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(o meno) dei periodi di permanenza nella Direzione Distrettuale Antimafia

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Academic year: 2022

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OGGETTO: Pratica num. 545/VV/2021 - Quesito in ordine alla "cumulabilità" (o meno) dei periodi di permanenza nella Direzione Distrettuale Antimafia.

(delibera 17 novembre 2021)

Il Consiglio

“letto la nota XXX datata 7 giugno 2021 a firma del Procuratore della Repubblica di XXX OSSERVA

Il Procuratore della Repubblica di XXX, ha rivolto al Consiglio il seguente quesito: “ se, nell’ipotesi in cui un Sostituto Procuratore facente parte della D.D.A. chieda di essere da questa estromesso prima del compimento del termine massimo decennale di permanenza e venga poi nuovamente designato a farne parte a seguito di successivo interpello (prima del decorso di cinque anni dalla revoca), il termine massimo di permanenza decennale debba essere calcolato sommando i due periodi di permanenza, ovvero se la nuova designazione faccia decorrere un nuovo termine decennale (sottoposto alle conferme biennali previste dalla legge).”

Per la migliore comprensione del caso concreto il Procuratore della Repubblica di XXX ha ricostruito la successione cronologica dei fatti ed in particolare il percorso professionale del dott.

XXX presso la locale direzione distrettuale antimafia evidenziando che:

in data 9 luglio 2009 il dott. XXX è stato per la prima volta designato a far parte della D.D.A., tale designazione veniva prorogata nei due bienni successivi;

in data 16 settembre 2015 - quindi, prima del raggiungimento del termine massimo decennale - il dott. XXX chiedeva di essere destinato a diverso Dipartimento della Procura c.d. "ordinaria"; e ciò, per ragioni personali legate alla pendenza di un procedimento penale nei suoi confronti davanti all’A.G. di XXX (definito successivamente con decreto di archiviazione del gip di XXX cui gli atti erano stati trasmessi per competenza territoriale);

in pari data (16 settembre 2015), il Procuratore della Repubblica di Palermo con proprio provvedimento revocava la designazione del dott. XXX a far parte della D.D.A., assegnandolo al Dipartimento n. 3, come dallo stesso richiesto; di tale provvedimento, il Consiglio ha "preso atto" in data 11 novembre 2015;

in data 16 ottobre 2017 veniva diramato interpello per la copertura di n. 2 posti della D.D.A., in particolare nell’articolazione riguardante i reati commessi nella provincia di XXX cui partecipava il dott. XXX, essendosi risolta la questione relativa alla pendenza del procedimento penale sopra indicata;

in data del 20 ottobre 2017 all’esito dell’interpello il dott. XXX - unitamente ad altro Sostituto - veniva nuovamente inserito nella D.D.A; tale designazione veniva quindi prorogata per un ulteriore biennio in data 7 novembre 2019 ed è tutt'ora in vigore.

Ciò premesso in fatto ritiene il Procuratore della Repubblica di XXX che si ponga “una questione interpretativa che, allo stato non appare specificamente risolta dalla legislazione vigente o dalle circolari emanate dal Consiglio in tema di durata della designazione in D.DA. e permanenza massima nella stessa…..” con specifico riferimento alla “cumulabilità’ o meno dei due periodi nei quali il dott. XXX ha svolto le funzioni di componente della D.D.A. (dal 9 luglio 2009 al 16 settembre 2015 e quello successivo alla sua nuova designazione, dal 20 ottobre 2017 ad oggi)”.

Ritiene il Procuratore di XXX che a favore della tesi della non cumulabilità deponga “la circostanza che il dott. XXX ha fatto rientro nella D.D.A. (a seguito della revoca su sua richiesta, sopra descritta) in esito ad un nuovo interpello generale per due posti vacanti, diramato all’intero Ufficio ed al quale ebbe a partecipare unitamente ad altro Sostituto.

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Ciò potrebbe far ritenere che la <<nuova designazione>> abbia sostanzialmente messo nel nulla la precedente partecipazione alla citata articolazione dell’ufficio, creando un nuovo inserimento nella stessa con la conseguente decorrenza di un nuovo decennio di permanenza.”

