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Capitolo 4 Il progetto preliminare

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Academic year: 2021

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4.1 Premessa

Il presente capitolo ha lo scopo di descrivere l’intervento, giustificarne le scelte progettuali, indicarne un dimensionamento di massima e delineare quelle che sono state le scelte tecniche in merito al soddisfacimento delle classi di esigenze e all’impiego di materiali e tecnologie costruttive.

Il progetto preliminare elaborato è stato eseguito in linea con quelli che sono gli obiettivi della Pubblica Amministrazione Comunale di Collesalvetti (Li) ed in questo senso le funzioni a cui l’edificio in esame deve rispondere riguardano la previsione di spazi pubblici dei quali il Comune necessita.

L’idea nasce appunto dall’esigenza da parte del Comune di collocare sul territorio una sede ove poter inserire un archivio per la raccolta della documentazione cartacea accumulata negli anni. Da qui l’esigenza di dar luogo anche ad uffici di supporto alle attività di archivio.

Non meno importante è la necessità di dar luogo ad una sede in cui al suo interno possano essere previste tutte le officine degli operai comunali; esse dovranno rappresentare il punto di riferimento ove collocare attrezzature e materiali da impiegare sul territorio.

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4.2 Descrizione dell’intervento

L’intervento riguarda la realizzazione di un complesso sito nel Comune di Collesalvetti in una porzione di territorio ricadente in zona D2 denominata zona per insediamenti produttivi.

Sin dai primi sopraluoghi sono emerse le caratteristiche del sito oggetto di studio; in particolare si sono evidenziate le peculiarità di un sito in cui per lo più vanno a svilupparsi e a prendere piede attività di tipo artigianale. L’area risulta perciò senza particolare pregio, carente di infrastrutture e priva di servizi.

Foto 1: Scorcio dell’area oggetto di studio

Il terreno di forma triangolare è delimitato a nord da Via Napoli, a sud e ad ovest dalla Ferrovia Pisa-Cecina, mentre ad est è in atto la realizzazione di capannoni ad uso artigianale. La presenza della linea ferroviaria nella parte a sud e ad ovest del terreno, quella del Fosso Fologno all’interno dell’area in prossimità di Via Napoli ed infine la vicinanza ad un depuratore sito a nord-est del terreno, rende ogni tipo di intervento di difficile realizzazione nota la molteplicità dei vincoli gravanti e note le caratteristiche morfologiche del terreno stesso.

In risposta alle limitazioni che sono imposte dalle caratteristiche del sito, saranno adottate misure di salvaguardia per poter rispondere in maniera adeguata alle classi di esigenze di sicurezza e di benessere.

È in questo senso che saranno osservate le fasce di rispetto nei confronti della ferrovia presente (19 mt concordati con le Ferrovie dello Stato), del fosso Fologno (10 mt)

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e dai confini delle costruzioni presenti ed in fase di realizzazione (10 mt da muro a muro degli edifici) entro le quali non è possibile edificare.

Il progetto prevede la realizzazione di tutta una serie di funzioni che risultano di supporto alle attività dell’Amministrazione Pubblica e che vanno a collocarsi su un’area mediante la realizzazione ex-novo di un edificio. Tale edificio ospiterà al suo interno un archivio, uffici e locali di lavorazione e deposito materiali ove lavoreranno gli operai del Comune quando non si troveranno a lavorare sparsi sul territorio.

L’intervento prevede anche la sistemazione di un’area adiacente alla porzione di terreno in esame dove sarà prevista la realizzazione di un parcheggio a servizio del complesso edilizio oggetto di studio.

Qui di seguito è riportata la planimetria riguardante la progettazione del complesso edilizio suddetto e la previsione delle infrastrutture primaria e secondaria che tenderanno alla riqualificazione dell’area oggetto di studio.

4. 5 m t Fosso Fologno Ferro via Pis a-Cecina 10 .1 7m t 15.05mt 10 m t 19m t 8mt 14. 60mt

C APAN NONE ARTIGIANALE

C APAN N ON E IN F ASE DI REALIZZAZIONE D I PR OPR IET A' DEL PRIVATO AR EA EC OLOGIC A DEL COMUNE DI

C OLLESALVETTI

D EPU RATORE

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4.3 Scelte architettonico-funzionali dell’edificio

La porzione di terreno sul quale insisterà l’edificio oggetto di studio presenta una forma triangolare piuttosto allungata.

Le dimensioni della superficie edificabile non sono rilevanti e sono ulteriormente ridotte dalle fasce di rispetto di area inedificabile nei riguardi della ferrovia Pisa-Cecina, del fosso Fologno e degli edifici che ad oggi sono in fase di realizzazione.

Questo fa si che l’area debba essere sfruttata al massimo per consentire lo snodarsi di tutte le funzioni richieste dalla Pubblica Amministrazione Comunale.

Al fine quindi di ottimizzare lo sfruttamento dell’area edificabile, si è ritenuto opportuno dar luogo ad un’idea di progetto che seguisse quella che è la forma della porzione di terreno stessa. È in questo senso che l’edificio si sviluppa secondo la forma triangolare dove nel particolare l’ipotenusa del triangolo immaginario, risulta essere parallela alla linea ferroviaria presente.

L’idea resta comunque quella di dar luogo a volumi semplici atti al permettere lo snodarsi delle funzioni in maniera organica e flessibile nel tempo.

È in questo senso che l’idea di progetto è quella di dar luogo a tre distinti volumi, diversi per forma, dimensioni ed altezza. Ciascun volume ospiterà al suo interno funzioni ben precise e sarà rappresentativo di specifiche aree funzionali omogenee.

Qui di seguito (fig.1) è evidenziata la suddivisione dei tre distinti volumi all’interno dei quali avranno luogo le diverse attività che si snodano al piano terra.

LOCALE DEPOSITO MATERIALI LOCALE LAVORAZIO NI IDRAULICI LOCALE DEPOSITO MATE RIALE LOCALE LAVORAZIO NI ELETTRICISTI DEPOSITO MATERIALE ELETTORALE LOCALE

VERNICI LOCALE DEPOSITOSEGNALETICA LOCALE LAVORAZIONI SEGNALETICA LOCALE CANTONIERE LOCALE LA VORA ZIONI MURATORI LOCALE DEPOSITO MATERIALI FINITI LOCALE VERNICI RICOVERO MEZZI DI TRASPO RTO FALEGNAMERIA LOCALE VERNICI LOCALE CALDAIA LOCALE POMPE ANTINCENDIO LOCALE DEPOSITO MATERIALI SEMILAVORATI MAGAZZINO LOCALE CALDAIA ARCHIVIO

Volume 1 all'interno si snodano le AFO 1 e le AFO 2 Volume 2 all'interno si snodano le AFO 3 e le AFO 5 Volume 3 all'interno si snodano le AFO 4

PIANTA PIANO TERRA

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Come specificato in figura, il Volume 1 sarà rappresentativo delle attività previste per le AFO 1 e 2, intendendo per esse rispettivamente le attività legate al lavoro di ufficio e quelle legate all’archivio.

Tale volume presenta senz’altro più degli altri volumi caratteristiche di flessibilità nel tempo infatti è concepito in modo da poter esistere indipendentemente dalla presenza o meno degli altri. In questo senso è stata prevista una doppia parete che divide il volume 1 dal volume 2 in modo tale che in caso si renda necessaria la realizzazione dei soli locali che gravitano intorno alla presenza dell’archivio, essi hanno modo di esistere.

Il Volume 2 è invece rappresentativo delle AFO 3 e 5 dove hanno luogo gli spazi di servizio ai locali di lavorazione e deposito materiali (spogliatoi, docce e servizi igienici) e l’area d’ingresso nonché punto di snodo per accedere ai vari ambienti.

Il Volume 3, rappresentativo della AFO 4, riguarda infine lo svolgimento delle attività nelle diverse officine. In esso hanno luogo le lavorazioni da parte degli operai e sempre in esso sono raggruppati tutti i locali di deposito dei materiali e delle attrezzature appartenenti al Comune.

La figura 2 è rappresentativa della stessa suddivisione appena analizzata attuata stavolta al piano primo. Come è noto, a questo livello non si hanno più le AFO 3, 4 e 5.

Volume 1 all'interno si snodano le AFO 1 e le AFO 2

PIANTA PIANO PRIMO Copertura piana praticabile del Volume 2

Copertura piana del Volume 3

ARCHIVIO

Figura 3: Scomposizione dell’edificio in tre volumi caratteristici di distinte macroaree funzionali

Al loro posto il Volume 2 risulta caratterizzato dalla presenza di una copertura piana praticabile mentre il Volume 3 da una copertura piana non praticabile.

