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ALIMENTAZIONE E GRAVIDANZA. Il percorso formativo in FAD intende approfondire le seguenti tematiche:

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Academic year: 2022

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Sanitanova è accreditato dalla Commissione Nazionale ECM (accreditamento n. 12 del 7/2/2013) a fornire programmi di formazione continua per tutte le professioni.

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Data inizio svolgimento: 30/06/2021; ID evento: 12-321444

ALIMENTAZIONE E GRAVIDANZA

Responsabile scientifico: Dr. Claudio Castello, Responsabile SSD Fivet ASL Città di Torino

Il percorso formativo in FAD intende approfondire le seguenti tematiche:

• Modulo 1: Alimentazione e gravidanza nella donna

• Modulo 2: Alimentazione e fertilità nell’uomo

Modulo 1. Alimentazione e gravidanza nella donna

Autore: Dott.ssa Gemma Fabozzi, Embriologa Clinica Senior, Biologa Nutrizionista, Ricerca e Sviluppo Centri

GeneraLife di Medicina della riproduzione Clinica Valle Giulia – Roma

Obiettivi formativi

Il modulo prevede come obiettivi formativi:

1. La comprensione dell’importanza dell’alimentazione nel periodo preconcezionale;

2. La comprensione delle funzioni biologiche dei macro e micronutrienti;

3. Come carenze o eccessi di macro e micronutrienti possano influire sulla salute riproduttiva di una donna;

4. La comprensione di come il peso corporeo di una donna possa influenzare le sue chances riproduttive;

5. La comprensione del ruolo chiave del microbiota intestinale ed uterino per la salute riproduttiva di

una donna.

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INDICE

1 L’importanza dei primi 1000 giorni ... 2

2 Alimentazione e Salute Riproduttiva ... 3

2.1 Il ruolo dei Macronutrienti ...3

2.1.1 - Carboidrati ...3

2.1.1.1 - Carboidrati e funzionalità ovarica ... 4

2.1.1.2 - Carboidrati e recettività endometriale ... 4

2.1.1.3 - Carboidrati e gravidanza ... 5

2.1.2 - Proteine ...6

2.1.2.1 - Proteine e fertilità ... 7

2.1.2.2 - Proteine e gravidanza ... 7

2.1.3 - Latticini ...8

2.1.3.1 - Latticini e fertilità ... 8

2.1.4 - I Grassi ... 10

2.1.4.1 - Grassi insaturi e fertilità ... 10

2.1.4.2 - Grassi trans e fertilità ... 11

2.1.4.3 - Grassi e gravidanza ... 11

2.2 Il ruolo dei Micronutrienti ... 12

2.2.1 - Micronutrienti e salute riproduttiva ... 13

2.2.1.1 - Le vitamine del gruppo B ... 13

2.2.1.2 - La vitamina D ... 15

2.3 Il ruolo del peso corporeo ... 17

2.3.1 - BMI e fertilità ... 17

2.3.2 - BMI e gravidanza ... 17

2.4 Il ruolo del Microbiota ... 18

2.4.1.1 Microbiota e fertilità ... 19

2.4.1.2 Microbiota e programmazione epigenetica ... 19

3 Conclusioni ... 20

4 Bibliografia ... 21

5 Domande ECM ... 30

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1 L’importanza dei primi 1000 giorni

Quanto accade nei primi 1000 giorni di vita di un bambino, a partire dal concepimento fino al secondo anno di età, è in grado di influenzare la vita futura del bambino e la sua predisposizione, maggiore o minore, a determinate patologie classificate come malattie non trasmissibili (non communicable diseases - NCD), come ad esempio diabete, osteoporosi, malattie cardiovascolari, disturbi neurologici e tumori, in quanto in questa finestra temporale molteplici fattori concorrono nel modulare l’adattamento di un individuo all’ambiente mediante meccanismi definiti “epigenetici”.

Il termine “epigenetica” definisce una varietà di processi che causano cambiamenti ereditabili nell'espressione dei geni di un individuo senza modificare la sequenza dell'acido desossiribonucleico (DNA) bensì apportando delle modifiche alla sua struttura quali ad esempio l’aggiunta di gruppi metili (metilazione) al DNA oppure l’acetilazione degli istoni, ossia proteine che legano il DNA coinvolte nella determinazione della struttura della cromatina, modificazioni che rendono specifiche sequenze di geni più o meno accessibili a fattori di trascrizione e che dunque regolano l’espressione genica.

Il periodo della vita durante il quale l'attività di imprinting epigenetico del DNA è più attiva è proprio quello che va dal concepimento al secondo anno di vita di un individuo e fattori modificabili, come lo stile di vita, l’esposizione agli interferenti endocrini, l’alimentazione e la composizione del microbiota prima della mamma e poi nel bambino nei primi due anni di vita, sembrano essere i principali fattori coinvolti nell’instaurarsi di tali modificazioni epigenetiche. Tra questi, l’alimentazione materna è uno dei fattori chiave nella programmazione dello sviluppo embrionale: cosa mangiamo, infatti, non solo rappresenta la principale fonte di micro e macronutrienti indispensabili per lo sviluppo e l’accrescimento fetale, ma è anche in grado di influenzare il microbiota di un individuo e i suoi livelli di ormoni, due elementi chiave che, modificando le vie molecolari infiammatorie e la risposta immunitaria, svolgono un ruolo fondamentale per la salute a lungo termine e l’insorgenza di malattie. Ad esempio, la flora intestinale materna, condizionata principalmente dall’alimentazione, insieme alla modalità di parto e al contatto pelle a pelle precoce con la mamma, sono i principali fattori che determinano la colonizzazione intestinale postnatale di un neonato, la quale, a sua volta, è in grado di influenzare le proprietà della barriera intestinale e il suo ruolo protettivo contro gli insulti successivi, predisponendo un individuo allo sviluppo di malattie infiammatorie ad insorgenza tardiva. Delle sane e corrette abitudini di stile di vita ed alimentari sono importanti in tutti i periodi della vita, ma nutrienti specifici sono essenziali durante fasi chiave come quella prenatale e immediatamente successiva alla nascita in quanto squilibri alimentari materni rappresentano i principali determinanti per l’insorgenza di malattie croniche attraverso meccanismi epigenetici ed alterazioni dell'omeostasi metabolica.

Dunque, prestare attenzione alla propria alimentazione nel periodo pre-concezionale offre un'importante opportunità:

migliorare le proprie chances riproduttive, soddisfare le esigenze nutrizionali della gravidanza e tutelare la salute delle generazioni future.

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2 Alimentazione e Salute Riproduttiva

Nutrirsi significa assumere il cibo necessario per una crescita, un metabolismo e una salute ottimali. Una sana e corretta alimentazione è definita come una dieta ben bilanciata che fornisca tutti i nutrienti essenziali in quantità e proporzioni ottimali. Al contrario, una cattiva alimentazione, o malnutrizione, si riferisce a un apporto inadeguato di macronutrienti (denutrizione), ma può anche denotare una maggiore perdita di specifiche vitamine e minerali (malnutrizione di micronutrienti) generata da una dieta squilibrata oppure da un eccessivo consumo di cibi che forniscono energia, ma a bassissimo valore nutritivo (“calorie vuote”) come zuccheri semplici, alcool, etc. Mentre la denutrizione causa ancora oggi la morte di quasi 1,5 milioni di donne e bambini ogni anno, la malnutrizione di macro e micronutrienti e diete squilibrate stanno generando non solo crescenti tassi di sovrappeso e obesità in tutto il mondo ma anche un aumento delle malattie non trasmissibili, associate nel lungo periodo a mortalità e morbilità. Ma non è tutto. Numerosi studi scientifici degli ultimi anni stanno evidenziando in maniera sempre più chiara come un’alimentazione sana ed equilibrata sia fondamentale anche per la salute riproduttiva di uomini e donne. In particolare, evidenze basate sia su studi animali sia sull’uomo, dimostrano come l’alimentazione nel periodo pre-concezionale sia cruciale per la salute del nascituro in quanto la nutrizione e il metabolismo nel periodo immediatamente precedente il concepimento (dai tre mesi ai cinque mesi precedenti) e immediatamente successivo al concepimento, ha un impatto sulla citogenesi, sull'organogenesi, sulle risposte metaboliche ed endocrine, sullo sviluppo della placenta, nonché sulla modifica epigenetica dell'espressione genica, influenzando dapprima le chances riproduttive e poi modulando la salute futura del nascituro (14). Nonostante tali evidenze e nonostante la maggior parte delle gravidanze siano - almeno in una certa misura - pianificate, nella maggior parte dei casi le donne non effettuano cambiamenti appropriati al proprio stile di vita e alla propria alimentazione per prepararsi alla gravidanza, come emerso da uno studio condotto su 12.583 donne con età tra i 20-34 anni: la maggior parte delle donne intervistate non ha rivisto le proprie abitudini in previsione della gravidanza continuando anche vizi notoriamente malsani quali fumo o consumo di alcool, modificandole solo una volta venuta a conoscenza dello stato di gravidanza.