Sempre nella prospettazione del Procuratore della Repubblica di XXX argomenti a favore della cumulabilità dei due periodi di permanenza potrebbero invece trarsi:

- dalla circostanza che il periodo di assegnazione ad altro incarico, successivamente alla revoca del 16 settembre 2015, sia durato meno di cinque anni (termine previsto tuttavia per il caso di scadenza a seguito di permanenza decennale), e precisamente poco più di ventiquattro mesi;

- dalla delibera di risposta a quesito adottata dal Consiglio in data 5 maggio 2010 in cui, esaminando una questione simile (ma non pienamente sovrapponibile: la vicenda riguardava un Sostituto Procuratore facente parte della D.D.A. nominato componente della commissione esaminatrice per il concorso in magistratura, che rimase assente dall’ufficio per esonero totale per un lungo periodo), si è affermato che nel computo complessivo del termine di durata massima di assegnazione alla D.D.A. si doveva tenere conto del periodo di servizio prestato anteriormente all'esonero, a cui "dovrà essere sommato" il periodo successivo alla cessazione del diverso incarico;

- dalla considerazione che, ove si ritenesse la non cumulabilità, sarebbe possibile per un appartenente alla D.D.A., prossimo alla maturazione del decennio di permanenza, chiedere di esserne estromesso per poi, subito dopo o alla prima occasione utile, partecipare ad un nuovo interpello e, ove ottenuta la designazione (anche in ragione del titoli derivanti proprio dalla precedente appartenenza), far quindi decorrere un nuovo termine decennale, cosi sostanzialmente vanificando le prescrizioni normative riguardanti la citata permanenza massima.

Il quesito posto dal Procuratore della Repubblica di XXX, sebbene scaturisca dall'esigenza di risolvere un contrasto su un caso specifico, attiene ad aspetti generali di interpretazione della normativa primaria e secondaria in materia di permanenza decennale di un magistrato presso la direzione distrettuale antimafia, già esaminati in parte dal Consiglio in occasione di una precedente risposta a quesito1, che devono essere in questa sede ribaditi e chiariti.

La questione in termini di teoria generale può così sintetizzarsi: se la destinazione del magistrato, componente della direzione distrettuale antimafia (prima della scadenza rectius almeno sei mesi prima del termine massimo di permanenza)2 ad altro settore dell’ufficio (diverso dalla direzione distrettuale antimafia) disposta dal Procuratore della repubblica (ad es.: per mancato rinnovo della designazione, per richiesta del sostituto di essere assegnato dopo il terzo biennio ad altro gruppo di lavoro o incarico) sia un fatto sospensivo o interruttivo ai fini del computo del termine di permanenza decennale nell’ipotesi di successiva ed ulteriore destinazione del magistrato alla direzione distrettuale antimafia.

L’opzione per l’una o l’altra soluzione avrà come conseguenza:

la prosecuzione nel computo del termine (o cumulabilità di tutti i periodi di permanenza presso la D.D.A.) ove si attribuisca efficacia sospensiva al mutamento della posizione nel periodo intermedio;

il decorso di un nuovo termine decennale (non cumulabilità dei periodi di permanenza) ove si attribuisca efficacia interruttiva al mutamento della posizione intercorso tra due periodi intermedi.

Preliminarmente deve ricordarsi che:

1 Cfr. delibera di risposta a quesito adottata il 22.2.2012 avente ad oggetto il divieto di permanenza ultradecennale presso la Direzione distrettuale antimafia.

2 Cfr. art 19 comma II bis D.l.G.S. 160 2006 2-bis. “Il magistrato che, alla scadenza del periodo massimo di permanenza, non abbia presentato domanda di trasferimento ad altra funzione all' interno dell'ufficio o ad altro ufficio e' assegnato ad altra posizione tabellare o ad altro gruppo di lavoro con provvedimento del capo dell'ufficio immediatamente esecutivo. Se ha presentato domanda almeno sei mesi prima della scadenza del termine, può rimanere nella stessa posizione fino alla decisione del Consiglio superiore della magistratura e, comunque, non oltre sei mesi dalla scadenza del termine stesso. “

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il vigente T.U. antimafia3 prevede unicamente la durata minima (pari ad un biennio) della designazione quale componente di una direzione distrettuale antimafia;

con Regolamento del 13 marzo 2008 il Consiglio superiore della magistratura ha dato attuazione all’art. 19 D.L.vo n. 160/2006 (come modificato dalla legge n. 111 del 2007) in cui si disciplina la permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio dei magistrati4.

Per quanto di rilievo in questa sede, ed in particolare per i magistrati addetti alla DDA, deve anche richiamarsi quanto previsto dall’art.5 comma 7 del regolamento sopra citato ed in particolare che

“per le funzioni di sostituto procuratore addetto alla D.D.A. il termine decennale si applica anche a coloro che, in data antecedente all'entrata in vigore del presente regolamento, hanno maturato il quarto biennio di permanenza senza essere stati destinati ad altro incarico.”

Dunque nella disciplina transitoria, la destinazione del sostituto addetto alla D.D.A. ad altro settore presso l’ufficio di Procura diverso dalla direzione distrettuale perfezionatosi prima del maturarsi del periodo di durata massima (pari ad otto anni secondo quanto previsto dalle circolari vigenti ratione temporis) si poneva come fatto ostativo alla applicazione del nuovo regolamento e comportava conseguentemente l’irrilevanza del predetto periodo ai fini del computo del nuovo termine di permanenza nell’ipotesi di nuova designazione successiva all’entrata in vigore del regolamento.