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Qui di seguito la stessa suddivisione è elaborata per il secondo piano (fig.3); a questo livello è prevista la presenza della sola AFO 2 intesa come area funzionale omogenea all’interno della quale avvengono le attività legate alla presenza dell’archivio.

PIANTA PIANO SECONDO Volume 1 all'interno si snoda l' AFO 2

Copertura piana praticabile del Volume 2 Copertura piana del Volume 3

Figura 4: Scomposizione dell’edificio in tre volumi caratteristici di distinte macroaree funzionali

Come sopra citato i tre volumi presentano anche ad occhio nudo caratteristiche tra loro diverse per forma, dimensione e sviluppo in altezza; in particolare abbiamo:

a) Volume 1: forma rettangolare di dimensioni 15,10 x 28,11 mt e superficie di 424,46 mq caratteristiche del piano terra e del piano primo; il secondo piano

è caratterizzato da un volume avente pianta ad “L” di superficie 65,80 mq. La quota massima in altezza raggiunta dal volume in esame è di 9,50 mt;

b) Volume 2: forma pseudo rettangolare di dimensioni 8,30 x 20,59 mt e

superficie 171,92 mq caratteristiche del solo piano terra. La quota massima in altezza raggiunta dal volume in esame è di 3,40 mt;

c) Volume 3: forma a triangolo rettangolo di cateti 31,21 mt e 79,66 mt,

ipotenusa pari a 85,55 mt e superficie di 1243,10 mq caratteristici del solo piano terra. La quota massima in altezza raggiunta dal volume in esame è di

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4.4 Dimensionamento dell’intervento

4.4.1 Ambiti spaziali omogenei che compongono l’AFO 1

L’Area Funzionale Omogenea 1 comprende lo spazio per lo svolgimento delle

attività di ufficio. Il progetto preliminare si occupa di analizzare quelle che sono le funzioni

che debbono essere svolte in questa area ed è in questo senso che si è reso necessario uno studio nell’ottica di far si che i diversi Ambiti Spaziali Omogenei venissero tra loro messi in relazione nel migliore dei modi.

I suddetti ASO sono i seguenti:

a) ASO 1.1: vano d’ingresso;

b) ASO 1.2: ufficio informazioni – portineria; c) ASO 1.3: sala d’attesa;

d) ASO 1.4: vano scala;

e) ASO 1.5: uffici degli operai del Comune; f) ASO 1.6: ufficio del capo operaio del Comune; g) ASO 1.7: sala riunioni;

h) ASO 1.8: servizi igienici; i) ASO 1.9: ripostiglio; j) ASO 1.10: magazzino.

Di seguito è riportata un’immagine (fig.4) che delinea come i diversi vani di progetto siano stati tra loro uniti al fine di dar luogo ad una soluzione che potesse presentare caratteristiche di funzionalità e organicità degli spazi.

L’idea di progetto è stata quella di fare in modo che i diversi vani si snodassero tutti intorno al vano scala di collegamento verticale e che la stessa partizione interna dei locali risultasse flessibile in modo tale da poter potenzialmente permettere nel tempo mutamenti.

Quest’ultimo accorgimento è reso possibile dall’utilizzo di una struttura portante in cemento armato che svuotata delle partizioni interne può dar luogo ad una ulteriore suddivisione degli spazi che meglio aderisce all’utilizzo che se ne vuole fare dell’edificio nei diversi momenti della sua vita.

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L’AFO in esame è caratterizzata dalla presenza di ben due accessi: uno è quello principale e rappresenta il punto dal quale hanno accesso tutte le persone che accedono all’edificio se pur per scopi diversi; l’altro è un ingresso secondario attraverso il quale accede il linea generale il personale addetto specificatamente al lavoro di ufficio e di archivio. Tale ingresso, è localizzato in adiacenza ad un piccolo parcheggio ad uso esclusivo dei dipendenti che lavorano nella sezione dell’edificio in esame.

Entrambi gli ingressi sono caratterizzati dalla presenza di un ufficio di informazioni per gli utenti esterni e di portineria per il personale addetto. Nelle vicinanze di tali locali si sviluppa una piccola sala d’attesa per tutti coloro che necessitano di una consulenza da parte dei dipendenti del Comune.

Qualora ve ne sia la necessità sarà possibile facendo riferimento al personale impiegato operare una consultazione telematica dei documenti archiviati e qualora ve ne sia l’esigenza fare delle copie del materiale di archivio.

Gli ASO sopra citati si snodano al pian terreno e al piano primo del progetto elaborato; al piano primo sono stati collocati una piccola sala riunioni e l’ufficio dell’impiegato capo che si occuperà di coordinare le attività di ufficio legate al mantenimento dell’archivio.

Sempre a questo livello è stata inserita un’uscita che immette su di una superficie terrazzata. Tale uscita rappresenta una via di fuga in caso di incendio od altro e risulta utile per la cura e la manutenzione della adiacente copertura non praticabile composta di lucernari attrezzati con dispositivi di evacuazione di fumo e calore.

I servizi igienici sono stati collocati sia al piano terra che al primo piano per consentire un adeguato comfort al personale addetto. Ciascun servizio igienico è composto da wc per uomini, per donne e per persone disabili.

Infine il vano scala, che come detto inizialmente è il punto attorno al quale si snodano tutte le diverse funzioni dell’edificio, è composto da una doppia rampa di scale che gira tutta intorno all’ascensore previsto.

Qui di seguito è riportata un’immagine che delinea (parte colorata di verde) quelli che sono gli Ambiti Spaziali Omogenei facenti parte dell’AFO in esame; di fianco è elaborata una tabella che indica le superfici (in mq) dei diversi ambiti.

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- 204 - ASO 1.1A ASO 1.2A ASO 1.5A ASO 1.8 ASO 1.5B ASO 1.3A ASO 1.4 ASO 1.3B ASO 1.2B ASO 1.1B

PIANTA PIANO TERRA

ASO Superficie al netto dei muri (mq)* 1.1A 1.2A 1.3A 1.4 1.5A 1.5B 1.8 37.61 21.34 20.30 17.31 46.50 26.64 18.00 AFO 1 Spazio per lo svolgimento

delle attività di ufficio

1.1B 35.40 1.2B 12.77 1.3B 11.83 ASO 1.10 ASO 1.9 ASO 1.8 ASO 1.7 ASO 1.2 ASO 1.6 ASO 1.4 ASO 1.3

PIANTA PIANO PRIMO

ASO Superficie al netto dei muri (mq)* 1.2 1.3 1.4 1.6 1.7 1.8 1.9 34.59 16.16 18.09 24.05 57.57 12.22 4.84 AFO 1 Spazio per lo svolgimento

delle attività di ufficio

1.10 12.30 LOCALE

CALDAIA

ARCHIVIO

ARCHIVIO

*: La somma delle superfici elencate in tabella non equivale alla superficie colorata di verde in figura. Esse rappresentano le superfici dei singoli vani depurati dall'ingombro dei muri, dell'area dei disimpegni, etc.

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4.4.2 Ambiti spaziali omogenei che compongono l’AFO 2

L’Area Funzionale Omogenea 2 comprende lo spazio per lo svolgimento delle

attività di archivio.

Il progetto preliminare si compone dei seguenti Ambiti Spaziali Omogenei:

a) ASO 2.1: vano d’ingresso;

b) ASO 2.2: ufficio informazioni – portineria; c) ASO 2.3: sala d’attesa;

d) ASO 2.4: vano scala; e) ASO 2.5: servizi igienici;

f) ASO 2.6: spazio per l’archiviazione di documenti;

g) ASO 2.7: spazio per la consultazione telematica di documenti.

Gli ASO 2.6 e 2.7 rappresentano le aree che andranno a comporre lo spazio destinato ad archivio. Anche in questo caso, l’archivio è stato pensato dal punto di vista strutturale in modo tale da conferire all’edificio una certa flessibilità nel tempo.

È in questo senso che esso si compone di due parti: una in cemento armato che ne costituisce l’involucro, l’altra in acciaio che serve a sostenere i solai e le scaffalature dell’archivio stesso.

L’archivio risulta dunque caratterizzato da una struttura autoportante in acciaio svincolata dal tamponamento perimetrale. Questo consente, qualora in futuro ve ne sia la necessità, di rimuovere la struttura metallica per far posto a spazi aventi funzione diversa da quella per cui l’edificio è sorto.

Lo spazio destinato ad archivio è stato studiato su due livelli e l’area che si snoda al piano superiore va ad affacciarsi su quella del livello inferiore. Un vano scala costituito da rampe in acciaio e ascensore-montacarichi in acciaio e vetro fa da collegamento verticale per la sola area adibita ad archivio.

Di quest’Area Funzionale Omogenea fanno parte tutti quei vani considerati di servizio e di supporto alle attività di consultazione, per quanto possibile, dei documenti archiviati.