Vediamo, dunque, come l’alimentazione materna sia in grado di influenzare la performance riproduttiva e la salute del nascituro andando ad analizzare innanzitutto il ruolo dei singoli macronutrienti e soffermandoci sul ruolo dei micronutrienti per poi affrontare come tutto questo impatti sul peso corporeo e sul microbiota intestinale.

2.1 Il ruolo dei Macronutrienti

2.1.1 - C

ARBOIDRATI

Sia la qualità che la quantità dei carboidrati consumati nella dieta sono centrali per la salute di un individuo in generale ma numerosi studi suggeriscono il loro ruolo chiave anche per quella riproduttiva. I carboidrati rappresentano la principale fonte energetica del nostro organismo influenzando il metabolismo del glucosio e condizionando la conseguente richiesta di insulina (17). Le problematiche di iperinsulinemia e/o insulinoresistenza sembrano, dunque, rappresentare un determinante importante della funzione riproduttiva di una donna con effetti diretti sull’ovulazione e sulla recettività endometriale.

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2.1.1.1 - Carboidrati e funzionalità ovarica

Un'elevata concentrazione di insulina può influenzare indirettamente l’equilibrio ormonale di una donna agendo principalmente a livello epatico diminuendo la produzione di SHBG (sex hormone binding protein) da parte del fegato, con conseguente maggiore quota di testosterone libero in circolo, determinando un conseguente iperandrogenismo.

Diversi studi hanno dimostrato, ad esempio, il ruolo dei carboidrati nell’eziopatogenesi della sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) e come queste donne presentino un maggiore consumo di alimenti ad alto indice glicemico.

Altrettanti studi mostrano come la riduzione dei carboidrati nella dieta di queste donne migliori la sensibilità all'insulina riduca i livelli di testosterone circolante, migliorando così la funzione ovulatoria.

Per quanto riguarda l’aspetto qualitativo, l’impiego di cereali integrali sembra essere la scelta migliore in quanto, presentando un indice glicemico inferiore rispetto ai cereali non integrali, hanno un effetto positivo sul metabolismo del glucosio e dell’insulina cruciale per la funzione ovarica. Inoltre, i cereali integrali presentano un maggiore valore biologico, sono più ricchi di fibra (fattore che rallenta la velocità d’innalzamento di glucosio nel sangue), di micronutrienti e vitamine antiossidanti rispetto ai cereali raffinati, rendendoli più efficaci nel ridurre processi infiammatori e nel mantenimento dell’equilibrio del microbiota intestinale. Tuttavia, l’aspetto qualitativo non è tutto.

Recenti evidenze dimostrano come anche l’aspetto quantitativo sia di fondamentale importanza per l’aspetto riproduttivo, introducendo il concetto di carico glicemico oltre a quello dell’indice glicemico. Il carico glicemico è un indice che, oltre a considerare la qualità dei carboidrati ed il loro indice glicemico, considera anche la loro quantità nel pasto consumato. Questo perché l’innalzamento dei livelli di glucosio nel sangue e la conseguente secrezione di insulina, è determinata non solo dalla qualità dei carboidrati assunti, ma anche dalla loro quantità: anche carboidrati a basso indice glicemico, come ad esempio i cereali integrali, se assunti in grandi quantità possono causare sbalzi glicemici e insulinemici con conseguente impatto negativo sulla funzione riproduttiva. Ad esempio, uno studio prospettico di coorte condotto su 18.555 donne, ha mostrato come coloro che consumano pasti con più alto carico glicemico hanno un rischio aumentato del 90% di infertilità ovulatoria rispetto a quelle nel quintile più basso. Lo stesso risultato è emerso anche da uno studio recente che ha valutato in modo prospettico le associazioni tra carico glicemico, carboidrati totali, fibra alimentare, zuccheri aggiunti e fertilità in due coorti di donne differenti, in Danimarca e America del Nord concludendo che diete ad alto carico glicemico, elevato rapporto carboidrati / fibre e ricche di zuccheri aggiunti erano associati a ridotta fertilità.

2.1.1.2 - Carboidrati e recettività endometriale

L’omeostasi del glucosio sembra importante anche per un altro fattore cruciale per l’ottenimento di una gravidanza:

l’impianto. Uno studio condotto su coppie che si sottoponevano a trattamenti di fecondazione assistita ha esaminato l'associazione tra l'assunzione materna di cereali integrali e gli esiti del trattamento di PMA osservando che le donne che assumevano prevalentemente cereali integrali nel periodo pre-concezionale avevano una probabilità più alta di ottenere un bambino nato, probabilmente anche legata al fatto che tali donne presentavano uno spessore maggiore dell’endometrio il giorno del transfer. Inoltre, una recente revisione in letteratura, ha mostrato come l'endometrio nelle donne con PCOS differisca rispetto all’endometrio di donne sane su più aspetti: dis-regolazione dell'espressione endometriale dei recettori e co-recettori degli ormoni sessuali, aumento della resistenza endometriale all'insulina con conseguente alterazione del trasporto e utilizzo del glucosio, nonché infiammazione cronica di basso grado, disfunzioni immunitarie. Sono state osservate anche un’alterata vascolarizzazione uterina, anomalie dell’espressione genica

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dell'endometrio e anomalie cellulari, predisponendo le pazienti PCOS, oltre che a problematiche ovulatorie, ad un aumento del rischio di aborto spontaneo e / o complicanze ostetriche. Poiché attualmente non esistono terapie in grado di migliorare la funzionalità endometriale, modifiche di stile di vita e, soprattutto, nutrizionali (con accurata gestione del carico glicemico dei pasti per limitare l’inulinoresistenza e conseguente iperandrogenismo) dovrebbero essere suggerite in generale a tutte le donne in epoca pre-concezionale, ma in particolare alle categorie di pazienti particolarmente sensibili a tale problematica come ad esempio le pazienti PCOS, sia per migliorare le loro chance riproduttive (ovulatorie e di gravidanza a termine) ma anche e soprattutto per la salute del nascituro (ciò poiché sempre più evidenze scientifiche mostrano come la sindrome dell'ovaio policistico, più nello specifico i livelli di iperandrogenismo, comportino un maggior rischio di sviluppo di disturbi dello spettro autistico (ASD).

2.1.1.3 - Carboidrati e gravidanza

Una dieta materna sbilanciata dal punto di vista dei carboidrati con livelli di glucosio nel sangue a digiuno ≥90–95 mg/dL insieme ad un’indice di massa corporea aumentato in epoca pre-concezionale è uno dei fattori maggiormente predisponente al diabete gestazionale, una delle complicanze mediche più comuni in gravidanza e in crescente aumento negli ultimi anni.

Il diabete gestazionale è una complicanza con effetti dannosi sia sulla madre che sul feto. Le donne affette da questa patologia hanno un eccesso di disturbi ipertensivi durante la gravidanza e un alto rischio di insorgenza di diabete mellito in seguito: si stima, infatti, che circa il 10% delle donne con diabete gestazionale in gravidanza sviluppi il diabete mellito subito dopo il parto. Il resto delle donne sembra svilupparlo a tassi del 20-60% entro 5-10 anni dopo la gravidanza. Per quanto riguarda invece i bambini nati da madri con diabete gestazionale, numerosi studi dimostrano come in questi si osservi un aumento del peso alla nascita, adiposità localizzata, ipoglicemia neonatale, obesità ed un aumentato rischio di sviluppare sindrome metabolica e diabete di tipo 2 da adulti. Inoltre, l'esposizione intrauterina all'iperglicemia determina una compromissione della captazione del colesterolo placentare e altera la metilazione placentare della leptina e dell'adiponectina, ormoni che regolano il bilancio energetico e la sensibilità all'insulina, portando allo sviluppo sia della leptino che insulino-resistenza. Infine, studi su animali e sull’uomo mostrano che la leptino ed insulino- resistenza, così come la malnutrizione, agiscono sui recettori ipotalamici e sui circuiti dell'appetito portando a iperfagia postnatale, diminuzione della sazietà e successivo sviluppo della sindrome metabolica (39). Dunque, l’esposizione intrauterina a livelli elevati di glucosio rappresenta un problema predisponente l’insorgenza di determinate patologie tanto quanto il genotipo.

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CARBOIDRATI

Key messages:

• Sia la qualità che la quantità dei carboidrati consumati nella dieta possono influenzare le chances riproduttive di una donna influenzando il metabolismo del glucosio e condizionando la conseguente richiesta di insulina, con effetti diretti sulla follicologenesi, sull’ovulazione e sulla recettività endometriale.