Il nuovo regime introdotto con il Regolamento del 2008, che ha portato a cinque bienni il termine massimo di permanenza nell'ufficio DDA, è stato a sua volta recepito nella disciplina prevista con la circolare sulla organizzazione degli Uffici di Procura adottata con delibera del 16.12.2020 ( e ancor prima con la circolare del 19 novembre 2010 - Delibera del 17 novembre 2010), nella quale all’art. 24 comma I si prevede che «……la designazione del magistrato alla Direzione distrettuale antimafia è effettuata per due anni e può essere rinnovata per ulteriori bienni fino ad un complessivo termine massimo di dieci anni» ed ancora al comma VIII che «il procuratore aggiunto o il sostituto procuratore designati alla D.D.A. per i quali sia trascorso il termine massimo di permanenza non possono essere nuovamente designati alla D.D.A. prima del decorso del termine di cinque anni» (cd. termine di decantazione).

Tale termine è quello previsto in via generale dall’art. 4, comma secondo, del Regolamento del 13 marzo 2008: “Il magistrato trasferito a seguito del superamento dei termini massimi di cui all'art. 2 può tornare nella medesima posizione tabellare o nello stesso gruppo di lavoro soltanto dopo che siano trascorsi cinque anni dalla presa di possesso nel nuovo incarico”.

Con riferimento al termine di decantazione va inoltre detto che, alla data di entrata in vigore del citato Regolamento, era vigente la disciplina prevista dalla Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari per il biennio 2006/2007 (Circolare n. P-27060 del 19 dicembre 2005 - Deliberazione del 15 dicembre 2005), secondo la quale (paragrafi 76.6, 76.8 e 76.9

3 Cfr. art.102 comma I D.L.G.S. N.159/2011: “Per la trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto costituisce, nell'ambito del suo ufficio, una direzione distrettuale antimafia designando i magistrati che devono farne parte per la durata non inferiore a due anni. Per la designazione, il procuratore distrettuale tiene conto delle specifiche attitudini e delle esperienze professionali. Della direzione distrettuale non possono fare parte magistrati in tirocinio. La composizione e le variazioni della direzione sono comunicate senza ritardo al Consiglio superiore della magistratura.”

4 Cfr. art. 19 comma I D.Lgs. 5 aprile 2006 n.160 in cui si disciplina la permanenza nell’incarico presso lo stesso ufficio: ” Salvo quanto previsto dagli articoli 45 e 46, i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell’ambito delle stesse funzioni, per un periodo stabilito dal consiglio superiore della magistratura con proprio regolamento tra un minimo di cinque e un massimo di dieci anni a seconda delle differenti funzioni.” La norma ha quindi previsto che tale periodo sia stabilito dal Consiglio Superiore della Magistratura con proprio regolamento, indicando, però, un termine ricompreso tra un minimo di cinque anni ed un massimo di dieci anni per la permanenza massima. Al riguardo nella relazione illustrativa del regolamento adottato con delibera del 13 marzo 2008 così come modificata in data 11 febbraio 2015 si legge: “ La ratio del dettato normativo appare evidente: il legislatore ha ritenuto opportuno proporre una figura di magistrato non identificabile nel lungo periodo con un’unica funzione, promuovendo al tempo stesso la circolarità dei singoli incarichi e l’arricchimento professionale che ne consegue, grazie alla positiva trattazione di diverse materie.”

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del Capo X) il sostituto che aveva maturato il quarto biennio di permanenza nelle funzioni DDA poteva essere riassegnato allo stesso ufficio solo dopo il decorso del termine minimo di tre anni5. Nel caso in cui fosse decorso dalla cessazione del precedente incarico il termine quinquennale di decantazione, il sostituto procuratore che aveva maturato i quattro bienni prima dell'entrata in vigore del Regolamento avrebbe potuto essere riassegnato alla stessa DDA per un nuovo periodo decennale.

In sintesi, può con certezza affermarsi che nell’attuale assetto normativo la c.d. decantazione abbia come presupposto indefettibile il superamento del termine massimo di permanenza nel medesimo gruppo di lavoro, che nel caso della direzione distrettuale antimafia matura alla scadenza del quinto biennio6.

Nel caso di specie è pacifico che alla data del 20 ottobre 2017 il dott. XXX non avesse superato il termine di permanenza decennale essendo stato designato come componente per la prima volta in data 9 luglio 2009; in ogni caso la circostanza richiamata dal Procuratore della repubblica (si ribadisce il mancato decorso del termine di decantazione al momento della seconda designazione, successiva ad un periodo di 24 mesi di esercizio delle funzioni presso il III dipartimento del medesimo ufficio) avrebbe potuto rilevare, al più, ai fini della valutazione di conformità del provvedimento di designazione del dott. XXX adottato dal medesimo Procuratore in data 20 ottobre 2017 all’art. 4 comma II del Regolamento 13 marzo 2008 che disciplina “le modalità di rientro” in D.D.A7.