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È in questo senso che verrà offerto al pubblico un servizio atto all’esaminazione del materiale raccolto e catalogato in maniera ordinata. L’archivio nasce come esigenza da parte dell’Amministrazione Comunale di dar luogo ad una sede ove poter raccogliere e catalogare tutti i documenti facenti parte del Comune in modo che essi non vadano dispersi o si deteriorino.

Questo però non entra in contrasto con il fatto che di questo lavoro ne possano usufruire anche i cittadini esterni all’edificio. Essi infatti attraverso gli sportelli degli uffici aperti al pubblico possono richiedere la consultazione di documenti; da qui l’esigenza di dar luogo ad uffici appositi e sale d’attesa.

L’archivio però resta comunque praticabile da parte del solo personale addetto il quale si occuperà di ricercare quanto richiesto dal cittadino utente.

I servizi igienici e il vano scala godono delle stesse caratteristiche citate nel paragrafo precedente riguardante l’AFO 1 essendo essi Ambiti Spaziali Omogenei facenti parte dell’una e dell’altra area.

Al secondo piano è stato previsto un locale che tiene conto del fatto che con il passare degli anni vi possa essere l’esigenza di immagazzinare determinati documenti facendo spazio ad altri. Tale locale provvisto di appositi armadi rappresenta per lo più un magazzino raggiungibile attraverso il percorrere del vano scala principale.

Al secondo livello è previsto dunque lo snodarsi del vano scala che porta al locale di deposito di materiale archiviato e che va a costituire il vano extra-corsa dell’ascensore.

Sempre a questa quota, dal vano scala si accede attraverso una porta al tetto piano praticabile dell’edificio utile per la manutenzione di impianti che andranno ad installarsi in copertura.

Uffici ed archivio (AFO1 e AFO2) sono rappresentativi di uno spazio che è caratterizzato in sé da una certa continuità e organicità. Tali ambiti coesistono e dipendono l’uno dall’altro; per questo motivo non è stata operata nessuna scelta progettuale che renda concreta la divisione delle aree.

Esse possono insieme esistere indipendentemente da tutte le altre AFO ma non possono esistere se poste l’una lontana dall’altra.

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- 207 - ASO 2.1A ASO 2.2A ASO 2.5 ASO 2.3A ASO 2.4 ASO 2.3B ASO 2.2B ASO 2.1B

PIANTA PIANO TERRA

ASO Superficie al netto dei muri (mq)* 2.1A 2.2A 2.3A 2.4 2.5 2.6-2.7 37.61 21.34 20.30 17.31 18.00 141.20 AFO 2 Spazio per lo svolgimento

delle attività di ufficio

2.1B 35.40 2.2B 12.77 2.3B 11.83 ASO 1.10 ASO 2.5 ASO 2.2 ASO 2.4 ASO 2.3

PIANTA PIANO PRIMO

ASO Superficie al netto dei muri (mq)* 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6-2.7 34.59 16.16 18.09 12.22 118.21 AFO 2 Spazio per lo svolgimento

delle attività di ufficio

LOCALE CALDAIA ARCHIVIO ARCHIVIO ASO 2.6 ASO 2.7 ASO 2.6 ASO 2.7

*: La somma delle superfici elencate in tabella non equivale alla superficie colorata di giallo in figura. Esse rappresentano le superfici dei singoli vani depurati dall'ingombro dei muri, dell'area dei disimpegni, etc.

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PIANTA PIANO SECONDO

ASO Superficie al netto dei muri (mq)* 2.4 2.6 20.55 15.35 AFO 2 Spazio per lo svolgimento

delle attività di ufficio

ASO 2.6

ASO 2.4

*: La somma delle superfici elencate in tabella non equivale alla superficie colorata di giallo in figura. Esse rappresentano le superfici dei singoli vani depurati dall'ingombro dei muri, dell'area dei disimpegni, etc.

Figura 7: Ambiti Spaziali Omogenei che compongono l’AFO 2

4.4.3 Ambiti spaziali omogenei che compongono l’AFO 3

L’Area Funzionale Omogenea 3 comprende gli spazi di servizio per lo svolgimento

delle attività degli operai.

Il progetto preliminare si compone dei seguenti Ambiti Spaziali Omogenei:

a) ASO 3.1: vano d’ingresso;

b) ASO 3.2: ufficio informazioni – portineria; c) ASO 3.3: sala d’attesa;

d) ASO 3.4: vano scala; e) ASO 3.5: spogliatoi operai; f) ASO 3.6: servizi igienici operai; g) ASO 3.7: docce operai;

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i) ASO 3.9: servizi igienici operaie; j) ASO 3.10: docce operaie.

L’AFO 3 viene per lo più collocata nel progetto preliminare tutta nel Volume 2 descritto nelle pagine precedenti.

In esso sono distribuiti su un unico livello tutti gli spazi che sono di supporto alle attività di lavorazione degli operai. In linea di massima gli operai del Comune accedono all’edificio attraverso l’ingresso principale che fa da filtro ai soggetti indirizzandoli verso il luogo di lavoro.

È in questo senso che gli operai nell’accedere al complesso edilizio disporranno in prossimità dell’ingresso di tutta una serie di spazi quali spogliatoi e servizi igienici ove potersi preparare per accedere alle officine. In linea di principio gli operai non avranno bisogno di accedere a quelli che sono i locali di archivio ed uffici ad esso legati; per questo motivo le officine degli operai sono distribuite in un corpo quasi a sé che può funzionare indipendentemente dalle AFO 1 e 2.

Gli spazi di servizio ai locali di lavorazione e deposito materiali sono dotati di docce che consentono al personale di potersi lavare al termine dell’orario di lavoro.

L’AFO 3 risulta strettamente collegata all’AFO 4, sia spazialmente che funzionalmente; essa infatti non può esistere in sua assenza così come l’AFO 4 risulterebbe essere un’area incompleta e poco funzionale.

Gli operai infatti non possono lavorare in assenza di servizi igienici adeguati, docce che consentano l’eliminazione di sporcizia, polveri o sostanze nocive che si possono depositare sulla pelle dei lavoratori, così come non possono lavorare con in dosso gli indumenti di uso comune. Spogliatoi adeguati serviranno loro per spogliarsi delle vesti comuni ed indossare tute da lavoro.

Nonostante l’idea di progetto sia quella di dividere le AFO 3 e 4 dalle AFO 2 e 3, gli operai devono poter disporre per qualsiasi motivo del vano scala e devono comunque poter accedere senza problemi a tutte le parti dell’edificio.

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Per questo motivo il vano scala è stato collocato in posizione adiacente all’ingresso principale in modo che chiunque ne possa usufruire senza doverlo cercare trovandolo in maniera rapida ed immediata.

La suddivisione di ciascuna area avente funzioni distinte rispetto alle altre è dunque fatta attraverso i tamponamenti e l’utilizzo di forme e volumi diversi ma resta comunque consentita la fruibilità di tutti gli spazi.

La copertura che caratterizza l’Area Funzionale in esame è piana praticabile per i motivi menzionati nelle precedenti pagine.

Qui di seguito è riportata un’immagine che delinea (parte colorata di arancione) quelli che sono gli Ambiti Spaziali Omogenei facenti parte dell’AFO in esame; di fianco è elaborata una tabella che indica le superfici (in mq) dei diversi ambiti.

ASO 3.6 ASO 3.4

ASO 3.3

ASO 3.2 ASO 3.1

PIANTA PIANO TERRA

ASO Superficie al netto dei muri (mq)* 3.1 3.3 3.5 3.7 3.8 3.9 3.10 37.61 21.34 20.49 9.70 8.00 8.31 10.69 AFO 3 Spazio per lo svolgimento

delle attività di ufficio

3.2 35.40 3.4 12.77 3.6 13.39 LOCALE CALDAIA ARCHIVIO

*: La somma delle superfici elencate in tabella non equivale alla superficie colorata di arancione in figura. Esse rappresentano le superfici dei singoli vani depurati dall'ingombro dei muri, dell'area dei disimpegni, etc.

ASO 3.5 ASO 3.8 ASO 3.9 ASO 3.7 ASO 3.10

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4.4.4 Ambiti spaziali omogenei che compongono l’AFO 4

L’Area Funzionale Omogenea 4 comprende lo spazio per lo svolgimento delle

attività di deposito e lavorazione dei materiali.