• Nella scelta dei carboidrati da assumente l’aspetto qualitativo (es. cereali integrali) non è tutto. Anche l’aspetto quantitativo è fondamentale. Dunque, lavorare sul carico glicemico dei pasti anziché solo sull’indice glicemico, rappresenta una strategia migliore per la salute riproduttiva di una donna prevenendo o limitando l’insorgenza di patologie correlate all’infertilità quali la sindrome dell’ovaio policistico.

• Una dieta bilanciata dal punto di vista dei carboidrati in epoca pre-concezionale e durante tutta la gravidanza è il principale strumento per prevenire e/o limitare l’insorgenza di diabete gestazionale, una delle complicanze mediche più comuni in gravidanza, con effetti dannosi sia sulla madre che sul feto e la sua salute a lungo-termine

2.1.2 - P

ROTEINE

Il consumo di quantità adeguate di proteine è imprescindibile per la crescita, lo sviluppo e la salute ottimali di un individuo. Le proteine alimentari sono costituite da amminoacidi legati da legami peptidici tra di loro i quali vengono poi idrolizzati da proteasi e peptidasi in amminoacidi singoli, dipeptidi o tripeptidi nel lume dell'intestino tenue fornendo componenti essenziali degli organismi quali azoto, scheletri di idrocarburi e zolfo che non possono essere forniti da altri nutrienti. Gli aminoacidi, infatti, sono precursori essenziali per la sintesi di proteine, peptidi e sostanze a basso peso molecolare (es. glutatione, creatina, ossido nitrico, dopamina, serotonina, RNA e DNA) che sono di enorme importanza fisiologica per un organismo, coinvolti anche nei meccanismi di espressione genica. Sono essenziali per la salute, la crescita, lo sviluppo, la riproduzione, l'allattamento, l’immunità e la sopravvivenza degli organismi: diversi studi su modelli animali suggeriscono che la leucina, glutammina, arginina e prolina svolgono un ruolo cruciale nell'embriogenesi, nell'angiogenesi, nell'impianto, nonché nella crescita e nello sviluppo placentare / fetale e evidenziano come le proteine siano di fondamentale importanza per una corretta funzionalità dei mitocondri (45), gli organelli che rappresentalo la centrale energetica delle cellule, la cui funzionalità che è strettamente correlata al conseguente sviluppo embrionale e alla salute del feto .

Tuttavia, livelli elevati di amminoacidi e dei loro prodotti (ad esempio, ammoniaca, omocisteina etc.) sono fattori patogeni per disturbi neurologici, stress ossidativo e malattie cardiovascolari. Pertanto, come per i carboidrati, anche per le proteine, la loro quantità e la qualità nella dieta sono fondamentali per l'omeostasi di tutto il corpo. La dose giornaliera raccomandata di proteine per un adulto sano con un minimo livello di attività fisica è di 0,8g per kg di peso corporeo. Tuttavia, per soddisfare esigenze funzionali come la promozione dell’accrescimento muscolare o della forza fisica, per gli individui che svolgono un’attività fisica intensa si raccomanda un’assunzione anche fino ad 1,5 g di proteine per kg di peso corporeo al giorno.

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2.1.2.1 - Proteine e fertilità

Un aspetto che è stato spesso oggetto di studio riguardo le proteine e la fertilità è quello legato al potenziale contenuto di contaminanti ambientali, ormoni, metalli o interferenti endocrini, che potrebbero influire negativamente sulla salute riproduttiva alterando l'asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, i livelli sierici di fattori di crescita e/o lo sviluppo follicolare. Ad esempio, sebbene le carni rosse rappresentino buone fonti di proteine e altri nutrienti essenziali, esse contengono anche alti livelli di grassi saturi e possono funzionare da veicoli per l'esposizione ad ormonali, antibiotici etc. Allo stesso modo, sebbene i frutti di mare siano riconosciuti buona fonte di acidi grassi omega 3 a catena lunga, essi possono anche rappresentare una fonte primaria di esposizione a organoclorurati, diossine e mercurio. Inoltre, anche i prodotti a base di soia, generalmente ritenuti alternative salutari alle proteine animali in termini di benefici cardiovascolari e metabolici , sono stati dimostrati essere un potenziale per la salute riproduttiva per il loro contenuto in fitoestrogeni. Ad oggi, i pochi studi condotti a riguardo ci indicano che un maggiore consumo di proteine animali sembra associato ad un rischio maggiore di infertilità ovulatoria rispetto a chi consuma proteine di origine vegetale e che una dieta ricca di proteine, in particolare proteine animali, è significativamente associata a livelli ridotti di testosterone tra le donne sane, evidenziando l'importanza della dieta sulla funzione riproduttiva ed il possibile ruolo dell'assunzione di proteine nella sintesi degli androgeni.

Quando però si discrimina il tipo di proteina, distinguendo il pesce dalla carne, gli ultimi studi pubblicati in letteratura sembrano indicare il ruolo chiave del pesce per l’ottenimento di una gravidanza, in particolare se contenente grassi polinsaturi omega-3 e bassi livelli di mercurio. Tali risultati sono in linea con i consigli della Società italiana di ginecologia e Ostetricia per le donne in gravidanza (e coloro che la stanno cercando) secondo cui è bene limitare il consumo di alcune tipologie di pesce (pesce spada, marlin, tonno) per il loro potenziale contenuto di sostanze nocive (diossine, policlorobifenili e metilmercurio) e favorire invece il consumo di pesce di mare di piccola e media taglia almeno due‐tre volte alla settimana: (https://www.sigo.it/wp-content/uploads/2018/06/LG_NutrizioneinGravidanza.pdf).

Allo stesso modo, uno studio effettuato su donne infertili che dovevano effettuare una tecnica di procreazione medicalmente assistita, ha dimostrato che il consumo di carne rossa sembri influenzare negativamente lo sviluppo embrionale e la probabilità di gravidanza clinica; mentre una maggiore assunzione di pesce sembra associata a una maggiore probabilità di formazione di blastocisti.

2.1.2.2 - Proteine e gravidanza

Numerose sono le evidenze del ruolo delle proteine e degli amminoacidi durante la gravidanza: l'arginina, la glutammina, il triptofano e la taurina svolgono un ruolo cruciale nella crescita, nello sviluppo e nella sopravvivenza del feto, mentre l'ornitina e la prolina sono attori importanti per la regolazione dell'espressione genica, la sintesi proteica e l'angiogenesi. Inoltre, gli amminoacidi stimolano anche il percorso di segnalazione della rapamicina (mTOR) che svolge un ruolo centrale nella sintesi delle proteine nella placenta, nell'utero e nel feto. Inoltre, le proteine sembrano svolgere anche una funzione antiossidante contro lo stress ossidativo che può essere causa di disturbi durante la gravidanza e per la corretta crescita del feto ed esito a termine.

Infine, la restrizione materna di consumo di proteine, e di nutrienti in esse contenuti come acido folico, metionina e vitamine del gruppo B durante il periodo periconcezionale, la gestazione e l'allattamento aumenta sensibilmente il rischio nel nascituro di riduzione del peso alla nascita, aumento dell'adiposità centrale, fegato grasso, alterazione della pressione sanguigna e ipertrofia del miocardio come conseguenze di alterata metilazione del DNA.

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2.1.3 - L

ATTICINI

Per quanto riguarda i latticini, i dati in letteratura sono contrastanti. Considerati una componente importante di una dieta sana ed equilibrata, sembrano svolgere un ruolo importante nella prevenzione e nel trattamento dei disturbi del metabolismo dei carboidrati che, come dimostrato in precedenza, rappresenta un fattore chiave per la fertilità. Sebbene sia risaputo che il consumo di proteine ha la stessa capacità di stimolare la secrezione di insulina del consumo di carboidrati, le proteine del latte sembrano esercitare una maggiore influenza sulla secrezione di insulina e incretine rispetto ad altre proteine animali. Ciò è principalmente attribuito all'alto contenuto di aminoacidi a catena ramificata (leucina, isoleucina, valina) che attivano varie vie associate all'insulino-resistenza. Tuttavia, oltre ai componenti proteici, come gli amminoacidi insulinogenici e i peptidi bioattivi, i latticini contengono anche calcio, magnesio, potassio e carboidrati a basso indice glicemico, che sembrano tutti avere un effetto favorevole sul controllo della glicemia, secrezione di insulina, la sensibilità dei tessuti all'insulina e la riduzione del rischio di diabete di tipo 2. Inoltre, gli acidi grassi insaturi che si trovano naturalmente nel grasso del latte modulano l'espressione di alcuni tipi di recettori nucleari noti come PPAR- ϒ e PPAR-α (peroxisome proliferator activated receptors), cruciali nell'omeostasi del glucosio. Inoltre, è stato osservato che la fermentazione e il potenziamento dei latticini con probiotici e vitamina D possono migliorare la loro attività glucoregolatrice. A dimostrazione di ciò, uno studio clinico randomizzato condotto in un gruppo di donne con PCOS ha mostrato che l'integrazione con probiotici ha contribuito a una notevole riduzione dei livelli di glucosio a digiuno ed altri studi condotti su donne hanno dimostrato che il consumo di yogurt fortificato sia con vitamina D che con probiotici era associato a una riduzione significativamente maggiore di indice HOMA-IR e insulina a digiuno rispetto alle donne che consumavano yogurt magro tradizionale. Pertanto, il consumo di yogurt, soprattutto se ricco di probiotici e vitamina D, due fattori chiave per il benessere del microambiente intestinale, sembra avere un effetto benefico sulla sensibilità dei tessuti all'insulina.

