiamo considerare lo scambio pi`u limitato ed assumere per i nostri calcoli N u = 3.7.

(15)

Irraggiamento

Per irraggiamento si intende il trasferimento di calore per mezzo di onde elettromagnetiche. L’emissione di radiazione termica `e legata all’eccitazione di atomi e molecole per effetto dell’agitazione termica (macroscopicamente, quindi, l’emissione avviene in quanto i corpi si trovano ad una determinata temperatura). Al contrario della condu-zione, l’irraggiamento non prevede contatto diretto tra gli scambia-tori, e, visto che la radiazione elettromagnetica non necessita di un

mezzo per propagarsi, esso rappresenta l’unico modo di trasmissione

del calore nel vuoto.

Nei collettori solari l’irraggiamento costituisce una componente signi-ficativa dello scambio termico complessivo: di particolare interesse per le applicazioni di energia solare `e la parte di spettro elettroma-gnetico con lunghezza d’onda compresa tra 0.3μm e 25μm5.

Comportamento delle superfici

Quando una determinata quantit`a di radiazione GT incide su una

superficie, parte della radiazione viene assorbita (Gα), parte riflessa

(Gr) e parte trasmessa (Gτ). Per la conservazione dell’energia vale

che:

GT = Gα+ Gr+ Gτ (2.26)

Definendo i coefficienti di assorbimento (o assorbanza), di riflessio-ne (o riflettanza) e di trasmissioriflessio-ne (o trasmittanza) rispettiva-mente come α = Gα/GT, r = Gr/GT e τ = Gτ/GT si ha anche che:

1 = α + r + τ (2.27)

5Il campo del visibile `e tra 0.38μm e 0.78μm, ovvero rappresenta una piccola porzione della radiazione termica: l’occhio dunque non `e un buon indicatore n`e della capacit`a di un corpo di approssimare un corpo nero, cio`e di assorbirla in gran parte, n`e della capacit`a di rifletterla -un corpo che appare bianco pu`o in realt`a essere un buon assorbitore di infrarosso-.

(16)

Figura B.1: Radiazione su una superficie: trasmissione, riflessione e assorbimento.

Tali coefficienti variano al variare del materiale di cui `e composta la superficie (e l’intero corpo, per quanto riguarda la trasmittanza), ed in realt`a sono anche funzione di lunghezza d’onda e direzione della radiazione incidente6: ad esempio una superficie verniciata di nero ha un’assorbanza pari a 0.96 per un’angolo di incidenza vicino allo zero, mentre tale valore scende gradualmente fino a 0.66 per inciden-ze prossime all’angolo retto [42].

Altra caratteristica di una superficie radiante `e la sua emissivit`a

ε, che rappresenta la frazione di energia irraggiata dal materiale

ri-spetto alla massima emissione possibile a parit`a di temperatura.

(17)

Legge di Kirchhoff

All’equilibrio termodinamico e sotto l’ipotesi di emissione diffusa7, per la legge di Kirchoff l’emissivit`a di un corpo generico i a temperatura T uguaglia il potere assorbente del corpo considerato:

εi =

Ei(T )

EM AX(T )

= αi (2.28)

Emissone da corpo nero

Un corpo nero `e per definizione un perfetto assorbitore di radiazione elettromagnetica, ovvero vale αn = 1 (perci`o `e anche opaco, τ = 0, e

non riflettente, r = 0) per ogni lunghezza d’onda. Dunque, all’equi-librio, per un corpo nero l’emissivit`a e la sua assorbanza assumono lo stesso valore8 εn = αn= 1.

Sempre in condizioni di equilibrio termodinamico, valgono le seguenti propriet`a per la radiazione emessa da un corpo nero:

1. Legge di Planck

L’emissione di energia di un corpo nero non `e uniforme rispetto alla lunghezza d’onda λ [μm] e dipende dalla sua temperatura assoluta T [K]. La densit`a spettrale Enλ, misurata in W/(μm× m2), si scrive

come:

Enλ=

C1

λ5(eC2/(λT )− 1) (2.29)

in cui le costanti valgono:

C1 = 3.742  Wμm4 m2  e C2 = 1.439· 104[μm K]

7Altrimenti `e comunque valida l’uguaglianza tra emissivit`a ed assorbanza per ogni specifica coppiaλ,θ.

8L’emissivit`a di un corpo si definisce quindi anche come l’energia irraggiata rispetto a quella irraggiata da un corpo nero che sia alla stessa temperatura.

(18)

2. Legge dello spostamento di Wien

Per un corpo nero a temperatura T la lunghezza d’onda di massima emissione si ha in accordo con:

λmaxT = 2897.6 μmK (2.30)

Il sole (T≈ 5800 K) raggiunge il suo massimo nella zona del visibile.

3. Legge di Stefan-Boltzmann

La potenza totale emessa da un corpo nero vale:

En=



0

Enλdλ = σT4 (2.31)

dove σ = 5.6697·10−8 W/m2K4 `e la costante di Stefan-Boltzmann.

Scambio termico per irraggiamento

Lo scambio termico per irraggiamento tra due superfici i e j pu`o essere valutato tramite i fattori di vista9 Fij, che rappresentano la

frazione di potenza raggiante emessa dalla superficie i che raggiunge la superficie j.

Valgono le seguenti propriet`a per i fattori di vista:

∗ Reciprocit`a:

FijAi = FjiAj (2.32)

dove Ai e Aj indicano rispettivamente l’area della superficie i e

della superficie j. ∗ Conservazione dell’energia: N j Fij = 1 ∀i (2.33)

9E importante notare che il fattore di vista `` e una quantit`a puramente geometrica, che dipende unicamente dalla posizione reciproca delle superfici.

(19)

se siamo in presenza di una cavit`a con N superfici.

Possiamo inoltre definire l’irradiazione totale Gi come la

poten-za totale incidente per unit`a di area sulla superficie i e la potenza

termica totale Bi (detta anche radiosity ed indicata con J) come

la potenza raggiante totale (emessa e riflessa) proveniente dall’unit`a di superficie i (indicate in figura B.2).

Un’altra definizione utile `e quella di superficie grigia

lambertia-na quale superficie la cui emissivit`a `e indipendente dalla direzione di osservazione (emissione isotropa), dunque perfettamente diffondente.

