Conclusioni.
7.1 Introduzione.
In questa tesi sono state studiate le unità tettoniche degli Schistes Lustrés s.l. esposte nella bassa Valle del Golo. Nell’area di studio queste unità costituiscono un impilamento tettonico in cui sono individuabili tre insiemi di ordine maggiore, corrispondenti, dal basso all’alto e da Est ad Ovest, a: 1) Insieme Oceanico Inferiore, 2) Unità di transizione, 3) Insieme Oceanico Superiore. Gli insiemi oceanici Inferiore e Superiore sono formati da unità oceaniche che includono un basamento ofiolitico giurassico e le relative coperture metasedimentarie (Giurassico sup.‐Cretaceo). L’insieme delle Unità di transizione rappresenta un gruppo composito i cui delle scaglie di gneiss continentali sono associati al basamento ofiolitico e/o alle relative coperture metasedimentarie.
7.2 Risultati del rilevamento geologico.
Il lavoro di rilevamento geologico ha consentito di definire i limiti geologici, la posizione strutturale e il contenuto di ognuna delle unità incluse negli insiemi di ordine maggiore.
Assetto strutturale generale:
1) L’area studiata può essere suddivisa in un settore orientale e in un settore
occidentale. Nel primo sono presenti le unità tettoniche che costituiscono il fianco occidentale del duomo della Castagniccia. Queste unità sono orientate in direzione ≈Nord‐Sud e immergono ad alto angolo verso Ovest. Nel settore occidentale sono presenti le unità dell’Insieme Oceanico Superiore. Queste unità sono orientate in direzione ≈Est‐Ovest e sono sovrapposte al Massiccio Cristallino del Tenda verso Nord e all’unità parautoctona Caporalino‐Pedani verso Sud. La variazione di orientazione fra le unità del settore orientale e quelle del settore occidentale è legata alla terminazione
periclinale del Massiccio Cristallino del Tenda, la cui foliazione principale varia in direzione di ≈90°, passando da un’orientazione media N180 50E a N90 40S. 2) L’unità Ligure Inferiore, circondando la terminazione periclinale del Massiccio Cristallino del Tenda, costituisce il raccordo fra il settore orientale e il settore occidentale. Rossi et al., (2001) affermano che questa unità è in posizione strutturale superiore rispetto all’unità Lento‐Casaluna. In questa tesi si è dimostrato l’inverso, ossia che l’unità Ligure Inferiore è in posizione strutturale inferiore rispetto all’unità Lento‐Casaluna.
3) Il massiccio delle peridotiti serpentinitiche di Serra Debbione può essere
considerato un’unità indipendente che occupa la posizione strutturale più elevata nella pila di unità studiate. La mancanza di evidenze di metamorfismo orogenico di alta pressione e la preservazione, nelle peridotiti, di strutture mantelliche primarie, sembra suggerire che questo massiccio abbia subito un’evoluzione tettonica diversa rispetto alle unità confinanti e che esso possa essere tentativamente correlato all’unità Pineto.
Litostratigrafia
Per ogni unità tettonica è stata ricostruita una colonna litostratigrafica schematica. I risultati ottenuti confermano e arricchiscono le conoscenze fornite da Rossi
et al., (1994, 2001).
1) I calcescisti che costituiscono le coperture metasedimentarie delle unità di
transizione Morteda‐Farinole‐Volpajola e Campitello‐Morosaglia includono dei livelli ricchi in elementi detritici di origine sia continentale che oceanica (clasti decimetrici di metabasiti e metacalcari dolomitici). In generale le caratteristiche delle coperture metasedimentarie testimoniano l’originaria vicinanza delle unità di transizione ad un margine continentale passivo.
2) Gli gneiss inclusi nei calcesciti dell’unità Morteda‐Farinole‐Volpajola derivano
da sedimenti terrigeni grossolani deposti in ambiente marino.
3) Gli gneiss dell’unità Campitello‐Morosaglia sono orto‐derivati. Questi gneiss
possono essere interpretati come scaglie tettoniche di origine continentale incorporate all’interno di questa unità durante l’orogenesi alpina o come originari alloctoni estensionali derivanti dai processi di rifting della crosta continentale del sistema Adria‐ Europa.
4) La sequenza litostratigrafica dell’unità Lento‐Casaluna rappresenta
l’equivalente, più metamorfico, delle coperture sedimentarie oceaniche delle unità Liguri Interne. Dal rilevamento geologico di questa unità è emersa la presenza, locale, di un livello di metacalcari associati a metaradiolariti e metabrecce ofiolitiche. Questi metacalcari, non ancora segnalati nella Valle del Golo, sono correlabili, per facies e per
(1972) e comparati, da questi autori, ai Calcari a Calpionelle (Berriasiano‐Valanginiano) dell’Appennino Settentrionale.
7.3 Risultati dell’analisi strutturale.
L’analisi strutturale è stata condotta principalmente su tre unità rappresentative per estensione e condizioni di affioramento. Queste unità corrispondono, dal basso all’alto, a: 1) unità Morteda‐Farinole‐Volpajola, 2) unità Campitello‐Morosaglia, 2) unità Lento‐Casaluna. Lo studio delle strutture è stato focalizzato sulle deformazioni duttili acquisite in condizioni sin‐metamorfiche. In ognuna di queste unità sono state riconosciute quattro fasi deformative principali (D1‐D4) e una fase tardiva poco intensa (D5).