2.1.3.1 - Latticini e fertilità

Numerosi studi sono stati condotti per esaminare l’influenza dei latticini sulla fertilità e sull'ovulazione femminile e i dati sembrano essere contrastanti. Nella maggior parte dei casi i lavori hanno suggerito un'influenza potenzialmente sfavorevole a causa dell'elevato contenuto di lattosio che sembra esercitare un’influenza negativa sull'ovulazione.

E’stato osservato che ogni aumento del consumo di latticini di una porzione al giorno è associato alla riduzione delle concentrazioni sieriche di estradiolo. Inoltre, uno studio che ha valutato la relazione tra l'assunzione di proteine del latte e la conta dei follicoli antrali (AFC) in un gruppo di donne in età riproduttiva ha mostrato che una maggiore assunzione di proteine del latte (5,24% del valore energetico o 2,3 bicchieri di latte al giorno) era associata ad una minore AFC adducendo come fattori che influenzano la riduzione del numero di follicoli antrali elevate quantità di ormoni steroidei e fattori di crescita presenti nei prodotti caseari, contaminazione dei prodotti caseari con pesticidi e sostanze chimiche, tutti elementi che potrebbero influenzare notevolmente funzione endocrina e follicologenesi.

Inoltre, un aumento dell'assunzione di latticini sembra essere associato a concentrazioni più elevate di IGF-I (fattore di crescita insulino-simile I) nel sangue, che produce anche un effetto negativo sulla funzione ovarica e sulla conta dei follicoli antrali. Altri studi hanno esaminato l’effetto del consumo di latte magro vs. intero dimostrando come l'aumento del consumo di prodotti a base di latte magro di una porzione al giorno è collegato a un aumento del rischio di infertilità ovulatoria dell'11%, mentre l'aggiunta di una porzione di latte intero (a parità di contenuto energetico) è stata associata alla riduzione del rischio di oltre 50 %: un effetto probabilmente dovuto al fatto che i latticini ad alto contenuto di grassi

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presentano più estrogeni e contribuiscono a un aumento di grado inferiore della concentrazione di IGF-I nel siero rispetto ai prodotti a basso contenuto di grassi. Inoltre, il consumo di latte scremato era associato a un'insorgenza più comune di acne, uno dei segni clinici della PCOS, che può essere spiegata dalla presenza di precursori degli androgeni nel latte e, più in generale, ogni aumento del consumo di latte di una porzione al giorno sembra comportare un aumento del rischio di insorgenza di PCOS. Altri studi, invece, dimostrano come il consumo di latticini sia correlato positivamente alla fertilità femminile: ad esempio è stato osservato come donne che bevono più di tre bicchieri di latte al giorno sono caratterizzate da un calo del 70% del rischio di infertilità rispetto alle donne che non lo bevono affatto.

Dunque, nel caso dei latticini, sicuramente sono necessari ulteriori studi per chiarire meglio il loro ruolo rispetto alla fertilità femminile, in particolare in relazione alla loro tipologia: grassi, magri, fermentati.

PROTEINE Key messages:

• Il consumo di quantità adeguate di proteine è imprescindibile per la crescita, lo sviluppo e la salute generale e riproduttiva della donna. Le proteine, infatti, sono costituite da aminoacidi che rappresentano precursori essenziali per la sintesi di proteine, peptidi e sostanze a basso peso molecolare di enorme importanza fisiologica per un organismo, coinvolti anche nei meccanismi di espressione genica.

• Sebbene le proteine possano rappresentare una potenziale fonte di contaminanti ambientali, ormoni, metalli o interferenti endocrini, che potrebbero influire negativamente sulla salute riproduttiva, i dati presenti in letteratura ci dimostrano che il consumo di proteine, rappresenta un fattore chiave per la fertilità femminile; in particolare il pesce rappresenta un’importante fonte di acidi grassi omega-3 e la carne un’importante fonte di vitamina B12.

• Piuttosto che limitare o evitare il consumo di fonti proteiche animali, sarebbe molto più utile porre l’attenzione sulla qualità di tali macronutrienti, prediligendo prodotti biologici per limitare l’eventuale rischio dei contaminanti ambientali, prediligere il consumo di carni bianche piuttosto che rosse, più ricche di grassi saturi, ed un maggior consumo di pesce azzurro a taglia piccola (es. alici) limitando l’impiego di pesci di grande taglio per l’aumentato rischio di presenza di metilmercurio (es. tonno, pesce spada etc.).

• Per quanto riguarda i latticini non sembra chiaro il loro ruolo rispetto all’omeostasi del glucosio e secrezione di insulina poiché mentre da una parte sembrerebbe che le proteine del latte esercitino una maggiore influenza sulla secrezione di insulina e incretine rispetto ad altre proteine animali, dall’altra, gli acidi grassi insaturi presenti nel grasso del latte contengono nutrienti che sembrano modulare l’equilibrio glicemico. Dunque, l'assunzione di latticini ad alto contenuto di grassi sembrerebbe più vantaggiosa rispetto a quelli magri soprattutto in pazienti con sindrome dell'ovaio policistico, insieme al consumo di prodotti fermentati ricchi di probiotici che eserciterebbero un effetto positivo non solo ai livelli di insulina ma anche sul microbiota intestinale.

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2.1.4 - I G

RASSI

I grassi sono macronutrienti di fondamentale importanza poiché, oltre a fornire l’energia all’organismo insieme ai carboidrati, svolgono anche molte importanti funzioni quali: strutturali, poiché sono costituenti delle membrane cellulari di tutti i tessuti; di trasporto, in quanto costituenti delle lipoproteine deputate al trasporto ematico dei lipidi stessi, costituendo il veicolo obbligatorio di alcune vitamine, dette liposolubili (A, D, E, K); inoltre sono precursori di alcuni ormoni. I componenti principali dei grassi sono gli acidi grassi, che si dividono in due categorie principali in base alle differenze strutturali: acidi grassi saturi (con legami singoli tra gli atomi di carbonio), e acidi grassi insaturi, che a loro volta si possono distinguere in monoinsaturi, MUFA (presenza di un doppio legame) e polinsaturi, PUFA (presenza di vari doppi legami), categoria, questa, a cui appartengono gli omega-3 ed omega-6.

2.1.4.1 - Grassi insaturi e fertilità

Numerosi studi mostrano il ruolo chiave degli acidi grassi per la fertilità in quanto non solo rappresentano precursori critici per una serie di substrati che svolgono un ruolo vitale nell'impianto e nel mantenimento della gravidanza (es.

prostaglandine e ormoni steroidei) ma anche perché loro stessi sono utilizzati come substrati energetici durante la maturazione degli ovociti e lo sviluppo embrionale nelle primissime fasi. Inoltre, sono coinvolti nel corretto funzionamento del metabolismo cellulare, stress ossidativo, composizione delle membrane cellulari, eventi di segnalazione cellulare ed espressione genica. In particolare, gli acidi grassi omega-3 sembrano essere i maggiori determinanti del potenziale riproduttivo di una donna. E’ stato dimostrato come l'aumento dell'assunzione di omega-3 a catena lunga è associato ad un aumento della concentrazione di progesterone in fase luteale e come l'acido docosapentaenoico (un tipo di acido grasso omega-3 a catena lunga) è stato associato ad un aumento dell'estradiolo totale e ad un minor rischio di anovulazione. Inoltre, è stata notata un'associazione tra un maggiore consumo di omega- 3 e un minor rischio di endometriosi e tra una bassa assunzione di acidi grassi omega-3 e ridotta fertilità.

Uno dei principali meccanismi molecolari mediante cui agirebbero gli omega tre per influenzare positivamente la fertilità femminile è attraverso la modulazione dei recettori nucleari PPARs- γ, la cui attivazione da parte degli omega-3 determina una riduzione della risposta infiammatoria. Dunque, gli omega-tre agirebbero nello stesso modo di molecole insulino-sensibilizzanti, anch’essi attivatori in molti casi di PPAR- γ, migliorando i profili metabolici e la funzione ovulatoria, come dimostrato in donne con la sindrome dell’ovaio policistico PCOS.

