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(delibera 22 dicembre 2021) «Il Consiglio, vista la domanda di pronuncia pregiudiziale C-521/21 proposta, ai sensi dell’art

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OGGETTO: Fasc. 56/VA/2021 - Corte di Giustizia Europea - Domanda di pronuncia pregiudiziale C-521/21 proposta ai sensi dell'articolo 267 TFUE Giurisdizione:

Sad Rejonowy Poznan - Stare Miasto w Poznaniu - POLONIA, al fine di valutare l'opportunità di un intervento del Governo italiano.

(delibera 22 dicembre 2021)

«Il Consiglio,

vista la domanda di pronuncia pregiudiziale C-521/21 proposta, ai sensi dell’art. 267 TFUE, da un’autorità giudiziaria polacca, notificata dalla Corte di Giustizia in data 29 novembre 2021

osserva

I. L’oggetto del rinvio pregiudiziale

Con nota pervenuta il 3.12.2021 l’Avvocatura Generale dello Stato ha trasmesso al Consiglio Superiore il testo della richiesta di rinvio pregiudiziale formulato da un’autorità giudiziaria polacca, e in particolare dal Sąd Rejonowy Poznań-Stare Miasto w Poznaniu (Tribunale distrettuale di Pozna – Città vecchia di Pozna), richiedendo di valutare l’opportunità di un intervento del Governo italiano e, quindi, di trasmettere “un motivato parere circa l’opportunità di intervenire, ovvero di non intervenire anche con riferimento alla fase orale”.

La predetta richiesta di rinvio pregiudiziale è incentrata, come si vedrà nel prosieguo, sulla compatibilità con i principi del diritto eurounitario della procedura di nomina dei giudici polacchi ed in particolare dell’influenza su tale procedura svolta dal potere esecutivo e da quello legislativo.

La questione pregiudiziale C-521/21, secondo quanto si desume dalla nota inviata dalla Corte di Giustizia, ai sensi del’art. 98, par.1, del Regolamento di procedura dinanzi alla Corte di Giustizia, concerne un’istanza di ricusazione formulata nei confronti di un giudice investito di una controversia di natura commerciale; nella questione si dubita dalla legittimità della nomina del giudice investito della causa alla stregua della normativa eurounitaria.

La domanda pregiudiziale propone, al riguardo, le seguenti questioni:

“1. Se gli articoli 2 e 19, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea (in prosieguo: il

«TUE»), nonché l'articolo 6, paragrafi da 1 a 3, TUE, in combinato disposto con l'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali (in prosieguo: la «Carta»), debbano essere interpretati nel senso che non costituisce un organo giurisdizionale costituito per legge, ai sensi del diritto dell’Unione, l’organo giurisdizionale di cui faccia parte una persona nominata alla funzione di giudice presso tale organo giurisdizionale mediante una procedura che:

a) la scelta della persona indicata per la nomina alla funzione di giudice è stata effettuata dall'attuale Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura), organo eletto in contrasto con le disposizioni costituzionali e legislative polacche, il quale non costituisce un organo indipendente e non è composto da rappresentanti dell’ordinamento giudiziario nominati in modo indipendente dai poteri esecutivo e legislativo, e di conseguenza non è stata presentata nessuna valida domanda di nomina alla funzione di giudice ai sensi del diritto nazionale;

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b) i partecipanti al concorso di nomina non avevano accesso ai mezzi di ricorso giurisdizionali ai sensi dell'articolo 2, dell'articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell'articolo 6, paragrafi da 1 a 3, TUE, in combinato disposto con l'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali.

2. Se gli articoli 2 e 19, paragrafo 1, TUE, in combinato disposto con l'articolo 47 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che, qualora di un organo giurisdizionale faccia parte una persona nominata nelle circostanze descritte nella questione sub 1:

a) essi ostano all'applicazione di disposizioni di diritto nazionale che attribuiscono la competenza esclusiva ad esaminare la legittimità della nomina alla funzione di giudice di tale persona ad una Sezione del Sad Najwyźszy (Corte suprema; in prosieguo: la «Corte suprema»), composta esclusivamente da persone nominate alla funzione di giudice nelle circostanze descritte nella questione sub 1 le quali, al contempo, prescrivono di soprassedere all’esame delle contestazioni relative alla nomina alla funzione di giudice, tenuto conto del contesto istituzionale e sistemico;

b) essi richiedono, al fine di garantire l'efficacia del diritto europeo, un'interpretazione delle disposizioni di diritto nazionale che consenta all’organo giurisdizionale di ricusare d'ufficio tale persona escludendola dall’esame della causa sulla base delle disposizioni, applicate per analogia, in materia di ricusazione dei giudici incapaci ad esercitare la funzione giudicante (index inhabilis);

c) essi impongono all’organo giurisdizionale nazionale, ai fini dell'applicazione del diritto dell'Unione e della garanzia della sua piena efficacia, di non tener conto di una sentenza della Corte costituzionale nazionale, nella misura in cui tale sentenza dichiara incompatibile con il diritto nazionale l’esame dell’istanza di ricusazione di un giudice per l’asserita irregolarità della nomina del medesimo, la quale non soddisfaceva i requisiti dell'Unione europea relativi ad un organo giurisdizionale indipendente, imparziale e precostituito per legge, ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 1, TUE, in combinato disposto con l'articolo 47 della Carta;

d) essi impongono all’organo giurisdizionale nazionale, ai fini dell'applicazione del diritto dell'Unione e della garanzia della sua piena efficacia, di non tener conto di una sentenza della Corte costituzionale nazionale, nella misura in cui essa osti all’esecuzione di un’ordinanza della Corte di giustizia dell'Unione europea relativa a provvedimenti provvisori, con la quale è stata ordinata la disapplicazione delle disposizioni nazionali che impediscono agli organi giurisdizionali di esaminare il rispetto dei requisiti stabiliti dall'Unione europea riguardo ad un organo giurisdizionale indipendente, imparziale e precostituito per legge, ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 1, TUE, in combinato disposto con l'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali.”.

II. I motivi del rinvio pregiudiziale

Nell’ambito di una controversia civilistica pendente dinanzi al Sąd Rejonowy Poznań- Stare Miasto w Poznaniu (Tribunale distrettuale di Pozna – Città vecchia di Pozna) il convenuto ha formulato istanza di ricusazione del giudice investito della causa ritenendo illegittima la procedura di nomina del medesimo.

