• Non ci sono risultati.

5.1Laspecifica Labilanciadispinta

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "5.1Laspecifica Labilanciadispinta"

Copied!
20
0
0

Testo completo

(1)

La bilancia di spinta

La bilancia di spinta deve misurare la spinta prodotta dagli endoreattori monopropellente a perossido d’idrogeno. La spinta è una delle grandezze che meglio evidenzia il comportamento del propulsore ed è quindi essenziale misurarla con la maggiore precisione possibile. Nel presente capitolo si traccia la specifica della bilancia e si illustrano il progetto concettuale ed il progetto concreto, soffermandosi sui problemi connessi con la misurazione della spinta.

5.1 La specifica

La prestazione fondamentale richiesta alla bilancia di spinta è misurare la spinta prodotta dal propulsore durante lo sparo. Nel realizzare questa prestazione la bilancia di spinta deve soddisfare le seguenti condizioni:

• permettere di misurare almeno il 95% della spinta prodotta;

• consentire delle facili e possibilmente rapide operazioni di fissaggio e sostituzione dei due propulsori da sperimentare;

• offrire un sufficiente spazio per l’inserimento dei sensori di misura;

• possedere una certa versatilità, che si traduce nella possibilità di misurare la spinta di propulsori aventi dimensioni, ad esempio quelle del letto catalitico, diverse rispetto ai propulsori progettati e sperimentati;

(2)

• garantire un elevato grado di sicurezza, essendo il banco di spinta la parte potenzialmente più pericolosa di tutto il sistema di prova;

• avere dimensioni tali da consentire l’inserimento nello spazio dedicato all’interno del ‘cubo’; • non c’è alcun vincolo significativo sul peso.

Dalle condizioni richieste emerge la necessità per la bilancia di spinta di interfacciarsi adeguata-mente con l’impianto d’approvvigionamento del perossido d’idrogeno, con i motori da sperimenta-re, con i sensori di misura e con il ‘cubo’.

5.2 Il progetto concettuale

La prestazione fondamentale richiesta alla bilancia di spinta, cioè fornire una misura della forza prodotta dal propulsore, può articolarsi nelle seguenti funzioni parziali: portare a contatto la struttura di sostegno del propulsore con lo strumento di misura della spinta; consentire il moto della struttura; fissare opportunamente il propulsore alla struttura di sostegno.

Prima di procedere nell’analisi delle funzioni parziali, si evidenzia un’importante decisione presa al riguardo della spinta. Si è deciso di misurare la sola componente assiale della forza propulsiva prodotta, dal momento che le altre componenti sono solitamente di piccola entità. Tale decisione consente una drastica semplificazione della bilancia.

Si è deciso di fissare i propulsori con dei semplici sostegni dotati di un foro centrale nel quale si portano a battuta le flange di connessione dei propulsori. Come già detto nella sottosezione 3.3.3, queste flange hanno le stesse dimensioni permettendo così di realizzare una soluzione semplice ed efficace per il sostegno e la sostituzione dei propulsori.

Il moto del propulsore e della sua struttura di sostegno è affidato a degli elementi flessibili, cioè a degli elementi molto cedevoli nella direzione assiale. Gli elementi flessibili per la loro stessa natura non presentano fenomeni di attrito: è questo il vero motivo della loro scelta e della rinuncia a guide prismatiche. Data la difficoltà nel modellizzare i fenomeni di attrito ed in particolare quelli nella fase di moto incipiente, le guide prismatiche avrebbero potuto produrre forze che, se in assoluto piccole, avrebbero potuto rivelarsi inaccettabilmente alte se paragonate con le piccole spinte da misurare.

Per ottenere piccoli valori della rigidezza degli elementi flessibili, questi risultano estrema-mente sottili e delicati ed è pertanto necessario evitare sollecitazioni che potrebbero danneggiarli durante le operazioni di montaggio e smontaggio del propulsore sulla bilancia di spinta. Si è pensato di collegare gli elementi flessibili non direttamente al supporto della bilancia di spinta ma ad un’apposita piastra di interfaccia su cui sono montate delle staffe di sicurezza. Quando non si misura la spinta, le staffe di sicurezza con l’ ausilio di spessori bloccano la struttura di sostegno e quindi evitano ogni pericolosa sovrasollecitazione sugli elementi flessibili. Al momento di eseguire l’esperimento, gli spessori vengono rimossi ed il propulsore con la struttura di sosteg-no sososteg-no liberi di muoversi nella direzione della spinta: in questo caso, le staffe limitasosteg-no la corsa della struttura, eliminando così un’altra possibile fonte di sovrasollecitazione.