La dieta materna in questo caso è un fattore importantissimo poiché gli acidi grassi polinsaturi omega-3 sono acidi grassi essenziali che devono essere derivati dalla dieta, non potendo essere prodotti dall'uomo e da altri mammiferi a causa della mancanza di enzimi endogeni per la desaturazione degli omega-3. Inoltre, a causa dell'agrobusiness e dell'agricoltura moderna, le diete occidentali contengono livelli eccessivi di PUFA omega-6 e livelli molto bassi di PUFA omega-3, portando a un malsano rapporto omega-6/omega-3 di 20:1 di tipo proinfiammatorio, anzichè di 4:1 come dovrebbe essere.

Infine, degni di nota tra gli acidi grassi insaturi sono quelli monoinsaturi, come ad esempio l’acido oleico dalle innumerevoli proprietà benefiche. Gli acidi grassi MUFA sono il 98-99% dei costituenti dell’olio extravergine d’oliva insieme ad inferiore bassa quantità (1-2%) di fenoli, fitosteroli, tocoferoli e squalene e nel caso dell’olio EVO tali MUFA sono stabilizzati da composti polari minori (MPC) che hanno attività antiossidanti, antinfiammatorie, antiaggreganti e antimicrobiche e regolano la risposta sierica insulina/glucosio. Inoltre, i componenti dell’olio EVO sono precursori di diverse prostaglandine, importanti per l'inizio del ciclo mestruale, la crescita e lo sviluppo dei follicoli preantrali e

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l'ovulazione, prostaglandine che sono anche coinvolte nel mantenimento della gravidanza ottimizzando la ricettività endometriale. Il ruolo chiave dell’olio extravergine d’oliva, uno degli alimenti cardine della dieta mediterranea, per la fertilità femminile, è stato ulteriormente messo in luce da un recente studio condotto su donne che consumavano una dieta di tipo mediterraneo (contraddistinta, oltre che dal consumo di verdure, pesce e legumi, da largo consumo di olio, EVO), prima e durante un percorso di fecondazione: esso, infatti, ha mostrato un’associazione con una maggiore probabilità di gravidanza, correlazione che invece non sembra esserci con una dieta con alimenti poco processati (es.

frutta, verdura, legumi, cereali integrali e pesce, bassa assunzione di maionese, snack e carne) ma comunque non di tipo “mediterraneo”.

2.1.4.2 - Grassi trans e fertilità

Così come il consumo degli omega-tre sembra correlato positivamente con la fertilità femminile, allo stesso modo il consumo di acidi grassi trans sembra essere correlato negativamente. Gli acidi grassi trans sono grassi di origine industriale che, invece di avere la struttura fisiologica “cis” che rende fluide le membrane cellulari, hanno una struttura

“trans” che irrigidisce le membrane impedendo gli scambi cellulari e di nutrienti, rendendoli pro-infiammatori in quanto limitano l’attività di un enzima (delta-6-desaturasi) e diminuiscono la produzione di eicosanoidi antinfiammatori.

Fortunatamente i grassi trans in natura sono rarissimi, ma purtroppo la maggior parte dei prodotti industriali che prevedono processi di idrogenazione, raffinazione e cottura dei grassi, in particolare quelli insaturi, generano grassi trans.

Gli studi in letteratura dimostrano come il consumo di grassi trans rispetto al consumo di carboidrati o altri grassi insaturi è associato a maggiori rischi di infertilità ovulatoria e di endometriosi confermata mediante laparoscopia. Inoltre, l'assunzione di grassi trans in epoca preconcezionale è stata associata a una ridotta fertilità in un'ampia coorte di donne.

Dunque, mentre gli omega-tre eserciterebbero un effetto positivo sulla salute riproduttiva per il loro ruolo antinfiammatorio, gli acidi grassi trans la influenzerebbero negativamente per la loro azione pro-infiammatoria.

2.1.4.3 - Grassi e gravidanza

Durante la gravidanza un eccesso o una carenza di alcuni tipi di acidi grassi può portare a conseguenze negative per i feti e i neonati. Ad esempio, l'esposizione fetale agli acidi grassi trans sembra promuovere effetti deleteri precoci sulla salute dei nascituri, aumentando così il rischio individuale di sviluppare malattie metaboliche nell’arco della loro vita.

Allo stesso modo, l'assunzione materna di acidi grassi saturi sembra innescare alterazioni della funzionalità del fegato e del tessuto adiposo associate all'insulino-resistenza e al diabete. Al contrario, gli acidi grassi polinsaturi, in particolare quelli a catena lunga, svolgono un ruolo fisiologico importante e benefico sia per la mamma che per il bambino dato il loro ruolo chiave nella placentazione, nella crescita e nello sviluppo fetale: una carenza alimentare materna di acidi grassi omega-3 sembra influenzare i fenotipi metabolici (es. adiposità, metabolismo energetico, sviluppo muscoloscheletrico) ed epigenetici del feto.

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GRASSI Key messages:

• Numerosi studi mostrano il ruolo chiave degli acidi grassi per la fertilità in quanto non solo rappresentano precursori critici per una serie di substrati che svolgono un ruolo vitale nell'impianto e nel mantenimento della gravidanza ma anche perché loro stessi sono utilizzati come substrati energetici durante la maturazione degli ovociti allo sviluppo embrionale nelle primissime fasi e sono coinvolti nel corretto funzionamento del metabolismo cellulare, stress ossidativo, composizione delle membrane cellulari, eventi di segnalazione cellulare ed espressione genica.

• Gli acidi grassi omega-3, i maggiori determinanti del potenziale riproduttivo di una donna, agirebbero attraverso la modulazione di alcuni tipi di recettori nucleari noti come peroxisome proliferator activated receptors γ (PPARs- γ), la cui attivazione da parte degli omega-3 determina una riduzione della risposta infiammatoria, mimando la modalità di azione di molecole insulino-sensibilizzanti, anch’esse attivatori in molti casi di PPAR- γ. Si tratta di acidi grassi essenziali che devono essere derivati dalla dieta, non potendo essere prodotti dall'uomo per la mancanza di enzimi endogeni per la desaturazione degli acidi grassi, importanti anche durante tutta la gravidanza in quando hanno un ruolo nella placentazione, nonché nella crescita e nello sviluppo fetale.

• Oltre agli omega-3, anche gli acidi grassi monoinsaturi, come quelli contenuti nell’olio extravergine d’oliva, sembrano avere degli effetti positivi sulla salute riproduttiva per le loro molteplici proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, antiaggreganti e antimicrobiche oltre che per il loro ruolo nel regolare la risposta sierica insulina/glucosio.

• Mentre gli omega-tre eserciterebbero un effetto positivo sulla salute riproduttiva per il loro ruolo antinfiammatorio, gli acidi grassi trans la influenzerebbero negativamente per la loro azione pro- infiammatoria: il loro consumo sembra, infatti, essere associato a ridotta fertilità e a patologie correlate con l’infertilità come l’endometriosi.

2.2 Il ruolo dei Micronutrienti

Mentre i macronutrienti (carboidrati, grassi e proteine) hanno principalmente il ruolo di fornire energia e di accrescere un organismo, con il termine micronutriente si identificano tutti quei nutrienti come vitamine e minerali (a loro volta distinguibili in macroelementi, microelementi e oligoelementi), generalmente assunti in quantità inferiori al grammo giornaliero, che sono necessari per la produzione di enzimi e ormoni e che intervengono nella regolazione della crescita, nello sviluppo, nella regolazione del sistema immunitario e dell'apparato riproduttivo, prendendo parte a reazioni enzimatiche, vie di trasduzione e trascrizione del segnale e processi ossidativi. La malnutrizione da micronutrienti rappresenta una questione importante per la salute pubblica in tutto il mondo, soprattutto in categorie vulnerabili come neonati, anziani, donne in gravidanza e in allattamento: carenze di micronutrienti sono state associate a rischi riproduttivi significativamente elevati, che vanno dalla infertilità a difetti strutturali fetali e a malattie a lungo termine.

Dunque, un'adeguata assunzione di micronutrienti è un fattore critico in generale per la salute di un individuo ma ancora

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TABELLA 1. Principali funzioni dei micronutrienti coinvolti nel periodo pre-concezionale.

Vitamina B6 Metabolismo di amminoacidi, lipidi, coenzima del ciclo del carbonio; vie di gluconeogenesi, biosintesi dell'eme e dei neurotrasmettitori.

Ferro Emopoiesi; metabolismo degli acidi nucleici; trasportatore di ossigeno ai tessuti da parte dell'emoglobina dei globuli rossi; mezzo di trasporto per gli elettroni all'interno delle cellule; parte integrante di importanti sistemi enzimatici.

di più nel periodo pre-concezionale, durante una gravidanza e nella prima infanzia, momenti cruciali per la determinazione dello sviluppo e della salute del nascituro.

