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IL BIOETANOLO DA ALTRE MATERIE PRIME

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Academic year: 2021

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CAPITOLO IV

IL BIOETANOLO DA ALTRE MATERIE

PRIME

Analizzato in dettaglio il ciclo produttivo dell’etanolo che si ottiene dal mais, verranno in questo capitolo esaminate le altre materie prime, approfondendo la parte inerente al bilancio energetico, ovvero andando a determinare tutti gli input riferiti sia alla fase di farming che di trasformazione e trasporto.

Verranno prese in esame due differenti classi di risorse:

 la canna da zucchero;

 le biomasse ligno-cellulosiche.

Nella classe delle biomasse ligno-cellulosiche sono compresi:

 il panico verga;

 i residui legnosi.

Scopo di questo capitolo è quindi quello di avere un panorama completo dei rendimenti energetici per le principali materie prime impiegate, per poter così confrontare quale sia alla fine la risorsa prima più vantaggiosa.

Si riporterà sommariamente anche un’analisi economica dei vari passaggi adottati.

4.1 – La Canna da Zucchero

La canna da zucchero è la risorsa che viene sfruttata in Brasile, grazie alla presenza di un clima tropicale necessario per la loro crescita, per la produzione di etanolo con dei risultati ottimali, che dipendono dalle caratteristiche intrinseche di questa materia prima.

Mentre nel mais difatti le molecole di amido devono essere spezzate in zuccheri semplici prima di essere fermentate, nella canna da zucchero gli zuccheri sono già disponibili per la fase di fermentazione alcolica.

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negli Stati Uniti poiché è in grado di immagazzinare una maggiore quantità di energia solare. La canna da zucchero, che difatti è uno degli organismi fotosintetici più efficienti che esistano, è in grado di catturare circa il 2% (Wikipedia, Ethanol Fuel in Brazil) della radiazione solare, a differenza del mais che è in grado di trattenere solamente lo 0.7% (Patzek, 2004) della radiazione incidente. Altro punto di forza di questa materia prima risiede nei residui della lavorazione della canna, le bagasse, i quali vengono raccolti e bruciati in modo tale da fornire energia all’impianto di raffinazione dell’etanolo, riducendo così sensibilmente i relativi costi di produzione.

4.1.1 – L’Estrazione dello Zucchero

In linea teorica si potrebbe produrre zucchero da qualsiasi vegetale che contiene saccarosio, ma le uniche due materie prime usate in tutto il mondo sono la canna da zucchero che contiene saccarosio al 13-18 % e la barbabietola da zucchero che ne contiene in ragione del 15-18 %.

Dapprima le canne devono essere sfogliate, e poi vengono successivamente tagliate con macchinari o a mano, eliminando così lo stelo che è ricco di impurezze. Poi vengono tagliate ulteriormente in dimensioni che dipendono dal macchinario presente in fabbrica e trasportate. Lo stoccaggio non deve superare le ventiquattro ore.

Si procede quindi all’estrazione del sugo tramite un processo di spremitura. Prima però la canna è sottoposta a frantumazione e poi inviata ai cilindri di estrazione chiamati mulini. I mulini sono formati da tre cilindri: uno superiore e due inferiori. Le canne frantumate passano prima tra il cilindro superiore e il primo inferiore, poi tra quello superiore e il secondo inferiore. Generalmente si usano 4-5 mulini. Il residuo di estrazione prende il nome di

bagassa e viene utilizzato come combustibile il che rende le raffinerie

energeticamente indipendenti. La soluzione che si ottiene dal processo di estrazione viene chiamata sugo.

Dall'estrazione si ottiene un sugo ricco di impurezze: sali minerali, acidi organici, composti fosforati e di origine vegetale.

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Il sugo a questo punto viene depurato tramite l’aggiunta di latte di calce fino ad un pH alcalino (7,5-8). Il precipitato che si ottiene ingloba le impurezze ed è facilmente filtrabile (formazione sul filtro del pannello o schiuma). Il sugo purificato ha pH neutro. Il sugo che contiene un massimo di 15% di saccarosio deve essere concentrato fino al 60-65% (sciroppo). Questa operazione avviene con un sistema di concentrazione in multiplo effetto e sottovuoto. In questa fase occorrono ingenti quantità di vapore che viene prodotto in fabbrica da una caldaia (vapore a 30 bar).