`

E possibile ora valutare la potenza termica scambiata tra due superfici in una serie di casi particolari.

Superfici nere

Possiamo scrivere il seguente sistema di equazioni:

˙

Q = En1A1F12− En2A2F21

F12A1 = F21A2

in cui abbiamo tenuto in considerazione che α1 = α2 = 1.

Risolvendo il sistema per ˙Q e utilizzando la legge di Stefan-Boltzmann

abbiamo:

˙

Q = A1F12σ(T14− T24) (2.34)

Se le superfici di interesse sono due lastre piane parallele (con

A1 = A2 = A) possiamo considerare F12= 1 e abbiamo che:

˙q = ˙ Q A = σ(T 4 1 − T24) (2.35)

(20)

Assumiamo il corpo 1 all’interno della cavit`a 2 e A1 << A2: tutta la radiazione emessa da 1 dopo successive riflessioni viene completa-mente assorbita da 2. Da questo segue α2 ∼= 1 e F12 = 1. Quindi la potenza termica scambiata vale:

˙

Q = α1A1σ(T14− T24) (2.36)

Superfici grigie

Supponiamo che i corpi emettano radiazione come superfici grigie lambertiane perfettamente opache. Abbiamo dunque:

αi = εi, ri = 1− εi per i = 1, 2 e τ1 = τ2 = 0

Quindi per ciascun corpo possiamo scrivere le seguenti equazioni per la potenza termica totale per unit`a di superficie Bi (riflessa pi`u

emessa, altrimenti detta radiosity) e per la potenza scambiata con l’esterno Qi (incidente meno riflessa ed emessa, considerando tutta

l’area):

Bi = (1− εi)Gi+ εiEni

˙

Qi = Ai(Gi− Bi)

Ricavando Gi dalla prima delle due equazioni e sostituendo nella

seconda: ˙ Qi = Ai εi 1− εi (Bi− Eni) (2.37)

Supponendo T1 > T2 abbiamo che lo scambio termico tra i due corpi vale (tenendo conto di A1F12= A2F21):

˙

(21)

Facendo uso delle eq.(2.37)-(2.38) otteniamo che: ˙ Q1→2 = σ(T 4 1 − T24) 1−ε1 ε1A1 + A11F12 +1−εε2A22 (2.39)

Consideriamo ora due lastre piane parallele poste a distanza d con area S e di dimensioni trasversali molto maggiori della

loro distanza d. Sotto tali ipotesi, considerato che le dispersioni

ai bordi sono minime, possiamo assumere F12 = F21 = 1. Abbiamo inoltre A1 = A2 = A. Dunque la potenza scambiata tra le due lastre vale: ˙ Q1→2 = Aσ(T 4 1 − T24) 1 ε1 + ε12 − 1 (2.40)

Se invece prendiamo in esame due superfici cilindriche

concen-triche 1 e 2 delle quali la prima interna, di raggi r1ed r2e lunghezza

L ri si ottiene: ˙ Q1→2 = S1σ (T 4 1 − T24) 1 ε1 + 1−εε22 r1 r2 (2.41)

Scambio radiativo con il cielo

La radiazione scambiata tra una superficie e il cielo pu`o essere valu-tata considerando il cielo come un corpo nero ad una temperatura equivalente Ts. Abbiamo quindi che εs = 1 e considerando che

(22)

dall’ambiente circostante il fattore di vista tra il corpo 1 e il cielo vale F1s = 1. Ulilizzando l’eq.(2.39) si trova che:

˙

Q = A1ε1σ(T14− Ts4) (2.42)

Figura B.2: Irradiazione totale G e potenza termica totale B (o radiosity, J)

Temperatura di corpo nero del cielo

La temperatura Ts che dobbiamo considerare per il cielo nello

scam-bio radiativo `e legata alle variabili meteorologiche. Esistono varie relazioni che esprimono tale legame, tra le quali la seguente10:

Ts= Ta

0.711 + 0.0056Tdp+ 0.000073Tdp2 + 0.013 cos (15t)

1/4 (2.43) nella quale Ta`e la temperatura ambiente espressa in K, Tdpla

tempe-ratura di rugiada in gradi Celsius e t le ore a partire dalla mezzanotte. Nella condizione Ta= 15◦C = 288K e Tdp= 0◦C (corrispondente ad

un’umidit`a relativa del 30%) risulta Tsky =−9◦C.

(23)

Meccanismi combinati di scambio

La resistenza termica

E’ utile fare un’analogia con l’ambito elettrico per trattare in modo semplice casi in cui siano presenti contemporaneamente pi`u mecca-nismi di scambio termico: consideriamo un problema stazionario ed introduciamo la definizione di resistenza termica.

Nel caso elettrico `e ben nota la relazione di Ohm, che lega la corrente

i attraversante una data resistenza Re alla differenza di potenziale

ΔV ai suoi capi:

Re =

ΔV

i (2.44)

Possiamo far coincidere le grandezze in gioco negli scambi termici a quelle elettriche (lasciamo la definizione dei segni alla logica):

∗ intensit`a di corrente i: flusso termico ϕ [W]

∗ differenza di potenziale ΔV : differenza di temperatura ΔT [K] ∗ resistenza elettrica Re: resistenza termica R, che risulta dunque

in [K/W]

La resistenza termica sar`a quindi definita dalla relazione:

R = ΔT

ϕ (2.45)

In modo analogo, defininiamo anche la resistenza termica

speci-fica11[(m2∗K)/W ] utilizzando il flusso termico specifico ϕ [W/m2]:

R = ΔT

ϕ (2.46)

11Data un’area A, la relazione con la resistenza termica sar`a semplicemente R

(24)

Riassumiamo le resistenze termiche per i differenti casi, visti in pre-cedenza.