Per quanto concerne la delibera di risposta a quesito adottata dal Consiglio in data 5 maggio 2010 (richiamata tra gli argomenti a sostegno della cumulabilità) è corretta l’analisi del Procuratore della repubblica laddove si evidenzia che la questione esaminata8 non è sovrapponibile a quella oggi in esame (cumulabilità o meno dei due periodi nei quali il dott. XXX ha svolto le funzioni di componente della D.D.A., dal 9 luglio 2009 al 16 settembre 2015, e quello successivo alla sua nuova designazione, dal 20 ottobre 2017 ad oggi) in quanto il provvedimento di esonero totale dal lavoro deliberato dal CSM non aveva avuto alcuna incidenza sulla collocazione organizzativa del magistrato all’interno dell’ufficio.

Il provvedimento di esonero, infatti, costituisce tipica e specifica ipotesi di evento sospensivo del termine di permanenza decennale, disciplinata dall’art.4 comma I lett. d) del regolamento, norma che disciplina alcune tassative circostanze in cui il magistrato, per ragioni varie (astensione, congedo, supplenza) non esercita le funzioni (previste dalla sua posizione organizzativa all’interno dell’ufficio) o per impedimento o perché addetto ad altro incarico.

Ciò posto e rilevato, ritiene il Consiglio che, ai fini della risposta al quesito posto dal Procuratore della Repubblica di XXX, in conformità alla elaborazione consiliare formatasi in tema di divieto di

5 Cfr. in tal senso delibera di risposta a quesito adottata il 22.2.2012 in cui esaminando questioni di diritto intertemporale si è chiarito che i magistrati che, alla data dell'entrata in vigore del Regolamento del 13 marzo 2008, avevano esercitato per quattro bienni consecutivi le funzioni di sostituto procuratore presso la DDA e non avevano maturato sia il triennio di decantazione previsto dalla Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari per il biennio 2006/2007 (Circolare n. P-27060 del 19 dicembre 2005 - Deliberazione del 15 dicembre 2005 (paragrafi 76.6, 76.8 e 76.9 del Capo X) sia il quinquennio previsto dalla normativa vigente (art. 4 del Regolamento 13 marzo 2008 e art. 7 della Circolare n. P24930 del 19 novembre 2010), nel caso di nuova assegnazione alla stessa D.D.A. possono esercitare le funzioni solo per un altro biennio, considerato ai fini del computo del periodo massimo di permanenza stabilito in 10 anni, dovendo ad esso aggiungersi interamente il periodo di permanenza trascorso prima dell'entrata in vigore del citato Regolamento (art. 5, comma 6, del citato Regolamento).

6 Cfr. anche art. 24 comma 5 della circolare sull’organizzazione degli uffici di Procura in cui si prevede che “dopo cinque designazioni biennali il magistrato, ai sensi dell’art. 19 comma 2 bis D. LGS N.160/2006, è destinato ad altro settore presso l’ufficio di Procura al quale appartiene”

7 Al riguardo deve precisarsi che con delibera adottata nella seduta del 17 gennaio 2018 il CSM ha dichiarato “il decreto in data 20.10.2017 del procuratore della repubblica presso il Tribunale di Palermo conforme alle fonti normative e alle discipline consiliari relative all’organizzazione ed al funzionamento della direzione distrettuale antimafia.”

8 La questione posta all’attenzione del Consiglio era relativa ad un Sostituto Procuratore facente parte della D.D.A.

nominato componente della commissione esaminatrice per il concorso in magistratura, rimasto assente dall’ufficio per esonero totale per un lungo periodo.

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ultradecennalità9, occorra verificare – all’esito del provvedimento di revoca della designazione del dott. Scaletta a far parte della direzione distrettuale antimafia adottato il 16 settembre 2015 –

“l’effettiva consistenza, qualitativa e quantitativa della modifica organizzativa, e quindi la sua incidenza concreta sulle materie effettivamente trattate dal magistrato.”

Nello specifico, dalla lettura del provvedimento di revoca adottato il 16 settembre 2015, emerge che la misura organizzativa abbia comportato non solo la immediata interruzione nelle nuove assegnazione degli affari di competenza della direzione distrettuale antimafia, ma anche la revoca di tutti i procedimenti precedentemente assegnati al magistrato, così realizzando una soluzione di continuità, attraverso la inibizione alla trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, c.p.p.

In altri termini, vi è stato un mutamento delle attribuzioni, tenuto conto del dato qualitativo di assoluta disomogeneità delle materie trattate, con radicale cambiamento della specializzazione che connotava la precedente assegnazione10.