4.1.2 – Il Bilancio Energetico

Nella parte che segue si affronta il bilancio energetico complessivo per la produzione di etanolo dalla canna da zucchero.

Tabella 29 – Input Energetici, per un ettaro di terreno, della fase di farming per la Canna da Zucchero (Fonte: Energy Balance of the Sugar Cane and Ethanol: Production in the Cooperated

Sugar Mills, 1996).

a) Sono stati considerati tutti i macchinari necessari per la fase di coltivazione e raccolta del prodotto. b) Si sono inclusi solamente i consumi per la fase di coltivazione e raccolta del prodotto. c) Si considera la quantità di canna da zucchero da seminare per ogni tonnellata di canna che viene raccolta.

Input Quantità Energia

GJ/ha Macchinari a) 65.7 kg 0.85 Diesel b) 42.27 L 2.02 N 58.3 kg 3.59 Fertilizzanti P2O5 36.7 kg 0.35 K2O 100 kg 0.67 CaO 339.85 kg 0.47 Erbicidi - 0.75 Pesticidi - 0.053 Semina c) 2.0 t 0.39 Totale (I1) 67,000 kg di canna 9.14

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Dalla tabella si nota bene come la coltivazione della canna da zucchero in Brasile sia una pratica poco costosa da un punto di vista energetico, sono difatti sufficienti solamente 9.14 GJ per un ettaro di terreno.

Ora si passa a stimare le richieste energetiche per la fase di trasporto e trasformazione della canna da zucchero, ricavata da un ettaro di terreno, in etanolo.

Abbiamo assunto che l’efficienza della fase di conversione sia nell’ordine degli 85.4 L di EtOH anidro/tonnellata di canna da zucchero che viene trattata nell’impianto.

Tabella 30 – Input Energetici della fase di trasporto e conversione della Canna da Zucchero in Etanolo (Fonte: Energy Balance of the Sugar Cane and Ethanol: Production in the Cooperated

Sugar Mills, 1996).

Input Quantità Energia

GJ Trasporto a) 67,000 kg 3.71 Edifici b) - 0.72 Equipaggiamento c) - 1.87 Chemicals d) - 0.49 Elettricità Prodotta 788 kWh 0 Totale (I2) 5,721.8 L EtOH e) 6.79

a) Comprende l’energia che è necessaria sia per la costruzione dei mezzi di trasporto (camion), che per il trasporto vero e proprio della canna da zucchero raccolta negli impianti di trasformazione. b) Include la spesa energetica per costruire edifici, aree di servizio, produzione e stoccaggio dell’equipaggiamento. c) Il tempo medio di vita è di 50 anni. d) Per l’equipaggiamento si è assunto un tempo medio di vita tra i 10 (equipaggiamento leggero) e 25 anni (equipaggiamento pesante). e) Tra i reagenti necessari per la produzione dell’etanolo ci sono: acido solforico, benzolo, idrossido do calcio, etc.L’Etanolo considerato è anidro.

Un discorso a parte deve essere fatto sulle bagasse e la produzione di energia elettrica.

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ripartita abbastanza omogeneamente tra la parte matura della pianta (30 %), nelle foglie (35 %) che vengono lasciate sul campo dopo la fase di raccolta delle piante mature, e nelle bagasse (35 %).

La bagasse è la biomassa fibrosa che rimane dopo che i fusti delle piante della canna da zucchero sono stati tritati e pressati per estrarre il succo che contengono.

Questa risorsa viene quindi opportunamente bruciata, generando in tal modo una quantità di energia, sotto forma sia di calore che di elettricità, in grado di sostenere l’impianto di trattamento delle materie prime. In alcuni casi, dove la quantità di bagassa trattata e molto alta, si produce un surplus di energia che viene solitamente venduto alla rete elettrica.

Il valore dei kWh che è stato riportato nella tabella precedente è appunto la quantità di energia elettrica che viene prodotta dall’utilizzo della bagasse nell’impianto considerato.

Abbiamo anche assunto che ci sia un surplus di bagasse, che produca quindi una quantità aggiuntiva di energia che verrà inserita nel calcolo del bilancio totale tra le voci degli output energetici.

Definiti gli input di partenza, andiamo a calcolare gli output dl nostro sistema energetico.

