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Rassegna giurisprudenziale del mese di gennaio 2016: il problema dei beni strumentali e della cessione d'azienda

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Rassegna giurisprudenziale del mese di gennaio 2016: il problema dei beni strumentali e della cessione d'azienda

di Danilo Sciuto

Pubblicato il 15 gennaio 2016

a fini IVA infatti non sono considerate cessioni di beni quelle aventi ad oggetto aziende o rami di azienda. Pertanto, in virtù del “principio di alternatività” tra IVA e imposta di registro, la cessione d’azienda, in quanto esclusa dal campo di applicazione dell’Iva, risulta soggetta all’imposta di registro avendo riguardo al valore complessivo dei beni che la compongono, compreso l’avviamento: tali operazioni generano una cospicua giurisprudenza…

Premessa

Iniziamo l’anno 2016 con un argomento giurisprudenziale che viene spesso contestato nell’ambito delle compravendite di gruppi di beni strumentali.

Il motivo è di seguito illustrato. Ai fini IVA infatti non sono considerate cessioni di beni quelle aventi ad oggetto aziende o rami di azienda. Pertanto, in virtù del “principio di alternatività” tra Iva e imposta di registro, la cessione d’azienda, in quanto esclusa dal campo di applicazione dell’Iva, risulta soggetta all’imposta di registro avendo riguardo, ai sensi dell’art.51 del DPR n.131/86, al valore complessivo dei beni che la compongono, compreso l’avviamento. Il trasferimento di singoli beni che non sono idonei a costituire un complesso aziendale rimane, invece, soggetto all’imposta sul valore aggiunto nei modi ordinari. Pertanto, la cessione d’azienda si rivela un’operazione fiscalmente più onerosa rispetto alla cessione dei singoli beni che la compongono in quanto mentre l’Iva è in generale neutrale, l’imposta di registro è a tutti gli effetti un onere.

Per tale ragione è dunque ricorrente da parte degli operatori la pratica di eludere il pagamento dell’imposta di registro mediante atti di cessione dei singoli beni costituenti un’azienda (spesso frazionati nel tempo) anziché stipulare un atto di cessione d’azienda. La stessa Cassazione ha avuto modo di definirla “cessione spezzatino”.

Di seguito dunque una carrellata di sentenze che hanno affrontato il problema.

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Non c’è cessione di azienda se si cedono solo servizi

In base all’art. 2112 c.c., deve intendersi per ramo autonomo di azienda, come tale suscettibile di trasferimento, ogni entità economica organizzata in maniera stabile che, in occasione del trasferimento, conservi la propria identità. Ciò presuppone una preesistente realtà produttiva funzionalmente autonoma e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del

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trasferimento.

La norma codicistica menzionata presuppone che vengano trasferiti, nella loro funzione unitaria e strumentale, beni materiali destinati all’esercizio dell’impresa, ovvero strutture a tal fine organizzate; ciò in quanto, seppure un’azienda (o un ramo d’azienda) possa comprendere anche beni immateriali, non può tuttavia ridursi solo ad essi, posto che la stessa nozione di azienda (art. 2555 c.c.) postula la necessità di beni materiali organizzati fra loro in funzione dell’esercizio dell’impresa, di fatto impossibile in totale assenza di strutture fisiche, per quanto modeste le stesse siano; peraltro, anche laddove i beni immateriali assumano preponderante rilevanza, è d’uopo, ad evitare la realizzazione di un mero trasferimento di mano d’opera, che il ramo d’azienda trasferito sia caratterizzato dall’organizzazione e dal coordinamento, in modo stabile, di dipendenti la cui capacità operativa sia assicurata dal fatto di essere dotati di un particolare know how, o, comunque, dall’utilizzo di copyright, brevetti, marchi, o altro.

Deve intendersi per ramo autonomo d’azienda, come tale suscettibile di trasferimento, ogni entità economica organizzata in maniera stabile che, in occasione del trasferimento, conservi la propria identità; il che presuppone però una preesistente realtà produttiva funzionalmente autonoma e non anche una struttura produttiva creata ad hoc in occasione del trasferimento.

(Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 8756/2014)

Nessuna cessione di azienda se il trasferimento spezzato non include elementi determinanti

È illegittimo l’operato dell’Ufficio finanziario che provveda alla rettifica d’ufficio di più atti riqualificandoli come cessione di ramo di azienda non rilevando la circostanza che i singoli beni siano stati ceduti globalmente o con più atti separati e che non vengano ceduti crediti e debiti.

Non costituisce cessione di azienda finalizzata all’elusione dell’imposta di registro il compimento di più atti di trasferimento tra due società facenti capo alla stessa persona posti in essere per cessare un’attività e avviarne un’altra di diverso tipo.

(CTP Vicenza, sentenza n. 118/VII/2013)

Anche la cessione di parte dei beni può rappresentare cessione di azienda

Ai fini della qualificazione come cessione di azienda – assoggettabile ad imposta di registro, anziché ad I.V.A. – del trasferimento solo di alcuni dei beni in essa rientranti, non è decisiva la volontà delle parti, peraltro desunta, nella specie, esclusivamente dal “nomen iuris” attribuito all’atto posto in essere, occorrendo invece verificare se, in base agli elementi probatori disponibili, i beni complessivamente ceduti abbiano, o meno, mantenuto carattere autonomo idoneo a consentire l’esercizio dell’impresa, seppure con le integrazioni che il cessionario abbia dovuto eventualmente effettuare. Il contratto con il quale si trasferiscono singoli beni sufficienti ad esercitare un’impresa non costituisce cessione di ramo d’azienda ma cessione di singoli cespiti, in quanto tale assoggettabile ad I.V.A. invece che a registro, a nulla rilevando la diversa volontà espressa in atto dalle parti.

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(Cassazione, sezione V civile , sentenza n. 10740/2013)

Riqualificazione di cessione di singoli beni aziendali

In materia di imposta di registro, ed in particolare, nell’individuazione della materia imponibile, benché non si prescinda dall’interpretazione della volontà negoziale secondo i canoni generali, dovrà darsi la preminenza assoluta alla causa reale sull’assetto cartolare. Di talché, l’autonomia contrattuale e la rilevanza degli effetti giuridici dei singoli negozi restano necessariamente circoscritti alla regolamentazione formale degli interessi delle parti, poiché, diversamente opinando, finirebbero per sovvertire i criteri impositivi. In definitiva, l’art. 20 del T.U. Imposta di Registro (D.P.R. n. 131 del 1986) rappresenta un indice rivelatore di criteri di qualificazione autonomi rispetto alle ordinarie ipotesi interpretative civilistiche, tenuto conto della preminenza del principio generale antiabuso e della regolamentazione reale degli interessi. La testata, come segno distintivo della pubblicazione periodica, rappresenta solo un elemento dell’azienda giornalistica, quale segno distintivo di tal iniziativa editoriale. Essa, pertanto, essendo un bene immateriale, non dà vita di per sé stessa ad un trasferimento d’azienda giornalistica o di parte di essa. La cessione della testata, paragonabile al marchio, costituisce prestazione di servizi assoggettata ad IVA, essendo irrilevante che la cessione sia avvenuta congiuntamente al trasferimento dell’azienda, o di un suo ramo, ovvero separatamente, atteso che la cessione della testata resterà soggetta ad IVA, mentre quella dell’azienda ad imposta di registro.

(Cassazione, sezione V civile , sentenza n. 1102/2013)

Riqualificazione di cessione di azienda

Sussiste vizio di motivazione qualora il giudice di merito omette di indicare nella sentenza gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logico-giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento.

