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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

L'importanza del fattore umano in azienda

1.1 Le risorse umane nelle organizzazioni

" Non esiste un'idea imprenditoriale innovativa, destinata a produrre uno sviluppo sostenibile nel tempo, che non abbia in sè anche un'idea innovativa per la scoperta, la crescita e la valorizzazione delle persone chiamate a realizzarla."

(Giovanni Costa)

Le tendenze evolutive dei sistemi organizzativi delle aziende di oggi mostrano come, nonostante il progresso tecnologico, sia sempre l'uomo a rappresentare la risorsa fondamentale sulla quale mettere le fondamenta del benessere dell'azienda.

Le nuove tecnologie, infatti, non hanno sostituito l'indispensabile ruolo del fattore umano, ma hanno cambiato il modo di lavorare delle persone.

Molti manager ritengono che siano proprio alcune caratteristiche delle risorse umane, come l'alta qualificazione o l'elevato grado di professionalità di dipendenti e collaboratori, gli elementi chiave su cui basare il successo aziendale.

Il contesto ambientale in cui operano le aziende oggi è molto diverso rispetto al passato.

La crescita dei mercati globali, in entità, complessità e varietà, la tecnologia, l'accelerazione dello sviluppo di prodotti e la riduzione del ciclo di vita degli stessi (non disgiunte dalla volontà di ottenere un prodotto finito sempre più preciso e altamente specializzato), sottopongono le organizzazioni a un'intensa pressione competitiva.

È necessario, quindi, che esse siano in grado di mantenere costantemente un elevato livello di competitività che permetta loro di svilupparsi e di

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operare verso un miglioramento continuo1, per sostenere e superare la

concorrenza.

Le organizzazioni sono le persone: il vero capitale dell'azienda! Sono loro che muovono tutte le rotelle della macchina aziendale.

L'uomo è la prima e la più importante risorsa dell'organizzazione; perciò, se l'obiettivo principale di quest'ultima è il raggiungimento di un vantaggio competitivo per la stessa, non saranno sufficienti tecnologie avanzate o modelli gestionali perfetti; la strategia ottimale sarà quella di disporre di risorse umane capaci, acculturate, che lavorino insieme per raggiungere risultati comuni2. Promuovere lo sviluppo delle competenze, il

coinvolgimento e la valorizzazione delle persone è fondamentale per aumentare l’efficienza e la competitività di un’impresa. Più le risorse riescono a esprimere le proprie capacità e potenziale, più il business cresce e affronta con successo le sfide imposte dal mercato.

La centralità dell'uomo all'interno dell'organizzazione è dunque innegabile ed è ormai riconosciuta come fattore chiave per assicurare il mantenimento e lo sviluppo di un'azienda. Le aziende di maggior successo sono, infatti, quelle che compiono le scelte strategiche giuste sfruttando a pieno il potenziale dei propri dipendenti3.

1.2 L'evoluzione del concetto di Risorsa Umana

L'affermazione della centralità della persona all'interno dell'impresa è un viaggio che inizia da lontano e che è possibile ripercorrere attraverso un breve excursus storico, che parte da una concezione strumentale del

1 La base del miglioramento continuo è quella di incoraggiare ogni persona ad apportare ogni giorno

piccoli cambiamenti il cui effetto complessivo diventa un processo di selezione e miglioramento dell'intera Organizzazione.

2MERLINO M., CASTELLI P., LOPEZ L., Europeople, Il Sole 24 Ore, Milano 1992. 3SCALABRELLI C., Le risorse umane come fonte di successo, art. < www.psicolab.net>.

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lavoratore, tipica della visione tayloristica e fordista, al riconoscimento dell'uomo in azienda come Risorsa.