Il primo output che determineremo è quello costituito dalla quantità di energia che si ricava dalla quantità di etanolo prodotta.

Questa quantità viene determinata moltiplicando l’etanolo prodotto (kg) per il suo corrispondente valore calorifico.

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In base alla densità (ρ = 0.787 kg/L) dell’etanolo abbiamo i seguenti dati di partenza:

 EtOH = 5,721.8 L × 0.787kg/L = 4503 kg;

 HHV = 29.7 MJ/kg. Quindi il primo input è di:

O1 = 4503 kg × 29.7 MJ/kg = 133.74 GJ

Mentre l’altra uscita energetica nel nostro sistema è quella legata al surplus di bagasse raccolte vale 11.75 GJ (O2).

Definiamo ora i valori totali di input ed output:

ITOT = I1 + I2 = (9.14 + 6.79)GJ = 15.93 GJ

OTOT = O1 + O2 = (133.74 + 11.75) GJ = 145.49 GJ

In base a questi risultati andiamo a calcolare il corrispondente valore del rapporto tra output ed input:

RO/I = 145.49/15.93 = 9.13

In conclusione possiamo dire che la produzione dell’etanolo dalla canna da zucchero nel sistema produttivo brasiliano è energeticamente favorevole. L’energia che si ricava da un certo volume di etanolo è circa nove volte maggiore di quella necessaria per produrre lo stesso volume.

Per quanto riguarda l’analisi dei costi, possiamo dire che la produzione di etanolo dalla canna da zucchero in Brasile ha dei costi molto contenuti, tanto da renderla competitiva non solo da un punto di vista energetico, ma anche prettamente economico (vedi Tabella 3).

4.2 – Le Biomasse Ligno-Cellulosiche

La decisione di analizzare in dettaglio questa classe deriva dal fatto che costituisce la nuova frontiera per i biocombustibili del futuro, detti anche di seconda generazione, in quanto sfrutta colture o residui di materia che non verrebbero utilizzati in altro modo. Basti pensare ai residui che comprendono i materiali di scarto di una vasta serie di attività industriali, risolvendo poi in

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maniera parziale le problematiche e i costi che si pongono nella necessaria fase di trattamento e smaltimento dei residui che non vengono utilizzati.

Le materie ligno-cellulosiche sono inoltre caratterizzate sia da un basso tenore energetico (pochi input) per la fase di farming, che dal fatto che crescono in aree agricole marginali, poiché sono state inserite all’interno del Conservation

Reserve Programm (CRP), che ha come obiettivo quello di rimuovere le colture

che non offrono un opportuna copertura del suolo nei confronti dell’erosione e ripiantando nelle stesse aree piante erbacee perenni, che assicurano un maggior copertura del suolo.

In tal modo si promuove da un lato il recupero delle aree che stanno perdendo la loro produttività, poiché i fenomeni erosivi portano ad una esaurimento dei principali nutrienti presenti nel suolo; e dall’altro lo sfruttamento di queste aree come centri di rifornimento delle materie prime per la produzione di Bioetanolo.

L’etanolo che viene prodotto utilizzando questo tipo di risorse è chimicamente identico a quello che si ottiene dal mais o dalla canna da zucchero, la differenza sta nel fatto che gli zuccheri fermentabili non sono disponibili direttamente, ma intrappolati nella matrice cellulosica.

E’ necessaria quindi una fase di trattamento extra in cui si rompono questi legami, molto forti, permettendo quindi agli zuccheri di venire attaccati dai batteri per poter dare inizio al processo fermentativo vero e proprio.

La rottura del legami nella matrice cellulosica può essere ottenuta in due modi differenti:

 il processo biologico;

 il processo termochimico.

4.2.1 – Il Processo Biologico

Questo processo consiste nel pretrattaggio tramite una reazione di idrolisi il materiale ligno-cellulosico, seguito da una fase di fermentazione e distillazione. L’intero processo si articola complessivamente in cinque fasi.

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tale da essere disponibile per la successiva fase idrolitica. La fase di pretrattamento molto delicata, in quanto deve essere condotta in modo tale da non favorire, o almeno minimizzare, la formazione di prodotti di degradazione, che svolgerebbero un azione inibitrice sia sulla fase di idrolisi che su quella di fermentazione.

Inoltre si vedrebbero aumentati i costi di produzione, dato che sarebbe necessario procedere ad una successiva fase di detossificazione.