La cessione di beni strumentali, atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all’esercizio d’impresa, deve qualificarsi come cessione di azienda soggetta ad imposta di registro. La cessione dei singoli beni, inidonei di per sè ad integrare la potenzialità produttiva propria dell’impresa, deve essere assoggettata ad IVA

(Cassazione, sezione V civile , sentenza n. 19544/2012)

Ecco i criteri distintivi di qualificazione

La cessione di una parte di beni ad opera di un’azienda non si configura necessariamente come cessione d’azienda. Nel caso di specie, un autosalone aveva venduto gran parte dei propri pezzi di ricambio e l’Amministrazione finanziaria aveva contestato come l’operazione avesse natura di

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cessione d’azienda. La sentenza afferma che, fermo restando il potere di riqualificare l’atto stipulato dal contribuente, ai fini della verifica della reale natura del contratto – e quindi per capire se la reale intenzione dei contraenti è quella di trasferire non il singolo bene, ma l’azienda – occorre valutare se i beni ceduti, nella loro complessità, possano essere utilizzati per l’attività d’impresa. In particolare, è configurabile cessione d’azienda anche nel caso in cui il complesso di beni trasferiti non esaurisca i beni costituenti l’azienda, purché gli stessi

“conservino un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine, sia pure con la successiva integrazione del cessionario, all’esercizio dell’impresa”.

È configurabile una cessione d’azienda nel caso in cui il complesso degli elementi trasferiti non esaurisca i beni costituenti l’azienda o il ramo ceduto; ciò purché gli stessi conservino un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine, sia pure con la successiva integrazione del cessionario, all’esercizio dell’impresa, dovendo comunque trattarsi di un insieme di beni organicamente finalizzato “ex ante” all’esercizio dell’attività d’impresa..

(Cassazione, sezione V civile , sentenza n. 4774/2011)

Nessuna cessione in assenza di vendita di beni

Non sussiste la cessione d’azienda e di conseguenza alcun presupposto impositivo ai fini dell’imposta di registro proporzionale qualora vengano cedute quote societarie rinvenienti da precedente costituzione con conferimento di beni rilevando a tal fine unicamente la causa reale del negozio posto in essere e la comune intenzione delle parti e solo in via residuale gli eventuali dati extra-testuali. (Nel caso di specie, alla contribuente in qualità di cedente, unitamente alla cessionaria e alla società le cui quote erano state oggetto della cessione quali soggetti co-obbligati, era stata notificato avviso di accertamento per imposta proporzionale di registro per euro 7.657.673,91 a motivo di una cessione di quote societarie relative ad una società veicolo, che era stata in precedenza costituita attraverso il conferimento di una galleria di negozi.)

E’ carente di legittimazione passiva la contribuente che abbia acquisito l’intero pacchetto di una

“società veicolo” costituita da una società che aveva conferito un centro commerciale con galleria di negozi.

Non è possibile riqualificare ai fini dell’imposta di registro, in termini di cessione d’azienda, l’atto di conferimento dell’azienda e la successiva cessione della partecipazione nella società conferitaria ad un soggetto terzo, poiché l’art. 20, D.P.R. n. 131/1986 (T.U. imposta di registro) non permette di dare rilevanza ad elementi extratestuali non risultanti dai singoli atti sottoposti a registrazione (aventi tutti un’autonoma causa negoziale). Peraltro nella fattispecie in esame la possibilità di riqualificare come cessione di ramo d’azienda il conferimento seguito dal trasferimento della partecipazione societaria va esclusa anche perché i vari negozi non sono intercorsi fra le stesse parti, essendo il cessionario della partecipazione societaria un soggetto diverso rispetto alle parti dell’atto di conferimento. Tale ultimo rilievo, ossia la parziale diversità dei soggetti coinvolti, porta anche ad escludere che l’effetto giuridico finale delle operazioni in questione possa considerarsi corrispondente a quello della cessione di un ramo d’azienda; il conferimento, infatti, attua lo scambio di un ramo di azienda con la partecipazione societaria,

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mentre il secondo atto vede scambiata la partecipazione societaria verso un corrispettivo.

(CTP Milano, sentenza n. 43/LXIII/2012)

15 gennaio 2016 Danilo Sciuto

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