Il termine taylorismo viene utilizzato per richiamare la teoria economica dell'organizzazione scientifica del lavoro, elaborata da Frederick W. Taylor all'inizio del Novecento. Essa si basava sul principio che la migliore produzione si determina quando a ogni lavoratore viene affidato un compito elementare, specifico, di tipo esecutivo, da svolgere in un determinato tempo e in un determinato modo; si parla infatti di "parcellizzazione del lavoro", concezione che si fonda su una netta separazione tra progettazione ed esecuzione del lavoro, tra chi pensa e chi agisce e, di conseguenza, l'uomo viene considerato come uno dei tanti ingranaggi di un lungo dispositivo meccanico, la cui motivazione è fondata dalla soddisfazione dei soli bisogni economici4. L'ipotesi di Taylor

consisteva essenzialmente nel supporre l'esistenza di una sola "via migliore" (one best way) per compiere qualsiasi operazione.

Henry Ford - industriale automobilistico statunitense - , invece, può essere considerato l'erede del taylorismo.

Il fordismo, infatti, rappresentò, per certi versi, un superamento dell'organizzazione scientifica del lavoro che metteva l'operaio nella condizione di lavorare al meglio, senza più l'illusione tayloristica di insegnargli l'ipotesi "one best way", e per altri aveva comunque tra i suoi punti cardine gli ideali tayloristi.

Ford introdusse il concetto di produzione di massa che diede subito risultati eccezionali, riducendo enormemente i tempi e i costi di produzione e, contemporaneamente, aumentando i volumi produttivi. Egli, inoltre, rivoluzionò il lavoro introducendo nelle sue fabbriche a Detroit nel 1913 la

catena di montaggio: scorrendo di fronte all'operaio fermo essa riduceva i

4ZIFARO M., Dinamiche del cambiamento organizzativo nelle interrelazioni funzioni-processi, Aracne

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suoi movimenti a poche azioni meccaniche, svolte attraverso lo sforzo fisico ripetitivo sempre identico a se stesso e coadiuvato dalle macchine, parametri che confermano una concezione strumentalmente marcata del ruolo dell'operaio.

In conclusione, i metodi fordisti possono essere considerati una combinazione di diversi elementi: l'organizzazione produttiva tayloristica, la meccanizzazione dei processi produttivi e la standardizzazione dei prodotti finiti; questo modo di intendere la produzione in serie ha determinato quella che comunemente viene chiamata Organizzazione del lavoro tradizionale e che ha condizionato le soluzioni adottate dalle aziende industriali dagli inizi del Novecento fino agli anni '60 - '705.

Come è possibile notare siamo ancora in una fase in cui la sfera creativa, intellettuale e relazionale dell'attività del lavoratore viene totalmente "sacrificata".

È solo in seguito alle ricerche di Elton Mayo che si iniziò a prestare attenzione ad aspetti come "il comportamento delle persone all'interno delle organizzazioni".

Nel 1924, presso gli stabilimenti Hawthorne della Western Electric

Company (Chicago), fu avviato un programma di ricerche sperimentali sul

grado di connessione esistente tra illuminazione del luogo di lavoro e il rendimento dei lavoratori. Dopo una serie di considerazioni fatte circa il livello di produttività raggiunto in diverse condizioni d'illuminazione, i risultati si rivelarono sorprendenti e il rapporto tra le due variabili, produttività e illuminazione, si mostrò così anomalo da far pensare all'esistenza di una variabile intermedia: il cosiddetto "fattore umano",

5Cfr. GIANNINI M., TURINI V., L'azienda industriale. La fabbrica, l'apparato, l'organizzazione,

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intendendo questo come un complesso di fattori psicologici latenti che condiziona il comportamento dei soggetti6.

Fondatore dello HUMAN RELATIONS MOVEMENT7, egli integrò il

concetto di "fattore umano" al concetto di produzione, in perfetta opposizione allo "Scientific Management" di Taylor che rappresentava il lavoratore solo come un automa inserito in una catena di produzione, senza in alcun modo poter partecipare al processo produttivo con iniziative di tipo personale; Mayo invece sottolinea la necessità di una visione più completa del rapporto uomo-azienda nella quale molti aspetti non possono essere considerati in termini puramente logici, ma richiedono il ricorso a fattori emozionali. Grazie alle sperimentazioni di Mayo si è potuto comprendere come, a differenza di Taylor, l'aumento della produzione non è solo legato all'aspetto retributivo, ma anche a una serie di condizioni che caratterizzano il contesto lavorativo e non solo. L'azienda dovrebbe dunque comprendere che, prestando maggiore attenzione alle esigenze psicologiche dei lavoratori, aumenta anche il rendimento produttivo, raggiungendo più agevolmente gli obiettivi aziendali predeterminati.