2.2.1 - M

ICRONUTRIENTI E SALUTE RIPRODUTTIVA

Numerosi studi dimostrano come la maggior parte dei micronutrienti (folati, VIt.B6, B12, A, ferro, Zinco, magnesio, antiossidanti) sia coinvolta in diversi processi chiave durante il periodo pre-concezionale come l'embriogenesi, l’impianto e la placentazione, (Tabella 2). Tra questi, i folati e la vitamina D sembrano essere particolarmente importanti già dal periodo pre-concezionale per l’ottenimento di una gravidanza e la nascita di un bambino sano.

MICRONUTRIENTE FUNZIONE

Vitamina B12 Conversione dell'omocisteina in metionina come cofattore della metionina sintasi

Vitamina A Crescita e differenziazione di cellule e tessuti

Antiossidanti Sistemi di difesa contro i radicali liberi.

Zinco Cofattore per numerosi metalloenzimi coinvolti in funzioni strutturali, regolatorie e catalitiche.

Modificata da Cetin et al., 2010 (100)

2.2.1.1 - Le vitamine del gruppo B

Le vitamine del gruppo B sembrano rivestire un ruolo chiave per la salute riproduttiva di una donna in quanto coinvolte nel ciclo del carbonio, un importante percorso metabolico coinvolto nella metilazione del DNA e, dunque, nella regolazione epigenetica. Il micronutriente acido folico, noto anche come vitamina B9, all’interno di questo ciclo dona il suo gruppo metilico all'omocisteina mediante l’azione di co-enzimi come la vitamina B6, B2 e B12 per poi formare la metionina, che a sua volta funge da donatrice di metili per metilare il DNA tramite S-adenosil-metionina (SAM). Dunque, una dieta materna sbilanciata di questi micronutrienti potrebbe influenzare i modelli di metilazione del DNA del feto e provocare un'alterazione della programmazione fetale, modifiche che possono estendersi oltre le alterazioni associate al peso alla nascita ed influenzare il benessere a lungo termine. Inoltre, deficienze alimentari di tali micronutrienti porterebbero ad un aumento dell’omocisteina plasmatica, un marcatore sensibile di un ciclo del carbonio materno Rame Cofattore per numerosi cuproenzimi e proteine leganti il rame coinvolti nella neurotrasmissione,

maturazione dei neuropeptidi, fosforilazione ossidativa e difesa dai danni dei radicali liberi.

Vitamina D Omeostasi del calcio, regola il sistema immunitario ed il mantenimento integrità della barriera intestinale.

Folati Coinvolgimento nella replicazione del DNA (ciclo cellulare); ciclo di metilazione (aminoacidi cisteina e ciclo della metionina)

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squilibrato, che è in grado di influenzare le vie ossidative, vascolari, apoptotiche, infiammatorie, di metilazione e la sintesi di proteine, lipidi e DNA. Carenze dietetiche di vitamine del gruppo B sono un problema crescente sia in paesi sviluppati che in via di sviluppo, portando ad un aumento in media dell’omocisteina plasmatica tra 1 e 4 mmol/l.

L'importanza di un’adeguata assunzione di vitamina B9 è emersa inizialmente in seguito alla pubblicazione di dati provenienti da studi randomizzati che dimostrano gli effetti dell’uso di acido folico nel periodo pre-concezionale per prevenire difetti del tubo neurale nel feto. Tuttavia, questa evidenza sembra essere solo la punta dell’iceberg. Ad oggi, infatti, numerosi studi sembrano mettere in luce il ruolo chiave del metabolismo del carbonio e dei corretti livelli di omocisteina per molti altri processi. Ad esempio, l'iperomocisteinemia da lieve (9-15 mM) a moderata (16-20 mM) in età avanzata sembra associata a malattie cardiovascolari, osteoporosi e al morbo di Alzheimer.

Inoltre, è stata segnalata un'ampia gamma di associazioni tra folati, iperomocisteinemia e problemi riproduttivi, come subfertilità, sindrome dell'ovaio policistico (PCOS), aborti spontanei, malformazioni congenite, restrizione della crescita fetale, pre-eclampsia e malattie cardiovascolari in età adulta. Sembrerebbe, infatti, che alterazioni del metabolismo del carbonio durante il periodo periconcezionale possano anche portare a disturbi nella gametogenesi, nella fecondazione, nell'impianto, nell'embriogenesi e nella placenta, con conseguenze per la salute a lungo termine nelle generazioni attuali e future. Nel contesto della riproduzione assistita, la risposta ovarica al trattamento con gonadotropine è sensibile ai livelli di folati nella dieta, vitamina B12 e altri substrati e cofattori del ciclo del carbonio. Inoltre, le carenze di vitamina B nelle donne, che portano a concentrazioni elevate di omocisteina nel fluido follicolare, compromettono la qualità degli ovociti e riducono il successo a seguito di procedure di riproduzione assistita come IVF/ICSI; inoltre, studi su modelli animali stanno fornendo informazioni chiave su come i disturbi a queste vie metaboliche compromettono la fecondazione e lo sviluppo dell'embrione pre-impianto. Infine, elevati livelli di omocisteina (≥20 mmol/l) sembrano essere associati ad aborti precoci ricorrenti e complicanze della gravidanza, inclusa la preeclampsia. Gli studi in vitro sembrano mostrare il coinvolgimento di stress ossidativo eccessivo e apoptosi associata come meccanismi d’azione che possono essere limitati, in parte, con l’integrazione di livelli fisiologici di acido folico oppure antiossidanti come l'acido ascorbico.

Dunque, una sana e corretta alimentazione deve certamente prevedere un adeguato apporto di vitamine del gruppo B non solo per la salute riproduttiva ma per la salute in generale di un individuo. Tuttavia, i problemi sempre più diffusi di malassorbimento intestinale ed il crescente numero di persone che scelgono modelli dietetici con scarsa o nulla presenza di fonti di proteine animali sta contribuendo ad un aumento sensibile di casi con deficit di vitamine del gruppo B, in particolare vitamina B12 e folati. Mentre per la vitamina B12 fonte primaria sono certamente le proteine animali, per i folati fonti importanti sono i legumi e le verdure a foglia verde. Dunque, particolare attenzione dovrebbe essere prestata nell’alimentazione al consumo di tali alimenti in modo da garantire un adeguato apporto di vitamine del gruppo B, cruciali per uno dei processi chiave del nostro organismo, il ciclo del carbonio.

Nelle donne a rischio di scarso apporto o insufficienza di questi micronutrienti dovrebbe essere sempre valutata un’eventuale integrazione, in particolare per le donne in età riproduttiva, tenendo sempre conto del fatto che l’apporto non deve essere in difetto ma neanche in eccesso, in quanto anche l’eccessiva integrazione potrebbe essere dannosa a lungo termine sul nascituro. Mentre, infatti, durante tutto il primo trimestre l'integrazione di acido folico è sempre consigliata, durante il resto della gravidanza sembrerebbe non essere necessaria e potrebbe addirittura essere associata a un rischio più elevato di sviluppare il cancro mammario in età adulta.

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2.2.1.2 - La vitamina D

Numerosi studi suggeriscono l’importanza della vitamina D non solo per l’assorbimento del calcio e l’integrità della struttura ossea di un organismo ma anche per le modulazioni di diversi processi coinvolti nella patogenesi di condizioni croniche quali malattie endocrine, tumori e malattie autoimmuni come sclerosi multipla e artrite reumatoide. Evidenze recenti hanno indicato il suo coinvolgimento nella modulazione nei processi riproduttivi sia nelle donne che negli uomini, inoltre, recettori della vitamina D sono stati localizzati in più sedi sia dell’apparato riproduttivo maschile che femminile.

La vitamina D, dunque, sembrerebbe molto più che un micronutriente: alcuni studi dimostrano che il recettore della vitamina D (VDR) è espresso dalla maggior parte delle cellule immunitarie (linfociti B e T, monociti, macrofagi e cellule dendritiche); in secondo luogo, esisterebbe un metabolismo attivo della vitamina D da parte delle cellule immunitarie che sono in grado di convertire localmente 25(OH)D₃ in 1,25(OH)₂D₃, la sua forma attiva. Inoltre, l’interazione tra vitamina D ed il suo recettore sembrano avere un ruolo chiave per la soppressione dell'autoimmunità e generare un effetto antinfiammatorio agendo sia direttamente sulle cellule dendridiche e linfociti T, che riducendo la secrezione di citochine infiammatorie, due aspetti che sembrano avere un ruolo importante per la salute riproduttiva. Infine, la vitamina D sarebbe in grado di influire sulla funzione di ogni cellula dell'intestino legandosi al suo recettore intracellulare e trascrivendo i geni rilevanti per l’equilibrio intestinale. Questo micronutriente sosterrebbe la stabilità del muco intestinale e dell’epitelio sottostante (due elementi chiave per l’equilibrio della flora intestinale e la prevenzione della sindrome dell’intestino permeabile) garantendo un livello appropriato di peptidi antimicrobici nello strato di muco e mantenendo l'integrità epiteliale rafforzando le giunzioni intercellulari. La vitamina D svolge, dunque, un ruolo fondamentale nell'omeostasi intestinale, un altro fattore che come vedremo ha un’importante funzione per la salute riproduttiva.