Il convenuto, nell’evidenziare come la proposta di nomina del giudice assegnatario della controversia sia stata adottata dalla Krajowa Rada Sąąądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura; in prosieguo: CNM polacco) le cui risoluzioni sono state contestate, sotto il profilo della legittimità costituzionale, dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, in prosieguo: la «Corte suprema amministrativa»), osserva come la nomina sia del giudice assegnatario del processo che degli altri giudici del Tribunale nominati ad opera del neoistituito CNM polacco, risulterebbero non valide.

L’istanza di ricusazione è stata assegnata, per la valutazione della sua fondatezza, al giudice che ha formulato la questione del rinvio pregiudiziale.

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Il giudice destinatario dell’istanza di ricusazione ha peraltro rilevato l’insussistenza di circostanze idonee a far sorgere dubbi circa la sua imparzialità essendo vigenti, all’epoca in cui lo stesso ha partecipato al concorso per diventare magistrato, disposizioni che “corrispondevano al principio costituzionale di partecipazione della magistratura al processo di nomina mediante l’intervento delle assemblee dei rappresentanti dei giudici della regione, quali organi di base della magistratura”.

Il giudice del rinvio, nel rilevare la novità della predetta questione rispetto a quelle sollevate in precedenza (e di cui ai nn. C-181/21 e C-629/21), trattandosi, in questo caso, di questione concernente la legittimità della nomina non già di un giudice presso la Corte Suprema polacca bensì di un giudice facente parte di un organo giurisdizionale ordinario, osserva come nella sentenza 6 maggio e 13 maggio 2021 la Corte Suprema amministrativa polacca all’esito della sentenza della Corte di Giustizia del 2 marzo 2021 (nel procedimento C-824/18) di risposta alle questioni pregiudiziali proposte, ha chiarito che il CNM polacco non offre idonee garanzie in termini di indipendenza e di imparzialità rispetto ai poteri legislativo ed esecutivo, così da porsi in contrasto con le garanzie previste dall’art.47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea con riferimento al diritto dell’individuo a che la sua causa sia decisa da un

“giudice indipendente ed imparziale, precostituito per legge”.

Osserva ancora il giudice di rinvio come la medesima Corte Suprema ha evidenziato al riguardo che la composizione del predetto CNM polacco si ponga altresì in contrasto con l’art.187, par.2 della Costituzione polacca essendo esso composto solo da 14 rappresentanti degli organi giurisdizionali ordinari mentre i giudici della Corte Suprema e dei Tribunali amministrativi non sono ivi rappresentati.

In conseguenza di ciò, osserva ancora il giudice di rinvio, il predetto CNM non sarebbe competente a “presentare una valida proposta di nomina alla funzione di giudice”.

Il giudice di rinvio osserva ancora come la Corte Costituzionale polacca:

- nella sentenza del 2 giugno 2020 ha ritenuto che l’art.49, par.1 del codice di procedura civile polacco, nella parte in cui disciplina l’istanza di ricusazione per irregolarità riguardanti la nomina del giudice, si pone in contrasto con l’articolo 179 della Costituzione polacca.

- nella successiva sentenza del 14 luglio 2021 la medesima Corte ha ritenuto sottratto al principio del primato e dell’applicazione diretta del diritto dell’Unione i provvedimenti provvisori adottati dalla Corte di Giustizia in tema di organizzazione e competenza degli organi giurisdizionali in quanto adottati ultra vires.

Ciò premesso, in relazione alla motivazione della prima questione pregiudiziale proposta, la nota di sintesi si richiama alle motivazioni della questione pregiudiziale proposta nell’ambito di un diverso procedimento, ovverosia in quella proposta nell’ambito del procedimento C-181/21. A quest’ultima, pertanto, dovrà farsi in questa sede, un seppure breve riferimento onde evidenziare i motivi della prima questione pregiudiziale proposta.

In tale procedimento si è osservato come la pre-costituzione per legge dell’organo giurisdizionale, secondo quanto espressamente previsto dall’art.47 della Carta dei diritti fondamentale dell’Unione Europea, presuppone non solo la compatibilità formale della costituzione e della nomina dei componenti dell’organo giurisdizionale con le disposizioni introdotte dal legislatore nazionale, ma altresì il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale nazionale.

Sotto questo profilo, in tale questione, si è altresì evidenziato come le caratteristiche del CNM polacco, il quale nella vigente composizione non fornisce sufficiente garanzie di indipedenza dai poteri legislativo ed esecutivo, non garantirebbero il requisito, costituzionale, di partecipazione di un organo di effettivo autogoverno della magistratura, alla nomina dei giudici.

Né, in senso contrario, potrebbe attribuirsi rilievo al fatto che le risoluzione del CNM polacco possono essere impugnate dinanzi alla ‘Sezione di controllo straordinario e degli affari pubblici’, trattandosi di una nuova sezione della Corte Suprema i cui membri sono stati a loro volta nominati dal CNM polacco nella sua attuale composizione.

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Il giudice di rinvio osserva infine come la Corte EDU, nella recente sentenza del 22 luglio 2021 nel caso Reczkowicz c. Polonia ha evidenziato che una procedura di nomina dei giudici che denota una influenza “ingiustificata” dei poteri legislativo ed esecutivo sulla nomina dei giudici risulterebbe di per sé incompatibile con l’art.6, par.1 della Convenzione EDU.

In relazione alla seconda questione il giudice osserva preliminarmente come, in ossequio alle recenti disposizioni che attribuiscono alla competenza esclusiva della Sezione di controllo straordinario e degli affari pubblici l’esame delle contestazioni riguardanti l’indipendenza di un giudice o di un organo giurisdizionale, non avrebbe potuto affrontare la questione posta nell’istanza di ricusazione; tuttavia a tale esame è addivenuto in ossequio alla ordinanza provvisoria emessa dalla Corte di Giustizia il 14 luglio 2021 (nel procedimento C-204/21), con la quale si è imposto alla Polonia (e dunque anche ai giudici polacchi) di sospendere l’applicazione anche delle disposizioni attributive di tale competenza esclusiva.

E tuttavia, il giudice di rinvio si chiede se, nel valutare tale istanza di ricusazione, non debba tenere conto di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale polacca nelle due citate sentenze del 2 giugno 2020 e del 14 luglio 2021.

Con tali pronunce, secondo quanto già evidenziato, la Corte Costituzionale polacca ha, da un lato, sostanzialmente precluso la possibilità di sollevare, nell’ambito di una istanza di ricusazione, questioni relative alla eventuale irregolarità nella procedura di nomina del giudice (sentenza del 2 giugno 2020), dall’altro ha ritenuto sottratto al principio del primato e dell’applicazione diretta del diritto dell’Unione i provvedimenti provvisori adottati dalla Corte di Giustizia in tema di organizzazione e competenza degli organi giurisdizionali in quanto adottati ultra vires. (sentenza 14 luglio 2021).