1.3 Il ciclo del valore delle risorse umane

Come già sottolineato nei paragrafi precedenti, il ruolo che il capitale umano assume oggi è fondamentale in quanto, rappresenta la fonte primaria del vantaggio competitivo delle imprese. Altrettanto fondamentale, quindi, è spiegare come questo ruolo si può realizzare attraverso quello che viene chiamato ciclo del valore delle risorse umane che ci permette di descrivere e osservare i vari collegamenti esistenti tra le attività per la direzione del

6NAPOLI L., Organizzazioni e comunicazione, Morlacchi Editore, Perugia 2003.

7approccio di ricerca e intervento della Psicologia del lavoro che tende a privilegiare lo studio delle

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personale e le strategie aziendali. A tale fine importante è definire la gestione delle risorse umane come quell'insieme di decisioni e di azioni che riguardano l'impiego e la valorizzazione del personale nell'ambito del sistema organizzativo in modo da realizzare con efficacia ed efficienza gli obiettivi aziendali; tale processo verrà approfondito nel terzo capitolo. Il ciclo del valore delle risorse umane si basa su quattro elementi fondamentali:

Come possiamo notare, il punto di partenza sono le persone, portatrici di capitale umano attraverso le fasi di:

 socializzazione, che avviene nella famiglia e nella comunità  scolarizzazione, nell'ambiente della scuola

 professionalizzazione, nell'ambiente di lavoro e attraverso una formazione continua

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Esse, con le loro competenze, conoscenze e capacità, una volta collegate all'azienda attraverso la relazione, vengono immesse nell'organizzazione e forniscono la loro prestazione 8.

Il sistema delle relazioni è scindibile in due tipologie di contratto: il primo

giuridico e rivolto alla formalizzazione del rapporto di lavoro e il secondo psicologico finalizzato invece al soddisfacimento delle reciproche esigenze,

umane e organizzative.

Negli ultimi anni l'attenzione si è sempre più rivolta al contratto psicologico che si riferisce ad aspetti che non compaiono nel contratto formale, ma che possono incidere su fattori come la collaborazione, la fiducia, l'impegno etc.

La prestazione coincide con il momento in cui le competenze del lavoratore e il suo essere inserito in un sistema di relazioni, producono un "tornaconto" per l'azienda in termini di performance.

La prestazione di un soggetto all'interno di un'organizzazione può scaturire da una organizzazione meccanicistica e formalizzata delle procedure di lavoro o da atteggiamenti creativi , innovativi e costruttivi. Quest'ultimo è il tipo di prestazione a cui oggi si mira cercando di combinare elementi come risultati/obbiettivi conseguiti e aspetti comportamentali (ad esempio capacità di lavorare in team, capacità relazionali, disponibilità al cambiamento etc.).

La valorizzazione delle risorse umane è l'ultimo elemento del ciclo. Essa si traduce con l'incontro con il mercato e quindi con il cliente dal punto di vista dell'impresa e per la singola persona, con la riscossione del "premio", sia nella sua espressione monetaria sia nella sua espressione psicologica.9

8COSTA G., GIANECCHINI M., Risorse Umane. Persone, relazioni e valore, McGraw-Hill, Milano

2013.

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La valorizzazione, dunque, consiste nella verifica dell'aumento di valore al quale il processo produttivo ha condotto.

Abbiamo in questo modo analizzato approssimativamente le varie componenti che caratterizzano il sistema delle risorse umane secondo le quattro prospettive del ciclo del valore; nel capitolo successivo approfondiremo il tema delle persone, ponendo l'attenzione su alcuni aspetti che possono incidere sul livello complessivo delle prestazioni aziendali cercando di comprendere quali sono le "spinte" che guidano i loro comportamenti.

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