Il progetto preliminare si compone dei seguenti Ambiti Spaziali Omogenei:

a) ASO 4.1: vano d’ingresso;

b) ASO 4.2: ufficio informazioni – portineria; c) ASO 4.3: sala d’attesa;

d) ASO 4.4: vano scala; e) ASO 4.5: magazzino;

f) ASO 4.6: servizi igienici operai;

g) ASO 4.7: servizi igienici per impiegati negli uffici; h) ASO 4.8: uffici operai;

i) ASO 4.9: locale deposito materiale elettorale; j) ASO 4.10: locale lavorazioni segnaletica; k) ASO 4.11: locale deposito segnaletica;

l) ASO 4.12: locale deposito vernici segnaletica; m) ASO 4.13: locale lavorazioni muratori;

n) ASO 4.14: locale cantoniere;

o) ASO 4.15: locale deposito vernici per muratori; p) ASO 4.16: locale lavorazioni idraulici;

q) ASO 4.17: locale deposito materiali idraulici; r) ASO 4.18: locale lavorazioni elettricisti; s) ASO 4.19: locale deposito materiali elettricisti; t) ASO 4.20: locale ricovero mezzi di trasporto; u) ASO 4.21: falegnameria;

v) ASO 4.22: locale deposito materiali semilavorati in legno; w) ASO 4.23: locale deposito materiali finiti in legno;

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x) ASO 4.24: locale deposito vernici per falegnami; y) ASO 4.25: locale caldaia;

z) ASO 4.26: locale pompe antincendio.

L’AFO 4, come si può vedere in figura 8, investe una notevole superficie del progetto preliminare. Le officine sono svariate, così come sono svariate le attività per le quali il Comune deve offrire un servizio al territorio.

Tale area è pensata in stretto collegamento spaziale e funzionale all’ingresso principale ove si trovano gli spogliatoi e i locali di servizio alle officine; inoltre da essa è facilmente raggiungibile il vano scala e le AFO 1 e 2.

Lo spazio è studiato in modo da poter ospitare in sé, oltre ai locali di lavorazione e deposito materiali, uffici per gli operai (con annesso un piccolo servizio igienico ad utilizzo degli impiegati) e un servizio igienico distaccato rispetto all’AFO 3 che serve in modo più diretto le officine senza fare in modo che gli operai debbano uscire dall’area lavoro per arrivare fino negli spogliatoi.

Le officine risultano distribuirsi tutte intorno a due grossi disimpegni. Essi rappresentano i punti di raccordo tra i vari locali; da qui è possibile infatti accedere a tutti i vani. Uno dei due disimpegni è caratterizzato dalla presenza di un ingresso secondario che fornisce un’ulteriore possibilità di accesso all’edificio.

In linea di massima tutti i locali sono costituiti da due porte: una che da verso l’esterno e costituisce una potenziale via di fuga, l’altra che invece da su uno dei disimpegni fornendo un raccordo spaziale con tutte le officine.

Nella parte terminale del corpo che costituisce il Volume 3 sono previsti due spazi: un locale caldaia che serve la sola AFO 4 e un locale dove sono raccolte le pompe antincendio. Tali pompe saranno opportunamente sistemate, qualora ve ne fosse la necessità, nel locale sotterraneo posto in adiacenza all’ASO 4.26 ove viene raccolta in cisterna l’acqua meteorica. Tale risorsa idrica potrà essere opportunamente utilizzata anche per il lavaggio degli automezzi alloggiati in uno dei locali adiacenti.

La copertura di quest’area di progetto è piana ma non praticabile; è caratterizzata dalla presenza di lucernari che favoriscono l’illuminazione dei locali interni e tali lucernari

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sono costituiti da dispositivi per l’evacuazione dei fumi e del calore. Tale accorgimento serve per garantire, dal momento che stiamo parlando di locali in cui avvengono lavorazioni di tutti i generi, l’eliminazione di fumi in caso di incendio, gas nocivi nel caso vi si formino consentendo quindi una maggiore areazione dei locali.

Nelle immediate vicinanze dell’edificio è stata pianificata la presenza di un ampio parcheggio a servizio per lo più degli operai che lavorano nelle officine e dei cittadini che per qualsiasi motivo intendono accedere all’edificio per usufruire dei suoi servizi.

Nonostante le officine caratterizzino gran parte dello sviluppo del progetto, non è prevista in esse una presenza prolungata del personale durante le ore di lavoro. Questo perchè l’edificio si trova nelle vicinanze di un depuratore che vincola l’utilizzo dell’area di progetto. I vani progettati che si snodano nell’AFO 4 rappresentano quindi un punto di riferimento per gli operai del Comune ove saranno raccolti i materiali e le attrezzature da impiegare poi fuori sede sul territorio. Chiaramente nelle officine saranno svolte anche lavorazioni di ogni genere fermo restante la non durata prolungata dei lavori sul sito.

Qui di seguito è riportata un’immagine che delinea (parte colorata di celeste) quelli che sono gli Ambiti Spaziali Omogenei facenti parte dell’AFO in esame; di fianco è elaborata una tabella che indica le superfici (in mq) dei diversi ambiti.

LOCALE CALDAIA ARCHIVIO ASO 4.4 ASO 4.3 ASO 4.2 ASO 4.1A LOCALE DEPOSITO MATERIALI LOCALE LAVORAZIO NI IDRAULICI LOCALE DEPOSITO MATERIALE LOCALE LAVORAZIO NI ELETTRICISTI DEPOSITO MATERIALE ELETTORALE LOCALE VERNICI LOCALE DEPOSITO SEGNALETICA LOCALE LAVORAZIONI SEGNALETICA LOCALE CANTONIERE LOCALE LA VORAZIONI MURATORI LOCALE DEPOSITO MATERIALI FINITI LOCALE VERNICI RICO VERO MEZZI DI TRASPO RTO FALEGNAMERIA LOCALE VERNICI LOCALE CALDAIA LOCALE POMPE ANTINCENDIO LOCALE DEPOSITO MATERIALI SEMILAVORATI MAGA ZZINO

ASO dei muri (mq)Sup. al netto* 4.1A 4.2 37.61 35.40 4.1B 41.68 ASO 4.5 ASO 4.6 ASO 4.7 ASO 4.8 ASO 4.9 ASO 4.10 ASO 4.11 ASO 4.12 ASO 4.13 ASO 4.14 ASO 4.15 ASO 4.16 ASO 4.17 ASO 4.18 ASO 4.19 ASO 4.20 ASO 4.21 ASO 4.22 ASO 4.23 ASO 4.24 ASO 4.25 ASO 4.26 ASO 4.1B

PIANTA PIANO TERRA

*: La somma delle superfici elencate in tabella non equivale alla superficie colorata di celeste in figura. Esse rappresentano le superfici dei singoli vani depurati dall'ingombro dei muri, dell'area dei disimpegni, etc. ASO 4.3 4.5 21.34 7.08 4.4 12.77 ASO 4.6 4.8 15.17 53.30 4.7 8.72 ASO 4.9 4.11 56.88 28.66 4.10 32.98 ASO 4.12 4.14 19.35 41.75 4.13 62.86 ASO 4.15 4.17 16.48 36.30 4.16 44.45 ASO 4.18 4.20 43.54 119.69 4.19 36.95 ASO 4.21 4.23 131.52 21.15 4.22 17.18 ASO 4.24 4.26 19.75 14.49 4.25 19.73

AFO 4: Spazio per lo svolgimento delle attività di ufficio

Sup. al netto

dei muri (mq)* dei muri (mq)Sup. al netto* dei muri (mq)Sup. al netto* dei muri (mq)Sup. al netto* dei muri (mq)Sup. al netto* dei muri (mq)Sup. al netto* dei muri (mq)Sup. al netto* dei muri (mq)Sup. al netto*

(20)

- 214 -

4.4.5 Ambiti spaziali omogenei che compongono l’AFO 5

L’Area Funzionale Omogenea 5 comprende l’ingresso principale nonché lo spazio

di snodo e collegamento delle funzioni principali.

Il progetto preliminare si compone dei seguenti Ambiti Spaziali Omogenei:

a) ASO 5.1: vano d’ingresso;

b) ASO 5.2: ufficio informazioni – portineria; c) ASO 5.3: sala d’attesa;

d) ASO 5.4: vano scala.

L’AFO 5 consente di poter accedere a tutte le parti dell’edificio; essa rappresenta il punto di snodo e allo stesso tempo di collegamento tra le diverse aree.

L’area non è aperta ma delimitata da una serie di setti murari che caratterizzano l’accesso ad aree che svolgono funzioni differenti. Da essa però di aprono tutta una serie di accessi ai diversi ambiti.

Lo spazio è in stretto collegamento anche con il vano scala che rispetto all’ingresso principale dovrà presentarsi ben visibile dagli utenti. La relazione che questa AFO instaura con le altre AFO menzionate è di tipo forte nel senso che è stato stabilito in fase di progetto preliminare che ogni sezione dell’edificio fosse strettamente legata all’ingresso principale.

Da qui tutti gli utenti accedono e poi si dirigono nei locali di lavoro.

