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L’ITALIAFORESTALE E MONTANA

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– I.F.M. n. 3 anno 2008

SALVATORE PUGLISI (*)

LO SPIRITO DELLE SCIENZE FORESTALI AL CAMBIARE DEI TEMPI (°)

L’Università di Padova ha festeggiato con un convegno il 40° anniversario della istituzione del corso di laurea in Scienze forestali. Nel discorso celebrativo se ne espongo- no le origini e le ragioni del successo, inserendole nella storia di questi studi in Italia dalla fondazione (1869) all’attualità.

Parole chiave: scienze forestali; legislazione universitaria; Facoltà di Agraria di Padova.

Key words: forest sciences; university legislation; Padova Faculty of Agriculture.

1. I

NTRODUZIONE

«Quaranta anni di vita per una Scuola non sono molti ma neanche pochi per fare un consuntivo». Questa frase, cambiato il numero degli anni, l’ho clonata da uno scritto che il prof. Patrone pubblicò nel volume edito nel 1970 dall’Accademia Italiana di Scienze Forestali in occasione del cen- tenario della fondazione della Scuola forestale di Vallombrosa.

Quarant’anni non sono pochi anche perché nella storia delle scienze forestali in questi ultimi quarant’anni vi sono state più trasformazioni di quante non ve ne furono nei precedenti cento.

Durante i 140 anni di vita delle scienze forestali in Italia si sono avuti profondi cambiamenti nelle istituzioni e nella società (monarchia, prima

L’ITALIA

FORESTALE E MONTANA

RIVISTA DI POLITICA ECONOMIA E TECNICA

ANNO LXIII - NUMERO 3 - MAGGIO - GIUGNO 2008

(*) Ingegnere, già professore ordinario di Sistemazioni idraulico-forestali nell’Università degli Studi di Bari.

° Lectio magistralis tenuta alla celebrazione di «Un cammino lungo quaranta anni. La storia delle Scienze Forestali a Padova» (Legnaro - PD, 15 maggio 2008).

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guerra mondiale, fascismo, secondo conflitto mondiale, repubblica), men- tre, riguardo ai contenuti, vi è stata, pur nell’evoluzione e nell’aggiornamen- to, una sostanziale continuità rispetto agli originari fondamenti del sapere, malgrado il frequente modificarsi, ma senza interruzioni, dell’ordinamento degli studi e relativa fruizione.

Per storicizzare questo percorso, contrassegnato da avvenimenti sia esterni che interni all’università, risalendo al suo inizio (1869), ritengo che esso si possa ripartire in tre periodi, rispettivamente di 80, 20 e 40 anni.

L’ultimo periodo, però, va ulteriormente suddiviso in due intervalli, per mettere a fuoco determinati cambiamenti di rilevante importanza.

2. D

AL

1869

AL

1948

Poco dopo la nascita del Regno d’Italia, nel 1869, quando ancora la capitale è a Firenze, viene istituita la Scuola forestale di Vallombrosa, per la formazione degli ufficiali del Corpo Reale delle Foreste.

Il Regio Decreto 4 aprile 1869, n. 4993, che istituisce il R. Istituto Forestale di Vallombrosa, fissa la durata degli studi in tre anni. «L’insegna- mento comprenderà non solo la scienza forestale in tutte le sue parti, ma anche la pratica forestale; e a tale scopo è annessa al R. Istituto Forestale la foresta di Vallombrosa, che sarà amministrata dalla direzione della Scuola»

(M

UZZI

, 1970). Oltre alle materie di base e a quelle professionali, tra cui: a)

“Matematica forestale” (dendrometria, epidosmetria o calcolo incrementale [auxonomia], alsometria); b) “Selvicoltura, teorica e pratica”; c) “Meccani- ca e Architettura civile, stradale e idraulica”; al primo anno vi erano esercizi di lingua italiana, tedesca e francese, idem al secondo e al terzo anno (D

I

B

ÉRENGER

, 1871-72). I professori titolari erano nominati con decreto reale su proposta del Ministro dell’Agricoltura e scelti, di preferenza, «nel Corpo dell’Amministrazione Forestale» (M

UZZI

, 1970). Ne fu fatto direttore l’I- spettore generale forestale Adolfo Di Bérenger, il quale aveva già pubblica- to nel quadrienno 1859-1863 il monumentale saggio “Dell’antica storia e giurisprudenza forestale in Italia” di 803 pagine”, ed era un valente selvi- cultore, di grande esperienza. Purtroppo, per ragioni politiche non restò a lungo in carica. Vale la pena aprire una parentesi su questa vicenda che tra- valica il destino di una persona e acquista valenza biblica perché ripropone la parabola di Caino agricoltore che uccide suo fratello Abele, pastore.

La legge forestale 20 giugno 1877, n. 3917, nota come Legge Majora-

na di Catalabiano dal nome del Ministro dell’Agricoltura che la volle, liberò

dal vincolo forestale tutti i terreni posti sino al limite superiore della vegeta-

zione del castagno, cioè ubicati nell’area dove era prevalente la coltura

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agraria, salvo eccezioni da includere in appositi elenchi, mentre sottopose a vincolo tutti i terreni posti al disopra della zona del castagno, ad eccezione di quelli da esentare dal vincolo includendoli in appositi elenchi. Adolfo Di Bérenger, direttore della Scuola e grande esperto di cose forestali, si rese subito conto che quella legge avrebbe prodotto una immane distruzione di boschi e la loro trasformazione a coltura agraria, per cui la criticò. Per que- sto motivo il Ministro lo collocò anticipatamente a riposo, cioè lo destituì (G

ABBRIELLI

, 2005b). Oltre alla crisi determinata dalla perdita di un grande direttore, la Scuola di Vallombrosa risentì della più generale crisi in cui cadde per alcuni decenni tutta l’Amministrazione forestale dello Stato a causa dell’anzidetta legge Majorana. Nel 1907 il Ministro dell’Agricoltura pro-tempore nominò una speciale Commissione con l’incarico di esaminare la situazione dell’Amministrazione forestale. La Commissione riferì che anche l’Istituto aveva risentito di quel periodo nero.

1

Chiusa la parentesi sulla legge 3917 del 1877 che travolse Di Bérenger e buona parte della selva italica, torniamo alla storia dell’Istituto. Quando sorse la Scuola di Vallombrosa, l’insegnamento universitario era regolato dalla legge Casati del 1862 secondo cui le università potevano avere solo cinque facoltà: giurisprudenza, lettere e filosofia, medicina, scienze, teolo- gia (poi soppressa), mentre quelle di ingegneria, agraria e veterinaria, costi- tuivano scuole superiori, tutte dipendenti dal Ministero della Pubblica istruzione. Gli studenti universitari avevano diritto al rinvio del servizio di leva sino al 26° anno di età. Il Ministero della Guerra, però, si rifiutava di concedere quel diritto agli studenti forestali, per cui il Ministro dell’Agri- coltura fece ricorso al Consiglio di Stato, il quale lo accolse nel 1882, rico- noscendo in tal modo alla Scuola di Vallombrosa il rango di istituto supe- riore assimilato alle università (M

UZZI

, 1970).