2.2.1.2.1 - Vitamina D e fertilità

Diversi studi suggeriscono una correlazione tra vitamina D e marcatori di riserva ovarica, in particolare, con l'ormone anti-mulleriano (AMH) sia a livello genetico che sierico e FSH e che tale declino può essere prevenuto con supplementazione di vit. D. La vitamina D sembrerebbe anche coinvolta nello sviluppo di condizioni patologiche specifiche strettamente correlate ad infertilità come l'endometriosi e la sindrome dell'ovaio policistico (PCOS). Le donne affette da endometriosi, infatti, avrebbero una carenza di vit. D più alta rispetto a donne senza endometriosi e donne con sindrome dell’ovaio policistico con bassi livelli di vit.D avrebbero meno probabilità di ovulare anche dopo induzione dell’ovulazione rispetto alle donne con livelli più alti (25(OH)D >20 ng/mL). Inoltre, la probabilità di ottenere un bambino nato vivo dopo l'induzione dell'ovulazione sembrano aumentati del 2% per ogni aumento di 1 ng/mL nelle concentrazioni di 25 (OH) D. Inoltre, è stato dimostrato che i recettori della vit. D sono implicati nella regolazione dei geni coinvolti nel metabolismo del glucosio e dei lipidi, suggerendo un potenziale ruolo della carenza di vitamina D nella patogenesi della sindrome metabolica dato supportato dall'espressione di VDR sulle cellule β pancreatiche e dall'associazione tra polimorfismi del gene VDR e insulino-resistenza. Inoltre, uno studio comparativo che ha valutato l'espressione di VDR nelle cellule della granulosa ha mostrato una forte correlazione negativa con il BMI ed un'espressione genica significativamente più bassa di VDR nei pazienti con PCOS/sovrappeso rispetto ai pazienti non

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PCOS/normopeso rafforzando l’ipotesi che vitamina D e obesità rappresentano due attori che interagiscono tra loro nell’eziopatogenesi dell'infertilità.

Nonostante il ruolo chiave della Vit. D in molteplici processi legati alla salute riproduttiva, dagli studi ad oggi presenti in letteratura che analizzano il ruolo della Vit.D in relazione agli esiti riproduttivi, non è possibile trarre conclusioni chiare data l’etereogenicità dei risultati. In generale, sembrerebbe che, mentre la carenza di vitamina D potrebbe essere dannosa per la fertilità, non è chiaro se livelli più elevati di vitamina D conferiscano un beneficio aggiuntivo una volta raggiunta la sufficienza (25(OH)D >30 ng/mL). Tuttavia, livelli elevati di vitamina D sono estremamente rari da osservare in un individuo: lo stato di vitamina D basso è un problema globale principalmente causato della mancanza di radiazioni solari UVB. Pertanto, la dieta rappresenta un’importante fonte di questo micronutriente. Purtroppo, solo un numero limitato di alimenti contiene naturalmente vitamina D: buone fonti di vitamina D (3) sono il pesce, il tuorlo d'uovo, funghi e frattaglie come il fegato ma in tutti i casi si tratta di forme inattive che per essere attivate necessitano di una reazione enzimatica che avviene nel fegato e nei reni. Per questo motivo è opportuno monitorare i livelli di Vitamina D in tutti gli individui, ma in particolar modo nelle donne in età riproduttiva ed eventualmente intervenire con l’opportuna integrazione in tutte coloro che hanno livelli insufficienti di questo micronutriente oppure che sono a rischio di scarso apporto per scelte alimentari (es. vegani) oppure per problemi di malassorbimento intestinale (es. pazienti celiaci).

MICRONUTRIENTI Key messages:

• Nonostante i macronutrienti siano le principali fonti energetiche di un organismo, numerosi studi mostrano il ruolo chiave dei micronutrienti in diversi processi durante il periodo pre-concezionale.

• Le vitamine del gruppo B sembrano rivestire un ruolo chiave per la salute riproduttiva di una donna in quanto coinvolte nel ciclo del carbonio, un importante percorso metabolico coinvolto nella metilazione del DNA e, dunque, nella regolazione epigenetica.

• La vitamina D sembra anch’essa di un micronutriente chiave per la salute riproduttiva di una donna principalmente per il suo coinvolgimento nella soppressione dell'autoimmunità e in processi

antinfiammatori correlati anche all’equilibrio del microbiota intestinale.

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2.3 Il ruolo del peso corporeo

Un’inadeguata alimentazione materna può influenzare le chances riproduttive di una donna e la salute del nascituro anche mediante gli effetti che genera sull’indice di massa corporea della donna. L'indice di massa corporea (BMI) è l’unità di misura principale per classificare un individuo come sottopeso, normopeso, sovrappeso o obeso. Si calcola dividendo il peso di una persona in chili per il quadrato della sua altezza in metri (136). Ad eccezione della fascia del normopeso, le altre categorie, in cui sia presente un peso in difetto o in eccesso, sono potenzialmente a più alto rischio per diverse patologie, tra cui, anche, l’infertilità.

2.3.1 - BMI

E FERTILITÀ

Sia un peso corporeo ridotto che uno eccessivo sono a monte di una cascata di effetti multifattoriali critici per l'infertilità.

In entrambe le condizioni, sia il tessuto adiposo che l'asse ipotalamo-ipofisi-gonadi (HPG) sono alterati, influenzando così la pulsatilità del GnRH che influisce negativamente sul rilascio di gonadotropine e sintesi di steroidi gonadici. La leptina, in particolare, un ormone secreto principalmente dal tessuto adiposo bianco, svolge un ruolo centrale nella riproduzione ed è influenzato da apporti nutrizionali sbilanciati. Infatti, l'espressione della leptina è modulata da fattori quali estrogeni, androgeni, insulina e citochine proinfiammatorie, la cui omeostasi è compromessa nelle donne sotto/sovrappeso. E’ stato riportato in letteratura che le donne sottopeso sono più soggette a infertilità, aborti spontanei ed esiti avversi della gravidanza. Inoltre, peso ridotto, esercizio fisico eccessivo e/o alti livelli di stress psicologico sono fattori di rischio per l'amenorrea ipotalamica funzionale, una condizione grave che causa uno stato ipoestrogenico, una bassa densità minerale ossea e una fase luteinica più breve. Anche nel momento in cui le donne sottopeso ricorrono a tecniche di fecondazione assistita sembrano avere chances minori: sono stati riportati sia una riduzione dei bambini nati vivi che un aumento dei tassi di aborto spontaneo in pazienti con un BMI ridotto.

Anche un BMI elevato comporterebbe un rischio d’infertilità e esiti avversi della gravidanza. Sembrerebbe, infatti, che un elevato indice di massa corporea induca problemi ovulatori, influisca sulla competenza di sviluppo degli ovociti e riduca la ricettività endometriale e che, di converso, il sottopeso peggiori anche i risultati delle donne che si rivolgono ad un centro per trattamenti di fecondazione assistita: le donne in sovrappeso richiedono dosi più elevate di gonadotropine per la stimolazione ovarica, mostrano un aumento degli aborti e una riduzione dei tassi di natalità. Anche in caso di trasferimento di embrioni euploidi, ossia con assetto cromosomico corretto, le donne con elevato BMI sembrerebbero avere meno chances di ottenere un bambino nato a causa di una probabilità di aborto più elevata.

2.3.2 - BMI

E GRAVIDANZA

Un eccessivo peso pre-gravidico e/o un’acquisizione eccessiva di peso durante la gravidanza hanno entrambe conseguenze negative a breve e lungo termine sia per la madre che per il bambino come ad esempio un aumento di rischio di insorgenza di diabete gestazionale e pre-eclampsia. Inoltre, l'obesità può causare interruzioni spontanee della gravidanza e i bambini di madri obese avrebbero un aumentato rischio di morbilità e mortalità ostetrica con un rischio a lungo termine di obesità infantile e disfunzioni metaboliche.

Idealmente, ogni donna con un BMI elevato alla ricerca di una gravidanza dovrebbe cercare di perdere più peso possibile e ripristinare i fisiologici equilibri metabolici prima dell’instaurarsi della gravidanza. Tuttavia, quando ciò non accade, un approccio che preveda una dieta equilibrata, con basso carico glicemico e un'attività fisica da leggera a moderata, 30-

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gravidanza. Gli interventi dietetici sembrano essere i metodi più efficaci nel ridurre nella popolazione generale sia l’aumento di peso gestazionale che le comorbilità come l'ipertensione materna e il parto pretermine, ma in particolare nelle donne obese sarebbero fondamentali per ridurre l'ipertensione indotta dalla gravidanza, il diabete gestazionale, la macrosomia fetale e la sindrome da distress respiratorio neonatale.