L’utilizzo dei fibre in espansione di ammoniaca (AFEX) è oggigiorno il metodo che permette di ottenere alti rendimenti senza produrre grandi quantità di inibitori. Nella fase idrolisi le lunghe catene di cellulosa vengono spezzate in molecole di zuccheri fermentabili. Esistono due diverse reazioni di idrolisi:

 l’idrolisi chimica, in cui le molecole di cellulosa vengono attaccate da una soluzione acida, diversamente concentrata, in condizioni di temperatura e pressioni variabili. Le condizioni di temperatura e pressione vengono stabilire in funzione della concentrazione dell’acido: con un acido poco concentrato avremo alte temperature e altre pressioni, mentre in presenza di una soluzione acida molto concentrata saranno necessarie basse temperatura e condizioni di pressioni vicine a quelle atmosferiche. Gli acidi utilizzati vengono divisi dai prodotti tramite la tecnica della separazione cromatografia.

 Nell’idrolisi enzimatica la reazione di rottura delle catene di cellulosa viene catalizzata da enzimi appartenenti alla classe cellulasi. Questa reazioni avviene a 50 °C e con un pH uguale a 5, cosicché non avvenga la formazione di sottoprodotti che inibiscano l’attività enzimatica.

La fase separazione è necessaria affinché gli zuccheri presenti in soluzione vengono divisi dai materiali residui (prevalentemente lignina).

La fermentazione microbica degli zuccheri rimasti in soluzione viene portata a termine impiegando una serie di microrganismi tra i quali Saccharomyces

cerevisiae. Negli ultimi anni gli studiosi che si occupano dell’impiego di tali

organismi nel settore della biocarburazione hanno individuato altre due classi che possono essere impiegate con un buon rendimento: Zymomonas mobilis e

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Escherichia coli.

Nell’ultima fase, ovvero quella della distillazione l’etanolo prodotto viene trattato in modo tale da raggiungere un grado di purezza del 99.5 %.

4.2.2 – Il Processo Termochimico

Consiste in una gasificazione che permette di trasformare la materia di partenza in etanolo, tramite la produzione di intermedi gassosi.

Mediante la fase di gasificazione invece di rompere le molecole di cellulosa in zuccheri fermentabili, il carbonio presente in questi composti viene convertito in gas di sintesi tramite una reazione di combustione parziale. Il gas di sintesi è una miscela di monossido di carbonio (CO), diossido di carbonio (CO2) e idrogeno (H2).

Una volta ottenuti questi tre componenti gassosi, vengono inseriti all’interno di un fermentatore, dove la fase di fermentazione è a carico di una classe organismi: i

Clostridium thermocellum, in grado di ingerire la miscela gassosa per produrre

etanolo e acqua.

Seguono poi, analogamente al processo biologico, la fase di distillazione, in cui l’etanolo è separato dalla matrice acquosa.

4.2.3 – Il Panico Verga

Il Panico Verga (Panicum Virgatum L.) come già esposto in precedenza fa parte della categoria delle materie prime ligno-cellulosiche.

E’ una pianta di tipo perenne, quindi nella fase di coltivazione non viene alternata con nessun altro tipo di coltura, e inoltre richiede un trattamento meno intensivo e meno dispendioso, da un punto di vista energetico, rispetto al mais.

Nella tabella seguente vengono riportati tutti gli input energetici necessari alla lavorazione di un ettaro di terreno coltivato a panico verga.

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Tabella 31 – Input energetici, per un ettaro di terreno, della fase di farming per il Panico Verga (Fonte: Pimentel, D., Patzek, Tad W., Natural Resources Research, Vol.14, No.1, 2005).

Input Quantità Energia Costo

GJ/ha Macchinari a) 30 kg 2.32 31.45 Diesel b) 100 L 4.18 31.45 Azoto b) 50 kg 3.35 17.61 Semi c) 1.6 kg 0.42 1.89 Erbicidi d) 3 kg 1.25 18.87 Totale (I1) 10,000 kg di panico verga 11.52 101.27

a) Nelle stime per i macchinari il 25% è il costo destinato alle riparazioni. b) Parrish, D., Virginia Technolgy University, 2005. c) Samson, 1991. d) Henning, 1993.