Con RD 28 gennaio 1888, n. 5219, gli anni di corso della Scuola di Vallombrosa vennero portati da tre a quattro. Vi si poteva accedere con la licenza liceale oppure di istituto tecnico (G

ABBRIELLI

, 2005a).

Nuove modifiche all’ordinamento della Scuola cominciarono a profi- larsi a partire dal 1910. Infatti, se ne parlò nel dibattito parlamentare che precedette l’emanazione della legge 2 giugno 1910, n. 277, di cui fu promo- tore il ministro Luzzatti, uno dei migliori mai avuti dal mondo forestale ita- liano, il quale prese la parola appunto nella tornata del 19 marzo 1910. In quell’occasione il Ministro espose il suo obiettivo di risvegliare la “coscien- za forestale” nel nostro Paese e di voler modificare in meglio l’insegnamen- to vallombrosano.

2

La legge 2 giugno 1910, n. 277, nota come legge Luzzatti, istituì l’A-

zienda speciale del demanio forestale di Stato (art. 9) e al titolo IV (“Inse-

gnamento forestale”) stabilì che «L’istruzione superiore è impartita nell’isti-

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tuto superiore forestale nazionale» (art. 32) il cui ordinamento verrà stabili- to con successiva legge (art. 33). Difatti, con legge 14 luglio 1912, n. 834, l’Istituto Forestale di Vallombrosa fu trasformato in Istituto Superiore Forestale Nazionale e trasferito a Firenze col fine di «provvedere all’istru- zione tecnica superiore degli ufficiali forestali occorrenti tanto per il servi- zio dell’Azienda speciale del Demanio forestale quanto per l’applicazione delle leggi forestali generali e speciali».

3

L’ISFN di Firenze ebbe sede nella ex Villa Granducale delle Cascine, donata dal Comune di Firenze. Il nuovo istituto continuerà ad essere, «l’organo ausiliare per eccellenza della Ammi- nistrazione forestale», come lo definì il Direttore generale delle foreste in carica quando fu fondato (M

UZZI

, 1970).

Come nella tettonica a zolle, la deriva dell’isola scienze forestali verso il continente universitario è ormai nel suo destino. Con RD 6 novembre 1924, n. 1851, l’ISFN è trasformato in R. Istituto Superiore Agrario e Fore- stale. Con RD 17 giugno 1928, n. 1314, dopo un sessantennio di apparte- nenza al Ministero dell’Agricoltura, passa alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione. Il nuovo ISAF nei quattro anni di corso conferi- sce la laurea in agraria. «Con il proseguimento in un quinto anno, dedicato esclusivamente alle scienze silvane, rilasciava un diploma di specializzazione forestale, con il quale si poteva accedere ai concorsi per l’ammissione nel- l’Amministrazione forestale (…). Con RD 11 dicembre 1930, n. 1962 poi modificato con altro RD 22 ottobre 1931, n. 1512, veniva stabilito che l’Isti- tuto avrebbe impartito l’istruzione scientifica e tecnica necessaria per il conseguimento della laurea in scienze agrarie e della laurea in scienze fore- stali. Gli studi erano ripartiti in due bienni: il primo, comune a tutti gli stu- denti, mentre il secondo biennio si divideva in due distinte sezioni, agraria e forestale» (M

UZZI

, 1970). Questa impostazione del corso forestale sola- mente biennale rimarrà in vigore per quasi mezzo secolo sino al 1977.

Intanto, con RD 26 marzo 1936, n. 657, l’ISAF viene incorporato nell’Uni- versità di Firenze e assume la denominazione di Facoltà di Agraria (Fig. 1).

Per finire è da ricordare che «riconosciuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere alla riforma organica con ordinamento militare del Real Corpo delle Foreste» con RD 16 maggio 1926, n. 1066, era stata istituita la Milizia Nazionale Forestale. Alla MNF il nuovo ordinamento degli studi non si confaceva del tutto sicché con RDL 23 dicembre 1937, n. 2359, venne istituita a Firenze l’Accademia Militare Forestale per il reclutamento e la formazione degli ufficiali della milizia, la quale però per certi insegna- menti si avvalse o dei corsi tenuti alle Cascine o di docenti della Facoltà.

L’Accademia ebbe vita breve. Cessò di esistere, con la disfatta dell’Italia,

nel 1944. La Facoltà di Agraria, invece, continuò a operare pur nel trava-

glio del periodo post-bellico.

(5)

3. D

AL

1948

AL

1968

Il secondo periodo comincia nel secondo dopoguerra con la fine della monarchia, il cui ultimo atto fu nel settore forestale il D. Luogotenenziale 12 marzo 1948, n. 804, di ripristino del Corpo Forestale dello Stato. Il CFS per colmare i vuoti di organico, istituirà borse di studio per la laurea in scienze forestali e aprirà subito i concorsi per il reclutamento del personale tecnico superiore (laureati forestali, agronomi, ingegneri). Quaranta posti nel 1949, altrettanti nel 1950, e così di sèguito per diversi anni. I primi furono concorsi lampo, banditi in primavera, con prove scritte a luglio, esami orali a dicembre, e assunzioni il 1° gennaio successivo. L’ampliamen- to del mercato del lavoro richiamò sempre nuove matricole a Firenze e tutti i laureati forestali entrarono man mano per concorso (con numero di posti uguale al numero dei neolaureati)

4

nel CFS. I vincitori di concorso con lau- rea diversa da quella in scienze forestali venivano assegnati in organico all’I- spettorato Regionale delle Foreste per la Toscana per frequentare il secon- do biennio della Facoltà di agraria di Firenze denominato, in base a una convenzione del 1948 tra Università e CFS, “Corso di perfezionamento in Scienze forestali”. Essi dovevano frequentare, cioè, il 3° e il 4° anno, soste- nendo i relativi esami. Per qualche materia propedeutica del primo biennio, ad esempio Botanica generale e sistematica, gli ingegneri (peraltro esonerati dal fare gli esami di Topografia e di Costruzioni forestali) seguivano lezioni pomeridiane ad hoc tenute da sperimentatori, cioè docenti non universitari, della Stazione Sperimentale per la Selvicoltura, dipendente dal Ministero

Figura 1 – La facciata della ex Villa Granducale delle Cascine nei primi anni ’70. L’insegna richiama le origini della Facoltà di Agraria di Firenze (da Min. Agr. For., «Contributo italiano alle Sessioni di Oslo e di Ankara sulla correzione dei torrenti», Collana Verde n. 36, 1975, Roma).

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dell’Agricoltura e Foreste, i quali erano allora i professori Allegri, Morandi- ni e Susmel. Le “note di qualifica” annuali che si redigevano a quel tempo, cioè i giudizi sul rendimento degli statali (ottimo, distinto, buono, medio- cre, ecc.), per i frequentanti del corso venivano formulate sulla base della media dei voti riportati negli esami di profitto.