Non vi è dubbio, allora, che in presenza di siffatta revoca, deve ritenersi interrotto il termine di permanenza decennale, con conseguente nuova decorrenza di altro periodo di permanenza decennale.

Per completezza, occorre, comunque, soffermarsi sulle considerazioni espresse dal Procuratore della Repubblica di XXX, secondo cui “ove si ritenesse la non cumulabilità, sarebbe possibile per un appartenente alla D.D.A., prossimo alla maturazione del decennio di permanenza, chiedere di esserne estromesso per poi, subito dopo o alla prima occasione utile, partecipare ad un nuovo interpello e, ove ottenuta la designazione (anche in ragione del titoli derivanti proprio dalla precedente appartenenza), far quindi decorrere un nuovo termine decennale, cosi sostanzialmente vanificando le prescrizioni normative riguardanti la citata permanenza massima….” paventando una sorta di mobilità elusiva del divieto di permanenza ultradecennale11.

9 Cfr. parere Ufficio Studi del CSM 264/2020 in data 26.11.2020 in cui nell’esaminare la nozione del “gruppo di lavoro” negli uffici di Procura ai fini dell’osservanza del termine di permanenza decennale si legge: “ Tra le numerosissime delibere in questione, certamente indicativa si palesa la delibera del 23 luglio del 2015 (allegata), con la quale, il Consiglio, ha esaminato l’eventuale efficacia interruttiva (del termine di permanenza decennale), del provvedimento organizzativo di modifica della ripartizione delle materie all’interno dei gruppi di lavoro (con particolare riferimento ad un provvedimento che provveda a distribuire le predette materie non più fra quattro gruppi, bensì tre).

Il Consiglio, mutuando i criteri di valutazione già utilizzati in relazione al distinto sistema tabellare per gli uffici giudicanti, ha in tale occasione rimarcato la necessità di verificare <<l’effettiva consistenza, qualitativa e quantitativa della modifica organizzativa, e quindi la sua incidenza concreta sulle materie effettivamente trattate dal magistrato nell’ambito del gruppo di lavoro di assegnazione>>”.

Si è pertanto osservato che la nuova articolazione dell’ufficio requirente su tre gruppi di lavoro (rispetto ai quattro previsti in precedenza) costituisca una <<premessa importante>> – anche se non di per sé sola sufficiente – per ritenere che mutamento oggettivo e significativo vi sia stato”, assumendo primario rilievo, a tal fine, l’elemento costituito <<dall’esame dei dati forniti con riferimento specifico alle singole tipologie di reato che permangono nella competenza del sostituto e di quelli che allo stesso vengono sottratti>>. In tale occasione il Consiglio ha sottolineato come, al passaggio da un criterio organizzativo all’altro, ed al conseguente mutamento dei gruppi di lavoro, debba necessariamente accompagnarsi anche <<un mutamento delle competenze che tenga conto anche del dato qualitativo di omogeneità delle materie trattate che rappresenti un significativo cambiamento della semispecializzazione che connotava la precedente assegnazione>>.

Solo la presenza di un <<significativo mutamento delle competenze ed attribuzioni del gruppo di lavoro specializzato o semispecializzato, tale da incidere sulla consistenza quantitativa e qualitativa dello stesso, con valutazione da operarsi in concreto sulla base delle pendenze e sopravvenienze relative alle singole qualificanti tipologie di reato>>”, potrebbe condurre a ritenere interrotto il termine di permanenza decennale nel medesimo gruppo di lavoro negli Uffici di Procura <<cui analogicamente può applicarsi la disciplina prevista in tema di permanenza nello stesso ufficio e nelle stesse funzioni>>.

10 Cfr. in tal senso delibera di risposta a quesito del 23.7.2015.

11 A tal proposito deve precisarsi che non possono rilevare esigenze di rotazione nell’accesso alla direzione distrettuale antimafia; sul punto deve richiamarsi la delibera dell’assemblea plenaria in data 16.10.2019 con la quale il Consiglio ha affermato che “l’approccio <<inclusivo>> alla DDA volto a valorizzare le professionalità dei magistrati esterni alla DDA e finalizzato ad agevolare la formazione delle professionalità utili al periodico ricambio generazionale di cui si

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Tale approccio, però, pone una (apparente) criticità di sistema che non può trovare soluzione in sede di risposta a quesito (formulata sull’attuale assetto normativo che deve essere interpretato nei termini sopra esposti), essendo necessario, ove ritenuto sussistente, un intervento di modifica del regolamento sul divieto di permanenza ultradecennale (nei limiti di quanto previsto dalla legge) negli uffici giudicanti di primo e di secondo grado e nelle procure della repubblica presso i tribunali con organico superiore a otto unità.