Possiamo immediatamente notare come la spesa energetica totale (11.52 GJ/ha) è molto inferiore a quella necessaria per la lavorazione del mais, dove erano richiesti all’incirca 30 GJ/ha.

In base a questi input da un ettaro di terreno è possibile ottenere 10,000 kg di panico verga, che in rapporto al loro valore calorifico (HHV = 16.74 MJ/kg) forniscono circa 167.4 GJ. Ciò significa che almeno nella fase di coltivazione l’energia che il panico possiede è molto maggiore di quella che è necessaria per produrla.

Passiamo ora a determinare la spesa energetica per la fase di trasporto e di conversione delle materie prime in etanolo. Dai rendimenti produttivi sappiamo che da 10,000 kg di panico verga si ottengono 4,000 L di etanolo.

La tabella seguente riporta i consumi energetici per la produzione di 4,000 L di etanolo, ovvero per la quantità di etanolo ottenibile da un ettaro di terreno.

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Tabella 32 – Input Energetici della fase di trasporto e conversione del Panico Verga in Etanolo (Fonte: Pimentel, D., Patzek, Tad W., Natural Resources Research, Vol.14, No.1, 2005).

Input Quantità Energia Costo

GJ Trasporto a) 10,000 kg 5.02 37.74 Acqua b) 500,000 L 1.17 50.32 Materiali Industriali c, d) 60 kg 1.77 83.03 Macinazione e) 10,000 kg 1.67 20.13 Acido Solforico f) 472 kg 0 208.83 Vapore f) 32.4 t 73.66 90.58 Elettricità f) 2640 kWh 28.51 115.74 Purificazione g, h) 150.66 kJ/L 0.15 100.64

Trattamento Effluenti i, j) 80 kg (BOD) j) 1.15 15.10

Totale (I2) 4,000 L EtOH 113.1 722.11

a) Si assume che per il trasporto delle materie prime si compia un viaggio di andata e di ritorno di 144 km. b) Pimentel et al., 1988. c) Sono compresi i materiali (acciaio, acciaio inossidabile, cemento) necessari per costruire i serbatoi gli strumenti necessari per trattare il panico verga nell’impianto di conversione. d) Slesser e Lewis, 1979. e) Wood Tub Grinders, 2004.Arkenol, 2004. f) Processi tecnologici necessari per passare da etanolo al 95% ad etanolo al 99.5%. g) Patzek, Tad W., pers. comm., University of California, Berkeley, 2004. h) Kuby, Markoja e Nactford, 1984. i) Blais et al., 1995.

In questo caso la differenza tra l’etanolo prodotto dal panico verga e quello ottenuto dal mais è ancora più netta, ma nel senso opposto alla fase di farming, ovvero oggigiorno la fase di trasporto e conversione delle materie in biocarburante è ancora energeticamente costosa.

Bisogna comunque precisare che i due processi produttivi che a partire da due differenti materie prime ci permettono do ottenere lo stesso prodotto finale non possono essere confrontati direttamente, poiché ci sono delle differenze significative che non possono essere tralasciate quando si compie un’analisi del

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genere.

Per prima cosa nel caso dell’etanolo ricavato dal mais nell’impianto di conversione entravano 8,600 kg (raccolto di un ettaro di terreno), mentre per il panico verga ne entrano addirittura 10,000. Poi si deve considerare che i processi tecnici di trasformazione sono molto differenti tra di loro, nel caso dei composti ricchi di cellulosa si rende necessario prima un pretrattamento della materia, per facilitare la rottura dei solidi legame che costituiscono la matrice cellulosica, e solo successivamente si passa alla fermentazione degli zuccheri che sono stati liberati in tal modo.

Per finire questo processo è ancora “giovane” rispetto al collaudato milling per il mais, quindi è ancora soggetto a miglioramenti tecnici che porteranno sicuramente ad un innalzamento del rendimento della fase di conversione quindi di conseguenza ad una minora richiesta energetica.

Quindi l’input totale per la produzione di etanolo, da un ettaro di terreno, sarà ottenuto sommando tra di loro i due input per le due differenti fasi di lavorazione:

ITOT = I1 + I2 = (11.53 + 113.1) GJ/ha = 124.63 GJ

Per stimare se l’intero processo produttivo sia favorevole o meno da un punto di vista energetico dobbiamo andare a calcolare quanta energia possiamo ottenere dalla quantità di etanolo prodotta.