Gli elementi flessibili sostengono la bilancia di spinta, lavorando così sempre a trazione: questa scelta consente di evitare pericolosi fenomenti d’instabilità a compressione.

La funzione di misurare la spinta è affidata ad una cella di carico. Viste le piccole forze che si intendono misurare e considerato il vincolo sull’ingombro, si è scelta una cella di carico a

(3)

compressione del tipo a bottone. Si è scelto di fissare la cella di carico alla struttura di sostegno e di non vincolarla alla battuta. La battuta, comprimendo l’elemento sensibile della cella, produce una differenza di potenziale dalla cui lettura si può risalire alla forza propulsiva prodotta. Questa scelta impone però di precaricare la cella, garantendone così il contatto con la battuta.

Lo schema della bilancia di spinta definito al termine della fase concettuale è riportato nella figura 5.1.

Figura 5.1: Lo schema concettuale della bilancia di spinta.

5.3 Il progetto concreto

5.3.1 I problemi connessi con la misura della spinta

Perchè possa misurarsi completamente la spinta, è essenziale garantire che il propulsore possa spostarsi con tutta la struttura di sostegno sotto l’azione della propria spinta senza che questa venga dissipata in attrito e/o serva ad equilibrare altre forze derivanti dall’aver vincolato in maniera troppo rigida il propulsore. Sebbene il problema dell’attrito possa essere eliminato grazie alla soluzione degli elementi flessibili, questi non risultano infinitamente flessibili. Inoltre nè la struttura di sostegno nè la battuta della cella di carico possono ritenersi infinitamente rigide: analogo discorso deve esser fatto per la cella di carico. Infine c’è da considerare l’ interfaccia con l’impianto d’approvvigionamento del perossido d’ idrogeno ed in particolare col tubo flessibile di alimentazione: questo infatti ha una sua rigidezza ed al suo interno scorre un fluido in pressione. Tutte queste considerazioni mettono in luce l’esigenza di dimensionare e disporre gli elementi costituenti la bilancia di spinta così da minimizzare tutte le perdite e misurare, come richiesto dalla specifica, almeno il 95% dell’effettiva spinta del propulsore. Un possibile schema utile per il dimensionamento della bilancia di spinta è riportato in figura 5.2.

(4)

Figura 5.2: Lo schema per il dimensionamento della bilancia di spinta.

Per tener conto della non infinita flessibilità degli elementi flessibili, della struttura di soste-gno, della battuta e della cella di carico, si modellizzano tutti questi elementi come molle, ciascuna caratterizzata da una propria costante. Le molle che nel modello rappresentano la struttura di sostegno, la cella di carico e la battuta, sono tre molle in serie che possono sostituirsi con un’unica molla di costante tale che il suo inverso sia uguale alla somma degli inversi delle tre costanti originarie. La molla equivalente così ottenuta opera poi in parallelo con le molle che nel modello rappresentano i due elementi flessibili: la costante di molle in parallelo è uguale alla somma delle costanti delle singole molle. L’intero banco di spinta può finalmente schematizzarsi con una molla con costante di rigidezza pari a keq:

keq = 2 kfl+  1 kss + 1 kcc + 1 kb −1 (5.1) dove con kfl, kss, kcc e kbsi sono indicate rispettivamente le costanti delle molle che modellizzano gli elementi flessibili, la struttura di sostegno, la cella di carico e la sua battuta.

La forza Fcc misurata dalla cella di carico, che lavora in serie con la struttura di sostegno e con la battuta, può esprimersi come:

Fcc=  1 kss + 1 kcc + 1 kb −1 keq F (5.2)

dove F rappresenta la spinta propulsiva prodotta. La forza misurata dalla cella di carico può anche esprimersi come una frazione α della spinta F , con 0 < α < 1:

Fcc = α F (5.3)

La specifica richiede che α≥ 0.95. Allora, sostituendo l’espressione di Fccricavata dalla relazione 5.3 nell’equazione 5.2, si ottiene  1 kss + 1 kcc + 1 kb −1 2 kfl+  1 kss + 1 kcc + 1 kb −1 ≥ 0.95 (5.4)

Questo risultato suggerisce che per avere una misura accurata della spinta è essenziale agire in due direzioni. La prima direzione è realizzare una struttura di sostegno ed una battuta sufficien-temente rigide così che kss e kb siano sufficientemente maggiori di kcc ed il termine in parentesi

(5)

a denominatore nell’equazione 5.4 sia vicino a kcc. La seconda direzione da seguire è realizzare degli elementi flessibili estremamente cedevoli in modo che la loro rigidezza sia sufficientemente più piccola di kcc.