Sono passati 80 anni dalla istituzione della Scuola forestale di Vallom- brosa e alle Cascine le aule ora sono finalmente piene di allievi che seguono le lezioni di De Philippis, Patrone, Pavari, Zoli, Magini, Guglielmo Giorda- no, Bolla. Tra i vincitori di concorso del 1950, divenuti scolari forestali, vi fui io che, seguendo da neòfita le lezioni di De Philippis (Fig. 2), sentii par- lare per la prima volta di “ecologia”. Oggi “eco” è un prefisso di largo uso e consumo, ma allora i forestali non dico che fossero i soli ma erano certa- mente tra i pochi a occuparsi di ecologia.

Anche in questa nuova fase continuò a esservi dunque uno stretto lega- me tra l’Amministrazione forestale e l’università. «Amministrazione forestale e scuola costituiscono due pilastri di un medesimo edificio» dirà il prof.

Patrone nel 1950, alla cerimonia conclusiva delle esercitazioni estive a Val-

Figura 2 – Il prof. De Philippis nel 1951 mentre fa lezione di Ecolo- gia forestale (disegno dell’ing. Giancarlo Calabri).

(7)

lombrosa, presente il direttore generale delle foreste Sacchi. In questo spirito diversi docenti provennero dalle file del CFS che a sua volta era una palestra di primissimo ordine. Per limitarmi ai Maestri del passato che ho conosciuto, i nomi che mi vengono alla mente sono quelli di De Horatiis, Patrone, Guglielmo Giordano, Cantiani. Questa fase simbiotica tra il CFS e l’Univer- sità di Firenze, ma poi per qualche anno anche con Padova, fu feconda di risultati. Il CFS autorizzava proprio personale a svolgere incarichi di insegna- mento oppure lo assegnava a tempo praticamente indeterminato ad alcuni istituti universitari per collaborare con i cattedratici nella conduzione degli stessi e farvi ricerca. Tra l’altro, nel 1950 finanziò tre nuove cattedre di disci- pline forestali alla Facoltà di Firenze (P

ATRONE

, 1950). Ritengo che ciò sia avvenuto per il tramite dell’Azienda di Stato Foreste Demaniali.

4. I

L

S

ESSANTOTTO

Il terzo periodo comincia nel 1968. Nella nostra seriazione quella data segnò la fine dell’unicità delle Scienze forestali a Firenze, ma fu anche, nella storia del mondo, «lo spartiacque, senza che se ne fosse consapevoli, di una grande trasformazione epocale che i filosofi hanno definito “postmoder- nità”» (M

ARINO

, 2004). In quell’anno avvenne qualcosa di tellurico che è paragonabile a un terremoto seguito da uno sciame di scosse che, per quanto riguarda l’università, non si può dire ancora esaurito. Ai fini di questo reso- conto, il Sessantotto è l’anno in cui esplode la contestazione studentesca, una miccia da lungo tempo accesa. «Si vedrà come e perché il Sessantotto sia nato molto prima del Sessantotto e sia finito molto tempo dopo» (M

ARINO

, 2004).

Sulla incubazione del Sessantotto studentesco è significativa la testi-

monianza di uno scienziato e uomo di scuola della statura di Gustavo

Colonnetti.

5

Nella prefazione che scrisse per un’opera della collana “I libri

del tempo” edita da Laterza, esordì con queste parole: «Quella che da tanti

anni si chiamava la “crisi della Scuola” è stata recentemente designata, dal-

l’autorevole rettore di uno dei nostri atenei, col ben più impegnativo e pes-

simistico nome di “agonia dell’Università”». E più oltre: «Bisogna che l’or-

dinamento degli studi, svincolato dai quadri tradizionali, venga reso libero

ed elastico a tal segno che possa adeguarsi alle diverse esigenze di giovani

che sempre più numerosi arriveranno all’Università provenendo dai più

diversi ceti sociali e da ordini di studio diversi da quelli tradizionali; e nei

quali perciò bisognerà saper rispettare il differente tipo di formazione, le

differenti attitudini, le differenti aspirazioni» (C

OLONNETTI

, 1961). Difatti,

nel Sessantotto, «tra le rivendicazioni più estese e pressanti, si evidenziò

quella degli studenti delle scuole tecniche e industriali che volevano un

(8)

ampliamento delle prospettive di accesso agli studi universitari, ancora limi- tate dalla normativa vigente alle sole facoltà di economia e commercio»

(M

ARINO

, 2004). Secondo la sintesi di Paul Ginsborg riportata da Marino:

«Le basi materiali dell’esplosione della protesta nelle università italiane devono essere rintracciate nelle riforme scolastiche degli anni ’60. Con l’in- troduzione della scuola media dell’obbligo estesa fino a 14 anni, nel 1962, per la prima volta si era creato un sistema di istruzione a livello di massa oltre la scuola primaria. Essa mostrava gravi lacune (…) ma aprì nuovi oriz- zonti a migliaia di ragazzi dei ceti medi e della classe operaia. Molti di loro decisero di continuare gli studi fino all’università (…). Nell’anno accademi- co 1967-68 gli studenti universitari erano già 500.000, contro i 268.000 del 1960-61» (M

ARINO

, 2004).

Nella temperie del Sessantotto muove i primi passi il Corso di laurea in Scienze Forestali di Padova, la cui data esatta d’inizio è il 1° novembre 1967, quando non si era ancora spenta l’eco dell’alluvione del novembre 1966 che oltre a colpire Firenze e parte della Toscana, aveva inflitto gravis- simi danni a tutto il settore alpino nord-orientale.

Il Sessantotto fu dall’inizio alla fine un anno drammatico. Il 15 gen- naio vi fu il terremoto del Bèlice che distrusse Gibellina e Salaparuta (TP) e fece 370 vittime, più di 1000 feriti, 70000 senzatetto. Alla fine del mese vi fu l’Offensiva del Tet (capodanno lunare) nel Delta del Mekong, dove per- sero la vita 12500 civili, 1100 soldati americani, 2300 soldati sudvietnamiti, e i vietkong ebbero da 30 a 40000 tra morti e feriti. In aprile a Memphis viene assassinato il reverendo Martin Luther King, leader del movimento nero. Il “Maggio francese” fece da detonatore a molti movimenti studente- schi in Europa. Il 5 giugno a Los Angeles viene assassinato il senatore Bob Kennedy, candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Ad agosto i carri armati sovietici invadono la Cecoslovacchia e spengono la Primavera di Praga. Il 3 ottobre a Città del Messico la polizia reprime nel sangue una manifestazione studentesca. I morti sono più di cento. A dicembre ad Avola (SR) i braccianti scendono in sciopero. La polizia ne uccide due e ne ferisce diverse decine. In Italia le occupazioni studentesche di facoltà e istituti, ini- ziate a Torino a gennaio, continuano ovunque, con differenti gradi di viru- lenza, lungo tutto questo annus terribilis.