Ricordando che da un ettaro di terreno abbiamo ricavato 4,000 L di EtOH, equivalenti a 3,148 kg di EtOH (densità dell’EtOH è di 0.787 kg/L), e che il potere calorifico dell’etanolo (HHV) è di 29.7 MJ/kg, avremo un valore dell’output di:

OTOT = 3148 kg × 29.7 MJ/ha = 93.43 GJ

Anche in questo caso appare subito evidente che l’energia necessaria per produrre quel volume di etanolo è maggiore di quella che lo stesso volume è in grado fornire, così il processo è decisamente energeticamente sfavorevole, e il valore del rapporto tra output ed input lo conferma decisamente

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Ricordiamo che per il caso del mais il rapporto era vicino all’unità (R = 0.93).

Un altro problema che ancora rende non efficiente il panico verga è che non ci sono enzimi in grado di rompere efficientemente i legami della cellulosa, rilasciando così una minima quantità di zuccheri fermentabili e quindi un minor volume finale di etanolo. Stime ottimistiche prevedono che nei prossimi dieci anni si avrà finalmente a disposizione un set di enzimi efficaci, con i quali poter sfruttare le grandi potenzialità di questa classe di composti.

Concludendo il panico verga può essere considerata una risorsa valida per la produzione futura di etanolo dato che la fase di farming è molto conveniente e quella di raffinazione può essere migliorata sensibilmente.

Alcune recenti stime (Greene, N., Growing Energy, NRDC, 2004) affermano che dal 2050 potremo avere l’energia necessaria per sostituire ben 100 bilioni di galloni di benzina per anno, tramite la produzione di etanolo da 114 milioni di acri di panico verga.

4.2.4 – I Residui Legnosi

L’utilizzo del legno come risorsa per la produzione di etanolo ha delle analogie, ma anche delle differenze con l’impiego del panico verga nel settore della biocarburazione.

Il punto di contatto principale è che entrambe le risorse sfruttano come composti energetici la cellulosa e la lignina, mentre la differenza principale è che il legno non prevede, come tutte le altre colture finora analizzate, una fase di

farming.

Questo aspetto sarà opportunamente considerato nella fase in cui verrà calcolato il bilancio energetico totale, inserendo come unici input quelli necessari per il trasporto e la successiva conversione delle materie prime in etanolo.

La tabella seguente riporta gli input necessari per ricavare il Bioetanolo dal legno raccolto.

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Tabella 33 – Input energetici totali per la produzione di Etanolo dal legno (Fonte: Pimentel, D., Patzek, Tad W., Natural Resources Research, Vol.14, No.1, 2005).

Input Quantità Energia Costo

GJ

Raccolta del Legno a) 2,250 kg 1.67 157.25

Macchinari b) 5 kg 0.42 6.29

Azoto c) 50 kg 3.35 17.61

Trasporto del Legno d) 2,500 kg 1.25 9.44

Acqua e) 125,000 L 0.29 12.58 Macchinari Industriali f, g) 15 kg 0.44 20.76 Macinazione h) 2,500 kg 0.42 5.03 Acido Solforico a) 118 kg 0 52.21 Vapore a) 8.1 t 18.41 22.64 Elettricità a, i) 666 kWh 7.13 28.93 Purificazione j, k) 9 kcal/L 0.037 25.16

Trattamento Effluenti l, m) 20 kg (BOD) 0.29 3.77

Totale 1,000 L EtOH 33.7 361.67

a) Arkenol, 2004. b) Mead e Pimentel, 2004. c) Raccogliendo 2,500 kg di legno vengono rimossi dal suolo all’incirca 50 kg di azoto, che devono essere opportunamente rimpiazzati per non intaccare la produttività del suolo. d) Si assume che per il trasporto delle materie prime si compia un viaggio di andata e di ritorno di 144 km. e) Pimentel et al., 1988. f) Sono compresi i materiali (acciaio, acciaio inossidabile, cemento) necessari per costruire i serbatoi gli strumenti necessari per trattare il panico verga nell’impianto di conversione. g) Slesser e Lewis, 1979. h) Wood Tub Grinders, 2004. i) Illinois Corn, 2004. j) Processi tecnologici necessari per passare da etanolo al 95% ad etanolo al 99.5%. k) Patzek, Tad W., pers. comm., University of California, Berkeley, 2004. l) Kuby, Markoja e Nactford, 1984. m) Blais et al., 1995.