Nonostante ogni volume disponga anche di ingressi secondari all’edificio, tale accesso risulta essere quello più importante, quello cui far riferimento specialmente se si è utenti esterni.

Varcata la soglia dell’ingresso è possibile disporre di una portineria e ufficio informazioni al quale poter fare riferimento in caso di necessità.

Nella stessa area è stata prevista una piccola sala d’attesa che fa in modo che gli utenti possano accedere ai locali di lavoro in maniera ordinata senza recare danni e confusione. Un armadio attrezzato separa la sala d’attesa dal disimpegno d’ingresso principale.

(21)

- 215 -

L’ingresso principale così come gli ingressi secondari sono pensati rientranti rispetto al setto murario perimetrale in modo e maniera da favorire all’ingresso una sorta di riparo in caso di maltempo.

Qui di seguito è riportata un’immagine che delinea (parte colorata di rosa) quelli che sono gli Ambiti Spaziali Omogenei facenti parte dell’AFO in esame; di fianco è elaborata una tabella che indica le superfici (in mq) dei diversi ambiti.

LOCALE CALDAIA ARCHIVIO LOCALE LA VORAZION I MURA TORI LOCALE VERNICI ASO 5.4 ASO 5.3 ASO 5.2 ASO 5.1

PIANTA PIANO TERRA

ASO Superficie al netto dei muri (mq)* 5.1 5.2 5.3 5.4 35.40 12.77 11.83 17.31 AFO 5 Spazio per lo svolgimento

delle attività di ufficio

*: La somma delle superfici elencate in tabella non equivale alla superficie colorata di rosa in figura. Esse rappresentano le superfici dei singoli vani depurati dall'ingombro dei muri, dell'area dei disimpegni, etc.

(22)

- 216 -

4.4.6 Sistemazione del spazi esterni

L’intervento edilizio in esame ha come obiettivo quello di andare a riqualificare una porzione di terreno che ad oggi si trova in posizione marginale rispetto al contesto insediativo e altresì caratterizzata da urbanizzazione primaria e secondaria carenti.

È in questo senso che nel dar luogo al complesso edilizio di pubblica utilità viene posta attenzione alla sistemazione degli spazi esterni nell’ottica di favorire la creazione di aree per il parcheggio delle autovetture e una idonea sistemazione della viabilità.

Qui di seguito è riportata un’immagine rappresentativa del complesso edilizio progettato in cui si possono vedere due parcheggi: uno piccolo in primo piano e un’altro più ampio sullo sfondo.

Figura 11: Vista Sud-Ovest del complesso edilizio progettato

Il primo dei parcheggi suddetti è stato pensato a servizio dei dipendenti che lavorano negli uffici o che si occupano della gestione dell’archivio. Esso risulta caratterizzato dalla presenza di soli 7 stalli (di cui uno per portatori di handicap) e di idonei

(23)

- 217 -

porta-biciclette. Tale parcheggio di trova in prossimità dell’accesso ai magazzini per il deposito e la lavorazione dei materiali del Comune.

Il secondo dei parcheggi sopra menzionati risulta essere invece molto più ampio, dotato di 36 stalli di cui ben 4 per portatori di handicap. Esso è stato pensato per essere utilizzato dagli operai del Comune che lavoreranno nel complesso edilizio progettato e per garantire all’area in esame una dotazione idonea di posti-macchina a servizio dell’utenza pubblica. Qui di seguito è riportata un’immagine dalla quale è possibile scorgere l’ampio parcheggio progettato e la sistemazione come da progetto del Fosso Fologno.

Figura 12: Scorcio dell’edificio, del Fosso Fologno e del parcheggio

Il parcheggio risulta caratterizzato dalla presenza di aiuole e di piccole aree a verde rappresentative di luoghi ove è possibile sostare. Una fila di alberi corre inoltre, insieme al marciapiede lungo il perimetro del posteggio.

(24)

- 218 -

Qui di seguito è riportata un’ulteriore vista da nord-ovest del complesso edilizio progettato. In essa si scorge in primo piano la presenza di un piccolo spazio con soli 3 stalli per l’alloggiamento temporaneo dei mezzi pesanti utilizzati dal Comune.

(25)

- 219 -

4.5 Aspetti tecnici dell’edificio

4.5.1 Lucernari

L’unico metodo per fornire illuminazione naturale soddisfacente in edifici molto ampi è utilizzare aperture in copertura. L’illuminazione dall’alto è la tecnica normalmente usata, per esempio, negli edifici industriali in quanto non impone vincoli alla superficie o alla forma della pianta dell’edificio. Essa, tuttavia, può essere utilizzata solo per strutture ad un piano o per l’ultimo piano di edifici multipiano.

Foto 2: Fotografia di lucernari in copertura

L’illuminazione dall’alto può essere la sorgente principale della luce oppure anche un supplemento all’illuminazione laterale; per ampi spazi essa sarà inevitabilmente dominante (come nel caso in esame).

L’impiego dei lucernari comporta, rispetto all’utilizzo di aperture laterali, un netto miglioramento del grado di uniformità di distribuzione dell’illuminamento; questo significa che si otterrà la minima diversità di illuminamento fra i vari punti dell’ambiente.

La qualità della luce naturale in ambienti interni illuminati dall’alto dipende

principalmente dai seguenti fattori33:

1) luminanza zenitale; 2) dimensioni dell’ambiente;

3) criteri qualitativi della luce naturale; 4) criteri qualitativi della luce zenitale; 5) fattori di attenuazione.

(26)

- 220 -

Negli edifici industriali, il rapporto fra area vetrata e superficie del pavimento può arrivare ad 1/5 per la maggior parte dei sistemi di illuminazione zenitale.

Al fine di assicurare una buona uniformità nell’illuminazione l’Association

Française de l’Eclaraige fornisce la seguente raccomandazione che fa riferimento

all’illuminazione zenitale34:

¾ nell’illuminazione zenitale, affinché lo scarto fra i valori del fattore di luce diurna sia al massimo 1 o 2, la distanza d fra due prese di luce non dovrà essere superiore a due volte l’altezza h delle aperture al di sopra del piano che si vuole illuminare.

Nel progetto preliminare sono stati previsti lucernari in copertura, nell’area soggetta alla presenza delle officine di lavorazione degli operai. Lo scopo è quello di garantire una adeguata illuminazione a vani che risultano essere particolarmente spaziosi e altrimenti illuminati da luce in maniera non diretta.

Tali dispositivi consentiranno altresì un certo ricircolo d’aria all’interno dei locali allo scopo conferire un certo comfort termo-igrometrico.

Il lucernario è stato pensato come costituito da cupole monoblocco in policarbonato

(pc) alveolare aventi pianta quadrata e sezione a vela.

Il policarbonato alveolare impiegato nella produzione dei lucernari è un tecnopolimero termoplastico da estrusione che presenta eccellenti proprietà meccaniche, ottiche e termiche.

Foto 3: Policarbonato alveolare utilizzato per il lucernario

34Manuale di progettazione edilizia – Fondamenti, strumenti, norme; Volume II: Criteri ambientali e

(27)

- 221 -

Per proteggere il materiale e garantirne quindi la resistenza al deterioramento dovuto all’esposizione agli agenti atmosferici, il lato esterno della lastra di policarbonato verrà fortemente addizionato con assorbitori di raggi ultravioletti che impediranno alle radiazioni di raggiungere il polimero sottostante frenandone l’invecchiamento, e permettendo di mantenere inalterate nel tempo le eccellenti doti di resistenza agli urti e trasparenza tipiche del materiale.

Il policarbonato alveolare sarà classificato come autoestinguente di classi 1, e sarà infrangibile e in grado di compensare senza rotture né deformazioni le variazioni di temperatura che accompagnano le manifestazioni meteorologiche.

Qui di seguito sono riportati pianta e prospetto del lucernario impiegato con le dimensioni di progetto assunte.

Figura 14: Pianta e prospetto dei lucernari e relative dimensioni

A B B B A A Pianta

Pianta quadrata lucernario

Dimensioni interne A Dimensioni interne B

170x170 cm 190x190 cm

(28)

- 222 -

I sistemi di apertura saranno realizzati con profili tubolari in lega d’alluminio assemblati con speciali squadrette completi di staffaggio per le varie motorizzazioni. Coniugando versatilità e sicurezza rispondono ampiamente a tutte le normative in vigore.

Figura 15: Sistema di apertura del lucernario

Le basi del lucernario saranno realizzate in lamiera zincata stampata e ne verrà realizzata la coibentazione mediante un pannello di materiale coibente dello spessore di 50 mm con all'esterno una membrana catramata per consentire un miglior accoppiamento alla guaina bituminosa di impermeabilizzazione.