5. I

L

C

ORSO DI LAUREA IN

S

CIENZE FORESTALI A

P

ADOVA

In mezzo al frastuono di questi avvenimenti tragici del Sessantotto,

muove i primi passi il Corso di laurea in Scienze forestali di Padova per

preparare giovani a lavorare nel silenzio profondo della foresta, un silenzio

(9)

che giunge dalle abetine che avvolgono i grandi monasteri di Vallombrosa e di Camaldoli; un corso che vuole addestrare i giovani a lavorare immersi nella poesia del creato, accanto alla natura per carpirne i segreti, o anche a misurare l’acqua dei torrenti per imparare a sistemarli, oppure a inerpicarsi al disopra del limite della vegetazione arborea per studiare le zone di distacco delle colate detritiche, o per capire come nascono le valanghe e quindi come se ne può disinnescare la formazione.

Il Corso forestale di Padova nacque come 2° biennio della Facoltà di agraria, alla stregua di quello di Firenze. Prima della istituzione del corso forestale a Padova vi era stato un tentativo di averlo da parte dell’Università di Catania. Ma il Consiglio superiore della Pubblica istruzione non accolse la proposta. Non conosco i documenti e quindi la motivazione del rigetto.

Questo fatto mi fu riferito a suo tempo dal prof. Cantiani, vicinissimo al prof. Patrone, allora preside della Facoltà di Agraria di Firenze, e quindi da considerare persona informata dei fatti, come si direbbe adesso. Una spie- gazione plausibile è che a quel tempo l’unico corso di studio in Scienze forestali, quello di Firenze appunto, era finalizzato prevalentemente, come per il passato, alla preparazione del personale del ruolo tecnico superiore del CFS per cui non era ammissibile che corsi di studio omologhi si disco- stassero da quello fiorentino. Questa circostanza fu tenuta presente dall’U- niversità di Padova che adottò pari pari lo statuto di Firenze. È interessante riferire al riguardo come si giunse alla istituzione del corso di laurea in Scienze forestali in questa sede.

La Facoltà di Agraria di Padova già prima di fondare il corso forestale

aveva istituito la cattedra di Selvicoltura e bandito il relativo concorso che

fu vinto dal prof. Susmel. Vi era allora un ruolo unico nazionale delle catte-

dre, una specie di catasto gestito da una apposita divisione della Direzione

generale dell’Istruzione universitaria. La Facoltà perciò aveva destinato alla

Selvicoltura una cattedra già in suo possesso che si era resa vacante, col

proposito iniziale, ritengo, di impartire un insegnamento professionalmente

spendibile agli studenti di agraria provenienti dalle province alpine, stante

l’appartenenza di agronomi e forestali allo stesso ordine professionale. Nac-

quero da ciò, anche per la personalità di Susmel, un iter progettuale e le

premesse per la successiva creazione del corso forestale. A ciò fu poi dele-

gato lo stesso Susmel, che realizzò il programma e dal 1968 al 1975 sarebbe

divenuto anche preside della Facoltà. Il prof. Susmel impersonò, si può

dire, lo spirito delle scienze forestali, non solo nella scuola ma anche nella

pubblicistica. Egli fu direttore di Monti e Boschi e collaboratore del Corrie-

re della Sera. Nei giorni in cui inizia il corso a Padova partecipa al grande

convegno dell’Accademia Nazionale dei Lincei «Le scienze della natura di

fronte agli eventi idrogeologici» (Roma, 8-10 novembre 1967), dove tenne

(10)

la famosa relazione “Sull’azione regimante ed antierosiva della foresta”. Nel volume degli atti in formato 8°, la relazione stampata sarà lunga 130 pagine.

Il 5 febbraio successivo a Firenze, in Palazzo Vecchio, alla inaugurazione del XVII anno dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali vi legge la pro- lusione dal titolo “La terza dimensione della foresta”, dove affronta i pro- blemi della sua «funzione igienico-ricreativa», e non è chi non veda che quell’aggettivo “igienico” contiene e anticipa temi formidabili del dibattito, della ricerca e dell’insegnamento futuri. L’essenza del suo magistero, come lo ricordò un suo allievo divenuto suo successore nella cattedra, è nella for- mulazione «della selvicoltura che si fa ecologia» (V

IOLA

, 2006).

Appena ottenuto il corso forestale, già nel 1967 venne ripetuta, da parte della Facoltà di Agraria, un’azione di rafforzamento del corso stesso, con la chiamata sulla cattedra di Sistemazioni idraulico-forestali del prof. Benini che aveva vinto in precedenza il concorso a cattedra presso la Facoltà d’Ingegne- ria dell’Università di Bari e vi insegnava Tecnica della bonifica.

Il prof. Benini è stato per molti anni il portabandiera di noi sistemato- ri. Con lui fondammo l’Associazione Italiana di Idronomia (AIDI), per far crescere in purezza le materie idronomiche (Sistemazioni idraulico-foresta- li, Idrologia forestale, ecc.) indipendentemente dagli esiti dei concorsi uni- versitari. Ne fu presidente per diciotto anni durante i quali diresse la colla- na dei Quaderni di Idronomia Montana. Al magistero del prof. Benini, nel 25° della Cattedra di Sistemazioni idraulico-forestali, la sua scuola (Sezione Risorse idriche e Difesa del suolo del Dipartimento Territorio e Sistemi Agro-forestali) dedicò un volume (n. 11/12 dei Quaderni) di “Scritti in suo onore” dove oltre alla storia della cattedra si parla degli altri incarichi di prestigio ricoperti, come la presidenza dell’Associazione italiana di Genio rurale (oggi Associazione Italiana di Ingegneria Agraria).

6

Questi cattedratici non furono lasciati soli, ma ebbero i loro assistenti ordinari: Mario Cappelli e Sergio Fattorelli, poi divenuti anche loro catte- dratici. È da notare che anche quelli di assistente ordinario allora erano posti contingentati, come avviene oggi per i ricercatori, per cui anche in questo la Facoltà di Agraria di Padova diede segno di lungimiranza. Tra i primi cattedratici va ricordato anche il prof. Hellrigl proveniente dalla Scuola di Patrone. Accanto a questi nomi desidero porre quello di un altro amico di vecchia data, Andrea Famiglietti, divenuto professore ordinario nell’istituto di Susmel. Sia questo Maestro che il prof. Benini furono tratta- tisti delle materie di rispettiva competenza e nelle scuole da loro create hanno prodotto altri allievi sempre di alto lignaggio scientifico.

Il Corso forestale di Padova poggiò subito, quindi, su questi due pilastri e

poté crescere su basi solidissime che gli hanno consentito di conseguire i risul-

tati di eccellenza che gli vengono riconosciuti anche a livello internazionale.