In tutta la trattazione svolta sinora non si è considerata la presenza del tubo flessibile di alimentazione. Questo tubo flessibile non esercita alcun importante contributo se viene oppor-tunamente posizionato. Nella reale configurazione del banco di prova si è deciso di far giacere il tubo flessibile su un piano perpendicolare alla direzione della spinta: ciò è stato ottenuto vincolando rigidamente il tubo flessibile con due vincoli, uno posto dalla parte dell’ impianto d’ approvvigionamento e rappresentato da un raccordo a croce VCRR e l’ altro posto

all’ingres-so della struttura di all’ingres-sostegno e rappresentato da un reggitubo. Questa disposizione garantisce che la direzione della forza esercitata dal fluido in pressione sia ortogonale alla spinta, come può facilmente verificarsi considerando il volume di controllo riportato con linea tratteggiata in figura 5.3.

Per quanto riguarda la rigidezza del tubo si osserva che è praticamente nulla: infatti, lo spostamento subito dalla struttura di sostegno a seguito della spinta è molto piccolo, inferiore al millimetro, e considerando che il tubo ha una lunghezza di qualche decimetro, la deformazione è trascurabile e quindi anche la rigidezza.

Figura 5.3: Il posizionamento ed i vincoli del tubo flessibile di alimentazione. Considerando il volume di controllo rappresentato con linea tratto e punto, il tubo flessibile non esercita alcuna forza nella direzione della spinta.

5.3.2 I componenti

Nella presente sottosezione si esaminano i componenti della bilancia di spinta, realizzato presso l’officina di Alta S.p.A. I disegni del complessivo e dei particolari sono riportati nell’ appen-dice E. Si osserva che questi componenti sono stato il frutto di numerose iterazioni, che hanno permesso di avvicinarsi sempre di più al soddisfacimento di tutti i requisiti della specifica. Per non appesantire eccessivamente la trattazione, si tralascia completamente la storia delle iterazioni e si procede con la descrizione dei soli componenti finali.

(6)

5.3.2.1 La struttura di sostegno

La struttura di sostegno, illustrata in figura 5.4, è una struttura assemblata costituita dai particolari 1, 2 e 3, come riportato in appendice E.

Figura 5.4: La struttura di sostegno.

Il particolare 1 è una piastra di alluminio che presenta:

• una serie di fori passanti per il collegamento con gli elementi flessibili o, più precisamente, con i profilati a L degli elementi flessibili (particolare 7);

• tre asole, parallele tra di loro, per il collegamento con un sostegno del motore (particolare 3) ad altre due asole, disposte perpendicolarmente alle precedenti, per il collegamento con l’altro sostegno del motore (particolare 5). La presenza delle prime tre asole consente di spostare longitudinalmente un sostegno, permettendo così il montaggio di propulsori con una differente lunghezza del letto catalitico e garantendo una certa versatilità, richiesta dalla specifica;

• un foro con diametro di 25 mm per il passaggio del tubo flessibile di alimentazione del propulsore. La dimensione è stata scelta per garantire un facile passaggio non tanto del tubo flessibile quanto della sua connessione VCRR, nettamente più ingombrante. Inoltre, le

generose dimensioni di questo foro evitano che il tubo flessibile possa entrare in contatto con la piastra e possa così produrre indesiderate interferenze durante la misurazione della spinta. Attorno a questo foro sono presenti altri due fori per il collegamento con il particolare 15 che insieme al particolare 16 costituisce il vincolo rigido del tubo flessibile;

• una battuta laterale per i sostegni del propulsore, la cui funzione è garantire l’ allineamento tra l’asse di spinta e l’asse del bottone della cella di carico.

A causa del materiale utilizzato, alluminio, ogni volta che è stato possibile sono stati realizzati dei fori passanti per il collegamento con gli altri particolari. Quando non si è potuto procedere in questo modo, come ad esempio nel collegamento con i particolari 2 e 3, sono stati inseriti degli elicoidi in acciaio per realizzare la filettatura mordente.

Il particolare 2 è una piastra di alluminio che si collega alla piastra orizzontale (particolare 1), alle staffe di sicurezza (particolare 13), agli spessori (particolare 14) e al particolare 18, che serve per vincolare la cella di carico. Tra il particolare 18 e la cella è stato inserito un O-Ring per portare a battuta e forzare leggermente la cella di carico alla piastra stessa.

(7)

I particolari 3 sono delle piastre in alluminio, di forma sostanzialmente triangolare, che servono da rinforzo dell’intera struttura di sostegno.