Conduzione stazionaria in strato piano di spessore s e conducibilit`a

λ: ϕ = λA s ΔT Rcond= s λA R  cond = s λ (2.47)

Convezione tra la superficie (A) di un solido a temperatura Ts ed

un fluido a temperatura distante dalla parete T:

ϕ = hconvAΔT Rconv =

1

hconvA

Rconv = 1

hconv

(2.48)

Irraggiamento tra un corpo a con superficie A, emissivit`a εa ed

un altro corpo, caratterizzati da temperature superficiali rispettiva-mente Ta e Tb:

ϕ = hirrA(Ta− Tb) Rirr =

1

hirrA

Rirr = 1

hirr

(2.49)

nella quale hirr `e un coefficiente equivalente che tiene conto dello

scambio radiativo tra i due corpi in base alla situazione e ad esempio per il caso di un corpo a in una cavit`a b puo’ essere scritto come:

hirr,cav =

σεa(Ta4 − Tb4)

(Ta− Tb)

(2.50)

Resistenze termiche disposte in serie

Si dice che due o pi`u resistenze termiche sono disposte in serie quando vengono attraversate sequenzialmente dal medesimo flusso di calo-re. `E facile ricavare la resistenza equivalente di pi`u resistenze in

(25)

serie, che risulta essere semplicemente la sommatoria delle singole resistenze: Rs,tot= i Ri Rs,tot = i Ri (2.51)

Resistenze termiche disposte in parallelo

Si definiscono invece resistenze in parallelo quelle soggette al mede-simo salto di temperatura. Anche in questo caso `e semplice trova-re la trova-relazione che esprime la trova-resistenza equivalente (considerando che il flusso totale `e la somma dei singoli flussi) sotto l’ipotesi che le resistenze non differiscano troppo una dall’altra -necessaria af-finch`e si possa considerare il flusso come unidimensionale con buona approssimazione-: 1 Rp,tot = i 1 Ri (2.52)

In questo caso la stessa relazione per le reistenze specifiche si pu`o scrivere soltanto se le aree sono tutte uguali, ovvero se Ai = A ∀i.

Trasmittanza termica

Viene definita come l’inverso della resistenza termica specifica, ov-vero K = 1 R  W m2K  (2.53)

Dunque si pu`o scrivere la relazione

ϕ = ΔT

R = KΔT (2.54)

Nel caso di strutture composte si mettono insieme le differenti resi-stenze in serie e parallelo per ottenere la caratteristica equivalente

(26)

della combinazione. Dato il caso in figura, nel quale siano distin-guibili due parti a e b, la trasmittanza media ottenuta sar`a pari a

K = KaAa+ KbAb Atot

(2.55) ovvero come la media ponderata sull’area delle trasmittanze delle singole porzioni.

Figura B.3: Trasmittanza di struttura composta

Variazione della temperatura lungo gli strati

Prendiamo in esame una serie di strati racchiusi tra le temperature

Ti e Te(con la prima maggiore della seconda), in regime stazionario:

se esprimiamo la relazione del flusso termico specifico (costante) in termini differenziali si ottiene, in valore assoluto:

ϕ = dT

(27)

Integriamola tra l’inizio della serie che stiamo considerando, dove si ha R = 0 e T = Ti, e la generica sezione x in corrispondenza della quale la resistenza `e giunta al valore R = Rx e la temperatura a

T = Tx :

Ti− Tx = ϕRx (2.57)

Ricordando che vale ϕ = (Ti− Te)/Rtot si pu`o scrivere

Tx = Ti− (Ti− Te)

Rx

Rtot (2.58)

Rappresentiamo la variazione lineare della temperatura con la re-sistenza specifica R in un diagramma (R, T ): la derivata della

funzione `e pari al flusso termico specifico.

(28)
(29)

Richiami di Fisica Tecnica

utili negli impianti

residenziali

Equazione di Bernoulli per sistemi aperti

a regime

Per condotti in regime stazionario con sezioni di entrata ed uscita 1 e 2 possiamo esprimere il primo principio per unit`a di massa nella forma:

αw

2 2 − w21

2 + g (z2− z1) + h2− h1 = q− l (3.1) dove sono stati indicati con w la velocit`a, con z la quota del centro della sezione rispetto ad un riferimento fissato, con h l’entalpia (tutti valori medi sulla sezione) e con q ed l gli scambi energetici nel tratto di condotto 1-2. Il coefficiente α introdotto ha la funzione di tener conto del profilo di velocit`a nel passare da velocit`a media ad energia cinetica1.

1In caso di moto laminare su una sezione circolare si consideraα = 2, mentre se il moto

(30)

Dalla 3.1, sostituendovi q = Δh−12vdp, si passa all’espressione αw 2 2 − w12 2 + g (z2− z1) +  2 1 vdp + l = 0 (3.2) `

E comodo distinguere il lavoro motore da quello resistente, l = lm+lr,

pertanto si ottiene αw 2 2 − w12 2 + g (z2 − z1) +  2 1 vdp + lm+ lr = 0 (3.3)

(il lavoro resistente lr `e sempre presente per fluidi reali, in qualsiasi

parte di condotto).

Per fluidi incomprimibili, quali possiamo considerare l’acqua o an-che l’aria a velocit`a piccole rispetto a quella del suono nel mezzo2, si suppone v = const, dunque l’integrale viene semplicemente sostitui-to da v(p2− p1). Disponendo i termini relativi alla sezione 1 a primo membro, la forma dell’equazione diviene:

p2v2+ αw 2 2 2 + gz2 = p1v1+ α w12 2 + gz1− lm− lr (3.4) In condizioni ideali per un condotto isolato si mantiene costante la somma pv +w22 + gz, chiamata piezometrica, che per un fluido reale viene diminuita dalle resistenze (lr) nel tratto di tubazione in esame.

`

E frequente dividere la 3.3 per l’accelerazione gravitazionale g, espri-mendo cos`ı tutto in metri, ovvero scrivendo il bilancio energetico per unit`a di peso: αw 2 2 − w12 2g + (z2− z1) +  2 1 v gdp + lm g + lr g = 0 (3.5) `

e turbolento la differenza tra energia cinetica calcolata con la velocit`a media ed energia cinetica effettiva `e decisamente minore e si pu`o utilizzare un coefficiente α ≈ 1, 06 o anche approssimare ad un valore unitario. In ogni caso, l’energia cinetica effettiva `e maggiore di quella stimata utilizzando semplicemente la velocit`a media.

(31)

nella quale definiamo i termini rispettivamente altezza cinetica,

altez-za geometrica, altezaltez-za piezometrica (poich`e v/g = 1/γ), prevalenza e altezza di perdita di carico.