Figura 16: Basamento in lamiera del lucernario

Profilo speciale in alluminio

Piastra di fissaggio

AC

AA

AP

Legenda

AA Telaio inferiore in profilato AC Telaio superiore in profilato AP Attuatore pneumatico

(29)

- 223 -

L’installazione prevedrà l’assemblaggio dei moduli in lamiera zincata (di altezza pari a 30cm) attraverso bullonerie e viterie. Il fissaggio degli elementi avverrà con tasselli sulla struttura in cemento armato.

Dopodichè si procederà alla coibentazione verticale del basamento con poliuretano espanso di spessore 40 mm.

4.5.2 Evacuatori di fumo e calore (EFC)

Gli evacuatori di fumo e calore vengono installati nelle attività soggette a controlli di prevenzione incendi e devono garantire l'incolumità delle persone e dei beni prima dell'arrivo dei vigili del fuoco.

L'intera installazione dovrà essere soggetta a regolare manutenzione con controlli di funzionamento periodici, almeno annuali e a seguito di condizioni termiche anomale (per esempio incendio). In particolare dovrà essere verificato che il dispositivo di apertura non presenti una perdita di energia maggiore del 10% del valore iniziale di taratura.

Per poter eseguire questi controlli gli evacuatori dovranno poter essere aperti e richiusi dall'esterno. I risultati delle verifiche periodiche dovranno essere registrati sul libro di manutenzione tenuto dal titolare dell'attività protetta.

Gli evacuatori di fumo e calore saranno conformi alla Direttiva 89/106/CEE

Prodotti da Costruzione, in rispetto della normativa armonizzata EN 12101-2 e provvisti di marcatura CE con certificato di conformità rilasciato da organismo notificato.

Il funzionamento degli evacuatori di fumo e calore si baserà sull'azionamento, tramite gas compresso CO2, di un meccanismo di spinta, potente e affidabile, tale da assicurare l'apertura nelle situazioni più critiche di neve e vento.

L'EFC potrà essere dotato di un meccanismo di apertura/richiusura a distanza, particolarmente utile nei casi di posizionamento dell'EFC in zone poco praticabili.

Particolare attenzione sarà rivolta alla manutenzione periodica prevista dalla

normativa UNI 949435: l'operazione risulterà essere semplificata grazie all'impiego di

35 La normativa UNI 9494/89 specifica che un evacuatore di fumo e calore deve essere munito di apertura

autonoma individuale e di un ulteriore dispositivo di apertura a distanza manuale o automatica (pneumatico

con box di valvola CO2 , o elettrico a bassa tensione 24V). Tale impianto deve essere preventivato in fase di

(30)

- 224 -

micro cilindri a pressione automatici che vincoleranno e libereranno l'anta mobile rendendo così l'intervento rapido e sicuro. L'aspetto estetico compatto dell'EFC privilegerà sia le caratteristiche illuminotecniche del lucernario che la superficie utile di evacuazione.

Una volta aperto, l’evacuatore di fumo raggiungerà un angolo di 140° ideale per favorire un ottimale fuoriuscita dei fumi e potrà raggiungere una lunghezza massima, imposta dalla normativa, di 2,50 mt.

Il telaio sarà realizzato in lega di alluminio ottenuto per estrusione e sarà assemblato agli angoli grazie all'utilizzo di squadrette interne che ne renderanno elegante l'estetica. Il dispositivo di evacuazione, cilindro pneumatico e valvole, sarà posto nel centro dell' EFC così da ottenere una maggiore spinta verticale sfruttando altresì l'inclinazione di 90° del cilindro.

In sostanza il compito primario degli evacuatori di fumo e calore sarà quello di assicurare, in caso d'incendio, l'incolumità delle persone facendo fuoriuscire fumi e gas nocivi prodotti dalla combustione, rendendo l'opera di soccorso il più agevole possibile.

I lucernari saranno quindi dotati di dispositivi di apertura individuale composti di:

a) centraline di rilevamento: consentono il rilevamento di un segnale da

rilevatori di fumo, pulsantiere di emergenza, attuatori pirotecnici;

b) rilevatori di fumo: segnalano attraverso captazione ottica presenza di fumo

nella centralina;

c) attuatori pirotecnici: applicati alla valvola termica quando ricevono un

segnale a 24V dalla centralina rompono la fiala termosensibile mediante un pistoncino;

d) termofiale 68° rossa / 93° verde / 141° blu: fiala contenente liquido che si

espande ad una data temperatura. Una volta espanso si rompe e libera uno

spillo che perfora la bomboletta CO2 liberando il gas per l’attivazione del

cilindro;

e) pulsantiere di emergenza: dislocate nei vari ambienti sottostanti i lucernari

fungono da antipanico. La pulsantiera viene azionata mediante rottura di un vetro e permette l’apertura degli evacuatori;

(31)

- 225 -

f) valvole manuali per ventilazione: collegando ad un impianto di aria

compressa la cupola del lucernario è possibile con questa valvola l’apertura e la chiusura del serramento per la ventilazione quotidiana;

g) bomboletta CO2: involucro pressurizzato contenente propellente CO2 che

attiva in seguito alla perforazione il sistema di ribaltamento del lucernario.

Figura 17: Dispositivo di apertura individuale del lucernario

Figura 18: Dispositivo di apertura individuale del lucernario

Lucernario chiuso

Lucernario in fase di apertura Lucernario aperto

Apertura elettrica del lucernario:

1. Cilindro pneumatico a tre sfili; 2. Valvola termica con bombola di gas CO2;

3.Telaio di apertura per evacuazione fumo e calore; 3a. Telaio di apertura per aerazione;

4. Basamento; 5. Staffa superiore; 6. Staffa inferiore; 7. Motore elettrico.

(32)

- 226 -

Qui di seguito sono riportate delle fotografie che servono ad illustrare in maniera più chiara come è fatto il dispositivo individuale di EFC.

Foto 4: Fotografie riguardanti dispositivi di EFC

Oltre ai dispositivi di apertura individuale sarà prevista la predisposizione per l’allacciamento a dispositivi di apertura a distanza manuale.

Il dispositivo di apertura a distanza manuale sarà costituito da un armadietto metallico verniciato di rosso, posto ad altezza uomo (vicino alle porte o vie di fuga).

All’interno dell’armadietto è posta una leva di perforazione della bombola di CO2

(contenente anidride carbonica compressa) la quale ha funzione di alimentare autonomamente tramite l’impianto di collegamento in tubo di rame, gli evacuatori di fumo.

All’armadietto di apertura manuale saranno abbinati:

a) dispositivo di scatto elettrico a bassa tensione a 24V (attuatore pirotecnico) per la rottura dell’ampolla termofusibile; esso viene posto sul dispositivo individuale di apertura (valvola termica) a bordo dell’EFC. L’attuatore pirotecnico viene azionato da una centralina di rilevazione fumi;

Valvola termica con bombola di gas CO2

Valvola termica e cilindro pneumatico montato su staffa inferiore Cilindro pneumatico a tre sfili

(33)

- 227 -

b) centrale di rilevazione fumi con batterie tampone; essa collegata a rilevatori di fumo ottici, invia impulso elettrico a 24V per l’azionamento dei dispositivi di scatto.

Il funzionamento dei dispositivi di apertura a distanza manuale è il medesimo di quello visto per l’attivazione individuale. Al raggiungimento della temperatura di attivazione delle valvole termiche (68° rossa - 93° verde - 141° blue) si otterrà la rottura della fiala

termica e l’attivazione del comando di apertura mediante gas (CO2) contenuto in una

bomboletta.

Il sistema di apertura, durante le operazioni di evacuazione fumo e calore, sarà dotato di un doppio dispositivo di bloccaggio meccanico che eviterà la chiusura del lucernario anche in condizioni di vento contrario.

Figura 19: Sistema remoto di apertura a distanza manuale

Attuatore con gruppo pirotecnico (1):

9Configurazione standard: ampollina tarata a

68°C, microbombola CO2, attuatore

pirotecnico;

9Funzionamento/controllo: rilevazione di temperatura, comando elettronico a distanza; 9Difetti: attuatore monouso.

Centrali di comando (5):

Azionamento a distanza manuale/automatico mediante impulso ricevuto da centrale rilevazione fumo.

9Funzionamento/controllo: mediante una o più

bombole di gas CO2.

Sistema remoto di apertura elettrica:

1. Attuatore pirotecnico; 2. Valvola termica; 3. Fialetta; 4. Bomboletta CO2; 5. Centralina di comando; 6. Rilevatore di fumo; 7. Pulsante d’emergenza; 8. Cilindro.

(34)

- 228 -

4.5.3 Archivio autoportante

Il progetto preliminare si occupa di elaborare un’ipotesi per la progettazione dell’archivio Comunale. Esso, su richiesta della Pubblica Amministrazione, dovrà presentare caratteristiche di versatilità nel tempo in modo tale da poterne concretizzare l’eventuale cambiamento di destinazione d’uso qualora ve ne fosse la necessità.