Il giudice di rinvio dubita della legittima costituzione del collegio giudicante della Corte Costituzionale che ha reso la sentenza del 14 luglio 2021, di cui avrebbe fatto parte “una persona che non è stata nominata alla funzione di giudice della Corte costituzionale in modo regolare” Più in generale dubita della validità della pronuncia atteso che, l’efficacia del diritto dell’Unione e dell’articolo 267 TFUE rischierebbe di essere compromessa se, in conseguenza di una decisione della Corte costituzionale nazionale, venisse esclusa la possibilità di sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia e di applicare direttamente il diritto dell’Unione in modo conforme ad una pronuncia o alla giurisprudenza della Corte di Giustizia.

Gli strumenti di cui dispone l’organo giurisdizionale nazionale per garantire l’effettiva applicazione del diritto dell’Unione, infatti, devono essere “efficaci di per sé”. Tale efficacia rischierebbe di essere compromessa se, “a causa di una decisione della Corte costituzionale nazionale, venisse esclusa la possibilità di sottoporre una questione pregiudiziale della Corte di giustizia e di applicare direttamente il diritto dell’Unione in modo conforme ad una pronuncia o alla giurisprudenza della Corte [..] La possibilità di sottoporre una questione pregiudiziale non può essere limitata nemmeno nel caso in cui la Corte costituzionale nazionale dichiari che il provvedimento provvisorio relativo ad un procedimento pendente dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali costituisca un atto ultra vires”.

III. La giurisprudenza della Corte di Giustizia in tema di giudice indipendente ed imparziale ai sensi dell’art.47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

La questione pregiudiziale illustrata è incentrata sulla conformità al diritto dell’Unione Europea ed ai principi dello stato di diritto da esso accolti, delle procedure di nomina dei giudici polacchi, anche con riferimento a quelli appartenenti alla giurisdizione ordinaria.

Al riguardo deve osservarsi che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (di seguito CGUE) ha ripetutamente esaminato numerose questioni pregiudiziali provenienti dall’autorità giudiziaria polacca e scaturite dalla profonda riforma del sistema giudiziario adottata dal predetto Stato Membro a partire dal 2017.

Le questioni pregiudiziali hanno riguardato le numerose modifiche intervenute in tema di composizione del CNM polacco e della Camera disciplinare della Corte suprema polacca

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nonché della Camera per i ricorsi straordinari e affari pubblici della medesima Corte suprema;

esse hanno riguardato altresì i poteri del Ministro della Giustizia per quanto riguarda la nomina e la revoca dei Presidenti dei tribunali, i procedimenti disciplinari contro i giudici e l'organizzazione interna dei tribunali.

La questione oggetto del presente esame, come si è evidenziato, riguarda appunto, la legittimità delle disposizioni introdotte in tema di nomina dei giudici, attraverso la modifica in tal senso della legge polacca del 27 luglio 2001 recante disciplina degli organi giurisdizionali qualora, in particolare, la nomina di questi, provenga dal potere esecutivo (ossia dal Ministro della Giustizia che contemporaneamente è anche Procuratore Generale).

Nel procedimento C-521/21 il giudice di rinvio dubita della legittima costituzione del giudice destinatario di istanza di ricusazione, e ciò in quanto la nomina di quest’ultimo proviene dal CNM polacco il quale “non costituisce un organo indipendente e non è composto da rappresentanti dell’ordinamento giudiziario nominati in modo indipendente dai poteri esecutivo e legislativo”.

Al riguardo appare opportuno notare come, secondo quanto riconosciuto dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in numerose sentenze (v. da ultimo Sentenza Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande Sezione del 6 ottobre 2021 nella causa C-487/21) sebbene l’organizzazione della giustizia negli Stati Membri rientri nella competenza di questi, ciò non toglie che, nell’esercizio di tale competenza, i predetti Stati membri “sono tenuti a rispettare gli obblighi per essi derivanti dall’Unione e che così può essere, in particolare, per quanto riguarda le norme nazionali relative all’adozione delle decisioni di nomina dei giudici e, se del caso, le norme relative al controllo giurisdizionale applicabile nell’ambito di tali procedure di nomina” (v. in tal senso sentenza Grande Sezione del 6 ottobre 2021,cit. punto 75, nonché sentenze A.B. e a., punto 68 e giurisprudenza citata, e del 20 aprile 2021, Repubblika,C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 48).

Sebbene spetti al giudice di rinvio di interpretare i fatti oggetto del procedimento e le norme nazionali applicabili, spetta dunque alla Corte di Giustizia fornire al giudice nazionale

“gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione che possano rivelarsi necessari alla soluzione della controversia principale, tenendo conto nel contempo delle indicazioni contenute nella decisione di rinvio per quanto riguarda il diritto nazionale applicabile a detta controversia e ai fatti che la caratterizzano” (v. sent. CGUE cit. punto 78).

La Corte ha più volte precisato come in virtù dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti che assicuri ai singoli il rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione.

Il principio della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, cui fa riferimento l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, che è stato sancito agli articoli 6 e 13 della Convenzione EDU e che è attualmente affermato all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (v.

sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, punto 190 e giurisprudenza citata), disposizione che, ad avviso della CGUE deve essere debitamente presa in considerazione ai fini dell’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma (v., in tal senso, sentenza del 20 aprile 2021, C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

Quanto all’ambito di applicazione ratione materiae dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, tale disposizione riguarda i «settori disciplinati dal diritto dell’Unione», indipendentemente dalla situazione in cui gli Stati membri attuano tale diritto, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (v. sentenze del 24 giugno 2019, C‑619/18, punto 50 e giurisprudenza ivi citata, nonché sent. 18 maggio 2021 citata punto 192 e giurisprudenza citata).

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A norma dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, ogni Stato membro deve quindi segnatamente garantire che gli organi che fanno parte, in quanto «organi giurisdizionali»

nel senso definito dal diritto dell’Unione, del suo sistema di rimedi giurisdizionali nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione e che, pertanto, possono trovarsi a dover statuire in tale qualità sull’applicazione o sull’interpretazione del diritto dell’Unione, soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva.

A tale proposito, è pacifico che il giudice oggetto della questione pregiudiziale in esame, in quanto chiamato a verificare la legittimità della nomina del giudice oggetto dell’istanza di ricusazione, è organo giurisdizionale ordinario del sistema giudiziario polacco e, in quanto tale, può essere chiamato a pronunciarsi su questioni legate all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione.