Nelle figure 5.5 e 5.6 si riportano alcuni dettagli della struttura di sostegno.

Figura 5.5: La parte anteriore della struttura di sostegno: è possibile osservare il collegamento con un elemento flessibile e con l’elemento di vincolo della cella di carico. Si nota anche il collegamento col reggitubo ed il foro sul particolare 1 per il passaggio del tubo flessibile d’alimentazione.

Figura 5.6: La parte posteriore della struttura di sostegno: si vedono le asole per il collegamento con i sostegni del propulsore.

Per il calcolo della rigidezza le piastre orizzontale e verticale possono schematizzarsi come due molle in serie e può trascurarsi la presenza delle piastre di rinforzo. Quest’ ultima assunzione consente di ricavare un valore della costante di rigidezza della struttura di sostegno minore di quello effettivo e quindi determina un errore cautelativo.

(8)

sbalzo incastrata nella piastra orizzontale, ritenuta infinitamente rigida. Lo spostamento δv del punto corrispondente alla cella di carico e la costante di rigidezza valgono:

Figura 5.7: Il modello della struttura di sostegno per il calcolo della sua rigidezza.

δv = F L3v 3 E I (5.5) kv = F δv = 3 E I L3v (5.6)

dove E è il modulo di Young dell’alluminio ed I il momento di inerzia della sezione trasversale della piastra verticale.

La piastra orizzontale può modellizzarsi come una trave soggetta a compressione ed a mo-mento flettente. Lo spostamo-mento del punto P corrispondente alla cella di carico in direzione della spinta, ipotizzando la piastra verticale infinitamente rigida, è:

δo= F Lo

E A + Lv sin ϑ (5.7)

dove A è l’area della sezione trasversale della piastra orizzontale e ϑ la rotazione di una trave sollecitata a momento flettente puro:

ϑ= M Lo

E I (5.8)

Ipotizzando piccoli spostamenti, può scriversi: δo F Lo E A + Lvϑ= F Lo E A + Lv M Lo E I (5.9)

La costante di rigidezza della piastra orizzontale vale: ko= F

δo (5.10)

La costante di rigidezza dell’intera struttura, modellizzata come due molle in serie, vale: kss=  1 ko + 1 kv −1 (5.11)

(9)

Con i dati relativi al dimensionamento definitivo (F = 5 N, Lo = 0.2 m, Lv = 0.05 m, E = 70 · 109 Pa, A= 672 m2 e I= 3.41 · 10−9 m4), le costanti di rigidezza valgono:

⎧ ⎪ ⎨ ⎪ ⎩ kv = 5.73 · 106 N/m ⇒ kss= 4.41 · 105 N/m ko= 4.77 · 105 N/m (5.12)

5.3.2.2 La cella di carico e la sua battuta

Per misurare le spinte prodotte dai due propulsori si è deciso di utilizzare due diverse celle di carico: per misurare la spinta prodotta dal motore di 5 N si è scelta una cella di carico con fondoscala di 1000 g e per il motore da 25 N una cella di carico con fondoscala di 10 lbf. Come già detto, si sono scelte due celle di carico del tipo a bottone che funzionano solo a compressione (figura 5.8). Sono prodotte dalla Sensotec. Nella tabella 5.1 si riportano le loro principali caretteristiche.

Figura 5.8: Cella di carico a bottone.

Tabella 5.1: Caratteristiche principali delle celle di carico scelte.

Fondoscala (F.S.) 1000 g 10 lbf

Non linearità / Isteresi,

[%F.S.] ± 0.5 ± 0.5

Non ripetibilità,

[%F.S.] ± 0.1 ± 0.1

Stabilità di zero,

[%F.S.] ± 0.3 ± 0.3

Campo operativo di temperatura,

[C] -54÷ 121 -54 ÷ 121

Campo compensato di temperatura,

[C] 15÷ 71 15 ÷ 71

Deflessione al F.S.,

[10−3 in] 0.05 0.4

Capacità di sovraccarico statico,

[%F.S.] 150 150

Peso,

[g] 1.1 1.1

(10)

fondoscala per entrambe le celle di carico. L’errore relativo massimo, definito come il rapporto tra l’errore assoluto massimo e la forza nominale, è 1.76% per la cella da 1000 g e 2.02% per la cella da 10 lbf.

La costante di rigidezza della cella di carico può ricavarsi dividendo il fondoscala per la deflessione subita con una forza pari a quella del fondoscala:

klc, 1000 g= 7.72 · 106 N/m (5.13)

klc, 10 lbf = 4.38 · 106 N/m (5.14)

La costante di rigidezza per la generica cella di carico è quindi dell’ordine di 106 N/m.