È in questo senso che l’archivio è stato pensato composto di una struttura in acciaio autoportante che sostiene scaffalature e il solaio intermedio della struttura.

Al cemento armato è invece affidato il compito di sostenere il peso del solaio di copertura e di garantire una sorta di sostegno al tamponamento in laterizio che andrà a costituire l’involucro dell’ambiente.

In sostanza si avrà una sorta di parallelepipedo costituito da una struttura in cemento armato e muratura, svuotato al suo interno. Di tale parallelepipedo verrà fatta una compartimentazione interna attuata con scaffalature, scale e soppalchi interamente in acciaio.

La flessibilità di questo tipo di soluzione sta nel fatto di permettere una eventuale rimozione delle strutture in acciaio promuovendo la realizzazione di una partizione adeguata all’utilizzo che se ne vorrà fare nel tempo.

Le scale che collegano il piano terra dell’archivio con il piano superiore sono anch’esse in acciaio e sono studiate per poggiare su sezioni resistenti delle scaffalature. Quest’ultime sono infatti caratterizzate da tutta una serie di pilastrini ed elementi che le sostengono e che permettono ad altri elementi di poggiarvi (nel caso specifico, per esempio i gradini della scala sono gravanti sulla struttura portante che costituisce la scaffalatura).

Dalle piante di progetto riportate nelle pagine successive è possibile vedere come le scaffalature girino tutte intorno al vano scala per garantire loro un adeguato sostegno.

Al piano terra tutta la superficie utile del vano è utilizzata ed è sistemata in modo tale che sia possibile svolgere attività di ricerca del materiale e consultazione telematica del catalogo dei documenti archiviati.

Qui di seguito sono riportate le piante dei piani terra e primo con indicazione di quelle che sono le due tipologie di strutture portanti per la realizzazione dell’archivio.

(35)

- 229 - 60 238.2 60 238.2 60 238.2 60 23 8.2 60 23 8.2 100 228 .5 100 228 .5 100 2 28. 5 100 2 28. 5 60 238.2 60 238.2 60 238.2 60 238. 2 60 238. 2

Parti strutturali a sostegno dell’ultimo solaio dell’archivio. Tali elementi costituiscono l’intelaiatura per la realizzazione del tamponamento perimetrale della’archivio.

Legenda

Parti strutturali a sostegno delle scaffalature e del solaio intermedio dell’archivio. Tali elementi sono incorporati nell’intelaiatura degli scaffali e rendono l’archivio autoportante.

PIANTA PIANO TERRA

PIANTA PIANO PRIMO

60 238.2 60 238.2 60 238.2 60 23 8. 2 60 23 8. 2 100 228 .5 100 228 .5 100 2 28. 5 100 2 28. 5 60 238.2 60 238.2 60 238.2 60 238. 2 60 238. 2

Parti strutturali a sostegno dell’ultimo solaio dell’archivio. Tali elementi costituiscono l’intelaiatura per la realizzazione del tamponamento perimetrale della’archivio.

Legenda

Parti strutturali a sostegno delle scaffalature e del solaio intermedio dell’archivio. Tali elementi sono incorporati nell’intelaiatura degli scaffali e rendono l’archivio autoportante.

PIANTA PIANO TERRA

PIANTA PIANO PRIMO

(36)

- 230 -

Il collegamento verticale tra il piano terra e il primo sarà garantito dalla scala in acciaio e da un ascensore avente struttura in acciaio rivestita in vetro.

Il piano primo non sfrutterà tutta la superficie utile del vano in quanto esso si sviluppa su soppalco che da sul piano sottostante.

Le scaffalature dal piano terra sino in sommità si sviluppano con continuità; qui di seguito è riportata una sezione di progetto che da indicazione di tale caratteristica e dello svilupparsi degli spazi.

Scaffalature metalliche autoportanti Scaffalature metalliche

autoportanti

Figura 21: Sezione A-A dell’archivio

Le parti colorate di grigio stanno a rappresentare le scaffalature che si sviluppano in senso trasversale sino in sommità. Si può scorgere inoltre una porzione del parapetto del soppalco che delimita l’area calpestabile al primo piano.

L’ambiente sarà illuminato a mezzo di finestre aventi larghezza ridotta (solo 60 cm) ed altezza invece piuttosto elevata (circa 230 cm); tali aperture andranno a disporsi tra una scaffalatura e l’altra in modo da permettere una migliore illuminazione dell’ambiente.

La scala in acciaio andrà inoltre ad ancorarsi attraverso profilati opportunamente sagomati e disposti orizzontalmente alla scaffalatura.

(37)

- 231 -

Qui di seguito sono riportate alcune immagini di strutture metalliche autoportanti che vanno a caratterizzare alcuni locali (per lo più grandi capannoni dove è richiesto il deposito di materiale di ogni genere).

Tali strutture si adattano bene a tutti i fondi che in un modo o in un altro trasferiscono a soluzioni di questo tipo la partizione interna dei locali nonché la funzione portante nei confronti di alcune componenti dell’edificio. Infine l’utilizzazione dei soppalchi permette anche in assenza di solai in c.a. di poter usufruire al meglio dello spazio disponibile anche in altezza.

Foto 5: Fotografie riguardanti scaffalature autoportanti

Scaffalature e soppalco

Scaffalature autoportanti

(38)

- 232 -

4.5.4 Recupero delle acque piovane

Nel progetto preliminare viene fatto un dimensionamento dei sistemi di scarico delle acque meteoriche e viene studiato un sistema di raccolta per il recupero delle acque piovane da impiegare in caso di incendio o per il lavaggio dei mezzi di trasporto utilizzati dagli operai del Comune.

Dimensionamento dei sistemi di scarico per le acque meteoriche secondo la norma DIN 1986 e le UNI 9183 e 9184

In Italia è presente da alcuni anni una normativa dedicata alla progettazione idraulica di alcuni componenti: la norma UNI 9184 “Sistemi di scarico delle acque

meteoriche”.

La norma si applica ai sistemi di scarico delle acque meteoriche incidenti sulle coperture degli edifici, strade di accesso e cortili. Non è valevole per la progettazione di impianti collettori a livello urbano.

La norma fornisce informazioni riguardanti la progettazione idraulica di converse, di canali di gronda, di pluviali e di collettori orizzontali.

In particolare i principali contenuti sono i seguenti:

a) composizione di un sistema di raccolta delle acque meteoriche; b) criteri di progettazione;

c) prescrizione per l’esecuzione; d) materiali e componenti; e) elaborati grafici;

f) collaudo;

g) criteri di gestione e manutenzione.

Vengono anche date indicazioni e riferimenti che riguardano i criteri di scelta dei materiali normalmente utilizzati per questi elementi. È da notare che in alcuni casi, essa fa riferimento alla UNI 9183 “Sistemi di scarico delle acque usate” in quanto i criteri proposti sono i medesimi.

(39)

- 233 -

Il titolo delle norma riporta, molto correttamente, il termine “sistema”; infatti, come in moltissimi altri casi, è necessario effettuare una progettazione che consideri ogni elemento dell’oggetto come parte di un insieme.

Questa è la condizione che permette al sistema di funzionare correttamente. Infatti se anche un solo singolo elemento fosse sottodimensionato, tutto il sistema ne risentirebbe in maniera negativa.

La DIN 1986 adotta, come unità di misura per il dimensionamento dei sistemi di scarico delle acque meteoriche, l’intensità pluviometrica (i.p.) espressa in l/(sec·m²). Tale valore, che è massimo durante le piogge brevi e intense, tipo temporali, è però variabile da regione a regione ed è determinata sulla base di un periodo di dieci anni.

La DIN 1986 stabilisce per l’Italia tre diverse intensità pluviometriche tra le più frequenti che sono rispettivamente in ordine crescente: 0,027 l/(sec·m²), 0,0401 l/(sec·m²) e 0,055 l/(sec·m²).

Nel caso specifico, note le caratteristiche climatologiche del sito e appurato, previa registrazione degli eventi meteorici di forte intensità e breve durata, che l’intensità pluviometrica varia tra gli 80÷90 mm/h, dividendo tale valore per 3600 secondi contenuti in un ora si ottiene un valore pari a 0,0236 l/sec che rientra nella prima categoria delle i.p. (0,027 l/(sec·m²)) sopra citate.

Il dimensionamento della rete di scarico per le acque meteoriche si determina in funzione:

¾ delle superfici esposte (s.e.) determinate mediante la valutazione in m² della sua proiezione orizzontale;

¾ della pendenza della copertura piana (J) che dovrà risultare ≥2%, nel caso specifico è stata assunta pari al 3%;

¾ della natura della superficie di copertura esposta alla pioggia espressa dal coefficiente di riduzione ψ che nel caso in esame, trattandosi di un edificio con tetto piano con leggera pendenza, vale ψ = 0,8.

