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Sommario

LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

Mediobanca regista dell´operazione con Unicredit in primo piano. Possibile anche la conversione dei debiti in azioni - E ora riparte il braccio di ferro con le banche Servono 700 milioni entro due settimane - Piazza Cordusio potrebbe fare la parte dei francesi Anche Credit Suisse sarà coinvolta

LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

Banche schiacciate tra aumenti, controllo e Tremonti bond LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

Parmalat, i fondi esteri aprono a Intesa e Granarolo LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

L´Antitrust indaga su Poste Italiane "Abuso di posizione dominante"

LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

I ministri delle Finanze Ue si rivedranno il 21. Juncker: riforma delle agenzie di rating - Eurogruppo, accordo più vicino sul nuovo Patto di stabilità

LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

Debito pubblico, a gennaio ancora record - Pesa per 90 mila euro a famiglia. In aumento le entrate tributarie:

+1,6%, - I consumatori: la Banca d´Italia decida subito di vendere il suo oro LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

Le grandi assicurazioni fanno i conti rischiano di saltare i profitti del 2011 ITALIA OGGI martedì 15 marzo 2011

Un cane aggredisce l'alunno La scuola pagherà i danni CORRIERE DELLA SERA martedì 15 marzo 2011

Ligresti verso Unicredit Studia soluzione italiana alternativa a Groupama CORRIERE DELLA SERA martedì 15 marzo 2011

«Giovani professionisti a rischio, più welfare»

FINANZA & MERCATI martedì 15 marzo 2011

Groupama-Ligresti, salta il deal L’ingegnere risponde «no grazie»

FINANZA & MERCATI martedì 15 marzo 2011

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Azimut va in Turchia e balza in Borsa del4%

FINANZA & MERCATI martedì 15 marzo 2011

Assicurazioni - Niente paura per gli operatori nostrani…

MF martedì 15 marzo 2011

Rehn: sarà incluso tra i fattori rilevanti. Decisivo l'impatto su quello pubblicoVia libera Ue sul debito privato Berlusconi: l'Europa ci ha dato un aut aut, impossibile non intervenire. Ci sarà un Eurogruppo straordinario per trovare un'intesa finale sulle misure anti-crisi entro fine mese. I governi contro le agenzie di rating MF martedì 15 marzo 2011

Il Banco rimborsa per primo i Tremonti bond (1,45 miliardi) MF martedì 15 marzo 2011

Gli istituti italiani salgono più della media Ue anche grazie a un report di JpMorgan. Cresce l'esposizione verso Spagna e Portogallo

MF martedì 15 marzo 2011

Avviata un'istruttoria per possibile abuso di posizione dominante nella posta massivaPoste nel mirino dell'Antitrust L'Authority vuole capire se la società pubblica guidata dall'ad Sarmi ha ostacolato Selecta per favorire Postel

MF martedì 15 marzo 2011

È presto per cantare vittoria con il Patto sull'euro MF martedì 15 marzo 2011

Tra crescita e Basilea3 l'equilibrio è molto delicato MF martedì 15 marzo 2011

Pseudoinflazione e arroganza dei banker allontanano la fine del tunnel MF martedì 15 marzo 2011

Il presidente di fondazione cr venezia incassa la fiducia del consiglio generaleSegre dribbla lo sgambetto di Orsoni La votazione si chiude in pareggio. Sabato l'ultimo scomposto attacco del sindaco con cui si apre un problema relazionale

MF martedì 15 marzo 2011

Banca Imi (Intesa Sanpaolo) partecipa alle aste dei Bund tedeschi MF martedì 15 marzo 2011

Secondo il presidente Consob, mancano risorse per sottoscrivere le ricapitalizzazioni delle bancheVegas:

aumenti difficili per le Fondazioni MF martedì 15 marzo 2011

Il Nasdaq va all'opa ostile su Wall Street

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MF martedì 15 marzo 2011

È l'effetto temporaneo del commissariamento della banca libica deciso da bankitaliaIn mani italiane la guida dell'Ubae Via Nazionale congela le quote nell'istituto detenute dalla Libyan Foreign Bank e blocca il controllo degli uomini fedeli a Gheddafi nominando due amministratori. Ma il raìs recupera terreno e la Ue non trova una linea comune

MF martedì 15 marzo 2011

La società guidata da giuliani avrà il 5% di una controllata della turca global yatirimAzimut pronta a sbarcare sul Bosforo Il gruppo italiano investirà dapprima nella distribuzione di fondi. Successivamente acquisirà il 60% della società di gestione della holding quotata a Istanbul. Torna a crescere la raccolta in gennaio. E il titolo fa +4% in borsa

MF martedì 15 marzo 2011

La società di agenzie interinali realizza così un polo da 450 milioni di fatturatoLavoro, Openjob compra Metis Con l'incasso la famiglia Vittorelli rileva il 25% del nuovo gruppo e affianca il fondo Wise nel capitale Escono di scena gli azionisti Unicredit e i Bastianello, proprietari della catena di supermercati Pam

MF martedì 15 marzo 2011

A un mese dall'assembleA PARLA MASSIMO ROSSI, IL CANDIDATO DEI FONDI ESTERI PER IL DOPO BONDIParmalat può tornare tra le top five Il primo obiettivo è rilanciare il marchio in Italia anche attraverso il marketing e la scelta di prodotti di nicchia. Poi la crescita esterna per riportare Collecchio ai vertici. Passera apre a cordata italiana

MF martedì 15 marzo 2011

La holding argepa che ha il 41% della finanziaria mantiene inalterato il valore di caricoZaleski non svaluta quota Tassara Una scelta legata alle potenzialità di alcune partecipazioni della finanziaria quali Alior, Eramet e Comilog e presa nonostante uno scostamento patrimoniale di 277 milioni. Ancora in stand by le trattative con le banche

MF martedì 15 marzo 2011

Nasdaq e Dow Jones cedono lo 0,5% dopo Il disastro naturale che ha travolto il GiapponeLo tsunami non risparmia Wall St. Milano è la migliore tra le borse europee dopo Madrid. Il Ftse Mib cede solo lo 0,27% l'All Share lo 0,36%. E l'upgrade di JP Morgan sostiene il settore bancario

MF martedì 15 marzo 2011

Unicredit anticipa il rimborso del subordinato MF martedì 15 marzo 2011

Consegnati i global awards 2011 ai migliori performer del sistemaQuante sfide in arrivo per i banchieri I premi Guido Carli a Mussari, Saviotti, Nicastro, Massiah, Cribiore, Miccichè, Imbert, Maioli, Moi, Bossi Un riconoscimento a Siniscalco (Assogestioni) per essere riuscito a far modificare il regime fiscale dei fondi MF martedì 15 marzo 2011

Spence, il risparmio potrebbe non tenere il passo degli investimenti IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

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Maxi-liquidità per salvare l'economia - La banca centrale giapponese inietta 15mila miliardi di yen - Crolla il Nikkei (-6%), giù i listini europei e Usa - TREND NEGATIVO - Su tutte le Borse i maggiori cali sono stati registrati dalle azioni delle società più esposte al business dell'energia atomica

IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

Agli assicuratori un conto da 35 miliardi - I PIÙ COLPITI - I riassicuratori subisono nuove perdite sulle piazze finanziarie: Munich Re (-3,4%), Swiss Re (-4,5%) e anche Scor (- 3,4% )

IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

Bankitalia: debito a 1.880 miliardi Juncker: Roma decisa a ridurlo - NODI DA SCIOGLIERE - Ancora incertezza sulla rigidità degli automatismi e le nuove regole in materia di disciplina di bilancio

IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

La lotta all'evasione tiene in linea le entrate - In cassa 403 miliardi - Incremento a gennaio (+3,3%) - LE CATEGORIE - Grazie ai controlli «automatici» il prelievo sugli autonomi è cresciuto del 10% - LE IMPOSTE - Il boom delle importazioni ha fatto salire la raccolta Iva Scambi interni sui livelli del 2009

IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

Palazzo Chigi, congelati 124 milioni - TESORO FIDUCIOSO - Alla Difesa calcolano in 231 milioni le risorse in stand-by, all'Interno sono 110 milioni Ma il Mef conta sull'esito positivo della gara

IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

Palazzo Chigi, congelati 124 milioni - TESORO FIDUCIOSO - Alla Difesa calcolano in 231 milioni le risorse Commissariata Banca Ubae - LE MOTIVAZIONI - Bankitalia viene incontro all'esigenza degli azionisti italiani di approvare i bilanci consolidati dopo che la Ue ha congelato gli asset libici

IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

Un unico permesso per ogni famiglia - Il beneficio vale solo per i parenti stretti IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

L'Italia perde colpi nella libertà economica - Hong Kong in vetta. Usa in nona posizione, Bahrein decimo IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

Il fisco punta su Facebook - Test informatico sulla capacità degli uffici periferici dell'agenzia - IL DIRETTORE - Befera: l'80-90% degli italiani considera le irregolarità un danno per tutti – L'obiettivo è salvare i servizi

IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

Premafin e Groupama preparano il divorzio - Stop dopo i paletti Consob - Verso una soluzione italiana - I TEMPI - Si cerca una via d'uscita prima dell'appuntamento dei conti (23 marzo) e del confronto con l'agenzia di rating Standard & Poor's

IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

La palla torna nel campo delle banche - AUMENTI D'OBBLIGO - La compagnia dovrà ricapitalizzare per rispettare i vincoli imposti dall'Isvap La holding a ruota

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IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

Vegas: Fondazioni con poche risorse - Per il presidente Consob gli Enti non hanno fondi sufficienti per rispettare Basilea3 - L'APPUNTAMENTO - Un ricco parterre, da Passera a Palenzona, da Benessia a Siniscalco, alla presentazione del libro sugli Enti scritto da Fabio Corsico e Paolo Messa

IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

Zaleski alza il velo sul bilancio annuale della holding Argepa - I DATI - Il valore della partecipata è pari a 512 milioni: trattative con le banche per un riscadenziamento dell'accordo con i creditori

IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

Assicuratori promossi all'esame solvibilità - EUROPA SOTTO LA LENTE - L'Eiopa (l'Authority del settore) rende noti i risultati dello studio d'impatto sugli effetti delle regole applicate ai bilanci del 2009

IL SOLE 24 ORE martedì 15 marzo 2011

I giudici: «Tanzi fuori da ogni regola» - CONDANNATO A 18 ANNI - Secondo i magistrati la bancarotta è frutto di un sistema concepito e portato avanti per anni Il ruolo degli indipendenti

IL GIORNALE martedì 15 marzo 2011

Fondazioni Vegas: «Difficile che finanzino Basilea 3»

IL GIORNALE martedì 15 marzo 2011

Fisco, boom a gennaio Arriva dalle imposte la conferma della ripresa IL GIORNALE martedì 15 marzo 2011

Antitrust Indagine sulle Poste per abuso di posizione dominante IL GIORNALE martedì 15 marzo 2011

Banco Popolare Tremonti bond rimborsati per 1,45 miliardi Immanuel Kant

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LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

Mediobanca regista dell´operazione con Unicredit in primo piano. Possibile anche la conversione dei debiti in azioni - E ora riparte il braccio di ferro con le banche Servono 700 milioni entro due settimane - Piazza Cordusio potrebbe fare la parte dei francesi Anche Credit

Suisse sarà coinvolta ANDREA GRECO

MILANO - Il piano A è morto, avanti il piano B. Il Patriarca ha fatto marcia indietro, il vecchio "mister 5%" che a ottobre aveva sfregiato Mediobanca stringendo il patto con Groupama proprio durante l´assemblea di Piazzetta Cuccia. Oggi Salvatore Ligresti ha capito che quel flirt è stato un errore. E che non c´è alternativa:

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nel giro di un paio di settimane va lanciato il piano B, per cui Premafin-Fonsai-Milano saranno salvate dalle banche di riferimento. Il giro delle sette chiese compiuto da Ligresti in persona – è stato visto varcare in dieci giorni i portoni di Unicredit, Mediobanca, Banca Leonardo, Credit Suisse – era un altro segnale emblematico di ravvedimento. E l´establishment i segnali li ha captati: di uno "schema Unicredit" si parla da inizio marzo, da che la Consob ha stracciato il sogno low cost di Groupama di portare a Parigi la catena Ligresti con un anticipo di 150 milioni cui rischiava di non seguire il saldo. Troppo poco per la seconda compagnia italiana, che si "riassicura" nel sistema dei salotti con pacchetti del 5% di Mediobanca, del 5% di Rcs, dell´1% di Generali e altre quote di Impregilo e Gemina.

Vabbè, scordiamo il passato. O forse ricordiamolo meglio, che "mister 5%" diventa tale per volere di Enrico Cuccia, o che Fondiaria in Sai è un amore estivo (2001) di Vincenzo Maranghi – in spregio ai soci di minoranza e alla Consob – o che 1,3 miliardi dei debiti della Galassia Ligresti sono stati erogati da Mediobanca. La merchant potrebbe prestare altri soldi ai Ligresti, ma non potrà sottoscrivere sue azioni, per quell´impegno antitrust che la obbligò a sciogliere i vincoli con Fonsai nove anni fa, perché il garante del mercato contestava il controllo congiunto dei due su Generali. Dietro le quinte mediobanchesche c´è un clima da "noi l´avevamo detto", ma anche la voglia di portare avanti un legame storico, che potrebbe sfociare in un mandato di advisor secco. Resta da capire chi metterà i milioni, almeno 700, urgenti per ricapitalizzare Premafin e Fonsai. La cifra sarà esatta settimana prossima, quando le due società con i bilanci 2010 renderanno palese il deficit patrimoniale ai fini della norma Solvency 2. A quel punto la vigilanza Isvap imporrà di ricapitalizzare, o altrimenti vendere.

Le strade percorribili non sono molte. Si possono formare potenti consorzi di garanzia, pronti a rilevare l´inoptato dei due aumenti (e certo che Unicredit e Credit Suisse ne farebbero parte). Altra ipotesi, magari in aggiunta, prevederebbe la conversione di qualche debito in equity (per esempio di Unicredit, esposta per circa 400 milioni sulla filiera). Oppure Piazza Cordusio potrebbe "sostituirsi" a Groupama, come socio di supporto dei Ligresti, e rilevare partecipazioni significative almeno pro-tempore. Fino a quando, in futuro, emergerà sull´asse Piazza Cordusio-Piazzetta Cuccia un nuovo "mister 5%", pronto a lanciarsi nelle polizze e a rimpiazzare una dinastia industriale un po´ in decadenza.

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LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

Banche schiacciate tra aumenti, controllo e Tremonti bond

MILANO - Il Banco Popolare è stata la prima banca a richiedere i cosiddetti Tremonti bond ed è ora la prima a restituirli. L´istituto guidato da Pier Francesco Saviotti ha dichiarato che l´apporto di queste risorse è stato

«importante per continuare a sostenere l´economia nei territori locali». Il Banco ha appena concluso un aumento da 2 miliardi e grazie a ciò può rimborsare 1,45 miliardi al Tesoro, ma che cosa faranno Mps, Bpm e Creval, cioè le altre tre banche che sono state sostenute dai Tremonti bond nel pieno della crisi del 2009?

Dovrebbero a loro volta lanciare aumenti di capitale sufficienti a rientrare dalle cifre prese a suo tempo e sfruttare l´occasione per ripatrimonializzarsi in vista di Basilea 3. Lo vogliono fare? Finora sia Mussari sia Ponzellini hanno negato una possibilità del genere, nonostante Mario Draghi spinga in questa direzione. Per la verità il governatore vorrebbe che anche le banche "too big to fail", cioè Unicredit e Intesa Sanpaolo, ricapitalizzassero, anche cedendo asset. Ma proprio ieri il neo presidente Consob Giuseppe Vegas ha ricordato che le Fondazioni azioniste delle banche italiane non hanno le risorse per far fronte agli aumenti richiesti dalle regole di Basilea 3. «È giusto schiacciare sull´acceleratore di Basilea 3 oggi?», si chiede il tremontiano Vegas, lanciando una ciambella ai banchieri. Siamo dunque a un bivio: se i banchieri ubbidiscono a Draghi nei prossimi mesi vedremo una fortissima richiesta di capitali al mercato ma il controllo delle banche verrà messo a rischio. Se non li fanno cercheranno di trattenere in casa più risorse possibili

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con la conseguenza di erogare meno credito alle imprese imballando ancora più la crescita economica.

Forse Draghi e Tremonti dovrebbero mettersi d´accordo.