La battuta della cella di carico è realizzata con una vite M6 tornita in corrispondenza del suo contatto col bottone. La vite è vincolata alla piastra di riscontro (particolare 22) con dado e controdado (figura 5.9). La piastra di riscontro presenta un totale di cinque asole, di cui quattro consentono una certa libertà nel posizionamento relativo tra rinforzo e trave di sostegno (particolare 20) e l’ultima asola consente di spostare verticalmente la vite. In definitiva la battuta presenta tre gradi di libertà, due nel piano del rinforzo ed uno perpendicolare al piano, che consentono di centrare il bottone della cella di carico.

Figura 5.9: La battuta della cella di carico e la piastra di riscontro.

La costante di rigidezza della battuta può ricavarsi considerando la battuta come una trave compressa: kb = F δ = E Ab Lb = 8.07 · 10 7N/m (5.15)

dove E è il modulo di Young per l’acciaio, A = 20.1 mm2 l’area della sezione della vite ed L= 50 mm la lunghezza del tratto della vite compresa tra la cella ed il riscontro.

5.3.2.3 Gli elementi flessibili

Gli elementi flessibili sono state realizzate assemblando i particolari 7, 8, 9 e 10, come riportato in appendice E. Un sottile foglio di acciaio inossidabile (particolare 10) dello spessore di 0,05 mm è collegato con viti M2 a dei profilati a L che servono per il collegamento con la piastra d’ inter-faccia (particolare 17) e la struttura di sostegno (particolari 1) e con le piastrine di rinforzo

(11)

(particolari 8 e 9). Tanto i profilati quanto le piastrine di rinforzo sono dotati di raccordi con raggio di 1 mm, presenti sulla faccia a diretto contatto con il foglio, per evitare la presenza di spigoli vivi e la conseguente introduzione di pericolose concentrazioni di tensione. Sono lasciate due piccole zone non rinforzate che agiscono come cerniere. Una foto dell’ elemento flessibile è riportata in figura 5.10.

Figura 5.10: L’ elemento flessibile.

Il calcolo della deformata e la conoscenza dello spostamento δfl permettono di calcolare la costante di rigidezza dell’ elemento flessibile. Ipotizzando che durante il moto la struttura di sostegno e la piastra d’interfaccia restino parallele e che i profilati e la piastrina di rinforzo siano rigidi, la deformata dell’ elemento flessibile è quella riportata nella figura 5.11.

Lo spostamento totale subito dall’ elemento flessibile è dato, facendo ancora riferimento alla figura 5.11, dall’espressione

δfl = 2 w + g sin α (5.16)

dove con w si è indicato lo spostamento subito dal singolo tratto deformabile dell’ elemento flessibile, con g la lunghezza della piastrina di rinforzo e con α = arctan(∂w/∂x) l’ angolo di inclinazione dell’ estremo libero del tratto deformabile. Il tratto deformabile dell’ elemento flessibile si modellizza come una piastra incastrata ad un estremità e libera sull’altra e soggetta ai carichi riportati in figura 5.3.2.3.

E’ evidente che il calcolo della deformata dell’ elemento flessibile si riduce al calcolo della deformata del suo tratto non rinforzato. Il calcolo è stato affrontato col metodo di Rayleigh-Ritz, basato sull’ applicazione del principio energetico del minimo del valore del potenziale totale, definito come la somma dell’energia potenziale U di tutte le forze interne e dell’energia potenziale V di tutte le forze esterne. Questo metodo consiste nella sostituzione della struttura reale

(12)

Figura 5.11: Lo schema dell’ elemento flessibile e sue sollecitazioni.

Figura 5.12: Lo schema del tratto deformabile dell’ elemento flessibile e sue sollecitazioni.

continua, con un numero infinito di gradi di libertà, con un modello con un numero finito di gradi di libertà: si ricerca così una soluzione approssimata risolvendo un sistema di equazioni algebriche per un problema che altrimenti richiederebbe la risoluzione di un sistema di equazioni differenziali. Indicando con u(x, y, z), v(x, y, z) e w(x, y, z) le componenti di spostamento della struttura reale, esse vengono approssimate con una combinazione di una serie finita di funzioni ui(x, y, z), vi(x, y, z) e wi(x, y, z) linearmente indipendenti di classe C2(cioè derivabili con continuità almeno

(13)

due volte) che devono necessariamente soddisfare le condizioni al contorno di tipo geometrico: ⎧ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎨ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎩ u(x, y, z) = l i=1 aiui(x, y, z) v(x, y, z) = m i=1 bivi(x, y, z) w(x, y, z) = n i=1ciwi(x, y, z) (5.17)