La formula per il calcolo della quantità di acqua meteorica scaricata nella tubazione al secondo è la seguente:

(40)

- 234 - ) ( )) /(sec/ .( . ) .( . sec) / (l se m2 i p l m2 coefficiente Qr = ⋅ ⋅

ψ

Stabilita la portata massima di pioggia da smaltire, vanno dimensionati i canali e i condotti che trasportano l’acqua.

Un metodo piuttosto semplice, correntemente adottato, è quello previsto dalla norma UNI 9184; specifiche tabelle forniscono i diametri da assegnare a converse di convogliamento, canali di gronda, pluviali e collettori orizzontali tenendo conto della superficie di copertura, delle pendenze dei canali e dell’altezza di pioggia.

Dimensionamento dei canali di raccolta

I canali di raccolta (converse e grondaie) sono state assunte di sezione semicircolare e sono dotati di una certa pendenza (nel caso in esame è stata assunta per i canali di gronda una pendenza minima del 2% ed una pendenza massima del 4% per canali di raccolta facenti parte di falde eventi superficie elevata).

Il loro diametro è stato stabilito tenendo conto dell’estensione della superficie di tetto che servono e della loro pendenza.

Pendenza (%) 0,5 1,0 2,0 4,0 DN (mm) Superficie (mq) 75 18 25 35 50 100 40 55 80 110 125 70 95 135 190 150 100 150 200 300 175 150 210 300 420 200 220 300 430 600 250 400 550 780 1080

Tabella 1: Superficie servita da un canale semicircolare di raccolta in relazione al diametro nominale e alla

sua pendenza

Dimensionamento dei pluviali

Il diametro dei pluviali è stabilito tenendo conto dell’altezza di pioggia (in millimetri per ora) relativa alla particolare zona in esame, della superficie (in metri quadrati) che raccoglie l’acqua da smaltire e del materiale di cui è composto il pluviale (nel caso specifico in ghisa).

(41)

- 235 -

In genere il tetto o la terrazza sono serviti non da uno ma da più pluviali, quindi solo una certa quota della superficie totale interessata dalla pioggia va messa a carico di ogni pluviale. Si stabiliscono anzitutto l’altezza di pioggia, il numero dei pluviali da installare, la quota di superficie di tetto (o terrazza) che spetta a ciascuno di essi e il materiale di cui devono essere costituiti.

Quindi, utilizzando i dati della tabella 2 (per tubi in ghisa), è stato ricavato il diametro del pluviale. Nel caso in cui non vi sia nella tabella l’esatto valore della superficie di tetto che interessa il singolo pluviale, è stato scelto il diametro che corrisponde al valore di superficie immediatamente superiore.

I pluviali saranno montati esternamente rispetto alla parete e verranno installati lasciando uno spazio libero di almeno 5 cm dal muro. Nel tener conto della possibilità di intasamento dei bocchettoni a terrazzo (per trasporto di terriccio o comunque di materiale solido, soprattutto dopo lunghi periodi di siccità) si è ritenuto opportuno adottare diametri non inferiori a 100 mm almeno per quanto riguarda le coperture piane praticabili

In modo analogo, per evitare pendenze eccessive di difficile realizzazione e per ragioni di maggiore efficienza, si è ritenuto opportuno non scendere al di sotto di un certo numero di pluviali; in ogni caso non meno di due per superfici sino a 600 mq e non meno di quattro per superfici più estese. Infine si è cercato di adottare tra due pluviali successivi una distanza che non superiori i 25 mt.

Altezza di pioggia (mm/h) 60 90 120 150 180 210 240 270 300 Diametro interno tubazione (mm) Superficie (mq) 50 105 70 52 42 35 30 26 23 21 65 200 133 100 80 67 57 50 44 40 80 340 227 170 136 113 97 85 75 68 100 595 397 297 238 198 170 149 132 119 125 1035 690 517 414 345 296 259 230 207 150 1635 1090 817 654 545 467 409 363 327 175 2405 1603 1202 962 802 687 601 534 481 200 3360 2240 1680 1344 1120 960 840 747 672

Tabella 2: Superficie di tetto o terrazzo (in mq) scaricata da un pluviale in ghisa in relazione al diametro

(42)

- 236 -

Qui di seguito sono riportate le tabelle riassuntive dei calcoli fatti per il dimensionamento dei canali di gronda e dei pluviali in ghisa.

Per far ciò si è tenuto conto della lieve pendenza che caratterizza la copertura piana, della superficie delle singole falde, del coefficiente di riduzione dipendente dal tipo di copertura e dell’intensità pluviometrica e altezza di pioggia caratteristiche del sito.

Calcolo della portata di acqua meteorica scaricata nella tubazione36

Falda Pendenza Superficie

[mq] Intensità Pluviometrica [l/(sec·mq)] Coefficiente di riduzione [ψ] Qr [l/sec] 1 3% 60,50 0,0271 0,8 1,31 2A 3% 176,24 0,0271 0,8 3,82 2B 3% 172,91 0,0271 0,8 3,75 3A 3% 111,16 0,0271 0,8 2,41 3B 3% 65,80 0,0271 0,8 1,43 4A 3% 189,08 0,0271 0,8 4,10 4B 3% 515,33 0,0271 0,8 11,17 4C 3% 478,86 0,0271 0,8 10,38

Tabella 3: Calcolo della portata di acqua piovana scaricata su ciascuna falda e raccolta dalle tubazioni

Dimensionamento dei sistemi di scarico per le acque meteoriche37

Canali di raccolta Pluviali

Falda Sup. [mq] DN [mm] Pendenza Numero pluviali Superficie di falda spettante a ciascun pluviale [mq] Altezza di pioggia [mm/h] Diametro interno tubazione [mm] 1 60,50 100 2% 2 30,25 90 50 2A 176,24 150 2% 2 88,12 90 6538 2B 172,91 150 2% 2 86,45 90 6538 3A 111,16 125 2% 2 55,58 90 5038 3B 65,80 100 2% 2 32,90 90 5038 4A 189,08 150 2% 3 63,03 90 50 4B 515,33 200 4% 5 103,07 90 65 4C 478,86 200 4% 4 119,71 90 65

Tabella 4: Dimensionamento dei sistemi di scarico per le acque meteoriche

36 secondo la DIN 1986

37 secondo la UNI 9184

38 nel tener di conto della possibilità di intasamento dei bocchettoni si è ritenuto opportuno adottare un

(43)

- 237 - 2A 2B 1 3A 3B 4A 4B 4C

Figura 22: Scomposizione in falde della copertura dell’edificio progettato

Recupero delle acque piovane

Lo sfruttamento delle acque meteoriche sta assumendo sempre più importanza ai giorni nostri, in cui l'impiego dell'acqua è spesso disordinato ed eccessivo (sia per l'acqua potabile che per quella destinata ai più svariati servizi), tanto da mettere spesso in crisi la disponibilità stessa di acqua in rapporto al suo naturale ciclo.

È quindi naturale che da sempre più parti si faccia sentire l'esigenza di un risparmio di questa importante risorsa, facendo uso dove possibile di valide alternative quali, per esempio, l'acqua di precipitazione meteorica.

La terra dispone all'incirca di 1.440 milioni di Km3 di acqua, suddivisa tra mari,

ghiacciai, acque dolci superficiali e sotterranee. Di questo valore solamente il 3%

(all'incirca 43 milioni di Km3) è dolce, quantitativo che si suddivide tra ghiacciai (80%) e

frazione liquida (20%), unica frazione effettivamente utilizzabile e corrispondente, a conti

fatti, a circa 8 milioni di Km3.

Se si considera poi la quantità di acqua disponibile e potabile (circa 13% dell'acqua

liquida disponibile) si arriva a 1 milione di Km3 di acqua potabile a disposizione per il

consumo umano.

Dato che l'acqua potabile può essere senza pretesa di drammaticità considerata risorsa non rinnovabile, si spiega il motivo del crescente interesse per sistemi che mirino a preservarla dall'uso incontrollato.

La tecnologia per far fronte a questo tipo di esigenza esiste da diversi anni ed è già con successo applicata in alcuni stati europei, Germania in testa.

Figura

Figura 1: Planimetria generale della porzione di terreno oggetto di studio
Figura 2: Scomposizione dell’edificio in tre volumi caratteristici di distinte  macroaree funzionali
Figura 3: Scomposizione dell’edificio in tre volumi caratteristici di distinte  macroaree funzionali
Figura 4: Scomposizione dell’edificio in tre volumi caratteristici di distinte  macroaree funzionali
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