Giovanni Pons

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LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011 Parmalat, i fondi esteri aprono a Intesa e Granarolo

MILANO - Prove d´intesa tra la cordata italiana e i fondi esteri per il futuro di Parmalat. Corrado Passera, ad di IntesaSanpaolo, ha ribadito ieri che Collecchio «è un importante marchio italiano», ammettendo che Ca de Sass sarebbe «molto calorosa davanti a piani industriali che tengono nel nostro paese iniziative di lungo periodo». Massimo Rossi, invece, candidato amministratore delegato ad interim da Skagen, Zenit e MacKenzie, i tre fondi con il 15,9% del capitale pronti a far eleggere un nuovo cda senza Enrico Bondi ha ammesso di esser pronto a «esaminare il dossier Granarolo», l´azienda partecipata al 19% da Banca Intesa pronta a fare da pivot industriale per una cordata italiana. Un accordo più ampio, con l´ingresso nel capitale di altri soci tricolori come auspicato dalla politica romana, potrebbe poi decollare dopo l´assemblea del 12 aprile. A meno che Enrico Bondi non riesca di nuovo a sparigliare le carte.

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LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

L´Antitrust indaga su Poste Italiane "Abuso di posizione dominante"

roma - L´Antitrust ha deciso di avviare un´istruttoria su Poste Italiane. L´Autorità vuole verificare se sia stata ostacolata la presenza sul mercato dell´azienda Selecta, a vantaggio di Postel (controllata della stessa Poste Italiane). Sia Postel che Selecta operano nei servizi di intermediazione (soprattutto fatture commerciali, bollette): le due società svolgono attività di ricezione dati, stampa, imbustamento, affidando poi il recapito a Poste. Secondo il provvedimento, Poste Italiane, potrebbe aver abusato della propria posizione dominante «cambiando repentinamente strategia nella richiesta di pagamenti a Selecta chiedendo un rientro a partire da settembre 2010» e cambiando alcune condizioni contrattuali.

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LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

I ministri delle Finanze Ue si rivedranno il 21. Juncker: riforma delle agenzie di rating - Eurogruppo, accordo più vicino sul nuovo Patto di stabilità

ANDREA BONANNI

BRUXELLES - I ministri delle Finanze dell´Eurogruppo hanno fatto «significativi passi avanti» per concordare i meccanismi della governance economica e le regole del nuovo Patto di stabilità che saranno approvate il 24 marzo al vertice dei capi di governo europei. In particolare sembra essere ormai consolidato l´accordo sulla valutazione dei debiti pubblici in occasione delle nuove procedure per debito eccessivo previste dalla riforma del Patto.

L´Italia, con un debito attorno al 120% del Pil e in crescita, è particolarmente interessata a questo punto. Ieri i ministri hanno concordato un criterio di interpretazione che pare soddisfare il nostro governo. I Paesi che hanno un debito superiore al 60% del Pil, livello massimo consentito dai Trattati, dovranno riportarlo entro i limiti riducendo la parte in eccesso del 5% all´anno. Se non rispetteranno questa cadenza potranno essere colpiti da multe e sanzioni. Sarà la Commissione a dire se i tagli operati da ciascun governo saranno sufficienti, e lo farà tenendo in conto «tutti i fattori rilevanti». Tra questi figurano, come richiesto dall´Italia, la tenuta del sistema previdenziale, lo stato della bilancia dei pagamenti, le strutture della scadenza del debito (se a breve, medio o lungo termine), e infine l´entità del debito privato (che in Italia è relativamente basso

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rispetto ad altri Paesi). Tuttavia, secondo quanto ha confermato ieri il commissario agli Affari economici, Olli Rehn, «il livello dell´indebitamento privato sarà tenuto in conto nella misura in cui questo ha un impatto sulla capacità del paesi di coprire l´onere del debito pubblico».

In altre parole, se un Paese ha un alto debito privato, come per esempio la Spagna o l´Irlanda, che può costringere i poteri pubblici ad intervenire per salvare banche o fondi pensione, dovrà ridurre il debito pubblico ad un ritmo superiore a chi invece non ha motivi di allarme. Non è invece chiaro in quale misura un debito privato relativamente contenuto possa consentire ad un Paese di non rispettare il tasso di riduzione del cinque per cento annuo per la quota che eccede i parametri di Maastricht.

La parola definitiva, probabilmente, toccherà alla Commissione e al Consiglio che è chiamato a confermare le sue proposte. Ieri comunque il presidente dell´Eurogruppo, Jean Claude Juncker ha cercato di calmare l´allarme per le notizie provenienti da Roma sul nuovo aumento del debito italiano: «Non ho dubbi sulla determinazione del governo italiano nel riportare verso il basso il livello del debito pubblico». E ha sottolineato la necessità di una riforma delle agenzie di rating.

Tra i problemi che i ministri dell´Eurogruppo non sono riusciti a risolvere c´è invece il meccanismo di rifinanziamento del Fondo salva stati. In particolare non è chiaro come ripartirsi l´onere di una riserva liquida, che dovrebbe ammontare a circa 100 miliardi di euro. Per risolvere i punti ancora in sospeso, l´Eurogruppo ha convocato una nuova riunione straordinaria il 21 marzo, tre giorni prima del vertice.

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LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

Debito pubblico, a gennaio ancora record - Pesa per 90 mila euro a famiglia. In aumento le entrate tributarie: +1,6%, - I consumatori: la Banca d´Italia decida subito di vendere il suo oro ELENA POLIDORI

ROMA - Aumentano le entrate tributarie. Ma il debito pubblico continua a macinare nuovi record: a gennaio c´è un vero e proprio balzo, fino a 1879,9 miliardi. Divampa la polemica. Preoccupato, il premier Silvio Berlusconi avverte: «Impossibile non intervenire».

I dati elaborati dalla Banca d´Italia segnalano che in quel mese il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato di 36,7 miliardi rispetto a dicembre, attestandosi appunto al nuovo massimo. A questo si aggiunge il fabbisogno mensile (2,1miliardi). Rispetto a gennaio 2010, quando era a quota 1.790,8 miliardi, la crescita è del 4,9%; su dicembre (1.843,2 miliardi) è dell´1,9%.

Berlusconi sostiene che non intervenire «non ci è più consentito né dall´Europa né dai mercati». Il debito «lo abbiamo ereditato»; è «frutto e colpa di chi ha speso prima» ma anche «colpa nostra che finora non siamo riusciti a ridurre le spese». Quindi, riferendosi al rapporto debito-Pil, cruciale per il Patto di Stabilità, aggiunge che la Ue «ci ha dato un aut aut: dovete ridurlo di un ventesimo all´anno». Per riportare i conti in ordine profila una tabella: «Incassiamo 100 e spendiamo 105. Dobbiamo ridurre entro due anni a 103 e poi, entro il 2015, a zero».

Le opposizioni leggono il nuovo record come «un fallimento» della politica del governo e in particolare del ministro Tremonti. Il Pd parla di «dati impietosi» e chiede di «porre un argine». I consumatori (Adusbef e Federconsumatori) calcolano che, con questo boom, ogni italiano ha sulle spalle un debito di 31.331 euro e ogni famiglia di 89.519. L´incremento annuale - circa 89.1 miliardi - carica ulteriormente ogni cittadino di 1.485 euro, circa 4.242 a famiglia: «Una tassa occulta». La soluzione? Vendere l´oro della Banca d´Italia.

Sul dato, Via Nazionale precisa: l´aumento del debito delle amministrazioni pubbliche a gennaio è «in buona parte dovuto all´accumulo delle attività del Tesoro presso Bankitalia (come avviene regolarmente in questo periodo)».

Le entrate: sempre a gennaio, secondo la Banca d´Italia, risultano a quota 30,641 miliardi, in aumento del 6,35% rispetto allo stesso mese del 2009. Una nota spiega però che «la significatività dei dati è limitata da

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disomogeneità nei tempi e modalità di contabilizzazione di alcune entrate». Le Finanze segnalano invece che nel periodo gennaio-dicembre 2010 le entrate mostrano «una evidente ripresa» con un incremento netto di 6.572 milioni (+1,6%) rispetto allo stesso periodo dell´anno precedente. Al netto delle una tantum, la crescita è dello 0,3%. Al lordo c´è una flessione dello 0,6%. Se si considerano anche le entrate comprensive dei ruoli e degli enti territoriali, le entrate risultano appunto in aumento dell´1,6%.

Dall´Istat arriva, infine, un dato sull´export 2010 in ripresa in tutte le regioni, con rialzi a doppia cifra. Per l´Italia insulare l´aumento è del 51,7%, «dovuto al forte incremento delle esportazioni di prodotti petroliferi raffinati». Centro e Sud registrano rispettivamente aumenti del 17,2% e del 15,9%.