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Dalla tabella possiamo concludere che per produrre 1,000 L di etanolo servono 2,500 kg di legno e in totale 33.7 GJ, quindi all’incirca 33.7 MJ/L EtOH.

ITOT = 33.7 GJ

Per vedere se è un processo conveniente dal punto di vista energetico dobbiamo definire l’output corrispondente, ovvero l’energia che 1,000 L di etanolo possono liberare.

In base al potere calorifico (HHV) e alla densità avremo:

OTOT = (1,000 L × 0.787 kg/L) × 29.7 MJ/kg = 23.37 GJ

Calcoliamo il rapporto tra output ed input e otteniamo:

RO/I = 23.37/33.7 = 0.7

Anche in questo caso il rapporto e inferiore ad uno ed è numericamente simile a quello già ottenuto per il panico verga (R = 0.75) a confermare come siano molto simili queste risorse.

Analogamente al panico verga anche per il legno sono validi i discorsi fatti in precedenza circa la scarsa efficienza energetica e le prospettive come una fonte energetica alternativa per il futuro.

4.3 – Il Confronto dei Bilanci Energetici

In questo capitolo andremo a fare un confronto tra i bilanci energetici, nel loro totale, per tutte le materie prime finora analizzate.

Tutti dati raccolti nei bilanci energetici finora realizzati verranno riassunti graficamente in un diagramma a barre verticali, in modo tale da poter avere un confronto visivo immediato del valore cha assumono input ed output per le colture prima citate.

Oltre ad avere quindi un’istantanea di quali siano le materie prime più costose, ovvero le materie che richiedono una maggiore spesa energetica sia per la fase di coltivazione (Farming), che per quella di trasporto e conversione delle materie prime in Bioetanolo (Processo), si potrà determinare facilmente anche

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quali siano le materie caratterizzate da un ciclo produttivi energeticamente favorevole nel suo complesso.

Difatti sarà sufficiente confrontare l’altezza relativa alla colonna degli input energetici totali con l’altezza della colonna degli output totali. Più sarà alta la colonna degli input, rispetto al quella degli output, e più sarà favorevole il processo; e viceversa.

Figura 23 – Valori degli Input ed Output Energetici per le colture impiegate nella produzione di Bioetanolo.

Il grafico evidenzia quanto già concluso nelle analisi energetiche precedenti, ovvero che il mais è la risorsa più costosa da coltivare, e con un elevato costo anche di trasporto e conversione in etanolo.

Le biomasse di cellulosa sono invece poco costose da coltivare, lo confermano gli input per la fase di farming, ma nel caso del panico verga eccessivamente dispendiose per la fase di trasporto e conversione.

Al contrario residui legnosi richiedono degli input di processo relativamente bassi, ma gli output non sono ancora necessariamente sufficienti da sostenere un processo energeticamente favorevole.

0 20 40 60 80 100 120 140 160 Mais Canna da Zucchero

Panico Verga Residui Legnosi

GJ/ha

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In fondo quindi la canna da zucchero è la materia prima per eccellenza nella produzione di Bioetanolo in quanto è contraddistinta dal possedere sia gli input totali più bassi, che un valore degli output così alti da renderla estremamente favorevole dal punto energetico.

Figura

Tabella  29  –  Input  Energetici,  per  un  ettaro  di  terreno,    della  fase  di  farming  per  la  Canna  da  Zucchero (Fonte: Energy Balance of the Sugar Cane and Ethanol: Production in the Cooperated
Tabella  30  –  Input  Energetici  della  fase  di  trasporto  e  conversione  della  Canna  da  Zucchero  in  Etanolo  (Fonte:  Energy  Balance  of  the  Sugar  Cane  and  Ethanol:  Production  in  the  Cooperated
Tabella  31 – Input energetici, per un ettaro di terreno, della fase di farming per il Panico Verga  (Fonte: Pimentel, D., Patzek, Tad W., Natural Resources Research, Vol.14, No.1,  2005)
Tabella  32  –  Input  Energetici  della  fase  di  trasporto  e  conversione  del  Panico  Verga  in  Etanolo  (Fonte: Pimentel, D., Patzek, Tad W., Natural Resources Research, Vol.14, No.1,  2005)
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