In quanto «organo giurisdizionale», nel senso definito da tale diritto, il giudice è parte del sistema polacco di rimedi giurisdizionali nei «settori disciplinati dal diritto dell’Unione» ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

Al fine di garantire che un siffatto organo giurisdizionale sia in grado di garantire la tutela giurisdizionale effettiva così richiesta in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, la Corte di Giustizia ha dunque reiteratamente ritenuto che la “preservazione della sua indipendenza è fondamentale, come confermato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, che menziona l’accesso a un giudice «indipendente» tra i requisiti connessi al diritto fondamentale a un ricorso effettivo” (v. sent. cit. punto 107).

L’indipendenza dell’organo giurisdizionale, secondo la prospettiva accolta dalla Corte di Giustizia, è un requisito intrinsecamente connesso al compito di giudicare e costituisce un aspetto essenziale del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e del diritto fondamentale a un equo processo; esso pertanto riveste importanza cardinale quale garanzia della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE, segnatamente del valore dello Stato di diritto.

Le garanzie di indipendenza e di imparzialità così richieste ai sensi del diritto dell’Unione presuppongono, per il giudice comunitario, l’esistenza di regole, relative in particolare alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo nei confronti di elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti.

A tal fine è necessario, secondo la CGUE, che i giudici si trovino al riparo da interventi o da pressioni esterni che possano mettere a repentaglio la loro indipendenza.

Le regole applicabili allo statuto dei giudici e all’esercizio della loro funzione di giudice devono, in particolare, consentire di escludere non solo qualsiasi influenza diretta, sotto forma di istruzioni, ma anche le forme di influenza più indiretta che possano orientare le decisioni dei giudici interessati, e devono escludere così una mancanza di apparenza d’indipendenza o di imparzialità di questi ultimi tale da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare ai singoli in una società democratica e in uno Stato di diritto (v. sentenza CGUE del 18 maggio 2021, citata, punto 197 e giurisprudenza ivi citata nonché sentenza 6 ottobre 2021 cit. punto 109 e 110).

L’indispensabile libertà dei giudici rispetto a qualsivoglia intervento o pressione esterna richiede inoltre, in particolare, talune garanzie idonee a tutelare le persone che svolgono la funzione giurisdizionale, tra le quali, certamente la loro inamovibilità (v. sent. CGUE 5 novembre 2019, , C‑192/18, punto 112 e giurisprudenza ivi citata).

Attesa l’importanza “cardinale del principio di inamovibilità”, la CGUE ha evidenziato la necessità di limitare eventuali deroghe al detto principio alle sole ipotesi in cui le stesse siano giustificate “da un obiettivo legittimo” e “proporzionate” rispetto a quest’ultimo e sempre che, tali eccezioni, non siano atte “a suscitare legittimi dubbi nei singoli quanto all’impermeabilità

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degli organi giurisdizionali interessati rispetto a elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti”.

La Corte di Giustizia ha richiamato, quale esempio di legittima revoca dell’assegnazione del processo, quella scaturente dall’impossibilità per il giudice di continuare a svolgere le proprie funzioni a causa di un’incapacità o di un inadempimento grave, nel rispetto di adeguate procedure (v., in tal senso, sentenza del 5 novembre 2019, C‑192/18, citata, punti 113 e 115 nonché giurisprudenza ivi citata).

Secondo la Corte “i trasferimenti di un giudice, senza il suo consenso, ad un altro organo giurisdizionale o, come si è verificato nel procedimento principale, il trasferimento di un giudice, senza il suo consenso, da una sezione all’altra di uno stesso organo giurisdizionale sono, anch’essi, potenzialmente atti a pregiudicare i principi di inamovibilità e di indipendenza dei giudici.”; essi infatti “possono costituire un mezzo per esercitare un controllo sul contenuto delle decisioni giudiziarie, dal momento che essi possono non soltanto incidere sulla portata delle attribuzioni dei magistrati interessati e sulla trattazione dei fascicoli loro affidati, ma anche avere conseguenze notevoli sulla loro vita e sulla loro carriera e, quindi, comportare effetti analoghi a quelli di una sanzione disciplinare.” (v. sentenza Grande Sezione 6 ottobre 2021 cit. punti 114 e 115).

Anche la Corte Europea dei Diritto dell’Uomo (Corte EDU), nell’affrontare la tematica dei trasferimenti giudiziari, ha avuto modo di ribadire che siffatti strumenti tendono a confermare l’esistenza di un diritto dei membri del potere giudiziario ad una tutela contro i trasferimenti arbitrari, in quanto corollario dell’indipendenza giudiziaria.

La predetta Corte se ha sottolineato, in generale, l’importanza della previsione di salvaguardie procedurali e di rimedi giurisdizionali per quanto riguarda le decisioni che incidono sulla carriera dei giudici, compreso il loro status, al fine di garantire che la loro indipendenza non sia compromessa da indebite influenze esterne, ha evidenziato come ciò valga in maniera particolare per le decisioni mediante le quali sia disposto il trasferimento di un giudice senza il suo consenso (v., in tal senso, Corte EDU, 9 marzo 2021, Bilgen c. Turchia, §§

63 e 96).

Il requisito dell’indipendenza dei giudici derivante dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europea, impone pertanto che il regime applicabile ai trasferimenti dei giudici senza il loro consenso presenti, al pari delle norme in materia disciplinare, segnatamente le garanzie necessarie ad evitare qualsiasi rischio che tale indipendenza sia messa a repentaglio da interventi esterni diretti o indiretti.

Ne deriva che, secondo quanto espressamente chiarito dalla Corte di Giustizia nella citata sentenza del 6 ottobre 2021, “anche qualora tali misure di trasferimento in assenza di consenso siano, come nel contesto del procedimento principale, adottate dal presidente dell’organo giurisdizionale cui appartiene il giudice da esse interessato al di fuori dell’ambito del regime disciplinare applicabile ai giudici, dette misure possano essere decise solo per motivi legittimi attinenti, in particolare, a una ripartizione delle risorse disponibili che consenta di assicurare una buona amministrazione della giustizia, e che tali decisioni possano essere impugnate in sede giurisdizionale, seguendo una procedura che garantisca pienamente i diritti sanciti agli articoli 47 e 48 della Carta, in particolare i diritti della difesa” (punto 118).