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LA REPUBBLICA martedì 15 marzo 2011

Le grandi assicurazioni fanno i conti rischiano di saltare i profitti del 2011

LONDRA - Lo tsunami arriva nella City e travolge le compagnie di assicurazioni. Le grandi società del settore, come Lloyd´s, Catlin, Hardy, Amlin, Hiscox, si aspettano di pagare a caro prezzo lo sconvolgimento portato dal terremoto e dall´onda che hanno devastato il Giappone: il costo per l´industria delle assicurazioni, che ha a Londra il suo quartier generale mondiale, viene stimato in 38 miliardi di sterline, circa 45 miliardi di euro. Gli esperti del ramo calcolano che, sommata ad altri risarcimenti dovuti a imprevedibili disastri naturali avvenuti nell´ultimo anno, come il terremoto in Nuova Zelanda e le inondazioni in Australia, la catastrofe giapponese possa fare scomparire del tutto i profitti del 2011 per le grandi compagnie di assicurazioni.

(e. f.)

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ITALIA OGGI martedì 15 marzo 2011

Un cane aggredisce l'alunno La scuola pagherà i danni di Stefano Manzelli

L'amministrazione scolastica risponde dei danni subiti dall'alunno aggredito da un cane se non dimostra di aver predisposto ogni accorgimento necessario per impedire queste evento lesivo accaduto nel cortile della scuola al termine delle lezioni. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sez. III civ., con la sentenza n. 3680 del 15 febbraio 2011. Uno studente è stato aggredito dopo il suono della campanella da un cane incustodito nel cortile antistante l'edificio scolastico mentre si apprestava ad uscire. Sia il tribunale che la corte d'appello hanno rigettato la sua richiesta di risarcimento danni ma la Cassazione ha ribaltato l'esito della vertenza. È un principio ormai consolidato nella giurisprudenza, specifica infatti la sentenza, «che il titolo della responsabilità del Ministero della pubblica istruzione nel caso di alunni che subiscano danni durante il tempo in cui dovrebbero essere sorvegliati dal personale della scuola, può essere duplice e può essere fatto valere contemporaneamente».

In pratica in queste ipotesi può configurarsi una responsabilità contrattuale oppure una mera responsabilità extracontrattuale derivante da fatto illecito. Il vincolo negoziale, prosegue il collegio, nasce con l'iscrizione e con la conseguente immissione dell'allievo a scuola. Da questo momento sorge a carico dell'istituto l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e sull'incolumità del minore durante lo svolgimento delle attività didattiche e le iniziative connesse. In caso di danno risulta quindi applicabile l'art. 1218 cc per cui mentre l'alunno dovrà provare che il danno si è verificato nel corso delle attività scolastiche spetterà all'amministrazione dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile alla scuola o all'insegnante.

In buona sostanza con l'iscrizione gli alunni ricadono sotto la responsabilità dell'amministrazione che dovrà provvedere alla loro incolumità attraverso il personale e la messa a disposizione di locali idonei. Spetterà all'amministrazione scolastica vigilare sulla sicurezza e l'incolumità degli allievi anche predisponendo i

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necessari accorgimenti logistici necessari ad evitare che non si introducano terzi o animali nei locali di studio o nelle loro pertinenze.

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CORRIERE DELLA SERA martedì 15 marzo 2011

Ligresti verso Unicredit Studia soluzione italiana alternativa a Groupama

MILANO— Salvatore Ligresti starebbe esplorando con Unicredit una via alternativa a Groupama per ricapitalizzare il gruppo. Dopo che Consob ha stabilito l’obbligo di doppia Opa su Premafin-Fonsai e la famiglia dell’ingegnere e il gruppo transalpino hanno sciolto l’accordo parasociale sottoscritto il 29 ottobre, da Parigi sarebbe arrivata una bozza di secondo piano. Ma la struttura non avrebbe convinto Ligresti che, di conseguenza, si sarebbe diretto verso una soluzione italiana. Unicredit e Groupama non commentano. E per il momento non ci sono novità ufficiali. Il gruppo di Jean Azéma? «Ha chiesto contatti. Aspettiamo» , ha detto ieri il presidente della Consob Giuseppe Vegas, che ha poi aggiunto: «Abbiamo fatto un pronunciamento, se ci sono altre cose vedremo. Del resto è giusto che ognuno rifletta» . E sembra proprio che Salvatore Ligresti stia riflettendo sull’intervento di Unicredit, fra gli istituti che hanno più finanziato il gruppo dell’ingegnere sia

«sopra» , la «galassia» familiare, sia «sotto» , la parte quotata, cioè Premafin e Fonsai. Il punto, per i Ligresti, è realizzare senza una diluizione eccessiva gli indispensabili rafforzamenti patrimoniali nella holding (che ha approvato deleghe al consiglio per un aumento fino a 250 milioni) e nella compagnia controllata (fino a 460 milioni). Aumenti che verrebbero comunque garantiti da Credit Suisse e dagli istituti del consorzio già costituito. L’operazione studiata con Groupama, con l’impegno francese per 150 milioni circa fra nuove azioni e diritti, permetteva a Premafin di sottoscrivere la propria parte e quindi di raggiungere l’obiettivo. Ma la Consob ha stabilito che l’accordo parasociale prospettato faceva scattare la doppia Opa obbligatoria.

Come si potrebbe configurare l’intervento di Unicredit? Uno schema sarebbe già in via di preparazione e probabilmente comprende una doppia via: da un lato un consolidamento dei debiti, dall’altro un’azione in equity a fianco dei Ligresti. Sergio Bocconi

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CORRIERE DELLA SERA martedì 15 marzo 2011

«Giovani professionisti a rischio, più welfare»

La proposta delle Casse previdenziali: prelievo all’ 11%sui fondi per garantire maggiori tutele

MILANO — Generazione mille euro. E over 65 anni. Sarà questo lo scenario per i giovani professionisti che andranno in pensione tra circa 30 anni. Lo dicono i dati dell'Adepp (l'Associazione degli enti previdenziali privati): i professionisti italiani avranno, in media, una pensione di poco superiore ai 12 mila euro l'anno. Il tutto senza poter contare nemmeno su un sistema di supporto per sostenere i passaggi critici durante la carriera professionale. È per questo che il prossimo 16 marzo l'Adepp ha fissato un convegno (saranno presenti i ministri Sacconi e Tremonti) durante il quale verrà lanciato un nuovo, articolato progetto di welfare dei professionisti. «La grande crisi economica -spiega Andrea Camporese, presidente Adepp -ci ha dimostrato, qualora ce ne fosse stato bisogno, quanto siano poco protetti i professionisti, specie i più giovani, quelli che sono tutt’altro che benestanti. La nostra Associazione rappresenta venti casse previdenziali e tutti ci sottopongono l'esigenza di sostenere i giovani negli anni dell'avviamento professionale, per esempio concedendo mutui o finanziamenti agevolati. Dovremmo essere in grado di sostentare i professionisti che, a causa di gravi problemi di salute, sono impossibilitati a lavorare: oggi se il titolare di uno studio "non griffato"sia ammala gravemente, chiude perché non sono previsti aiuti specifici. Infine, bisognerebbe trovare risorse anche per prevedere un assegno per la disoccupazione temporanea, quella che tocca spesso i giovani o le donne che tornano dalla maternità, le categorie più esposte in caso di crisi» . Ma per approntare un sistema di welfare di reale sostegno e che sappia coinvolgere 20 casse previdenziali servono risorse

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importanti che, al momento, nessuna categoria può permettersi. Inevitabile, quindi, la necessità di rivolgersi alle casse dello Stato, ma con quali probabilità di successo? «È chiaro che se ci presentiamo per batter cassa non otterremo nulla -ammette Camporese -ecco perché il nostro obiettivo è molto più articolato:

naturalmente bisogna creare una cassa con fondi sufficienti a sostenere il welfare e per farlo abbiamo pensato a tre possibili fonti di sovvenzionamento. La prima, quella che sembra essere più alla portata, è la legge-Lo Presti: la proposta che chiede di innalzare la misura del contributo integrativo fino al 5%, rispetto a quella attualmente vigente, pari al 2%. Il progetto prevede che, al contrario di quanto accade oggi, parte di quella somma possa essere utilizzate dalle casse di previdenza. E'già stato votato all'unanimità alla Camera e ora attende soltanto l'approvazione del Senato» . Altro serbatoio da cui attingere è «la riserva aurea» delle casse: dopo la riforma della previdenza, tutti gli enti sono tenuti ad avere una riserva in denaro in grado di garantire pensioni a tutti gli iscritti per almeno cinque anni. «Noi chiediamo che si possa scendere a quattro - spiega il presidente dell'Adepp -liberando altri capitali da destinare al welfare. De. l resto tenere troppa liquidità bloccata non serve e in caso di una grave crisi quattro anni sarebbero sufficienti a fronteggiare il primo fronte dell'emergenza» . Il terzo pilastro del progetto previdenziale è probabilmente il più delicato: è legato al calo dell'aliquota di tassazione sugli utili degli investimenti finanziari delle casse, attualmente fissata al 12,5%. «Noi siamo tassati come una persona fisica -osserva Camporese -È una quota molto alta specie se paragonata a quella dei fondi di secondo pilastro, i cosiddetti fondi integrativi, che sono tassati all’ 11,5%.