(11)

In questo processo di crescita, il Corso forestale di Padova si è adeguato agli input esterni rimanendo fedele agli originari fondamenti culturali. Ha potenziato i laboratori di San Vito di Cadore (divenuti “Centro Studi Ambiente Alpino”); ha applicato e innovato nel campo della modellistica matematica e con impianti sperimentali in idrologia (Rio Cordon); ha condot- to ricerche sui flussi e bilanci energetici nei boschi; nel settore della diversità biologica (diversità genetica, diversità specifica, diversità ecologica) a sèguito della conferenza di Rio de Janeiro del 1992, con applicazione alle foreste dell’hinterland veneto alpino; ha seguito le applicazioni del protocollo di Kyoto (1998); ha teorizzato la ricostruzione morfologica degli alvei torrentizi, e la prevenzione del rischio idrogeologico con modelli diagnostici e di carto- grafia computerizzata di avanguardia; e così via per molte altre discipline, biologiche, chimiche, economiche, estimative, ingegneristiche ecc., adeguan- dosi alle politiche comunitarie, soprattutto in materia di finanziamento della ricerca, e a quelle regionali in quanto sorgente di commesse e di risorse per la ricerca e lo sviluppo dei laboratori e dei dipartimenti della facoltà.

L’evoluzione scientifica è avvenuta mentre cambiava, si può dire continuamente, il quadro normativo di riferimento successivo al terremo- to del 1968.

6. D

AL

1968

AL

1988

La prima risposta dello Stato alle istanze studentesche del Sessantotto fu la legge 11 dicembre 1969, n. 910, intitolata “Provvedimenti urgenti per l’Università”. Essa dispose che «fino all’attuazione della riforma universita- ria possono iscriversi a qualsiasi corso di laurea i diplomati degli istituti secondari di secondo grado di durata quinquennale e anche quelli degli isti- tuti di istruzione magistrale e dei licei artistici che abbiano frequentato con esito positivo un corso annuale integrativo organizzato dai provveditorati agli studi» (art. 1). Con questa disposizione aumenterà la popolazione stu- dentesca che può scegliere Scienze forestali. La legge diede anche facoltà agli studenti di predisporre piani di studio diversi da quelli previsti dagli ordinamenti didattici in vigore purché nell’ambito delle discipline effettiva- mente insegnate e nel numero degli insegnamenti previsti.

Con la presentazione ed approvazione dei piani di studio decadde la

norma dello sbarramento cioè del divieto di iscrizione al biennio superiore

per gli studenti che non avevano superato il prescritto numero di esami

obbligatori del biennio iniziale. Di questa norma non poterono avvalersi

subito gli studenti forestali in quanto tutti gli insegnamenti di scienze fore-

stali erano obbligatori e non esistevano insegnamenti complementari che

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rendessero possibile la predisposizione di piani di studio diversi da quello prescritto.

Con DL 1° ottobre 1973, n. 580, convertito nella legge 30 novembre 1973, n. 766, intitolata “Misure urgenti per l’Università”, vengono create 7500 nuove cattedre (ma i concorsi verranno diluiti nel tempo), i professori incaricati con tre anni di servizio diventano “stabilizzati”, i professori aggregati diventano ordinari ope legis, viene istituita la figura dei professori associati con norme concorsuali di accesso uguali a quelle della soppressa

“libera docenza”. Questa legge «crea gli esercitatori, i contrattisti, gli asse- gnisti e i borsisti» (F

ROIO

, 1996), a molti dei quali saranno conferiti incari- chi di insegnamento di materie complementari, gemmanti numerose, anche troppo, da quelle fondamentali per ampliare l’offerta didattica relativa ai piani di studio.

Per dare anche agli studenti forestali la possibilità di presentare piani di studio individuali e così eludere l’ostacolo dello sbarramento per passare dal primo al secondo biennio, nel 1976 le tre facoltà di Firenze, Padova e Bari con corsi di laurea in Scienze forestali decidono insieme, sotto la regia del professor De Philippis, di togliere l’Entomologia forestale dalle fonda- mentali per far posto a insegnamenti complementari utili per la redazione degli anzidetti piani di studio individuali. Scrivo in base a ricordi personali, ma non conosco le ragioni per cui la scelta cadde su questa materia anziché su un’altra. Comunque, anche se necessaria, fu una decisione dolorosa.

Con DPR 12 luglio 1977, n. 817, la durata del Corso di laurea in Scienze forestali viene portata a quattro anni con 26 insegnamenti fonda- mentali (di cui quattro semestrali). Per conseguire la laurea lo studente deve aver superato gli esami di tutti gli insegnamenti fondamentali e di tre complementari a corso annuale, nel cui computo due semestrali valgono una materia annuale. Gli insegnamenti complementari tra cui scegliere, elencati nel decreto, sono 24, alcuni dei quali di notevole valenza sia scien- tifica che professionale per l’adeguamento del corso di studio a nuove tematiche divenute attuali con il cambiare dei tempi. A volerne citare solo alcuni, senza nulla togliere agli altri, sono da ricordare, anche per gli svilup- pi che avranno in sèguito: Ecologia, Idrologia forestale, Meccanizzazione forestale, Microbiologia forestale, Miglioramento genetico degli alberi fore- stali, Pedologia forestale, Pianificazione ecologica del territorio, Tutela del paesaggio agricolo forestale e riassetto del territorio.

Il DPR 11 luglio 1980, n. 382, di “Riordinamento della docenza uni-

versitaria” istituì il dottorato di ricerca e il ruolo dei ricercatori di cui fissò

il numero (16000); stabilì la dotazione organica degli ordinari (15000) e

degli associati a regime (15000), nonché le norme per far diventare associati

i professori incaricati stabilizzati, gli assistenti ordinari del ruolo a esauri-

(13)

mento e i tecnici laureati, mediante concorsi per titoli denominati “giudizi di idoneità”, ed introdusse il regime dipartimentale, per il momento solo a titolo sperimentale.

In questa elencazione è da inserire il DPR 19 aprile 1982, n. 299, che portò a cinque anni la durata del corso di laurea in Scienze agrarie, e nella tabella annessa delle discipline del corso inserì, tra le altre: Alpicoltura, Difesa e conservazione del suolo, Ecologia forestale, Entomologia forestale, Industrie chimico-forestali, Legislazione forestale, Microbiologia forestale, Miglioramento genetico degli alberi forestali, Pedologia forestale, Sistema- zioni idraulico-forestali, Zoologia forestale. Quando uscì questo decreto, due cose destarono perplessità: che non si fosse varato in parallelo un ana- logo provvedimento per le Scienze forestali, la cui laurea rimaneva a quat- tro anni, e l’aver inserito nella tabella delle discipline annessa al decreto molte materie specificamente forestali. La spiegazione si ebbe di lì a poco allorché, presso il Consiglio Universitario Nazionale (CUN), da alcuni rap- presentanti delle facoltà di agraria fu messo in programma il revival della storia di Caino e Abele per far diventare le Scienze forestali un indirizzo del Corso di laurea in Scienze agrarie. Rimase un tentativo, come altri che se ne possono trovare nella Storia, di conquiste coloniali fallite. Il CUN a onor del vero si mosse con cautela, nominò una commissione costituita da rap- presentanti di altre facoltà (Ingegneria, Scienze, Economia, Medicina vete- rinaria) e indisse un’audizione alla quale partecipammo in parecchi e dove il prof. Benini fu il portavoce di tutti i corsi di laurea in Scienze forestali.