La Corte, nella già citata sentenza, ha sottolineato, anche alla luce della giurisprudenza della Corte EDU, come l’indipendenza ed imparzialità del giudice deve “segnatamente essere garantita nei confronti dei poteri legislativo ed esecutivo” e pertanto presuppone l’esistenza di norme che “permettano di eliminare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli potrebbero nutrire in ordine alla permeabilità di detto organo rispetto a fattori esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti” (punto 128).

Tale affermazione assume in relazione alla questione pregiudiziale C-521/21 concernente la procedura di nomina del giudice oggetto dell’istanza di ricusazione, in quanto

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effettuata dal CNM polacco organo la cui composizione appare in contrasto con le disposizioni costituzionali e legislative in tema di indipendenza dal potere esecutivo e legislativo.

In relazione al predetto tema deve osservarsi come la giurisprudenza della CGUE abbia evidenziato che la nozione di “giudice indipendente e imparziale precostituito per legge”

menzionata nell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea è da leggersi in conformità con quanto corrispondentemente previsto dall’art.6, paragrafo 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (di seguito CEDU).

Rifacendosi anche alla giurisprudenza della Corte EDU ha chiarito che le garanzie specifiche di un equo processo tendono al rispetto dei principi fondamentali che sono la preminenza del diritto e la separazione dei poteri, precisando altresì come, alla base di ciascuna di tali previsioni si trova l’esigenza di preservare la fiducia che il potere giudiziario deve ispirare al singolo e l’indipendenza di tale potere nei confronti degli altri poteri (v. Corte EDU, 1 dicembre 2020 Astraosson c.Islanda §§231 e 233).

La medesima Corte EDU ha più volte chiarito come il processo di nomina dei giudici, per le conseguenze che esso comporta per il buon funzionamento e la legittimità del potere giudiziario in uno Stato democratico fondato sulla preminenza del diritto, “costituisce necessariamente un elemento inerente alla nozione di «tribunale costituito per legge» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo1, della CEDU” precisando altresì come “l’indipendenza di un tribunale, ai sensi di tali disposizione, è commisurata in particolare al modo in cui i suoi membri sono stati nominati” (v. Corte EDU sent. cit. §§227 e 232).

Le garanzie di accesso ad un giudice indipendente, imparziale e precostituito per legge, e in particolare quelle che ne stabiliscono la nozione e la composizione, rappresentano per la Corte EDU la pietra angolare del diritto all’equo processo cosicché la verifica che la costituzione di un giudice rispetti tale nozione “qualora sorga in proposito un dubbio serio, è necessaria nell’interesse della fiducia che in una società democratica il giudice deve ispirare al singolo” (v. sentenza CGUE 26 marzo 2020 C-542/18 punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

Secondo la CGUE pertanto, un’irregolarità commessa in occasione della nomina dei giudici in seno al sistema giudiziario di cui trattasi comporta una violazione del requisito secondo il quale un tribunale dev’essere costituito per legge.

Ciò avviene, in particolare, quando tale irregolarità sia di natura e gravità tali da generare un rischio reale che altri rami del potere, in particolare l’esecutivo, possano esercitare un potere discrezionale indebito tale da mettere a repentaglio l’integrità del risultato al quale conduce il processo di nomina, così suscitando un dubbio legittimo nei singoli quanto all’indipendenza e all’imparzialità dei giudici interessati, il che avviene qualora vengano in rilievo norme fondamentali che costituiscono parte integrante dell’istituzione e del funzionamento di detto sistema giudiziario (v., in tal senso, sentenza CGUE 26 marzo 2020, cit. punto 75).

IV. Considerazioni sui motivi di rinvio pregiudiziale

Ciò premesso deve osservarsi come la costruzione di uno spazio giuridico europeo nel quale siano garantiti sistemi di rimedi giurisdizionali e procedimenti tali da assicurare il rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli, presuppone l’adozione, da parte di tutti gli Stati membri, di previsioni legislative in grado di garantire l’accesso ad un giudice indipendente ed imparziale.

Sotto questo profilo le circostanze evidenziate dal giudice di rinvio nell’ambito della questione pregiudiziale in esame sembrano porsi in stridente contrasto con il sistema di principi e norme sottese alla nozione di giudice indipendente ed imparziale come emergente alla stregua della giurisprudenza già richiamata.

Il giudice di rinvio, in relazione alla questione pregiudiziale in esame, dubita della legittimità delle procedure di nomina di un giudice appartenente alla giurisdizione ordinaria polacca.

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Il giudice oggetto dell’istanza di ricusazione sarebbe stato nominato da un organo, il CNM polacco, il quale, eletto in contrasto con le disposizioni costituzionali e legislative polacche, non costituisce un organo indipendente in quanto composto da rappresentanti dell’ordinamento giudiziario nominati in modo indipendente dai poteri esecutivo e legislativo.

Orbene, ciò premesso, deve rilevarsi come significative siano le differenze tra l’ordinamento polacco e le norme di quest’ultimo in virtù del quale sono stati adottati i provvedimenti della cui legittimità si dubita nell’ambito delle questioni pregiudiziali, e le norme del nostro ordinamento che sovraintendono sia alle modalità di nomina di un magistrato sia alle modalità di assegnazione al medesimo degli affari giudiziari (e di conseguente trasferimento o riassegnazione dello stesso).

Sotto il primo profilo, in estrema sintesi, deve osservarsi che l’ordinamento italiano riconduce alla competenza esclusiva del Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati (art.105 Cost.), articolando un impianto normativo il quale esclude qualsivoglia incidenza in tali materie del potere esecutivo e legislativo.

Sotto il secondo profilo deve osservarsi come lo strumento con cui, all’interno della magistratura ordinaria, si è data concreta attuazione al principio del giudice naturale, tentando di conciliare tale garanzia costituzionale con l’esigenza di continuità e prontezza delle funzioni giurisdizionali è rappresentato dal “sistema tabellare”.

Introdotte inizialmente dal C.S.M. con circolare, poi recepite dal legislatore, le tabelle costituiscono l’insieme delle regole con cui viene organizzato ciascun ufficio giudiziario.

Tramite tale sistema l’ufficio viene ripartito in sezioni, si destinano i magistrati a ciascuna sezione e si stabiliscono i criteri, oggettivi e predeterminati, con cui il dirigente dell’ufficio, il Presidente della sezione o il magistrato che la dirige assegnano gli affari alle singole sezioni, ai collegi e ai giudici; sono stabilite, inoltre, le regole che presiedono alla sostituzione del giudice astenuto o ricusato.