La 3.5 si pu`o riscrivere pi`u comodamente come

p2− p1 γ + α w22− w21 2g + (z2− z1) = h  − h a (3.6) dove h =−lm

g (nella quasi totalit`a dei casi si cede energia al fluido,

dunque `e pi`u semplice considerare questo caso come positivo) e ha

sono le perdite per attrito nei condotti.

Per ottenere il bilancio in termini di pressione, moltiplichiamo invece entrambi i membri della 3.5 per il peso specifico γ = ρg:

p2− p1 = ραw

2 1 − w22

2 + g (z1− z2)− Δpm− Δpr (3.7) avendo indicato con Δpm la variazione di pressione dovuta a

for-ze motrici e con Δpr la caduta per attrito nel tratto di condotto

considerato.

Perdite di carico nei condotti

Perdite distribuite e concentrate

Richiamiamo in breve il significato del termine hanell’equazione 3.6,

ovvero delle perdite di carico per attrito all’interno dei condotti. Possiamo distinguere in due termini, rispettivamente le perdite di carico distribuite e concentrate:

(32)

Le perdite di carico distribuite sono quelle causate dall’attrito del fluido con le pareti del condotto e possono essere espresse come

ha,d = λ

l D

w2

2g (3.9)

con λ (coefficiente di Darcy, chiamato talvolta anche ξ) funzione del numero di Reynolds Re e della rugosit`a relativa ε/D, e ricavabile dal diagramma di Moody in appendice3oppure tramite l’uso di relazioni, pi`u o meno approssimate in base agli usi, reperibili in letteratura. Con D intendiamo il diametro idraulico della tubazione, che nel caso di sezione circolare coincide con il diametro interno effettivo.

Le perdite concentrate invece sono quelle causate dalle singolarit`a del percorso. Ogni accidentalit`a i-esima (curva, raccordo, valvola, etc) crea una perdita esprimibile come

ha,ci= Ki

wi2

2g (3.10)

con Ki coefficiente ricavabile in letteratura; il termine complessivo

relativo alle perdite concentrate si ottiene chiaramente sommando tutti i termini i-esimi che si incontrano sul percorso in esame.

Lunghezza equivalente

In alcuni casi `e comodo (ad esempio nel calcolo delle reti al paragrafo C) esprimere le perdite concentrate come se fossero un tratto di tubazione con le relative perdite distribuite. L’equivalenza si ottiene dall’equazione λleq D w2 2g = Ki w2 2g (3.11)

3Il coefficiente di Darcy varia, nella quasi totalit`a dei casi, tra 0.01 e 0.06: per una valutazione rapida o in mancanza di dati possiamo prendere λ ∈ [0.02, 0.03] ed ottenere comunque una buona stima.

(33)

da cui

leq=

KiD

λ (3.12)

Il coefficiente λ non `e noto a priori, ma gi`a inserendo il valore 0, 02 o 0, 03 si ottiene un’approssimazione che non ha bisogno di revisioni (a meno che le perdite concentrate siano in numero particolarmente alto rispetto alla media delle applicazioni pratiche).

Abachi delle perdite distribuite

`

E molto comodo utilizzare una grandezza nota come perdita

spe-cifica di pressione distribuita ψ, che in un tratto di lunghezza l

caratterizzato dalle perdite distribuite Δpa,d= γha,dsi esprime come

ψ = Δpa,d

l (3.13)

Sono molto utili nella pratica progettuale abachi che visualizzano le relazioni tra perdita specifica di pressione e diametro, velocit`a, portata massica. Se scriviamo

ψ = γha,d l = λρ w2 2D = K1 w2 D (3.14)

e, inserendo nella precedente l’equazione di continuit`a

ψ = γha,d l = λρ w2 2D = λρ 1 2D  G ρA 2 = K2G 2 D5 (3.15) `

e possibile applicare il logaritmo a destra e sinistra di entrambe le equazioni per avere:

log ψ = 2 log w− log D + log K1 log ψ = 2 log G− 5 log D + log K2 (3.16)

(34)

che sono facilmente riportabili tramite rette a valori costanti in abachi a quattro variabili (come quelli riportati in appendice G) utilizzati per ottenere due grandezze note le altre due.

(35)

Determinazione della curva caratteristica

delle pompe

Consideriamo una pompa con posizionamento orizzontale ed uguali diametri di aspirazione e mandata. Dato un fluido di densit`a ρ e le misure di pressione pae pmrispettivamente in aspirazione e mandata,

possiamo applicare Bernoulli per ricavare subito la prevalenza:

h = pm− pa

γ =

pm− pa

ρg (3.17)

poich`e tutti gli altri termini del bilancio risultano nulli4. Affiancando la misura della portata a quella delle pressioni, e ripetendo l’opera-zione per diversi valori di portata, si ottiene la curva caratteristica della pompa in esame.

Differenti curve caratteristiche indicano diversi comportamenti del-la pompa al variare delle condizioni: se del-la curva tende ad essere orizzontale la pressione rimane circa costante in un ampio range di variazione delle portate, viceversa se la curva ha un andamento ri-pido sar`a la portata ad essere quasi costante a fronte di variazioni importanti nelle perdite di carico.

Note portata e prevalenza, ovvero il punto di funzionamento, `e im-mediato calcolare la potenza resa dalla pompa in tali condizioni: `e sufficiente moltiplicare la prevalenza (energia trasferita al fluido per unit`a di peso) per la portata in peso del liquido trattato, ossia

W = gGh (3.18)

con G portata massica. Per ottenere la potenza assorbita chiara-mente `e necessario conoscere il rendimento della pompa, fornito dal

4Il termineh ingloba gi`a le perdite all’interno della pompa. Se i diametri di aspirazione e mandata sono differenti lo saranno le relative velocit`a, dunque si dovr`a considerare anche il termine di altezza cinetica.