Egli spiegò ai rappresentanti delle facoltà di agraria e ai membri della com- missione del CUN qual era l’essenza delle scienze forestali e i motivi per cui non era accettabile un suo declassamento a semplice indirizzo di scienze agrarie, e fu convincente.

Con DPR 11 ottobre 1984, n. 936, anche la durata del corso di studi per la laurea in Scienze forestali viene portata dunque a cinque anni con due indirizzi: 1) tecnico colturale; 2) gestione dell’ambiente e conservazione del suolo. Le discipline comuni a tutti gli indirizzi sono 25, pari a 22 annua- lità. Le discipline caratterizzanti gli indirizzi sono sei, pari a quattro annua- lità. «Ogni indirizzo è articolato in orientamenti (…). Ciascun orientamento viene definito da un gruppo di discipline, il cui numero concorre al rag- giungimento di complessive trentuno annualità», cui si aggiunge l’obbligo dell’accertamento della conoscenza di almeno una lingua straniera, e di avere effettuato un tirocinio pratico-applicativo pre-laurea della durata da tre a sei mesi»

7

(M

ARINELLI

, 1986).

Tra i provvedimenti che ebbero effetti in questo periodo, è da consi-

derare, perché equivalse a una bomba a orologeria, il DPR 15 gennaio

1972, n. 11, di “Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzio-

(14)

ni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia e di pesca nelle acque interne e dei relativi personale ed uffici”. L’uscita di scena del CFS dal settore tecnico operativo (selvicoltura, sistemazioni idraulico- forestali, bonifica montana) sarà graduale ma avrà un’influenza considere- vole sullo svolgimento della nostra vicenda a motivo di quella che gli storici chiamano “incidenza delle interruzioni” (F

OUCAULT

, 1971). Col DPR 11/1972, infatti, ha inizio la mutazione genetica del CFS che giungerà a compimento con la legge 6 febbraio 2004, n. 36, dal titolo “Nuovo ordina- mento del Corpo Forestale dello Stato”. Ma l’intesa profonda esistente tra la scuola di Scienze forestali e l’Amministrazione forestale dello Stato si era interrotta già prima. Per i suoi riflessi sul tema è un capitolo interessante da scrivere che, però, lo spazio a disposizione mi vieta di trattare per esteso.

Mi sia consentito perciò di dedicargli almeno un excursus.

Mario Cantiani, successore di Patrone nella cattedra di Assestamento forestale a Firenze (materia che aveva già insegnato per alcuni anni a Pado- va), assertore dello spirito delle scienze forestali e direttore responsabile della rivista L’Italia Forestale e Montana, apre il n. 1 del 1988 con un edito- riale dal titolo “Parchi e Riserve Naturali: luci ed ombre”, dove prendendo spunto dal libro “Uomini e Parchi” di Giacomini e Romano, puntualizza diversi aspetti del problema tra cui questo: «Negli ecosistemi forestali inclusi nei parchi è stata generalmente proibita ogni attività selvicolturale, anche nelle formazioni più antropizzate che avrebbero bisogno di interventi colturali, ben dosati nel tempo e nello spazio, per consentire di incrementa- re la produttività e favorire i processi di rinnovazione naturale della fore- sta»

8

. Questa presa di posizione fa da preambolo al grosso scontro che san- zionerà il taglio del cordone ombelicale esistente tra l’Amministrazione forestale e la scuola nata dalla medesima più di un secolo prima. Ciò avverrà in occasione della manifestazione veronese “Euroforesta Legno”

del maggio 1988 allorché il Ministro Mannino presenta ufficialmente il Piano Forestale Nazionale e suscita molti consensi. Nel corsivo che Cantia- ni dedica all’evento, dirà: «Meno accessibile, anche se molto applaudito, è apparso all’uditorio il discorso successivamente pronunciato dal Dott.

A

LFONSO

A

LESSANDRINI

quando, evidenziando gli aspetti più salienti del Piano e dell’Inventario forestale nazionale, ci ha parlato della “manutenzio- ne del bosco”. Credo che uno sforzo interpretativo sia necessario per chia- rire l’ermetismo di questa originale nuova teoria del Direttore Generale delle Foreste. Qualche ingenuo sprovveduto ascoltatore ha creduto doversi dare al vocabolo “manutenzione” lo stesso significato che la nostra selvicol- tura classica attribuisce alle diverse ben note tecniche colturali (diradamen- ti nei boschi giovani, tagli di rinnovazione nei boschi maturi). Non è così!

(…) Per i “restauri” e le “manutenzioni”, che assumono i caratteri di opera-

(15)

zioni “cimiteriali”, non sono indispensabili professionisti specializzati in scienze tecniche e biologiche forestali, ma possono essere impiegati anche tecnici di altra estrazione (ingegneri, agronomi, geologi) che abbondano negli organici del CFS e per i quali il Ministero del l’Agricoltura non richie- de più l’obbligo di conseguire la laurea in Scienze forestali».

9

Alessandrini andò diritto per la sua strada. La rottura definitiva si può datare 18 gennaio 1991. Quel giorno il prof. G.T. Scarascia Mugnozza, Ret- tore dell’Università della Tuscia e Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, organizzò un incontro informale tra il Direttore generale delle Foreste e i presidenti dei Corsi di laurea in Scienze forestali delle università italiane per vedere se poteva essere riveduto il rapporto tra università e CFS per aumentare il numero dei posti riservati ai laureati fore- stali nei concorsi per funzionari. Alla riunione prese parte anche il prof. Bagnaresi, ordinario di Selvicoltura a Bologna. Il dott. Alessandrini fu esplicito nel negare tale possibilità perché, disse, i programmi universitari di Scienze forestali non corrispondevano più alle necessità funzionali e ai nuovi compiti del CFS, per cui lui era costretto ad aprire i concorsi ad altre categorie di laureati (in biologia, chimica, economia, geologia, giurispru- denza, statistica, veterinaria, per complessive 120 unità) oltre a scienze agrarie e ingegneria, come da tradizione.

7. D

AL

1988

A OGGI

Rende singolare questa vicenda la circostanza che mentre diminuiva il numero delle assunzioni di laureati forestali da parte del CFS, e non ve n’era assorbimento, se non sporadico, nelle Regioni a statuto ordinario a causa della limitata istituzione di ruoli organici per laureati forestali,

10

anda- va aumentando, invece, il numero delle sedi universitarie con corsi di stu- dio in Scienze forestali.