Per far fronte a possibili difficoltà organizzative degli uffici, dovute a vuoti d’organico, impedimenti dei magistrati o altre cause, sono poi previsti specifici istituti, quali l’assegnazione interna, la supplenza, le tabelle infradistrettuali, i magistrati distrettuali, l’applicazione endodistrettuale ed extradistrettuale.

Il sistema tabellare svolge, pertanto, un ruolo cruciale, rappresentando “il nucleo essenziale, il tessuto connettivo o se si vuole l’ordito dell’amministrazione della giustizia”, tanto che anche la Corte costituzionale ha sottolineato l’importanza di tali regole organizzative quali strumenti di garanzia del principio in esame.

Nell’ambito dell’attuale sistema tabellare l’eventuale trasferimento di un magistrato e la rassegnazione delle cause senza il suo consenso è possibile solo in virtù di specifiche ipotesi alla stregua di un provvedimento adottato dalla Dirigenza dell’ufficio giudiziario, congruamente motivato e trasmesso per la sua valutazione al Consiglio Superiore. Avverso il predetto provvedimento il magistrato può proporre le proprie osservazioni. L’eventuale mancata approvazione del predetto provvedimento da parte del CSM può infine assumere rilievo ai fini dell’eventuale conferma del medesimo Dirigente nelle sue funzioni direttive al termine del primo quadriennio.

Nonostante la sostanziale differenza tra la normativa ordinamentale italiana e quella polacca in relazione ai diversi istituti coinvolti dalle questioni pregiudiziali oggetto di esame con riferimento, in particolare, alla procedura di selezione e nomina di un magistrato, all’assegnazione allo stesso dei processi rientranti nella sua competenza ed al suo eventuale trasferimento ad altra funzione, deve tuttavia riconoscersi un interesse dello Stato italiano rispetto all’esito della predetta questione pregiudiziale.

Al riguardo possono, innanzi tutto, richiamarsi la delibera consiliari del 15 gennaio 2020 e del 21 ottobre 2021 nelle quali, esaminando i recenti interventi normativi che hanno ridefinito

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i connotati dell’Organo di governo autonomo della magistratura polacca e complessivamente dell’ordinamento giudiziario polacco, il Consiglio Superiore ha reiteratamente manifestato la preoccupazioni già in precedenza manifestate sulla possibile compromissione dei requisiti di indipendenza e autonomia della magistratura polacca, condividendo i principi espressi dal Comitato Esecutivo della Rete europea dei Consigli di Giustizia da ultimo anche in relazione alla proposta di espulsione dalla predetta rete del CNM polacco.

In tale delibera il Consiglio ha evidenziato non solo le problematiche legate all’autonomia ed indipendenza del CNM polacco ma altresì ha dato rilievo all’entrata in vigore, il 14.2.2.2020 della previsione legislativa più volte richiamata anche nelle questioni pregiudiziali in esame, i magistrati polacchi potrebbero essere chiamati a rispondere del loro operato ed eventualmente sanzionati a livello disciplinare in ragione del merito delle loro decisioni, nei casi di avvenuta applicazione, nei loro provvedimenti, del diritto dell’Unione Europea ovvero nei casi di trasmissione di una domanda di pronuncia pregiudiziale alla CGUE.

A tale aspetto si aggiunge anche l’ulteriore aspetto concernente la circostanza che, una volta resa dal giudice di uno Stato membro, una sentenza, essa è destinata a circolare all’interno dello spazio giuridico europeo, con la conseguente possibilità che gli effetti di tale provvedimento siano destinati ad operare anche all’interno del nostro ordinamento.

Illuminanti al riguardo sono i considerando della Direttiva UE n.343 del 9 marzo 2016 in tema di rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali.

Secondo il considerando n.1 di tale Direttiva non solo la presunzione di innocenza ma anche “il diritto a un equo processo sono sanciti negli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea («Carta»), nell'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali («CEDU»), nell'articolo 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici («ICCPR») e nell'articolo 11 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.”.

Il successivo considerando chiarisce come l’Unione si sia prefissata l'obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Secondo le conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 (in particolare il punto 33), un riconoscimento reciproco rafforzato delle sentenze e di altre decisioni giudiziarie e il necessario ravvicinamento delle legislazioni faciliterebbero infatti la cooperazione tra le autorità competenti e la tutela giudiziaria dei diritti dei singoli. Il principio del reciproco riconoscimento dovrebbe quindi diventare “il fondamento della cooperazione giudiziaria in materia civile e penale nell'Unione.” (considerando n.2).

Conformemente al trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la cooperazione giudiziaria in materia penale nell'Unione deve dunque fondarsi “sul principio del riconoscimento reciproco delle sentenze e di altre decisioni giudiziarie.” (considerando n.3).

Tra gli strumenti eurounitari finalizzati a dare luogo a tare spazio giuridico comune può certamente richiamarsi, stante la materia penale del processo da cui scaturisce, ad esempio, la questione pregiudiziale C-647/21, la Decisione quadro 208/909 del 27 novembre 2008 relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione.

Nell’ambito del considerando n.5) della predetta decisione quadro si chiarisce come “I diritti processuali nei procedimenti penali sono un elemento cruciale per assicurare la fiducia reciproca tra gli Stati membri nell’ambito della cooperazione giudiziaria” essendosi altresì ivi chiarito come “I rapporti tra gli Stati membri, fondati su una particolare fiducia reciproca nei rispettivi ordinamenti giuridici, consentono allo Stato di esecuzione di riconoscere le decisioni delle autorità dello Stati di emissione”.

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Al riguardo appare utile richiamare alcune pronunce della CGUE le quali, sebbene rese in tema di mandato di arresto europeo affermano principi di significativo rilievo per la tematica in oggetto.

La CGUE nella decisione relativa alle cause riunite C-508/18 e C-82/19 in tema di mandati di arresto europeo emessi da autorità giudiziarie tedesca (Procura di Lubecca e Procura di Zwickau), ha riaffermato il principio secondo il quale pur nell’autonomia processuale degli Stati membri i quali, in base al loro diritto nazionale, possono designare l’autorità giudiziaria competente ad emettere un m.a.e., tuttavia “il senso e la portata di tale nozione non possono essere lasciati alla discrezionalità dei singoli Stati membri” atteso che tale “nozione richiede, in tutta l’Unione, un’interpretazione autonoma e uniforme che conformemente a giurisprudenza costante della Corte, dev’essere ricercata tenendo conto, al contempo, dei termini dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2003/584, del contesto in cui esso si inserisce e della finalità perseguita da tale decisione” (punto 33).