(36)

Figura C.1: Esempio di curva caratteristica [Fonte: [59]]

costruttore:

(37)

Dimensionamento di reti idrauliche

Dimensionare una rete di condotti `e una questione basilare nell’im-piantistica termotecnica: nella maggior parte dei casi equivale a de-terminare i diametri di ogni tratto note la geometria (data in modo quasi obbligato dalla configurazione studiata per il particolare edifi-cio) e le portate (derivate dalle esigenze degli apparecchi utilizzatori), cercando di realizzare un percorso il pi`u bilanciato possibile.5 Quan-do non sia possibile realizzare percorsi equivalenti dal punto di vista delle perdite di carico -non lo `e mai in impianti estesi- si procede al bilanciamento della rete, operazione importante e spesso delicata sia nella messa in opera sia come mantenimento nel tempo (modifi-che nel corso degli anni dovrebbero passare per un ribilanciamento dell’intero impianto, ma comportamenti zelanti in questo senso sono assai rari).

Collegamento di condotti in serie ed in parallelo

Si parla di collegamento in serie quando la portata che attra-versa i tratti connessi rimane la stessa. Se definiamo ltot,1 ed ltot,2

le lunghezze totali (geometriche pi`u equivalenti) di due tratti in se-rie, la perdita di carico complessiva risulta essere la somma dei due contributi: ha,1−2= ha,1+ ha,2 = λ1 ltot,1 D1 w21 2 + λ2 ltot,2 D2 w22 2 (3.20)

Possiamo esprimere la velocit`a in funzione della portata e sostituire,

5Ben diverso `e il caso di reti di adduzione idrica, nelle quali dimensionamenti mal eseguiti portano ’soltanto’ a disagi, fatta pi`u o meno salva la funzionalit`a, e circuiti per il trasporto di fluido termovettore (riscaldamento, raffrescamento), per i quali una cattiva progettazione porta molto spesso al malfunzionamento di tutto l’impianto.

(38)

ottenendo wi = G ρAi = 4 ρπ G D2i (3.21) ha,1−2 =  8 ρ2π2 λ1ltot,1 D15 + 8 ρ2π2 λ2ltot,2 D52  G2 (3.22)

che significa, definita la resistenza fluidodinamica Ri di ogni tratto

Ri =

8

ρ2π2 λiltot,i

Di5 (3.23)

che per condotti connessi in serie si sommano le resistenze

fluidodi-namiche: ha,1−n = n i=1 RiG2 (3.24)

Abbiamo invece un collegamento in parallelo quando pi`u rami partono ed arrivano negli stessi punti. La perdita di carico ha ai

capi di ogni tratto in parallelo `e la stessa, mentre in ogni ramo passa la portata Gi: ha = λi ltot,i Di w2i 2 =  8 π2ρ2 λiltot,i Di5  G2i = RiG2i (3.25)

conseguentemente la portata in ogni tratto sar`a tanto pi`u elevata quanto pi`u piccola risulta la sua resistenza:

Gi = ha Ri (3.26)

e la portata complessiva si ottiene sommando le singole portate

G = n i=1 Gi =  ha n i=1 1 Ri (3.27)

ossia si sommano i termini 1/√Ri, talvolta definiti aperture

(39)

Collegamento di pompe in serie ed in parallelo

Ricordiamo sinteticamente l’effetto derivante dal collegamento di due o pi`u pompe in serie o in parallelo.

∗ Se connettiamo due pompe in serie la portata di fluido che

le attraversa `e la medesima, dunque le curve caratteristiche si sommano sulle ordinate: per una data portata, la prevalenza della serie `e la somma delle singole prevalenze.

∗ Se colleghiamo in parallelo due o pi`u pompe della stessa

fami-glia, il Δp a cui operano `e il medesimo e si sommano le portate (si ottiene cio`e una curva caratteristica complessiva che ad una data ordinata -prevalenza- vede sull’ascissa la somma delle prevalenze delle singole curve di origine).

(40)

Figura C.3: Curva caratteristica di pompe collegate in serie [Fonte: [55]]

Dimensionamento di circuiti aperti

Il fluido viene spostato da una sezione 1 ad una differente sezione 2, secondo una geometria nota del condotto (esclusi i diametri). I parametri da determinare sono:

∗ la portata massica G ([kg/s])

∗ il diametro D [m] o la sezione A = πD2/4 [m2]

∗ la velocit`a del fluido in ogni tratto, w [m/s]

∗ la variazione di pressione tra ingresso ed uscita, p1− p2 in P a

La portata del fluido viene determinata in base all’utilizzo della rete: le portate che devono giungere alle utenze, di qualsiasi natu-ra esse siano, sono molto frequentemente (nella quasi totalit`a dei casi in ambito residenziale) definite da calcoli e valutazioni6 a mon-te del dimensionamento delle tubazioni, dunque possiamo calcolare

(41)

la portata di progetto in ogni tratto semplicemente partendo dalle derivazioni terminali ed addizionando ad ogni nodo, fino all’origine. Abbiamo poi a disposizione l’equazione di Bernoulli 3.6 (all’interno della quale vanno esplicitate le perdite di carico, come visto nel pa-ragrafo C) e l’equazione di continuit`a7, quindi due equazioni con tre incognite residue.

A questo punto dobbiamo perci`o fissare una grandezza, tra velocit`a e perdite di carico, con opportuni criteri progettuali. Vediamo i due

casi.

∗ Il metodo pi`u semplice `e stabilire la velocit`a massima wmax

del fluido nella tubazione (tramite criteri dettati dall’esperienza e facilmente reperibili tabulati in base ai diversi casi), sia per limitare l’energia spesa per pomparlo sia per evitare problema-tiche di rumore ed erosioni: l’effettiva velocit`a di ogni tratto di rete dipender`a poi dai diametri commerciali effettivamente disponibili. Scelta la velocit`a (che pu`o anche essere diversa in parti dell’impianto che presentano caratteristiche differenti) si pu`o subito determinare il diametro relativo ad ogni tratto8 (nel quale scorre una portata definita):

Di =

 4Gi

πρwmax

(3.28)

Per ogni Diottenuto si sceglie con buon senso l’effettivo diametro

disponibile in commercio Di,comm e si ricalcolano tutte le velocit`a

e da queste, tramite le relazioni gi`a viste, le perdite di carico distribuite e concentrate nella rete.

7Dall’equazione integrale di bilancio in caso stazionario si arriva aG = ρwA = cost. 8Potrebbe variare anche la densit`a tra un tratto e l’altro, se variano le condizioni del fluido (ad esempio la sua temperatura a causa di dispersioni lungo la tubazione).