La prima fase deformativa (D1) è caratterizzata, nelle tre unità, dallo sviluppo di una foliazione S1, associata a pieghe isoclinali F1, e di una lineazione minerale/di estensione con immersioni prevalenti verso Sud‐Ovest secondo direzioni ≈N 30. La fase
D1 si realizzata in condizioni sin‐metamorfiche, corrispondenti alla facies eclogitica
nell’unità Morteda‐Farinole‐Volpajola e alla facies scisti blu nelle unità Campitello‐ Morosaglia e Lento‐Casaluna.
Alla seconda fase deformativa è attribuito lo sviluppo di pieghe isoclinali F2. Queste pieghe deformano le strutture precedenti e riorientano la foliazione S1 parallelamente ai relativi piani assiali. La foliazione di piano assiale S2 risultante da questa fase è orientata secondo direzioni N30 con immersioni prevalenti verso Nord‐ Ovest. Questa foliazione rappresenta la superficie principale osservabile a scala mesoscopica. Gli assi delle pieghe F2 sono paralleli alla lineazione minerale/di estensione di prima fase. La seconda fase deformativa si è realizzata in condizioni metamorfiche retrogressive, corrispondenti alla facies scisti blu nell’unità Morteda‐Farinole‐Volpajola ed alla transizione facies scisti blu‐facies scisti verdi nelle unità Campitello‐Morosaglia e Lento‐Casaluna.
La terza fase deformativa (D3) è caratterizzata dallo sviluppo di pieghe asimmetriche F3. Nelle unità Morteda‐Farinole‐Volpajola e Campitello‐Morosaglia queste pieghe sono sub‐coassiali alle pieghe F2 e mostrano un facing verso Est/Sud‐Est con piani assiali ≈N30 sub‐verticali. Nell’unità Lento‐Casaluna le pieghe F3 sono distribuite in modo eterogeneo e mostrano orientazioni piuttosto disperse, con un massimo intorno a posizioni assiali sub‐verticali e piani assiali ≈N180 sub‐verticali o immergenti ad alto angolo verso Ovest. La vergenza è comunque verso i quadranti orientali. Questa fase deforma le superfici di contatto fra le diverse unità e si è realizzata in facies scisti verdi.
Alla quarta fase deformativa (D4) è attribuito, in tutte le unità, lo sviluppo di pieghe blande con piani assiali sub‐orizzontali e assi orientati ≈N 30, anch’essi sub‐ orizzontali.
L’ultima fase deformativa riconosciuta (D5) è caratterizzata da una superficie di discontinuità, classificabile in funzione dei singoli litotipi, come un joint set o come un clivaggio disgiuntivo con orientazione prevalente N110 45NE.
Discussione
Il confronto fra le caratteristiche deformative ed i dati metamorfici nelle diverse unità permette di collocare le deformazioni riconosciute nell’ambito dell’evoluzione geodinamica della Corsica Alpina.
Le deformazioni di prima fase possono essere connesse ad un processo di
underthrusting delle tre unità in una zona di subduzione ed al loro successivo underplating
alla base di un prisma di accrezione. Questa fase deve essersi realizzata in tempi diversi ed a profondità diverse nelle tre unità. Infatti: a) l’unità Morteda‐Farinole‐Volpajola è caratterizzata da un’impronta metamorfica in facies eclogitica, mentre la massima pressione raggiunta dalle unità Campitello‐Morosaglia e Lento‐Casaluna corrisponde alla
facies scisti blu, b) le tre unità sono rappresentative di domini diversi (litosfera oceanica
Ligure‐Piemontese l’unità Lento‐Casaluna, transizione oceano‐continente le unità Campitello‐Morosaglia e Morteda‐Farinole‐Volpajola) che sono stati verosimilmente coinvolti in tempi diversi nella zona di subduzione. Tenendo presenti le stime geobarometriche sulle rocce eclogitiche e l’età radiometrica dell’evento metamorfico corrispondente (LAHONDÈRE, 1996; LAHONDÈRE e GUERROT, 1997), l’unità Morteda‐ Farinole‐Volpajola deve essere aver raggiunto, nel Cretaceo superiore, una profondità di almeno 60 km.
Le deformazioni di seconda fase possono essere considerate come la registrazione dell’evoluzione strutturale subita dalle unità incorporate all’interno del prisma di accrezione. Anche questa fase deve essersi realizzata in tempi e condizioni metamorfiche diversi nelle tre unità. Nell’unità Morteda‐Farinole‐Volpajola la seconda fase si è sviluppata in facies scisti blu mentre nelle unità Lento‐Casaluna e Campitello‐Morosaglia si è probabilmente sviluppata in condizioni metamorfiche retrogressive di transizione
facies scisti blu‐facies scisti verdi. L’evoluzione metamorfica retrogressiva in facies scisti blu
dell’unità Morteda‐Farinole‐Volpajola suggerisce che almeno una parte del percorso di esumazione di questa unità all’interno del prisma di accrezione sia avvenuta in condizioni “fredde” ossia prima della collisione continentale fra le placche Adria e Europa.
tettono‐metamorfico può essere connesso ai processi di esumazione dai livelli strutturali intermedi ai livelli strutturali superiori del prisma di accrezione.
Le pieghe di quarta fase con assi e piani assiali sub‐orizzontali, comuni a tutte le unità, possono essere legate allo sviluppo delle grandi pieghe antiformi e sinformi Nord‐ Sud con geometrie tipo duomi e bacini che hanno caratterizzano gli ultimi stadi di esumazione delle unità della Corsica Alpina. In questo contesto le pieghe F4, in accordo a Fournier et al., (1991) Jolivet et al., (1991) e Daniel et al., (1996), possono essere interpretate come strutture di collasso estensionale, connesse alla strutturazione del duomo della Castagniccia.