Per quanto d’interesse in questa sede, comunque, può ribadirsi che le prescrizioni normative riguardanti la permanenza ultradecennale risultano adeguatamente preservate dalla vigente disciplina sull’organizzazione degli uffici giudicanti e requirenti12.

Per quanto concerne gli uffici giudicanti deve richiamarsi la sezione III del capo IV della vigente circolare sulle tabelle degli uffici giudicanti (adottata con delibera del 23 luglio 2020) avente ad oggetto il “Termine di permanenza nell’incarico” in cui all’art.156 coma I si prevede che il magistrato non può essere nuovamente destinato al posto di origine prima di cinque anni “nel caso di cui alla lettera c) del comma primo dell’art.15313 e comunque nell’ipotesi di permanenza nelle precedenti funzioni per un periodo eccedente nove anni e sei mesi.”

Tale disposizione si pone quale deroga all’ordinario periodo di c.d. legittimazione prevista dall’art.118 della medesima circolare, che al fine di assicurare stabilità all’assetto organizzativo dell’ufficio prevede che “il magistrato non può essere assegnato a domanda ad altra sezione o ad altro settore di servizio se non siano decorsi almeno due anni dal giorno in cui ha preso effettivo possesso della posizione tabellare cui è attualmente addetto14.”

In estrema sintesi quale che sia la ragione del mutamento di posizione tabellare disposto su domanda del magistrato, l’eventuale successivo rientro nella posizione di origine, intermediato da un ulteriore interpello, è precluso prima di un biennio (o quinquennio ove la domanda è successiva al maturarsi del termine di 9 anni e sei mesi sopra indicato) dal precedente trasferimento.

Mutatis mutandis analoghe considerazioni possono svolgersi per gli uffici distrettuali di procura in cui hanno sede le direzioni distrettuali antimafia.

È noto infatti che l’art.118 della circolare sulle tabelle degli uffici giudicanti 2020/2022 (sulla c.d.

legittimazione) non sia tra le diposizioni che si applicano agli uffici requirenti per espresso rinvio dell’art.4615 della circolare sull’organizzazione degli uffici di procura; ciò non di meno deve

legge nella Relazione illustrativa della circolare del 17.11.2010 debba e possa essere realizzato, come espressamente indicato nella richiamata relazione, attraverso l’istituto della coassegnazione, mentre con riferimento al rinnovo debbano ritenersi prevalenti le esigenze di specializzazione e di stabilità che informano la disciplina istitutiva delle Direzioni Distrettuali Antimafia” chiarendo altresì che l’esigenza di includere professionalità diverse all’interno della DDA “potrà essere certamente elemento di valutazione, se esplicitato in sede di interpello, in sede di comparazione tra aspiranti in sede di designazione per un posto in DDA, ma non può essere posto a fondamento del mancato rinnovo biennale”. Nel solco tracciato da tale precedente la circolare sull’organizzazione degli uffici di procura adottata con successiva delibera del 16 dicembre 2020 ha espressamente previsto al II comma dell’art.25 che debba tenersi conto ai fini delle coassegnazioni dei procedimenti indicati nell’art. 51 comma 3 bis “dell’esigenza di promuovere attraverso la rotazione nella coassegnazione, una formazione diffusa nella specifica materia.”

12 Al riguardo all’art.24 comma VIII della circolare sull’organizzazione degli uffici di procura si legge che “Il Procuratore Aggiunto o il Sostituto Procuratore designati alla D.D.A. per i quali sia trascorso il termine massimo di permanenza non possono essere nuovamente designati alla D.D.A. prima del decorso del termine di cinque anni.”

13 L’art.153 della circolare sulla formazione delle tabelle degli uffici giudicanti per il triennio 2020/2022 disciplina i casi di trasferimento d’ufficio; nello specifico alla lettera c) del I comma si prevede l’ipotesi di “permanenza del giudice oltre il termine stabilito dal regolamento consiliare del 13 marzo 2008 secondo la procedura di cui all’art.151.”

14 Si pensi ad esempio al caso di un giudice addetto alla sezione fallimentare che potrebbe, dopo nove anni e cinque mesi di esercizio ininterrotto delle funzioni, partecipare ad un interpello per un posto la cui vacanza si realizzi in data successiva al perfezionarsi del termine biennale di legittimazione previsto dall’art.118 della medesima circolare e ritornare al posto di provenienza.