La nostra proposta è quella di scendere almeno di un punto percentuale destinando al welfare le cifre equivalenti a ciò che si risparmia» . Una quota che però farebbe mancare denaro nelle casse statali in un momento in cui non c'è spazio per tagli o minori entrate. «La proposta che presenteremo al ministro Tremonti -spiega Camporese -non sarà una semplice richiesta di denaro, abbiamo in mente di creare un sistema sanitario integrativo che possa sgravare di costi quello nazionale. Una partita di giro in cui entrambi gli attori abbiano convenienza. Crediamo molto in questo progetto e abbiamo fiducia che possa essere valutato con attenzione» . Rimane, comunque, anche il problema di come rendere più «pesanti» le pensioni dei giovani che oggi sostengono il sistema previdenziale. E'chiaro che la cifra di 12 mila euro si ricava da una media (e ci sono alcune casse che ancora sono in grado di garantire pensioni molto più alte) ma si tratta di una quota proveniente dal sistema retributivo misto (formato dal vecchio retributivo e da una quota di contributivo). Molto peggio andrà alle casse più giovani, quelle create dall’ormai famoso decreto legislativo 103 del ’ 96 (basato sul sistema contributivo puro): in quel caso la prestazione annua media, se tutto rimarrà immutato, si aggirerà addirittura intorno a 5.500 euro l'anno. In questo caso però è bene ricordare che, proprio perché le casse sono di recente costituzione, dispongono di un livello ancora basso di contribuenti: è quindi probabile che tra qualche anno la pensione media erogata salirà «all’iperbolica cifra» di 8/9 mila euro l’anno. Ma la realtà non cambierà di molto: serviranno interventi profondi e tempestivi nella consapevolezza che 30 anni, in tema previdenziale, sono davvero pochi. Il tema non riguarda solo il mondo previdenziale ma l’intero sistema occupazionale italiano. In un mondo (quello professionale) che mantiene sempre più a lungo i giovani in una fase di precariato per poi pagarli sempre meno, è inevitabile che il sistema previdenziale si a rischio tenuta sul lungo periodo. E tra 30 anni è impensabile «premiare» una lunga carriera professionale con un assegno da mille euro al mese senza mettere a rischio la pace sociale. Isidoro Trovato itrovato@corriere. it

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FINANZA & MERCATI martedì 15 marzo 2011

Groupama-Ligresti, salta il deal L’ingegnere risponde «no grazie»

Trattative naufragate tra Groupama e la famiglia Ligresti. Secondo quanto ha appreso F&M da fonti vicine all’operazione, l’Ingegnere non avrebbe gradito il nuovo accordo proposto dalla compagnia francese per potere mettere un piede in Premafin e, a valle, in Fondiaria-Sai. Il gruppo guidato da Jean Azéma, la

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settimana scorsa, dopo avere riunito un cda ad hoc il 9 marzo, era infatti stato costretto a rimettere mano all’intesa stipulata alla fine di ottobre con i Ligresti per cercare di oltrepassare gli «ostacoli» frapposti da Consob. Lo stesso Azéma, dopo avere incontrato i Ligresti l’11 marzo, era parso ottimista («Tutto bene, sono soddisfatto»). Invece, qualcosa non ha funzionato e le trattative sembrano essere definitivamente naufragate. Un nuovo patto tra le due parti in causa si era reso necessario quando, il 4 marzo scorso, a sorpresa, sulla base dell’accordo siglato in autunno, Consob aveva imposto il lancio di una doppia Opa da parte di Groupama per l’ingresso sia nel capitale di Premafin (dove l’intenzione iniziale sarebbe stata quella di entrare con una quota del 17,1%), sia in quello di Fonsai (dove la quota target era del 17-20%). Subito dopo avere annunciato il «verdetto», la Commissione di vigilanza aveva anche elencato le ragioni. Tra queste,la «debolezza» dell’attuale patto di sindacato di Premafin, composto dai membri della famiglia Ligresti, che a parere di Consob non sarebbe in grado di impedire un esercizio del controllo di fatto da parte di Groupama. Nel mirino dell’Authority presieduta da Giuseppe Vegas anche il lock-up di due anni previsto sulle azioni Fonsai in mano a Premafin, cosa che ha fatto pensare che, nella revisione dell’accordo tra l’Ingegnere siciliano e i francesi, il vincolo sarebbe potuto scomparire. Tra l’altro, è curioso notare come proprio ieri Vegas si sia espresso sulla vicenda Premafin-Groupama. «Hanno chiesto contatti, aspettiamo», ha dichiarato il presidente della Consob, che tra l’altro ha spiegato che se Groupama e i Ligresti avessero seguito «i consigli» forniti dall’Authority, il responso sarebbe stato «velocissimo». Ma sembra che un nuovo quesito, a questo punto, non sarà più chiesto. Nel frattempo, per la ristrutturazione della galassia Ligresti, si starebbero vagliando nuove soluzioni, prevalentemente italiane. Una di queste vedrebbe agire Unicredit con un ruolo di primo piano.

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FINANZA & MERCATI martedì 15 marzo 2011 Azimut va in Turchia e balza in Borsa del4%

Ottica sempre più internazionale per Azimut che, ieri, ha siglato un accordo preliminare con la turca Global Yatirim Holding per una collaborazione sia nella gestione sia nella distribuzione di strumenti di investimento sul mercato turco. L’annuncio è piaciuto al mercato: in Borsa, infatti, il titolo (complice anche la promozione di Mediobanca da neutral a outperform e la revisione al rialzo del target da 10,2 a 10,5 euro da parte di Bofa Merrill Lynch) ha chiuso a 7,63 euro, in rialzo del 4,02% posizionandosi in vetta al Ftse/Mib. In particolare, Azimut acquisterà, tramite AZ International Holdings, prima il 5% della società di distribuzione Global Securities nel corso dell’imminente Ipo. Poi, rileverà il 60% del capitale della società di gestione Gam. Il tutto, per un costo complessivo di 6 milioni. «Dopo l’avvio della joint venture in Cina, avvenuto lo scorso gennaio, è ora la volta della Turchia», ha detto Paola Mungo, dg di Azimut, che ha spiegato che la Turchia fa da ponte tra l’Europa e l’Asia nel progetto di espansione del gruppo e rappresenta la seconda tappa del piano di internazionalizzazione. Azimut sta infatti guardando anche ad altri mercati. «Ci piacerebbe riuscire ad approdare anche in Brasile», anticipa il direttore generale, che punta a ottenere dall’estero, nei prossimi 4-5 anni, il 10% della raccolta complessiva del gruppo. Anche il presidente e ad Pietro Giuliani ha precisato, in una nota, che la società intende avviare, quando individua occasioni interessanti, «trattative per lo sviluppo di iniziative comuni con partner indipendenti e in posizione di leadership per ricreare il modello integrato sviluppato in Azimut».

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FINANZA & MERCATI martedì 15 marzo 2011 Assicurazioni - Niente paura per gli operatori nostrani…

Niente paura per gli operatori nostrani: il tragico terremoto che ha colpito il Giappone non dovrebbe avere particolari ripercussioni sulle compagnie di assicurazione italiane. È quanto sostengono, nel morning note di

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ieri, gli analisti di una nota Sim milanese: «Le assicurazioni italiane - ragionano - non sono esposte a business diretto in Giappone e riteniamo pertanto che l’impatto delle catastrofi nel Paese sarà del tutto marginale per il settore ». Ciò non toglie, però, che il comparto insurance italiano possa subire qualche ripercussione per vie indirette. «Non possiamo escludere - concludono gli esperti - un aumento dei costi di riassicurazione, ma che comunque non dovrebbe avere impatti rilevanti».

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MF martedì 15 marzo 2011

Rehn: sarà incluso tra i fattori rilevanti. Decisivo l'impatto su quello pubblicoVia libera Ue sul debito privato Berlusconi: l'Europa ci ha dato un aut aut, impossibile non intervenire. Ci sarà

un Eurogruppo straordinario per trovare un'intesa finale sulle misure anti-crisi entro fine mese. I governi contro le agenzie di rating

di Francesco Ninfole

Il debito privato, come auspicato dall'Italia, sarà incluso tra i fattori rilevanti considerati da Bruxelles per giudicare il debito di un Paese. La conferma è arrivata ieri da Olli Rehn, commissario Ue al mercato interno, al termine dell'Eurogruppo. I fattori rilevanti avranno un «ruolo importante» nelle procedure d'infrazione.