(42)

∗ Un metodo pi`u preciso consiste nel prendere decisioni progettuali

sulle perdite di carico attraverso varie considerazioni sulla rete in esame. `E necessario prima di tutto notare che gli apparecchi utilizzatori non richiedono solo una certa portata ma in gene-re sono caratterizzati anche da un range di pgene-ressioni di buon funzionamento: sotto la pressione minima possono presentare determinati malfunzionamenti (ad esempio una mancata eroga-zione se si tratta di rubinetti) e superare la pressione massima pu`o essere causa di rumori, usura e rottura. Prendiamo come base progettuale il ramo pi`u sfavorito9: data una certa pressione

disponibile alla sezione iniziale della rete, dobbiamo considerare

di utilizzarla per

· superare il dislivello (z2 − z1) tra l’origine e l’utenza pi`u

sfa-vorita

· garantire la pressione minima pmin richiesta a monte

dell’u-tenza pi`u sfavorita

· vincere le perdite di carico hcomp di componenti in serie

all’u-tenza sfavorita, quali contatore, addolcitore, miscelatori, etc (da determinare sulle portate di progetto)

· opporsi alle perdite di carico concentrate ha,c (accidentalit`a) e

distribuite ha,d

Di questo elenco, fondamentalmente solo l’ultima voce `e funzio-ne del diametro della tubaziofunzio-ne, dunque possiamo procedere in questo modo: facciamo l’ipotesi che le perdite concentrate ha,c

siano il 34% del totale delle perdite di carico, dunque quelle distribuite ha,d il 66% (`e un rapporto piuttosto vicino a

buo-na parte dei casi reali nell’impiantistica residenziale, quindi non

9Possiamo valutare ad occhio quale sia il ramo pi`u sfavorito della rete: spesso `e il pi`u lungo, per`o potrebbe essere anche uno di lunghezza inferiore ma con molte perdite di carico concentrate. Se ci sono incertezze, baster`a fare una verifica a calcolo avvenuto e semmai, in caso di errore, ripetere le operazioni partendo dal percorso effettivamente pi`u svantaggiato.

(43)

avremo bisogno spesso di cambiare ipotesi, vista la scarsa in-fluenza di variazioni contenute), e ricaviamo perci`o la quota di pressione Δplin,disp (chiamato talvolta carico lineare totale)[47]

che abbiamo a disposizione per vincere le perdite distribuite:

Δplin,disp = 0, 66 (p1− (z2− z1)− pmin− hcomp) (3.29)

Definiamo adesso il carico lineare unitario j, nota la lunghezza geometrica lsf del percorso sfavorito che stiamo considerando:

j = Δplin,disp lsf  P a m  (3.30)

e prendiamolo come dato di perdita di carico specifica

fis-sata per tutta la rete. Nota questa, dagli abachi C possiamo

determinare, incrociando con le portate definite in partenza, il diametro di ogni tratto della tubazione: chiaramente i diame-tri commerciali saranno nella maggior parte dei casi differenti e si dovr`a scegliere con buon senso se prendere quello inferiore o quello superiore, considerando che prendendo quello inferiore le velocit`a e le perdite di carico saranno superiori, e viceversa. Con i diametri scelti si fa la verifica delle perdite di carico: in caso di problemi `e necessario ricominciare il procedimento con un diverso rapporto tra perdite concentrate e distribuite. `E da notare che anche nel caso di questo secondo metodo si tengono presenti valori di velocit`a massima e si verifica che non si superi-no in alcun tratto della rete: se cos`ı fosse, `e necessario modificare i diametri interessati per rientrare nei limiti e riverificare tutto il calcolo.

Dimensionamento di circuiti chiusi

Un circuito si dice chiuso se i punti iniziale e finale coincidono, dun-que non si ha a regime portata entrante ed uscente dal sistema di

(44)

tubazioni in esame. Un circuito pu`o essere un semplice anello (con una serie di componenti) oppure una rete formata da vari percorsi chiusi: `e questo il caso tipico di impianti di riscaldamento o raffresca-mento, o comunque di circuiti nei quali scorra un fluido termovettore. Nel circuito chiuso dell’equazione di Bernoulli rimane solamente, se consideriamo due sezioni coincidenti iniziale e finale:

Figura C.4: Esempio base di circuito chiuso [Fonte: [55]]

h = ha (3.31)

ovvero la prevalenza della pompa serve a vincere le perdite di carico del circuito, quindi i dislivelli non influiscono (a parte durante la fase di riempimento dell’impianto).

In modo simile a ci`o che succede per i circuiti aperti, i parametri in gioco sono:

∗ la portata massica G in [kg/s]

∗ il diametro D in [m] o la sezione A = πD2/4 m2]

∗ la velocit`a w in m/s2

∗ la prevalenza del circolatore h e le perdite di carico che la

(45)

Ancora, la portata massica viene determinata dallo scopo della rete: se ad esempio abbiamo collegati i terminali di una distribuzione di impianto di riscaldamento, ogni dispositivo (fissato il suo salto termico ΔT tra mandata e ritorno) avr`a una portata definita, pari a

G = Q˙ cpΔT

(3.32)

Conviene allora assegnare ad ogni punto della rete una lettera e de-terminare per semplice congruenza tutte le portate (per ogni ramo) a partire dai terminali, e tabulare i risultati ottenuti per praticit`a di visualizzazione. Valendo le stesse equazioni del caso dei circuiti aperti, il dimensionamento consiste nello stabilire criteri progettuali

per una delle due grandezze tra velocit`a e perdite di carico per poter

giungere alla definizione dei diametri e dunque di tutti i parametri in ogni ramo (altrimenti, come abbiamo visto in precedenza, man-ca un’equazione per poter chiudere il problema): si hanno quindi a disposizione due strade, una detta criterio a velocit`a costante e

l’altra metodo a perdita specifica di pressione costante [55], attraverso le quali dimensionare il circuito pi`u sfavorito, ovvero

quello con maggiore lunghezza equivalente10.