I coefficienti ai, bi e ci sono le incognite da determinare in base al principio del minimo del potenziale totale, applicando il quale si ottiene il seguente sistema di l+m+n equazioni algebriche:

⎧ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎨ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎪ ⎩ ∂(U + V ) ∂ai = 0 i = 1, ..., l ∂(U + V ) ∂bi = 0 i = 1, ..., m ∂(U + V ) ∂ci = 0 i = 1, ..., n (5.18)

Ricavati i coefficienti ai, bie ci, si ottiene con le formule 5.17 l’espressione approssimata degli spostamenti da cui è possibile ricavare gli stati di tensione e di deformazione della struttura reale. Nel caso in esame, facendo riferimento alla figura si è interessati soltanto alla componente di spostamento w(x, y) lungo l’asse z. La scelta delle funzioni per la rappresentazione dello spostamento w può farsi assumendo w(x, y) = f(x) g(y), essendo f(x) la funzione usata per esprimere la deformata di una trave che abbia agli estremi le stesse condizioni di vincolo della piastra per x = 0 e x = a e g(y) l’analoga funzione considerando le condizioni di vincolo per y = −b e y = b. Poichè la piastra è incastrata per x = 0 e risulta libera sugli altri tre lati e considerando l’eventuale presenza di un momento torcente che potrebbe nascere da un disallineamento della spinta dalle condizioni nominali, la funzione scelta è:

w(x, y) = C1x2+ C2x3+ C3x2y+ C4x3y (5.19) A questo punto devono esprimersi l’energia potenziale elastica U ed il potenziale V delle forze esterne. Per quanto riguarda l’energia potenziale elastica U , questa si riduce alla sola energia potenziale elastica associata alle deformazioni flessionali perchè l’energia associata con le deformazioni membranali può essere trascurata quando la piastra si deforma poco rispetto al suo spessore, cosa che si suppone, e perchè si trascura anche l’energia associata con le variazioni di temperatura. Indicando con D = E t3/12 (1 − ν2) la rigidezza flessionale della piastra, con t lo spessore della piastra e con E e ν rispettivamente il modulo di Young ed il coefficiente di Poisson per l’alluminio, può scriversi:

U = 1 2  y  x D  2w ∂x2 + 2w ∂y2 2 − 2 (1 − ν) 2w ∂x2 2w ∂y2  2w ∂x∂y 2 dxdy (5.20)

Per quanto riguarda il potenziale V delle forze esterne, si osserva che sono presenti la forza di taglio F , il momento flettente F(L/2−h) ed un momento torcente F d, dove d è il disallineamento

(14)

della spinta. Allora può scriversi: V = − b  −b F 2 bw+ F 2 b  l 2 − a  ∂w ∂x F 2 bd ∂w ∂y  dy (5.21)

Si è ora capaci di determinare i coefficienti incogniti e quindi lo spostamento della piastra risolvendo l’insieme delle quattro seguenti equazioni algebriche:

∂(U + V )

∂Ci = 0 i = 1, ..., 4 (5.22)

La determinazione numerica dei coefficienti Ci è stata eseguita implementando la procedura ora descritta in ambiente Mathematica. Per valutare la rigidezza dell’ elemento flessibile, si è introdotta una forza esplorativa unitaria perfettamente allineata e si è valutato lo spostamento del singolo tratto deformabile, il cui andamento è riportato in figura 5.13, e lo spostamento complessivo dell’ elemento flessibile con la formula 5.16: la rigidezza è data dal rapporto tra la forza esplorativa e lo spostamento totale.

Figura 5.13: Lo spostamento del singolo tratto deformabile dell’ elemento flessibile.

Nel condurre questo calcolo si è utilizzato uno spessore del foglio dell’ elemento flessibile di 0.2 mm e non di 0.05 mm, come nella realtà. Si è deciso di acquistare una serie di fogli di ac-ciaio inossidabile con spessori compresi tra 0.2 mm e 0.05 mm per lasciarsi aperta la possibilità di modificare in un qualunque momento e per un qualunque motivo la rigidezza dell’ elemento flessibile, cambiando semplicemente foglio. Il calcolo è stato così condotto nell’ipotesi peggiore di foglio più spesso. A parte lo spessore del foglio, gli altri dati d’ingresso relativi al dimensiona-mento finale sono: a= 2.5 mm, b = 0.04 mm, lunghezza l = 55 mm. Lo spostamento del singolo

(15)

tratto deformabile, lo spostamento totale e la rigidezza dell’ elemento flessibile valgono:

w(a, b) = 7.483 · 10−6m (5.23)