Nel 1986 il prof. Susmel, al quale, caso unico, era stata nuovamente

affidata la prolusione inaugurale del XXXV anno dell’Accademia Italiana

di Scienze Forestali, sul tema “Prodromi di una nuova selvicoltura”, esordì

così: «Già alla fine degli anni ’60, con la nascita a Padova del secondo corso

italiano in scienze forestali, si faceva sentito il bisogno di un rinnovato testo

di selvicoltura, un bisogno che aumentava negli anni successivi dopo l’inat-

tesa proliferazione in diverse sedi universitarie dello stesso corso di laurea e

di altri affini promossi dalle facoltà di ingegneria

11

, tutti insieme saliti oggi

allo sconcertante en plein di otto, superiore di gran lunga alle necessità di

un paese povero di boschi come il nostro». Questo numero di corsi aumen-

terà ancora grazie ai provvedimenti legislativi dell’ultimo periodo.

(16)

Intanto la legge 9 maggio 1989, n. 168, istituisce il Ministero dell’Uni- versità e della Ricerca scientifica e tecnologica che adotterà diversi provve- dimenti riguardanti gli studi forestali.

Con DM 10 dicembre 1993 il Corso di laurea in Scienze forestali cam- bia denominazione in Scienze forestali e ambientali. Si tratta di un passo avanti nei riguardi dell’immagine e dei contenuti, però molto appesantiti, per cui la sua frequenza richiederà sacrifici agli studenti. L’impegno didatti- co complessivo è di 3300 ore di cui 400 per la tesi di laurea e il tirocinio. I corsi vanno da un minimo di 25 a un massimo di 28. Solo che si trattò in più casi di corsi integrati con esami congiunti, anche doppi e tripli, di mate- rie di dubbia affinità

La legge 15 maggio 1997, n. 127, recante “Misure urgenti per lo snelli- mento dell’attività amministrativa e dei provvedimenti di decisione e di con- trollo”, meglio nota come legge Bassanini-bis, all’art. 17, commi 95 e 99, si occupa di autonomia didattica delle università e di accorpamento e aggiorna- mento dei Settori Scientifico Disciplinari da adottare con decreto del Mini- stro dell’Università sentito il CUN. In attuazione di questa legge viene ema- nato il DM 3 novembre 2000 che modifica gli SSD (declaratorie di aree tema- tiche in luogo dei precedenti elenchi di discipline), e il DM 3 novembre 1999, n. 509, che approva il regolamento per l’autonomia didattica degli atenei, isti- tuisce le lauree di primo e di secondo livello, nonché i crediti formativi uni- versitari (CFU). Una importante revisione di quest’ultimo decreto si avrà con il DM 22 ottobre 2004, n. 270 che modifica i titoli rilasciati dalle università:

dottore per la laurea (L) e dottore magistrale per la laurea magistrale (LM), che è la nuova denominazione della laurea specialistica.

8. C

ONCLUSIONI

Per quanto snellita, la biografia delle scienze forestali ha richiesto ugualmente molto spazio, forse perché chi scrive, non tanto per una pur sempre scusabile deriva autobiografica, quanto per essere stato testimone di alcuni dei fatti riferiti, vi ha messo notizie inedite che servono per passa- re dalla registrazione asettica degli eventi alla loro interpretazione, onde fare storia, come meritava il tema, anziché solo cronaca.

Si è visto come l’insegnamento delle Scienze forestali sia passato

prima dall’Istituto Forestale di Vallombrosa all’Istituto Superiore Forestale

Nazionale di Firenze, in seguito trasformato in Istituto Superiore Agrario e

Forestale, poi incorporato nella Facoltà di Agraria dell’Università di Firen-

ze, per rischiare infine di scomparire nell’anonimato di un indirizzo del

Corso di laurea in Scienze agrarie.

(17)

Parallelamente si è visto come il Corso di Scienze forestali, nato dal- l’Amministrazione forestale sia stato alla fine ripudiato dalla stessa.

Si è riferito come le ultime norme, in confronto alle complesse procedu- re del passato, rendano ora possibile il fai-da-te. Con l’autonomia universita- ria e la perdita da parte dei docenti della titolarità della materia d’insegna- mento sostituita dall’appartenenza a un settore scientifico disciplinare, è stato possibile organizzare un corso di studio in Scienze forestali e ambientali con un solo docente di ruolo di materie forestali mediante procedure sempli- ficate rispetto a quelle descritte in precedenza. Corsi siffatti, però, non sem- pre hanno alle spalle, se già istituiti, o sono in progetto, un retroterra consoli- dato di ricerca scientifica nelle principali discipline forestali, per cui corrono il pericolo di meritare giudizi come quello espresso da Luzzatti sulla scuola di Vallombrosa nel 1910. Susmel, che è stato il fondatore del Corso di Scienze forestali a Padova, curava il contatto con gli studenti e sentiva fortissima l’esi- genza di «trasmettere loro un sapere ben radicato nella ricerca scientifica»

(V

IOLA

, 2006). E così hanno fatto i suoi discepoli. Il 28 febbraio scorso a Firenze, alla giornata di studio sulle Tecniche di Ingegneria naturalistica nelle Sistemazioni idraulico-forestali, il prof. Dalla Fontana ha espresso lo stesso concetto: «la buona didattica si alimenta della ricerca».

Il travaglio dell’ultimo periodo non ha impedito di crescere al Corso di Scienze forestali dell’Università di Padova (ora differenziato in due corsi di laurea, in una laurea magistrale e relativi master, più il dottorato di ricer- ca), perché ha saputo trovare attraverso l’insegnamento e la ricerca nuovi sbocchi professionali, adeguati al cambiare dei tempi, per i suoi laureati, e quindi non ha visto rarefarsi l’utenza. Questo è il vero spirito delle Scienze forestali, crescere sulle antiche radici, innovare per adeguarsi ai tempi, e rinnovarsi restando sulle radici di prima. Una fiaccola che passa di mano da una generazione all’altra senza spegnersi. La Facoltà di Agraria di Padova va perciò additata come esempio perché ha saputo ergersi a modello di come si costruisce una Scuola di Scienze forestali cominciando col darle assai robuste fondazioni. Nel suo quarantesimo anniversario, questo costi- tuisce motivo di compiacimento, di incoraggiamento e di gratitudine per tutto il mondo forestale italiano.

NOTE AL TESTO

1Malgrado le leggi 1° marzo 1888 n. 5238 e 30 marzo 1893 n. 173, varate per ovviare agli inconvenienti della legge Majorana (TRIFONE, 1957), «dal 1877, e quasi per un ventennio, le sorti del- l’Amministrazione volsero alla peggio, procedendosi man mano alla sua liquidazione mediante sop- pressione di posti e la corrispondente diminuzione di personale. Il servizio fu tenuto, quasi general- mente, in poco conto per gli interessi generali, agli uffici non rimasero che le funzioni di polizia e sem- brava che fosse arrivato il momento per abolire la stessa amministrazione, non avendo più funzioni tecniche, che nei boschi le erano state sottratte dalla legge del 1877; e nelle stesse sistemazioni monta-

(18)

ne e nei rimboschimenti non si potevano esercitare per assoluta mancanza di lavori, salvo in qualche provincia dove funzionavano i Comitati forestali in consorzio con lo Stato. Intanto, l’Istituto di Val- lombrosa subiva l’influenza di questo stato di depressione» (dal testo della relazione conclusiva della Commissione riportato in MUZZI, 1970).