∗ Criterio a velocit`a costante

Si fissa semplicemente la velocit`a massima per ogni tratto e, poich`e le portate sono note, dagli abachi delle perdite di ca-rico specifiche si trovano subito i diametri: fissato il diametro commerciale pi`u vicino e pi`u opportuno11 si annotano anche le

10Il percorso chiuso pi`u sfavorito, analogamente al caso dei circuiti aperti, viene deciso ad occhio tra quelli che hanno lunghezza geometrica maggiore; se alla fine si scopre di aver sbagliato circuito sfavorito `e necessario reiterare il calcolo con quello risultato effettivamente contenente le maggiori perdite di carico.

(46)

corrispondenti velocit`a e perdite di carico specifiche (lasciando inalterate le portate).

Si pu`o a questo punto procedere al bilanciamento della rete. Noto il dimensionamento, `e rapido calcolare i Δp relativi ad ogni circuito: chiaramente non verranno valori uguali tra loro ma a fornire l’incremento di pressione c’`e un’unica pompa, quindi per fare in modo di avere nella rete le portate di progetto dobbia-mo rendere uguali al valore maggiore le perdite di carico di ogni distinto percorso; possiamo farlo ad esempio tramite valvole di

taratura12.

∗ Metodo a perdita specifica di pressione costante

In questo caso si impongono criteri progettuali sulla pressione: prima di tutto, si sceglie il circolatore da utilizzare (in base all’esperienza e ad analogie impiantistiche) e successivamente si dimensiona la rete in modo che possa essere soddisfatta dallo specifico circolatore scelto. Noto il Δp disponibile fornito dalla pompa, si fa un’ipotesi sul rapporto tra perdite di carico distri-buite e concentrate: supponiamo ad esempio che le perdite di carico distribuite siano il 66% del totale13, e calcoliamole allora dalla prevalenza fornita dal circolatore scelto

ha,d = 0, 66 h (3.33)

carico saranno superiori, e viceversa. In genere `e preferibile scegliere i diametri maggiori nei tratti con portata maggiore della rete ed inferiori nei rami dei terminali, ma dipende anche dai valori contingenti e dai limiti imposti dall’insorgenza di rumorosit`a.

12Apposite valvole che al variare dei giri di una ghiera tarata inseriscono nel percorso una perdita di carico controllata, impostata sul valore opportuno tramite misure di pressione a monte e valle o anche semplici misure di prestazione dell’elemento a cui deve giungere la giusta portata.

13Come visto in precedenza, verificheremo questa ipotesi alla fine del procedimento: se lo scostamento dal rapporto ipotizzato non `e grande non sono necessarie modifiche, altrimenti reiteriamo il calcolo

(47)

Per ogni circuito `e dunque ricavabile la perdita di pressione specifica media, poich`e ne conosciamo la lunghezza geometrica:

ψ = rami circuitoha,d

i=1 li

(3.34)

allora, note per ogni tratto di ogni circuito portata e perdita di pressione specifica si possono dagli abachi determinare i diame-tri commerciali (mantenendo costanti le portate) con le consuete considerazioni di buon senso e da questi le velocit`a e le perdite di carico effettive. Anche in questo caso `e necessario un

bilan-ciamento del circuito, ma gli scostamenti saranno decisamente

inferiori rispetto all’altro metodo: si ottiene perci`o un buon ri-sparmio ed una garanzia di limitazione del lavoro di pompaggio derivante dalla scelta iniziale, caratteristiche che fanno ritenere

migliore questa metodologia nonostante la maggiore laboriosit`a di calcolo.

(48)
(49)

Simulazione energetica

dell’edificio in regime

dinamico

Introduzione al processo di simulazione

Lo scopo della simulazione `e supportare decisioni progettuali, tradu-cendo in modelli schizzi gi`a contenenti un’idea di edificio, con tutte le sue interazioni energetiche -flussi termici, illuminazione, aria-. `E importante dunque avere ben presente nel caso specifico quali siano le domande a cui cerchiamo una risposta, poich`e da questo dipen-de il tipo di modipen-dello ed il livello di dipen-dettaglio, nonch`e ad esempio il periodo di calcolo o l’approfondimento di alcuni aspetti rispetto ad altri: `e necessario cio`e avere un approccio tattico, mirato agli obiet-tivi, che consenta un buon controllo sui parametri importanti della simulazione. Per rispondere a domande progettuali tipiche, quali il fabbisogno per il riscaldamento, la potenza d’impianto necessaria, se ci siano rischi di surriscaldamento e se l’illuminamento sia corret-to, `e necessario e sufficiente mantenere corretti nella modellazione il volume e l’orientamento degli spazi, l’area e la distribuzione delle

(50)

masse, nonch`e l’andamento delle superfici nei locali. E’ importan-te limitare il numero di informazioni calcolaimportan-te a quelle veramenimportan-te utili, per evitare di perdersi nel cercarle e soprattutto per non per-dere il controllo sul processo, con una conseguente riduzione della qualit`a del progetto; una necessaria verifica della ragionevolezza dei dati ottenuti consiste poi nell’analisi grafica degli andamenti e nel confronto di alcuni indicatori significativi di comfort ambientale, da confrontare con esperienze dirette e buon senso pratico.

Nella prima fase della progettazione del modello, si procede ad uno schizzo a mano della struttura, per evitare pericolosi trasferimenti di dati e misure ‘al volo’ da altri files nella traduzione in coordinate cartesiane: in questo modo `e poi anche molto pi`u semplice fare un controllo alla fine della schematizzazione o trovare eventuali incon-gruenze. La costruzione geometrica del modello richiede mediamente un terzo del tempo di tutto il processo di simulazione, e va impostata con la consapevolezza delle domande alle quali vorremo rispondere (ovvero con un’idea dei processi termofisici che stanno dietro alle questioni indagate). Schematicamente:

∗ comfort, fabbisogni e potenze di picco in climi moderati

ne-cessitano di risoluzione geometrica modesta (volumi e posizione approssimata delle aperture)

∗ comfort in posizioni specifiche richiedono una risoluzione

mag-giore

∗ il comfort visivo richiede una buona risoluzione per le facciate e

per schermature, ostruzioni ed eventualmente arredi

∗ la distribuzione della T dell’aria in un ambiente pu`o richiedere

la suddivisione in pi`u zone termiche o il ricorso ad una CFD

∗ le questioni inerenti le prestazioni solari passive necessitano di

una definizione geometrico-costruttiva pi`u approfondita, per de-terminare il comportamento delle masse e l’interazione con la radiazione solare incidente.