δfl = 3.096 · 10−4m (5.24)

kfl = 3229.69 N/m (5.25)

E’ stato poi esaminato il comportamento dell’ elemento flessibile in presenza di momento torcente, dovuto ad un disallineamento della spinta: in particolare si è esaminato lo spostamento del tratto deformabile dell’ elemento flessibile nel caso di propulsore da 25 N e disassamento di 1 cm (figura 5.14). Si può affermare che il comportamento della piastra a torsione è soddisfacente poichè gli spostamenti w(a, b) = 8.92 · 10−5 m e w(a, −b) = 9.79 · 10−5 m differiscono di una

quantità trascurabile se rapportata alla lunghezza2 b della piastra; la costante di rigidezza vale circa 3358 N/m.

Figura 5.14: Lo spostamento del singolo tratto deformabile dell’ elemento flessibile in presenza di momento torcente.

Tutti i risultati finora esposti, ottenuti con un modello di ordine ridotto, sono stati confrontati con una modellazione agli elementi finiti dell’intera bilancia di spinta, eseguita col programma CATIA P3 V5R14 (figura 5.15). L’approccio agli elementi finiti ha sostanzialmente confermato i valori ottenuti con metodo di Rayleigh-Ritz.

E’ necessario infine verificare che non vengano raggiunte tensioni pericolosamente vicine a quelle di snervamento dell’acciaio Sy = 270 MPa data la particolare disposizione degli elementi

flessibili, che sostengono l’intera struttura. Supponendo che il peso della struttura, la cui massa mss è di circa 3 kg, sia equamente suddiviso tra i due elementi flessibili, le tensioni, ritenute

(16)

Figura 5.15: La rappresentazione degli spostamenti del banco di spinta con una modellazione agli elementi finiti.

uniformemente distribuite sulla sezione del foglio, risultano: σ= mssg

2 A = 920 kPa < Sy (5.26)

La verifica è dunque soddisfatta. 5.3.2.4 I sostegni

I sostegni del propulsore (particolari 4, 5, 6), riportati in figura 5.16, consentono di afferrare il propulsore e si prestano ad accogliere piccoli propulsori di differente lunghezza. Questa versatilità è garantita dal collegamento tra il sostegno anteriore (particolare 4) e la piastra orizzontale (particolare 1) sulla quale, come già detto, sono presenti delle asole che consentono lo scorrimento del sostegno. Il particolare 4 ha una forma a L con un foro nel quale si effettua il centraggio di una delle flange del motore, che va a battuta su un gradino opportunamente ricavato. L’allineamento con la cella di carico è garantito portando a battuta il sostegno anteriore sul gradino laterale ricavato sulla piastra orizzontale.

Il sostegno posteriore è sagomato a V, con un angolo di apertura di 120. Un tirante (parti-colare 6), che si impegna su una gola scavata sulla flangia di connessione del propulsore, viene serrato con dei dadi alla piastra orizzontale e sviluppa l’attrito necessario per realizzare un vin-colo assiale per il propulsore. La particolare forma a V del sostegno consente di accogliere motori con flange di diametro leggermente diverso da quello di progetto. Al sostegno è stato inoltre asportato del materiale al fine di realizzare un indebolimento atto a consentire la deformazione

(17)

del sostegno stesso, che nasce dalla dilatazione termica subita dal propulsore a causa dell’elevata temperatura raggiunta durante il funzionamento.

(a) (b)

(c)

Figura 5.16: I sostegni del propulsore. (a) Sostegno anteriore. (b) Sostegno propulsore. (c) I sostegni sono serrati con dei dadi alla piastra orizzontale. Si può notare la gola scavata sulla flangia del propulsore ed il tirante.

5.3.2.5 La piastra d’interfaccia

La piastra d’interfaccia (particolare 17) è l’elemento di collegamento tra l’intera struttura di sostegno del propulsore, inclusi gli elementi flessibili, e la struttura di supporto costituita dai particolari 19, 20 e 21 (figura 5.17). I fori presenti sulla piastra consentono il passaggio del tubo flessibile per l’alimentazione del propulsore ed il collegamento con la trave UPN (particolare 22), con gli elementi flessibili e con le staffe di sicurezza. Per questi due ultimi collegamenti i fori risultano svasati così che le viti, fuoriscendo, non interferiscano con la trave UPN.

(18)

Figura 5.17: La piastra d’interfaccia.