2«Ma, creata la coscienza forestale, è d’uopo creare l’insegnamento forestale: cioè, dopo il volere, il sapere. Qui, il lungo tema mi trarrebbe in discorsi che, forse, non convengono al momento attuale della discussione: ma mi permetta la Camera di ricordare con brevissimi cenni l’esempio di due Stati, ai quali vorrei ispirare il disegno di legge, che ho assunto l’obbligo di presentare fra sei mesi. Mi paiono i due paesi i quali, tenendo conto di tutto quanto si fece di meglio in Prussia, la maestra delle genti in materia forestale, ne hanno anche migliorato l’esempio. Voglio alludere all’Austria e alla Baviera. Nell’Austria, Onorevoli colleghi, vi è una rete compiuta di insegnamenti forestali che si esten- de in tutti i gradi, in tutte le forme a tutela e luce di questa essenziale produzione. Infatti, sta al vertice la grande Scuola forestale, che oggi è a Vienna e trova nella vicina foresta il suo campo d’esperimento.

Il che potrebbe avvenire anche in Italia con severi corsi tecnico-scientifici a Firenze e con campi speri- mentali opportuni a Vallombrosa (…). Vi è una scienza forestale tedesca e francese; i principii scienti- fici sono comuni a tutto il mondo, ma ogni Stato ha il suo problema tecnico da risolvere e all’uopo si prepara una scienza nazionale in quanto applica i principii scientifici universali alle necessità nelle quali si muove la sua vita reale, la sua vita pratica. Noi in Italia questa scienza forestale non l’abbiamo.

Dopo la morte del Di Bérenger, dopo che passò come una meteora di gloria e di grandezza scientifica per la Scuola di Vallombrosa, il Delpino, che fu chiamato il Darwin dell’Italia, dopo qualche altro sprazzo di luce, abbiamo, o signori, degli insegnanti, ma non abbiamo degli illustri professori.» (dal discorso del Ministro LUZZATTI, 1910).

3Dalla Relazione trentennale dell’ASFD, vol. I, tomo I, parte 1a, cap. 2°, p. 71-72, si apprende:

«La durata dei corsi del nuovo istituto di Firenze era stabilita in un biennio, ed agli allievi che, frequenta- te regolarmente le lezioni, superavano gli esami finali, veniva conferita l’abilitazione, per gli effetti di legge, alle operazioni di sistemazioni idraulico-forestali, di ordinamento, governo ed amministrazione di aziende boschive e di aziende rurali montane; alle perizie agrarie e forestali; alle operazioni relative all’e- sercizio di industrie silvane e ad ogni altra attività inerente alle foreste (…). Discipline fondamentali del- l’insegnamento erano la selvicoltura e l’alpicoltura, l’economia e l’estimo forestale, la tecnologia e le uti- lizzazioni dei boschi, la dendrometria ed assestamento forestale, le costruzioni relative alle sistemazioni idraulico-forestali ed alle aziende forestali, la botanica forestale, la patologia forestale, la chimica foresta- le, la mineralogia e geologia applicate alle foreste, la legislazione ed amministrazione forestale. Materie ausiliarie erano la topografia con complementi di matematica, di diritto amministrativo, nozioni di dirit- to civile e penale, le lingue francese e inglese e tedesca. La vera funzione del nuovo istituto, le sue neces- sità, furono ripetutamente illustrate, fra gli altri, dal Serpieri, che sottolineò l’importanza per i forestali italiani di una scuola che non avesse solo finalità strettamente didattiche, ma creasse con metodica ricer- ca scientifica e statistica, “le basi di una tecnica e di una politica forestale italiana, diffondendone la cono- scenza per mezzo delle proprie pubblicazioni e dei propri allievi”».

4Questo accorgimento aveva un forte impatto promozionale ai fini del reclutamento.

5Fu ordinario di Scienza delle costruzioni, Rettore del Politecnico di Torino, Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

6Del prof. Benini va ricordata, fra le tante, un’impresa che per la sua importanza meriterebbe un aggiornamento, la “Guida bibliografica italiana delle Sistemazioni idraulico-forestali” sino al 1980, pubblicata nel n. 2 dei Quaderni di Idronomia Montana (1706 voci).

7«Con la istituzione degli indirizzi e degli orientamenti il nuovo ordinamento, pur conservan- do una visione unitaria delle funzioni del bosco e della professione del forestale, consente un quadro di scelte di studi adeguatamente vario e flessibile in armonia con l’evoluzione dei profili professionali richiesti dal mercato e con la caratterizzazione scientifica delle singole Facoltà» (MARINELLI, 1986).

8 Più avanti dirà: «Va poi ricordato che se è stata scoraggiata la pastorizia è stata in molti casi favorita l’introduzione e l’indiscriminata diffusione della grossa fauna selvatica con sovraccarichi gene- ralmente non compatibili con la buona conservazione della vegetazione forestale» (CANTIANI, 1988a).

9Nel corsivo si legge ancora: «Molto altro si potrebbe dire sulle prese di posizione del Dott.

ALESSANDRINI. Alcuni malevolmente pensano che i suoi atteggiamenti non sono altro che manifestazio- ni di sudditanza nei confronti di movimenti ambientalisti. Io escludo questa ipotesi. A mio parere ALESSANDRINIè un convinto precursore del moderno ecologismo italiano: egli è l’uomo dei parchi, delle aree protette e delle aziende ecologiche ambientali, è l’apostolo dei valori estetici e ricreativi della foresta, il filosofo della bioetica. Ma non è forestale.» (CANTIANI, 1988b).

10Anzi, in alcune di esse alla direzione degli uffici forestali è stato messo personale di tutt’altra estrazione e provenienza. Ciò è dovuto anche alla permanenza a lungo del CFS con compiti operativi

(19)

in molte Regioni, in base ad apposite convenzioni, ripetutamente rinnovate, a condizioni molto conve- nienti per le stesse, togliendo loro quindi ogni interesse a dotarsi di servizi forestali propri, e questo giusto al tempo in cui le medesime andavano strutturandosi, creando ruoli organici e competizioni.

11Si riferiva al Corso di laurea in Ingegneria forestale istituito nell’Università di Trento.

SUMMARY

The spirit of forest sciences in changing times

The University of Padova has celebrated the 40

th

anniversary of the degree course in forest sciences organizing a conference. In this celebratory speech its origins and the reasons for its success are presented, including them in the history of forestry studies in Italy from their foundation (1869) to the present day.

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