15 Nella disposizione la cui rubrica è “Norma di rinvio” si legge:

1. Agli uffici requirenti si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti (adottata con delibera del 23 luglio 2020), in tema di: esoneri (art. 3), tutela della genitorialità, delle esigenze familiari e dei doveri di assistenza (art. 4), collaborazione di un magistrato de-legato (art. 15), tutela della genitorialità (art.262),magistrati in maternità o che provve-dano alla cura di figli minori (art. 263),

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considerarsi che la prospettazione posta a base della formulazione del quesito è finalizzata alla individuazione della disciplina relativa alla decorrenza del periodo decennale di permanenza nello stesso gruppo di lavoro, nel caso di specie la direzione distrettuale antimafia. Sul punto il Consiglio, in occasione di risposta ad altro quesito,16 ha ritenuto possibile, ove necessario, richiamarsi espressamente alla “disciplina e <giurisprudenza consiliare> formatasi in tema di divieto di ultradecennalità per gli uffici giudicanti”, dovendosi così ritenere conforme al sistema la richiesta di mobilità interna formulata dal componente della direzione distrettuale sei mesi prima della scadenza del quinto biennio.

Ove ciò non bastasse, assume rilievo specifico per gli uffici di procura la nozione di gruppo di lavoro; in primo luogo deve richiamarsi il decreto legislativo n. 106 del 20 febbraio 2006, che nel dettare le disposizioni in tema di riorganizzazione dell’ufficio del Pubblico ministero, richiama il gruppo di lavoro al comma 6 dell’art. 1, lettera b), nel prevedere che il Procuratore della Repubblica determini “i criteri di assegnazione dei procedimenti ai procuratori aggiunti e ai magistrati del suo ufficio, individuando eventualmente settori di affari da assegnare ad un gruppo di magistrati al cui coordinamento sia preposto un procuratore aggiunto o un magistrato dell’ufficio.”

La successiva risoluzione adottata dal CSM con delibera del 21 luglio 2009 (relativa alla

“Organizzazione degli uffici del Pubblico Ministero”), al paragrafo 2, attribuiva ai Procuratori della Repubblica il compito di curare “..la costituzione di gruppi di lavoro…” e, inoltre, di procedere

“…all’assegnazione dei magistrati ai gruppi di lavoro, secondo procedure trasparenti, valorizzando le specifiche attitudini dei sostituti e perseguendo l’obbiettivo di garantire una formazione professionale degli stessi, resa possibile anche dalla rotazione periodica dei sostituti, in modo da assicurare l’acquisizione di una professionalità comune a tutti i magistrati dell’ufficio, modulando i tempi della rotazione sulla base delle esigenze di funzionalità dell’ufficio”.

La vigente circolare sulla organizzazione degli Uffici di Procura (cfr. delibera del 16 dicembre 2020), ponendosi nel solco dei precedenti arresti consiliari, all’art. 4 comma I lett. f), ha mantenuto ferma la predetta impostazione prevedendo che rientri, tra le attribuzioni del Procuratore della Repubblica, “l’assegnazione dei magistrati ai gruppi di lavoro, previo interpello, secondo quanto previsto nel progetto organizzativo in vigore ed adottando in ogni caso criteri diretti a garantire le esigenze di funzionalità dell’ufficio nonché la valorizzazione delle specifiche attitudini dei sostituti e la loro completa formazione professionale, anche attraverso la rotazione periodica nei gruppi di lavoro.”

Il successivo art. 7 al comma IV lett. a) chiarisce, inoltre, come il progetto organizzativo, che costituisce il documento programmatico ed organizzativo generale dell’ufficio, contiene tra le altre cose anche “la costituzione dei gruppi di lavoro, ove possibile e nel rispetto della disciplina della permanenza temporanea negli stessi”.

Orbene l’excursus appena delineato evidenzia come, nel tempo, sia rimasto fermo l’intendimento, sia del Legislatore che dell’Organo di governo autonomo, di riferirsi (ove possibile in termini generali, con certezza per le direzioni distrettuali antimafia) al gruppo di lavoro quale unità sulla quale imperniare la struttura organizzativa dell’Ufficio del Pubblico Ministero, individuando nel medesimo lo strumento organizzativo idoneo a garantire la specializzazione del magistrato nello

tutela della genitorialità e della malattia (art. 264), divieto di assegnazione di affari nel periodo di congedo (art. 268), referente infor-matico (art. 205), referente per la formazione (art. 206) e relativi esoneri ed incompatibi-lità (artt. 207 e 208), componente della Struttura tecnica per l’organizzazione (artt. 209, 210), componente dei consigli giudiziari (artt.

211 e 212), benessere organizzativo, tutela della genitorialità e della salute (artt. 256-270, escluso l’art. 260).

2. Agli uffici requirenti si applicano altresì le specifiche disposizioni contenute:

a) nella circolare in materia di referenti distrettuali per l’informatica e l’innovazione, magistrati di riferimento e Ufficio distrettuale per l’innovazione (adottata con delibe-ra del 6 novembre 2019);

b) nella circolare in materia di supplenze, assegnazioni, applicazioni e magistrati distret-tuali (adottata con delibera del 20 giugno 2018).