Rehn ha precisato però che «sarà necessario valutare se il livello dell'indebitamento privato può avere un impatto sulla capacità di un Paese di coprire il debito pubblico». Il commissario non ha precisato i dettagli del meccanismo, che saranno definiti nel vertice Ue del 24-25 marzo, ma ha aggiunto, però, che è vicina l'intesa sulla riduzione del debito pubblico: la quota da coprire ogni anno dovrà essere pari al ventesimo della parte di debito eccedente il 60% del pil, e ogni tre anni Bruxelles verificherà che il percorso sia stato rispettato.

Una tabella di marcia impegnativa che obbligherebbe l'Italia a rilevanti tagli di bilancio: proprio ieri Bankitalia ha annunciato il nuovo record del debito pubblico a 1.880 miliardi di euro, mentre tutte le previsioni valutano che nel 2010 il rapporto tra debito e pil si è avvicinato al 119%, il che significa che se il meccanismo fosse già in vigore l'Italia quest'anno avrebbe dovuto tagliare il debito di più di 30 miliardi.

Il premier Silvio Berlusconi ha ammesso: «l'Europa ci ha dato un aut aut. Oggi incassiamo 100 e spendiamo 105. Dobbiamo ridurre entro due anni a 103 e poi, entro il 2015, a 100. Non intervenire sul debito non ci è più consentito né dall'Ue né dai mercati». Da Bruxelles è subito arrivata la risposta del presidente dell'Eurogruppo, Jean Claude Juncker: «Non ho dubbi sulla volontà del governo italiano di correggere verso il basso il debito». I Paesi Ue nei prossimi giorni cercheranno i compromessi finali sulla governance economica e sul patto per l'euro. «Le differenze sono minime», ha detto Juncker, che ha convocato un Eurogruppo straordinario per il 21 marzo: in quell'occasione si discuteranno anche le modalità tecniche del funzionamento del fondo salva-stati, dopo il via libera del Consiglio Ue all'ampliamento della dotazione a 440 miliardi effettivi (diventeranno 500 dal 2013). I capi di Stato hanno approvato venerdì anche l'allungamento del prestito alla Grecia e la riduzione del tasso di interesse. Ieri Juncker ha aperto alla possibilità di un'identica mossa per l'Irlanda (che però non fa passi indietro sulla tassa per le imprese). Dublino preoccupa per la fragilità delle banche anche in vista degli stress test: ieri il nuovo ministro delle Finanze irlandese, Michael Noonan, ha chiesto un sostegno più ampio di quello già ottenuto dagli istituti del Paese. Intanto i governi si sono scagliati contro le agenzie di rating dopo i downgrade dei giorni scorsi: «Molti ministri sono rimasti molto sorpresi dai giudizi. C'è un'urgenza particolare di definire migliori regole per la valutazione delle agenzie sui debiti sovrani», ha detto Juncker. L'Eurogruppo ha infine discusso sui rischi per la crescita che arrivano da Giappone e Nord Africa. «Vigileremo molto da vicino la situazione dell'inflazione», ha aggiunto Juncker. Intanto in gennaio la produzione industriale dell'Eurozona è aumentata dello 0,3% rispetto a dicembre (Italia -0,5%, Germania +0,1%, Francia +1,1%). Su base annua il risultato è stato del +6,6%, in flessione dal +8,8% di dicembre. (riproduzione riservata)

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MF martedì 15 marzo 2011

Il Banco rimborsa per primo i Tremonti bond (1,45 miliardi) di Luca Gualtieri

Pierfrancesco Saviotti ha mantenuto la promessa: ieri il Banco Popolare ha annunciato di aver rimborsato gli 1,45 miliardi di Tremonti bond emessi nel luglio 2009. Le risorse necessarie derivano dall'aumento di capitale da 2 miliardi chiuso in febbraio. Il gruppo guidato da Saviotti e presieduto da Carlo Fratta Pasini ha inoltre versato gli interessi a saldo maturati dal primo luglio 2010 al 14 marzo 2011, pari a 86,4 milioni. Il Banco è così il primo istituto italiano a rimborsare gli strumenti sottoscritti dal Tesoro nei mesi più bui della crisi. Nel corso del 2009, in momenti diversi, erano ricorsi ai Tremonti bond anche il Monte dei Paschi di Siena (per 1,9 miliardi), la Popolare di Milano (500 milioni) e il Credito Valtellinese (200 milioni). «L'apporto fornito dai Tremonti bond», spiega il Banco in una nota, «si è dimostrato importante, in quanto ha permesso al gruppo nel momento più acuto della crisi economica internazionale di continuare a sostenere l'economia dei territori locali, contribuendo alla continuità di accesso al credito da parte delle famiglie e delle piccole e medie imprese. I dati di bilancio», prosegue la nota, «testimoniano questo impegno: nel corso dell'esercizio 2009 gli impieghi sono aumentati del 9% per le famiglie e del 5% per le piccole imprese», mentre nei primi nove mesi del 2010 «la crescita è stata del 7,2% verso del famiglie e del 7,1% verso le piccole imprese». Il Banco assicura infine che questa «attenzione continuerà a costituire, in futuro, il fulcro dell'operatività e dello sviluppo delle banche appartenenti al gruppo». Dopo il rimborso dei Tremonti bond il gruppo veronese potrebbe concludere alcune cessioni di asset minori per assestare il patrimonio, come la banca depositaria, una quota in Icbpi e il 19% circa della joint-venture Agos-Ducato (di cui attualmente possiede il 39%).

L'aumento di capitale, sommato alla conversione del bond da 1 miliardo, dovrebbe peraltro portare a fine 2011 il core tier 1 al 7,5%. Ieri intanto in Piazza Affari il titolo ha guadagnato l'1,88% a 2,38 euro.

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MF martedì 15 marzo 2011

Gli istituti italiani salgono più della media Ue anche grazie a un report di JpMorgan. Cresce l'esposizione verso Spagna e Portogallo

E l'accordo dà una spinta alle banche di Piazza Affari L'effetto dell'accordo sul potenziamento del fondo salva-Stati si è fatto sentire ieri a Piazza Affari, dove i titoli bancari sono stati tra i migliori del listino. Il balzo si è concentrato in mattinata, quando i maggiori istituti hanno fatto registrare rialzi attorno al 4% anche grazie alla promozione (da neutral a overweight) decisa dagli analisti di JpMorgan sul settore bancario europeo.

Durante la seduta l'impatto positivo si è affievolito, ma è rimasto consistente, soprattutto per Unicredit (+3,8%). Il rally ha caratterizzato tutti i principali titoli: Intesa Sanpaolo (+1,6%), Ubi (+1,6%), Bpm (+0,75%), Banco Popolare (+1,9% nel giorno in cui è stato perfezionato il rimborso dei Tremonti bond) e Mps (+1,5%).

Il traino delle banche non è bastato a Piazza Affari per chiudere in positivo (-0,27%), ma il listino milanese è stato comunque quello che ha contenuto di più le perdite in Europa. I meccanismi di salvataggio Ue, sebbene lascino ancora incertezze sul debito sovrano, hanno di fatto reso meno probabile una ristrutturazione sui titoli di Stato dei Paesi più deboli nell'Ue, risollevando lo scenario anche per Spagna e Italia. Le banche, che possiedono bond governativi in grandi quantità, hanno così beneficiato del contesto più favorevole. Il pacchetto Ue inoltre rende più agevole le ricapitalizzazioni degli istituti in difficoltà (ad esempio quelle irlandesi). Le banche, secondo JpMorgan, «sono state il peggior settore negli ultimi sei mesi, perciò sfruttiamo questa opportunità per alzare la raccomandazione sul comparto da neutral a overweight.