5.3.2.6 La struttura di supporto

La struttura di supporto, illustrata in figura 5.18, è realizzata con una trave in parete sottile a sezione rettangolare e con una trave HEA 300 (particolare 20). Il progetto originale prevedeva l’utilizzo di una trave UPN 100 (particolare 21) al posto della trave in parete sottile a sezione rettangolare, come riportato in figura 5.19: tuttavia, si è optato per l’uso di quest’ultima trave poichè era già disponibile presso l’officina di Alta S.p.A..

Le travi utilizzate sono travi di acciaio che risultano ampiamente sovradimensionate per gli sforzi presenti e che servono a sollevare dal generico piano di appoggio l’intera bilancia di spinta così da permettere l’espulsione del getto dalla finestra ricavata sul ‘cubo’. Eventualmente può aggiungersi un’ulteriore trave HEA (particolare 19), come riportato in figura 5.19.

(19)

Figura 5.19: Il modello 3D del banco di spinta e della struttura di supporto. Il progetto originario prevede l’uso di una trave UPN, poi sostituita da una trave a sezione rettangolare, e considera la possibilità di aggiungere un’altra trave HEA per alzare ulteriormente il banco di spinta dal piano di appoggio.

5.3.3 La costante di rigidezza della bilancia di spinta

L’esame dei componenti della bilancia di spinta, fin qui condotto, permette di valutare il valore della costante di rigidezza equivalente mediante la formula 5.1:

keq= 2 kfl+  1 kss + 1 kcc + 1 kb −1 = 4.215 · 105 N/m per il propulsore da 5 N 4.051 · 105 N/m per il propulsore da 25 N

Il valore della forza che effettivamente si scarica sulla cella di carico può calcolarsi con la formula: Fcc =  1 kss + 1 kcc + 1 kb −1 keq F = 4.923 N per il propulsore da 5 N 24.601 N per il propulsore da 25 N (5.27) e l’errore relativo percentuale commesso con la formula:

ε= F− Fcc

F =

1.53% N per il propulsore da 5 N

1.59% N per il propulsore da 25 N (5.28) Osservando che gli errori relativi percentuali sono minori di 2%, si può affermare che il requisito di specifica sul massimo errore accettabile, pari al 5%, è soddisfatto. E’ inoltre da ricordare che i risultati ottenuti sono cautelativi dal momento che non sono stati considerati ai fini della rigidezza i contributi delle due piastre di rinforzo della struttura di sostegno (particolare 3).

5.3.4 Il posizionamento

Il banco di prova è stato posto all’interno del ‘cubo’, sul piano di appoggio posteriore, come già detto nella sottosezione 4.3.4. Questa collocazione consente di soddisfare il requisito sulla

(20)

sicurezza: infatti, durante lo sparo l’unica apertura presente è quella che consente la fuoriuscita del getto e le pareti del ‘cubo’, che restano chiuse, fungono da schermo protettivo. Inoltre, gli operatori si trovano sufficientemente lontani dalla zona di sparo poichè tutto il sistema è controllato da postazione remota.

Figura

Figura 5.1: Lo schema concettuale della bilancia di spinta.
Figura 5.2: Lo schema per il dimensionamento della bilancia di spinta.
Figura 5.3: Il posizionamento ed i vincoli del tubo flessibile di alimentazione. Considerando il volume di controllo rappresentato con linea tratto e punto, il tubo flessibile non esercita alcuna forza nella direzione della spinta.
Figura 5.4: La struttura di sostegno.
+7

Riferimenti

Documenti correlati

Le costanti vengono gestite dal compilatore in modo assai diverso rispetto alle variabili (il valore delle costanti viene sostituito nel sorgente all’inizio della compilazione

Traslocazione post traduzionale delle proteine il concetto di segnali di indirizzo e di proteine chaperon.. Trasporto al nucleo, l’involucro nucleare e la struttura dei

società ingegneria “Cirella Engineering Srls” Dottore Commercialista Master in Tecnico Ambientale e Sicurezza Lavoro Dottore Commercialista Legale Rappresentante Studio

L’impatto della ricerca sul sistema scolastico potrà avvenire in tal senso in modalità diverse come ad esempio il contributo alla definizione e alla valutazione di requisiti

della distanza Proprietà.

3 Condizioni di partenza: ovvero lo stato dell’arte……… …p .4 Opzioni di metodo………p.. 5 Il Concetto

Qualora si ravvisi la necessità di prestazioni ulteriori rispetto a quelle sopra elencate nel Tariffario allegato al presente avviso (all. 2), si farà comunque riferimento al vigente

Si dice operazione esterna a sinistra su un insieme A e a coefficienti in un insieme K una qualunque applicazione f definita sul prodotto cartesiano a valori in A:. K si dice