16 Cfr. in tal senso la delibera (già citata alla nota 9) di risposta a quesito del 23 luglio 2015 in cui si chiarisce che in materia di permanenza ultradecennale negli uffici di Procura ove necessario è possibile richiamarsi espressamente alla

“disciplina e <giurisprudenza consiliare> formatasi in tema di divieto di ultradecennalità per gli uffici giudicanti”.

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svolgimento delle funzioni requirenti ed assicurare, in tal modo, una maggiore efficienza della medesima funzione requirente.

Emerge in maniera evidente come, sia l’organizzazione dell’ufficio del Pubblico ministero, sia l’unità sulla quale sulla quale tale organizzazione si articola, ovvero il gruppo di lavoro, siano, nell’intendimento consiliare e del legislatore, strumentali rispetto all’esigenza di garantire una maggiore specializzazione del magistrato requirente ed una maggiore efficacia dell’attività dal medesimo svolta sia come singolo che nel complesso dell’Ufficio cui lo stesso appartiene.

Coerentemente a tale ricostruzione sistematica è la medesima disposizione prevista all’art. 7 comma IV lett. b) in cui si prescrive che nel progetto organizzativo devono obbligatoriamente essere inserite “le regole per lo svolgimento dell’interpello ed i criteri da applicare per la designazione dei Procuratori Aggiunti e dei sostituti procuratori ai gruppi di lavoro.17”,

Nel documento organizzativo dunque il Procuratore della repubblica dovrà stabilire le regole per l’interpello ed i criteri ai fini della designazione dei sostituti tra i gruppi di lavoro indicando un parametro idoneo a garantire il bilanciamento tra le aspirazioni personali del magistrato e le esigenze di stabilità ed efficienza dell’ufficio che impongono la specializzazione, seppur temperata dalla rotazione periodica funzionale alla completa formazione professionale del sostituto.

Al riguardo – come già riscontrato nell’analisi dei progetti organizzativi delle Procure del decorso triennio – si ritiene ragionevole escludere, entro ben precisi limiti di tempo, la mobilità interna prima ancora che da parte del sostituto si sia acquisito un bagaglio minimo di specializzazione nella materia trattata, in disparte l’ulteriore considerazione in ordine alla illogicità di un trasferimento immediatamente successivo alla acquisizione della specializzazione.

Al riguardo, in termini generali ritiene il Consiglio che nell’ipotesi di trasferimento a domanda il periodo minimo di permanenza in un gruppo di lavoro specializzato, analogamente a quanto previsto per gli uffici giudicanti, salvo specifiche e motivate esigenze di servizio, non possa ragionevolmente essere inferiore a due anni, periodo minimo per maturare un’adeguata specializzazione, così contemperando sia le aspirazioni personali del singolo sia le esigenze dell’ufficio.

Tornando dunque alla ipotesi, statisticamente non riscontrata nell’esperienza consiliare, di un magistrato componente della D.D.A che decida di “farsi estromettere in prossimità della scadenza in ipotesi al quinto biennio” rectius almeno sei mesi prima della scadenza del termine di permanenza decennale, deve giocoforza escludersi il pericolo di una mobilità elusiva in un ufficio organizzato secondo criteri di stabilità ed efficienza, la cui declinazione concreta si pone come fattore ostativo all’ulteriore rientro alla D.D.A. per l’ex componente che non abbia esercitato le funzioni presso il gruppo di destinazione per un tempo minimo o previsto nel documento organizzativo ai fini della partecipazione agli interpelli interni o comunque per un periodo che ragionevolmente non potrebbe essere inferiore a due anni, analogamente a quanto previsto per gli uffici giudicanti.

Tanto premesso, il Consiglio

DELIBERA

di rispondere al quesito posto in data 7 giugno 2021 da parte del Procuratore della Repubblica di XXX nei termini che seguono: nell’ipotesi in cui un Sostituto Procuratore facente parte della D.D.A. chieda di essere da questa estromesso prima del compimento del termine massimo decennale di permanenza (ma almeno sei mesi prima della scadenza del predetto termine) e venga poi nuovamente designato a farne parte a seguito di successivo interpello, il termine massimo di permanenza decennale decorre dalla nuova designazione, sempre che tra la precedente e la successiva designazione siano decorsi almeno due anni, nel corso dei quali il sostituto abbia trattato

17 Analogamente l’art. 20 ai fini della designazione dei sostituti alla direzione distrettuale antimafia dispone che

“quando deve procedere alla designazione di uno o più magistrati alla D.D.A, il Procuratore della Repubblica, sentiti i Procuratori Aggiunti eventualmente delegati alla D.D.A predispone tempestivo interpello.”

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in concreto, qualitativamente e quantitativamente, materie diverse da quelle di competenza della D.D.A..

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