La Corte, nell’affermare siffatti principi è partita dalla constatazione secondo la quale

“tanto il principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto il principio del mutuo riconoscimento, che si fonda a sua volta sulla fiducia reciproca tra quest’ultimi, rivestono importanza fondamentale nel diritto dell’Unione, dato che consentono la creazione e il mantenimento di uno spazio senza frontiere interne” (punto 43).

Più specificamente, precisa la Corte, “il principio della fiducia reciproca impone a ciascuno di tali Stati, segnatamente per quanto riguarda lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, di ritenere, tranne che in circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino il diritto dell’Unione e, in particolare, i diritti fondamentali riconosciuti da quest’ultimo”.

Ebbene tali principi appaiono estendibili oltre il ristretto ambito del mandato di arresto europeo in quanto espressione di principi generali riferibili a tutti gli strumenti di cooperazione giudiziaria fra i quali, certamente, un posto di rilievo assume proprio il riconoscimento della validità delle decisioni giudiziarie anche nel settore penale.

Tale circostanza appare espressa in maniera chiara nell’ambito dei ‘considerando’

richiamati nella parte introduttiva della Direttiva disciplinante l’ordine di indagine europeo, la quale, fin dai primi passaggi, chiarisce come:

“1) L'Unione europea si è data l'obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

2) A norma dell'articolo 82, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la cooperazione giudiziaria in materia penale nell'Unione deve fondarsi sul principio di riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie, il quale, a partire dal Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, è comunemente considerato una pietra angolare della cooperazione giudiziaria in materia penale nell'Unione”.

Siffatto paradigma, nel riaffermare il principio secondo cui, anche in tema di sentenze emesse da un giudice europeo, assume rilievo centrale l’esigenza di salvaguardare i diritti e le libertà fondamentali dell’individuo, con particolare riferimento al diritto ad essere sottoposto a processo da parte di un giudice effettivamente indipendente ed imparziale, riconferma una volta di più l’attualità e la delicatezza delle questioni proposte nelle cause pregiudiziali oggetto del presente parere.

Infatti, l’eventuale possibilità che una sentenza possa essere emessa da un giudice che, in quanto condizionato nella procedura volta alla sua nomina ovvero all’assegnazione della sua causa, possa essere conseguentemente condizionato, nello svolgimento della propria attività, dall’indirizzo politico del potere esecutivo, potrebbe da un lato entrare in contrasto con le disposizioni che, nel nostro sistema, anche a livello costituzionale, garantiscono il controllo e la competenza dei soli organi giurisdizionali in relazione alla penale responsabilità di un imputato e sul compimento di atti invasivi per le libertà dell’individuo e dall’altro potrebbero determinare, per tale via, una violazione dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico

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dello Stato e dei diritti fondamentali della persona riconosciuti dall'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea o dei diritti, delle libertà e dei principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

La questione pregiudiziale in esame pone infine l’ulteriore problematica relativa al primato del diritto dell’Unione e l’efficacia delle sentenze emesse dalla Corte di Giustizia in punto di salvaguardia dei principi di tutela giurisdizionale effettiva e di indipendenza dei giudici.

Nella questione pregiudiziale C-521/21 il giudice di rinvio formula espresso quesito alla Corte di Giustizia affinché la stessa chiarisca se, al fine di garantire piena efficacia al diritto dell’Unione ed ai principi in esso affermati, debba essere preclusa l’applicazione di una sentenza della Corte costituzionale nazionale menzionando, al riguardo, le già citate pronunce della Corte Costituzionale polacca del 2 giugno 2020 e del 14 luglio 2021. Con tali pronunce, la Corte Costituzionale polacca ha, come si è visto, precluso la possibilità di sollevare, nell’ambito di una istanza di ricusazione, questioni relative alla eventuale irregolarità nella procedura di nomina del giudice (sentenza del 2 giugno 2020), dall’altro ha ritenuto sottratto al principio del primato e dell’applicazione diretta del diritto dell’Unione i provvedimenti provvisori adottati dalla Corte di Giustizia in tema di organizzazione e competenza degli organi giurisdizionali in quanto adottati ultra vires (sentenza 14 luglio 2021). Il giudice di rinvio dubita della validità delle predette pronunce atteso che, l’efficacia del diritto dell’Unione e dell’articolo 267 TFUE, rischierebbe di essere compromessa se, in conseguenza di una decisione della Corte costituzionale nazionale, venisse esclusa la possibilità di sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia e di applicare direttamente il diritto dell’Unione in modo conforme ad una pronuncia o alla giurisprudenza della Corte di Giustizia. Gli strumenti di cui dispone l’organo giurisdizionale nazionale per garantire l’effettiva applicazione del diritto dell’Unione, infatti, dovrebbero essere “efficaci di per sé”. Tale efficacia rischierebbe di essere compromessa se, “a causa di una decisione della Corte costituzionale nazionale, venisse esclusa la possibilità di sottoporre una questione pregiudiziale della Corte di giustizia e di applicare direttamente il diritto dell’Unione in modo conforme ad una pronuncia o alla giurisprudenza della Corte [..]

La possibilità di sottoporre una questione pregiudiziale non può essere limitata nemmeno nel caso in cui la Corte costituzionale nazionale dichiari che il provvedimento provvisorio relativo ad un procedimento pendente dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali costituisca un atto ultra vires”.

Al riguardo può osservarsi che, secondo la consolidata giurisprudenza della CGUE, il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le norme del diritto dell’Unione ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi contraria disposizione della legislazione nazionale, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (v., segnatamente, sentenze del 9 marzo 1978, Simmenthal, 106/77, Racc. pag. 629, punto 24, e Kutz-Bauer, cit., punto 73).

Nel caso Costa contro Enel la CGUE ha avuto modo di confermare come: “Tale integrazione nel diritto di ciascuno Stato membro di norme che promanano da fonti comunitarie, e più in generale, lo spirito e i termini del Trattato, hanno per corollario l'impossibilità per gli Stati di far prevalere, contro un ordinamento giuridico da essi accettato a condizione di reciprocità, un provvedimento unilaterale ulteriore, il quale pertanto non potrà essere opponibile all'ordine comune. Se l'efficacia del diritto comunitario variasse da uno stato all'altro in funzione delle leggi interne posteriori, ciò metterebbe in pericolo l'attuazione degli scopi del Trattato contemplata nell'art. 5, secondo comma, e causerebbe una discriminazione vietata dall'art. 7.”.