Siamo positivi soprattutto sulle banche francesi e italiane, ma non inseguiremmo i periferici oltre un potenziale rimbalzo iniziale». Il messaggio è stato colto ieri dal mercato: il rialzo medio delle italiane (+2,6%)

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è stato superiore a quello del settore finanziario europeo (+0,3%). Come hanno fatto notare gli analisti di Equita sim, inoltre, nel summit Ue di venerdì «a sorpresa è stato subito raggiunto un primo accordo tra i governi». Gli esperti hanno evidenziato «la volontà di sostenere concretamente i governi che si impegnano a politiche di risanamento e di risolvere il problema delle banche sottopatrimonializzate, come hanno fatto gli Usa con il Tarp». L'approvazione del pacchetto Ue è giunta «prima del previsto», hanno sottolineato anche gli analisti di JpMorgan, che hanno rilevato, tra gli elementi più significativi dell'accordo, l'ampliamento del Fondo europeo e la riduzione del costo dei prestiti alla Grecia. «Resta la necessità di un forte consolidamento fiscale in alcuni Paesi, ma i rischi che stavano pesando sul sentiment si sono allentati». La posizione delle banche italiane nei confronti dei Pigs è poco rilevante se confrontata con quella degli istituti tedeschi e francesi. Tuttavia l'esposizione totale dei gruppi domestici verso i quattro Paesi periferici dell'Eurozona è risultata in aumento nel terzo trimestre 2010, secondo quanto emerso dall'ultimo rapporto della Bri. L'esposizione complessiva delle banche italiane verso Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna è risultata pari a 80,6 miliardi di dollari, dato in crescita del 5,6% rispetto ai 76,3 miliardi di dollari segnalati alla fine del secondo trimestre. Le statistiche della Bri tengono conto sia delle attività estere, che sono aumentate a 53,4 miliardi verso i quattro paesi periferici a fine settembre (50,4 miliardi a fine giugno), sia le altre esposizioni (ossia il valore di mercato positivo di contratti derivati, garanzie rilasciate e impegni creditizi in quei Paesi). Le banche italiane hanno ridotto l'esposizione complessiva verso la Grecia (da 6,8 a 6,5 miliardi) e verso l'Irlanda (da 24,7 a 24,4 miliardi di dollari), mentre è in aumento quella nei confronti del Portogallo (7,9 miliardi da 7,6) e soprattutto Spagna: da 37,2 a 41,8 miliardi di dollari. Il fenomeno, ha rilevato il rapporto della Bri, ha interessato anche gli altri sistemi bancari dei Paesi più avanzati. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha spesso utilizzato questa tipologia di dati per dimostrare la maggior solidità del sistema-Italia, nonostante il più alto debito pubblico del Paese. Le notizie da Bruxelles ieri hanno dato sollievo al mercato obbligazionario governativo: i Btp a dieci anni hanno ridotto il divario di rendimento con gli omologhi titoli tedeschi dall'1,67% all'1,52%. Intanto l'Fmi ha raggiunto un accordo con la Banca d'Italia:

Via Nazionale concederà al Fondo 8,11 miliardi nell'ambito degli impegni presi dall'Ue per aumentare la capacità di prestiti. (riproduzione riservata)

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MF martedì 15 marzo 2011

Avviata un'istruttoria per possibile abuso di posizione dominante nella posta massivaPoste nel mirino dell'Antitrust L'Authority vuole capire se la società pubblica guidata dall'ad Sarmi

ha ostacolato Selecta per favorire Postel di Gianluca Zapponini

Faro Antitrust su Poste Italiane. L'Authority, presieduta da Antonio Catricalà, ha annunciato di aver aperto un'istruttoria nei confronti del gruppo guidato da Massimo Sarmi per «possibile abuso di posizione dominante». Il procedimento, spiega una nota del Garante per la concorrenza, vuole capire se la società ha ostacolato «la presenza sul mercato dell'azienda Selecta», avvantaggiando così la propria controllata Postel.

Entrambe le società, infatti, operano nel medesimo settore, vale a dire quello dell'intermediazione tra clienti- mittenti e fornitore di servizio di posta massiva (l'invio di grandi quantitativi di corrispondenza, esempio classico le bollette). Una volta ricevuta, stampata e imbustata la corrispondenza, spiega una nota dell'Antitrust, sia Postel, sia Selecta, provvedono ad affidarne il recapito alla struttura di Poste Italiane, e qui, secondo l'Authority potrebbe essersi verificato l'abuso. Poste Italiane, spiega infatti la nota, nel settembre del 2010, avrebbe chiesto a Selecta di provvedere a saldare i pagamenti per il servizio di recapito ricevuto, minacciando di sospendere il medesimo servizio. Un'esposizione debitoria, quella di Selecta, lievitata col passare dei mesi, ma di cui, fa notare l'Antitrust, Poste «ha consentito nel tempo la creazione». Nel 2008 il debito ammontava a 65 milioni di euro, ma già un anno dopo la cifra si aggirava sui 72,3 milioni. Non solo.

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Sempre secondo l'Authority, Poste avrebbe richiesto anche «il pagamento contestuale dei servizi, a fronte di precedenti condizioni contrattuali che prevedevano un termine di 75 giorni, in alcuni casi dilazionato». Una modifica nel sistema dei pagamenti che, ha sottolineato ancora il Garante, «non sarebbe stata praticata a Postel». Questi elementi, se dimostrati, comporterebbero a detta dell'Antitrust «un vantaggio per la stessa Poste Italiane che acquisirebbe, tramite Postel, la quota di mercato attualmente detenuta da Selecta, con possibili riflessi sulle condizioni dell'offerta». Il risultato, ha concluso il Garante, sarebbe che «gli utenti del servizio di posta massiva vedrebbero ridursi la possibilità di rivolgersi ad operatori diversi dalla società integrata nel Gruppo Poste Italiane». (riproduzione riservata)

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MF martedì 15 marzo 2011

È presto per cantare vittoria con il Patto sull'euro di Angelo De Mattia

Due fatti, lontani uno dall'altro, danno la misura del modo singolare in cui, nel dibattito politico, si approfondiscono le tematiche economico-istituzionali. Il primo riguarda le discussioni in corso sulla governance economica europea, da ultimo sviluppate nel Consiglio dei capi di Stato e di governo di venerdì 11 e continuate nella riunione dell'Eurogruppo di ieri, seguita dall'Ecofin.

Al di là dell'aumento della dotazione del Fondo di assistenza ai Paesi in difficoltà, portata a 400 miliardi, che diverranno 500 quando, nel 2013, subentrerà il nuovo fondo (il Meccanismo europeo di stabilizzazione), il vertice di venerdì ha affrontato quello che originariamente era definito il Patto per la competitività, proposto dal governo tedesco, e che poi è diventato Patto per l'euro destinato a essere varato nel summit degli stessi rappresentanti che si svolgerà il 24 e 25 marzo. Il clou di questo Patto, che è parte del Patto di stabilità previsto dal Trattato e contiene anche raccomandazioni sulla competitività, è l'obbligatorietà del calo annuale di un ventesimo del rapporto debito-Pil, per la parte eccedente il 60%. Viene presentata come un'importante acquisizione, conseguita già negli incontri di Parigi, la previsione che, accanto ai parametri del debito pubblico, si terrà conto della situazione complessiva del Paese e in particolare del debito privato, delle riforme introdotte, a partire da quella pensionistica, del risparmio e della ricchezza finanziaria. Effettivamente si tratta di una significativa innovazione, ma tutta da verificare nei suoi riflessi.

Nessuno però si è chiesto come giocheranno questi ulteriori parametri, se cioè questi fattori incideranno sul numero e sui tempi - il ventesimo della diminuzione di cui si è detto e i tempi del calo - o se, semplicemente, si tratterà di una valutazione aggiuntiva che varrà ad altri effetti, per esempio sulla decisione delle sanzioni nel caso di non completa ottemperanza all'obbligo della riduzione del debito. E ciò a prescindere dalla improprietà concettuale di porre il debito privato e la ricchezza finanziaria sullo stesso piano del debito pubblico, quasi in funzione surrogatoria di questo, per valutare la solidità e la solvibilità di un Paese. Nulla ancora si dice sulla irrogazione delle sanzioni per i Paesi devianti, se cioè si tratterà di sanzioni automatiche, semiautomatiche o non lontanissime dalla discrezionalità, magari per tener conto di quanto si è detto dei fattori aggiuntivi concernenti il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto lordo.

Sono aspetti cruciali, essendoci enorme distanza tra il tener conto generico di alcuni fattori e il definire con precisione gli effetti della loro considerazione. Ma stranamente ciò è ignorato nelle dichiarazioni dei politici e nei commenti di stampa. Quanto poi alla competitività in senso stretto, il vertice di venerdì ha deciso che ciascun Paese dell'Ue metterà a punto i programmi a sostegno della propria capacità, nel quadro degli indirizzi generali comunitari, e li porrà a confronto con quelli degli altri Paesi. Si può dire che in questa materia, dopo tanto discutere, si è partorito il topolino.