INDICE DI MASSA CORPOREA Key messages:

• L'indice di massa corporea (BMI) è l’unità di misura principale per classificare un individuo come sottopeso, normopeso, sovrappeso o obeso.

• Sia un peso corporeo ridotto che uno eccessivo determinano una pluralità di effetti multifattoriali critici per l'infertilità influenzando negativamente sia il tessuto adiposo, ed in particolare la sua produzione di leptina, che l'asse ipotalamo-ipofisi-gonadi (HPG), influenzando la pulsatilità del GnRH che influisce negativamente sul rilascio di gonadotropine e sintesi di steroidi gonadici.

• Le donne sottopeso sono più soggette a infertilità, aborti spontanei ed esiti avversi della gravidanza. Inoltre, peso ridotto, esercizio fisico eccessivo e/o alti livelli di stress psicologico sono fattori di rischio per l'amenorrea ipotalamica funzionale, una condizione grave che causa uno stato ipoestrogenico, una bassa densità minerale ossea e una fase luteinica accorciata.

• Le donne sovrappeso sono più a rischio di problemi ovulatori, ridotta competenza ovocitaria e ridotta recettività endometriale. Anche sottoponendosi a tecniche di fecondazione assistita, le donne in sovrappeso richiedono dosi più elevate di gonadotropine per la stimolazione ovarica, mostrano un aumento degli aborti e una riduzione dei tassi di natalità, anche in caso di trasferimento di embrioni euploidi, ossia con assetto cromosomico corretto.

2.4 Il ruolo del Microbiota

ll microbiota umano, ovvero la comunità di microrganismi che popolano il nostro organismo vivendo in equilibrio tra loro (condizione definita eubiosi), sembra contribuire con un ruolo significativo nel determinare lo stato di salute, sia fisico che psichico, di un individuo. In particolare, il microbiota intestinale non sembra essere semplicemente deputato a “digerire” il cibo che ingeriamo, ma si tratta di cellule che, esattamente come i neuroni, sono in grado di trasmettere veri e propri segnali tra loro e di comunicare costantemente con quest’ultimi attraverso l’asse intestino-cervello. È stato dimostrato che un cambiamento nel suo stato naturale (disbiosi) contribuisce a disturbi endocrini e metabolici come vaginosi batterica, sindrome dell'ovaio policistico (PCOS), iperplasia endometriale ed endometriosi, nonché diverse comorbidità come l'obesità e il diabete. Inoltre, alterazioni del microbiota intestinale sono una tra le principali cause di malnutrizione in quanto determinano problematiche di malassorbimento di micro e macronutrienti, entrambe fondamentali per la salute riproduttiva di un individuo. Tra i fattori in grado di modulare la composizione del microbiota intestinale (come l'attività fisica, lo stile di vita, le infezioni batteriche, trattamenti con antibiotici) l’alimentazione è forse quello più importante in quanto le abitudini alimentari determinano ciò che i nostri batteri consumano, quindi rappresenta il modo in cui “nutriamo” il nostro microbiota. A questo proposito, modelli alimentari sani con quantità di

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frutta e verdura adeguate, che garantiscano una ricca fonte di fibre alimentari, insieme a grassi sani (MUFA e PUFA) e una tendenza verso più proteine di origine vegetale e meno animale sembrerebbero aiutare a promuovere la diversità e la funzionalità del microbiota intestinale consentendogli di “servire” efficacemente il suo ospite.

2.4.1.1 Microbiota e fertilità

Il microbiota intestinale sembra essere fondamentale per la salute riproduttiva di una donna agendo sia sull’equilibrio ormonale sia sull’ambiente uterino. Nel primo caso, le evidenze scientifiche dimostrano che all’interno dell’intestino di una donna esiste un insieme di batteri, che prende il nome di estroboloma, in grado di modulare il ricircolo enteroepatico di estrogeni e di influenzare così i livelli circolanti di questi ormoni e la loro escrezione. Nello specifico, i batteri dell’estroboloma producono la β-glucuronidasi, un enzima che deconiuga gli estrogeni e li trasforma nella loro forma attiva, capace di legarsi ai recettori degli estrogeni e influenzare così i processi estrogeno dipendenti. Per quanto riguarda l’ambiente uterino, invece, diversi studi recenti hanno dimostrato l’esistenza di una comunicazione tra microambiente intestinale ed uterino in grado di influenzare l’omeostasi fisiologica, immunologica e metabolica di un individuo. Dal momento che il microbiota uterino è stato dimostrato essere cruciale per il processo d’impianto, in quanto influenza la recettività endometriale, preservare il microbiota intestinale risulta fondamentale per tutelare quello uterino.

2.4.1.2 Microbiota e programmazione epigenetica

Sempre più evidenze mostrano quanto i primi 1.000 giorni di vita sono cruciali non solo per la costituzione fisiologica del microbiota intestinale, ma anche per lo sviluppo del sistema nervoso centrale (SNC). Mentre l'interazione reciproca tra intestino e cervello è stata riconosciuta da tempo, nell'ultimo decennio sono progressivamente emerse prove a sostegno di una correlazione tra composizione del microbiota intestinale e alterato sviluppo neurocognitivo e comportamentale. Ad esempio, recentemente, è stata ipotizzata una possibile correlazione tra i disturbi dello spettro autistico (ASD) e la composizione e il metabolismo alterato del microbiota intestinale, osservando che i sintomi gastrointestinali sono una comorbidità comune nei bambini con ASD. Tra i possibili meccanismi attraverso i quali i batteri intestinali possono influenzare la salute umana, prevalgono le modificazioni epigenetiche.

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MICROBIOTA Key messages:

• Il microbiota intestinale, ovvero la comunità di microrganismi che popolano il nostro intestino vivendo in equilibrio tra loro, ossia in eubiosi, sembra essere fondamentale per la salute riproduttiva di una donna agendo sia sull’equilibrio ormonale che sull’ambiente uterino.

• All’interno dell’intestino di una donna esiste un insieme di batteri, che prende il nome di estroboloma, in grado di modulare il ricircolo enteroepatico di estrogeni e influenzare così i livelli circolanti di questi ormoni e la loro escrezione. Nello specifico, i batteri dell’estroboloma producono la β-glucuronidasi, un enzima che deconiuga gli estrogeni e li trasforma nella loro forma attiva, capace di legarsi ai recettori degli estrogeni e influenzare così i processi estrogeno dipendenti.

• Diversi studi recenti hanno dimostrato l’esistenza di una comunicazione tra microambiente intestinale ed uterino in grado di influenzare l’omeostasi fisiologica, immunologica e metabolica di un individuo. Dal momento che il microbiota uterino è stato dimostrato essere cruciale per il processo d’impianto, in quanto influenza la recettività endometriale, preservare il microbiota intestinale risulta fondamentale per tutelare quello uterino.

• Il microbiota sembra avere un ruolo anche nello sviluppo neurocognitivo e comportamentale inducendo modificazioni di tipo epigenetico.

3 Conclusioni

Sempre più evidenze scientifiche dimostrano come lo stile di vita e l’alimentazione materna sia in grado di influenzare sia le chances riproduttive di una donna che la vita futura del bambino e la sua predisposizione, maggiore o minore, a determinate patologie. Cambiare le proprie abitudini una volta scoperta la gravidanza potrebbe non essere sufficiente poiché già le primissime fasi di sviluppo embrionale sembrano essere cruciali per una corretta programmazione dello sviluppo embrionale. L’alimentazione materna deve essere sana ed equilibrata già nel momento in cui si inizia a pianificare una gravidanza: devono essere sempre presenti tutti i macro e micro-nutrienti stando particolarmente attenti alla loro qualità ed utilizzarli nelle giuste proporzioni (grassi per il 30% dell'apporto energetico totale, le proteine il 10-15% e i carboidrati tra il 55 e il 75%) poiché ognuno di loro ha una funzione ben precisa sia nel soddisfare il fabbisogno energetico di una donna ma anche, e soprattutto, per regolare fini meccanismi dalle primissime fasi di sviluppo embrionale. Per questo motivo, in caso di malnutrizione ed impossibilità di intervenire con specifici interventi dietetici che in taluni casi potrebbero rivelarsi non sufficienti, è fortemente consigliato intervenire con specifiche supplementazioni (es. acido folico, vit. D) onde evitare carenze di nutrienti in una fase così delicata.

Il periodo pre-concezionale, dunque, rappresenta un periodo di speciale opportunità di intervento non solo per migliorare la fertilità di una donna con effetti sia sulla competenza ovocitaria che endometriale ma anche, e soprattutto, per migliorare la salute a lungo termine delle future generazioni.

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