Anche recentemente (v. sentenza Grande Sezione del 6 ottobre 2021 nella causa C- 487/19) la CGUE proprio nell’ambito di una questione pregiudiziale proposta da un’autorità giudiziarie polacca, ha riaffermato come, in forza di una giurisprudenza costante, “il principio

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del primato del diritto dell’Unione sancisce la preminenza di tale diritto sul diritto degli Stati membri”.

Tale principio impone, a tutti gli organi degli Stati membri di dare la loro piena efficacia alle varie norme dell’Unione, dato che il diritto degli Stati membri non può incidere sull’effetto riconosciuto a tali norme nel territorio di detti Stati (v.sentenza 6 ottobre 2021, punto 156 e ss.

nonché 18 maggio 2021, citata punto 244 e giurisprudenza ivi citata).

Pertanto, siccome evidenziato dalla giurisprudenza della CGUE in forza del principio del primato del diritto dell’Unione, il fatto che uno Stato membro invochi disposizioni di diritto nazionale, quand’anche di rango costituzionale, non potrebbe pregiudicare l’unità e l’efficacia del diritto dell’Unione.

Gli effetti derivanti dal principio del primato del diritto dell’Unione, ad avviso della Corte, si impongono a tutti gli organi di uno Stato membro, senza che, in particolare, le disposizioni interne, ivi comprese quelle di rango costituzionale, possano opporvisi (v. sentenza del 18 maggio 2021, citata punto 245 e giurisprudenza ivi citata).

Ogni giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi nell’ambito delle proprie competenze, in quanto organo di uno Stato membro, avrebbe più precisamente l’obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che abbia effetto diretto nella controversia di cui è investito.

La Corte costituzionale italiana ha reiteratamente affermato il primato del diritto dell’Unione europea pur evidenziando la sussistenza di controlimiti alle limitazioni della sovranità nazionale discendenti dalla ratifica dei Trattati (cd. teoria dei controlimiti).

Invero, il Giudice delle leggi dopo aver qualificato, in un primo momento, come appartenenti al rango primario le fonti del diritto dell’Unione, in risposta alla presa di posizione della Corte di giustizia dell’Unione europea nel caso Costa c. Enel, è giunta a riconoscere la prevalenza dell’ordinamento europeo nelle specifiche materie previste dai Trattati, a condizione, però, che non venissero mai violati né i principi fondamentali né i diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti e garantiti dalla Carta costituzionale. Secondo la Corte, dunque, la primauté doveva intendersi non come priva di limitazioni, ma, al contrario, come destinata a cedere innanzi ai principi fondamentali e ai diritti inalienabili della persona.

Il passo successivo è stato quello di riconoscere al giudice nazionale il potere di disapplicare direttamente le norme interne contrastanti con il diritto dell’Unione europea direttamente applicabile.

La Corte Costituzionale ha ulteriormente ribadito e confermato il primato del diritto dell’Unione europea in numerose sentenze successive richiamando alla teoria dei controlimiti (menzionata espressamente solamente nella sentenza del 22.10.2014, n. 238,) i principi fondamentali, i valori fondanti dell’ordinamento, i diritti inalienabili della persona umana, i principi supremi dell’ordinamento costituzionale. Nella citata pronuncia la Corte costituzionale ha in particolare messo in evidenza che “Non v’è dubbio, infatti, ed è stato confermato a più riprese da questa Corte, che i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale e i diritti inalienabili della persona costituiscano un ‘limite all’ingresso … delle norme internazionali generalmente riconosciute alle quali l’ordinamento giuridico italiano si conforma secondo l’art. 10, primo comma della Costituzione’ (sentenze n. 48 del 1979 e n. 73 del 2001) ed operino quali ‘controlimiti’ all’ingresso delle norme dell’Unione europea (ex plurimis: sentenze n. 183 del 1973, n.170 del 1984, n. 232 del 1989, n. 168 del 1991, n. 284 del 2007), oltre che come limiti all’ingresso delle norme di esecuzione dei Patti Lateranensi e del Concordato (sentenze n.

18 del 1982, n. 32, n. 31 e n. 30 del 1971). Essi rappresentano, in altri termini, gli elementi identificativi ed irrinunciabili dell’ordinamento costituzionale, per ciò stesso sottratti anche alla revisione costituzionale (artt. 138 e 139 Cost.: così nella sentenza n. 1146 del 1988)”.

Sul punto deve osservarsi come evidentemente la questione pregiudiziale in esame non ponga, sotto tale aspetto, alcun profilo di criticità rispetto all’eventuale compatibilità con i principi fondamentali della Costituzione rispetto ai quali, anzi, esse intendono riaffermare la

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preminenza del diritto dell’Unione europea quale veicolo per riaffermate, all’interno dell’ordinamento giudiziario polacco valori, quali l’indipendenza e l’inamovibilità dei giudici e l’effettività della tutela giurisdizionale, che rappresentano principi fondamentali anche del nostro ordinamento costituzionale e giudiziario, appartenendo, peraltro, al novero dei principi che fondano lo Stato di diritto.

Ciò premesso deve altresì osservarsi come, attraverso la questione pregiudiziale illustrata venga riproposta, alla Corte di giustizia, la possibilità di chiarire l’operatività del principio del primato del diritto euro unitario anche in relazione agli effetti delle pronunce rese dai giudici costituzionali ‘interni’ di uno Stato membro, così consentendo alla medesima di parametrare anche rispetto ad esse, il primato del diritto di matrice euro unitaria e nell’ambito di questo la salvaguardia dei principi di tutela giurisdizionale effettiva e di indipendenza dei giudici sanciti negli artt.19 del TFUE e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Anche sotto questo profilo, appare evidente l’interesse del Consiglio Superiore a che lo Stato italiano svolga un intervento nelle dedotte questioni pregiudiziali al fine di riaffermare, mediante lo stesso, la centralità, rispetto alla creazione di uno spazio giuridico comune, del principio del primato del diritto euro unitario e, nell’ambito di questo, della salvaguardia dei principi di tutela giurisdizionale effettiva e di indipendenza dei giudici sanciti negli artt.19 del TFUE e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

V. Conclusioni

Sulla base di quanto sopra premesso, tenuto conto delle considerazioni esposte, si ritiene che in relazione alla questione pregiudiziale sollevata dall’autorità giudiziaria polacca sussista l’interesse dello Stato italiano di intervenire, anche nella fase orale.

Tutto ciò premesso, il Consiglio

delibera

di esprimere parere favorevole all’opportunità dell’intervento del Governo italiano nella causa pregiudiziale C-521/21 e di trasmettere all’Avvocatura Generale dello Stato il presente parere.»

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