L'altro episodio concerne le nomine nelle imprese e negli enti controllati dallo Stato. Ci si esercita nelle previsioni. Si riportano i curricula degli attuali esponenti di vertice e, nelle vicende recenti che hanno riguardato questo o quel manager, si cerca di intravedere lo sviluppo o l'arresto dell'ulteriore carriera. Si

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vocifera anche - come nel caso di Massimo Ponzellini, attuale presidente della Popolare di Milano - di passaggi improvvisi o di aggiunte di una nuova carica (nel caso citato, la presidenza della nascente Banca del Sud, che dovrebbe essere estesamente partecipata dalle Popolari). Ci si interroga sui tempi delle nomine.

Nessuno, però, che solleciti una preventiva definizione di criteri oggettivi ai quali ispirare i provvedimenti, partendo dalla valutazione, per gli esponenti in carica, del modo in cui essi hanno lavorato, dei risultati prodotti, delle strategie elaborate per il futuro. In assenza di trasparenti e visibili criteri, le scelte, anche le più giuste, possono apparire caratterizzate da una mera discrezionalità quando non da elementi che attestino vicinanza o lontananza nei confronti di questo o quell'esponente della maggioranza, oppure di questa o quella cordata.

Il tempo delle lottizzazioni partitiche, soprattutto di quelle delle nomine nelle banche allora pubbliche, è definitivamente passato. Il regime spartitorio, che relegava ad accessorio la considerazione della professionalità, dell'esperienza, della competenza, è, dovrebbe essere alle nostre spalle, salvo qualche caso eclatante. Sarebbe interesse del governo non solo operare, ma anche apparire lontano da quel tempo.

Assunte le corrette intenzioni di coloro che dovranno decidere le nomine, la predisposizione di criteri generali sarebbe un'importante innovazione e potrebbe anche alimentare valutazioni aggreganti tra le forze politiche.

È comunque un fatto che la discussione pubblica su questi temi appare sempre più monocorde nelle sue ampie falle e trascuratezze. (riproduzione riservata)

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MF martedì 15 marzo 2011

Tra crescita e Basilea3 l'equilibrio è molto delicato di Giovanni Barbara*

Le modifiche al quadro regolamentare, note come Basilea III, emanate dall'omonimo Comitato lo scorso 12 settembre, e approvate nel successivo novembre dal G20 a Seul, coinvolgono essenzialmente due temi: (I) l'irrobustimento qualitativo e quantitativo del capitale delle banche, attraverso deduzioni dal capitale delle componenti di minor qualità, aumenti dei requisiti minimi e introduzione di riserve anticicliche, e (II) il controllo dei rischi di liquidità, introducendo vincoli sia sulle risorse liquide in attivo che sul grado di stabilità della raccolta. Paroloni, a prima vista, ma che esprimono l'esigenza (semplice da comprendere) di un accordo rivolto soprattutto al rafforzamento del sistema bancario al fine di evitare il ripetersi di crisi (come quella dei mutui subprime), in grado di piegare il sistema internazionale.

Ma come realizzare questo accordo? Intervenendo sui requisiti chiave imposti all'attività bancaria, misurati dal rapporto tra patrimonio di vigilanza (vale a dire i fondi su cui una banca può fare affidamento in caso di necessità), rispetto al complesso delle attività, ponderate in considerazione delle effettive caratteristiche del rischio. In sostanza, si è deciso di innalzare questo rapporto, portandolo dal 2 al 4,5%. In altri termini, dal momento che le operazioni di un istituto di credito (come l'erogazione di prestiti e la vendita di titoli) sono esposte al rischio di eventuali perdite, con Basilea III si è voluto aumentare il capitale che le banche devono tenere da parte per precauzione, per far fronte a eventuali situazioni di emergenza, con un aumento della percentuale già fissata dai precedenti accordi conosciuti come Basilea I e II. Inoltre, maggiori sono le attività investite, tanto più alto dovrà essere il patrimonio di vigilanza della banca. Chiaramente, la previsione frutto del nuovo accordo è stata seguita da uno stuolo di commenti e polemiche, che ancora oggi proseguono, e più che altro legate alla circostanza (più che realistica) in base alla quale non è facile sostenere (o quanto meno non è sostenibile da parte di tutti gli istituti di credito) la ricapitalizzazione richiesta, sia in considerazione della difficoltà nel reperire i fondi con cui rafforzare i patrimoni, sia tenendo conto che l'economia è ancora in una fase di ripresa che, nonostante i segnali positivi (che, comunque, non mancano), stenta ad accelerare, e a tal fine quei fondi sono essenziali. Infatti, la misura adottata si traduce per la banca

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nella necessità di tenere bloccata una consistente quantità di denaro, inevitabilmente sottratta al credito da destinare a famiglie e imprese.

Proprio a causa dei tanti timori, la misura avrà un'entrata a regime graduale: entrerà in vigore il 1° gennaio 2013 ma un allineamento completo alle nuove norme avverrà solo nel 2019. Il complesso dei provvedimenti, peraltro, è ancora in via di definizione. Ma a preoccupare non sono più tanto i tempi di attuazione della normativa quanto, piuttosto, le conseguenze sulla normale operatività creditizia, costretta a fare i conti, malgrado tutto, con l'eventuale necessità di limitare il credito. Il rischio, quindi, è quello di una nuova ingessatura delle aziende bancarie, con gli intermediari costretti a decidere se mettere fieno in cascina o erogare credito. Intanto si profila una stagione di bilanci complessa, all'insegna di un aumento delle sofferenze. Tutto questo proprio mentre si comincia a respirare un certo ottimismo, per cui le esigenze di solidità del sistema bancario devono essere bilanciate dalla necessità di ritrovare le strade della crescita.

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MF martedì 15 marzo 2011

Pseudoinflazione e arroganza dei banker allontanano la fine del tunnel di Filippo Buraschi

«L'attuale crisi ha in sé il peggio di tutte le crisi recenti e persino di più. È la prima crisi globale. Origina dal sistema finanziario e bancario: oggi le banche affrontano la crisi da loro provocata con bilanci deboli sia patrimonialmente sia redditualmente».

L'incipit di I guasti del libero mercato è tranchant come lo sono spesso le opinioni dell'autore, Arnaldo Borghesi, partner della Borghesi & Colombo e associati oltre che titolare di corsi di finanza presso l'Università di Trento, la veneziana Ca' Foscari e recentemente presso la Bocconi.

Nel volume, Borghesi punta il dito contro la finanza facile e l'uso smodato della leva da parte dei banker dell'ultima generazione di Londra e New York, quei trentenni cinici, intelligenti, dediti al lavoro 24 ore su 24 ma anche ignoranti, presuntuosi e arroganti, privi delle nozioni elementari di ragioneria e impermeabili ai moniti dei vecchi saggi capaci di gestire le crisi precedenti e messi in un angolo per la loro eccessiva prudenza e la scarsa attenzione alla pseudo creazione di valore legata ai repentini (e drogati) rialzi dei titoli in borsa, con la complicità di hedge fund, investment bank, fondi di private equity, fondi sovrani e di turnaround.

Questo atteggiamento non vuol dire che i nuovi professionisti della finanza siano stupidi o incapaci, semplicemente «non erano interessati ieri a vedere la crisi perché si spartivano i vantaggi una bolla speculativa sempre più ampia; non sono interessati oggi a capirla e a porvi rimedio perché dovrebbero mettere in discussione il loro operato di ieri, il loro ruolo di oggi e il loro futuro domani». Così, descrivono la grande recessione del XXI secolo come «un incidente di percorso sostanzialmente risolto, il cui punto più basso è già stato superato». E, forti di questa convinzione e supponenza, sono tornati in campo dopo una brevissima panchina e si permettono di darsi di gomito e di scambiarsi sorrisi ironici quando, parlando a Wall Street, Barack Obama li bastona e condanna il sistema cancerogeno che loro hanno inventato.

Invece il presidente Obama ha ragione: la crisi è il fallimento di un sistema che ha portato al «divorzio tra industria e finanza», come recita il sottotitolo del libro di Borghesi, un allontanamento drammatico, conseguenza anche delle grandi aggregazioni bancarie, che ha rotto il cerchio di fiducia tra imprenditore e banchiere (l'illustrazione della copertina raffigura appunto una catena con un anello spezzato). Si tratta di ferite profonde perché l'incomunicabilità ha portato aziende al fallimento e alcune banche a contabilizzare sofferenze decisamente pesanti.

E l'Italia? La crisi non poteva risparmiarla perché si è inserita su limiti e distorsioni pregressi: uno Stato a corto di denaro e costretto al paradosso dello Scudo fiscale, gli incancreniti problemi di governance e di

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