(51)

Circolatori e controllo del

regime di funzionamento

I circolatori sono pompe ermeticamente sigillate che comprendono in un’unica unit`a la girante ed il rotore, senza guarnizioni di separazio-ne (vengono infatti definiti a rotore bagnato): il liquido trattato pu`o entrare nell’alloggiamento del rotore, che `e separato dallo statore per mezzo di un involucro sottile.

Il vantaggio dei circolatori risiede nell’assenza di necessit`a di manu-tenzione e nella silenziosit`a; inoltre si trovano in commercio anche taglie decisamente pi`u piccole rispetto alle minime delle pompe, dun-que con un assorbimento di corrente un ordine di grandezza inferiore (ovvero intorno ai 50W).

Nella selezione del circolatore adeguato allo scopo, cos`ı come nella scelta di qualsiasi pompa, `e importante far cadere il punto di

lavo-ro del sistema nella zona di massimo rendimento, per evitare

un eccessivo quanto inutile consumo di corrente. Non sempre per`o il punto di lavoro `e fisso nel tempo, quindi la scelta pu`o non essere cos`ı immediata: `e necessario in questo caso prevedere una strategia di controllo della performance che riesca a seguire i cambiamenti nel

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circuito idraulico servito.

Figura E.1: Sezione di pompa a rotore bagnato (circolatore) [Fonte: Grundfos]

Strategie di controllo dei circolatori

Esistono differenti metodi di controllo della performance delle pom-pe, tra i quali i pi`u comuni sono:

∗ controllo con valvola di regolazione ∗ controllo tramite bypass

∗ modifica del diametro della girante (interrompe l’operativit`a) ∗ controllo della velocit`a della pompa

Spesso vengono scelte pompe sovradimensionate ed `e poi necessario un intervento per ridurre la performance: se si realizza questa opera-zione tramite una valvola di regolaopera-zione o con una valvola di bypass (motivando la scelta con un basso costo di intervento) varia la cur-va caratteristica del circuito e si ottiene con la pompa utilizzata lo stesso risultato che si otterrebbe con una pi`u piccola senza valvole

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aggiunte. Vediamo le caratteristiche di ogni strategia di controllo, per avere elementi di guida nella scelta del sistema pi`u appropriato:

Controllo tramite valvola di regolazione

Figura E.2: Controllo tramite valvola di regolazione [Fonte: Grundfos]

Inserendo in serie alla pompa una valvola di regolazione si

diminui-sce la portata (che in ogni caso non potr`a essere maggiore di Q3 indicata in figura E.2) dal valore Q2 al valore Q1, ottenendo per`o contemporaneamente una prevalenza maggiore rispetto a quel-la che si avrebbe con quel-la stessa portata fornita da una pompa pi`u piccola.

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Controllo tramite valvola di bypass

Vediamo invece cosa succede in un controllo tramite by-pass: piut-tosto che mettere una regolazione in serie alla pompa, inseriamo una valvola in parallelo: in questo caso si sommano le portate delle due curve caratteristiche, quindi la curva risultante sar`a spostata pi`u a destra rispetto a quella originaria. Qualsiasi sia il circuito connesso, si stabilisce un massimo per la prevalenza, Hmax in figura, e la

portata attraverso la pompa risulta

QP = QS+ QBP (5.1)

Figura E.3: Controllo tramite valvola di by-pass [Fonte: Grundfos]

Ovviamente, come nel caso precedente, lo stesso risultato pu`o essere ottenuto con una pompa di dimensioni inferiori e nessun bypass, con un risparmio di energia.

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Controllo tramite variazione del diametro della girante

Ridurre il diametro della girante si traduce in unaa diminuzione delle prestazioni, dunque in una curva caratteristica della pompa pi`u bassa sia come portate sia come prevalenze, ovvero anche dai consumi ridotti. L’operazione chiaramente deve essere effettuata a pompa ferma e smontata, quindi non pu`o essere una soluzione per controlli continui nel tempo ma solo un adattamento una tantum.

Le relazioni teoriche che intercorrono tra le grandezze fondamentali della pompa ed il diametro della sua girante sono:

Qn Qx = Hn Hx =  Dn Dx 2 P n Px =  Dn Dx 4 η n ηx = 1 (5.2)

Nel caso reale per`o si deve registrare anche una diminuzione del rendimento della pompa (maggiore o minore in base alla tipologia di pompa ed alla riduzione percentuale di diametro).

Figura E.4: Controllo tramite variazione diametro della girante [Fonte: Grundfos]

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Controllo della velocit`a di rotazione

La variazione della velocit`a della pompa per mezzo di un regolatore di frequenza `e ad oggi il metodo pi`u efficiente di controllo del sistema in base al carico effettivo.

Nel caso in cui la curva caratteristica del sistema parta dall’origine e rimanga costante, si pu`o con buona approssimazione prevedere il comportamento della pompa al variare della velocit`a di rotazione tramite le espressioni: Qn Qx = nn nx Hn Hx =  nn nx 2 Pn Px =  nn nx 3 ηn ηx ≈ 1 (5.3)

Figura E.5: Controllo tramite la variazione della velocit`a di rotazione [Fonte: Grundfos]

Il rendimento varia leggermente al diminuire della velocit`a e per valutare il risparmio effettivo `e necessario tenere in conto anche del-l’efficienza della variazione di frequenza associata; nella pratica ci si affida ai dati dichiarati dal costruttore, che indicano le potenze assorbite in ogni condizione di lavoro.

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Riassumiamo quanto visto con una sintesi tabellare, nella quale so-no visibili gli effetti dell’intervento sulla curva caratteristica della pompa (in rosso)

Figura E.6: Panoramica dei sistemi di controllo ed effetto equivalente sulla curva caratteristica della pompa [Fonte: Grundfos]

Figura

Figura B.1: Radiazione su una superficie: trasmissione, riflessione e assorbimento.
Figura B.2: Irradiazione totale G e potenza termica totale B (o radiosity, J)
Figura B.3: Trasmittanza di struttura composta
Figura B.4: Temperatura in funzione della resistenza specifica di ogni strato
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